Shake shake Sceikspir! William Shakespeare Elemento del travestimento; Sonetto “Shall I compare thee..?”; Elementi a-temporali nella messa in scena dell'opera teatrale; Abilità nel trattare sia commedie che tragedie. Macbeth Personaggi utilizzati: Lady Macbeth e le tre streghe; Monologo di Lady Macbeth; Elemento dell'omicidio; Incantesimo delle tre streghe determinante per le sorti della tragedia; Otello Personaggio utilizzato: Iago Inganno del fazzoletto Sogno di una notte di mezza estate Personaggio utilizzato: Puck Polvere magica La Tempesta Personaggio utilizzato: Prospero Monologo finale di Prospero. Romeo e Giulietta Personaggio utilizzato: Giulietta Elemento del balcone e relativa scena Monologo di Giulietta Elemento dell'amore disperato e ossessivo Amleto Personaggio utilizzato: Amleto Monologo e teschio (testa dell'orsetto) Elemento dei duelli Il calice con il veleno Citazione dall'opera: “C'è del marcio in Danimarca” Shall I compare thee to a summer day? Shall I compare thee to a summer's day? Thou art more lovely and more temperate: Rough winds do shake the darling buds of May, And summer's lease hath all too short a date: Sometime too hot the eye of heaven shines, And often is his gold complexion dimmed, And every fair from fair sometime declines, By chance, or nature's changing course untrimmed: But thy eternal summer shall not fade, Nor lose possession of that fair thou ow'st, Nor shall death brag thou wander'st in his shade, When in eternal lines to time thou grow'st, Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate? Tu sei ben più raggiante e mite: venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio e il corso dell'estate ha vita troppo breve: talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo e spesso il suo volto d'oro si rabbuia e ogni bello talvolta da beltà si stacca, spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura. Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire né perdere possesso del bello che tu hai; né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra, perché al tempo contrasterai la tua eternità: finché ci sarà un respiro od occhi per vedere questi versi avranno luce e ti daranno vita. Giulietta: Romeo e Giulietta; Atto 3, Scena 2 Stendi la tua fitta cortina, o notte, sacerdotessa d'amore; affinché gli occhi del fuggitivo giorno possan chiuder le palpebre, e Romeo balzi fra queste braccia, senza che alcuno si occupi di lui e lo veda. Gli amanti, per compiere i loro riti amorosi, ci vedono abbastanza al lume della loro beltà: se poi l'amore è cieco, tanto meglio si accorda con la notte. Vieni, o notte solenne, o matrona dal severo abbigliamento, tutta vestita di nero, e insegnami a perdere una partita vinta, nella quale si giocano due verginità senza macchia. Copri col tuo nero manto il mio sangue male addomesticato, che si dibatte nelle mie guance, finché il timido amore, fattosi ardito, veda nell'atto dell'amore sincero un gesto di semplice pudore. Vieni, o notte, vieni, o Romeo, tu che sarai il giorno nella notte, poiché riposerai sulle ali della notte, più bianco che recente neve sul dorso di un corvo. Vieni, o gentile notte, vieni, o amabile notte dalla nera fronte, dammi il mio Romeo; e quando egli morrà, prendilo e taglialo in piccole stelle, ed egli renderà così bella la faccia del cielo che tutto il mondo s'innamorerà della notte, e non presterà più nessun culto all'abbagliante sole. Amleto: Amleto; Atto 3, scena 1 Essere o non essere, questo è il problema. Se sia più nobile sopportare le percosse e le ingiurie di una sorte atroce, oppure prendere le armi contro un mare di guai e, combattendo, annientarli. Morire, dormire. Niente altro. E dire che col sonno mettiamo fine al dolore del cuore e ai mille colpi che la natura della carne ha ereditato È un epilogo da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare: ah, c'é l'ostacolo, perchè in quel sogno di morte il pensiero dei sogni che possano venire, quando ci saremo staccati dal tumulto della vita, ci rende esistanti. Altrimenti chi sopporterebbe le frustate e lo scherno del tempo le ingiurie degli oppressori, le insolenze dei superbi, le ferite dell'amore disprezzato, le lungaggini della legge, l'arroganza dei burocrati e i calci che i giusti e i mansueti ricevono dagli indegni. La Tempesta; Atto 4, scena finale Prospero: Figlio mio, hai l'aria stravolta, sembri spaventato. Sii sereno. Il nostro spettacolo è finito. Questi nostri attori, come ti avevo detto, erano tutti spiriti e si sono dissolti nell'aria, nell'aria sottile. E, come l'edificio senza fondamenta di questa visione, le torri ricoperte dalle nubi, i palazzi sontuosi, i templi solenni, questo stesso vasto globo, sì, e quello che contiene, tutto si dissolverà. Come la scena priva di sostanza ora svanita tutto svanirà senza lasciare traccia. Noi siamo della materia di cui son fatti i sogni e la nostra piccola vita è circondata da un sonno. Ma scusatemi - sono turbato. Perdonate la mia debolezza - la mia vecchia mente è agitata. Ma non preoccupatevi per la mia infermità. Se non vi spiace, ritiratevi nella mia grotta a riposare: io farò qualche passo in giro per calmare questa testa che batte.