Geologia Idrogeologia Ambiente
Marzo 2012
1.- PREMESSA....................................................................................................................................3
1.1.- Generalità ................................................................................................................................3
1.2.- Quadro normativo di riferimento ..............................................................................................4
2. - QUADRO CONOSCITIVO DI RIFERIMENTO..............................................................................6
2.1.- Morfologia e idrografia .............................................................................................................6
2.2.- Inquadramento paleogeografico..............................................................................................6
2.3.- Paleogeografia della pianura costiera .....................................................................................8
2.4.- Geologia ................................................................................................................................11
2.5.- Idrogeologia ...........................................................................................................................11
3.- FRAGILITA’ IDRAULICA DELL’AREA .........................................................................................11
4.- QUADRO LITOTECNICO ............................................................................................................13
4.1.- Dati geognostici esistenti .......................................................................................................13
4.1.1- Campagna geognostica di riferimento .................................................................................14
4.1.3.- Prospezione sismica di riferimento (MASW) ......................................................................17
4.2. – Impostazione progettuale.....................................................................................................17
4.3. – Sismicità dell’area ................................................................................................................18
All. 1 – Diagrammi penetrometrici
All. 2 – Interpretazione dei dati dello SPT
All. 3 – Log del sondaggio
FIG. 1 – COROGRAFIA
FIG. 2 – INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
FIG. 3 – CARTA GEOLOGICA
FIG. 4 – CARTA IDROGEOLOGICA
(scala 1:25000)
(scala 1:10000)
(scala 1:5000)
(scala 1:10000)
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Su incarico della GAIA SpA di sono state eseguite indagini geologiche di supporto al progetto per la
realizzazione di piccole vasche per il ricircolo fanghi a corredo dell’impianto di depurazione in
località “Lavello”, nel Comune di Massa (MS).
Le indagini sono state eseguite tenendo conto delle normative vigenti in materia ed in particolare
del D.M. 14/01/2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni) e delle istruzioni della Circolare del
Ministero delle Infrastrutture n. 617 del 2/02/2009. Si è inoltre preso in considerazione il DPGR
della Toscana n. 36/R del 9 luglio 2009, in base al quale l’intervento in progetto ricade in Classe 1
d’indagine.
Lo studio è stato in particolare finalizzato alla valutazione delle caratteristiche
stratigrafiche e geotecniche dei terreni di fondazione in modo da definirne i parametri necessari per
la corretta impostazione delle opere fondazionali, relativamente alla capacità portante dei terreni
agli stati limite ed ai cedimenti teorici assoluti e differenziali prevedibili.
Per caratterizzare dal punto di vista stratigrafico, geotecnico e sismico il terreno sul quale è previsto
l’intervento in progetto si sono prese in considerazione le seguenti prospezioni, effettuate in aree
limitrofe a quella in esame:
n. 1 prova penetrometrica DPSH,
n. 1 sondaggio a carotaggio continuo,
n. 1 prospezione sismica (MASW).
3
Per la ricostruzione del quadro geologico, geomorfologico, litotecnico, idrogeologico locale si è fatto
riferimento anche a quanto esistente nella bibliografia relativa alla zona litoranea di Marina di
Massa.
L’area in esame si trova nella zona industriale di Massa Carrara, nella parte nord-occidentale del
territorio comunale.
Secondo la cartografia del P.A.I. del Bacino Toscana Nord (aggiornamento del maggio 2010), il sito
di progetto non ricade in aree a pericolosità idraulica e geomorfologica.
Ai sensi del Q.C. del P.S. comunale – rev. 2010, la zona d’intervento ricade a cavallo di aree a
pericolosità geomorfologica media (G2) ed elevata (G3) per rischio di subsidenza.
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Dal punto di vista idraulico l’area si trova in pericolosità idraulica elevata (I3).
Secondo la Classificazione Sismica (Ordinanza P.C.M. n° 3274 del 20/03/03), il territorio del
Comune di Massa è considerato in Zona 3 di sismicità, equivalente alla vecchia classe II a media
sismicità del D.M. 16/01/1996, caratterizzata da un grado di sismicità S = 6 cui corrispondeva un
coefficiente sismico C = 0.04 ed una accelerazione convenzionale massima a max < 0.15g. Il valore
da considerare in base alla nuova normativa varia ancora tra 0,05g e 0,15g. Le NTC 2008
confermano la zona di sismicità e danno delle indicazioni per calcolare i parametri spettrali della
zona. Di tale aspetto, si tratterà in un paragrafo successivo.
5
L'area delle indagini (v. Figg. 1 e 2) ricade nella zona industriale di Massa, nell’ambito della fascia
litoranea di raccordo tra la Versilia e l’estuario del F. Magra. L’area si trova in prossimità del limite
comunale; è compresa tra il tracciato autostradale della A12 Livorno-Sestri Levante, l’alveo del
Fosso del Lavello e la S.P. Massa-Avenza ed è situata a circa 1.1 km di distanza dalla linea di
costa di Marina di Massa.
Le coordinate baricentriche dell’area sulla quale è prevista l’opera corrispondono a:
44.036332 (44° 2' 10.80'' N)
10.072725 (10° 4' 21.81'' E)
L’intervento in oggetto si trova in area pianeggiante, ad una quota media di circa 1.6 m slm.
Le Alpi Apuane e l’Appennino Settentrionale mostrano un’elevata complessità, sia per la varietà
delle formazioni geologiche presenti, sia per la genesi dell’assetto strutturale. Per comprendere
meglio la struttura in esame è utile seguire la storia evolutiva dell’Appennino Settentrionale, con
particolare riferimento al complesso delle Alpi Apuane.
L’Appennino settentrionale è una catena a falde derivata dalla deformazione terziaria di un settore
del paleomargine continentale della microplacca adriatica prospiciente al Dominio Oceanico Ligure
(Boccaletti et al., 1971; Alvarez et al., 1974; Kligfield, 1979). A partire dal Miocene la deformazione
compressiva si è propagata da O ad E fino all’Adriatico (Merla, 1952). Contemporaneamente nella
parte interna della catena si è avuta una importante fase distensiva che ha interessato le precedenti
strutture compressive. L’intensità della fase distensiva aumenta da nord verso sud. Attualmente,
strutture distensive interessano la parte occidentale dell’Appennino Settentrionale e quelle
compressive il margine esterno della catena lungo la Pianura Padana e l’Adriatico (Carmignani et
al., 1993).
Modelli geodinamici diversi e contrastanti sono stati formulati per spiegare la coesistenza tra
tettonica compressiva e distensiva che interessa l’Appennino Settentrionale, e che sta migrando da
O verso E attraverso la penisola italiana.
In una ricostruzione palinspastica della catena lungo la trasversale dell’Appennino Settentrionale
vengono distinti, dall’interno all’esterno i seguenti domini (Carmignani et al., 1993):
• Dominio Ligure comprensivo di relitti di basamento oceanico e relative coperture sedimentarie
pelagiche del tardo Giurassico-Cretaceo inferiore e flysch cretaceipaleogenici scollati dal loro
substrato;
• Dominio Subligure documentato solo da una successione sedimentaria paleo genica (Unità di
Canetolo), profondamente tettonizzata, e di cui non si conosce né l’originaria ampiezza, né la
natura del suo substrato;
• Dominio Toscano, attualmente documentato da successioni deformate a livelli strutturali
differenti:
a) Dominio Toscano interno (Falda Toscana) che comprende termini da anchimetamorfici a non
metamorfici di età Trias superiore al Miocene inferiore.
b) Dominio Toscano esterno (Unità di Massa), tettonicamente interposta tra la Falda Toscana e
l’Unità delle Apuane, è costituita esclusivamente da termini paleozoici e del Trias inf. e
medio, e potrebbe rappresentare il substrato della Falda Toscana scollata e avanscorsa,
oppure derivare da un dominio intermedio tra i domini toscani interno ed esterno, di cui non si
conosce la copertura mesozoica e terziaria.
c) Dominio Toscano esterno (Unità delle Apuane “Autoctono” Auct.) che presenta un
metamorfismo in facies di scisti verdi, che oltre ad una copertura mesozoica e terziaria
comprende anche formazioni paleozoiche del basamento ercinico.
6
•
Unità del Monte Cervarola costituita esclusivamente da un flysch del Miocene medio, deposto in
un bacino al fronte dell’alloctono e attualmente in parte accavallato sul Dominio UmbroMarchigiano. Il suo substrato, intermedio tra il Dominio Toscano e il Dominio UmbroMarchigiano, non affiora nell’AppenninoSettentrionale.
• Dominio Umbro-Marchigiano che costituisce un "fold-belt" scollato a livello delle evaporiti
triassiche affiorante in Umbria e Marche, ed è sepolto dalle coltri liguri sulla trasversale
dell’Appennino tosco-emiliano. Rappresenta la zona più esterna della catena con una
successione sedimentaria che arriva sino al Miocene superiore.
Rocce di età medio triassica affiorano nell’Unità di Massa dove costituiscono una successione
vulcano-sedimentaria interpretata come testimonianza di un tentativo di rifting precursore di quello
del Trias sup.-Giurassico inf. che comporterà l’apertura della Tetide mediterranea. Questa
successione è ricoperta da depositi clastici da fluviali a costieri (Verrucano), che mostrano marcate
variazioni di spessore: nell’Autoctono Auctt. la formazione è ridotta o assente mentre gli spessori
più elevati caratterizzano l’Unità di Massa (Carmignani et al., 1993).
Dalla successione stratigrafica che va dal Trias sup. al Paleogene, si riflette l’evoluzione di un
margine continentale passivo, in cui si possono distinguere due fasi principali: una fase syn-rift ed
una post-rift.
La fase syn-rift (subsidenza iniziale), va dal Trias sup. al Lias sup.-Dogger inf.(?), vede
successivamente lo sviluppo di una piattaforma carbonatica (Carnico terminale Norico/Lias inf.), la
sua frammentazione e il progressivo annegamento (Hettangiano sup.-?Pliensbechiano inf.), infine
si ha l’instaurarsi di una sedimentazione (emi)pelagica, con facies controllate da "block faulting" e
subsidenza differenziale.
Durante la fase post-rift (subsidenza termica) si assiste ad un graduale aumento delle profondità di
deposizione e ad una graduale omogeneizzazione di facies che dal Malm interessa anche i domini
oceanici (Diaspri, Maiolica, Calcari a Calpionelle).
A partire dalla fine del Cretaceo inf. l’evoluzione del dominio oceanico comincia a differenziarsi da
quella dei domini del margine continentale; nel primo si ha deposizione di flysch, mentre nei
secondi si passa da una deposizione calcarea ad una prevalentemente argillitica.
Nelle successioni del Dominio Toscano la sedimentazione (emi)pelagica (Giurassico p.p.Paleogene) è interrotta ripetutamente da episodi clastici. Si tratta di materiali risedimentati
provenienti anche da aree di piattaforma, sebbene nell’Appennino settentrionale queste non siano
documentate in affioramento oltre il Lias inf.-medio. L’ubicazione di tali aree a sedimentazione
nefritica è ancora oggetto di discussioni. Questa controversia è derivata dall’interpretare i dati
geologici relativi ai domini paleogeografici affioranti.
L’evoluzione sedimentaria dell’Oligocene sup.-Neogene è dominata dalla deformazione dei domini
toscano e umbro marchigiano. Durante il terziario l’evoluzione tettonica delle Alpi Apuane ha
registrato una inversione tettonica da compressione a distensione (Carmignani et al., 1993).
Questa transizione può essere attribuita al cambiamento della dinamica interna dovuta ad un cuneo
orogenico (Platt, 1986).
Secondo questo modello, il cuneo di accrezione altro non è che il
complesso di accrezione-subduzione, che si deforma internamente sino ad assumere forme in
equilibrio con le forze di subduzione e gravitative cui è interessato. L’accrezione di nuovo materiale
ispessirà il cuneo, che per riacquistare una configurazione stabile dovrà distendersi internamente.
Questa distensione è evidenziata da faglie listriche dirette che si radicano in una zona a maggior
duttilità, producendo strutture simili a quelle note nei "core complex" nord-americani.
Adottando il modello del "core complex", Carmignani e Kligfield (1990) articolano l’evoluzione
dell’Appennino settentrionale in 4 stadi principali:
1) Il primo stadio è caratterizzato da un complesso subduzione-prisma di accrezione formatosi, dal
Cretaceo all’Eocene, contraddistinto da deformazione compressive di ofioliti e rocce
sedimentarie di acque profonde.
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2) Lo stadio successivo, datato all’Oligocene (27 Ma), è caratterizzato dalla collisione dei due
margini, che causa un forte ispessimento del prisma per underplating e le deformazioni
compressive del margine adriatico (strutturazione unità toscane).
3) Al Miocene medio cambia il regime di deformazione della catena (Giglia e Radicati di Brozzoloa,
1970; Klingfield et al., 1986), infatti si instaurano processi di estensione a livello della crosta
media e superiore, attribuiti alle variazioni della dinamica all’interno del prisma orogenico.
Questo, in seguito a forte ispessimento, è soggetto a distensione mediante collassi gravitazionali
per ristabilire l’equilibrio isostatico.
4) Infine, nel quarto stadio (Tortoniano) proseguono i processi di estensione che coinvolgono il
settore interno della catena. Questa fase distensiva, che si manifesta con la creazione di faglie
dirette con direzione appenninica, è legata all’apertura del Mar Tirreno, ed è la causa della
formazione dei graben del Serchio, della Versilia e dei bacini neogenici della Toscana
meridionale. Questo processo è contemporaneo alla apertura del Tirreno meridionale (Kastens
e Mascle, 1990). A nord la tettonica distensiva a basso angolo è riferibile ad almeno 14 Ma, in
base alle datazioni K/Ar nel complesso metamorfico (Kligfield et al., 1986), mentre quella a alto
angolo è databile solo in base a dati stratigrafici al Villafranchiano per la presenza dei depositi
continentali dei graben della Garfagnana e del Magra. In tutto il complesso metamorfico si
riconoscono due eventi deformativi principali (Carmignani et al.,1980; Carmignani e Kligfield,
1990):
- D1 (fase1): deformazione compressiva a partire dall’Oligocene (Boccaletti et al., 1971;
Alvarez et al., 1974; Klingfield, 1979), di subduzione ensialica; è responsabile della
strutturazione principale ed è collegata alla collisione continentale del basamento SardoCorso con la placca Adria; è contemporanea all’accavallamento delle varie unità tettoniche
(falde) che compongono l’Appennino. La deformazione di tipo duttile genera pieghe isoclinali
coricate non cilindriche di ogni dimensione, con vergenza NE, una scistosità di piano assiale
S1 generalmente parallela alla stratificazione e una lineazione di estensione parallela agli
assi, diretta verso NE-SW. Oltre a questo si sviluppa un metamorfismo di alto grado
attualmente visibile in finestra tettonica nelle Apuane. Le grandi sinclinali e anticlinali note
nella letteratura apuana sono attribuibili a questa fase: la sinclinale di Carrara, l’anticlinale di
Vinca-Forno, la sinclinale di M. Altissimo-Orto di Donna, la sinclinale del M. Corchia, etc.
Secondo Klingfield et al. (1986) l’inizio di tale fase è da collocarsi a circa 27 Ma e la sua
durata tra l’Oligocene e il Miocene inf.
- D2 (fase2): fase estensionale, a partire dal Miocene, che deforma tutte le unità tettoniche
appena impilate, realizzando un duomo di scistosità allungato in direzione appenninica,
caratterizzato da strutture di scarico a direzione opposta sui due versanti del duomo. Queste
deformazioni, meno marcate rispetto alle precedenti, generano pieghe a tutte le scale,
sviluppando un clivaggio privo di blastesi metamorfica, dove la nuova scistosità S2,
sovrapponendosi alle precedenti strutture, piega la prima scistosità S1.
Il quadro stratigrafico del territorio Comunale è chiaramente il risultato dell’evoluzione tettonica e dei
fenomeni di metamorfismo che essa ha indotto, e che ha portato un nucleo di formazioni
metamorfiche a sovrascorrere su una serie autoctona più antica, paleozoica.
La Pianura costiera è costituita dai depositi alluvionali che i corsi d’acqua che l’attraversano,
provenienti dal versante Apuano, hanno depositato in ambiente di subsidenza causata dai
moviementi distensivi che hanno interessato e che ancora oggi interessano il margine occidentale
dell’Appenino (Graben della Versilia), e dai depositi costiero-sabbiosi di origine eolica e dunare.
I depositi alluvionali più antichi (Pleistocene sup.) depositati dal F. Frigido e dal T. Carrione,
elementi idrografici principali della Pianura Apuana, si sono formati in condizioni climatiche diverse
dalle attuali quando, in presenza di un maggior quantitativo di piovosità e quindi anche un maggiore
trasporto solido che faceva assumere a questi depositi in corrispondenza dello sbocco in pianura la
tipica forma a ventaglio dei conoidi di deiezione fluviale. Si tratta di conoidi piuttosto piatti, che da
quote di circa 50 m, in non più di 8 Km lungo gli assi maggiori centrali, scendono a quota 5 m, dove
sommersi dai sedimenti palustri più recenti. Questi conoidi, il cui sviluppo è continuo durante le fasi
climatiche più umide dell’Olocene, bordano il piede occidentale delle Apuane, lungo il quale
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verosimile si allinei il fascio di faglie che ha determinato lo sprofondamento della pianura Apuana
(Mazzanti, 1983).
Sestini (1950) ha riconosciuto su questi conoidi, un’antica ripa marina emergente a partire da 5 m di
quota, dai depositi alluvionali o palustri che vi si attestano, e che potrebbe trattarsi del limite interno
massimo raggiunto dalla trasgressione versi liana prima che l’aumentato apporto terrigeno
operasse lo spostamento verso Ovest della linea di riva e portasse alla formazione della pianura.
Dopo la formazione della ripa, è iniziata la costruzione dei cordoni litorali. Inizialmente fra questi e i
coni di deiezione, o in genere alla base dei monti, rimasero racchiuse delle lagune ristrette, poi
colmate o trasformate in stagni e paludi.
Sulla base delle stratigrafie reperite presso Enti Pubblici e Ditte private, sono state eleborate 3
sezioni geologiche attraverso la pianura (Fig. 1 a e 1 b nel testo).
Figura 1a – Schema geologico (Salvatori & Spandre, 1995).
Area in esame
9
Figura 1b – Sezioni geologiche della pianura Apuana: 1 - Limi; 2 – Sabbie; 4 – Sabbie e Ghiaie; 5 – Calcari
marnosi; 6 - Macigno (Salvatori & Spandre, 1995).
I depositi alluvionali dei coni di deiezione e della piano sottostante sono costituiti da ghiaie formate
da ciottoli calcarei (marmi e grezzoni) e solo in quantità minori da rocce filladi che in quanto più
facilmente sfaldabili e quindi meno predisposti a fornire ciottoli. Le ghiaie calcaree sono talora
cementate fino a conglomerati per la percolazione di acque ricche in calcio. Non presentano
intercalazioni di materiali a grana più fine nella parte superiore delle conoidi: sottili lenti limosabbiosi si riscontrano solo ai lati e nella parte inferiore e sono riferibili agli apporti dei corsi d’acqua
minori.
Scendendo verso il litorale, i depositi ciottolosi delle conoidi si immergono al di sotto di un
complesso di sedimenti marini che possiedono una copertura limo – sabbiosa di qualche metro di
spessore e al cui interno è possibile rinvenire livelli decisamente ghiaiosi, limosi o anche depositi
torbosi.
In corrispondenza della scarpata di erosione marina, che coincide approssimativamente con il
tracciato autostradale e dove i limi tamponano le ghiaie permeabili, sono presenti numerose
risorgive.
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Per quel che riguarda le caratteristiche di permeabilità dei vari depositi presenti, possiamo dire che
nelle ghiaie più o meno cementate, fino ai conglomerati delle conoidi, le fasi tettoniche attuali
(tettonica distensiva) hanno creato all’interno della massa una fitta rete di discontinuità che ha reso
praticamente permeabili l’intero deposito anche quando fortemente cementato.
I materiali che costituiscono la fascia pedemontana e l’alta pianura, sono formati da depositi
detritico – colluviali in cui la frazione fine limosa e argillosa prevale su quella grossolana, per cui la
permeabilità complessiva è sempre bassa (Amorfini et al., 1989).
Le sabbie marine ed eoliche, nonostante la copertura limo–sabbiosa e le intercalazioni limose o
argillose o torbose, hanno una permeabilità sempre alta perché questi livelli limosi ed organici non
si estendono su tutta la pianura, ma sono invece confinati lateralmente. Per questo, l’intera pianura
Apuana, presenta permeabilità molto simili, che hanno permesso l’instaurarsi di una monofalda che
ha sua discarica naturale verso il mare. Nei depositi pedemontani e dell’alta pianura invece, non si
trova una vera e propria falda, ma solo un debole e localizzato scorrimento all’interno dei livelli più
ghiaiosi.
I terreni che affiorano nell'area d'indagine sono rappresentati da depositi sabbiosi eolici
prevalentemente sabbiosi e da depositi alluvionali eterogenei, caratterizzati in superficie da modesti
spessori di sedimenti di bassa energia. I depositi eterogenei sono costituiti da limi argilloso-sabbiosi
soprastanti depositi ghiaiosi o sabbiosi. Talora questi litotipi si trovano intercalati gli uni agli altri.
Nell’area di progetto non si è osservata la presenza di torbe o argille organiche in lenti o livelli
intercalati nei sedimenti prevalentemente granulari.
Dai dati rilevati nell’ambito delle indagini idrogeologiche sul territorio comunale di Massa effettuate
da altri Autori nel quadro delle indagini per la redazione degli strumenti urbanistici, si è potuto
valutare l'andamento del flusso delle acque sotterranee nell'area di progetto. Nell’area a monte di
quella di studio si osserva un andamento delle isopieze caratterizzato da un andamento pressoché
parallelo alla linea di costa, disturbato da un debole asse di drenaggio orientato in direzione ESEWNW, con basso piezometrico corrispondente (v. figura sottostante, tratta dal Q.C. del P.S.
comunale). Nella zona d’intervento la direzione locale di flusso della falda risulta E-W, con
profondità dell’ordine di 0.6-1.0 m dal piano campagna. Nelle valutazioni di carattere geotecnico è
opportuno considerare la falda al piano campagna.
11
La fragilità idraulica si pone come uno degli aspetti fondamentali nel governo del territorio; la
crescente interazione tra la dinamica delle reti idrologiche e le attività antropiche necessita infatti di
un attenta analisi delle condizioni di rischio cui sono sottoposti beni e persone. Tale condizione di
rischio può scaturire in conseguenza di fenomeni di trasporto in alveo legati a fenomeni di
esondazione (trasporto di massa liquida) e/o di dinamica d’alveo (trasporto di massa solida). Il
rischio idraulico può altresì essere dovuto a fenomeni di ristagno dovuti a difficoltà di drenaggio da
parte della rete scolante, favorite anche da condizioni geomorfologiche locali particolari (aree
morfologicamente depresse ecc.).
La condizione di rischio idraulico trae origine principale dalla eventualità che un’area sia invasa
dalle acque fuoriuscite dalla rete idrografica per insufficiente capacità di smaltimento delle portate in
transito nella stessa, soprattutto in corrispondenza della luce attuale del attraversamento stradale.
Nel caso specifico, l’area di progetto non è soggetta a rischio idraulico.
In tal senso, facendo riferimento alle normative in vigore ed ai Piani di indirizzo e di cordinamento,
si rileva quanto segue:
La cartografia del P.A.I. (aggiornamento maggio 2010) fa rilevare che l’area in esame è al di
fuori di situazioni di pericolosità idraulica (v. figura nella pagina 4).
Dal confronto con il P.S. del Comune di Massa (2010), l’area ricade in pericolosità elevata (I3),
come area interessata da allagamenti con 30<Tr<200 anni.
A tale riguardo si deve osservare che l’intervento in progetto rimane 1.85 m al di sopra del piano
campagna, ampiamente superiore al battente idraulico massimo previsto considerando una piena
con Tr = 200 anni, pari a 0.8 m (v. Tav. 5 Studio idrologico e idraulicoT Dott. Ing. David Settesoldi,
2009). L’opera è pertanto in sicurezza idraulica.
12
Sotto il profilo litotecnico la formazione che caratterizza il quadro geologico dell’area di progetto,
tenuto conto della granulometria dei sedimenti e del loro grado di addensamento, può essere
accorpata in una classe litotecnica:
TERRENI SCIOLTI:
Formazione eterogenea: Trattasi di materiali sedimentari di origine eolica e continentale, costituiti in
prevalenza da alternanze o combinazioni di granulometrie granulari (sabbie fini, sabbie medie e
grossolane con ghiaie), generalmente associate ad una frazione fine limosa o argillosa, presente in
percentuali diverse; l’origine dei materiali è legata alle diverse fasi di sedimentazione legate ai cicli
climatici ed alle variazioni del livello medio marino. I materiali sono caratterizzati da varia
consistenza, da caratteristiche di resistenza al taglio e compressibilità variabili.
Caratteristiche litotecniche: successione di sedimenti di varia granulometria, con livelli ghiaiosi, con
frazione fine in varia percentuale. Deposito di media consistenza, con livelli meno consistenti.
Trattandosi di intervento di Classe 1 d’indagini, ai sensi del DPGR 36/R, si sono considerati i dati
derivanti da campagne geognostiche e geofisiche realizzate nelle vicinanze del sito di progetto; si
sono infatti analizzati i dati di una prova penetrometrica statica DPSH, di un sondaggio geognostico
a carotaggio continuo con prove SPT in avanzamento e prelievo di campione indisturbato con
relativa analisi di laboratorio, ed una prospezione sismica (MASW), con onde Vp e Vs.
L'ubicazione delle suddette indagini è riportata nella figura che segue.
Le prove considerate hanno investigato dei terreni assolutamente analoghi a quello del sito in
esame, che possono presentare eterogeneità laterali ma non sostanziali per lo scenario geotecnico.
13
4.1.1- Campagna geognostica di riferimento
PROVA PENETROMETRICA DPSH
Come già riportato nel paragrafo 1.1, per la ricostruzione stratigrafica di dettaglio e, in particolare,
per la valutazione della consistenza dei terreni presenti nell’ambito dell'area di progetto, si è fatto
riferimento a prove eseguite nelle vicinanze del sito in oggetto, ed in particolare a prove CPT e
DPSH effettuate dalla ERREGI di Pescaglia (LU) spinte rispettivamente a 3 e 14 m sotto il piano
campagna.
Le prove hanno investigato uno spessore di terreno sufficiente a fornire i dati per le verifiche
necessarie, visto il tipo di intervento previsto. L’interpretazione dei dati penetrometrici ha consentito
inoltre di eseguire la caratterizzazione geotecnica dei terreni d’imposta dell’opera.
I dati acquisiti in continuo forniscono, attraverso uno specifico software, una stima dei parametri
geotecnici principali.
In base ai dati rilevati nel corso dei sopralluoghi effettuati e in riferimento alla prova DPSH
effettuata, si può estrapolare la seguente successione stratigrafica media:
CPT PS3:
Da m 0.00 a m 0.40: limi argillosi;
da m 0.40 a m 1.00:
sabbie e sabbie limose;
da m 1.00 a m 1.40:
argille limose;
da m 1.40 a m 3.00:
sabbie da medie a grossolane alternate a limi sabbiosi, con livello ghiaioso a
fondo foro.
L'analisi di dettaglio dei diagrammi ricavati nelle prova statica ha consentito di ricostruire la
seguente caratterizzazione geotecnica dei terreni attraversati:
da m 0.00 a m 0.40
limi argillosi;
da m 0.40 a m 1.00
sabbie e sabbie limose, con valori di Rp variabili da 31 a 47 kg/cmq; a
questo strato possono essere attribuiti i seguenti parametri geotecnici (valori
derivati):
peso di volume ( ) = 1.85 t/mc;
angolo di attrito interno ( ) = 29° (con cu = 0);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.01 cmq/kg.
da m 1.00 a m 1.40
argille limose, con valori di Rp variabili da 14 a 19 kg/cmq; a questo strato
possono essere attribuiti i seguenti parametri geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.85 t/mc;
coesione non drenata (cu) = 0.6 kg/cmq (con = 0);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.017 cmq/kg.
da m 1.40 a m 3.00
sabbie da medie a grossolane alternate a limi sabbiosi, con livello ghiaioso a
fondo foro, con valori di Rp variabili da 36 a 170 kg/cmq; a questo strato
possono essere attribuiti i seguenti parametri geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.85 t/mc;
angolo di attrito interno ( ) = 35° (con cu = 0);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.013 cmq/kg.
DPSH pd3
Da m 0.00 a m 0.40:
terreno vegetale costituito da limi sabbiosi;
da m 0.40 a m 2.20:
limi argilloso-sabbiosi di bassa consistenza;
da m 2.20 a m 3.40:
sabbie argilloso-limose di media consistenza;
14
da m 3.40 a m 4.20:
sabbie limose di bassa consistenza;
da m 4.20 a m 9.00:
sabbie limoso-argillose di media consistenza;
da m 9.00 a m 12.40:
sabbie e sabbie limo-argillose consistenti.
da m 12.40 a m 14.00:
sabbie e sabbie limo-argillose, con livelletti ciottolosi, di elevata
consistenza.
La caratterizzazione geotecnica, eseguita dal Dott. R. Vagli con programma GEO-STRU, ha
consentito di effettuare la seguente distinzione:
da m 0.00 a m 0.40
terreno vegetale costituito da limi sabbiosi, poco consistente;
da m 0.40 a m 2.20
limi argilloso-sabbiosi di bassa consistenza, con valori di Rd variabili da 8
a 9 kg/cmq; a questo strato possono essere attribuiti i seguenti parametri
geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.52 t/mc;
coesione non drenata (cu) = 0.14 kg/cmq (con = 0 - Schmertmann);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.05 cmq/kg.
da m 2.20 a m 3.40
sabbie argilloso-limose di media consistenza, con valori di Rd variabili da
13 a 60 kg/cmq; a questo strato possono essere attribuiti i seguenti
parametri geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.85 t/mc;
coesione non drenata (cu) = 0.74 kg/cmq (con = 0 - Schmertmann);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.013 cmq/kg;
da m 3.40 a m 4.20
sabbie limose di bassa consistenza, con valori di Rd variabili da 5 a 7
kg/cmq; a questo strato possono essere attribuiti i seguenti parametri
geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.6 t/mc;
coesione non drenata (cu) = 0.18 kg/cmq (con = 0 - Schmertmann);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.045 cmq/kg;
da m 4.20 a m 9.00
sabbie limoso-argillose di media consistenza, con valori di Rd variabili da
14 a 25 kg/cmq; a questo strato possono essere attribuiti i seguenti
parametri geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.85 t/mc;
coesione non drenata (cu) = 0.64 kg/cmq (con = 0 - Schmertmann);
angolo di attrito interno ( ) = 25° (con cu = 0 - RBS);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.012 cmq/kg;
da m 9.00 a m 12.40
sabbie e sabbie limo-argillose consistenti, con valori di Rd variabili da 25
a 30 kg/cmq; a questo strato possono essere attribuiti i seguenti
parametri geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.9 t/mc;
coesione non drenata (cu) = 1.12 kg/cmq (con = 0 - Schmertmann);
angolo di attrito interno ( ) = 28° (con cu = 0 - RBS);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.009 cmq/kg;
da m 12.40 a m 14.00
sabbie e sabbie limo-argillose, con livelletti ciottolosi, di elevata
consistenza, con valori di Rd variabili da 28 a 38 kg/cmq; a questo strato
possono essere attribuiti i seguenti parametri geotecnici (valori derivati):
peso di volume ( ) = 1.95 t/mc;
coesione non drenata (cu) = 1.52 kg/cmq (con = 0 - Schmertmann);
angolo di attrito interno ( ) = 30° (con cu = 0 - RBS);
coefficiente di compressibilità volumetrica medio (mv) = 0.006 cmq/kg.
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SONDAGGIO MECCANICO
Il sondaggio meccanico a rotazione, con carotaggio continuo, è stato effettuato dalla SoilTest di
Arezzo nel 2000.
La stratigrafia rilevata è la seguente (v. anche All. 2):
Da m 0.00 a m 1.60:
terreno di riporto, a prevalenza di clasti, eterometrici ed eterogenei;
da m 1.60 a m 4.00:
sabbie da medie a grossolane, da poco a mediamente addensate;
da m 4.00 a m 7.50:
sabbie grossolane con ghiaie;
da m 7.50 a m 14.00:
sabbie e sabbie limose, da medie a fini, da poco a mediamente
addensate; alla base è presente un livello ghiaioso con resti conchiliari;
da m 14.00 a m 17.00:
limo argilloso e argilla limosa, debolmente sabbioso, con sporadici livelli di
ghiaietto, da mediamente consistente a consistente;
da m 17.00 a m 21.20:
ghiaia eterometrica con locali livelletti cementati;
da m 21.20 a m 21.50:
limo sabbioso con sabbia argillosa;
da m 21.50 a m 23.00:
ghiaia eterometrica in matrice limo-sabbiosa;
da m 23.00 a m 24.30:
limo argilloso, debolmente sabbioso, da mediamente consistente a
consistente;
da m 23.00 a m 30.00:
ghiaia eterometrici in matrice limo-sabbiosa, addensata.
Le prove NSPT eseguite in avanzamento a fondo foro hanno fornito i seguenti risultati:
Prof. (m)
4.50
7.50
17.50
25.50
NSPT
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73
Tali valori confermano sostanzialmente quanto osservato nella prova penetrometrica di riferimento.
Anche l’analisi di laboratorio eseguita sul campione di terreno prelevato alla quota corrispondente a
quella dove si esplicano le curve di inviluppo degli sforzi di taglio del manufatto in progetto (circa 10
m), dà risultati confrontabili con quelli precedentemente descritti. In sintesi:
Campione da m 10.50 a 11.00: sabbie limose grigie;
= 33,6°
c’ = 0.005 kg/cmq = 0,5 kPa
cu = 1.015 kg/cmq = 99.55 kPa
La situazione litostratigrafia della zona è visibile nella sezione che segue (a scale diverse):
16
4.1.3.- Prospezione sismica di riferimento (MASW)
Per definire con precisione la Vs30 e riconoscere le morfologie sepolte dell’area si è fatto riferimento
ad altre indagini effettuate su un sito poco a ENE rispetto a quello in esame. La prospezione
sismica in foro tipo MASW (Multichannel Analysis of Surface Waves) è stata eseguita dallo Studio
Pangea nell’aprile 2010.
L’indagine sismica MASW ha consentito di derivare, attraverso un processo di inversione eseguito
dall’Autore, la colonna sismostratigrafica dal piano di campagna fino alla profondità di 30,00 m. I
dettagli della sismostratigrafia ottenuta sono sotto riportati.
Il progetto, al quale si rimanda per i dettagli tecnici, è stato elaborato dall’Ing. Lucio Pezza e prevede
la realizzazione di alloggiamento pompe per ricircolo fanghi.
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La struttura ha una dimensione lorda in pianta di m 3.10x4.60, è alta m 2.90, parte dei quali interrati
(circa m 1.50). La sezione del manufatto è riportata nella figura che segue.
La fondazione prevista è a platea rigida
Il Progettista dovrà definire i carichi unitari massimi, considerate tutte le componenti permanenti
e accessorie, specificando le aliquote ai carichi strutturali, ai carichi non strutturali, ai carichi
accidentali.
Le normative attualmente di riferimento sono le “Norme Tecniche per le Costruzioni”, approvate con
Decreto del Ministero delle Infrastrutture il 14 gennaio 2008, e la successiva Circolare n. 617 del 2
febbraio 2009.
L’area interessata dal progetto è lineare in termini di situazioni morfologiche, quindi topografiche,
mentre in termini di affioramenti litologici la situazione è più articolata. Dal punto di vista topografico,
l’assetto dell’area di sviluppo dei capannoni è pianeggiante. La fascia di terreni interessati dal
progetto ricade quindi in categoria .
Nelle Norme tecniche per le costruzioni si definiscono cinque (A, B, C, D, E) più due (S1, S2)
categorie di suolo di fondazione a diversa rigidezza sismica, caratterizzate da velocità Vs30 (definito
come il valore medio della velocità di propagazione delle onde sismiche trasversali o di taglio nei
primi 30 metri sotto la base della fondazione) decrescenti e quindi da effetti amplificativi crescenti:
Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi
caratterizzati da valori di Vs30 superiori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno
strato di alterazione, con spessore massimo pari a 3 m.
Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto
consistenti,
con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà
meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT30
> 50 nei terreni a grana grossa e cu30 > 250 kPa nei terreni a grana fina).
Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina mediamente
consistenti
con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà
meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 <
NSPT,30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70 < cu30 < 250 kPa nei terreni a grana fina).
Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fina scarsamente
consistenti,
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con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà
meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 inferiori a 180 m/s (ovvero NSPT,30 < 15 nei
terreni a grana grossa e cu30 < 70 kPa nei terreni a grana fina).
Terreni dei sottosuoli di tipo C o D
per spessore non superiore a 20 m, posti sul substrato di riferimento (con Vs > 800 m/s).
L’area di progetto può essere ricondotta a questa categoria di suolo.
In aggiunta a queste categorie, per le quali le norme definiscono le azioni sismiche da considerare
nella progettazione, se ne definiscono altre due, per le quali sono richiesti studi speciali per la
definizione dell’azione sismica da considerare:
Nelle classificazioni precedenti Vs30 è la velocità media di propagazione entro 30 m di profondità
delle onde di taglio e viene calcolata con la seguente espressione:
La prospezione di riferimento effettuata nelle vicinanze, considerato che la situazione litostratigrafia
è assimilabile a quella della zona di previsto intervento, ha dato i seguenti risultati:
primo strato, di spessore medio pari a 1.3 m, con velocità Vs pari a 186 m/sec;
secondo strato, di spessore medio pari a 2 m, con Vs pari a 239 m/s;
terzo strato, di spessore medio pari a 6.8, con Vs pari a 254 m/s;
quarto strato, di spessore medio pari a 2.6, con Vs pari a 265 m/s;
quinto strato, di spessore medio pari a 7.4, con Vs pari a 371 m/s;
sesto strato (definito semispazio), con Vs pari a 590 m/s.
Le Vs30, calcolate come dalla formula sopra riportata, risultano pari a circa 350 m/sec con
fondazione incastrata; considerando la fondazione alla profondità di m 1.50, le Vs30 risultano pari a
371 m/sec.
In relazione alla normativa vigente ed in considerazione dei dati sullo stato di addensamento dei
terreni affioranti nella zona d’indagine, si può ritenere valida anche per i terreni costituenti il
sottosuolo dell’area di progetto una tipologia di suolo di fondazione di Categoria C: Depositi di
terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina mediamente consistenti con
spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche
con la profondità e da valori di Vs30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < NSPT30 < 50 nei
terreni a grana grossa e 70 < cu30 < 250 kPa nei terreni a grana fina).
Alla luce delle basse accelerazioni considerate, lo stato di addensamento e la presenza di frazione
fine dei depositi sedimentari, prevalentemente granulari, non lascia intravedere potenziale
predisposizione a fenomeni di liquefazione.
In merito al fenomeno di liquefazione, improbabile in terreni con Vs>200 m/sec con magnitudo fino
a 7,5, si è comunque effettuata una valutazione sulla base dei dati della prospezione sismica
(MASW), considerando la frazione fine presente. La verifica eseguita ha fatto osservare che i
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terreni d’imposta dei fabbricati da ristrutturare non sono potenzialmente liquefacibili (v. figura che
segue).
Pur se la natura dei terreni è prevalentemente granulare e permeabile, tale da dissipare in tempi
relativamente brevi le pressioni interstiziali, i tempi di dissipazione saranno sicuramente più lunghi
rispetto alla breve durata del sisma. L’evento sismico non dovrebbe pertanto produrre incrementi
significativi anche in termini di cedimenti sulle strutture.
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Le coordinate del sito, rilevate con MyGeoPosition, risultano le seguenti:
44.036332 (44° 2' 10.80'' N)
10.072725 (10° 4' 21.81'' E)
Considerando cautelativamente una vita nominale dell’opera
anni e adottando un coefficiente
d’uso della stessa pari a 1 (opera di Classe II), come da Tabella 2.4.II, le NTC individuano per
l’area in oggetto valori dei parametri spettrali riportati di seguito.
Lucca, 05 marzo 2012
Dott. Geol. Vincenzo Buchignani
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