Nancy Chodorow: lo sviluppo
sessuale
La formazione dell’identità di genere è un’esperienza
molto precoce, che deriva dall’attaccamento del
bambino alla madre; l’attaccamento deve poi essere
spezzato per poter acquisire un senso di sé
separato.
•
Bambina: rimane più vicino alla madre => senso di
sé meno separato dagli altri, maggiore dipendenza.
•
Bambino: separazione più netta dalla madre =>
senso di sé più separato dagli altri, maggiore
indipendenza.
Critiche a Chodorow
Il lavoro della Chodorow ha sollevato diverse critiche:
• non spiega la lotta delle donne per conquistare la
propria autonomia e indipendenza;
• le donne (e gli uomini) hanno una costituzione
psicologica molto più ibrida e contraddittoria;
• la femminilità può nascondere sentimenti di
aggressività e autoaffermazione.
• Questo contributo rimane comunque importante
per la spiegazione della cosiddetta inespressività
maschile.
Approcci teorici
I principali filoni interpretativi delle differenze di genere
insistono su:
•
differenza naturale tra uomini e donne fondata su base
biologica;
•
base biologica del sesso, ma socializzazione di genere;
•
assenza completa di una base biologica, poiché genere
e sesso sono entrambi il risultato esclusivo della
costruzione sociale.
L’approccio del genere
Il genere è
l’organizzazione sociale
dell’identità sessuale
Teoria del “ruolo sessuale”
Apprendimento tramite diverse
agenzie di socializzazione
Presenza di Rinforzi e sanzioni
Interiorizzazione dell’identità di
genere
La socializzazione si riflette nella futura vita adulta.
Le bambine sono percepite come più emotive,
gentili, sensibili, dipendenti, poco interessate alla
tecnica, curate nell’aspetto, naturalmente disposte
alla cura. Gli uomini, al contrario, sono percepiti
come aggressivi, indipendenti, orientati al mondo e
alla tecnica, competitivi, fiduciosi in se stessi, poco
emotivi.
E queste sono esattamente le caratteristiche
appropriate per sostenere il ruolo sociale che ai
due sessi verrà riservato: il maschio dominante
orientato all’esterno, la femmina dominata,
ripiegata su se stessa e la casa.
Mazzara, Stereotipi e pregiudizi, I997, p.26-27.
Elena Gianini Belotti
Dalla parte delle
bambine
(1973)
Superare gli stereotipi di genere fin dall’infanzia
e le disuguaglianze che ne conseguono
Stereotipi diffusi:
Le femmine sono “belle”, “carine”, “piccoline”,
“accudenti”, “affettuose”, “diligenti”
I maschi sono “svegli”, “forti”, “veloci”, “disordinati”,
“maneschi”, “vivaci”, hanno una “voce forte” .
Questi stereotipi informano il nostro
comportamento con i bambini e le bambine,
facendoci trasmettere diverse aspettative sul ruolo
che avranno da adulti.
Spesso ai bambini si trasmette l’idea che un
giorno avranno la possibilità di realizzarsi, nel
lavoro e non solo, utilizzando tutte le risorse
personali, ambientali e altrui a questo scopo.
Alle bambine si trasmette invece l’idea che
dovranno un giorno attingere alle proprie risorse
personali per far realizzare o compiacere gli altri:
piacere e accudire saranno i loro principali
compiti.
L’educazione da parte dei genitori è ancora oggi
condizionata da queste differenti aspettative, più
di quanto non si pensi: ma anche quella degli
educatori.
Ci relazioniamo in maniera
diversa con bambini e con
bambine, spesso
inconsapevolmente
Esperimenti filmati sull’interazione
adulti-infanti. Es. non noto che il
genere non sempre corrispondeva
al sesso biologico dell’infante
travestito dai ricercatori. Il risultato
fu che quando pensavano di
giocare coi maschietti, le donne
erano meno affettuose, più attive,
offrivano loro sonagli o martelli,
mentre con le bambine erano più
amorevoli, dolci e pacate e
offrivano loro bamboline.
Altre ricerche hanno mostrato un
comportamento differenziato:
dall’arredamento della cameretta ai giochi
proposti, dalle istruzioni circa il
comportamento da tenere, al contatto fisico e
allo spazio che viene consentito di occupare.
Alle bambine viene consentito di occupare
mediamente meno spazio dei bambini, di
essere “composte”, poco “esuberanti” nel
gioco, o semplicemente viene
inconsapevolmente trasmesso loro il
messaggio di accettare che il loro spazio
possa essere “violato” e i loro oggetti presi.
Numerosi studi condotti mostrano che le insegnanti
tendono a rimproverare di più i maschi per il disturbo
(confermando l’idea che un maschio è disturbatore) a
parità di condizioni, e a valorizzarli quando si
conformano a modelli femminili, mentre gli insegnanti
tendono a offrire con più frequenza posizioni di
leadership ai bambini nelle attività scolastiche e
sportive.
Un sessismo latente si riscontra, d’altra parte, negli
stessi testi scolastici e nei libri di fiabe: i soggetti
maschili sono più numerosi di quelli femminili, sono
rappresentati in spazi esterni, mentre a quelli femminili
sono riservati ambienti chiusi; gli uomini sono
generalmente raffigurati impegnati in attività gratificanti.
Le donne, al contrario, non sono quasi mai raffigurate in
ruoli direttivi al lavoro quanto piuttosto in contesti
domestici.
Educare al genere
L’educazione di genere pone
problemi e spesso mancano le
risposte
Ci si allarma, per i maschi, a
causa del wrestling e dei cartoni
animati violenti e del troppo
tempo trascorso davanti ai
videogiochi.
Ci si angoscia, nel caso delle
femmine, per il loro corpo, la
loro bellezza, la possibilità che
diventino prede sessuali.
Con queste stesse paure,
tuttavia, si trasmettono dei
modelli che verranno
interiorizzati.
Ricerche hanno mostrato una prevalenza di
giochi “maschili” tra i bambini, e di giochi
“femminili” ma anche “maschili” tra le
bambine fino ai 5 anni.
Altre ricerche hanno mostrato che i bambini
di ambo i sessi dai 5 anni in poi sono punitivi
verso i coetanei che non rispettano i ruoli
sessuali: un bambino di più di 5 anni che
gioca con le bambole o si trucca viene deriso
dai compagni; allo stesso modo, una
bambina che gioca con le pistole viene
talvolta rifiutata dalle coetanee. Ma in questo
possono essere educati a reagire
diversamente.
Questo fa sì che, da grandi, esse
tenderanno a sottrarsi alla
competizione con maschi in
terreni
tradizionalmente
“maschili”, a cominciare dalla
carriera lavorativa.
Più in generale, vivranno il
conflitto tra il fare del proprio
meglio per riuscire al massimo e
apparire femminili e premurose
con gli altri.
I ragazzi, viceversa, avranno un
rapporto più conflittuale con la
sfera dei propri sentimenti e delle
proprie emozioni: tenderanno a
verbalizzarli di meno agli altri e a
esperirli come “eccessive” o
“estranei” alla propria identità di
genere, finendo talvolta per
reprimerli o per vergognarsene.
È stato provato che la socializzazione ai ruoli di genere fin dalla tenera età
influenza gli elementi motivazionali in adolescenza: nei campi a forte
stereotipizzazione di genere, ad es., i ragazzi sovrastimano propria
competenza per prestazioni future, mentre le ragazze le sottostimano anche
quando raggiungono risultati eccellenti .
Le ragazze tendono meno ad attribuire i successi alle proprie capacità,
mentre più facilmente riconducono gli insuccessi a incapacità proprie
(soprattutto quando i compiti sono convenzionalmente considerati di tipo
maschile o sono poco familiari).
Le giovani tendono ad assumere un alto livello di responsabilizzazione per
eventi positivi e negativi e tale senso aumenta col crescere dell’età, mentre nei
ragazzi, all’aumentare dell’età, tendono sempre più ad attribuire gli esiti delle
proprie azioni negli ambiti sia cognitivi sia sociali al potere degli altri o a cause
esterne sconosciute.
Bomba libera tutti
http://www.youtube.com/watch?v=5-_BIpbdDc
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