_Si può fare la Differenza? GenerAzione Scuola 3 Unione dei Comuni Valdichiana Senese Percorsi di crescita ed educazione alla cittadinanza di genere Progetto: Progetto e realizzazione: Soggetto attuatore: GenerAzione scuola 3 Giusi Acquaviva Monica Matticoli Valentina Garofalo Unione dei Comuni Valdichiana Senese Periodo di svolgimento : Anno scolastico 2013 / 2014 Istituti scolastici coinvolti: Istituti scolastici comprensivi di: Cetona, Chianciano Terme, Montepulciano area Nord (Acquaviva), Montepulciano “Iris Origo” Area territoriale: Comuni di: Chianciano Terme, Cetona, San Casciano dei Bagni, Sarteano, Montepulciano Introduzione “Al di fuori della famiglia, la scuola è l’ambiente in cui si acquisiscono quei valori che ci accompagneranno per tutta la vita. A scuola si è sottoposti alle prime forme di inserimento sociale oltre i confini della propria famiglia. Il gruppo classe dovrebbe essere teso ad evitare la separazione su basi etniche, linguistiche, religiose e culturali attraverso l’insegnamento e l’apprendimento di dinamiche di socializzazione. Occorre educare ai diritti della persona, alle differenze, affinché ognuno di noi divenga testimone consapevole e responsabile della nostra ricchezza umana. Scoprire la propria identità riveste un ruolo fondamentale nella crescita ed è basilare nei processi educativi. Conoscere se stessi ci appare, infatti, uno strumento imprescindibile per favorire l’incontro con l’altro rendendoci disponibili a cambiare idee, concetti e visioni del mondo mettendo in crisi il pensiero unico della nostra cultura, fatto spesso di stereotipi e modelli che limitano le possibilità di espressione di donne e uomini, di ragazze e ragazzi, nell’ambito delle relazioni, degli affetti, del lavoro della scuola. Riconoscere la differenza evita il rischio di omologazione del femminile al modello maschile e collabora a valorizzare le specificità e le risorse di genere. Il sistema scolastico in cui viviamo e che contribuiamo a produrre, però, educa ancora alla neutralità senza prendere in considerazione le appartenenze di genere e le esperienze personali di bambini e bambine. Il divenire donna o uomo non è un processo lineare. Educare alla differenza rispettando quelle che sono le vere inclinazioni individuali, al di fuori di quello che ci si aspetta dal maschio e dalla femmina, vuol dire predisporre un tessuto culturale libero da condizionamenti, insegnare a riconoscere i modelli preconfezionati, sviluppando un senso critico. Più nello specifico, sensibilizzare alla parità significa avere attenzione ai meccanismi che riducono le possibilità di scelta delle persone, impedendo l’applicazione libera dei propri talenti, in favore di schemi sociali limitativi. A questo proposito, anche quest’anno, con le colleghe Referenti di genere abbiamo riproposto, nel comprensorio della Val di Chiana, il progetto GenerAzione scuola, giunto alla sua terza edizione”. Dott.ssa Valentina Garofalo, referente di genere “Il progetto GenerAzione Scuola 3 è iniziato alla fine di marzo 2014 per chiudersi a giugno. Dopo una ‘fase zero’ di progettazione insieme alle altre due referenti di genere Giusi Acquaviva e Valentina Garofalo, è partita la prima fase che ha coinciso con l’incontro con le docenti: in quest’occasione ho presentato il Progetto, abbiamo calendarizzato gli incontri con le classi e coi genitori e verificato la reperibilità dei materiali e delle attrezzature. La seconda fase ha riguardato la attività nelle classi: sono stati svolti tre incontri con una fase di preparazione realizzata dalle docenti che hanno introdotto il Progetto e predisposto i materiali che avrebbero accompagnato i bambini e le bambine per tutta la durata dal Progetto ovvero le sagome, che sono state realizzate a coppie dopo aver fatto stendere i piccoli e le piccole a terra su di un cartoncino in una posizione comoda. Le sagome sono state poi ‘battezzate’ con un nome fittizio per sancire la nascita dell’alter ego”. Dott.ssa Monica Matticoli, referente di genere “L’idea è quella di permettere ai bambini e alle bambine di confrontarsi con concetti, immagini e significati più autentici, nell’ottica della parità di scelta e opportunità e nella direzione di una più completa realizzazione di sé nel mondo e, di conseguenza, di un riequilibrio delle responsabilità familiari e genitoriali tra igeneri. Trasversalmente, si intende favorire l’interiorizzazione di modelli altruistici e rispettosi non solo delle diversità di genere ma anche di quelle sessuali, sociali, etniche, culturali e religiose.In tale ottica, sono state avviate attività volte a migliorare la conoscenza di sé, il rapporto con gli altri, la differenza di genere: la rielaborazione è avvenuta attraverso stimoli dati dalle insegnanti, conversazioni guidate e libere, racconti, elaborati scritti e grafici. Con le altre colleghe referenti abbiamo strutturato una traccia programmatica su ciò che avremmo voluto affrontare e via via abbiamo ristretto le proposte ad alcuni elementi essenziali che ci hanno trovato d’accordo e ci hanno consentito di proporre ai docenti un progetto suddiviso in tre incontri di due ore ciascuno. Gli argomenti trattati sono stati: • Promuovere strumenti di conoscenza e di riflessione sull’identità in generale e su quella di genere in particolare e sulla valorizzazione delle differenze. • Promuovere una cultura di genere e del rispetto delle differenze e delle diversità. • Promuovere il superamento degli stereotipi fornendo strumenti critici. • Ideare e diffondere materiali didattici e formativi rivolti sia ai/alle docenti che agli alunni e alle alunne per promuovere buone prassi educative, sia in termini metodologici che di contenuto”. Dott.ssa Giusi Acquaviva, referente di genere Il lavoro in classe di Valentina Garofalo Quest’anno l’esperienza con le classi mi ha visto operare negli Istituti comprensivi di Montepulciano e di Acquaviva di Montepulciano dove ho lavorato con due classi terze. Quest’anno il progetto parte da una riflessione sulla propria identità; imparare a conoscersi e a riconoscere le proprie emozioni diventa anticamera per approcciarsi all’altro in maniera più consapevole. Le attività si concentrano sull’essere maschio o femmina con la finalità di prevenire la trasmissione di stereotipi di genere, sin dagli anni della prima infanzia, in modo da limitarne l’impatto sociale e individuale. La differenza va riconosciuta e valorizzata e il nostro obiettivo è discriminare tra differenze di genere e stereotipi, ampliando le possibilità a disposizione di ciascun sesso, per promuovere il rispetto delle reciproche peculiarità. In tale ottica, sono state proposte attività volte a migliorare la conoscenza di sé, il rapporto con gli altri, la differenza di genere; la rielaborazione è avvenuta attraverso stimoli dati con gli/le insegnanti, conversazioni guidate e libere, racconti, elaborati scritti e grafici. Il lavoro con le sagome ha entusiasmato entrambe le classi e durante tutto il percorso si è continuato a lavorarci per apportare abbellimenti e modifiche fino al momento di mostrarle ai genitori. In un secondo momento ho chiesto di scrivere delle storie che ci presentassero il loro Avatar e che contenessero quelle parole piene, testimoni delle caratteristiche personali che erano riusciti ad individuare. Io, la mia sagoma e il mio Avatar Gli incontri sono stati tre, preceduti da una fase di lavoro svolto in autonomia dai maestri, nella quale sono state preparate delle sagome realizzate facendo stendere a terra gli alunni e le alunne e chiedendo ad un compagno o ad una compagna di disegnarne i contorni. Ogni bambino ha scelto il nome della sagoma e ha deciso di rifarsi a personaggi del modo reale o immaginario in cui potersi immedesimare; è nato così l’alter ego che li/le ha accompagnati per tutta la durata del lavoro in aula. Nella prima giornata mi sono presentata e ho raccontato loro cosa avremmo fatto insieme. Ho introdotto il concetto di identità personale e abbiamo iniziato una riflessione condivisa con l’ausilio di una griglia di domande: Come ti vedi? Come ti vedono gli altri/le altre? Cosa ti piace di te? Cosa piace di te agli altri/alle altre? Cosa pensi di te? Cosa pensano gli altri/le altre di te? Come ti senti? Su richiesta dei maestri che volevano essere sicuri che per tutti i bambini i concetti fossero ben assimilati abbiamo chiesto alla classe di rispondere alle domande anche per iscritto. Il confronto ci ha permesso di individuare le parole piene ovvero delle parole significative che definivano bene ciascuno/a di loro e che sono state attaccate sopra le sagome. Identità, ruoli e differenze; maschile e femminile Come ogni anno con le colleghe scegliamo testi, immagini o filmati che introducano e sostengano gli argomenti trattati dal progetto. Il libretto proposto quest’anno, Nei panni di Zaff, non ha avuto in fase di programmazione lo stesso tipo di feed back da parte degli insegnanti; un maestro ha ritenuto che non fosse il caso di utilizzarla nella sua classe poiché temeva che il linguaggio e lo stile adoperato dalle autrici potessero non essere graditi da alcuni genitori. Nello specifico, il racconto sulle vicende del protagonista, il piccolo Zaff, riporta nel testo la parola gay e cita più volte il termine pisello in relazione ad un gioco di parole: principessa sul pisello – principessa col pisello. Per far fronte a questa esigenza, per la classe di Acquaviva, si è deciso di modificare il programma e di introdurre gli argomenti oggetto della lezione con l’ausilio di esempi di vita quotidiana raccolti dal confronto con gli alunni e le alunne e mutuati da altri progetti già testati in precedenza. Durante le lezioni, però, quei termini e quelli argomenti che non si erano voluti proporre sono venuti fuori dalle riflessioni dei bambini, molto più informati sulle questioni relative alla sessualità di quello che docenti e genitori avrebbero immaginato! Nell’altra classe abbiamo letto invece il racconto e abbiamo analizzato i personaggi e definito le loro caratteristiche. Come sempre si è scatenata una fase di dibattito molto partecipata nella quale ho provveduto a rinforzare i concetti espressi dai bambini e dalle bambini e mi sono appuntata le riflessioni più significative allo scopo di condividerle con i genitori durante i nostri incontri. Gli argomenti di parità, differenze, possibilità per i generi di attuare le proprie volontà liberamente hanno coinvolto tutti profondamente e hanno condotto alla conclusione che la valorizzazione di ognuno di noi rappresenta l’elemento fondamentale di tutta la questione. Rispetto è stato definito la parola magica attraverso la quale vengono abolite le barriere, le difficoltà di comprensione e accettazione e il concetto stesso ha portato ad allargare la discussione a tanti momenti della vita quotidiana di ognuno. Con i docenti, i bambini e le bambine hanno poi riscritto la storia con parole loro e gli elaborati hanno rappresentato il momento di introduzione nella lezione successiva. La valigia degli attrezzi Come ogni anno, l’ultimo seminario raccoglie e sintetizza il lavoro fatto nelle ore precedenti. In questo caso, ho provveduto a leggere e commentare le loro storie e a porre l’accento sulle parole piene utilizzate nello scrivere. Ho anche risposto ai tanti quesiti che il testo aveva introdotto ampliando la riflessione dai concetti di sesso e genere fino alle scelte personali degli individui. Si è scelto con le insegnanti di far scrivere una storia che raccontasse un fatto reale o di fantasia nel quale il soggetto fosse discriminato per le proprie scelte; parecchi hanno deciso di parlare di qualcosa che li aveva visti protagonisti e i testi hanno mostrato quanto fossero rimasti amareggiati da situazioni in cui erano stati considerati strani o diversi per il loro modo di essere o di fare. Nell’ultima parte della mattinata abbiamo tracciato le conclusioni del lavoro fatto insieme e ho raccolto le loro impressioni sull’esperienza condivisa. Quello che alla classe rimarrà di ciò che abbiamo detto e fatto insieme, rappresenterà la valigia degli attrezzi con la quale continuare ad affrontare questi argomenti nel proseguo del percorso scolastico. Gli incontri con i genitori Gli incontri con i genitori hanno rappresentato l’ultima fase del progetto; come da programma nel primo abbiamo esposto le attività proposte alle classi e abbiamo mostrato i risultati tangibili del lavoro dei bambini e delle bambine .I docenti erano un po’ perplessi riguardo alla partecipazione degli adulti che prevedevano scarsa. Nella realtà dei fatti, le loro previsioni sono state completamente disattese. In quasi tutti gli incontri i genitori si sono presentati in gran numero e hanno manifestato un grande interesse per il lavoro realizzato con i loro figli e le loro figlie. Conclusioni La tematica dell’educazione e orientamento di genere non può certo esaurirsi e neppure strutturarsi con singoli interventi di esperte direttamente nelle classi. E’ una tematica trasversale e, secondo me, sta alla base di tutto il fare scuola, dei principi educativi, nel momento in cui si consideri l’educazione come attenzione e centralità dei soggetti, offerta di consapevolezze e strumenti di sviluppo dell’autoriflessività per la crescita dell’identità in divenire. Questo è senz’altro compito educativo centrale sia per la scuola che per le famiglie in un’alleanza che risulta fondamentale per lo sviluppo armonico della persona. Il nostro compito divine quindi soprattutto di indirizzo, di supporto e di sensibilizzazione, per offrire stimoli, materiali e idee, nella convinzione che il lavoro didattico si fa nelle classi e con le persone che si incontrano tutti i giorni, maestri e maestre. L’augurio è che i docenti e le docenti coinvolte, così come i genitori che hanno partecipato agli incontri, spinti dalle nostre sollecitazioni si attivino per comunicare e relazionarsi con i bambini e le bambine utilizzando un linguaggio più attento al genere, promuovendo una proposta educativa che sottenda alla libera espressione di sé, affinché ognuno possa sentirsi libero di scegliere, indipendentemente dall’essere maschio o femmina. Così che possa persistere l’entusiasmo della riflessione di Vittorio: “che bello maestra, sono diverso da tutti, nel mondo non c’è nessuno come me, sono unico; allora sono proprio speciale”! Dott.ssa Valentina Garofalo APPROFONDIMENTI di Monica Matticoli Nell’individuare le ‘parole piene’ ho lavorato molto, in sinergia con le docenti, sui processi di significazione e sul dialogo al fine di svelare il senso autentico della parola al di là dell’uso e di una sua ‘appropriazione’ cognitiva o di riflesso, ovvero: perché così mi dicono che io sono. Con le insegnanti ci siamo rese conto fin da subito di come fosse fondamentale elaborare tali significazioni insieme alle immagini e agli immaginari veicolati per spostare e guidare i bambine e le bambine a riapproprirasi dei sensi profondi e di opportunità più vaste. Sono un duro diventa così sono una persona determinata; si assiste poi alla necessità di trasferire risorse interiori ad esempio dal calcio alla scuola, allo studio, o viceversa. L’obiettivo è svelare quanto il linguaggio sia un elemento di connessione fra sé e il mondo. C’è una forma di presidio molto strutturata da parte delle docenti che diventa tanto più assertiva quanto più hanno abituato i bambini al lavoro su sé e sulle dinamiche emozionali. Dette dinamiche mai sono riconnesse a dimensioni del vissuto individuale ma sempre sono riportate nelle relazioni: sì è vero non sono fragile ma a seguito di certi comportamenti altrui piango. La parola è relazionale nel senso che ci espone all’altro ma, anche, ci libera. Noi adulti aiutiamo a concentrarsi, supportiamo per agevolare lo stare nel qui ed ora della riflessione, sorvegliamo affinché nessuno prenda la parola per conto di altri o di altre e affinché tutti e tutte siano in condizione di ascolto, stiano su sé. Concentrarsi sull’altro e su sé. Comprendere le differenze di esperienza che stanno dietro la medesima parola; appropriarsi della propria esperienza e di quella altrui: vederla, separata da sé. Diversa. Sono una bambina ficcanaso diventa sono una bambina curiosa e un bimbo chiuso si scopre sensibile, empatico. C’è una grossa attenzione più che al risultato della riflessione al processo mediante il quale le immagini di sé si fanno parola autentica e messa in condivisone. La classe e gli adulti, io e le docenti, diventiamo consulenti nella scelta di un eventuale sinonimo: ci accordiamo tutti, grandi e piccini, su una mera funzione propositiva, interlocutoria, mai direttiva. Un bambino intende il suo essere forte come essere rabbioso, aggressivo, violento: lavoriamo per ampliare e scopriamo che si può essere forti senza essere violenti e che la rabbia è un’emozione come lo sono altre e che si può comprendere e gestire. Dal rapporto con lo sport i maschi si scoprono non solo sportivi (?) ma leali, generosi, altruisti. La lettura della storia di Zaff ha avuto necessità di una premessa: abbiamo dovuto infatti dapprima individuare e significare insieme alcune incongruenze nella narrazione. A mio parere non è un libro adattissimo a una lettura non guidata giacché presenta delle contraddizioni nella costruzione testuale che urge significare. Innanzitutto: perché alla fine interviene la fata turchina a rendere tutti bravi e buoni? mica nella vita vanno così le cose! e comunque si può provare ad essere autentici anche in un mondo che non vuole cambiare: o no? Ancora: c’è un po’ di confusione fra fare ed essere, fra vestirsi da ed essere un/una e la chiarezza a questo livello è fondamentale per un’adeguata collocazione della storia nel processo educativo e didattico proposto; abbiamo deciso di stare sul fare e di non mettere in discussione l’essere: Zaff resta sempre se stesso pur vestendosi da principessa: e infatti è una principessa COL pisello! Da ultimo: i riferimenti alle differenze sono fatti a mio parere con troppa leggerezza (scherzo di natura, gay, anormale) e le immagini che li propongono vanno ben governati anche perché nelle classi ci sono bambini diversamente abili. Detto questo: dallo studio dei personaggi emerge come Zaff sia divertente, sicuro di sé, ribelle, sensibile, tenace, autentico, libero; la Principessa è invece originale, tenace, ribelle, moderna, assertiva se non addirittura ‘comandina’ - insomma, è una che sa il fatto suo - ; il Coro è arrogante, cattivo, impiccione, convinto di aver ragione, offensivo, ‘enorme’ - sembra non possa essere vinto e si debba soccombere. In plenaria facciamo un accurato lavoro sulle ‘parole piene’ e soprattutto introduciamo esperienze connesse a tre nodi: assertività, responsabilità e autenticità. Per descrivere il terzo e ultimo incontro rimando al testo elaborato dalle classi che metto nelle conclusioni (La voce dei bambini e delle bambine). Voglio solo spendere qualche parola per dire come, in una classe in paricolare, la giornata abbia riguardato la messa in condivisione delle dinamiche della scelta maschio-femmina. In particolare, intendo aggiungere alla narrazione dei e delle protagoniste il fatto che l’insegnante abbia notato, proprio a seguito di quest’esperienza, una significativa trasformazione delle dinamiche di gruppo soprattutto nella fase del gioco spontaneo in cui è aumentata la disponibilità e si è abbassata la carica aggressiva a favore di un maggiore orientamento all’altro e all’altra e alla percezione delle difficoltà, ricondotte su uno scenario di affettività. Infine, gli incontri coi gentori. Questi momenti sono stati organizzati tenendo conto delle differenti esigenze delle scuole. In generale comunque hanno visto una modalità partecipata e condivisa, un forte bisogno di chiedere altre lenti per leggere non solo i figli e le figlie ma loro stessi e loro stesse, oltre che chiaramente il mondo. I papà e le mamme sono stati guidati anche mediante i video e le buone pratiche proposte a interrogarsi su ruoli, metodi e strumenti prima che sui contenuti, con l’obiettivo di introdurre una visione di sé come esseri sessuati e dunque riproduttori ma anche, talvolta, innovatori di modelli di scelta legati in particolare alla condivisione dei carichi di cura e alle dinamiche familiari. Prendere consapevolezza di quan- il genere non sia tanto un contentuto da trasmettere quanto piuttosto una lente per guardare il mondo a parto tire da sé ha fatto concludere i e le presenti che un’analisi su sè e sui modelli identitari e di ruolo, e dunque di scelta, può essere utile per riconfigurare la nostra esperienza di uomini e donne prima che di genitori nella direzione dell’autenticità. Con l’interessante conseguenza di fornire alle nuove generazioni un modello credibile non tanto in termini di contenuti e norme quanto in termini di modalità, autentiche, di stare al mondo in corpo di uomo e di donna CONCLUSIONI: LA VOCE DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE Classe III A Scuola Elementare “Edmondo De Amicis” Quest’anno con il progetto “Generazione scuola 3” abbiamo conosciuto la maestra Monica, che è venuta ad insegnarci qualcosa sul corpo. Eravamo emozionati ed incuriositi perché ci chiedevamo: ”Cosa potrà dirci di nuovo, che noi già non sappiamo?”. Invece abbiamo scoperto molti segreti: - differenze vere, biologiche tra uomini e donne; - differenze scientifiche; - differenze comportamentali. All’inizio del percorso, con le maestre, abbiamo disegnato le nostre sagome; è stato molto divertente vedere alcuni compagni “rannicchiati” perché non entravano nel foglio e molto bello osservare il nostro corpo sotto un’altra prospettiva. Per realizzare tale progetto è stato necessario lavorare insieme ai nostri amici e alle maestre, scoprendo parole nuove che ci potrebbero servire nella nostra vita. È stato bello immaginare di essere qualcun altro, riflettendo sui nostri pregi e difetti. Questo ci ha permesso di essere noi stessi, di viaggiare con la fantasia alla scoperta di sé e dell’altro. Leggendo la storia di Zaff ci siamo sentiti incuriositi, sorpresi, emozionati nello scoprire che non c’è una legge su di noi. I preconcetti non sono sempre veri, perché i maschi possono fare delle cose da femmine e viceversa, ma rimanere quelli che sono. Abbiamo capito che da grandi possiamo prenderci la “responsabilità” di fare ed essere quello che desideriamo rispettando, però, sia gli altri che noi stessi. La conoscenza porta alla comprensione e al superamento di tali preconcetti, naturalmente è più facile seguire un filo comune, anzi- ché distinguersi ed avere il coraggio di essere ciò che siamo. Mattia ci ha detto che per la prima volta ha indossato la vestaglia senza provare vergogna; Leonardo ci ha raccontato che il suo babbo “ninna” Vittorio e lo porta nella carrozzina. Una volta non si potevano neanche pensare cose così... - Lo sapevate che in Scozia gli uomini indossano la gonna? Il suo nome è Kilt. L’ultimo giorno abbiamo riflettuto sul percorso fatto, ognuno di noi ha dato il suo contributo per poter realizzare questo testo, ma soprattutto si è imparato a non vergognarsi; bisogna conoscere le cose per potersi rispettare. Ognuno può fare delle scelte sul proprio corpo rispettando la legge, se stessi e gli altri. Dott.ssa Monica Matticoli Gli incontri in aula: primo incontro Io, la mia sagoma e il mio Avatar….! di Giusi Acquaviva Preparazione per il primo incontro Prima del primo incontro le insegnanti, come da programma, hanno fatto stendere a terra su un foglio di carta da pacco i bambini e le bambine e gli hanno fatto disegnare a coppie le loro sagome. Ogni bambino/a ha scelto una posizione comoda e a lui o lei più gradita. Dietro la sagoma è stato inserito il nome dell’Avatar per battezzare la sagoma stessa. Tutto ciò al fine di creare un personaggio altro dal bambino o dalla bambina. Successivamente la sagoma/Avatar è stata colorata e abbellita e la sua fattura modificata fino al giorno della presentazione del lavoro degli incontri con i genitori. Primo incontro Nel primo incontro di aula è stato inizialmente introdotto e presentato il lavoro del progetto e mi sono presentata ai bambini e alle bambine. Allo stesso tempo c’è stata anche una presentazione della classe. È stata subito affrontata una discussione e una riflessione sul concetto di genere, di stereotipo e sulle tematiche che poi avremo trattato insieme, anche se grazie al contributo dato dalle insegnanti i bambini e le bambine erano già preparati in merito. Si è subito introdotto il concetto di identità personale, vista la precedente realizzazione delle sagome avvenuta con le insegnanti. Si è aperto immediatamente un ampio confronto con la classe sul conoscersi e sul raccontarsi. In tal caso è stata utilizzata, a supporto, una griglia di domande-stimolo: Come ti vedi? Come ti vedono gli/le altri/altre? Cosa pensi di te? Cosa pensano gli/le altri/altre di te? Cosa ti piace di te? Come ti senti? L’obiettivo principale dell’incontro era quello di mettere i bambini nella condizione di verificare la propria identità e l’appartenenza al genere, analizzare il concetto di diversità che avremmo trattato nei successivi incontri. Ci sono stati comunque dei bambini e delle bambine che non hanno risposto ad alcune domande e si sono trovati/e in difficoltà e mostrati confusi/e rispetto a come si vedono o come si sentono. Gli incontri in aula: secondo incontro Maschi e femmine: ruoli e differenze. Abbiamo lavorato sul fatto che non ci dobbiamo sentire diversi per le nostre particolari caratteristiche fisiche e per il nostro aspetto ed abbiamo affrontato un tema delicato come quello della discriminazione cui spesso vengono fatti oggetto i bambini e le bambine. Può capitare che il bambino voglia vestirsi da bambina e giochi con le bambole sognando di fare la ballerina o che la bimba voglia vestirsi da maschio e sogni di fare il calciatore. In questi casi può avvenire che si creino nel gruppo dei coetanei situazioni di canzonature e di emarginazione e negli adulti sensazioni di imbarazzo e di allarme che rischiano di interferire con la libertà di espressione di cui i bambini hanno bisogno per riconoscersi ed accettarsi. Abbiamo quindi discusso e lavorato sull’identità degli alunni e delle alunne e sul rispetto di quella dei compagni e delle compagne, come invito ad accettare in modo incondizionato l’altro e la sua diversità. Il dibattito è poi sfociato nella direzione della tematica delle differenze tra maschi e femmine e della diversità a 360 gradi, come arricchimento e motivo di crescita. La discussione è stata arricchita dalla stesura di un testo dove i personaggi invertivano i loro ruoli. La scelta dei bambini è ricaduta soprattutto sulle storie e sulle fiabe classiche. Nell’elaborazione delle storie i bambini hanno mostrato e scatenato la loro fantasia, rimanendo comunque ancorati alle tematiche portanti del progetto e trattate durante l’incontro. Dopo l’elaborazione delle storie se ne è data lettura in classe. Di seguito alcune frasi emerse dalla discussione in classe: I maschi non possono partorire e allattare! I maschi non si mettono i tacchi e non si possono truccare! I maschi sono uguali a noi femmine nei comportamenti e nelle cose che si fanno tutti i giorni anche in casa, come andare al bagno. Tutti hanno diritto di vedersi bene nel loro aspetto femminile o maschile e viceversa anche di cambiare sesso. Queste persone devono comunque essere accettate! Gli incontri in aula: terzo incontro Che Genere di Discriminazione? Nel terzo incontro è stata aperta nuovamente una discussione in classe sul concetto di discriminazione, emerso e non approfondito nell’incontro precedente. Sono stati quindi rafforzati i concetti affrontati durante il confronto e data risposta ai molti quesiti posti dai bambini e dalle bambine sulle tematiche introdotte dal testo. Il terzo incontro è stato anche un momento di verifica e feed back rispetto alle tematiche trattate negli incontri precedenti. Con le insegnanti abbiamo tratto le conclusioni del progetto e raccolto delle impressioni su l’esperienza condivisa. Gli incontri con le famiglie: La cassetta degli attrezzi… Tra le azioni progettuali era prevista la promozione di momenti di interazione con le famiglie mediante incontri a scuola di dibattito e riflessione sulle tematiche di genere affrontate con i/le bambini/e e gli/le insegnanti. Le ragioni che hanno spinto la promozione di questi momenti di incontro e riflessione con le famiglie dei bambini e delle bambine sono legati al fatto che l’orientamento di genere che le scuole, tramite la realizzazione di progetti come questo, possono offrire ai figli e alle figlie risulta un avvio di riflessione e confronto utile anche per madri e padri. Le famiglie restano le agenzie educative e di socializzazione, soprattutto quando madri e padri riconoscono il diritto all’autonomia dei figli e delle figlie. I quali e le quali, come risulta anche dal materiale realizzato in classe, mettono al primo posto la famiglia tra le cose importanti della vita. Si presentano ancora significative le differenze di genere: sono le figlie che più facilmente e frequentemente dialogano in famiglia, sono le madri soprattutto protagoniste della comunicazione, della confidenza e dell’intimità sia con le figlie che con i figli. E persistono, pur in questi mutamenti, le differenziazioni delle regole all’interno della vita famigliare secondo il genere dei figli. In linea generale si promuovono ancora nei maschi di più le competenze volte all’acquisizione di uno status sociale, nelle femmine ancora, anche se non esclusivamente, quelle legate alla cura di cose e persone. Vi è quindi ancora il pericolo di trasmettere alle nuove generazioni rigidità di ruoli che rischiano di limitare le scelte, le libertà di giovani donne e uomini. Nel nostro progetto abbiamo scelto di coinvolgere direttamente le famiglie, poiché nel momento in cui ci si occupa di educazione e orientamento di genere, significa riflettere e lavorare insieme per comprendere come siano presenti nella cultura diffusa, ma anche dentro ma anche dentro ciascuna e ciascuno, i pregiudizi e gli stereotipi legati alle differenze di genere e di ruolo tra femmine e maschi e come questo si tramandi anche nelle famiglie, se non vi si ponga particolare attenzione e si sviluppi una sensibilità che trasmetta tra adulti e giovani la competenza a criticare queste culture e a ricreare forme più eque ed armoniche di relazioni tra i sessi. Conclusioni Il progetto GenerAzione Scuola 3 aveva tra i propri obiettivi quello di stimolare l’apertura mentale e culturale dei bambini e delle bambine coinvolte rispetto ai concetti dell’identità di genere, dell’abbattimento degli stereotipi e delle differenze di genere. Con i risultati ottenuti dal lavoro svolto in classe possiamo concludere che l’azione realizzata con i bambini e le bambine coinvolti ha prodotto gli effetti attesi dal progetto. Si è senza dubbio gettato le basi per una riflessione più ampia sul tema delle identità di genere, sulla consapevolezza del proprio maschile e femminile. Riflessione che è stata utile non solo agli alunni e alle insegnanti ma anche alle famiglie. La scuola è senza dubbio il primo canale, dopo la famiglia, in cui si dovrebbero assumere valori fondanti di coesione sociale, rispetto reciproco, superamento delle differenze sessuali, etniche, culturali. In questo caso si sono aperte nuove possibilità di integrazione delle tematiche trattate nell’attività didattica tout court come strumento per l’educazione tra pari, la conoscenza individuale ma soprattutto la prevenzione di stereotipi e pregiudizi in età adulta. Possiamo quindi affermare di aver svolto un’azione di sensibilizzazione del contesto rispetto al tema della differenza di genere e all’abbattimento degli stereotipi. Dott.ssa Giusi Acquaviva A cura di Provincia di Siena, Assessorato alle Pari opportunità Coordinamento Roberta Guerri, CPO Provincia di Siena Grafica e impaginazione Camilla Palagi Cecilia Marcotriggiani Si ringraziano Gli istituti scolastici dell’area territoriale della Valdichiana aderenti al progetto, i Dirigenti scolastici, l’Unione dei Comuni della Valdichiana Senese, i soggetti attuatori. La presente pubblicazione è presente in formato PDF sul sito internet della Provincia di Siena - sezione Pari Opportunità http://www.provincia.siena.it/Aree-tematiche/Pari-opportunita Progetto realizzato con i fondi della legge 16/2009 sulla Cittadinanza di genere