“Sul tavolo verde chi scarta perde”
Scarti alimentari:la dimensione del fenomeno - Europa
Secondo Waste Watcher, l’Osservatorio sugli sprechi di Last Minute Market e Swg,
a livello domestico in Italia si sprecano mediamente
✓il 17% dei prodotti ortofrutticoli acquistati,
✓il 15% di pesce,
✓il 28% di pasta e pane,
✓il 29% di uova,
✓il 30% di carne
✓il 32% di latticini.
Last Minute Market, spin off dell’1Università di Bologna è una eccellenza europea nel
recupero degli sprechi alimentari: l’Osservatorio è efficace sia nel monitoraggio che
negli interventi su packaging, etichette, vendite last minute, recupero di pasti e altre
attività di lotta agli sprechi, come la sensibilizzazione dei cittadini sul tema.
Il Rapporto pilota 2013 di Knowledge for Expo, Osservatorio Swg e Last Minute
Market dichiarava uno spreco domestico di 8,7 miliardi di euro/anno in Italia.
I dati aggiornati del nuovo Rapporto 2014 Waste Watcher - Knowledge for Expo,
presentato nel mese di giugno 2015, evidenziano una lieve riduzione dello spreco di
cibo: 8,1 miliardi di euro all’anno, ovvero 6,5 euro settimanali a famiglia per 630
grammi circa di cibo sprecato (www.lastminutemarket.it).
Una riduzione forse legata alla contrazione dei consumi, sottolinea il Presidente di
Last Minute Market Andrea Segrè, coordinatore del PINPAS (Piano nazionale di
Prevenzione dello spreco alimentare), che con altri promotori, ha presentato il 16
aprile 2014 a Strasburgo il documento-appello per l’istituzione dell’Anno Europeo
contro lo spreco alimentare e per il rilancio degli obiettivi fissati dalla Risoluzione
approvata dal Parlamento Europeo il 19 gennaio 2012 “Come evitare lo spreco di
alimenti: strategie per migliorare l’efficienza della catena alimentare nell’UE”:
tra questi obiettivi “dimezzare lo spreco alimentare nei Paesi europei entro il 2025”.
Critica la situazione in Europa: uno spreco di 89 milioni di tonnellate di cibo l’anno.
“Produce 170 milioni di tonnellate di CO2 e comporta la decomposizione dei rifiuti
alimentari in metano, cioè in un gas a effetto serra - riporta Segrè - senza contare gli
sprechi idrici che stanno dietro lo spreco alimentare: per produrre un solo kg di
manzo servono 15.500 litri di acqua, mentre ne ‘bastano’ 2.500 per un kg di riso.
ll settore agroalimentare necessita di una transizione verso produzioni più sostenibili
ma anche di cittadini informati e responsabili: sensibilizzare gli europei su questo
tema e nei comportamenti di acquisto e gestione del cibo è una priorità da perseguire
nell’immediato”.
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Scarti alimentari:la dimensione del fenomeno - Mondo
Per quanto riguarda la situazione a livello mondiale i dati riportati dalla Fao sono
impressionanti (Food Wastage Footprint - FAO 2014/ www.fao.org/3/a-i3991e.pdf).
Un terzo della produzione mondiale non viene consumato: 1 miliardo e 600 milioni
di tonnellate di alimenti viene gettato via pur essendo per l’80% ancora consumabile:
✓32% produzione agricola (510 milioni di t)
✓22% post raccolta e immagazzinaggio (355 milioni di t)
✓11% industria alimentare (180 milioni di t)
✓13% distribuzione (200 milioni di t)
✓22% consumo domestico (345 milioni di t)
Il totale dello spreco alimentare nei paesi industrializzati (222 milioni di t)
equivale alla produzione alimentare dell’Africa Sub Sahariana (230 milioni di t).
Il costo del cibo sprecato è pari a 750 miliardi di dollari.
Il PIL della Svizzera.
L’agroindustria ha convalidato una concezione scientista del cibo, proclamando la sua
scarsità, risolvibile solo con magiche soluzioni tecnologiche, mentre invece si produce
e si acquista troppo cibo e si butta via prima ancora che diventi inservibile.
Il modello di produzione odierno si basa sul meccanismo dello spreco e dell’eccesso di
produzione, con il cibo considerato una merce qualsiasi: proprio per affermare nuove
regole sui mercati finanziari nasce nel 2011 la campagna “Sulla fame non si specula”,
in difesa del cibo come diritto essenziale, contro le speculazioni finanziarie.
Occorre recuperare la nozione del valore del cibo e il valore della produzione
agroalimentare per ridurre gli sprechi alimentari.
Il costo sociale ed economico dell’attuale sistema di produzione, distribuzione e
consumo nel settore agro-alimentare, i rischi derivanti dalla cattiva alimentazione, la
necessità di accesso per tutti alle risorse, a un’alimentazione sana, alla salute, la
salvaguardia di risorse e biodiversità richiedono interventi legislativi e campagne di
sensibilizzazione del consumatore come, ad esempio, l’inserimento dell’impronta
ambientale nell’etichetta dei prodotti, allo studio della Commissione europea.
Vanno riattivati modelli di produzione, di distribuzione e di consumo dinamici, che
tutelino la biodiversità, rispettosi del lavoro, liberi di utilizzare i semi locali, in
sintonia con le diverse culture alimentari, contrastando in tutti i modi possibili
qualsiasi tentativo di Land Grabbing e di ulteriore cementificazione di suolo agricolo.
Un’attenta analisi sull’impatto ambientale della produzione e dello spreco alimentare
è quella proposta dalla campagna ONE PLANET FOOD, il programma del WWF
dedicato all’alimentazione sostenibile (www.oneplanetfood.info).
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Scarti alimentari:la dimensione del fenomeno - Buone notizie
✓
PRIMO NON SPRECARE: per il Rapporto 2014 Waste Watcher - Knowledge for
Expo non sprecare sembra essere il nuovo comandamento degli italiani:
➡
il 63% degli intervistati desidera un’Italia vigile contro gli sprechi, prima
ancora di un’Italia in generale rispettosa dell’ambiente (47%);
➡
l’81% degli italiani controlla se il cibo scaduto è ancora buono prima di
gettarlo (era il 63% solo pochi mesi fa, nel gennaio 2014);
➡
Il 76% porta o vorrebbe portare a casa il cibo avanzato al ristorante:
➡
il 30% degli intervistati lo fa con una certa frequenza,
➡
il 46% vorrebbe farlo ma non trova i contenitori al ristorante ed è
troppo timido per chiederli**;
✓
COMPIE UN ANNO di attività Sprecozero.net, Associazione Nazionale degli Enti
Territoriali impegnati alla lotta contro lo spreco, rete dei Sindaci che hanno
firmato Carta Spreco Zero (il decalogo di buone pratiche contro gli sprechi
alimentari, idrici, energetici sottoscritto ad oggi da oltre 1000 Comuni italiani),
per tradurre subito, sul territorio da loro amministrato, le richieste della
Risoluzione contro lo spreco del Parlamento Europeo;
✓
Anche nel PUBBLICO l’Italia si sta muovendo:
➡
con una task force specifica, per iniziativa del Ministero dell’Ambiente,
incaricata di realizzare il primo Piano nazionale di Prevenzione dello
spreco Alimentare;
➡
è stata presentata la Carta di Bologna, la cui bozza è stata condivisa con
alcuni ministeri dell’Ambiente degli stati membri dell’Ue e con il panel di
alto livello (Hlpe) della Fao. La Carta di Bologna è l’inizio di un percorso
che confluirà nella più generale Carta di Milano, la vera eredità di Expo
2015. La prospettiva è di costruire le basi per un’azione internazionale
comune per il contrasto degli sprechi e delle perdite alimentari. La
versione attuale è disponibile sul sito del ministero dell’Ambiente
(www.minambiente.it).
**Importante esperienza di Legambiente al riguardo con Good Food Bag, le sacche
antispreco presentate e distribuite con successo in oltre 50mila pezzi in tutta Italia.
Adatte al contatto con gli alimenti, prodotte in Italia, lavabili, riutilizzabili e riciclabili,
portano a casa le porzioni non consumate al ristorante o in mensa: pane, prodotti da
forno, frutta non sbucciata, merende, budini e cibi in vaschetta.
Le Good Food Bag fanno parte della proposta scuole di Legambiente
(www.legambientescuolaformazione.it) e sul sito www.viviconstile.org si trovano
schede didattiche, questionari per quantificare il cibo recuperato e altro materiale di
diffusione al riguardo.
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Scarti alimentari:la dimensione del fenomeno - Il sistema turistico
E le imprese? C’è una sensibilità rispetto a questa tematica?
In particolare succede qualcosa nel mondo del turismo?
L’aggravarsi dello spreco mondiale di cibo è difficile da ignorare e lo spreco
dell’industria turistica globale rappresenta una grossa incidenza sul totale: hotel,
villaggi, ristoranti, aeroporti, sino al più piccolo caffè o bed and breakfast.
Il monitoraggio è quindi essenziale per comprendere e affrontare questa sfida anche
per un’impresa turistica che ha comunque molti buoni motivi per orientarsi alla
riduzione degli sprechi:
➡
la coscienza ambientale,
➡
il controllo efficiente dei costi,
➡
la soddisfazione della clientela:
➡
sempre più attenta all’impatto degli sprechi,
➡
propensa a scegliere anche in base alle policy e ai programmi attivi.
Mentre c’è un attento monitoraggio per il consumatore e fioccano proposte e consigli,
mentre a livello sociale si può contare sulla Carta Zerospreco, nell’ambito delle
attività turistiche, ristorative e di accoglienza sembra essere ancora tutto in
definizione.
Dal sito di Last Minute market, SprecoZero si propone come marchio certificatore
dichiaratamente rivolto a chiunque: “Eventi, ristorazione commerciale e collettiva,
attività turistiche, attività commerciali in genere, imprese, stabilimenti industriali...”.
Per il momento sul sito compare un produttore Fair Trade come aderente, ma vi sono
progetti in cui le imprese sono coinvolte, soprattutto per quanto riguarda il riciclo dei
prodotti confezionati di frutta e verdura.
L’offerta turistica frammentata dell’Italia, non rende del resto facile per le imprese
ridefinire la propria attività: il punto di partenza sarebbe prestare attenzione al
problema per identificare le criticità e agire per ridurre gli sprechi e divulgare le
buone pratiche.
Vediamo ora cosa è stato già proposto nell’ambito di un settore che voglia ridurre gli
sprechi, abbracciando la filosofia del turismo responsabile.
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Scarti alimentari:la dimensione del fenomeno - Il sistema turistico
Nel 2013 la Fao ha lanciato la campagna Think.Eat.Save con lo scopo di modificare la
visione del cibo: il tentativo, insieme con UNEP (United Nations Environment
Programme), è stato quello di cercare di ridurre la perdita di cibo lungo tutta la
catena, “dalla fattoria alla forchetta”, accelerando la consapevolezza sia a livello
familiare che nazionale, aiutando sia imprenditori che proprietà, come le catene
alberghiere, a misurare e riciclare, riducendo gli sprechi.
In Inghilterra il “Programma del governo per il riciclo” ha quantificato che il cibo
sprecato nell’industria alberghiera e ristorativa è stato di tre milioni di tonnellate
ogni anno, con un costo superiore ai 2,5 mld di sterline l’anno, prevedendo che
raggiungerà i tre miliardi nel 2016 se l’industria non cambierà significativamente.
Il Programma governativo ha ottenuto l’adesione di grandi catene alla propria
campagna per ridurre gli scarti alimentari, come i gruppi Accor, Jury’s Inn, Red
Carnation and Travelodge. L’obiettivo della campagna è ridurre lo spreco del 5% per il
2015, con un risparmio stimato di £720 milioni di sterline l’anno.
Una recente ricerca indipendente commissionata da Caternet ha evidenziato che nel
mondo dell’ospitalità lo spreco alimentare rappresenta il maggior problema di
controllo dei costi per la metà delle imprese, imprese che non riescono a imparare dai
propri errori: è importante monitorare lo spreco prima, con la pianificazione, durante,
nell’operatività e dopo, verificando i risultati e dando nuovi strumenti alla
pianificazione (formare il personale, utilizzo di software appositi, ecc.).
Intanto altre catene si sono già organizzate per distribuire il cibo in beneficenza, ad
esempio la Catena Pret a Manger ha donato ai senzatetto, nel corso del 2012, prodotti
alimentari per più di 2.5 milioni di sterline.
Anche in Italia ci sono esperienze analoghe che prevedono LA RACCOLTA DELLE
E C C E D E N Z E A L I M E N TA R I N E L L E AT T I V I TÀ D I BA NC H E T T I ST I C A E
RISTORAZIONE.
La Legge n 155/03 “Disciplina della Distribuzione dei prodotti alimentari a fini di
solidarietà sociale”, che recepisce le linee guida europee, equipara al consumatore
finale le organizzazioni di volontariato che raccolgono e distribuiscono il cibo ai poveri
affidando alle organizzazioni anche il compito di garantire la sicurezza alimentare,
così come avviene nel contesto familiare.
Sulla scia di questa Legge, c.d. Legge del Buon Samaritano, che tuttavia non incide
sulla filiera produzione-consumo né sull’attenzione alla qualità dei prodotti, sono sorte
varie lodevoli iniziative dal punto di vista della riduzione degli sprechi.
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Scarti alimentari:la dimensione del fenomeno -Il sistema turistico
L’Aica, che raggruppa gli alberghi della Confindustria, ha sottoscritto un accordo con
Equoevento Onlus, una associazione che opera senza scopo di lucro, per il recupero
delle eccedenze alimentari derivate da banchettistica, eventi e ristorazione,
sottolineando ai propri associati che “collaborare con Equoevento significa compiere
un gesto di solidarietà e generosità e può trasmettere ai propri ospiti e clienti la
particolare attenzione che la vostra struttura riserva alla sensibilità sociale e
all’ambiente”.
L’iniziativa oggi è operativa a Roma e in rapida espansione a Milano e su tutto il
territorio nazionale (www.alberghiconfindustria.it).
“SAVE THE FOOD” è il progetto di Lago Maggiore Meeting Industry, nato grazie a un
accordo italo-elvetico tra gli enti di promozione turistica della zona (Camere di
Commercio, Province, ATL, Convention Bureau, Associazioni) che persegue la finalità
di organizzare eventi del settore congressuale a ridotto impatto ambientale
proponendo misure che verranno adottate per la diminuzione degli sprechi alimentari
in meeting, congressi e incentive. L’iniziativa rientra nel programma di Fondazione
Banco Alimentare Onlus “Siticibo”(www.bancoalimentare.it/it/siticibo2012).
Nella travel industry molto altro si può fare per ridurre gli sprechi.
Qualcuno ci prova da solo, chi migliorando l’utilizzo degli avanzi, chi cercando di
evitare di produrli, ad esempio eliminando i pranzi a buffet e rimpiazzandoli con un
menu sintetico alla carta, consigliabile specie nei climi caldi e in cucina i cuochi
vengono sensibilizzati alla lotta contro lo spreco, ad esempio tagliando e pelando
correttamente frutta e verdura, così come con una maggior precisione nel calcolare le
quantità necessarie per le ricette e il relativo ordinativo.
Il riciclo è un’attività comune nelle cucine del mondo, anche le briciole delle torte si
possono riutilizzare...
E le iniziative di sensibilizzazione del sistema possono partire anche da una singola
persona: esemplare il caso dell’attivista cinese Xu Zhijun con la sua Operation Empty
Plate, una campagna online in cui chiedeva ai suoi followers di postare foto di piatti
vuoti dai ristoranti di tutta la Cina e questo ha avuto come risultato l’offerta di mezze
porzioni o di borse per portare a casa gli avanzi.
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