Politiche di protezione
dell'impiego e jobs act
Lorenzo Corsini
I regimi di protezione dell'impiego
• In quasi tutti i paesi industrializzati esistono delle leggi
che limitano la possibilità di un datore di lavoro di
licenziare un lavoratore e questi vincoli
• Ovvero la procedura di licenziamento viene vista come
un atto che non rientra nella piena libertà del datore di
lavoro ma che deve sottostare ad una precisa
regolamentazione.
• Queste forme di vincoli alla possibilità di licenziare
liberamente variano notevolmente da paese a paese e
prendono il nome di regimi di protezione
dell'impiego (RPI)
Evoluzione dei regimi di protezione dell'impiego
• Storicamente, l'affermarsi dei regimi di protezione
dell'impiego avviene a partire dal secondo dopo guerra
sull'onda del desiderio di migliorare le condizioni di vita
e di lavoro delle fasce di popolazioni meno abbienti e
grazie anche all'affermarsi delle correnti di politica di
sinistra che pongono fra i loro principali obbiettivi la
tutela dei diritti dei lavoratori. In Italia la tutela forte del
lavoro avviene con l'art. 18 dello statuto dei lavoratori del
1970.
• A partire degli anni ottanta vi è un'inversione di tendenza
in seguito al diffondersi di idee liberiste e dell'opinione
che l'eccessiva protezione dell'impiego che è stata
raggiunta sia controproducente rendendo il mercato del
lavoro troppo rigido e meno efficiente.
Motivazioni per la protezione dell'impiego
• Economiche: Anche se la protezione dell'impiego ha un
costo, i lavoratori sono avversi al rischio. Ovvero i
lavoratori preferiscono guadagnare meno ma avere un
lavoro sicuro. Oltretutto i mercati delle assicurazioni sono
imperfetti e, autonomamente, non sarebbe possibile
assicurarsi contro la disoccupazione.
• Sociale: un lavoro sicuro garantisce una maggiore
qualità della vita.
• Di tutela: la minaccia del licenziamento metterebbe a
rischio i lavoratori di esser sfruttati dai datori di lavoro.
• Politiche: la protezione dell'impiego migliora le
condizioni e la forza della classe sociale dei lavoratori
(soprattutto delle fasce più basse) a discapito di quella dei
capitalisti (intesi qua come imprenditori e datori di
lavoro)
La struttura della lezione
• Una descrizione della disciplina sul licenziamento e
come il Jobs Act va a modificare tale disciplina
rispetto all'Art.18.
• Un'introduzione a quello che l'analisi economica ci
dice sulle conseguenze della protezione dell'impiego.
• Un confronto del livello della protezione dell'impiego
fra l'Italia e gli altri paesi e alcuni dati sulla relazione
fra protezione dell'impiego e l'andamento del mercato
del lavoro.
Una nota
1) La struttura del jobs act è allo stato attuale
largamente delineata ma il suo effettivo
funzionamento dipenderà in ampia parte dalla
giurisprudenza.
Il mercato del lavoro in Italia
• Circa 22-23 milioni di lavoratori
• Quota di dipendenti: 74.86% (stabile negli ultimi anni)
• Tasso di occupazione al 2013: 55.6% (58.7% nel 2008)
• Media Europea: 64.1%
• Tasso di disoccupazione a fine 2014 : 12.9% (6.7% nel 2008)
• Media are Europea: 11.4%
Le principali forme di contratto del lavoro italiane
• Contratti a tempo indeterminato: contratti senza
una scadenza, fortemente protetti con l'art. 18.
• Contratti a tempo determinato: contratti di
lavoro dipendente ma con una scadenza precisa (con
una durata massima di 3 anni).
• Contratti di collaborazione occasionale o a
progetto: non sono contratti di lavoro dipendente,
sono relativi ad una attività o progetto specifica che
deve essere svolta.
Contratti a termine e contratti a tempo indeterminato
Quota di contratti a termine
sul totale dei dipendenti in
base all'età
Quota di contratti a termine
sul totale dei dipendenti
14
25
13.5
20
13
12.5
12
15
40 anni o più
10
11.5
11
10.5
40 anni o meno
5
0
Quota lavoratori atipici (a termine e collaborazioni)
Quota lavoratori atipici
0.165
0.16
0.155
0.15
0.145
0.14
0.135
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
2011
2012 2013 2014
Nuovi contratti per tipologia
La disciplina italiana e la dimensione di impresa
• Il regime di protezione dell'impiego italiano distingue
drasticamente fra i lavoratori impiegati in impresa con
più di 15 dipendenti e gli altri al di sotto di tale soglia.
• Solo chi lavora in un'impresa con più di 15 dipendenti
accede al pieno regime di protezione mentre gli altri
accedono ad una forma di protezione decisamente
ridotta.
• Nella presente lezione ci concentriamo sul caso delle
imprese con più di 15 dipendenti.
• Inoltre queste norme riguardano soltanto il settore
privato.
La disciplina dei licenziamenti e la giusta causa
• La legislazione sui licenziamenti individuali (rivolti
verso un singolo lavoratore) e collettivi (rivolto a un
gruppo di almeno 4 lavoratori) prevedeva e prevede
che un datore di lavoro possa legittimamente
licenziare un dipendente solo se sussiste un
giustificato motivo o una giusta causa.
• Alla base di questi motivi e cause vi possono essere
fondamentalmente
1) Motivi Disciplinari
2) Motivi Economici
Motivi Disciplinari
• Sono motivi disciplinari i comportamenti scorretti da
parte del singolo lavoratori che giustificano quindi il
suo licenziamento.
•
•
•
•
Danni volontari o furto di beni
Comportamenti scorretti o violenti verso i colleghi
Assenze ingiustificate
Inadempienze contrattuali
Motivi Economici
• Sono motivi economici ragioni oggettive che esulano
dal comportamento del singolo lavoratore e che
riguardano la riorganizzazione e l'attività aziendale.
• Ad esempio: crisi dell’impresa, cessazione
dell’attività e anche il venir meno delle mansioni a
cui era in precedenza assegnato il lavoratore.
• In caso di motivazione economica viene meno il
"posto di lavoro" e quindi in genere non è legittima la
sostituzione del lavoratore con un altro.
La legittimità del licenziamento
• In presenza di questi motivi il licenziamento è
considerato legittimo.
• In concreto, il lavoratore licenziato può rivolgersi al
giudice del lavoro per sollevare la questione di
legittimità del licenziamento.
• Il giudice valuta sia l'esistenza del motivo sia se la
motivazione era sufficientemente fondata da
giustificare il drastico ricorso al licenziamento.
• Di conseguenza è il giudice (ovvero la giustizia civile)
a determinare la legittimità e quindi, è la
giurisprudenza che determina effettivamente quando
si può o non si può licenziare legittimamente.
Cosa succede in caso di licenziamento
illegittimo?
• Se il giudice valuta il licenziamento illegittimo:
a) Nella disciplina precedente al 2012, veniva ordinato
il reintegro.
b) Con il Jobs Act viene ordinato un risarcimento
monetario commisurato all'anzianità di servizio del
lavoratore. In alcuni casi circoscritti, viene ordinato
il reintegro.
Si passa dal reintegro al risarcimento monetario, e
il risarcimento costituisce una tutela crescente.
Il Jobs Act I – Risarcimento e reintegro
• Qualora il licenziamento risulti illegittimo viene ordinato
un risarcimento pari a 2 mensilità per ogni anni di
anzianità di servizio, minimo di 4 mensilità massimo di
24 mensilità. Il risarcimento è soggetto a tassazione irpef.
• La massima copertura scatta dopo 12 anni di servizio.
• Il risarcimento è dimezzato (max 6 mensilità) per le
imprese con meno di 15 lavoratori.
• Viene invece ordinato il reintegro se:
a) Il giudice valuta che esista un motivo discriminatorio
(credo religioso o politico, razza, sesso, orientamento
sessuale, età).
b) Se il motivo era disciplinare e viene dimostrata
l'insussistenza (totale) del fatto.
Il Jobs Act II – La conciliazione
• Viene inoltre prevista (e incentivata!) una procedura
conciliatoria in cui impresa e lavoratore licenziato si
accordano (su proposta dell'impresa) per non portare
in tribunale la causa e l'impresa paga un risarcimento
minore pari a una mensilità per ogni anno di servizio
(max 18).
• Il governo cerca di incentivare tale conciliazione
eliminando l'imposizione irpef dal risarcimento
ottenuto dalla procedura conciliatoria.
Alcuni casistiche rilevanti
1) Il lavoratore mostra uno scarso rendimento:
il licenziamento è legittimo solo se viene dimostrato
il dolo del lavoratore.
2) Un lavoratore viene sostituito con un
lavoratore più qualificato: il licenziamento non
è legittimo.
3) Un lavoratore viene sostituito con un
lavoratore che ha uno stipendio più basso:
non è legittimo (con qualche eccezione).
Il lavoratore mostra uno scarso rendimento
• La disciplina precedente richiedeva che fosse
riscontrabile la negligenza e il dolo del lavoratore e
se questa non fosse presente ordinava il reintegro.
• Con la nuova disciplina: a meno che non venga
dimostrata la totale insussistenza del fatto, il
reintegro non avviene e vi sarà un risarcimento
monetario.
• Inoltre, se lo scarso rendimento venisse valutato
come causa oggettiva renderebbe la motivazione
economica e quindi il reintegro non sarebbe
comunque previsto.
Un lavoratore viene sostituito con un
lavoratore più qualificato
• Con la precedente disciplina veniva ordinato il
reintegro.
• Con la nuova disciplina viene ordinato il
risarcimento monetario.
Un lavoratore viene sostituito con un
lavoratore che ha uno stipendio più basso
• Con la precedente disciplina veniva ordinato il
reintegro.
• Con la nuova disciplina viene ordinato il
risarcimento monetario.
Un lavoratore viene sostituito con un lavoratore che
ha uno stipendio più basso: il problema dell'età
• In Italia, il profilo salariale è strettamente
crescente con l'anzianità di servizio.
• A parità di mansione e posizione, un lavoratore
neo-assunto guadagna nettamente meno di un
lavoratore con anzianità di servizio.
• Un'impresa potrebbe scegliere di pagare il costo
del licenziamento se tale coste viene coperto dal
(futuro) salario più basso del neo-assunto.
Un lavoratore viene sostituito con un lavoratore che
ha uno stipendio più basso: il problema dell'età
• Alcune analisi preliminari mostrano che, tenendo
conto del risarcimento, risulterebbe conveniente dal
punto di vista monetario licenziare un lavoratore con
anzianità elevata e rimpiazzarlo con un lavoratore con
zero anzianità.
• Rimpiazzare un lavoratore cinquantenne (pagandogli
il risarcimento conciliatorio) con un nuovo assunto
risulta conveniente se il differenziale salariale è circa
del 10%.
• Tale differenziale è ancora più bassa se il nuovo
assunto ha una produttività più elevata.
• Rimane il problema della discriminazione.
Il Jobs Act e i contratti a tempo determinato
• Nelle intenzioni del governo il nuovo contratto a
tempo indeterminato dovrebbe risultare la principale
forma di contratto a disposizione delle imprese.
1) Per far ciò il governo è intenzionato a ridurre e a
disciplinare in maniera più stringente le forme
contrattuali a termine (ma questo deve esser ancora
fatto).
2) Ha concesso forti sconti contributivi ai datori che
assumono con un contratto a tempo indeterminato
invece che determinato (circa il 25% di costo del lavoro
in meno per i primi tre anni di contratto).
Il Jobs Act III – I licenziamenti collettivi
• Lo stesso meccanismo che sposta l'enfasi dal
reintegro al risarcimento monetario viene applicato in
maniera identica ai licenziamenti collettivi.
• Questa norma era stata oggetto di parere negativo da
parte delle commissioni parlamentare, ma il governo
l'ha confermata senza alcuna modifica.
Il Jobs Act IV – Sostegno del reddito
• Viene riformato il meccanismo relativo ai sussidi di
disoccupazione (naspi):
1) Vengono richieste 13 settimane di contribuzione
2) 75% del salario precedente (ma con un tetto)
3) Decresce gradualmente a partire dal quarto mese.
4) Durata pari alla metà delle settimane della contribuzione
passata (max 78 settimane: 1 anno e 3 mesi).
5) Requisiti in termini di accesso ai servizi dell'impiego e
effettiva ricerca del lavoro.
6) Tali sussidi (con simili requisiti) vengono estesi anche ai
co.co.co.
7) In via sperimentale, assegno di disoccupazione al
termine della naspi per chi si trova in "condizione di
bisogno".
Il Jobs Act V – Da fare…
• Il governo ha inoltre previsto, ma non ancora attuato,
una riforma sistematica delle figure contrattuali a
termine, volta alla drastica semplificazione e
riduzione di quest'ultime.
• Apparentemente sono stati prodotti dei decreti
attuativi su questa materia ma essi sono stati bloccati
per ragioni di copertura finanziaria.
Il Jobs Act VI – alcune problemetiche
da considerare
• Dubbi sulla Costituzionalità:
- In presenza di licenziamenti collettivi la scelta
effettiva di chi licenziare rischia di essere
discriminatoria e ledere i diritti dei lavoratori.
- La procedura conciliatoria risulta un fonte di reddito
per il lavoratore licenziato che non viene però
soggetta a tassazione.
• Cambio di Azienda:
- Un lavoratore se sceglie di cambiare azienda perde
l'anzianità di servizio e quindi tutte le tutele acquisite.
Questo disincentiva fortemente la mobilità.
Alcuni effetti economici della
protezione dell'impiego
• Tratteremo gli effetti della protezione dell'impiego su
1) L'occupazione complessiva
2) L'impegno dei lavoratori
3) La selezione dei lavoratori
4) Il salario dei lavoratori
5) La produttività
6) Il benessere complessivo
Protezione dell'impiego e occupazione
complessiva
• In presenza di una forte protezione dell'impiego,
le imprese potrebbero essere restie ad assumere,
sapendo che, se le cose dovessero andar male,
non potrebbero licenziare facilmente. Questo
frenerebbe l'occupazione complessiva.
• Di contro, nelle fasi di recessione, le imprese
licenzierebbero meno, permettendo
all'occupazione complessiva di non calare.
Protezione dell'impiego e occupazione
complessiva
• Effettivamente è stato riscontrato empiricamente che, in presenza di
una forte protezione dell'impiego si riducono sia le assunzioni che i
licenziamenti (Kugler and Pica 2008)
• Le analisi teoriche (Bentolila and Bertola 1990, Bertola 1991)
mostrano che, in condizioni normali, una forte protezione
dell'impiego tende a ridurre i licenziamenti potenzialmente più di
quanto non riduca le assunzione poichè, il danno dalla mancata
assunzione è immediato mentre il danno dal mancato licenziamento
è futuro e incerto. Di conseguenza l'occupazione media sembra
essere più alta in presenza di protezione dell'impiego.
• Occorre però notare che questa relazione può invertirsi in caso di
alta volatilità della domanda di lavoro o di forte stagionalità.
• Inoltre, l'occupazione complessiva risulta più alta ma non
corrisponde a quella ottimale (e desiderata dall'impresa). Questo
genere un danno all'impresa.
Protezione dell'impiego e impegno sul lavoro
• In assenza della "minaccia" del licenziamento, i
lavoratori potrebbero impegnarsi poco o comunque al
di sotto delle loro possibilità.
• Alcuni noti lavori teorici indicano come i lavoratori
possano ridurre l'impegno sul lavoro in presenza di
scarsi controlli o di alta protezione del lavoro (lo
"shirking", Shapiro e Stiglitz 1984).
Protezione dell'impiego e impegno sul lavoro
• Alcune analisi empiriche confermano questo effetto:
in presenza di protezione dell'impiego i lavoratori
tendono a essere (attenzione alla terminologia!) più
assenti (Scoppa 2010) o più assenteisti (Ichino e
Riphan 2005)
Protezione dell'impiego e selezione
• La presenza di protezione dell'impiego genera
numerosi problemi quando la "qualità" del lavoratore
non è perfettamente visibile al momento
dell'assunzione.
• Poiché il datore di lavoro rischia di assumere un
lavoratore non sufficientemente abile c'è il rischio
concreto che: 1) si astenga dall'assumere, 2) si rifiuti
di assumere chi non ha esperienza lavorativa
pregressa o chi ha perso il lavoro.
• Il rischio è quindi che l'occupazione si riduca e che
alcune categorie di lavoratori siano particolarmente
colpiti.
Protezione dell'impiego e selezione
• Il meccanismo del "periodo di prova" (già presente
nei contratti di lavoro) e delle tutele crescenti cerca di
ovviare a questo problema.
• Il datore di lavoro ha adesso tempo per selezionare i
lavoratori sulla base della loro produttività, qualità o
altre caratteristiche.
• Questo meccanismo, che svantaggia i lavoratori
giovani o con poca esperienza è stato analizzato dalla
teoria economica e confermato dall'evidenza empirica
(Kruger e Saint-Paul 2004)
Protezione dell'impiego e salari
• La presenza della protezione dell'impiego costituisce
a tutti gli effetti un costo per l'impresa che non può
mantenere l'occupazione al livello ottimale o che
deve sostenere un costo monetario quando licenzia.
• L'analisi economica di Leazar 1990 mostra come, in
effetti, l'impresa può scaricare totalmente questi
costi sul salario che viene quindi ridotto dalla
presenza della protezione.
Protezione dell'impiego e salari
• Ovviamente, in presenza di contrattazione sindacale,
salari minimi e altre frizioni, l'impresa difficilmente
riesce a scaricare totalmente questi costi sui lavoratori.
• In ogni caso, l'evidenza empirica sembra confermare
questo effetto (Leonardi e Pica 2013)
Protezione dell'impiego e produttività
• La teoria economica ha evidenziato diversi nessi fra
protezione e produttività.
• In alcuni casi il nesso è negativo:
- La presenza di protezione dell'impiego obbliga
l'impresa a mantenere intatti anche i rapporti di
lavoro meno produttivi (anche quelli che, per
l'impresa, costituiscono un costo netto).
- Le imprese sono più restie ad assumere nuovi
lavoratori, il che rallenta la produttività in presenza
di cambiamenti tecnologici rilevanti.
- I lavoratori si impegnano di meno.
Protezione dell'impiego e produttività
• In altri casi il nesso è positivo:
- La presenza di protezione dell'impiego tende a far si
che l'impresa assuma solo i lavoratori che sono
particolarmente produttivi (il che ha un effetto
positivo sulla produttività ma non è
necessariamente auspicabile) .
- Dovendo "tenere" i lavoratori le imprese tenderanno
ad investire di più su di loro (il che però non è detto
che sia ottimale).
Protezione dell'impiego e produttività
• I risultati empirici indicano che:
Dal punto di vista soggettivo, sono le imprese più
innovative che dichiarano di trovare la protezione
dell'impiego particolarmente dannose per la loro
attività (Pierre e Scarpetta 2006).
Dal punto di vista oggettivo, le imprese più soggette
a condizioni di mercato variabili, vedono diminuire
la loro produttività in presenza di forte protezione
dell'impiego (Bassanini, Nunziata e Venn 2009)
Protezione dell'impiego e benessere
• Ovviamente le condizioni di lavoro e di vita di un
lavoratore protetto sono migliori.
• Ma anche il benessere (in senso economico) complessivo
potrebbe essere migliorato da forme di protezione
dell'impiego:
1) Ci sono delle esternalità positive dal non essere
licenziati (imposte e mancati sussidi).
2) Il lavorare permette di acquisire sia capacità specifiche
che generali: le decisioni di licenziamento avvengono
sulla base delle capacità specifiche e non di quelle
generali, di conseguenza il licenziamento potrebbe
essere ottimo dal punto di vista individuale ma non
sociale (Booth and Zoega 2003)
Alcuni confronti internazionali
• Consideriamo la situazione nei paesi OECD
1) I seguenti paesi non hanno una definizione di
licenziamento illegittimo:
Belgio, Canada, Danimarca, India, Irlanda, Israele,
Nuova Zelanda, Polonia, Regno Unito, Svizzera,
Stati Uniti, Turchia, Ungheria.
2) Fra quelli che definiscono i casi di licenziamento
illegittimo, i seguenti paesi non prevedono il
reintegro in nessun caso:
Finlandia, Francia, Spagna, Svezia.
Il livello di protezione dell'impiego
• L'OECD calcola un indice sul livello di protezione dell'impiego
tenendo conto di tutti gli aspetti della legislazione.
U
K
U
S
A
S
W
E
S
P
JP
N
N
LD
N
O
R
P
R
T
IT
A
_p IT
re A
20
12
IR
L
FI
N
FR
A
G
E
R
G
R
C
A
U
T
B
E
L
C
A
N
C
ZE
D
N
K
0
Livello di Protezione
1
2
3
Livello di Protezione dell'Impiego nel 2013
0
Tasso di Disoccupazione
10
20
30
Tasso di disoccupazione nei periodi di stagnazione o recessione
0
1
2
3
Livello di Protezione dell'Impiego
4
5
0
Tasso di Disoccupazione
5
10
15
Tasso di disoccupazione nei periodi di crescita (>0.2%)
0
1
2
3
Livello di Protezione dell'Impiego
4
4
Tasso di Disoccupazione
6
8
10
12
14
Tasso di disoccupazione nei periodi di crescita sostenuta (>2%)
0
1
2
3
Livello di Protezione dell'Impiego
4
Durata media della disoccupazione (medi)
5
10
15
20
25
Durata della disoccupazione nelle fasi di crescita
0
1
2
3
Livello di Protezione dell'Impiego
4
Durata media della disoccupazione (mesi)
5
10
15
20
25
Durata della disoccupazione nelle fasi di stagnazione o recessione
0
1
2
3
Livello della protezione dell'impiego
4
5
Scarica

Lecture 6 - Employment Protection in Italy and in Europe