LEZIONE
“ARITMIE, SINDROME CORONARICA ACUTA,EDEMA
POLMONARE, EMBOLIA POLMONARE”
PROF.SSA ELIANA FRANCESCHINO
Università Telematica Pegaso
Aritmie, sindrome coronarica acuta,
edema polmonare, embolia polmonare
Indice
1
Aritmie ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
Fibrillazione ventricolare ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3
Tachicardia ventricolare ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 7
4
Torsione di punta --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
5
Blocchi atrio-ventricolari ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
6
Shock monitoraggio invasivo e non ---------------------------------------------------------------------------------------- 12
7
Sindromi coronariche acute ------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
8
Terapia con anticoagulanti con l’uso di eparina non frazionata. ---------------------------------------------------- 21
9
Angina variante di prinzmetal ---------------------------------------------------------------------------------------------- 22
10
Stemi ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 23
11
Edema polmonare ------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 25
12
Eziologia ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 26
13
Embolia polmonare ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 29
Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 34
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1
Aritmie
Per aritmie si intende alterazione della fisiologica sequenza dell’attivazione atrio
ventricolare, variazione della ritmicità dei battiti o spostamento in altra sede del centro stimolatore
fisiologico. Quindi qualsiasi alterazione del normale ritmo cardiaco viene definita aritmia.
Il cuore funziona come pompa perché tutte le cellule che compongono le quattro camere
cardiache hanno attività elettrica sincronizzata e quindi una contrazione meccanica coordinata ed
efficiente.
il sistema di conduzione (nodo del seno, nodo AV,fascio di His e branche destra e sinistra)
permette all’impulso elettrico di viaggiare velocemente dentro il cuore, sincronizzando e
coordinando la contrazione delle camere. L’ECG non è altro che la registrazione dell’attività
elettrica del cuore mediante l’applicazione di elettrodi su determinate zone del corpo.
A riposo le cellule del sistema di conduzione cardiaco e il miocardio sono polarizzati. Uno
spostamento improvviso degli ioni sodio e/o calcio attraverso la membrana cellulare innesca la
depolarizzazione generando un impulso elettrico che attraversa il sistema di conduzione cardiaco e
provoca la contrazione delle cellule miocardiche. Nel ritmo sinusale normale la depolarizzazione
inizia dal nodo seno-atriale. L’onda di depolarizzazione si diffonde dal nodo seno atriale attraverso
l’atrio (sull’ECG corrisponde all’onda P). L’atrio risponde a questo impulso elettrico contraendosi.
La trasmissione dell’impulso elettrico ai ventricoli avviene attraverso il nodo atrio-ventricolare
dapprima in modo lento poi attraverso le fibre di Purkinje con una conduzione veloce.
Il fascio di His trasporta queste fibbre dal nodo AV e si divide in branca destra e sinistra che
si distribuiscono rispettivamente ai ventricoli di destra e sinistra. La conduzione veloce al di sotto
di queste fibre provoca la contrazione dei ventricoli. La depolarizzazione del fascio di His, delle due
branche e dei ventricoli è vista all’ECG con il complesso QRS. Fra l’onda P e il complesso QRS vi
è un piccolo segmento isoelettrico che rappresenta il ritardo nella trasmissione attraverso il nodo
atrio-ventricolare.
La sequenza di depolarizzazione atriale, seguita dalla depolarizzazione ventricolare (onda P
seguita da QRS) è detta ritmo sinusale. L’onda T, segue il complesso QRS e rappresenta la
ripolarizzazione ventricolare. Il complesso QRS normale è di breve durata: 0,12 secondi. Quando
una delle due branche è danneggiata, la conduzione rapida al ventricolo corrispondente è impedita e
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l’impulso di depolarizzazione è più veloce sulla branca sana del ventricolo corrispondente e da qui
più lentamente al ventricolo opposto. In questo caso abbiamo un blocco di branca.
La depolarizzazione occuperà un tempo più lungo del normale e all’ECG il QRS sarà più
largo.
L’ECG consente divedere l’attività elettrica del cuore da dodici punti di vista diversi e
corrispondono alle seguenti zone del cuore:
• regione anterosettale (V1 – V2 – V3): coronaria sinistra
• regione anteroapicale (V3 – V4 – AVL): coronaria sinistra
• regione laterale (V5 – V6 – D1 – AVL): coronaria sinistra, ramo circonflesso
• regione infero diaframmatica (D2 – D3 – AVF): coronaria destra
• regione infero laterale (D2 – D3 – AVF –V5 – V6): coronaria destra
• regione posteriore e posterolaterale (V7 – V8 – V9 suplement. e V1 – V2 –
V3specul.): coronaria destra e ramo circonflesso.
Sappiamo che
• l’onda P corrisponde alla depolarizzazione degli atri e dura 0,06 secondi;
• l’intervallo PR identifica la depolarizzazione degli atri, ritardo nodo AV,
conduzione fascio di His varia tra 0,12 e 0,20 secondi;
• Complesso QRS:è costituito da tre onde (< 0.12 sec = 3 quadratini):
- Q attivazione setto
- R attivazione pareti
- S attivazione basi
• Segmento ST: fase di plateau (0.07 sec)
• Onda T: ripolarizzazione (0.2 sec)
• Intervallo QT: durata depolarizzazione e ripolarizzazione (ca. 0.4 sec)
La frequenza cardiaca normale a riposo è di circa 60 – 100 battiti/min. Si parla di
bradicardia con una frequenza inferiore a 60 battiti/min e tachicardia quando la frequenza è
superiore a 100 battiti/min. La carta da ECG è calibrata in millimetri, con le linee più spesse ogni 5
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mm. La velocità di scorrimento è di 25 mm/secondo. Un secondo è rappresentato da 5 quadrati
grandi (25 quadrati piccoli).
Per calcolare rapidamente la frequenza cardiaca si può usare il seguente metodo:
siccome 5 quadrati corrispondono a 1 secondo si calcola quanti QRS ci sono in 5 quadrati e
si moltiplica il numero di QRS per 60. Si avrà così una frequenza cardiaca approssimativa.
L’ECG in area critica è uno strumento fondamentale perché fornisce elementi importanti per
la diagnosi e la terapia di molte patologie cardiovascolari.
Deve essere eseguito velocemente, correttamente e deve essere leggibile ed interpretabile.
Per interpretare rapidamente ECG si deve rispondere a sette domande fondamentali:
o È presente attività elettrica?
o Si riconoscono i complessi QRS?
o I complessi QRS sono larghi o stretti?
o Il ritmo è troppo veloce o troppo lento?
o Il ritmo è regolare o irregolare (distanza R-R)?
o Ci sono onde P?
o Che relazione c’è tra onde P e QRS?
Le aritmie sono disturbi del ritmo cardiaco e comprendono disordini della formazione
dell’impulso elettrico e/o della propagazione dell’impulso, comportano alterazioni della frequenza
cardiaca e/o della sequenza di attivazione delle camere.
Le aritmie possono essere divise in:
-
Aritmie mortali: fibrillazione ventricolare (FV), arresto cardiaco.
-
Aritmie maligne: (possono degenerare in aritmie mortali): tachicardia ventricolare e
torsione di punta → FV. Blocchi AV di alto grado → arresto cardiaco.
-
Aritmie non pericolose: possono essere anche molto sintomatiche o determinare
scompenso cardiocircolatorio ma non hanno la tendenza elettrica a degenerare in aritmie
mortali. L’urgenza della loro interruzione è data dalla gravità dello stato clinico del
compenso.
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Fibrillazione ventricolare
Ritmo ventricolare rapido e irregolare dovuto a circuiti multipli di rientro e associato con
una gittata cardiaca essenzialmente nulla . la frequenza cardiaca non è rilevabile, l’onda P non è
visibile, il QRS non è individuabile il ritmo e la conduzione sono dati da attività elettrica caotica.
È una attività elettrica del cuore estremamente irregolare che produce nei ventricoli un
tremolio inefficace e cessa l'attività di pompa del sangue del cuore. Ciò causa l'arresto cardiaco in
pochi secondi e l'unico trattamento rimane uno shock elettrico al cuore. È un’aritmia letale se non
trattata e interrotta tempestivamente. La FV si manifesta più frequentemente in soggetti affetti da
cardiopatia ed in particolare da cardiopatia ischemica. L’unico trattamento efficace è la
defibrillazione, da effettuare nel più breve tempo possibile.
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3 Tachicardia ventricolare
La tachicardia ventricolare può causare la perdita di gittata cardiaca con conseguente arresto
cardiaco, con conseguente arresto cardiaco, specialmente alle frequenze più veloci o in presenza di
cardiopatia. La tachicardia ventricolare può degenerare rapidamente in fibrillazione ventricolare. La
TV senza polso viene trattata come la fibrillazione ventricolare cioè con la defibrillazione elettrica.
La TV con polso viene gestita come le tachicardie a complessi larghi (cardioversione).
Nella tachicardia ventricolare monomorfa il ritmo è regolare, si distingue la morfologia del
QRS, la frequenza cardiaca varia tra i 100 e i 300 battiti/min., persiste attività atriale, talvolta sono
apprezzabili le onde P. È causata da impulsi elettrici anomali che originano dai ventricoli,
specialmente nei pazienti che hanno avuto infarti o hanno dilatazione del cuore .
Sintomatologia dipende da diversi fattori: frequenza ventricolare, durata dell’aritmia , presenza e
gravità della malattia sottostante, Condizioni del circolo periferico , Sede di insorgenza
dell’impulso elettrico. La tachicardia ventricolare può essere:
Asintomatica: brevi episodi non sostenuti o episodi sostenuti in cuori sani o a bassa
frequenza ventricolare.
Sintomatica: cardiopalmo, dispnea e/o angina, sincope, scompenso cardiaco, shock, morte
improvvisa (episodi degeneranti in fibrillazione ventricolare).
La terapia consiste in:
• Farmaci antiaritmici e.v. (bolo + infusione continua) lidocaina, amiodarone,
sotalolo, propafenone, magnesio solfato (trattamento diverso per forme specifiche,
es. TdP)
• Cardioversione elettrica ,se trattamento farmacologico inefficace o se pz in shock,
scompenso cardiaco o emodinamica compromessa.
• Cardioversione meccanica, pugno precordiale o “chest thump.
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4 Torsione di punta
Una variante della tachicardia ventricolare polimorfa è la torsione di punta, ha aspetto
sinusoidale e l’asse di attivazione elettrica cardiaca sembra ruotare sul suo asse. Di solito insorge in
persone con un intervallo QT lungo, in soggetti con disioniemie (ipomagnesiemia, ipopotassiemia)
oppure in persone con QT lungo dopo somministrazione di farmaci (anche antiaritmici) che
allungano il QT. La torsione di punta può manifestarsi con un arresto cardiaco, in questo caso va
trattata con la defibrillazione o degenerare in fibrillazione ventricolare.
Terapia:
•
sospendere i farmaci attivi a livello cardiaco
•
normalizzare gli elettroliti (particolarmente K e Mg)
•
Se necessario iniziare manovre di rianimazione cardio-polmonare
stabilizzare l'elettrofisiologia cardiaca se necessario mediante pacing atriale.
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5 Blocchi atrio-ventricolari
Primo grado: il normale intervallo PR è compreso fra 0,12 e 0,20 secondi. Il blocco atrio
ventricolare di primo grado (BAV) è caratterizzato da un intervallo PR superiore a 0,20 secondi. È
dovuto ad un ritardo di conduzione al livello della giunzione atrio-ventricolare. Può essere causato
da patologie del sistema di conduzione, da alcuni farmaci che ritardano la conduzione a livello del
NAV e allungano l’intervallo PR o può essere fisiologico (atleti).
Secondo grado: è caratterizzato da onde P non sempre seguite dal complesso QRS.
Si divide in due gruppi:
Blocco atrio-ventricolare tipo Mobitz I o Luciani-Wenckebach
La conduzione AV presenta un blocco intermittente e alcuni impulsi non passano ai
ventricoli c’è un progressivo allungamento del P-R fino a che un’onda P non è seguita dal QRS.
Eziologia: ipertono vagale (atleti, ore notturne), farmaci, raramente nell’IMA acuto
inferiore. La prognosi è generalmente favorevole perché nei 2/3 dei casi ha sede soprahissiana.
La terapia consite nell’osservazione, correzione fattori correggibili, sospensione
farmaci che rallentano la conduzione.
Blocco atrio-ventricolare di 2° grado tipo Mobitz II
La conduzione AV presenta un blocco intermittente e alcuni impulsi non passano ai
ventricoli, il
P-R è costante, a intermittenza un’onda P non viene condotta ai ventricoli ovvero non è
seguita dal QRS.
Eziologia: è quasi sempre dovuto a lesione organica (ischemica, sclerotica o altro) a sede
sottonodale; farmaci.
Indipendentemente dai sintomi questo blocco richiede l’impianto di pacemaker definitivo
per l’elevata probabilità di progressione a BAV di III grado.
Blocco atrio-ventricolare di 3° grado
Completa interruzione della conduzione AV.
Atri e ventricoli hanno conduzioni indipendenti, nessuna P è condotta. Il comando dei
ventricoli è preso da un ritmo giunzionale (se sede del blocco nodale → QRS stretto e FC 40-50
bpm; se sede del blocco sottohissiana → QRS largo e FC 30-40 bpm).
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Può essere dovuto a processo sclerodegenerativo, infarto miocardio acuto (inferiore →
blocco nodale generalmente transitorio; anteriore → blocco sottonodale generalmente persistente),
cardiomiopatie, disionie (iperpotassiemia), esiti di cardiochirurgia, BAV congenito, farmaci.
Il blocco atrio-ventricolare di 3° grado è sempre sintomatico, costituisce un indicazione ad
impianto di PM temporaneo e definitivo.
Blocco di branca sinistra
Il QRS è allargato con assenza di onda R secondaria in V1 e mancanza di onde Q in V5, V6,
AVL, D1. Esprime sempre una cardiopatia strutturale del ventricolo sinistro
Blocco di branca destro
Il ventricolo destro è attivato in ritardo e più lentamente rispetto al ventricolo sinistro. È
detto completo se QRS > 0.12 secondi, incompleto se QRS < 0.12 secondi. Nei soggetti giovani non
si riscontra cardiopatia associata. Tra le cause patologiche in età più tardive vi sono ipertensione
arteriosa e polmonare, cardiopatia ischemica e alterazioni del cuore destro.
Flutter atriale
È una tachiaritmia atriale caratterizzata dalla presenza di attività atriale sincronizzata a
frequenza superiore ai 250 battiti per minuto. L’onda P è assente e il patter visibile viene detto a
“dente di sega”. IL QRS è stretto. Le cardiopatie sono la causa più frequente di flutter atriale e la
cardioversione elettrica soprattutto nel paziente instabile, o farmacologica è l’obiettivo per
controllare la frequenza cardiaca, correggere la causa sottostante e prevenire le complicanze
cardioemboliche.
Fibrillazione atriale
L’onda P è assente e il QRS è stretto, il ritmo irregolare. Le cause di fibrillazione atriale
sono BPCO, disionemie, ipertiroidismo, ingrandimento atriale, valvulopatie, cardiopatia,
miopericarditi, elevato consumo di alcool e caffeina, ipossia. La terapia consiste nella
cardioversione elettrica o farmacologica.
Ritmo agonico
È caratterizzato dalla presenza di un ritmo lento e irregolare a complesso QRS largo di
morfologia variabile. È presente nelle fasi terminali di una rianimazione inefficace. I complessi
QRS rallentano, si allargano fino all’assenza di attività elettrica.
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Asistolia
La prognosi è sicuramente infausta, può insorgere come tale o come FV che degenera nel
tempo e può essere confusa con FV a basse onde. La terapia è il massaggio cardiaco.
Attività elettrica senza polso (PEA)
La gittata cardiaca è assente malgrado la presenza della normale attività elettrica. Ha
prognosi infausta. Le cause potenzialmente più trattabili sono Pnx iperteso, trombo embolia,
tossici,tamponamento, ipossia, ipovolemia, iper/ipoionemia.
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6 Shock monitoraggio invasivo e non
Per shock si intende una insufficiente ossigenazione dei tessuti causata da alterazione del
sistema circolatorio che non riesce a fornire un apporto di sangue sufficiente a tutti i distretti
corporei, con lesioni cellulari inizialmente reversibili, ed in seguito se le condizioni persistono,
irreversibili.
Lo shock può insorgere se il cuore non pompa più sangue in modo adeguato, se il volume
ematico diminuisce, se i vasi sanguigni si dilatano fino a creare una capacità del comparto vascolare
tale da non poter essere riempita dal sangue disponibile, e qualsiasi evento che alteri una di queste
variabili favorisce l’insorgenza di uno stato di shock.
I meccanismi patogenetici si possono sostanzialmente ridurre a:
• Volume circolatorio inadeguato (shock ipovolemico)
• Compromissione del tono vascolare (shock distributivo)
• Deficit critico della portata cardiaca (shock cardiogeno)
• Ostacolo al deflusso ventricolare (shock ostruttivo)
CLASSIFICAZIONE
SHOCK
IPOVOLEMICO:
Classe
Perdite ematiche ml
Perdite emat.
(%vol.ematico)
FC
Pres. polso
I
II
III
750
750-1500
1500-2000
15
15-30
30-40
>40
<100
>100
>120
>140
Ridotta
Ridotta
ridotta
Ridotta
ridotta
Normale o
>
Pres. arteriosa
Normale
Normale o
>PAD
IV
>2000
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Riemp. capillare
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normale
Aumentato
aumentato
aumentato
14-20
20-30
30-40
>35
Cond.mentali
Poca ansia
Lieve ansia
Confusione
letargia
Diuresi oraria
30 o più
20 -30
5 -15
anuria
FR
SHOCK CARDIOGENO: miogeno, meccanico, aritmico.
SHOCK DISTRIBUTIVO: settico, anafilattico, neurogeno, spinale.
SHOCK OSTRUTTIVO: tamponamento cardiaco, tromboembolia polmonare,
pneumotorace.
La diagnosi di shock conclamato è per lo più facile, più complicato può essere individuare
gli aspetti clinici iniziali (riconoscimento e valutazione dello stadio dello shock).
I segni e sintomi, che caratteristici dello stato di shock conclamato, possono coesistere o
meno a seconda della gravità in cui versa il paziente, sono principalmente:
•
PA massima < 90 mmHg o diminuzione di 40 mmHg dai livelli basali
•
diuresi < 0,5 ml/Kg/h
•
diminuzione del flusso ematico periferico: cute fredda , umida , cianotica. In fase
avanzata la pelle del paziente diventa pallida, le labbra e i letti ungueali mostrano segni
di cianosi.
•
aumento della frequenza respiratoria con respiro rapido e superficiale
•
riempimento capillare aumentato > 2 secondi. Quando viene esercitata una pressione sul
letto ungueale, questa diventa bianca e quando la pressione viene rilasciata il letto
ungueale riacquista il colore normale in non più di due secondi.
•
alterazione dello stato di coscienza, stato confusionale, disorientamento, sopore fino al
coma.
•
acidosi metabolica
Possiamo distinguere lo shock in tre stadi:
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• Shock lieve: stato mentale non alterato, flusso urinario normale, ipoperfusione
tessuti non primari (cute, muscolo, ossa), aumento della frequenza cardiaca e
respiratoria, paura.
• Shock moderato: ipoperfusione organi importanti ma non cuore o cervello (reni,
polmoni, fegato…), polso rapido e debole, sete, nausea. Oliguria e acidosi sono
presenti ma il sensorio non è alterato.
• Shock
grave:
perfusione
inadeguata
cervello
e/o
cuore,
vasocostrizione
generalizzata, oliguria, acidosi, ECG alterato, diminuzione della pressione
sanguigna, alterazioni mentali.
Di fronte ad un paziente in stato di shock bisogna:
•
Eseguire una rapida raccolta anamnestica mirata ad escludere un pregresso trauma,
ricercare emorragie occulte, cause cardiache, focolai infettivi, cause di trombo
embolia polmonare, escludere l’anafilassi.
•
Controllate eventuali emorragie esterne tramite compressione manuale e
medicazione compressiva. Non usare lacci se non in caso di emorragia importante
quale amputazione.
La posizione raccomandata per il paziente in stato di shock è quella supina con arti inferiori
sollevati a circa 30 cm di altezza (tranne in scompenso sinistro o trauma).
Assicurare pervietà vie aeree e un’ adeguata respirazione: se il paziente respira mantenere la
pervietà delle vie respiratorie, in caso contrario liberarle e se compromesse iniziare le manovre di
RCP.
Emogasanalisi e frequenza respiratoria: in corso di shock saranno evidenti quadri di
tachipnea e di dispnea che dipendono anche dalla natura e gravità della causa scatenante. La dispnea
ad eccezione dello shock cardiogeno rappresenta spesso il meccanismo di compenso respiratorio di
una acidosi metabolica seguente all’ipoperfusione tissutale.
Monitorare ossimetria cutanea o pulsossimetria: consente di avere una misurazione continua
della saturazione ossiemoglobinica arteriosa (% sat. O2).
Ossigenoterapia (ossigeno 5 – 10 lt/min.), se necessario assistenza con Ambu,
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Incannulare almeno due accessi venosi con ago-cannula di elevato calibro (14-16G) ed
eseguire prelievi
ematici per emocromo, elettroliti, funzione renale, coagulazione, gruppo
sanguigno ed eventuali emocolture.
Infondere liquidi (tranne in scompenso sinistro) soprattutto in caso di shock ipovolemico.
Ricordare che la volemia normale corrisponde al 7% del peso corporeo (donna 50Kg = 50 x 7 : 100
= 3,5 lt) stima perdite ematiche: classe di shock 2 = circa 20% quindi 3500 x 20 :100 = 600 ml
Monitorare ECG continuo: un aumento della frequenza cardiaca, ha generalmente
significato compensatorio. Alla tachicardia possono associarsi turbe del ritmo secondarie agli
squilibri elettrolitici e dell’equilibrio acido-base.
In caso di trauma escludere pneumotorace iperteso.
Stato della coscienza: il paziente potrà presentarsi ansioso,irrequieto, agitato e con
l’aggravarsi dello shock sarà obnubilato, stuporoso fino a giungere ad un vero e proprio stato di
coma.
Prevenire le perdite di calore e mantenere la temperatura corporea del paziente il più vicino
possibile ai valori normali.
Monitoraggio temperatura corporea centrale (cat. vescicale con sensore) ): la cute si
presenterà pallida, fredda, marezzata e sarà evidente una franca ipotermia, indicativa della
vasocostrizione in atto. In caso di shock settico la temperatura sarà elevata.
PA monitorizzata con sistema invasivo, incannulando arteria radiale o brachiale, se grave
instabilità emodinamica in modo da ottenere una rilevazione continua, affidabile e sicura, per
prelievi ripetuti.
Posizionare un catetere venoso centrale (CVC), generalmente viene incannulata la vena
basilica,brachiale, succlavia o giugulare interna, per stimare il riempimento volemico misurando
PVC se:
•
ALTA (>12 cm di H20 ) cardiogeno , ostruttivo , settico
•
NORMALE ( 5-12 cm di H20) neurogeno , spinale , settico
•
BASSA (<5 cm di H20 ) ipovolemico , anafilattico , neurogeno , settico
La determinazione della PVC, comunque non assume un valore diagnostico nella
valutazione della gravità del quadro: essa sarà determinante per regolare correttamente la terapia
infusionale.
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CWP (Wedge pressure):
Di fondamentale importanza nella diagnosi dei quadri di shock. Può essere determinata
posizionando un catetere di Swan-Ganz nell’albero vascolare polmonare attraverso la vena
giugulare int., la vena succlavia o la vena femorale. La Wedge pressure riflette abbastanza
accuratamente i valori di pressione atriale sinistra, e ogni suo incremento è espressione di un
aumento delle pressioni di riempimento delle sezioni sinistra del cuore. Per tale motivo, essa potrà
essere elevata in caso di shock cardiogeno, normale o ridotta in corso di quadri ipovolemici, o di
shock neurogeno. Il valore normale della CWP è di circa 8 -12 mmHg.
Monitorare la diuresi con l’inserimento di un catetere vescicale con dispositivo per la
misurazione della diuresi oraria in quanto consente di riconoscere precocemente l’instaurarsi di
oliguria, segno dell’evoluzione dello stato di shock.
Se necessario posizionare sondino naso-gastrico
Sedare il dolore.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Aritmie, sindrome coronarica acuta,
edema polmonare, embolia polmonare
Sindromi coronariche acute
L’ischemia miocardica deriva da uno squilibrio tra apporto e fabbisogno d’ossigeno nel
tessuto miocardico ed è conseguente all’occlusione improvvisa e prolungata di un ramo arterioso
coronarico che determina necrosi ischemica delle cellule miocardiche relative alla coronaria
occlusa. L’occlusione coronarica nel 90% dei casi è trombotica (formazione di un trombo su una
placca aterosclerotica già esistente) e nel 10% dei casi consegue a condizioni diverse non
trombotiche.
Le sindromi ischemiche coronariche si dividono in croniche e acute. Tra le sindromi
ischemiche croniche ricordiamo l’angina stabile i cui sintomi sono stabili da più di tre mesi. Le
sindromi ischemiche coronariche acute si identificano con l’angina instabile, IMA senza
sopraslivellamento (NSTEMI) e IMA con sopraslivellamento ST (STEMI).
I sintomi delle sindromi coronariche acute (SCA) sono di varia natura, è presente dolore
toracico retro sternale oppressivo, costrittivo o trafittivo dura da oltre 15 – 20 minuti e può irradiarsi
alle braccia, schiena, collo, giugulo ed epigastrio. Questi sintomi talvolta sono associati a dispnea,
astenia, pallore, nausea e diaforesi, il dolore non si modifica nell’intensità con il respiro o
cambiando posizione. Possiamo avere presentazioni atipiche, nelle persone anziane o in persone
affette da diabete, con dolore epigastrico, al collo, schiena, può essere presente dispnea e a volte
può anche essere silente. Il paziente dovrà chiamare il 118 se questi sintomi non passano o
peggiorano dopo 5 minuti; se il paziente è già cardiopatico dovrà assumere nitroglicerina s.l. e
chiamare il sistema d’emergenza se la sintomatologia non regredisce o peggiora entro 5 minuti. Il
118 dovrà individuare i pazienti con possibile STEMI e quindi bisognosi di centralizzazione dove è
presente un reparto di emodinamica. Già durante la chiamata di soccorso l’operatore 118 dovrà
consigliare al paziente di assumere una posizione confortevole, di non praticare sforzi, proteggersi
dal freddo, preparare terapia in atto e documentazione sanitaria. Se il paziente perde conoscenza
dovrà dare indicazione ad eseguire BLS. Sul posto il personale sanitario dovrà rilevare i parametri
vitali, provvedere ad un accesso venoso, applicare ossigeno,eseguire ECG a 12 derivazioni e
trasmetterlo presso UTI quindi contattare telefonicamente il cardiologo, eseguire eventuale terapia
suggerita e decidere destinazione del paziente.
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Aritmie, sindrome coronarica acuta,
edema polmonare, embolia polmonare
L’angina instabile NSTEMI fa parte delle sindromi coronariche acute in quanto è presente
un elevato rischio di morte; viene definito come processo acuto di ischemia miocardica che non è
sufficientemente grave o prolungato da risultare in una necrosi miocardica. All’ECG possiamo
notare una depressione del ST oppure delle T prominenti e invertite, il tratto ST può non essere
elevato. I pazienti decedono per morte improvvisa o per evoluzione verso IMA. E importante
individuare
tali pazienti sulla base dei primi sintomi anche se spesso questi pazienti non
manifestano aterosclerosi coronarica inoltre è difficile differenziare, sulla sola base dei sintomi,
un’angina instabile da IMA. La diagnosi differenziale viene fatta sulla base dei prelievi ematici per
troponina. Se sono presenti segni ischemici all’ECG e gli enzimi sono negativi si tratta di angina
instabile mentre se gli enzimi sono positivi e ci sono segni ischemici all’ECG si tratta di NSTEMI. I
fattori di rischio sono il diabete, il fumo, l’ipertensione e l’ipercolesterolemia. Entro dieci minuti
dall’arrivo in PS del paziente dovrà essere fatto ECG sarà presente depressione del ST o T
prominenti e invertite. Sicuramente utile un confronto con precedente ECG. Un’alterazione dell’ST
che scompare con paziente asintomatico è altamente indicativa di ischemia. ECG normale in un
paziente con dolore toracico non esclude angina instabile/NSTEMI. Se ECG inizialmente è normale
e c’è il sospetto di SCA: ripetere ECG ogni 15-30 min. l’1% ha uno NSTEMI e il 4% una angina
instabile. IMA da stenosi della circonflessa sinistra può presentasi con ECG nei limiti. Circa il 4%
ST sopraelevato in V7-V9. Il dosaggio ematico della troponina I è molto importante per la diagnosi
in quanto è specifico e precoce e la sua concentrazione normale è < 0.15 ug/l viene eseguito
all’ingresso, dopo 6 e 12 ore e se risulta negativo dopo 12 ore esclude infarto. Per altro l’entità
dell’aumento predice la gravità dell’infarto. Ci sono delle cause non ischemiche di aumento della
troponina e sono: miocardite, contusione miocardica, scompenso cardiaco, tachiaritmia, embolia
polmonare, chemioterapia, insufficienza renale.
Scopi della terapia:
• Risolvere l’ischemia
• Prevenire gli eventi avversi (morte e reinfarto)
Quindi iniziare una
terapia antischemica e antitrombotica mentre si esegue una
stratificazione del rischio. Se il rischio è medio - alto o se la terapia non ha dato risultati subito
intraprendere una strategia invasiva.
La terapia antischemica si avvale di:
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• Nitrati: possono avere come effetti collaterali cefalea e ipotensione. Se
possibile, iniziare con terapia topica o per via orale dopo che per 12-24 h il
paziente è senza dolore. Se il dolore si ripresenta il dosaggio endovena deve
essere incrementato ma appena i sintomi cessano si deve tentare la riduzione.
Non ci sono studi randomizzati che dimostrano l’efficacia dei nitrati sulla
mortalità: razionale solo fisiopatologico.
• Calcioantagonisti: bloccano l’azione del calcio che ha azione vasocostrittrice
e favorisce la depolarizzazione del nodo seno-atriale e atrio-ventricolare.
Non sono considerati farmaci di prima linea, anche perché dagli studi che
hanno valutato questi farmaci sono stati esclusi i pazienti con scompenso
cardiaco, disfunzione ventricolare sinistra e blocchi di conduzione.
• I Betabloccanti: Bloccano i recettori ß1 a livello miocardico: bradicardia,
riduzione della contrattilità miocardica e rallentamento conduzione a livello
del nodo AV con riduzione del consumo di O2. Bloccano i recettori ß2 a
livello bronchiale e vascolare: vaso e broncostrizione. L’assunzione (se non
controindicata) deve essere immediata. La somministrazione endovena (solo
nei pazienti a basso rischio di shock cardiogeno) in caso di dolore persistente,
tachicardia e ipertensione.
Sono controindicati nella fase acuta:
•
blocco AV
•
bradicardia
•
grave scompenso cardiaco
•
asma bronchiale
•
ipotensione
La mofina è un agente ansiolitico e analgesico è indicata se nitroglicerina s.l. ed
endovenosa non toglie il dolore. Gli effetti collaterali: ipotensione, bradicardia, bradipnea,
vomito e nausea. Il dosaggio: 1-5 mg iv bolo ogni 15 minuti.
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Aritmie, sindrome coronarica acuta,
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Terapia antitrombotica: riduce la morte e il reinfarto nelle patologie coronariche da
rottura di placca.
Si somministra
ASA, un
anticoagulante e a volte un
farmaco antipiastrinico
addizionale. La tripla terapia si usa in paziente con dolore continuo, ad alto rischio e in quelli
destinati alla strategia interventista.
Controindicazioni all’assunzione sono:
sanguinamento attivo, emofilia, allergia,
sanguinamento retinico attivo, ulcera peptica attiva, ipertensione arteriosa severa intrattabile,
sanguinamento gastrointestinali e urinari severi.
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Aritmie, sindrome coronarica acuta,
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8 Terapia con anticoagulanti con l’uso di eparina
non frazionata.
Se viene usata eparina non frazionata ricordare:
•
È necessario costante monitoraggio del PTT , Il dosaggio è di 60U/Kg bolo e
12U/kg/h mantenendo un valore di PTT di 60-80 secondi. Il PTT deve essere
eseguito
dopo 6 h da ogni aggiustamento terapeutico, dopo 24 h se due
determinazioni successive sono nel range prefissato e immediatamente dopo un
dubbio emorragico. Deve essere eseguita una determinazione giornaliera delle
piastrine per la trombocitopenia da eparina che compare dopo 4-14 giorni
dall’inizio della terapia. Valori < 100000/ml compaiono nell’1-4% dei casi. Nell’
0.1% dei casi compare una trombocitopenia da eparina autoimmune più grave
perché crea trombosi:
compare immediatamente dopo la prima infusione e
raramente è tardiva.
•
L’eparina a basso peso molecolare: emivita più lunga: 1-2 somministrazioni ,
riduzione della piastrinopenia e una maggior praticità d’uso della LMWH senza
necessità di monitorare la coagulazione,sanguinamenti minori sembrano essere
più frequenti con la LMWH mentre i maggiori sono sovrapponibili.
Le linee guida dell’ESC raccomandano di sottoporre a coronarografia entro 48 ore i
pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST se dolore toracico
a riposo, variazione dinamiche del
tratto ST, livelli elevati di troponina, instabilità
emodinamica durante il periodo di osservazione, aritmie maggiori, diabete mellito, ECG non
interpretabile.
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Angina variante di Prinzmetal
L’angina di Prinzmetal è una variante di angina instabile dovuta a spasmo coronarico che
compare improvvisamente con elevazioni transitorie dell’ ST che regrediscono spontaneamente o
dopo nitroglicerina. Gli attacchi avvengono spesso a riposo, ma anche sotto stress, freddo, esercizio
fisico, più spesso alla mattina. Colpisce soggetti giovani e senza fattori di rischio.Gli episodi
raramente evolvono ma sono stati segnalati casi prolungati con IMA, blocco AV e morte
improvvisa.
DIAGNOSI:
La coronarografia spesso evidenzia placche aterosclerotiche non significative; la telemetria
mostra elevazione dell’ST durante la crisi dolorosa che regredisce con nitroglicerina;
l’ecocardiografia mostra durante la crisi dolorosa sofferenza miocardica.
TERAPIA:
nitroderivati a lunga emivita e calcioantagonisti.
Sindrome X cardiovascolare
È più frequente nelle donne. La causa non è chiara. Si suppone una alterazione endoteliale o
una alterazione nella percezione del dolore.
La diagnosi si fa con la triade: dolore anginoso, alterazioni dell’ST e coronarografia non
significativa.
La prognosi non è del tutto benigna visto che studi hanno dimostrato una mortalità del 3%
dopo 7 anni.
Terapia: β bloccanti e calcioantagonisti. La nitroglicerina è attiva nel 50% dei casi.
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Stemi
Il 60% dei pazienti ha più di 65 anni e il 30% circa più di 75 anni, spesso ha una
presentazione atipica. L’elevata mortalità precoce dello STEMI richiede una strategia aggressiva
volta a ripristinare nel più breve tempo possibile il flusso al miocardio. Nell’ 80-90 % degli STEMI
si trova all’angiografia un’occlusione completa. La necrosi miocardica procede dall’endocardio
verso l’epicardio (in 4-6 h). All’ECG: ST sopraelevato di 1 mm in due derivazioni contigue nel
90% dei casi diagnostica un IMA e impone la fibrinolisi o la PCI primaria. Eseguire derivazioni
destre (V4R, V5R,V6R) se presente sopraslivellamento ST nelle derivazioni inferiori.
Una volta fatta la diagnosi è necessario:
Far passare il dolore ischemico, valutare lo stato di compenso emodinamico , correggere le
anomalie e iniziare una terapia riperfusoria mediante PTCA o fibrinolisi, iniziare una terapia
antitrombotica per prevenire la ritrombosi o la stenosi subtotale nel sito della placca ulcerata.
Le indicazioni alla trombolisi sono:
ST sopraelevato di almeno 0,1 mV (1mm) in almeno 2 derivazioni contigue, IMA posteriore
con ST sottoslivellato da V1 a V4, paziente con dolore toracico e BBsn di nuova insorgenza, Il
dolore toracico e il sopraslivellamento non devono regredire con l’assunzione di 2-3 cp di
nitroglicerina s.l., assenza controindicazioni a trombo lisi.
Le controindicazioni alla trombo lisi:
ASSOLUTE: pregresso ictus emorragico, pregresso evento cerebrovascolare ischemico (<
1 anno), neoplasia cerebrale, sanguinamento in atto o recente (es.ulcera peptica sanguinante),
sospetta dissecazione aortica.
RELATIVE: recente puntura (10 gg) di vaso non comprimibile, ipertensione grave non
controllata (PAS>180 PAD>110), retinopatia diabetica emorragica, INR tra 2-3, gravidanza,
condizioni associate a rischio di sanguinamento (colite ulcerosa) o recente sanguinamento (<4 sett),
massaggio cardiaco > 5 min o intubazione endotracheale traumatica, trauma o intervento chirurgico
maggiore recente (< 4 sett).
Monitoraggio durante la trombolisi:
•
Trasferire paziente in terapia intensiva il prima possibile
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•
PA ogni 15 min durante infusione e poi ogni 30-60 min
•
Monitoraggio ECG continuo: per aritmie da riperfusione e variazioni del
segmento ST
•
Complicanze emorragiche e stato neurologico
•
Evitare punture arteriose e venose e traumi
•
ECG a 12 derivazioni 4 h dopo l’inizio della terapia e se necessario (ripresa del
dolore toracioco)
•
Enzimi cardiaci 4 h dopo inizio tx e ad intervalli di 4 h x 24 h
L’angioplastica coronarica transluminale percutanea (PTCA) sta diventando l’intervento di
scelta per IMA-Q e ristabilisce meccanicamente la pervietà della coronaria responsabile dell’IMA,
interrompe l’infarto, riduce l’area di necrosi e migliora la funzione sistolica del ventricolo sinistro
aumentando così la sopravvivenza. Richiede la pronta disponibilità di un’equipe cardiochirurgia per
un eventuale bypass aortocoronarico d’urgenza. Rappresenta un’alternativa alla terapia trobolitica.
È indicata nei pazienti con controindicazioni alla trombo lisi, in pazienti trombolisati che
continuano ad accusare dolore e a presentare alterazioni ECG, in pazienti non trombolisati che
sviluppano shock cariogeno entro sei ore dall’insorgenza dei sintomi. La ricanalizzazione
meccanica tramite PTCA è in grado di ottenere una riapertura del vaso in oltre il 90% dei pazienti
se eseguita in tempi inferiori a 90 minuti dalla diagnosi di IMA.
Le complicanze alla PTCA sono: aritmie, shock cariogeno, scompenso cardiaco, aneurisma
della parete ventricolare, trombi intracavitari ed embolizzazione sistemica, rottura di cuore (muscoli
papillari, setto, parete), pericardite (reattiva entro la prima settimana, autoimmune di Dressler dopo
la prima settimana).
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Edema polmonare
L’Edema Polmonare Acuto è una gravissima sindrome caratterizzata da un aumento del
liquido extravascolare del polmone a causa di trasudazione di liquido sieroematico nell'interstizio,
negli alveoli e nei bronchioli polmonari.
Lo squilibrio che porta alla formazione di edema polmonare può derivare da più fattori:
o
Da un aumento della pressione idrostatica capillare
o
Da una riduzione della pressione osmotica del plasma
o
Da un aumento della permeabilità della parete capillare
o
Da un rallentamento del drenaggio linfatico.
Quando il ventricolo sinistro non riesce a smaltire la quantità di sangue proveniente dalla
circolazione polmonare sostenuta da una gittata sistolica destra normale si ha un aumento della
pressione all'interno delle vene polmonari e un aumento della pressione capillare e trasudazione di
liquido negli spazi interstiziali ed alveolari.
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Eziologia
Edema polmonare acuto cardiogeno è dovuto ad uno scompenso acuto o cronico del
ventricolo sinistro, causato da infarto miocardio acuto, cardiopatia ipertensiva e/o ischemica,
cardiopatia valvolare, miocardite, cardiomiopatie. Fattori scatenanti cardiaci, extracardiaci o
iatrogeni possono scompensare acutamente un cuore con preesistente cardiopatia e determinare un
improvviso cedimento funzionale del ventricolo sinistro.
Edema polmonare acuto non cardiogeno può essere causato da: inalazione di gas tossici
(ammoniaca, cloro), inalazioni di fumi tossici, endotossine circolanti (shock settico), ARDS,
porpora trombotica trombocitopenica, aspirazione di liquido gastrico o di acqua dolce o salata,
overdose di eroina, polmoniti batteriche o virali, alta quota, eclampsia.
Edema polmonare acuto neurogeno le cause possono essere: stroke ischemico o
emorragico, trauma cranico, convulsioni.
Assistenza infermieristica
Ricercare segni rilevabili tramite analisi diretta o anamnesi accurata:
o
tosse : inizialmente secca e stizzosa, in seguito si nota presenza di escreato
schiumoso roseo.
o
dispnea ingravescente sia in che espiratoria, il paziente lamenta sensazione di
soffocamento, fame d’aria. La frequenza respiratoria è elevata e sono impegnati tutti
i muscoli ausiliari della respirazione.
o
cianosi
o
alterazioni del livello di coscienza (soprattutto se l'EPA è accompagnato da un
quadro di bassa portata con marcata ipotensione)
o
ortopnea obbligata (se il paz. non è in stato di shock)
o
ipertensione arteriosa (se il paz. non è in stato di shock)
o
oligo-anuria
o
tachicardia
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edema polmonare, embolia polmonare
o
cute pallida, fredda, sudata con cianosi delle estremità
o
rantoli crepitanti alle basi polmonari che possono estendersi a tutto l' ambito
polmonare
Intervento terapeutico
o
Controllare funzioni vitali
o
Se necessario iniziare rianimazione cardiopolmonare
o
Ossigenazione: Somministrare ossigeno per eliminare l'ipossia e la dispnea.
o
CPAP si dimostra molto utile la somministrazione di ossigeno a pressione positiva
intermittente o continua. Una pressione positiva di fine espirazione (PEEP) è una
misura molto efficace al fine di ridurre il ritorno venoso, la pressione capillare e
migliorare gli scambi gassosi.
Le motivazioni fisiopatologiche che sostengono l’impiego della ventilazione (CPAP) in caso
di edema polmonare acuto sono: una riduzione del ritorno venoso al cuore destro, opposizione alla
trasudazione di liquido endoalveolare, aumento della capacità funzionale residua polmonare,
reclutamento alveolare e riduzione dello shunt, riduzione del lavoro cardiaco e respiratorio.
Le controindicazioni all’uso di CPAP sono i pazienti in coma o con sensorio compromesso,
l’insufficienza respiratoria grave che necessiti di IOT, l’edema polmonare a bassa portata. La CPAP
è una misura terapeutica temporanea e non deve interferire con la terapia farmacologica del
problema di base.
o
Posizione Ortopnoica o semiseduta
o
Reperire immediatamente uno o più accessi venosi ed eseguire prelievi ematochimici
o
Eseguire prelievo arterioso per equilibrio acido-base (dimostra quadro di ipossia e
nei casi più gravi è evidente acidosi metabolica).
o
Cateterismo vescicale
o
Mantenere pervia la via con soluzione Elettrolitica lentissima (mai usare una
fisiologica, il contenuto salino NaCl al 0,9% trattiene liquidi)
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o
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Preparare i possibili farmaci di utilizzo Furosemide, Digitale, Morfina
Solfato,Dopamina, etc.
o
Monitorare il paziente per escludere possibile crisi ischemiche, o aritmie ventricolari,
andamento della pressione arteriosa e livello di saturazione di ossigeno
o
Tenere sempre pronto il materiale per l'intubazione e l'aspirazione
La risoluzione dell’edema polmonare acuto è completa quando la capacità contrattile del
ventricolo sinistro è ristabilita.
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Embolia polmonare
Con il termine embolia polmonare o tromboembolia polmonare, si identifica una situazione
clinica legata alla migrazione di materiale trombotico dalla circolazione venosa sistemica all’albero
vascolare polmonare, con ostruzione parziale o totale della circolazione arteriosa polmonare.
Nel 95% dei casi la trombo emboliapolmonare origina da un trombo che proviene dalla
circolazione venosa profonda delle vene al di sopra del ginocchio o da un trombo più distale non
trattato. I trombi si formano nelle vicinanze di una valvola venosa e possono provocare l’ostruzione
completa di una vena. In percentuali molto basse l’embolo proviene dal cuore destro o dai distretti
venosi della cava superiore.
I fattori di rischio per la tromboembolia polmonare sono: l’obesità, il fumo, il sesso
femminile, l’età superiore ai 40 anni, fratture o traumi degli arti inferiori, chirurgia ortopedica,
ginecologica, urologica o generale dell’addome, neoplasie, contraccettivi orali, gravidanza,
postpartum, varici venose, immobilizzazioni prolungate,diabete mellito, pregressa trombosi venosa
profonda. Ci sono dei fattori di rischio congeniti tra i quali deficit di proteina C, deficit di
antitrombina III e omocistinuria. Le cause attribuibili a tromboemboli provenienti dalle sezioni
destre del cuore o del sistema cavale superiore sono: infarto acuto del ventricolo destro,
fibrillazione atriale, cateteri di pace-maker, cateteri venosi centrali a lunga permanenza.
Possiamo distinguere:
o embolia massiva: caratterizzata da shock e ipotensione
o embolia non massiva: pazienti in condizioni cliniche più stabili. Tra loro vi sono
paziente con segni ecografici di ipocinesia del ventricolo destro e un’aumentata
resistenza vascolare polmonare dovuta a riduzione dell’ampiezza del letto vascolare,
che provoca un aumento della pressione arteriosa polmonare e un aumento del lavoro
del ventricolo destro per mantenere il flusso ematico polmonare. Se il ventricolo
destro non riesce a svolgere tutto il lavoro abbiamo un’insufficienza ventricolare
destra, con conseguente riduzione della gittata cardiaca e diminuzione della
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Aritmie, sindrome coronarica acuta,
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pressione sistolica e conseguente quadro di shock. La sintomatologia può essere
vaga e specifica in caso di episodi microembolici.
A livello polmonare, l’embolia polmonare comporta l’assenza o la
perfusione
in
aree
normalmente
ventilate.
Si
ha
così
riduzione della
un’alterazione
del
rapporto
ventilazione/perfusione e la comparsa di aree ipoventilate che portano ad un quadro di ipossiemia.
Il paziente con embolia polmonare può presentare diversi quadri clinici, la gravità deriva dal
calibro del ramo ostruito, dal numero degli emboli, dall’entità dell’ostruzione e, dalle condizioni
cardiopolmonari di base. il paziente si presenterà polipnoico, tachicardico, febbrile, affetto da senso
di costrizione toracica.
In caso di embolia, tale da provocare una occlusione del letto vascolare polmonare inferiore
al 50%, alla tachipnea si aggiunge costantemente la dispnea, accompagnata da dolore toracico. Il
paziente apparirà agitato, angosciato, tachicardico, sudato e febbrile.
Se l’occlusione interessa il tronco arterioso o uno dei suoi rami principali, oppure più del
50% del letto vascolare, il quadro sintomatologico è dominato dalla compromissione cardiaca, con
comparsa di shock e episodi sincopali. Il paziente sarà gravemente angosciato, presenterà
importante dolore retro sternale, segni di stasi venosa, dispnea e cianosi.
Quando il quadro occlusivo è completo, la morte interviene nell’arco di pochi minuti.
La diagnosi differenziale di embolia polmonare richiede un’attenta valutazione dei dati
anamnestici, della presenza di eventuali fattori di rischio e dell’esame obiettivo. Se in questa prima
valutazione permane il sospetto di embolia polmonare si deve eseguire:
Elettrocardiogramma: sarà presente tachicardia, segni di sovraccarico del ventricolo destro.
Rx torace, che mostrerà aree di atelettasia parenchimale, versamento pleurico.
Emogasanalisi arteriosa: ipossiemia e ipocapnia.
Ecocardiografia: per documentare la presenza di sovraccarico e disfunzione del ventricolo
destro.
Scintigrafia polmonare: che permette di valutare sia la perfusione che la ventilazione
polmonare.
In caso di ipossiemia è raccomandata la somministrazione di ossigeno-terapia.
Il bilancio idrico deve essere mantenuto in pareggio: la diuresi va monitorata.
In presenza di dolore pleurico/toracico saranno utilizzati analgesici.
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La terapia dell’embolia polmonare ricorre a:
Terapia ipocoagulante:
Eparina non frazionata, Eparina a basso peso molecolare o ipocoagulanti orali.
Terapia trombolitica:
I farmaci trombolitici, accelerano la dissoluzione del trombo.
Assistenza infermieristica
La gestione di un paziente affetto da embolia polmonare richiede spesso, ma non sempre, il
ricovero in terapia intensiva a causa delle compromissioni emodinamiche e respiratorie che
accompagnano il quadro della patologia. Dal punto di vista infermieristico la persona con embolia
polmonare massiva assorbe un notevole impegno assistenziale il paziente può essere ricoverato in
situazione d’urgenza o emergenza e nella fase acuta prevale l’incertezza delle condizioni cliniche
della persona.
All’arrivo del paziente in terapia intensiva l’infermiere dovrà provvedere al:
monitoraggio elettrocardiografico continuo: detergere il torace ed eseguire eventuale
tricotomia migliora l’aderenza degli elettrodi alla cute ed evita l’insorgere di artefatti. Eseguire
l’elettrocardiogramma a 12 derivazioni, dove è possibile notare segni di sovraccarico destro.
Reperire via venosa periferica in attesa di posizionare un catetere venoso centrale o, di un
catetere di Swan-Ganz per il monitoraggio emodinamico.
Prima di procedere alla somministrazione dell’ossigenoterapia, è bene eseguire un prelievo
arterioso per la valutazione emogasanalitica. La dispnea ingravescente può essere aggravata dalla
comparsa di emottisi, dolore pleurico e retrosternale, tosse e broncospasmo. In alcuni casi può
essere richiesta l’intubazione endotracheale e la ventilazione assistita.
A seconda della gravità, il paziente deve essere sottoposto agli accertamenti diagnostici
quali ecocardiogramma, radiografia del torace, angio e/o scintigrafia polmonare.
Verrà quindi instaurata una terapia anticoagulante tramite:
eparina non frazionata: consiste in una scoagulazione intensiva con eparina endovena
(usualmente 5000-10000UI), seguita da un’infusione endovenosa continua.
La velocità di infusione viene rapportata al peso corporeo sulla base di nomogrammi
esistenti.
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Eparina a basso peso molecolare: la terapia endovenosa con eparina non frazionata
necessita di un costante controllo dei valori di ptt e continui aggiustamenti della posologia per
mantenere il livello di ipocoagulazione entro il range terapeutico.
Le eparine a basso peso molecolare: hanno una emivita più lunga, un effetto ipocoagulante
più predicibile ed il loro uso è idoneo per il trattamento in via sottocutanea senza controlli di
laboratorio. La possibilità di utilizzare le eparine a basso peso molecolare per via sottocutanea a
dosi fisse (basate sul peso corporeo) nella fase acuta dell’embolia polmonare, rappresenta un
vantaggio pratico, abolisce la necessità dei controlli della ptt e garantisce un livello di
ipocoagulazione efficace e stabile.
Ipocoagulanti orali: L’ipocoagulazione iniziata con l’eparina non frazionata o a basso peso
molecolare va proseguita con i farmaci ipocoagulanti orali ed i due trattamenti debbono essere
sovrapposti per un periodo di almeno 4-6 giorni. Il controllo di laboratorio della terapia
anticoagulante orale viene effettuato giornalmente mediante l’esecuzione del tempo di protombina
(PT); i risultati del PT vengono espressi mediante il INR (InternationalNormalized Ratio).
Il monitoraggio dell’INR viene eseguito giornalmente fino al raggiungimento dei valori
terapeutici, quindi 2 o 3 volte alla settimana per le prime 2 settimane in seguito meno
frequentemente a seconda della stabilità del valore INR .
Terapia trombolitica
Il trattamento trombolitico viene riservato ai pazienti con embolia polmonare massiva e:
1) shock cardiogeno,
oppure
2) instabilità emodinamica definita come la presenza di ipotensione (PA sistolica < 100
mmHg) associata o meno a tachicardia, segni di ipoperfusione periferica, tachipnea e sincope
recente.
Il trattamento eparinico endovenoso, se già iniziato, va interrotto durante la
somministrazione
del trombolitico e ripreso subito dopo il termine, previo controllo del ptt. Il paziente verrà
sottoposto al monitoraggio intensivo dei parametri vitali, del bilancio idro-elettrolitico, ed
al controllo della diuresi oraria.
Se gli interventi risultano efficaci, si noterà nelle prime 48 ore un miglioramento dei valori
di emogasanalisi, la normalizzazione della pressione arteriosa, del ritmo cardiaco, la riduzione della
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dispnea, il ritorno della pressione dell’arteria polmonare nei limiti, la cute calda e asciutta, la ripresa
della diuresi.
Se gli interventi, risultassero inefficaci e le condizioni gravemente compromesse, il medico
dovrà valutare la possibilità di terapia chirurgica (filtri cavali, embolisi con cateteri, embolectomia
chirurgica).
L’educazione al paziente sarà rivolta alla prevenzione delle recidive ed all’osservazione
degli effetti collaterali del trattamento anticoagulante come:
Fare attenzione a rilevare l’eventuale
presenza di lividi ed emorragie, utilizzare uno
spazzolino da denti con setole morbide, continuare a indossare calze anti-emboli per la durata della
prescrizione, consultare sempre il medico prima di assumere qualsiasi farmaco, ridurre al minimo
l’assunzione di lassativi perché diminuiscono l’assorbimento di vitamina K, durante un viaggio
cambiare posizione frequentemente, camminare di tanto in tanto e, mentre si è seduti, eseguire
esercizi attivi per le gambe e le caviglie. Rivolgersi immediatamente al medico in caso di feci scure
o catramose.
Superata la fase acuta, il paziente riprenderà gradualmente la mobilizzazione attiva fino a
riprendere la completa autosufficienza.
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Bibliografia:
o Gentili A., Nastasi M, Rigoni L.A., Manganelli P. “Il paziente critico” editrice Ambrosiana
Milano
o Linee linee guida sull’Embolia Polmonare della Società Europea di cardiologia
o Commissione ANMCO-SIC per le Linee Guida su Profilassi, Diagnosi e Terapia della
tomboembolia Polmonare
o American Heart Association, Emergency Cardiac Care Committee and Subcommittees.
Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiac Care part I.
European Society of Cardiology Guidelines: Sudden Cardiac Death. European Heart
Journal, 22: 1374–1450 (2001) .
o Medicina d’urgenza – pratica e progresso - Valerio Gai Edizioni Medico Scientifiche Torino
o Manuale ACLS (Advanced cardiac life support) A.I.S.A.C.E.
o Manuale BLS-D – Italian Resuscitation Council
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