Le Daily News N. 16 del 24.04.2012 A cura di Ruggero Viviani Le imposte e le tasse: aspetti contabili, fiscali e riflessi in bilancio Le imposte: l’Ires, l’Irap, l’Imu, i tributi indiretti, sono soggetti a determinate regole di contabilizzazione e di deduzione fiscale. Occorre ricordare che, ai fini del bilancio, vale sempre il principio generale della competenza economica, per effetto del quale necessita la correlazione temporale tra i costi ed i ricavi per inserire un componente del reddito nel conto economico. Un primo aspetto rilevante riguarda il meccanismo di tassazione del reddito d’impresa che, partendo dal reddito di bilancio prevede delle variazioni che hanno l’obiettivo di determinare il reddito fiscale secondo le regole proprie del tuir (art. 83, tuir). Infatti, alcuni costi sono totalmente o parzialmente indeducibili dal reddito o sono deducibili in esercizi diversi rispetto a quello di competenza. La medesima cosa vale per la rilevanza fiscale dei componenti positivi del reddito. Pertanto, le suddette variazioni possono essere: (i) permanenti; (ii) temporanee. La variazione temporanea, relativa ad un componente del reddito d’impresa, genera un disallineamento tra le imposte effettivamente dovute nell’esercizio considerato e le imposte effettivamente pagate. Detto disallineamento genera le poste contabili relative alle imposte differite. Un secondo aspetto riguarda le eccezioni al criterio della competenza stabilito, appunto, ai fini fiscali, dall’art. 109 del tuir. Con riguardo alle imposte ed alle tasse iscritte in bilancio, ai fini tributari, l’art. 99, comma 1 del tuir, prevede l’indeducibilità delle imposte sui redditi e delle imposte per le quali è prevista la rivalsa e la deduzione per cassa degli altri tributi. Il presente lavoro si pone l’obiettivo di esaminare la deduzione delle imposte e delle tasse ai fini del reddito fiscale delle imprese e gli effetti sul bilancio civilistico derivanti: (i) dalle regole che riguardano la deduzione dei tributi; (ii) dalle regole che, ai fini del bilancio, generano i suddetti 1 disallineamenti temporanei dovuti alle differenti annualità in cui i componenti del reddito vengono imputati nel bilancio civilistico e nel reddito fiscale. Le imposte ed il bilancio Sulla base della premessa effettuata va rilevato che l’art. 2424 (“Contenuto dello stato patrimoniale”), l’art. 2425 (“Contenuto del conto economico”) e l’art. 2427 (“Contenuto della nota integrativa”) c.c., stabiliscono le seguenti indicazioni, in bilancio, relativamente alle imposte: Attivo Stato patrimoniale. C.II.4-bis). “Crediti tributari”; C.II.4-ter). “Imposte anticipate” (imposte anticipate attive). Passivo Stato patrimoniale. B.2. “Fondi per rischi e oneri: per imposte, anche differite”. D.12) “Debiti tributari”. Conto economico. B.14. “Oneri diversi di gestione”. Voce 22. “Imposte sul reddito d’esercizio, correnti differite e anticipate”. Nota integrativa. Punto 14): “un apposito prospetto contenente: a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite e anticipate, specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse dal computo e le relative motivazioni; b) l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a perdite dell’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione, l’ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione …”. Deduzione delle imposte e delle tasse Articolo 99, comma 1, tuir <<Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento.>> 2 Dalla lettura della disposizione più sopra riportata si può evincere quanto segue: le imposte sui redditi (Irpef e Ires) sono indeducibili dal reddito d’impresa; le imposte per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, sono indeducibili (Iva); le altre imposte sono deducibili per cassa. Sono, pertanto, deducibili per cassa le seguenti imposte e tasse: tassa di concessione governativa; imposta di registro; imposta di bollo; diritti camerali; imposta ipotecaria; imposta catastale; imposta sulla pubblicità; tassa sui rifiuti; Iva indetraibile; Irap (limitatamente e secondo le modalità di cui si dirà più avanti); ecc. … La disposizione che disciplina la deduzione per cassa degli oneri fiscali costituisce un’eccezione alla regola generale della tassazione per competenza del reddito d’impresa, disciplinata dall’art. 109, comma 4, tuir (1). Contabilizzazione dell’Iva indetraibile Con riguardo all’Iva indetraibile, come chiarisce l’OIC n. 12, documento interpretativo n. 1, il tributo deve essere in genere portato in aumento del costo del bene o del servizio acquistato. La separata indicazione dell’imposta viene specificamente effettuata nella voce residuale (B.14 del conto economico), solo nel caso in cui non sia possibile portarla in aumento del costo del bene o del servizio acquistato (ad es.: prorata). 1 Si riporta di seguito il disposto contenuto nell’art. 109, comma 4, tuir: <<Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all'esercizio di competenza. Si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili internazionali. Sono tuttavia deducibili: a) quelli imputati al conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme della presente sezione che dispongono o consentono il rinvio; b) quelli che pur non essendo imputabili al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi.>> 3 Risoluzione n. 869 del 19 gennaio 1980 << … le ipotesi di indeducibilità dell'IVA … vanno considerate distintamente: a) Indeducibilità istituzionale, totale o parziale - In questi casi l'IVA non recuperabile è, per effetto della legge medesima, riferibile ad una specifica operazione di acquisto e, pertanto, deve integrarne il costo originario, con la conseguenza - in base alla natura dell'oggetto dell'operazione – che: sarà patrimonializzata per i "beni strumentali"; influenzerà le valutazioni di magazzino per le "merci", secondo la normativa dell'art. 62 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597; sarà deducibile integralmente o in misura proporzionale ai sensi degli artt. 58 e 61 del richiamato D.P.R. n. 597 per le spese generali e i servizi.>> L’amministrazione finanziaria ha chiarito, mediante la risoluzione n. 869 del 19 gennaio 1980 che, in linea generale, l’iva indetraibile relativa all’acquisto di beni e di servizi deve essere patrimonializzata, nel caso dei beni strumentali, ovvero influenza il valore del magazzino nel caso delle merci. Pertanto, l’iva indetraibile viene a perdere la sua natura di onere tributario, divenendo parte del costo al quale si riferisce uscendo, di conseguenza, in maniera definitiva dall’ambito delineato dall’art. 99 del tuir, che disciplina la deducibilità – per cassa – degli oneri tributari C.M. n. 136 del 5 luglio 2000 <<… si ritiene che le imposte in oggetto, per effetto della specifica traslazione economica sui corrispettivi degli atti singolarmente riconoscibili come di competenza dell'esercizio, perdano la loro generica natura di oneri tributari privi di connessione diretta con l'attività d'impresa, e debbano, come oneri direttamente collegati ai ricavi, essere dedotti per competenza secondo gli ordinari criteri.>> La stessa modalità d’imputazione e di deduzione dell’iva indetraibile, ai fini delle imposte sui redditi, vale per la fattispecie della indetraibilità integrale dell’Iva ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 633/1972, in presenza di operazioni esenti. Nel caso in cui, di contro, l’iva risulti parzialmente indetraibile, per effetto di una percentuale di indetraibilità inferiore al 100 per cento, l’Iva diviene costo generale dell’impresa, imputabile nella voce B14 del conto economico. 4 Il caso: l’Iva e le prestazioni alberghiere E’ noto che l’art. 83, commi 28-bis e 28-ter, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, modificando l’art. 19-bis1, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 633 del 1972, ha eliminato, con effetto dal 1° settembre 2008, la previsione di indetraibilità oggettiva disposta per le prestazioni alberghiere e di ristorazione. Ne consegue che, ad oggi, le spese alberghiere inerenti l’attività d’impresa, documentate dalla fattura, conferiscono al contribuente il diritto alla detrazione dell’Iva. Può accadere che il contribuente, per eccessiva onerosità amministrativa e contabile dell’operazione, decida di non richiedere la fattura con la conseguenza che l’emissione dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale non conferiscono alcun diritto di detrazione del tributo. L’amministrazione finanziaria, in merito, ha ribadito la portata della disposizione contenuta nell’art. 99, comma 1 del tuir, di seguito indicata: <<Le imposte … per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione>> (C.M. n. 6/E del 3 marzo 2009). Di conseguenza, secondo l’amministrazione finanziaria, in una prima interpretazione della norma, ha chiarito che non è deducibile l’Iva non detratta per una precisa volontà dell’imprenditore che non ha chiesto l’emissione della fattura a fronte di una prestazione alberghiera. C.M. n. 6/E, del 3 marzo 2009 e R.M. n. 84/E, del 31 marzo 2009 “… la mancata richiesta della fattura non può avere riflessi ai fini della determinazione del reddito atteso che in tale ipotesi l’indetraibilità dell’IVA non deriverebbe da cause oggettive che precludono l’esercizio del relativo diritto, bensì da una valutazione discrezionale del contribuente”. In merito, si è espresso l’IRCDCEC, attraverso la Circolare n. 9/IR del 27 aprile 2009. L’organismo contabile citato afferma che l’orientamento dell’amministrazione finanziaria non può essere condiviso, in quanto questa, per effetto di un’interpretazione estensiva della disciplina dell’inerenza, introduce un principio generale di <<”stretta” inerenza>> che ricomprende i costi inevitabili. Principio assente nell’ordinamento tributario. Di contro, nel caso in cui l’impresa documenta legittimamente una spesa alberghiera per effetto di una ricevuta fiscale o di uno scontrino fiscale, dovrebbe poter dedurre – altrettanto legittimamente – secondo l’IRCDCEC, anche il costo relativo all’Iva volontariamente non detratta per effetto delle ragioni di seguito sintetizzate. 5 Diritto alla deduzione dell’iva non detratta sulle spese alberghiere (Cir. n. 9/IR/2009) In effetti, la documentazione giustificativa emessa ai fini Iva richiede maggiori formalità ed informazioni rispetto alla documentazione giustificativa richiesta ai fini delle imposte dirette. Si sintetizzano di seguito i chiarimenti contenuti nella C.M. n. 97/E del 4 aprile 1997, par. 4.2, ed applicabili, secondo l’IRCDCEC, nel caso di specie. In merito allo scontrino fiscale: il registratore di cassa deve essere opportunamente adattato per la funzione connessa con la deduzione delle spese in capo al cliente; la documentazione delle spese, eventualmente deducibili, mediante lo scontrino fiscale integrato, costituisce una facoltà per il soggetto destinatario dello scontrino medesimo; lo scontrino fiscale deve contenere la specificazione degli elementi attinenti alla natura, alla qualità e alla quantità dell'operazione e l'indicazione del numero di codice fiscale dell'acquirente o del committente; debbono considerarsi illegittime eventuali integrazioni manuali o tramite timbri, da chiunque apposte. In merito alla ricevuta fiscale: la ricevuta fiscale può avere analoga funzione di giustificazione delle spese ai fini delle imposte sui redditi, se integrata, a cura del soggetto emittente, con i dati identificativi del cliente; la ricevuta fiscale deve contenere la ditta, la denominazione, la ragione sociale, la residenza o domicilio del soggetto acquirente o committente ovvero, il nome e cognome se non si tratti di imprese, società o enti; 6 per la validità della documentazione ai fini fiscali, può essere sufficiente l'indicazione del codice fiscale del cliente. C.M. n. 25/E del 19 maggio 2010 <<L’imprenditore e il professionista, infatti, possono decidere di non richiedere le fatture relative alle prestazioni alberghiere e di ristorazione – sempreché non costituiscano oggetto dell’attività propria dell’impresa – e, quindi, di non detrarre l’IVA assolta sulle stesse, nel caso in cui i costi da sostenere per eseguire gli adempimenti IVA connessi alle fatture siano superiori al vantaggio economico costituito dall’importo dell’IVA detraibile In tal caso, posto che la scelta dell’operatore si prospetta come la soluzione economicamente più vantaggiosa, si può riconoscere all’IVA non detratta per mancanza della fattura la natura di “costo inerente” all’attività esercitata e, pertanto, la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi.>> Pertanto, la motivazione della eccessiva onerosità amministrativa connessa con la detrazione dell’Iva, rappresenta un’eccezione al principio già chiarito dall’amministrazione finanziaria nella precedente C.M. n. 6/E/2009, secondo il quale la mancata richiesta della fattura comporta l’indeducibilità dell’Iva non detratta. Così, nel caso di specie, l’iva indetraibile trasla nell’ambito dei costi accessori relativi ai servizi di ristorazione, deducibili nella misura del 75 per cento, secondo le disposizioni a tutt’oggi vigenti contenute nell’art. 109, comma 5, del TUIR, come modificato dall’art. 83, comma 28-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008.2 Deduzione dell’Iva non detratta sulle prestazioni alberghiere: riepilogo Deduzione dell’Iva non detratta sulle prestazioni alberghiere: riepilogo Si riepiloga pertanto quanto si è più sopra detto: 1. in un primo momento l’amministrazione finanziaria ha sostenuto la totale indeducibilità, ai fini delle imposte dirette, dell’Iva pagata e non detratta dovuta alle prestazioni alberghiere documentate mediante scontrini o ricevute fiscali (C.M. n. 6/E/2009); 2 Si riporta di seguito la disposizione contenuta nell’art. 109, comma 5, tuir: <<Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi…. Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell'articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento.>> 7 2. l’IRCDCEC ha sostenuto successivamente che l’Iva di che trattasi diviene senz’altro indetraibile, ai fini di legge, quando decorrono i termini previsti dal decreto iva per detrarre l’Iva sugli acquisti, e pertanto diviene un costo, in maniera certa ed oggettiva, allo spirare del diritto di credito, alla stregua di una sopravvenienza passiva (Circolare n. 9/IR/2009); 3. l’amministrazione finanziaria ha rivisitato la fattispecie chiarendo che l’eccessiva onerosità amministrativa legata alla detrazione dell’Iva rappresenta l’unica eccezione per la quale il contribuente può omettere di detrarre l’Iva sulle spese alberghiere e di dedurre, contestualmente, l’Iva indetraibile connessa (C.M. n. 25/E/2010) La deduzione dell’Irap Alla generale dicotomia più sopra riportata, caratterizzata da una parte dall’esistenza di tributi interamente deducibili per cassa e dall’altra parte di tributi completamente indeducibili, occorre aggiungere l’ulteriore disciplina specificamente concernente la deduzione dell’Irap, ai fini delle imposte sui redditi (3). Art. 6, comma 1, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 "A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, è ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99 del testo unico delle imposte sui redditi (...) un importo pari al 10 per cento dell'imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, forfetariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis), 4-bis), 4-bis).1 del decreto legislativo n. 446 del 1997." Si riporta un significativo passaggio contenuto nella C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009. C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009 <<La deduzione forfetaria, pari al 10 per cento dell'IRAP versata, può essere fatta valere in sede di determinazione del reddito a condizione che alla formazione del valore della produzione imponibile abbiano concorso spese per lavoro dipendente oppure interessi passivi non ammessi in deduzione nella determinazione della base 3 Si è peraltro già esaminata la fattispecie della detrazione parziale dell’Iva generata per effetto del pro-rata. 8 imponibile Irap. La deduzione spetta alla predetta condizione e prescinde, dunque, dall'ammontare complessivamente sostenuto per oneri del personale o interessi passivi. Resta inteso che il sostenimento dei costi relativi al personale dipendente o agli interessi passivi deve rispondere a criteri di inerenza, ragionevolezza ed economicità e risultare coerente con gli obiettivi di politica aziendale perseguiti. In relazione, in particolare, ad operazioni che abbiano dato luogo ad interessi passivi saranno attivati opportuni controlli al fine di verificarne le valide ragioni economiche e l'inerenza all'attività esercitata. Inoltre, per i soggetti obbligati alla redazione del bilancio di esercizio i medesimi costi devono essere individuati secondo corretti principi contabili.>> In sostanza l’Irap è deducibile ai fini Ires ed Irpef, alle seguenti condizioni: l’ammontare della deduzione è pari al 10 per cento dell’imposta sostenuta nel periodo d’imposta; si deve tener conto dell’imposta effettivamente pagata nel corso dell’anno, per effetto del principio di deducibilità generale degli oneri tributari, sancito dall’art. 99, comma 1, tuir (principio di cassa); occorre che il valore della produzione imponibile sia movimentato da spese per lavoro dipendente o, comunque, l’impresa abbia sostenuto interessi passivi non ammessi in deduzione, ai fini Irap, a prescindere dall’entità degli importi; i costi relativi al personale dipendente o assimilato e gli oneri finanziari devono essere congrui, sotto l’aspetto economico (<<Resta inteso che il sostenimento dei costi relativi al personale dipendente o agli interessi passivi deve rispondere a criteri di inerenza, ragionevolezza ed economicità e risultare coerente con gli obiettivi di politica aziendale perseguiti>>).4 Si riprenda l’esempio contenuto nella C.M. n. 16/E/2009, cit. Irap versata nel corso del periodo d'imposta N: 2.000 IRAP relativa al saldo N – 1: 400 IRAP acconto N: 1.600 Se le condizioni relative ai costi del personale ed agli oneri finanziari risultano soddisfatte sia nell’anno N che nell’anno N – 1, l’Irap deducibile è calcolata come segue: 2.000 x 10/100 = 200 Nel caso in cui i lavoratori dipendenti siano presenti solo nell’esercizio N, l’Irap 4 Cfr., C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009. 9 risulterà deducibile solo per quest’ultimo periodo d’imposta e non per quello precedente. Pertanto, l’Irap deducibile è pari a euro 160 (1600 x 10/100). Un altro nodo connesso con la deduzione dell’Irap è rappresentato dalla modalità di quantificazione dell’imposta pagata nell’anno, deducibile per cassa. Infatti, il saldo del periodo precedente rappresenta un pagamento interamente dovuto, effettuato a posteriori rispetto alla liquidazione dell’imposta, in sede di redazione del modello unico e, pertanto, questo rientra integralmente nella base di calcolo del 10 per cento. Differente è il caso dell’acconto versato nel corso del periodo d’imposta, in quanto questo è versato a titolo provvisorio e può essere, alternativamente insufficiente per saldare l’imposta dovuta per il periodo considerato ovvero può risultare eccedente in quanto, a posteriori, è possibile che si riscontri un credito irap proveniente dalla dichiarazione. Di conseguenza, con riguardo all’acconto versato, l’importo di cui tener conto per il calcolo della deduzione ai fini delle imposte dirette, non è rappresentato dall’importo complessivamente versato a tale titolo quanto, piuttosto, dall’importo versato effettivamente dovuto. C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009 <<In altri termini, l'IRAP versata in acconto potrà partecipare al calcolo dell'importo deducibile, solo se e nei limiti in cui rifletta l'imposta effettivamente dovuta per il periodo di imposta di riferimento. Invero, tale criterio va integrato per tener conto della circostanza che la quota di acconto versata in eccesso rispetto all'IRAP dovuta quale risulta dalla liquidazione definitiva del debito di periodo, non può essere computata nel calcolo della deduzione, in quanto - non risultando definitivamente dovuta costituisce credito dell'esercizio medesimo.>> Riprendendo l’esempio considerato, se si concretizza la seguente situazione: Acconti versati anno N – 1: 1.600; Imposta dovuta anno N – 1: 1.000, la base di calcolo per la quantificazione dell’Irap deducibile è pari a 1.000. 10 Così: 1.000 x 10/100 = 100 (Irap deducibile). Versamenti Irap deducibili dalle imposte dirette Le variazioni fiscali La tassazione del reddito d’impresa si fonda sul principio per il quale il passaggio dal reddito di bilancio al reddito fiscale si determina tenendo conto delle variazioni in aumento ed in diminuzione da apportare in sede di dichiarazione dei redditi, rispetto al bilancio, conseguentemente alle diverse regole che disciplinano la determinazione del reddito di bilancio rispetto al reddito fiscale. La disposizione di fondo sulla quale si basa il passaggio dal risultato civilistico al risultato fiscale è contenuta nell’art. 83 del tuir. Art. 83, comma 1, tuir <<1. Il reddito complessivo à determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione …>> Da caso a caso e per diversi motivi, i costi, i ricavi ed i proventi rappresentati in bilancio possono differire dalle regole di deduzione o di tassazione previste dal tuir, dando luogo a disallineamenti permanenti, quando dette differenze sono destinate a non riconciliarsi mai più nel tempo o a disallineamenti temporanei, in caso contrario. 11 Tipologie di variazioni fiscali relative al passaggio dal reddito civilistico al reddito fiscale Le variazioni permanenti Quando la norma fiscale e la norma civile individuano, relativamente ad una medesima posta di bilancio, criteri per una valutazione definitivamente diversa (ad es., le spese per i telefoni cellulari, per le autovetture, ecc …), si realizza un’equivalenza tra le imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi e le imposte di competenza indicate in bilancio. Pertanto, le variazioni permanenti sono rappresentate dalle differenze civilistiche e fiscali che non sono destinate a riassorbirsi nel tempo. Così, con riguardo ai costi, le variazioni permanenti si riferiscono a tutti quei casi in cui la normativa fiscale ha fissato precisi limiti di deduzione. Costituiscono variazioni permanenti, a mero titolo esemplificativo: i costi relativi agli autoveicoli, ciclomotori, motocicli, eccedenti la quota deducibile, ai sensi dell’art. 164 del tuir; i costi e gli oneri relativi alla telefonia fissa e mobile, ai sensi dell’art. 102, comma 9 del tuir; le imposte dirette, le imposte indirette per le quali è prevista la rivalsa ai sensi dell’art. 99, tuir; l’irap per la parte eccedente il 10 per cento per le imprese che sostengono oneri per il personale dipendente ed oneri finanziari, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2; le spese di vitto, ai sensi dell’art. 95, comma 3 del tuir; le spese di rappresentanza, eccedenti la quota deducibile, ai sensi dell’art. 108, comma 2 del tuir; il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare, ai sensi dell’art. 85, comma 2 del tuir; le perdite su crediti, nel caso in cui non risultino da elementi certi e precisi, ai sensi dell’art. 101, comma 5 del tuir; i canoni di leasing, per i contratti stipulati al di sotto dei limiti fissati dall’art. 102, comma 7 del tuir; 12 i costi relativi a beni immobili non strumentali, ai sensi dell’art. 90, comma 2, del tuir; le sopravvenienze attive relative alla cessione del contratto di leasing, nei casi in cui il valore normale è superiore al prezzo di cessione, ai sensi dell’art. 88, comma 5, tuir; … Le variazioni temporanee Si hanno variazioni temporanee quando le differenti valutazioni - civilistiche e fiscali – generano disallineamenti temporanei, che danno luogo alle imposte differite, che si annullano in uno o più esercizi successivi (ad es., la rateizzazione delle plusvalenze, il pagamento dei compensi agli amministratori nell’esercizio successivo a quello di competenza, …),. Il principio contabile della competenza economica gioca un ruolo fondamentale con riguardo all’obbligo dell’indicazione delle imposte differite nel bilancio. Se ne riporta la definizione contenuta nel P.C. n. 1. La competenza economica secondo il P.C. N.1 “L’effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed attribuito all’esercizio al quale tali operazioni e tali eventi si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi … incassi e pagamenti (…). I costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio (…) Tale correlazione si realizza: a) per associazione di causa ed effetto tra costi e ricavi.” Pertanto, se un’impresa consegue utili di competenza in un dato esercizio, costituiti dalla somma algebrica dei relativi costi, ricavi e proventi, questa dovrà tener conto anche delle imposte di competenza gravanti su detti utili, nonostante il fatto che la norma tributaria preveda un pagamento d’imposte posticipato o anticipato, rispetto all’imputazione temporale dei suddetti costi e proventi. Come si è già detto in precedenza, le differenze temporanee si caratterizzano per la provvisorietà del disallineamento dei valori civili e fiscali che tendono a riassorbirsi nel tempo. Molto semplicemente, come chiarisce l’OIC n. 25, <<si tratta di ricavi e costi o di parte di essi che concorrono a formare il reddito fiscale in un periodo d'imposta diverso da quello nel quale concorrono a formare il risultato civilistico>>.5 5 Cfr., OIC n. 25, par. G. 13 Inoltre, le variazioni temporanee si suddividono, a loro volta, in: Le differenze temporanee Le differenze temporanee tassabili Come si è indicato nello schema più sopra rappresentato, le differenze temporanee tassabili sono caratterizzate per il segno positivo e riguardano operazioni che si renderanno imponibili in esercizi successivi a quello dell’imputazione in bilancio, in base al criterio della competenza economica. Costituiscono operazioni che generano differenze temporanee tassabili: la rateizzazione delle plusvalenze, ai sensi dell’art. 86 del tuir; la rateizzazione delle indennità assicurative, ai sensi dell’art. 88, comma 2 del tuir; la rateizzazione dei contributi tassabili per cassa, ai sensi dell’art. 88, comma 3, lett. b), del tuir; la deduzione dei costi sostenuti per l’acquisto di beni di valore inferiore a 516,46 eur, ai sensi dell’art. 102, comma 5 del tuir; le maggiorazioni contrattuali, ai sensi dell’art. 93, comma 2 del tuir; gli interessi attivi di mora, ai sensi dell’art. 109, comma 7 del tuir. Le operazioni che generano differenze temporanee tassabili si caratterizzano per il fatto che queste generano, a loro volta, passività per imposte differite. Il Caso Uno dei casi più frequenti, relativi alla rilevazione contabile delle differenze temporanee tassabili, è costituito dalla rateizzazione delle plusvalenze connesse con il realizzo di immobilizzazioni e delle aziende, ai sensi dell’art. 86 del tuir. Art. 86, comma 4, tuir << Le plusvalenze realizzate, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87, determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito, per l'intero 14 ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la plusvalenza concorre a formare il reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui è stata realizzata. Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87, le disposizioni dei periodi precedenti si applicano per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per primi i beni acquisiti in data più recente.>> Si riporta di seguito una tabella nella quale vengono indicati gli effetti in bilancio connessi con la tassazione di una plusvalenza generata dalla cessione di un bene strumentale, nelle diverse ipotesi di seguito indicate: tassazione della plusvalenza interamente effettuata nell’esercizio di competenza; tassazione della plusvalenza beneficiando della facoltà della rateizzazione, con rilevazione in bilancio delle connesse imposte differite; tassazione della plusvalenza beneficiando della facoltà della rateizzazione, senza rilevazione in bilancio delle connesse imposte differite (comportamento contabilmente non corretto). 1. TASSAZIONE 2. RATEIZZAZIONE 3. RATEIZZAZIONE NELL’ESERCIZIO DELLA PLUSVALENZA CON SENZA RILEVAZIONE REALIZZAZIONE RILEVAZIONE DELLE DELLE IMPOSTE IMPOSTE DIFFERITE DIFFERITE (COMPORTAMENTO SCORRETTO) Plusvalenza Reddito 1.000,00 bilancio Plusvalenza Plusvalenza 1.000,00 1.000,00 Reddito bilancio 1.000,00 1.000,00 Reddito Lordo 1.000,00 Reddito fiscale lordo Ires (27,50%) Reddito fiscale Ires, (27,50%) 1.000,00 ( Reddito bilancio fiscale lordo 200,00 Reddito bilancio da pagare (1.000*1/5) Netto Reddito bilancio ( 55,00) da pagare 275,00) Ires 200,00 945,00 (27,50%) (55,00) 725,00 da pagare Netto Differenza temporanea 800,00 15 Ires (27,50%) (220,00) differita Reddito bilancio 725,00 Netto OSSERVA Appare evidente che l’utilizzo delle imposte differite annulla l’effetto finanziario relativo alle imposte gravanti su un dato elemento del reddito, riportando la valorizzazione del risultato economico di bilancio nell’ambito del principio della competenza economica. La colonna n. 3, evidenzia gli effetti della mancata iscrizione delle imposte differite, nel caso della rateizzazione della plusvalenza, che comporta una sensibile variazione del risultato economico, nel caso di specie. Appare evidente che la contabilizzazione delle imposte differite – colonna n. 2 esclude che la scelta di rateizzare fiscalmente la plusvalenza possa incidere sul risultato economico – determinato in base al principio della competenza -, lasciando che la scelta si rifletta soltanto nell’ambito patrimoniale e finanziario. In effetti, ponendo un capitale proprio pari a 10.000, è possibile rilevare l’incidenza del diverso carico fiscale sul risultato economico, nelle ipotesi della contabilizzazione delle imposte differite (ipotesi corretta) e nella diversa ipotesi della omissione di detta contabilizzazione, attraverso la determinazione del ROE, nella tabella che segue. ROE, NELL’IPOTESI DELLA CORRETTA ROE, NELL’IPOTESI DELLA OMESSA CONTABILIZZAZIONE DELLE IMPOSTE ONTABILIZZAZIONE DELLE DIFFERITE IMPOSTE DIFFERITE Un/Cp*100 = 6,275% Un/Cp*100 = 9,255% Un = Utile netto di bilancio Cp = Capitale di proprietà Altri aspetti delle imposte differite L’aliquota che misura le imposte differite è calcolata tenendo conto dell’aliquota in vigore al momento del riversamento della differenza temporanea. 16 Si ricorda che la tassazione differita riguarda, in linea generale, solo l’Ires, posto che per i soggetti Ires la base imponibile Irap è costituita da valori direttamente derivati dal bilancio civilistico (principio di derivazione), in assenza di variazioni fiscali. Costituiscono eccezioni, in merito: la deduzione dell’ammortamento dell’avviamento; la deduzione dell’ammortamento del marchio. Art. 5, comma 3, ultimo periodo, D.lgs. 446/1997 <<Sono comunque ammesse in deduzione quote di ammortamento del costo sostenuto per l'acquisizione di marchi d'impresa e a titolo di avviamento in misura non superiore a un diciottesimo del costo indipendentemente dall'imputazione al conto economico.>> Appare evidente che per le poste indicate nell’art. 5, comma 3, ultimo periodo, del D.lgs. n. 446/1997, la modalità di calcolo delle quote annue di ammortamento dell’avviamento e del marchio, ai fini dell’Irap, si staccano dalle regole generali previste ai fini del tributo (principio di derivazione dal bilancio), seguendo le regole specificamente previste dal tuir. Ne consegue che, nel caso di specie, la tassazione differita deve tener conto sia dell’Ires che dell’Irap. Le differenze temporanee deducibili Le differenze temporanee deducibili si caratterizzano per il fatto che queste generano importi imponibili nell’esercizio in cui si rilevano in bilancio, che divengono poi deducibili negli esercizi successivi. Hanno segno negativo e generano attività per imposte anticipate. Le fattispecie che si caratterizzano per il pagamento anticipato delle imposte, rispetto all’esercizio di competenza, danno luogo, appunto, alle imposte anticipate. L’iscrizione delle attività di che trattasi è subordinata al principio della prudenza (art. 2423-bis, n. 1, c.c.), secondo il quale, nel dubbio, occorre inserire in bilancio il più basso tra due valori presi in considerazione, allo scopo di non annacquare il capitale dell’impresa.Ne discerne che le maggiori attività relative alle imposte anticipate devono essere iscritte solamente se sussiste, negli anni successivi, una “ragionevole certezza”6 di recuperare il credito iscritto con debiti tributari futuri, connessi al realizzo di altrettanti futuri redditi imponibili. 6 Così si esprime il P.c. n. 25, relativamente alla contabilizzazione delle imposte anticipate. 17 Il caso Si ipotizzi che, nell’esercizio “N”, una impresa rilevi una eccedenza temporaneamente indeducibile, per effetto delle spese di manutenzione sostenute, per l’importo di 1.000, da rateizzare, per quote costanti, nei cinque esercizi successivi – art. 102, comma 6, tuir-. Art. 102, comma 6, tuir <<Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili; per le imprese di nuova costituzione il limite percentuale si calcola, per il primo esercizio, sul costo complessivo quale risulta alla fine dell'esercizio; per i beni ceduti, nonché per quelli acquisiti nel corso dell'esercizio, compresi quelli costruiti o fatti costruire, la deduzione spetta in proporzione alla durata del possesso ed è commisurata, per il cessionario, al costo di acquisizione. L'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi. Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, diversi criteri e modalità di deduzione. Resta ferma la deducibilità nell'esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del limite percentuale sopra indicato.>> Si riporta di seguito una tabella che indica il riassorbimento dell’imposta anticipata negli esercizi successivi a quello in cui vengono contabilizzate le spese di manutenzione di competenza. Si tenga conto che l’ammontare complessivo delle imposte anticipate nell’anno N è pari a 275 (1.000 x 27,50/100). ANNO RATA PERCENTUALE IMPOSTE IMPOSTE ANTICIPATE N+1 200 27,50% 55,00 N+2 200 27,50% 55,00 N+3 200 27,50% 55,00 N+4 200 27,50% 55,00 N+5 200 27,50% 55,00 Totali 1.000 / 275,00 18 Si tenga conto delle ulteriori seguenti ipotesi. DATI CONTABILI E FISCALI ANNO N Reddito lordo di bilancio 0,00 Variazioni in aumento (spese di manutenzione) 1.000,00 Imposte correnti (27,50%) 275,00 Imposte di competenza 0,00 Non sussistono imposte di competenza nell’anno N, posto che il reddito di bilancio è pari a zero e l’unico motivo di tassazione è dovuto alla variazione temporanea in aumento, per effetto delle spese di manutenzione, momentaneamente indeducibili. Pertanto, sotto l’aspetto del bilancio, non si tratta di costi, bensì si tratta di attività patrimoniali dovute ad imposte corrisposte anticipatamente dall’impresa allo Stato, da recuperarsi nei cinque anni successivi, per mezzo delle connesse variazioni in diminuzione del reddito d’esercizio. Si riportano di seguito le relative scritture contabili. Imposte correnti 275,00 Debiti tributari Crediti per 275,00 imposte 275,00 anticipate Imposte anticipate 275,00 Si riportano di seguito gli stralci del bilancio interessati dall’operazione. CONTO ECONOMICO ANNO N 22) Imposte sul reddito dell’esercizio Imposte correnti Imposte anticipate 275,00 (275,00) Totale imposte di competenza 0 STATO PATRIMONIALE Attivo C.II.4-ter) anticipate Passivo imposte 275,00 D12) Debiti 275,00 tributari 19 Le imposte anticipate connesse con le perdite fiscali La disciplina fiscale delle perdite è stata oggetto di recente modifica. Art. 84, tuir <<1. La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare. Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta diversi da quelli di cui all' articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi dell' articolo 109, comma 5. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all'articolo 80. 2. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva. 3. Le disposizioni del comma 1 non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori. La limitazione non si applica qualora: a) (lettera abrogata); b) le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.>> 20 In sostanza, secondo le disposizioni appena sopra riportate, le perdite fiscali conseguite nell’ambito dell’attività d’impresa, possono essere suddivise in due categorie: perdite conseguite nei primi tre periodi d’imposta; perdite conseguite successivamente. Le perdite conseguite nei primi tre periodi d’imposta sono illimitatamente riportabili e possono abbattere senza alcun limite il reddito prodotto dalla società negli esercizi successivi. Le perdite conseguite successivamente ai primi tre periodi d’imposta sono assoggettate alla limitazione prevista dalla norma consistente, adesso, nella deduzione dell’80 per cento del reddito di periodo. Non vi sono più limiti temporali posti dalla legge per il riporto delle perdite fiscali. OSSERVA Una volta eliminato dal Legislatore il limite quinquennale della riportabilità delle perdite conseguite oltre il periodo di start-up dell’impresa, la differente disciplina delle perdite fiscali si caratterizza per la deduzione limitata all’80 per cento del reddito annuale imponibile. La norma si pone l’obiettivo di agevolare le imprese, per effetto dell’attuale crisi, eliminando la disposizione che impediva l’utilizzo delle perdite conseguite dopo i primi tre esercizi, non ancora utilizzate, oltre un quinquennio (7). L’eliminazione del limite temporale amplia, sotto un certo senso, la possibilità di imputare, tra le attività patrimoniali, le imposte anticipate connesse con le perdite fiscali. Alla disciplina contabile connessa con il riporto di attività patrimoniali derivanti dal conseguimento di perdite fiscali si occupa specificamente il paragrafo H, dell’OIC n. 25. Il principio contabile sopra riportato ribadisce la natura originaria dell’attività che scaturisce dalla fattispecie, sottolineando che si tratta di <<beneficio futuro di incerta realizzazione, dato che per utilizzare tale beneficio è necessaria l'esistenza di futuri redditi imponibili …>>, piuttosto che di un credito vantato verso l’erario. Le condizioni che consentono l’iscrizione di attività per imposte anticipate in presenza di perdite fiscali sono le seguenti: 7Cfr., R. Viviani, “Aspetti civilistici e fiscali delle perdite, alla luce dei chiarimenti contenuti nelle circolari 24/IR e 25/IR”, nostro Focus n. 42/2011 , pagg. 8 – 9. 21 deve sussistere una ragionevole certezza di ottenere in futuro imponibili fiscali che potranno assorbire le perdite riportabili; le perdite in oggetto derivano da circostanze ben identificate, ed è ragionevolmente certo che tali circostanze non si ripeteranno. L’imposta anticipata relativa ad una perdita fiscale, in presenza delle condizioni più sopra riportate, deve comunque essere contabilizzata, anche in un esercizio successivo, in quanto questa deve essere iscritta quando sussistono i requisiti per il suo riconoscimento. La natura delle attività patrimoniali connesse con le imposte anticipate La natura delle imposte anticipate è comunque mutata, nel tempo, per effetto delle nuove disposizioni contenute nell’art. 2, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010 e nell’art. 9 del decreto salva-Italia (D.L. n. 201/2011), che hanno di fatto trasformato in crediti d’imposta parte delle attività di che trattasi, di cui si dirà in seguito. Per offrire un quadro completo, circa la natura delle imposte anticipate iscritte in bilancio, occorre ora considerare le disposizioni contenute nell’art. 2, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010, e successive modificazioni ed integrazioni. Art. 2, D.l 225, del 29 dicembre 2010 <<55. In funzione anche della prossima entrata in vigore del nuovo accordo di Basilea, le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, relative a svalutazioni di crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile ai sensi del comma 3 dell'articolo 106 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), nonché quelle relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d'imposta ai fini delle imposte sui redditi, sono trasformate in crediti d'imposta qualora nel bilancio individuale della società venga rilevata una perdita d'esercizio. 56. La trasformazione di cui al comma 55 decorre dalla data di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea dei soci, o dei diversi organi competenti per legge, ed opera per un importo pari al prodotto, da effettuarsi sulla base dei dati del medesimo bilancio approvato, tra: a) la perdita d'esercizio, e; b) il rapporto fra le attività per imposte anticipate indicate al comma 55 e la somma del capitale sociale e delle riserve. Con decorrenza dal periodo d'imposta in corso alla data di approvazione del bilancio, non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta ai sensi del 22 presente comma. OSSERVA Con riguardo alla natura della posta contabile accesa alle imposte anticipate, nello stato patrimoniale, l’OIC n. 25 aveva chiarito che essa “non ha natura di credito verso l'erario, quanto piuttosto di beneficio futuro di incerta realizzazione”. La suddetta qualificazione è stata disattesa dai seguenti interventi normativi: art. 2, comma 56, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010, conv. con mod. dalla L. del 6 febbraio 2011, n. 10; art. 9 del decreto salva-Italia (D.L. n. 201/2011). In sostanza, l’art. 2 del D.L. 225/2010 ha stabilito che le imposte anticipate iscritte in bilancio, relative a: a) svalutazioni di crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile; b) valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi, sono trasformate in crediti d’imposta qualora nel bilancio della società venga rilevata una perdita d’esercizio. R.M. n. 94/E, del 22 settembre 2011 <<… il credito d’imposta in esame, con riferimento al punto sub b), può essere utilizzato da tutti i contribuenti interessati, quindi anche da soggetti diversi dagli enti creditizi e finanziari.>> Attività per imposte anticipate trasformabili in crediti tributari Pertanto, con specifico riferimento alle società commerciali in genere, le attività per imposte anticipate derivanti dalla differenza temporale sussistente tra l’iscrizione in 23 bilancio e la deduzione fiscale delle attività immateriali e dell’avviamento divengono, in parte, crediti d’imposta. Anzi, la parte di attività patrimoniale che non si trasforma - al momento dell’approvazione del bilancio - in credito d’imposta, si perde in quanto la differenza temporanea che l’ha generata in origine, diviene indeducibile. Affinché detta trasformazione si concretizzi fattivamente occorre che sussistano le seguenti condizioni: il bilancio della società si deve chiudere con una perdita civilistica (comma 55); è previsto un limite d’importo rappresentato dalla seguente formula (comma 56): perdita d’esercizio di bilancio8 x (attività per imposte anticipate/Capitale sociale + Riserve); non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attivita' per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta (comma 56); la quota delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio relativa alle perdite di cui all'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e derivante dalla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55, e' trasformata per intero in crediti d'imposta (comma 56-bis). Sintesi della disciplina Eccedenza incapiente Condizione necessarie per la traslazione: bilancio chiuso in perdita civilistica; disallineamenti derivanti dall’ammortamento dell’avviamento e di attività immateriali. Eccedenze perdute: valori eccedenti la formula: Pe x Ia/Cp (*) (*) Pe: perdite di bilancio; Ia: imposte anticipate; Cp: capitale proprio (capitale sociale + riserve) Un altro punto normativo d’interesse è costituito dal momento in cui si rende possibile la suddetta trasformazione. Infatti, per effetto del comma 56, più sopra riportato, le 8 Si veda in merito: R.M. n. 94/E, del 22 settembre 2011. 24 attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta, generano componenti negativi indeducibili, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio. In sostanza, <<dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio, non sono ammesse le variazioni in diminuzione che corrispondono all’ammontare delle imposte anticipate trasformate>> (R.M. n. 94/E/2011, cit.). Si consideri che una S.r.l. acquisti un’azienda, pagando un prezzo, a titolo di avviamento, per euro 360.000. Successivamente, procede ad ammortizzare l’avviamento, ai fini civilistici per 1/5, per effetto della disposizione contenuta nell’art. 2426, c.c. . Art.2426, n. 6, c.c. <<l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. E' tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l'avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l'utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa …>> Secondo il tuir l’ammortamento dell’avviamento deve effettuarsi in 18 annualità. Art.103, comma 3, tuir <<Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso.>> Ammortamento civile e fiscale dell’avviamento 25 Di conseguenza si generano i seguenti costi: ammortamenti di bilancio: 72.000; ammortamenti fiscali: 20.000. Si riportano di seguito gli effetti civilistici e fiscali relativi al caso di specie, tenendo conto della sola operazione effettuata ai fini Ires. Modello Unico N Modello Unico N Si effettuano le seguenti variazioni in aumento: ammortamenti non deducibili: 52.000 (72.000 – 20.000) e la seguente variazione in diminuzione. imposte anticipate: 14.300 (52.000 x 27,50%). Si riportano di seguito gli effetti in bilancio. Bilancio N Bilancio N Stato patrimoniale Attivo B. I. 5) Avviamento 288.000 C. II. 4 – ter) Crediti per imposte anticipate 14.300 Nel passivo dello stato patrimoniale (voce D.12), sono indicati i debiti tributari relativi alla dichiarazione di competenza. Conto economico Costi della produzione B. 10. a) Ammortamento delle immobilizzazioni (72.000) immateriali 22) Imposte di competenza Imposte correnti Imposte anticipate … ( … ) 14.300 Occorre adesso analizzare il calcolo mediante il quale si esegue la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti tributari. Si tenga pertanto conto dei seguenti dati. Perdita di bilancio civilistica: 400.000; Capitale sociale + Riserve: 800.000; Imposte anticipate: 14.300. 26 Si applica, adesso, la formula indicata nell’art. 2, comma 56, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010. Formula: Perdita d’esercizio di bilancio x (attività per imposte anticipate/Capitale sociale + Riserve), ovvero: 400.000 x 14.300/800.000 = 7.150 La società dispone di un credito tributario pari a euro 7.150. L’utilizzo immediato di un credito pari a 7.150 comporta la rinuncia ad un beneficio futuro complessivo pari a 14.300. La perdita effettiva è pari a 7.150 (la metà). Nel caso considerato appare evidente che il credito utilizzabile è direttamente proporzionale all’ammontare delle perdite civilistiche ed inversamente proporzionale al capitale proprio della società, stante il tenore letterale della norma che richiede l’indicazione delle suddette perdite al numeratore e l’ammontare del capitale sociale e delle riserve al denominatore. L’operazione decorre dalla data di approvazione del bilancio. Occorre ora considerare i riflessi contabili al 29 aprile N+1, data di approvazione del bilancio. L’operazione più sopra indicata ha comportato la trasformazione di una parte dei crediti per imposte anticipate (per 7.150), mentre la parte restante (14.300 – 7.150 = 7.150) risulta stralciata. Scrittura in P.d. Scritture in P.d. 29 aprile N + 1 Trasformazione Crediti tributari 7.150 Trasformazione Sopravvenienze 7.150 imposte anticipate passive imposte anticipate in crediti tributari (art. 2, comma 56, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010, conv. con dalla L. mod. del 6 febbraio 2011) 29 aprile N + 1 in crediti tributari (art. 2, comma 56, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010, conv. con dalla L. mod. del 6 27 febbraio 2011) 29 aprile N + 1 Trasformazione Crediti imposte anticipate imposte in crediti tributari (art. 2, comma 56, per 14.300 anticipate del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010, conv. con dalla L. mod. del 6 febbraio 2011) Si tenga conto del seguente piano di ammortamento civile e fiscale dell’avviamento con le connesse imposte anticipate. Tabella 1. Piano di ammortamento originario dell’avviamento Anno Quota ammorta mento civile Quota ammorta mento fiscale Variazione Aliquota Ires Imposta anticipata annua/tot ale Imposta anticipata complessi va N 72.000 20.000 52.000 27,50% 14.300 14.300 N+1 72.000 20.000 52.000 27,50% 14.300 28.600 N+2 72.000 20.000 52.000 27,50% 14.300 42.900 N+3 72.000 20.000 52.000 27,50% 14.300 57.200 N +4 72.000 20.000 52.000 27,50% 14.300 71.500 Totali 360.000 100.000 260.000 Alla suddetta tabella occorre affiancare, per maggiore chiarezza espositiva, la tabella relativa alla trasformazione delle imposte anticipate in crediti tributari. Tabella 2. Piano di ammortamento dell’avviamento / trasformazione di attività anticipate in crediti d’imposta Anno Variazio ne fiscale Anno N Imposta anticipa ta iscritta in bilancio Anno N Variazio ne trasfor mata in imponib ile che genera credito d’impost a Anno N+1 Aliquota Ires Credito d’impost a Anno N+1 Imponib ile corrispo ndente all’attivi tà stralciat a Anno N+1 Imposta anticipa ta stralciat a Anno N+1 N+1 52.000 14.300 26.000 27,50% 7.150 26.000 7.150 28 Ciò significa che la tabella 1 è elastica e deve essere aggiornata in relazione alle trasformazioni indicate nella tabella 2. Tabella 3. Piano di ammortamento dell’avviamento / Rettifiche delle attività per imposte anticipate Anno N+1 Quota Quota Variazio Aliquota Imposta Imposta Impost ammorta ammort ne Ires anticipa anticipata a mento amento ta utilizzata anticipa civile fiscale stanziat ta a residua 72.000 20.000 52.000 27,50% 14.300 14.300 0 Relazione tra le perdite fiscali e le variazioni in diminuzione per effetto dell’ammortamento fiscale dell’avviamento e di altre attività immateriali Proseguiamo l’analisi della normativa di che trattasi, tenendo conto dei dati relativi all’esempio più sopra riportato. Nell’esercizio N + 5 inizierà il reversal – riassorbimento - delle variazioni temporanee connesse con l’ammortamento dell’avviamento. Si tenga conto adesso, delle disposizioni di seguito riportate. Art. 2, D.l 225, del 29 dicembre 2010 56-bis. La quota delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio relativa alle perdite di cui all'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e derivante dalla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55, è trasformata per intero in crediti d'imposta. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita di cui al presente comma. La perdita del periodo d'imposta rilevata nella dichiarazione dei redditi di cui al periodo precedente è computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi per un ammontare pari alla perdita del periodo d'imposta rilevata nella dichiarazione dei redditi di cui al periodo precedente ridotta dei componenti negativi di reddito che hanno dato luogo alla quota di attività per imposte anticipate trasformata in crediti d'imposta ai sensi del presente comma. 56-ter. La disciplina di cui ai commi 55, 56 e 56-bis si applica anche ai bilanci di 29 liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all'amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d'Italia. Qualora il bilancio finale per cessazione di attività, dovuta a liquidazione volontaria, fallimento o liquidazione coatta amministrativa, evidenzi un patrimonio netto positivo, è trasformato in crediti d'imposta l'intero ammontare di attività per imposte anticipate di cui ai commi 55 e 56. Alle operazioni di liquidazione volontaria di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dall'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. 57. Il credito d'imposta di cui ai commi 55, 56, 56-bis e 56-ter non è produttivo di interessi. Esso può essere utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero può essere ceduto al valore nominale secondo quanto previsto dall'articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Il credito va indicato nella dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione del reddito di impresa ne' della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive. L'eventuale credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni di cui al secondo periodo del presente comma è rimborsabile. >> Si ipotizzi che la società consegua nell’anno N + 5 una perdita fiscale pari a euro 50.000. La perdita fiscale comporta l’iscrizione in bilancio di imposte anticipate per 13.750, in presenza delle condizioni indicate nell’OIC n. 25. Si riporta ora, di seguito, la prosecuzione della tabella relativa all’ammortamento dell’avviamento, tenendo conto del riassorbimento delle eccedenze già più sopra riportate, alla seguente condizione: le attività per imposte anticipate sono state iscritte in bilancio, senza effettuare la trasformazione in crediti d’imposta, per la mancanza delle condizioni prescritte dalla legge. Anno N+5 Quota Quota Variazione ammortame ammortame nto nto civile nto fiscale d’imposta 0 20.000 20.000 Aliquota Ires 27,50% Riassorbime 5.500 Nell’anno considerato, la società deve procedere con una variazione in diminuzione pari a 20.000, alla quale corrispondono imposte anticipate pari a 5.500. 30 Riepilogo Nell’esempio più sopra riportato, scatta la disposizione contenuta nell’art. 2, comma 56bis, del D.l. 225/2010, per effetto della quale la quota delle attività anticipate iscritte in bilancio relativa alle perdite fiscali ex art. 84 del tuir, è trasformata in credito d’imposta per la parte derivante dalla deduzione dell’ammortamento dell’avviamento. Dal confronto appare evidente che, essendo la variazione fiscale inferiore alla perdita fiscale, tutta l’imposta connessa può essere trasformata in credito d’imposta (pari a 5.500). Si evidenziano di seguito gli effetti di detta trasformazione in merito alle perdite fiscali riportabili ai sensi dell’art. 84 del tuir e le conseguenze in termini di imposte anticipate. Effetti della trasformazione della quota di imposte anticipate sulle perdite fiscali in crediti d’imposta Deduzione per cassa delle imposte e delle tasse e imposte differite Anche la disposizione contenuta nell’art. 99, comma 1 del tuir genera disallineamenti tra l’anno di competenza di un imposta o di una tassa e l’anno in cui è ammessa la sua deduzione – per cassa -. Pertanto, se il pagamento di una tassa o di un’imposta si verifica in un esercizio diverso da quello di competenza, occorre rilevare in bilancio gli effetti relativi alle imposte differite. Aspetti generali Ne consegue quanto segue: il pagamento del tributo anticipato rispetto all’anno di competenza comporta l’iscrizione di attività patrimoniali per imposte anticipate; 31 il pagamento del tributo posticipato rispetto all’anno di competenza comporta l’iscrizione di passività patrimoniali per imposte differite. Le imposte anticipate connesse con la deduzione del 10% dell’Irap pagata Un altro caso meritevole di attenzione è rappresentato dalla deduzione del 10% dell’Irap pagata, con specifico riguardo alla fiscalità differita. Si rammenta che, nel caso di specie, sono deducibili i versamenti effettuati nel corso del 2011, ovvero: acconti 2011; saldo 2010. Ai fini della fiscalità differita: il 10 per cento di deduzione dall’imponibile Ires connesso con gli acconti 2011, non genera disallineamenti tributari, posto che l’esercizio di pagamento e l’esercizio di competenza è il medesimo; il 10 per cento di deduzione relativo al saldo 2010 costituisce un disallineamento, in quanto il periodo di pagamento (2011) differisce dall’esercizio di competenza (2010). Ovviamente la stessa cosa si verifica con riguardo al versamento degli acconti relativi al 2011 ed al saldo del 2011 versato nel 2012. Linea del tempo relativa al disallineamento temporaneo connesso con il saldo Irap In presenza di un beneficio fiscale di competenza 2011, ancorchè godibile nel 2012, si genera un disallineamento temporaneo pari a 2,75, ovvero pari alla minore Ires che la società dovrà corrispondere all’erario nel 2012 per effetto del versamento del saldo dell’Irap relativo all’annualità 2011. Le scritture contabili relative alle imposte Le società rilevano contabilmente le imposte, nel corso dell’esercizio, nei seguenti momenti: 32 al pagamento del I acconto; al pagamento del II acconto; al pagamento delle ritenute subite, per effetto di legge; al 31/12, al momento della rilevazione del costo di competenza. Si rilevano di seguito le scritture in P.d. . 16 giugno N Versato I acconto imposte Acconti Ires X 16 giugno N Versato I acconto imposte Acconti Irap X 16 giugno N Versato I acconto imposte Banca x c/c 30 novembre N Versato II acconto imposte Acconti Ires X 30 novembre N Versato II acconto imposte Acconti Irap X 30 novembre N Versato II acconto imposte Banca x c/c …N Liquidati interessi bancari di periodo Erario c/ritenute X X X subite …N Liquidati interessi bancari di periodo Banca x c/c …N Liquidati interessi bancari di periodo Interessi X attivi X bancari Al 31 dicembre occorre rilevare le imposte di correnti. 31 dicembre N Liquidate imposte anno N Acconti Ires X 31 dicembre N Liquidate imposte anno N Acconti Irap X 31 dicembre N Liquidate imposte anno N Erario X c/ritenute subite 31 dicembre N Liquidate imposte anno N Ires corrente X 31 dicembre N Liquidate imposte anno N Irap corrente X Come si è già visto in precedenza, nel punto 22) del conto economico occorre indicare le imposte di competenza, che si suddividono in: Imposte correnti; Imposte differite; Imposte anticipate. Una volta effettuata la rilevazione delle imposte correnti, in presenza di variazioni temporanee tassabili, occorre contabilizzare le connesse imposte differite, nei casi già in precedenza indicati (si tenga conto degli importi contabilizzati relativi alla rateazione delle plusvalenze). 33 31 dicembre N 31 dicembre N Rilevate imposte differite Imposte di competenza differite Rilevate imposte differite Fondo di competenza differite 275 imposte 275 In ciascuno degli anni successivi nei quali si riverseranno le imposte differite, accantonate nell’anno di competenza, occorrerà stornare il fondo appositamente stanziato. 31 dicembre N+1 31 dicembre N+1 Storno fondo imposte Fondo imposte differite in reversal differite Storno Debiti tributari fondo imposte 55 55 differite in reversal Nel caso della rilevazione delle imposte anticipate occorre effettuare le seguenti scritture contabili (si tenga in considerazione l’esempio delle imposte anticipate derivanti dalle spese di manutenzione eccedenti la quota deducibile). 31 dicembre N Rilevazione imposte da pagare 31 dicembre N Imposte 275 correnti Rilevazione imposte da Debiti tributari 275 pagare 31 dicembre N Storno attività imposte anticipate per in reversal 31 dicembre N Attività per 275 imposte anticipate Storno attività imposte anticipate per in Imposte 275 anticipate reversal In ciascuno degli anni successivi nei quali si riverseranno i benefici derivanti dal recupero delle imposte anticipatamente corrisposte allo Stato, occorrerà stornare l’attività appositamente stanziata nello stato patrimoniale. 31 dicembre N+1 Rilevate imposte anticipate di competenza Attività per 55 imposte anticipate 31 N+1 dicembre Rilevate imposte differite Imposte di competenza anticipate 55 34 Aspetti relativi alla deduzione degli oneri accessori alle imposte Interessi passivi tributari In merito alla deducibilità degli interessi passivi tributari è sufficiente fare ricorso ai chiarimenti provenienti dalla stessa amministrazione finanziaria. R.M. n. 178/E del 9 novembre 2001 <<Ogni scelta di natura finanziaria è valutata in relazione al fabbisogno complessivo e alle risorse finanziarie generati dall’insieme delle funzioni aziendali, tenendo conto delle condizioni del mercato finanziario. In questa ottica, gli interessi passivi, quali oneri generati dalla funzione finanziaria, possono essere assimilati ad un costo generale dell’impresa, cioè ad un costo che non può essere specificamente riferito ad una particolare attività aziendale o ritenuto accessorio ad un particolare onere. Proprio sulla base di tali considerazioni può essere compresa la scelta del legislatore fiscale di assoggettare gli interessi passivi e le spese generali ai medesimi criteri di deducibilità… Con riferimento agli interessi passivi si osserva, inoltre, che l’articolo 63 del TUIR non pone alcun limite alla deducibilità degli interessi passivi in funzione dell’evento cui gli stessi sono collegati o della natura dell’onere cui essi sono accessori. Una conferma di ciò si ha anche nella relazione ministeriale illustrativa del TUIR, la quale, in relazione ad una fattispecie analoga a quella oggetto dell’interpello, afferma che “rientrano nell’accezione di interessi passivi anche le somme corrisposte a norma del decreto n. 602, - tra i quali, ad esempio, anche gli interessi per prolungata rateazione di somme iscritte a ruolo ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 - in quanto appare indubbia la loro natura di interessi passivi, ancorché accessori all’imposta.”>> Conformi: Cassazione, sentenze nn. 2440/1984 e 12990/2007. OSSERVA L’amministrazione finanziaria ha sostanzialmente rilevato quanto segue: gli interessi passivi sono legati al fabbisogno finanziario complessivo dell’impresa; gli interessi passivi non sono legati a specifiche operazioni; gli interessi passivi sono deducibili, anche se relativi alla rateazione o al pagamento differito delle imposte. Ovviamente, sono indeducibili gli interessi passivi espressamente disciplinati da una specifica disposizione di legge e resta salvo il disposto contenuto nell’art. 96 del tuir relativo al ROL. 35 Art. 66, comma 11, D.l. n. 331 del 30 agosto 1993 << Gli interessi di cui al comma 3 dell'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dal comma 10 del presente articolo, non sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi.>> Sanzioni tributarie Dalla disamina delle disposizioni contenute nei commi 4 e 4-bis dell’art.14 della L. 24 dicembre 1993, n. 537 si rileva la tassazione dei proventi illeciti e la indeducibilità di costi o di spese “riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato …”. La disposizione, palesemente, non esclude la deducibilità degli illeciti civili e amministrativi. Il nodo da sciogliere è costituito dalla portata della suddetta norma e, in assenza di diritto vivente, occorre riprendere i principi generali dell’ordinamento tributario applicabili al caso di specie. In merito, con un primo intervento in materia, l’a.f. ha ermeticamente affermato, nell’ambito dell’impresa, l’indeducibilità delle sanzioni pecuniarie irrogate dalla UE in quanto trattasi di oneri non inerenti l'attività d'impresa, essendo una conseguenza del comportamento illecito tenuto dal contribuente(9). In un successivo intervento, l’Amministrazione Finanziaria (10) ha maggiormente argomentato la propria posizione, richiamando alcune decisioni giurisprudenziali (11) e, pertanto, ha confermato nella sostanza l’orientamento originario, avallandolo ulteriormente richiamando la sentenza n. 7071/2000 della cassazione, secondo la quale, con riferimento al principio dell’inerenza, la "riscontrabilita' del ... rapporto di correlazione fra costo e reddito va senz'altro esclusa, in linea di principio, con riferimento a quei costi che siano rappresentati dal pagamento di sanzioni pecuniarie irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente". Proseguendo sempre in ordine cronologico, la legge finanziaria 2003 ha introdotto il comma 4-bis più sopra riportato12 e l’a.f. ha chiarito la propria posizione in merito, relativamente alla portata della disposizione più sopra citata, mediante la C.M. n. 42/E del 26 settembre 2005. In sostanza, con riguardo alle sanzioni civili e amministrative, l’a.f. non modifica la propria posizione, ritenendo che la novella riguarda solo gli illeciti 9 Cfr., C.M. 98/E del 17 maggio 2000, paragrafo 9.2.6. 10 Cfr., R.M. n. 89/E del 12 giugno 2001. Il medesimo orientamento è confermato per un libero professionista, nella C.M. n. 55/E del 20 giugno 2002, paragrafo n. 5. 11 Ved.: Commissione Tributaria Centrale, con decisione n. 1763 del 4 luglio 1983; stessa commissione, decisione n. 784 del 21 marzo 1994; Corte di Cassazione, sentenza n. 7071 del 29 maggio 2000. 12 Cfr., art. 14, comma 4-bis, L. 537/1993, cit., introdotto mediante art. 8, comma 2, L. n. 289 del 2002. 36 penali. Pertanto, in merito alle sanzioni civili ed amministrative, la regola generale dell’inerenza non consente la deduzione di dette spese, posto che “non è configurabile, infatti, neppure in via indiretta, alcun rapporto funzionale tra il costo stesso e i ricavi realizzati”(13). Infatti, secondo l’a.f., la mancanza dell’inerenza deriva altresì dalla considerazione che le sanzioni sono la conseguenza del comportamento illecito del soggetto e non costituiscono costi finalizzati alla produzione di proventi. In effetti detta argomentazione può apparire corretta sotto l’aspetto etico e scorretta sotto l’aspetto sistematico. Infatti, la nozione dell’inerenza utilizzata dall’a.f. nella circolare citata confligge con la nozione indicata dalla stessa a.f. nella R.M. del 28 ottobre 1998 n. 158/E, in base alla quale il concetto dell’inerenza “non e' piu' legato ai ricavi d'impresa, ma all'attivita' della stessa, con la conseguenza che si rendono deducibili tutti i costi relativi all'attivita' dell'impresa e riferentisi ad attivita' ed operazioni che concorrono a formare il relativo reddito.” Sicuramente, il caso concreto deve essere interpretato in base alle regole esistenti e non viceversa, in quanto le regole generali esistenti non si devono modellare in base al caso concreto. Sul solco segnato dal suddetto orientamento dell’A.f. si pone la decisione contenuta nella Sentenza della cassazione n. 7317/2003, in base alla quale “i costi rappresentati dal pagamento di sanzioni pecuniarie, irrogate per infrazioni alle norme sulla circolazione stradale … devono ritenersi indeducibili, dovendosi escludere senz'altro, in tal caso, il predetto rapporto di correlazione fra costo e reddito prodotto.” A prescindere dai chiarimenti dell’a.f., anche gli orientamenti della giurisprudenza della cassazione non appaiono coerenti, considerando le diverse nozioni fornite dalla Suprema corte in altre occasioni, avendo riguardo al principio dell’inerenza. In un altro caso la cassazione ha affermato che, premessa la genericità dell’oggettivo “inerente” usato dal legislatore, la fattispecie “postula un rapporto di intima relazione tra due cose o idee che si può verificare sia quando l’una sia lo strumento per realizzare l’altra sia quanto ne sia l’immediata derivazione”(14). Così, se una spesa è inerente anche se immediatamente conseguente ai proventi o all’attività professionale, e non solo se correlata anche indirettamente al reddito prodotto, cade il supporto argomentativo sul quale si fonda la indeducibilità delle sanzioni civili e amministrative, da parte dell’a.f. (15). 13 Cfr., C.M. n. 42/E/2005, cit. . 14 Cfr., Corte di Cassazione, Sentenza n. 2781 del 26 febbraio 2001, relativa alla inerenza dei contributi previdenziali versati dai notai. 15 Per completezza d’argomento c‘è da dire che l’a.f. ha contestato le argomentazioni della cassazione, con riferimento alla citata sentenza relativa ai contributi previdenziali corrisposti dai notai, riaffermando che l’inerenza presuppone “una connessione funzionale, anche indiretta, dei costi ed oneri sostenuti 37 Secondo la C.T.P. di Milano,16 l’inerenza costituisce una linea di demarcazione tra la sfera personale dell’imprenditore e la sfera gestionale dell’impresa. Pertanto, le sanzioni afflittive sono irrogate per punire il trasgressore, non potendo che gravare su di esso. Tra queste rientrano le sanzioni tributarie o le multe conseguenti ad infrazioni del codice della strada. Di contro, le sanzioni avente natura ripristinatoria, tra le quali rientrano le “sanzioni amministrative, che perseguono la finalità di ripristinare l'equilibrio economico violato per effetto di comportamenti ritenuti lesivi della libera concorrenza”,(17) sono inerenti, in quanto costituiscono una diretta conseguenza delle scelte imprenditoriali e sono altresì calcolate in percentuale sul fatturato del soggetto trasgressore. Appare rilevante, nel caso di specie, la sentenza della cassazione n. 5050, del 3 marzo 2010. In sostanza la cassazione riprende l’aspetto etico più sopra citato, in base al quale le sanzioni civili e amministrative sono indeducibili. Cassazione, sentenza n. 5050, del 3 marzo 2010 <<… la sanzione conseguente alla violazione di un divieto da parte di un’impresa non deriva da un’attività connessa al corretto esercizio dell’impresa (così come avviene in caso di esborso da parte dio un imprenditore per evitare indagini fiscali:Cass.5796/2001), e non può pertanto qualificarsi come fattore produttivo, trattandosi di condotta non soltanto autonoma ed esterna rispetto alla normale vita della impresa, ma antitetica rispetto al corretto svolgimento di tale attività. Pretendere pertanto che l’entità di tale sanzione costituisca un “costo” deducibile dal “reddito” imprenditoriale significherebbe neutralizzare interamente la “ratio” punitiva della penalità, trasformandola in un risparmio d’imposta, cioè in un “premio” per le imprese che abbiano agito in violazione delle norme antitrust.>> Copyright© La Lente sul Fisco rispetto alla produzione dei compensi che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo” (cfr., R.M. 79/E/2002, cit.). 16 Ved. Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 370 del 4 aprile 2001, cit. 17 Ved. C.M. 89/E/2001, cit. . 38