Le Daily News
N. 16
del 24.04.2012
A cura di Ruggero Viviani
Le imposte e le tasse:
aspetti contabili, fiscali e riflessi in bilancio
Le imposte: l’Ires, l’Irap, l’Imu, i tributi indiretti, sono soggetti a determinate regole di
contabilizzazione e di deduzione fiscale. Occorre ricordare che, ai fini del bilancio, vale sempre il
principio generale della competenza economica, per effetto del quale necessita la correlazione
temporale tra i costi ed i ricavi per inserire un componente del reddito nel conto economico. Un primo
aspetto rilevante riguarda il meccanismo di tassazione del reddito d’impresa che, partendo dal reddito
di bilancio prevede delle variazioni che hanno l’obiettivo di determinare il reddito fiscale secondo le
regole proprie del tuir (art. 83, tuir). Infatti, alcuni costi sono totalmente o parzialmente indeducibili
dal reddito o sono deducibili in esercizi diversi rispetto a quello di competenza. La medesima cosa vale
per la rilevanza fiscale dei componenti positivi del reddito. Pertanto, le suddette variazioni possono
essere: (i) permanenti; (ii) temporanee. La variazione temporanea, relativa ad un componente del
reddito d’impresa, genera un disallineamento tra le imposte effettivamente dovute nell’esercizio
considerato e le imposte effettivamente pagate. Detto disallineamento genera le poste contabili
relative alle imposte differite. Un secondo aspetto riguarda le eccezioni al criterio della competenza
stabilito, appunto, ai fini fiscali, dall’art. 109 del tuir. Con riguardo alle imposte ed alle tasse iscritte in
bilancio, ai fini tributari, l’art. 99, comma 1 del tuir, prevede l’indeducibilità delle imposte sui redditi e
delle imposte per le quali è prevista la rivalsa e la deduzione per cassa degli altri tributi. Il presente
lavoro si pone l’obiettivo di esaminare la deduzione delle imposte e delle tasse ai fini del
reddito fiscale delle imprese e gli effetti sul bilancio civilistico derivanti: (i) dalle regole che
riguardano la deduzione dei tributi; (ii) dalle regole che, ai fini del bilancio, generano i suddetti
1
disallineamenti temporanei dovuti alle differenti annualità in cui i componenti del reddito vengono
imputati nel bilancio civilistico e nel reddito fiscale.
Le imposte ed il
bilancio
Sulla base della premessa effettuata va rilevato che l’art. 2424 (“Contenuto dello stato
patrimoniale”), l’art. 2425 (“Contenuto del conto economico”) e l’art. 2427 (“Contenuto
della nota integrativa”) c.c., stabiliscono le seguenti indicazioni, in bilancio,
relativamente alle imposte:
 Attivo Stato patrimoniale.

C.II.4-bis). “Crediti tributari”;

C.II.4-ter). “Imposte anticipate” (imposte anticipate attive).
 Passivo Stato patrimoniale.



B.2. “Fondi per rischi e oneri: per imposte, anche differite”.

D.12) “Debiti tributari”.
Conto economico.

B.14. “Oneri diversi di gestione”.

Voce 22. “Imposte sul reddito d’esercizio, correnti differite e anticipate”.
Nota integrativa.

Punto 14): “un apposito prospetto contenente:
a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la
rilevazione di imposte differite e anticipate, specificando l’aliquota applicata e
le variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli importi accreditati o
addebitati a conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse dal
computo e le relative motivazioni;
b) l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a
perdite dell’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione,
l’ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata
iscrizione …”.
Deduzione delle
imposte e delle
tasse
Articolo 99, comma 1, tuir
<<Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa,
non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui
avviene il pagamento.>>
2
Dalla lettura della disposizione più sopra riportata si può evincere quanto segue:
 le imposte sui redditi (Irpef e Ires) sono indeducibili dal reddito
d’impresa;
 le imposte per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, sono
indeducibili (Iva);
 le altre imposte sono deducibili per cassa.
Sono, pertanto, deducibili per cassa le seguenti imposte e tasse:
 tassa di concessione governativa;
 imposta di registro;
 imposta di bollo;
 diritti camerali;
 imposta ipotecaria;
 imposta catastale;
 imposta sulla pubblicità;
 tassa sui rifiuti;
 Iva indetraibile;
 Irap (limitatamente e secondo le modalità di cui si dirà più avanti);
 ecc. …
La disposizione che disciplina la deduzione per cassa degli oneri fiscali costituisce
un’eccezione alla regola generale della tassazione per competenza del reddito d’impresa,
disciplinata dall’art. 109, comma 4, tuir (1).
Contabilizzazione
dell’Iva
indetraibile
Con riguardo all’Iva indetraibile, come chiarisce l’OIC n. 12, documento interpretativo
n. 1, il tributo deve essere in genere portato in aumento del costo del bene o
del servizio acquistato. La separata indicazione dell’imposta viene specificamente
effettuata nella voce residuale (B.14 del conto economico), solo nel caso in cui non sia
possibile portarla in aumento del costo del bene o del servizio acquistato (ad es.: prorata).
1 Si riporta di seguito il disposto contenuto nell’art. 109, comma 4, tuir:
<<Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non
risultano imputati al conto economico relativo all'esercizio di competenza. Si considerano imputati a
conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi
contabili internazionali. Sono tuttavia deducibili:
a) quelli imputati al conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in
conformità alle precedenti norme della presente sezione che dispongono o consentono il rinvio;
b) quelli che pur non essendo imputabili al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge.
Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando
imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella
misura in cui risultano da elementi certi e precisi.>>
3
Risoluzione n. 869 del 19 gennaio 1980
<<
…
le
ipotesi
di
indeducibilità
dell'IVA
…
vanno
considerate
distintamente:
a) Indeducibilità istituzionale, totale o parziale - In questi casi l'IVA non
recuperabile è, per effetto della legge medesima, riferibile ad una specifica
operazione di acquisto e, pertanto, deve integrarne il costo originario, con la
conseguenza - in base alla natura dell'oggetto dell'operazione – che:
 sarà patrimonializzata per i "beni strumentali";
 influenzerà le valutazioni di magazzino per le "merci", secondo la normativa
dell'art. 62 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597;
 sarà deducibile integralmente o in misura proporzionale ai sensi degli artt. 58
e 61 del richiamato D.P.R. n. 597 per le spese generali e i servizi.>>
L’amministrazione finanziaria ha chiarito, mediante la risoluzione n. 869 del 19
gennaio 1980 che, in linea generale, l’iva indetraibile relativa all’acquisto di beni e di
servizi deve essere patrimonializzata, nel caso dei beni strumentali, ovvero influenza il
valore del magazzino nel caso delle merci. Pertanto, l’iva indetraibile viene a perdere
la sua natura di onere tributario, divenendo parte del costo al quale si riferisce
uscendo, di conseguenza, in maniera definitiva dall’ambito delineato dall’art. 99 del
tuir, che disciplina la deducibilità – per cassa – degli oneri tributari
C.M. n. 136 del 5 luglio 2000
<<… si ritiene che le imposte in oggetto, per effetto della specifica
traslazione economica sui corrispettivi degli atti singolarmente riconoscibili
come di competenza dell'esercizio, perdano la loro generica natura di oneri
tributari privi di connessione diretta con l'attività d'impresa, e debbano,
come oneri direttamente collegati ai ricavi, essere dedotti per competenza
secondo gli ordinari criteri.>>
La stessa modalità d’imputazione e di deduzione dell’iva indetraibile, ai fini
delle imposte sui redditi, vale per la fattispecie della indetraibilità integrale
dell’Iva ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 633/1972, in presenza di operazioni
esenti.
Nel caso in cui, di contro, l’iva risulti parzialmente indetraibile, per effetto di una
percentuale di indetraibilità inferiore al 100 per cento, l’Iva diviene costo generale
dell’impresa, imputabile nella voce B14 del conto economico.
4
Il caso: l’Iva e le
prestazioni
alberghiere
E’ noto che l’art. 83, commi 28-bis e 28-ter, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito
con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, modificando l’art. 19-bis1, comma
1, lett. e), del d.P.R. n. 633 del 1972, ha eliminato, con effetto dal 1° settembre
2008, la previsione di indetraibilità oggettiva disposta per le prestazioni
alberghiere e di ristorazione. Ne consegue che, ad oggi, le spese alberghiere
inerenti l’attività d’impresa, documentate dalla fattura, conferiscono al contribuente il
diritto alla detrazione dell’Iva.
Può accadere che il contribuente, per eccessiva onerosità amministrativa e contabile
dell’operazione, decida di non richiedere la fattura con la conseguenza che l’emissione
dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale non conferiscono alcun diritto di detrazione
del tributo. L’amministrazione finanziaria, in merito, ha ribadito la portata della
disposizione contenuta nell’art. 99, comma 1 del tuir, di seguito indicata: <<Le
imposte … per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono
ammesse in deduzione>> (C.M. n. 6/E del 3 marzo 2009). Di conseguenza, secondo
l’amministrazione finanziaria, in una prima interpretazione della norma, ha chiarito che
non è deducibile l’Iva non detratta per una precisa volontà dell’imprenditore che non ha
chiesto l’emissione della fattura a fronte di una prestazione alberghiera.
C.M. n. 6/E, del 3 marzo 2009 e R.M. n. 84/E, del 31 marzo 2009
“… la mancata richiesta della fattura non può avere riflessi ai fini della
determinazione del reddito atteso che in tale ipotesi l’indetraibilità dell’IVA
non deriverebbe da cause oggettive che precludono l’esercizio del relativo
diritto, bensì da una valutazione discrezionale del contribuente”.
In merito, si è espresso l’IRCDCEC, attraverso la Circolare n. 9/IR del 27 aprile
2009. L’organismo contabile citato afferma che l’orientamento dell’amministrazione
finanziaria non può essere condiviso, in quanto questa, per effetto di un’interpretazione
estensiva della disciplina dell’inerenza, introduce un principio generale di <<”stretta”
inerenza>> che ricomprende i costi inevitabili. Principio assente nell’ordinamento
tributario.
Di contro, nel caso in cui l’impresa documenta legittimamente una spesa alberghiera per
effetto di una ricevuta fiscale o di uno scontrino fiscale, dovrebbe poter dedurre –
altrettanto legittimamente – secondo l’IRCDCEC, anche il costo relativo all’Iva
volontariamente non detratta per effetto delle ragioni di seguito sintetizzate.
5
Diritto alla deduzione dell’iva non detratta sulle spese alberghiere (Cir. n.
9/IR/2009)
In effetti, la documentazione giustificativa emessa ai fini Iva richiede maggiori formalità
ed informazioni rispetto alla documentazione giustificativa richiesta ai fini delle imposte
dirette.
Si sintetizzano di seguito i chiarimenti contenuti nella C.M. n. 97/E del 4 aprile 1997,
par. 4.2, ed applicabili, secondo l’IRCDCEC, nel caso di specie.
In merito allo scontrino fiscale:
 il registratore di cassa deve essere opportunamente adattato per la funzione
connessa con la deduzione delle spese in capo al cliente;
 la documentazione delle spese, eventualmente deducibili, mediante lo scontrino
fiscale integrato, costituisce una facoltà per il soggetto destinatario dello scontrino
medesimo;
 lo scontrino fiscale deve contenere
la specificazione degli elementi attinenti alla
natura, alla qualità e alla quantità dell'operazione e l'indicazione del numero di
codice fiscale dell'acquirente o del committente;
 debbono considerarsi illegittime eventuali integrazioni manuali o tramite timbri, da
chiunque apposte.
In merito alla ricevuta fiscale:
 la ricevuta fiscale può avere analoga funzione di giustificazione delle spese ai fini
delle imposte sui redditi, se integrata, a cura del soggetto emittente, con i dati
identificativi del cliente;
 la ricevuta fiscale deve contenere la ditta, la denominazione, la ragione sociale, la
residenza o domicilio del soggetto acquirente o committente ovvero, il nome e
cognome se non si tratti di imprese, società o enti;
6
 per la validità della documentazione ai fini fiscali, può essere sufficiente l'indicazione
del codice fiscale del cliente.
C.M. n. 25/E del 19 maggio 2010
<<L’imprenditore e il professionista, infatti, possono decidere di non
richiedere le fatture relative alle prestazioni alberghiere e di ristorazione –
sempreché non costituiscano oggetto dell’attività propria dell’impresa – e, quindi, di
non detrarre l’IVA assolta sulle stesse, nel caso in cui i costi da sostenere
per eseguire gli adempimenti IVA connessi alle fatture siano superiori al
vantaggio economico costituito dall’importo dell’IVA detraibile
In tal caso, posto che la scelta dell’operatore si prospetta come la soluzione
economicamente più vantaggiosa, si può riconoscere all’IVA non detratta per
mancanza della fattura la natura di “costo inerente” all’attività esercitata e, pertanto,
la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi.>>
Pertanto, la motivazione della eccessiva onerosità amministrativa connessa con la
detrazione
dell’Iva,
rappresenta
un’eccezione
al
principio
già
chiarito
dall’amministrazione finanziaria nella precedente C.M. n. 6/E/2009, secondo il quale la
mancata richiesta della fattura comporta l’indeducibilità dell’Iva non detratta.
Così, nel caso di specie, l’iva indetraibile trasla nell’ambito dei costi accessori relativi ai
servizi di ristorazione, deducibili nella misura del 75 per cento, secondo le disposizioni a
tutt’oggi vigenti contenute nell’art. 109, comma 5, del TUIR, come modificato dall’art.
83, comma 28-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008.2
Deduzione
dell’Iva non
detratta sulle
prestazioni
alberghiere:
riepilogo
Deduzione dell’Iva non detratta sulle prestazioni alberghiere: riepilogo
Si riepiloga pertanto quanto si è più sopra detto:
1. in un primo momento l’amministrazione finanziaria ha sostenuto la totale
indeducibilità, ai fini delle imposte dirette, dell’Iva pagata e non detratta dovuta
alle prestazioni alberghiere documentate mediante scontrini o ricevute fiscali (C.M.
n. 6/E/2009);
2 Si riporta di seguito la disposizione contenuta nell’art. 109, comma 5, tuir:
<<Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali,
contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da
cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in
quanto esclusi…. Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, le spese relative a prestazioni
alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell'articolo
95, sono deducibili nella misura del 75 per cento.>>
7
2. l’IRCDCEC ha sostenuto successivamente che l’Iva di che trattasi diviene senz’altro
indetraibile, ai fini di legge, quando decorrono i termini previsti dal decreto iva per
detrarre l’Iva sugli acquisti, e pertanto diviene un costo, in maniera certa ed
oggettiva, allo spirare del diritto di credito, alla stregua di una sopravvenienza
passiva (Circolare n. 9/IR/2009);
3. l’amministrazione finanziaria ha rivisitato la fattispecie chiarendo che l’eccessiva
onerosità amministrativa legata alla detrazione dell’Iva rappresenta
l’unica
eccezione per la quale il contribuente può omettere di detrarre l’Iva sulle spese
alberghiere e di dedurre, contestualmente, l’Iva indetraibile connessa (C.M. n.
25/E/2010)
La deduzione
dell’Irap
Alla generale dicotomia più sopra riportata, caratterizzata da una parte dall’esistenza di
tributi interamente deducibili per cassa e dall’altra parte di tributi completamente
indeducibili, occorre aggiungere l’ulteriore disciplina specificamente concernente la
deduzione dell’Irap, ai fini delle imposte sui redditi (3).
Art. 6, comma 1, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito
con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2
"A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, è ammesso in
deduzione ai sensi dell'articolo 99 del testo unico delle imposte sui redditi (...) un
importo pari al 10 per cento dell'imposta regionale sulle attività produttive
determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre
1997 n. 446, forfetariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota
imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi
attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e
assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera
a), 1-bis), 4-bis), 4-bis).1 del decreto legislativo n. 446 del 1997."
Si riporta un significativo passaggio contenuto nella C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009.
C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009
<<La deduzione forfetaria, pari al 10 per cento dell'IRAP versata, può essere fatta
valere in sede di determinazione del reddito a condizione che alla formazione del
valore della produzione imponibile abbiano concorso spese per lavoro dipendente
oppure interessi passivi non ammessi in deduzione nella determinazione della base
3 Si è peraltro già esaminata la fattispecie della detrazione parziale dell’Iva generata per effetto del
pro-rata.
8
imponibile Irap. La deduzione spetta alla predetta condizione e prescinde,
dunque,
dall'ammontare complessivamente sostenuto per oneri
del
personale o interessi passivi. Resta inteso che il sostenimento dei costi
relativi al personale dipendente o agli interessi passivi deve rispondere a
criteri di inerenza, ragionevolezza ed economicità e risultare coerente con
gli obiettivi di politica aziendale perseguiti. In relazione, in particolare, ad
operazioni che abbiano dato luogo ad interessi passivi saranno attivati opportuni
controlli al fine di verificarne le valide ragioni economiche e l'inerenza all'attività
esercitata. Inoltre, per i soggetti obbligati alla redazione del bilancio di esercizio i
medesimi costi devono essere individuati secondo corretti principi contabili.>>
In sostanza l’Irap è deducibile ai fini Ires ed Irpef, alle seguenti condizioni:
 l’ammontare della deduzione è pari al 10 per cento dell’imposta sostenuta nel
periodo d’imposta;
 si deve tener conto dell’imposta effettivamente pagata nel corso dell’anno, per
effetto del principio di deducibilità generale degli oneri tributari, sancito dall’art. 99,
comma 1, tuir (principio di cassa);
 occorre che il valore della produzione imponibile sia movimentato da spese per
lavoro dipendente o, comunque, l’impresa abbia sostenuto interessi passivi non
ammessi in deduzione, ai fini Irap, a prescindere dall’entità degli importi;
 i costi relativi al personale dipendente o assimilato e gli oneri finanziari devono
essere congrui, sotto l’aspetto economico (<<Resta inteso che il sostenimento dei
costi relativi al personale dipendente o agli interessi passivi deve rispondere a criteri
di inerenza, ragionevolezza ed economicità e risultare coerente con gli obiettivi di
politica aziendale perseguiti>>).4
Si riprenda l’esempio contenuto nella C.M. n. 16/E/2009, cit.
Irap versata nel corso del periodo d'imposta N: 2.000
IRAP relativa al saldo N – 1: 400
IRAP acconto N: 1.600
Se le condizioni relative ai costi del personale ed agli oneri finanziari risultano
soddisfatte sia nell’anno N che nell’anno N – 1, l’Irap deducibile è calcolata come
segue:
2.000 x 10/100 = 200
Nel caso in cui i lavoratori dipendenti siano presenti solo nell’esercizio N, l’Irap
4 Cfr., C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009.
9
risulterà deducibile solo per quest’ultimo periodo d’imposta e non per quello
precedente.
Pertanto, l’Irap deducibile è pari a euro 160 (1600 x 10/100).
Un altro nodo connesso con la deduzione dell’Irap è rappresentato dalla modalità di
quantificazione dell’imposta pagata nell’anno, deducibile per cassa. Infatti, il saldo del
periodo precedente rappresenta un pagamento interamente dovuto, effettuato a
posteriori rispetto alla liquidazione dell’imposta, in sede di redazione del modello unico
e, pertanto, questo rientra integralmente nella base di calcolo del 10 per cento.
Differente è il caso dell’acconto versato nel corso del periodo d’imposta, in quanto
questo è versato a titolo provvisorio e può essere, alternativamente insufficiente per
saldare l’imposta dovuta per il periodo considerato ovvero può risultare eccedente in
quanto, a posteriori, è possibile che si riscontri un credito irap proveniente dalla
dichiarazione.
Di conseguenza, con riguardo all’acconto versato, l’importo di cui tener conto per il
calcolo della deduzione ai fini delle imposte dirette, non è rappresentato dall’importo
complessivamente versato a tale titolo quanto, piuttosto, dall’importo versato
effettivamente dovuto.
C.M. n. 16/E, del 14 aprile 2009
<<In altri termini, l'IRAP versata in acconto potrà partecipare al calcolo
dell'importo deducibile, solo se e nei limiti in cui rifletta l'imposta
effettivamente dovuta per il periodo di imposta di riferimento.
Invero, tale criterio va integrato per tener conto della circostanza che la quota di
acconto versata in eccesso rispetto all'IRAP dovuta quale risulta dalla
liquidazione definitiva del debito di periodo, non può essere computata nel
calcolo della deduzione, in quanto - non risultando definitivamente dovuta costituisce credito dell'esercizio medesimo.>>
Riprendendo l’esempio considerato, se si concretizza la seguente situazione:
Acconti versati anno N – 1: 1.600;
Imposta dovuta anno N – 1: 1.000,
la base di calcolo per la quantificazione dell’Irap deducibile è pari a 1.000.
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Così:
1.000 x 10/100 = 100 (Irap deducibile).
Versamenti Irap deducibili dalle imposte dirette
Le variazioni
fiscali
La tassazione del reddito d’impresa si fonda sul principio per il quale il passaggio dal
reddito di bilancio al reddito fiscale si determina tenendo conto delle variazioni in
aumento ed in diminuzione da apportare in sede di dichiarazione dei redditi, rispetto al
bilancio, conseguentemente alle diverse regole che disciplinano la determinazione del
reddito di bilancio rispetto al reddito fiscale.
La disposizione di fondo sulla quale si basa il passaggio dal risultato civilistico al risultato
fiscale è contenuta nell’art. 83 del tuir.
Art. 83, comma 1, tuir
<<1. Il reddito complessivo à determinato apportando all'utile o alla
perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel
periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti
all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della
presente sezione …>>
Da caso a caso e per diversi motivi, i costi, i ricavi ed i proventi rappresentati in bilancio
possono differire dalle regole di deduzione o di tassazione previste dal tuir, dando luogo
a disallineamenti permanenti, quando dette differenze sono destinate a non riconciliarsi
mai più nel tempo o a disallineamenti temporanei, in caso contrario.
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Tipologie di variazioni fiscali relative al passaggio dal reddito civilistico al
reddito fiscale
Le variazioni
permanenti
Quando la norma fiscale e la norma civile individuano, relativamente ad una medesima
posta di bilancio, criteri per una valutazione definitivamente diversa (ad es., le spese per
i telefoni cellulari, per le autovetture, ecc …), si realizza un’equivalenza tra le imposte
dovute in base alla dichiarazione dei redditi e le imposte di competenza indicate in
bilancio. Pertanto, le variazioni permanenti sono rappresentate dalle differenze
civilistiche e fiscali che non sono destinate a riassorbirsi nel tempo.
Così, con riguardo ai costi, le variazioni permanenti si riferiscono a tutti quei casi in cui
la normativa fiscale ha fissato precisi limiti di deduzione.
Costituiscono variazioni permanenti, a mero titolo esemplificativo:
 i costi relativi agli autoveicoli, ciclomotori, motocicli, eccedenti la quota deducibile, ai
sensi dell’art. 164 del tuir;
 i costi e gli oneri relativi alla telefonia fissa e mobile, ai sensi dell’art. 102, comma 9
del tuir;
 le imposte dirette, le imposte indirette per le quali è prevista la rivalsa ai sensi
dell’art. 99, tuir;
 l’irap per la parte eccedente il 10 per cento per le imprese che sostengono oneri per
il personale dipendente ed oneri finanziari, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del decreto
legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28
gennaio 2009, n. 2;
 le spese di vitto, ai sensi dell’art. 95, comma 3 del tuir;
 le spese di rappresentanza, eccedenti la quota deducibile, ai sensi dell’art. 108,
comma 2 del tuir;
 il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare, ai sensi
dell’art. 85, comma 2 del tuir;
 le perdite su crediti, nel caso in cui non risultino da elementi certi e precisi, ai sensi
dell’art. 101, comma 5 del tuir;
 i canoni di leasing, per i contratti stipulati al di sotto dei limiti fissati dall’art. 102,
comma 7 del tuir;
12
 i costi relativi a beni immobili non strumentali, ai sensi dell’art. 90, comma 2, del
tuir;
 le sopravvenienze attive relative alla cessione del contratto di leasing, nei casi in cui
il valore normale è superiore al prezzo di cessione, ai sensi dell’art. 88, comma 5,
tuir;
…
Le variazioni
temporanee
Si hanno variazioni temporanee quando le differenti valutazioni - civilistiche e fiscali
– generano disallineamenti temporanei, che danno luogo alle imposte differite, che si
annullano in uno o più esercizi successivi (ad es., la rateizzazione delle plusvalenze, il
pagamento dei compensi agli amministratori nell’esercizio successivo a quello di
competenza, …),.
Il principio contabile della competenza economica gioca un ruolo fondamentale con
riguardo all’obbligo dell’indicazione delle imposte differite nel bilancio. Se ne riporta la
definizione contenuta nel P.C. n. 1.
La competenza economica secondo il P.C. N.1
“L’effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed
attribuito all’esercizio al quale tali operazioni e tali eventi si riferiscono e non a quello
in cui si concretizzano i relativi … incassi e pagamenti (…).
I costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio (…) Tale correlazione si
realizza:
a) per associazione di causa ed effetto tra costi e ricavi.”
Pertanto, se un’impresa consegue utili di competenza in un dato esercizio, costituiti dalla
somma algebrica dei relativi costi, ricavi e proventi, questa dovrà tener conto anche
delle imposte di competenza gravanti su detti utili, nonostante il fatto che la norma
tributaria preveda un pagamento d’imposte posticipato
o
anticipato,
rispetto
all’imputazione temporale dei suddetti costi e proventi.
Come si è già detto in precedenza, le differenze temporanee si caratterizzano per la
provvisorietà del disallineamento dei valori civili e fiscali che tendono a riassorbirsi nel
tempo. Molto semplicemente, come chiarisce l’OIC n. 25, <<si tratta di ricavi e costi o di
parte di essi che concorrono a formare il reddito fiscale in un periodo d'imposta diverso
da quello nel quale concorrono a formare il risultato civilistico>>.5
5 Cfr., OIC n. 25, par. G.
13
Inoltre, le variazioni temporanee si suddividono, a loro volta, in:
Le differenze temporanee
Le differenze
temporanee
tassabili
Come si è indicato nello schema più sopra rappresentato, le differenze temporanee
tassabili sono caratterizzate per il segno positivo e riguardano operazioni che
si renderanno imponibili in esercizi successivi a quello dell’imputazione in
bilancio, in base al criterio della competenza economica.
Costituiscono operazioni che generano differenze temporanee tassabili:
 la rateizzazione delle plusvalenze, ai sensi dell’art. 86 del tuir;
 la rateizzazione delle indennità assicurative, ai sensi dell’art. 88, comma 2 del tuir;
 la rateizzazione dei contributi tassabili per cassa, ai sensi dell’art. 88, comma 3, lett.
b), del tuir;
 la deduzione dei costi sostenuti per l’acquisto di beni di valore inferiore a 516,46
eur, ai sensi dell’art. 102, comma 5 del tuir;
 le maggiorazioni contrattuali, ai sensi dell’art. 93, comma 2 del tuir;
 gli interessi attivi di mora, ai sensi dell’art. 109, comma 7 del tuir.
Le operazioni che generano differenze temporanee tassabili si caratterizzano per il fatto
che queste generano, a loro volta, passività per imposte differite.
Il Caso
Uno dei casi più frequenti, relativi alla rilevazione contabile delle differenze temporanee
tassabili, è costituito dalla rateizzazione delle plusvalenze connesse con il
realizzo di immobilizzazioni e delle aziende, ai sensi dell’art. 86 del tuir.
Art. 86, comma 4, tuir
<< Le plusvalenze realizzate, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87,
determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito, per l'intero
14
ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono
stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le
società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti
nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La predetta scelta
deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la
plusvalenza concorre a formare il reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui è
stata realizzata. Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da
quelle di cui al successivo articolo 87, le disposizioni dei periodi precedenti si
applicano per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per
primi i beni acquisiti in data più recente.>>
Si riporta di seguito una tabella nella quale vengono indicati gli effetti in bilancio
connessi con la tassazione di una plusvalenza generata dalla cessione di un
bene strumentale, nelle diverse ipotesi di seguito indicate:
 tassazione della plusvalenza interamente effettuata nell’esercizio di
competenza;
 tassazione
della
plusvalenza
beneficiando
della
facoltà
della
rateizzazione, con rilevazione in bilancio delle connesse imposte differite;
 tassazione
della
plusvalenza
beneficiando
della
facoltà
della
rateizzazione, senza rilevazione in bilancio delle connesse imposte
differite (comportamento contabilmente non corretto).
1. TASSAZIONE
2. RATEIZZAZIONE
3. RATEIZZAZIONE
NELL’ESERCIZIO DELLA
PLUSVALENZA CON
SENZA RILEVAZIONE
REALIZZAZIONE
RILEVAZIONE DELLE
DELLE IMPOSTE
IMPOSTE DIFFERITE
DIFFERITE
(COMPORTAMENTO
SCORRETTO)
Plusvalenza
Reddito
1.000,00
bilancio
Plusvalenza
Plusvalenza
1.000,00
1.000,00
Reddito bilancio
1.000,00
1.000,00
Reddito
Lordo
1.000,00
Reddito fiscale
lordo
Ires (27,50%)
Reddito fiscale
Ires, (27,50%)
1.000,00
(
Reddito
bilancio
fiscale
lordo
200,00
Reddito bilancio
da pagare
(1.000*1/5)
Netto
Reddito
bilancio
(
55,00)
da pagare
275,00)
Ires
200,00
945,00
(27,50%)
(55,00)
725,00
da pagare
Netto
Differenza
temporanea
800,00
15
Ires
(27,50%)
(220,00)
differita
Reddito
bilancio
725,00
Netto
OSSERVA
Appare evidente che l’utilizzo delle imposte differite annulla l’effetto
finanziario relativo alle imposte gravanti su un dato elemento del reddito,
riportando la valorizzazione del risultato economico di bilancio nell’ambito
del principio della competenza economica.
La colonna n. 3, evidenzia gli effetti della mancata iscrizione delle imposte differite,
nel caso della rateizzazione della plusvalenza, che comporta una sensibile variazione
del risultato economico, nel caso di specie.
Appare evidente che la contabilizzazione delle imposte differite – colonna n. 2 esclude che la scelta di rateizzare fiscalmente la plusvalenza possa incidere sul
risultato economico – determinato in base al principio della competenza -, lasciando
che la scelta si rifletta soltanto nell’ambito patrimoniale e finanziario.
In effetti, ponendo un capitale proprio pari a 10.000, è possibile rilevare l’incidenza
del diverso carico fiscale sul risultato economico, nelle ipotesi della contabilizzazione
delle imposte differite (ipotesi corretta) e nella diversa ipotesi della omissione di detta
contabilizzazione, attraverso la determinazione del ROE, nella tabella che segue.
ROE, NELL’IPOTESI DELLA CORRETTA
ROE, NELL’IPOTESI DELLA OMESSA
CONTABILIZZAZIONE DELLE IMPOSTE
ONTABILIZZAZIONE DELLE
DIFFERITE
IMPOSTE DIFFERITE
Un/Cp*100 = 6,275%
Un/Cp*100 = 9,255%
Un = Utile netto di bilancio
Cp = Capitale di proprietà
Altri aspetti
delle imposte
differite
L’aliquota che misura le imposte differite
è calcolata
tenendo
conto
dell’aliquota in vigore al momento del riversamento della differenza temporanea.
16
Si ricorda che la tassazione differita riguarda, in linea generale, solo l’Ires,
posto che per i soggetti Ires la base imponibile Irap è costituita da valori
direttamente derivati dal bilancio civilistico (principio di derivazione), in assenza
di variazioni fiscali.
Costituiscono eccezioni, in merito:
 la deduzione dell’ammortamento dell’avviamento;
 la deduzione dell’ammortamento del marchio.
Art. 5, comma 3, ultimo periodo, D.lgs. 446/1997
<<Sono comunque ammesse in deduzione quote di ammortamento del costo
sostenuto per l'acquisizione di marchi d'impresa e a titolo di avviamento in misura
non superiore a un diciottesimo del costo indipendentemente dall'imputazione al
conto economico.>>
Appare evidente che per le poste indicate nell’art. 5, comma 3, ultimo periodo, del D.lgs.
n. 446/1997, la modalità di calcolo delle quote annue di ammortamento dell’avviamento
e del marchio, ai fini dell’Irap, si staccano dalle regole generali previste ai fini del tributo
(principio di derivazione dal bilancio), seguendo le regole specificamente previste dal
tuir. Ne consegue che, nel caso di specie, la tassazione differita deve tener conto sia
dell’Ires che dell’Irap.
Le differenze
temporanee
deducibili
Le differenze temporanee deducibili si caratterizzano per il fatto che queste
generano importi imponibili nell’esercizio in cui si rilevano in bilancio, che
divengono poi deducibili negli esercizi successivi.
Hanno segno negativo e generano attività per imposte anticipate.
Le fattispecie che si caratterizzano per il pagamento anticipato delle imposte, rispetto
all’esercizio di competenza, danno luogo, appunto, alle imposte anticipate. L’iscrizione
delle attività di che trattasi è subordinata al principio della prudenza (art. 2423-bis, n. 1,
c.c.), secondo il quale, nel dubbio, occorre inserire in bilancio il più basso tra due valori
presi in considerazione, allo scopo di non annacquare il capitale dell’impresa.Ne discerne
che le maggiori attività relative alle imposte anticipate devono essere iscritte solamente
se sussiste, negli anni successivi, una “ragionevole certezza”6 di recuperare il credito
iscritto con debiti tributari futuri, connessi al realizzo di altrettanti futuri redditi
imponibili.
6 Così si esprime il P.c. n. 25, relativamente alla contabilizzazione delle imposte anticipate.
17
Il caso
Si ipotizzi che, nell’esercizio “N”, una impresa rilevi una eccedenza temporaneamente
indeducibile, per effetto delle spese di manutenzione sostenute, per l’importo di 1.000,
da rateizzare, per quote costanti, nei cinque esercizi successivi – art. 102, comma 6,
tuir-.
Art. 102, comma 6, tuir
<<Le
spese
di
manutenzione,
riparazione,
ammodernamento
e
trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del
costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per
cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale
risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili; per le
imprese di nuova costituzione il limite percentuale si calcola, per il primo
esercizio, sul costo complessivo quale risulta alla fine dell'esercizio; per i
beni ceduti, nonché per quelli acquisiti nel corso dell'esercizio, compresi
quelli costruiti o fatti costruire, la deduzione spetta in proporzione alla
durata del possesso ed è commisurata, per il cessionario, al costo di
acquisizione. L'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque
esercizi successivi. Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, diversi criteri e modalità di
deduzione. Resta ferma la deducibilità nell'esercizio di competenza dei compensi
periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del
cui costo non si tiene conto nella determinazione del limite percentuale sopra
indicato.>>
Si riporta di seguito una tabella che indica il riassorbimento dell’imposta
anticipata negli esercizi successivi a quello in cui vengono contabilizzate le
spese di manutenzione di competenza.
Si tenga conto che l’ammontare complessivo delle imposte anticipate nell’anno
N è pari a 275 (1.000 x 27,50/100).
ANNO
RATA
PERCENTUALE
IMPOSTE
IMPOSTE
ANTICIPATE
N+1
200
27,50%
55,00
N+2
200
27,50%
55,00
N+3
200
27,50%
55,00
N+4
200
27,50%
55,00
N+5
200
27,50%
55,00
Totali
1.000
/
275,00
18
Si tenga conto delle ulteriori seguenti ipotesi.
DATI CONTABILI E FISCALI ANNO N
Reddito lordo di bilancio
0,00
Variazioni in aumento (spese di manutenzione)
1.000,00
Imposte correnti (27,50%)
275,00
Imposte di competenza
0,00
Non sussistono imposte di competenza nell’anno N, posto che il reddito di bilancio è pari
a zero e l’unico motivo di tassazione è dovuto alla variazione temporanea in aumento,
per effetto delle spese di manutenzione, momentaneamente indeducibili. Pertanto, sotto
l’aspetto del bilancio, non si tratta di costi, bensì si tratta di attività patrimoniali dovute
ad imposte corrisposte anticipatamente dall’impresa allo Stato, da recuperarsi nei cinque
anni successivi, per mezzo delle connesse variazioni in diminuzione del reddito
d’esercizio.
Si riportano di seguito le relative scritture contabili.
Imposte correnti
275,00
Debiti tributari
Crediti
per
275,00
imposte
275,00
anticipate
Imposte anticipate
275,00
Si riportano di seguito gli stralci del bilancio interessati dall’operazione.
CONTO ECONOMICO ANNO N
22) Imposte sul reddito dell’esercizio
Imposte correnti
Imposte anticipate
275,00
(275,00)
Totale imposte di competenza
0
STATO PATRIMONIALE
Attivo
C.II.4-ter)
anticipate
Passivo
imposte
275,00
D12)
Debiti
275,00
tributari
19
Le imposte
anticipate
connesse con le
perdite fiscali
La disciplina fiscale delle perdite è stata oggetto di recente modifica.
Art. 84, tuir
<<1. La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme
valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione
del reddito dei periodi d'imposta successivi in misura non superiore
all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero
importo che trova capienza in tale ammontare. Per i soggetti che fruiscono di
un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede
l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti. La
perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta diversi da quelli di cui all' articolo
87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai
sensi dell' articolo 109, comma 5. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in
diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l'imposta corrispondente al
reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla
fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all'articolo
80.
2. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di
costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in
diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi entro
il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che
trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che si
riferiscano ad una nuova attività produttiva.
3. Le disposizioni del comma 1 non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle
partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta
le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo
e, inoltre, venga modificata l'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta
in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se
interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento od
acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori. La limitazione non si applica
qualora:
a) (lettera abrogata);
b) le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di
trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per
le quali dal conto economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento
risultino un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, e un ammontare
delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo
2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli
ultimi due esercizi anteriori.>>
20
In sostanza, secondo le disposizioni appena sopra riportate, le perdite fiscali conseguite
nell’ambito dell’attività d’impresa, possono essere suddivise in due categorie:
 perdite conseguite nei primi tre periodi d’imposta;
 perdite conseguite successivamente.
Le perdite conseguite nei primi tre periodi d’imposta sono illimitatamente riportabili e
possono abbattere senza alcun limite il reddito prodotto dalla società negli esercizi
successivi.
Le perdite conseguite successivamente ai primi tre periodi d’imposta sono assoggettate
alla limitazione prevista dalla norma consistente, adesso, nella deduzione dell’80 per
cento del reddito di periodo.
Non vi sono più limiti temporali posti dalla legge per il riporto delle perdite fiscali.
OSSERVA
Una volta eliminato dal Legislatore il limite quinquennale della riportabilità delle
perdite conseguite oltre il periodo di start-up dell’impresa, la differente disciplina delle
perdite fiscali si caratterizza per la deduzione limitata all’80 per cento del reddito
annuale imponibile.
La norma si pone l’obiettivo di agevolare le imprese, per effetto dell’attuale crisi,
eliminando la disposizione che impediva l’utilizzo delle perdite conseguite dopo i primi
tre esercizi, non ancora utilizzate, oltre un quinquennio (7).
L’eliminazione del limite temporale amplia, sotto un certo senso, la possibilità di
imputare, tra le attività patrimoniali, le imposte anticipate connesse con le perdite fiscali.
Alla disciplina contabile connessa con il
riporto di attività patrimoniali derivanti dal
conseguimento di perdite fiscali si occupa specificamente il paragrafo H, dell’OIC n. 25.
Il principio contabile sopra riportato ribadisce la natura originaria dell’attività che
scaturisce dalla fattispecie, sottolineando che si tratta di <<beneficio futuro di incerta
realizzazione, dato che per utilizzare tale beneficio è necessaria l'esistenza di futuri
redditi imponibili …>>, piuttosto che di un credito vantato verso l’erario.
Le condizioni che consentono l’iscrizione di attività per imposte anticipate in presenza di
perdite fiscali sono le seguenti:
7Cfr., R. Viviani, “Aspetti civilistici e fiscali delle perdite, alla luce dei chiarimenti contenuti nelle circolari
24/IR e 25/IR”, nostro Focus n. 42/2011 , pagg. 8 – 9.
21
 deve sussistere una ragionevole certezza di ottenere in futuro imponibili fiscali che
potranno assorbire le perdite riportabili;

le perdite in oggetto derivano da circostanze ben identificate, ed è ragionevolmente
certo che tali circostanze non si ripeteranno.
L’imposta anticipata relativa ad una perdita fiscale, in presenza delle condizioni più
sopra riportate, deve comunque essere contabilizzata, anche in un esercizio successivo,
in quanto questa deve essere iscritta quando sussistono i requisiti per il suo
riconoscimento.
La natura delle
attività
patrimoniali
connesse con le
imposte
anticipate
La natura delle imposte anticipate è comunque mutata, nel tempo, per effetto delle
nuove disposizioni contenute nell’art. 2, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010 e nell’art.
9 del decreto salva-Italia (D.L. n. 201/2011), che hanno di fatto trasformato in crediti
d’imposta parte delle attività di che trattasi, di cui si dirà in seguito.
Per offrire un quadro completo, circa la natura delle imposte anticipate iscritte in
bilancio, occorre ora considerare le disposizioni contenute nell’art. 2, del D.l. n. 225, del
29 dicembre 2010, e successive modificazioni ed integrazioni.
Art. 2, D.l 225, del 29 dicembre 2010
<<55. In funzione anche della prossima entrata in vigore del nuovo accordo di
Basilea, le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, relative a
svalutazioni di crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile ai sensi del
comma 3 dell'articolo 106 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), nonché
quelle relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, i
cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d'imposta ai fini delle imposte
sui redditi, sono trasformate in crediti d'imposta qualora nel bilancio
individuale della società venga rilevata una perdita d'esercizio.
56. La trasformazione di cui al comma 55 decorre dalla data di approvazione
del bilancio da parte dell'assemblea dei soci, o dei diversi organi competenti per
legge, ed opera per un importo pari al prodotto, da effettuarsi sulla base dei
dati del medesimo bilancio approvato, tra:
a) la perdita d'esercizio, e;
b) il rapporto fra le attività per imposte anticipate indicate al comma 55 e
la somma del capitale sociale e delle riserve.
Con decorrenza dal periodo d'imposta in corso alla data di approvazione del
bilancio, non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle
attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta ai sensi del
22
presente comma.
OSSERVA
Con riguardo alla natura della posta contabile accesa alle imposte anticipate, nello
stato patrimoniale, l’OIC n. 25 aveva chiarito che essa “non ha natura di credito verso
l'erario, quanto piuttosto di beneficio futuro di incerta realizzazione”.
La suddetta qualificazione è stata disattesa dai seguenti interventi normativi:
 art. 2, comma 56, del D.l. n. 225, del 29 dicembre 2010, conv. con mod. dalla L.
del 6 febbraio 2011, n. 10;
 art. 9 del decreto salva-Italia (D.L. n. 201/2011).
In sostanza, l’art. 2 del D.L. 225/2010 ha stabilito che le imposte anticipate iscritte in
bilancio, relative a:
a) svalutazioni di crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile;
b) valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi
sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi,
sono trasformate in crediti d’imposta qualora nel bilancio della società venga rilevata
una perdita d’esercizio.
R.M. n. 94/E, del 22 settembre 2011
<<… il credito d’imposta in esame, con riferimento al punto sub b), può
essere utilizzato da tutti i contribuenti interessati, quindi anche da soggetti
diversi dagli enti creditizi e finanziari.>>
Attività per imposte anticipate trasformabili in crediti tributari
Pertanto, con specifico riferimento alle società commerciali in genere, le attività per
imposte anticipate derivanti dalla differenza temporale sussistente tra l’iscrizione in
23
bilancio e la deduzione fiscale delle attività immateriali e dell’avviamento divengono, in
parte, crediti d’imposta. Anzi, la parte di attività patrimoniale che non si trasforma - al
momento dell’approvazione del bilancio - in credito d’imposta, si perde in quanto la
differenza temporanea che l’ha generata in origine, diviene indeducibile. Affinché detta
trasformazione si concretizzi fattivamente occorre che sussistano le seguenti condizioni:
 il bilancio della società si deve chiudere con una perdita civilistica (comma 55);
 è previsto un limite d’importo rappresentato dalla seguente formula (comma 56):

perdita d’esercizio di bilancio8 x (attività per imposte anticipate/Capitale sociale
+ Riserve);
 non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attivita' per imposte
anticipate trasformate in credito d'imposta (comma 56);
 la quota delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio relativa alle perdite di
cui all'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e derivante dalla deduzione
dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55, e' trasformata per intero in
crediti d'imposta (comma 56-bis).
Sintesi della disciplina
Eccedenza
incapiente
Condizione necessarie per la traslazione:
 bilancio chiuso in perdita civilistica;
 disallineamenti derivanti dall’ammortamento dell’avviamento e di attività immateriali.
Eccedenze perdute:
 valori eccedenti la formula: Pe x Ia/Cp (*)
(*) Pe: perdite di bilancio; Ia: imposte anticipate; Cp: capitale proprio (capitale sociale
+ riserve)
Un altro punto normativo d’interesse è costituito dal momento in cui si rende possibile la
suddetta trasformazione. Infatti, per effetto del comma 56, più sopra riportato, le
8 Si veda in merito: R.M. n. 94/E, del 22 settembre 2011.
24
attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta, generano componenti
negativi indeducibili, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di
approvazione del bilancio.
In sostanza, <<dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del
bilancio, non sono ammesse le variazioni in diminuzione che corrispondono
all’ammontare delle imposte anticipate trasformate>> (R.M. n. 94/E/2011, cit.).
Si consideri che una S.r.l. acquisti un’azienda, pagando un prezzo, a titolo di
avviamento,
per
euro
360.000.
Successivamente,
procede
ad
ammortizzare
l’avviamento, ai fini civilistici per 1/5, per effetto della disposizione contenuta nell’art.
2426, c.c. .
Art.2426, n. 6, c.c.
<<l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del
collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto
e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. E' tuttavia
consentito ammortizzare sistematicamente l'avviamento in un periodo
limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per
l'utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella
nota integrativa …>>
Secondo il tuir l’ammortamento dell’avviamento deve effettuarsi in 18 annualità.
Art.103, comma 3, tuir
<<Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo
del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del
valore stesso.>>
Ammortamento civile e fiscale dell’avviamento
25
Di conseguenza si generano i seguenti costi:
 ammortamenti di bilancio: 72.000;
 ammortamenti fiscali: 20.000.
Si riportano di seguito gli effetti civilistici e fiscali relativi al caso di specie, tenendo conto
della sola operazione effettuata ai fini Ires.
Modello Unico N
Modello Unico N
Si effettuano le seguenti variazioni in aumento:
 ammortamenti non deducibili: 52.000 (72.000 – 20.000)
e la seguente variazione in diminuzione.
 imposte anticipate: 14.300 (52.000 x 27,50%).
Si riportano di seguito gli effetti in bilancio.
Bilancio N
Bilancio N
Stato patrimoniale
Attivo
B. I. 5) Avviamento
288.000
C. II. 4 – ter) Crediti per imposte anticipate
14.300
Nel passivo dello stato patrimoniale (voce D.12), sono indicati i debiti tributari relativi
alla dichiarazione di competenza.
Conto economico
Costi della produzione
B. 10. a)
Ammortamento
delle
immobilizzazioni
(72.000)
immateriali
22) Imposte di competenza
Imposte correnti
Imposte anticipate
…
( …
)
14.300
Occorre adesso analizzare il calcolo mediante il quale si esegue la trasformazione delle
attività per imposte anticipate in crediti tributari.
Si tenga pertanto conto dei seguenti dati.
Perdita di bilancio civilistica: 400.000;
Capitale sociale + Riserve: 800.000;
Imposte anticipate: 14.300.
26
Si applica, adesso, la formula indicata nell’art. 2, comma 56, del D.l. n. 225, del
29 dicembre 2010.
Formula:
Perdita d’esercizio di bilancio x (attività per imposte anticipate/Capitale sociale +
Riserve),
ovvero:
400.000 x 14.300/800.000 = 7.150
La società dispone di un credito tributario pari a euro 7.150.
L’utilizzo immediato di un credito pari a 7.150 comporta la rinuncia ad un beneficio
futuro complessivo pari a 14.300. La perdita effettiva è pari a 7.150 (la metà).
Nel caso considerato appare evidente che il credito utilizzabile è direttamente
proporzionale all’ammontare delle perdite civilistiche ed inversamente proporzionale al
capitale proprio della società, stante il tenore letterale della norma che richiede
l’indicazione delle suddette perdite al numeratore e l’ammontare del capitale sociale e
delle riserve al denominatore.
L’operazione decorre dalla data di approvazione del bilancio.
Occorre ora considerare i riflessi contabili al 29 aprile N+1, data di approvazione del
bilancio. L’operazione più sopra indicata ha comportato la trasformazione di una parte
dei crediti per imposte anticipate (per 7.150), mentre la parte restante (14.300 – 7.150
= 7.150) risulta stralciata.
Scrittura in P.d.
Scritture in P.d.
29 aprile N + 1
Trasformazione
Crediti tributari
7.150
Trasformazione
Sopravvenienze
7.150
imposte anticipate
passive
imposte anticipate
in crediti tributari
(art. 2, comma 56,
del D.l. n. 225, del
29 dicembre 2010,
conv.
con
dalla
L.
mod.
del
6
febbraio 2011)
29 aprile N + 1
in crediti tributari
(art. 2, comma 56,
del D.l. n. 225, del
29 dicembre 2010,
conv.
con
dalla
L.
mod.
del
6
27
febbraio 2011)
29 aprile N + 1
Trasformazione
Crediti
imposte anticipate
imposte
in crediti tributari
(art. 2, comma 56,
per
14.300
anticipate
del D.l. n. 225, del
29 dicembre 2010,
conv.
con
dalla
L.
mod.
del
6
febbraio 2011)
Si tenga conto del seguente piano di ammortamento civile e fiscale dell’avviamento con
le connesse imposte anticipate.
Tabella 1. Piano di ammortamento originario dell’avviamento
Anno
Quota
ammorta
mento
civile
Quota
ammorta
mento
fiscale
Variazione
Aliquota
Ires
Imposta
anticipata
annua/tot
ale
Imposta
anticipata
complessi
va
N
72.000
20.000
52.000
27,50%
14.300
14.300
N+1
72.000
20.000
52.000
27,50%
14.300
28.600
N+2
72.000
20.000
52.000
27,50%
14.300
42.900
N+3
72.000
20.000
52.000
27,50%
14.300
57.200
N +4
72.000
20.000
52.000
27,50%
14.300
71.500
Totali
360.000
100.000
260.000
Alla suddetta tabella occorre affiancare, per maggiore chiarezza espositiva, la tabella
relativa alla trasformazione delle imposte anticipate in crediti tributari.
Tabella 2. Piano di ammortamento dell’avviamento / trasformazione di
attività anticipate in crediti d’imposta
Anno
Variazio
ne
fiscale
Anno N
Imposta
anticipa
ta
iscritta
in
bilancio
Anno N
Variazio
ne
trasfor
mata in
imponib
ile che
genera
credito
d’impost
a
Anno
N+1
Aliquota
Ires
Credito
d’impost
a
Anno
N+1
Imponib
ile
corrispo
ndente
all’attivi
tà
stralciat
a
Anno
N+1
Imposta
anticipa
ta
stralciat
a
Anno
N+1
N+1
52.000
14.300
26.000
27,50%
7.150
26.000
7.150
28
Ciò significa che la tabella 1 è elastica e deve essere aggiornata in relazione alle
trasformazioni indicate nella tabella 2.
Tabella 3. Piano di ammortamento dell’avviamento / Rettifiche delle attività
per imposte anticipate
Anno
N+1
Quota
Quota
Variazio
Aliquota
Imposta
Imposta
Impost
ammorta
ammort
ne
Ires
anticipa
anticipata
a
mento
amento
ta
utilizzata
anticipa
civile
fiscale
stanziat
ta
a
residua
72.000
20.000
52.000
27,50%
14.300
14.300
0
Relazione tra le perdite fiscali e le variazioni in diminuzione per effetto
dell’ammortamento fiscale dell’avviamento e di altre attività immateriali
Proseguiamo l’analisi della normativa di che trattasi, tenendo conto dei dati relativi
all’esempio più sopra riportato.
Nell’esercizio N + 5 inizierà il reversal – riassorbimento - delle variazioni temporanee
connesse con l’ammortamento dell’avviamento.
Si tenga conto adesso, delle disposizioni di seguito riportate.
Art. 2, D.l 225, del 29 dicembre 2010
56-bis. La quota delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio
relativa alle perdite di cui all'articolo 84 del testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e
derivante dalla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al
comma 55, è trasformata per intero in crediti d'imposta. La trasformazione
decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui
viene rilevata la perdita di cui al presente comma. La perdita del periodo
d'imposta rilevata nella dichiarazione dei redditi di cui al periodo
precedente è computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta
successivi per un ammontare pari alla perdita del periodo d'imposta
rilevata nella dichiarazione dei redditi di cui al periodo precedente ridotta
dei componenti negativi di reddito che hanno dato luogo alla quota di
attività per imposte anticipate trasformata in crediti d'imposta ai sensi del
presente comma.
56-ter. La disciplina di cui ai commi 55, 56 e 56-bis si applica anche ai bilanci di
29
liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o
di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all'amministrazione straordinaria e alla
liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla
Banca d'Italia. Qualora il bilancio finale per cessazione di attività, dovuta a
liquidazione volontaria, fallimento o liquidazione coatta amministrativa, evidenzi un
patrimonio netto positivo, è trasformato in crediti d'imposta l'intero ammontare di
attività per imposte anticipate di cui ai commi 55 e 56. Alle operazioni di liquidazione
volontaria di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dall'articolo
37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
57. Il credito d'imposta di cui ai commi 55, 56, 56-bis e 56-ter non è produttivo di
interessi. Esso può essere utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi
dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero può essere ceduto
al valore nominale secondo quanto previsto dall'articolo 43-ter del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Il credito va indicato nella
dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione del reddito di impresa ne'
della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive. L'eventuale
credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni di cui al secondo periodo
del presente comma è rimborsabile. >>
Si ipotizzi che la società consegua nell’anno N + 5 una perdita fiscale pari a euro
50.000. La perdita fiscale comporta l’iscrizione in bilancio di imposte anticipate per
13.750, in presenza delle condizioni indicate nell’OIC n. 25.
Si riporta ora, di seguito, la prosecuzione della tabella relativa all’ammortamento
dell’avviamento, tenendo conto del riassorbimento delle eccedenze già più sopra
riportate, alla seguente condizione:
 le attività per imposte anticipate sono state iscritte in bilancio, senza effettuare la
trasformazione in crediti d’imposta, per la mancanza delle condizioni prescritte dalla
legge.
Anno
N+5
Quota
Quota
Variazione
ammortame
ammortame
nto
nto civile
nto fiscale
d’imposta
0
20.000
20.000
Aliquota Ires
27,50%
Riassorbime
5.500
Nell’anno considerato, la società deve procedere con una variazione in diminuzione pari
a 20.000, alla quale corrispondono imposte anticipate pari a 5.500.
30
Riepilogo
Nell’esempio più sopra riportato, scatta la disposizione contenuta nell’art. 2, comma 56bis, del D.l. 225/2010, per effetto della quale la quota delle attività anticipate iscritte in
bilancio relativa alle perdite fiscali ex art. 84 del tuir, è trasformata in credito d’imposta
per la parte derivante dalla deduzione dell’ammortamento dell’avviamento. Dal
confronto appare evidente che, essendo la variazione fiscale inferiore alla perdita fiscale,
tutta l’imposta connessa può essere trasformata in credito d’imposta (pari a 5.500).
Si evidenziano di seguito gli effetti di detta trasformazione in merito alle perdite fiscali
riportabili ai sensi dell’art. 84 del tuir e le conseguenze in termini di imposte anticipate.
Effetti della trasformazione della quota di imposte anticipate sulle perdite
fiscali in crediti d’imposta
Deduzione per
cassa delle
imposte e delle
tasse e imposte
differite
Anche la disposizione contenuta nell’art. 99, comma 1 del tuir genera disallineamenti tra
l’anno di competenza di un imposta o di una tassa e l’anno in cui è ammessa la sua
deduzione – per cassa -. Pertanto, se il pagamento di una tassa o di un’imposta si
verifica in un esercizio diverso da quello di competenza, occorre rilevare in bilancio gli
effetti relativi alle imposte differite.
Aspetti generali
Ne consegue quanto segue:
 il pagamento del tributo anticipato rispetto all’anno di competenza comporta
l’iscrizione di attività patrimoniali per imposte anticipate;
31
 il pagamento del tributo posticipato rispetto all’anno di competenza comporta
l’iscrizione di passività patrimoniali per imposte differite.
Le imposte
anticipate
connesse con la
deduzione del
10% dell’Irap
pagata
Un altro caso meritevole di attenzione è rappresentato dalla deduzione del 10% dell’Irap
pagata, con specifico riguardo alla fiscalità differita.
Si rammenta che, nel caso di specie, sono deducibili i versamenti effettuati nel corso del
2011, ovvero:
 acconti 2011;
 saldo 2010.
Ai fini della fiscalità differita:
 il 10 per cento di deduzione dall’imponibile Ires connesso con gli acconti 2011, non
genera disallineamenti tributari, posto che l’esercizio di pagamento e l’esercizio di
competenza è il medesimo;
 il 10 per cento di deduzione relativo al saldo 2010 costituisce un disallineamento, in
quanto il periodo di pagamento (2011) differisce dall’esercizio di competenza
(2010).
Ovviamente la stessa cosa si verifica con riguardo al versamento degli acconti relativi al
2011 ed al saldo del 2011 versato nel 2012.
Linea del tempo relativa al disallineamento temporaneo connesso con il
saldo Irap
In presenza di un beneficio fiscale di competenza 2011, ancorchè godibile nel 2012, si
genera un disallineamento temporaneo pari a 2,75, ovvero pari alla minore Ires che la
società dovrà corrispondere all’erario nel 2012 per effetto del versamento del saldo
dell’Irap relativo all’annualità 2011.
Le scritture
contabili
relative alle
imposte
Le società rilevano contabilmente le imposte, nel corso dell’esercizio, nei seguenti
momenti:
32
 al pagamento del I acconto;
 al pagamento del II acconto;
 al pagamento delle ritenute subite, per effetto di legge;
 al 31/12, al momento della rilevazione del costo di competenza.
Si rilevano di seguito le scritture in P.d. .
16 giugno N
Versato I acconto imposte
Acconti Ires
X
16 giugno N
Versato I acconto imposte
Acconti Irap
X
16 giugno N
Versato I acconto imposte
Banca x c/c
30 novembre N
Versato II acconto imposte
Acconti Ires
X
30 novembre N
Versato II acconto imposte
Acconti Irap
X
30 novembre N
Versato II acconto imposte
Banca x c/c
…N
Liquidati interessi bancari di periodo
Erario
c/ritenute
X
X
X
subite
…N
Liquidati interessi bancari di periodo
Banca x c/c
…N
Liquidati interessi bancari di periodo
Interessi
X
attivi
X
bancari
Al 31 dicembre occorre rilevare le imposte di correnti.
31 dicembre N
Liquidate imposte anno N
Acconti Ires
X
31 dicembre N
Liquidate imposte anno N
Acconti Irap
X
31 dicembre N
Liquidate imposte anno N
Erario
X
c/ritenute
subite
31 dicembre N
Liquidate imposte anno N
Ires corrente
X
31 dicembre N
Liquidate imposte anno N
Irap corrente
X
Come si è già visto in precedenza, nel punto 22) del conto economico occorre indicare le
imposte di competenza, che si suddividono in:
 Imposte correnti;
 Imposte differite;
 Imposte anticipate.
Una volta effettuata la rilevazione delle imposte correnti, in presenza di variazioni
temporanee tassabili, occorre contabilizzare le connesse imposte differite, nei casi già in
precedenza indicati (si tenga conto degli importi contabilizzati relativi alla rateazione
delle plusvalenze).
33
31 dicembre N
31 dicembre N
Rilevate imposte differite
Imposte
di competenza
differite
Rilevate imposte differite
Fondo
di competenza
differite
275
imposte
275
In ciascuno degli anni successivi nei quali si riverseranno le imposte differite,
accantonate nell’anno di competenza, occorrerà stornare il fondo appositamente
stanziato.
31
dicembre
N+1
31
dicembre
N+1
Storno
fondo
imposte
Fondo
imposte
differite in reversal
differite
Storno
Debiti tributari
fondo
imposte
55
55
differite in reversal
Nel caso della rilevazione delle imposte anticipate occorre effettuare le seguenti scritture
contabili (si tenga in considerazione l’esempio delle imposte anticipate derivanti dalle
spese di manutenzione eccedenti la quota deducibile).
31 dicembre N
Rilevazione
imposte
da
pagare
31 dicembre N
Imposte
275
correnti
Rilevazione
imposte
da
Debiti tributari
275
pagare
31 dicembre N
Storno
attività
imposte
anticipate
per
in
reversal
31 dicembre N
Attività
per
275
imposte
anticipate
Storno
attività
imposte
anticipate
per
in
Imposte
275
anticipate
reversal
In ciascuno degli anni successivi nei quali si riverseranno i benefici derivanti dal
recupero delle imposte anticipatamente corrisposte allo Stato, occorrerà stornare
l’attività appositamente stanziata nello stato patrimoniale.
31
dicembre
N+1
Rilevate
imposte
anticipate di competenza
Attività
per
55
imposte
anticipate
31
N+1
dicembre
Rilevate imposte differite
Imposte
di competenza
anticipate
55
34
Aspetti relativi
alla deduzione
degli oneri
accessori alle
imposte
Interessi passivi
tributari
In merito alla deducibilità degli interessi passivi tributari è sufficiente fare ricorso ai
chiarimenti provenienti dalla stessa amministrazione finanziaria.
R.M. n. 178/E del 9 novembre 2001
<<Ogni scelta di natura finanziaria è valutata in relazione al fabbisogno complessivo e
alle risorse finanziarie generati dall’insieme delle funzioni aziendali, tenendo conto
delle condizioni del mercato finanziario.
In questa ottica, gli interessi passivi, quali oneri generati dalla funzione finanziaria,
possono essere assimilati ad un costo generale dell’impresa, cioè ad un costo che non
può essere specificamente riferito ad una particolare attività aziendale o ritenuto
accessorio ad un particolare onere.
Proprio sulla base di tali considerazioni può essere compresa la scelta del legislatore
fiscale di assoggettare gli interessi passivi e le spese generali ai medesimi criteri di
deducibilità…
Con riferimento agli interessi passivi si osserva, inoltre, che l’articolo 63 del TUIR non
pone alcun limite alla deducibilità degli interessi passivi in funzione dell’evento cui gli
stessi sono collegati o della natura dell’onere cui essi sono accessori.
Una conferma di ciò si ha anche nella relazione ministeriale illustrativa del TUIR, la
quale, in relazione ad una fattispecie analoga a quella oggetto dell’interpello, afferma
che “rientrano nell’accezione di interessi passivi anche le somme corrisposte a norma
del decreto n. 602, - tra i quali, ad esempio, anche gli interessi per prolungata
rateazione di somme iscritte a ruolo ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 - in quanto appare indubbia la loro natura
di interessi passivi, ancorché accessori all’imposta.”>>
Conformi: Cassazione, sentenze nn. 2440/1984 e 12990/2007.
OSSERVA
L’amministrazione finanziaria ha sostanzialmente rilevato quanto segue:
 gli interessi passivi sono legati al fabbisogno finanziario complessivo dell’impresa;
 gli interessi passivi non sono legati a specifiche operazioni;
 gli interessi passivi sono deducibili, anche se relativi alla rateazione o al
pagamento differito delle imposte.
Ovviamente, sono indeducibili gli interessi passivi espressamente disciplinati da una
specifica disposizione di legge e resta salvo il disposto contenuto nell’art. 96 del tuir
relativo al ROL.
35
Art. 66, comma 11, D.l. n. 331 del 30 agosto 1993
<< Gli interessi di cui al comma 3 dell'articolo 33 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dal comma 10 del presente
articolo, non sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi.>>
Sanzioni
tributarie
Dalla disamina delle disposizioni contenute nei commi 4 e 4-bis dell’art.14 della L. 24
dicembre 1993, n. 537 si rileva la tassazione dei proventi illeciti e la indeducibilità di
costi o di spese “riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato …”. La
disposizione, palesemente, non esclude la deducibilità degli illeciti civili e amministrativi.
Il nodo da sciogliere è costituito dalla portata della suddetta norma e, in assenza di
diritto vivente, occorre riprendere i principi generali dell’ordinamento tributario
applicabili al caso di specie.
In merito, con un primo intervento in materia, l’a.f. ha ermeticamente affermato,
nell’ambito dell’impresa, l’indeducibilità delle sanzioni pecuniarie irrogate dalla UE in
quanto trattasi di oneri non inerenti l'attività d'impresa, essendo una conseguenza del
comportamento illecito tenuto dal contribuente(9).
In un successivo intervento, l’Amministrazione Finanziaria (10) ha maggiormente
argomentato la propria posizione, richiamando alcune decisioni giurisprudenziali (11) e,
pertanto,
ha
confermato
nella
sostanza
l’orientamento
originario,
avallandolo
ulteriormente richiamando la sentenza n. 7071/2000 della cassazione, secondo la quale,
con riferimento al principio dell’inerenza, la "riscontrabilita' del ... rapporto di
correlazione fra costo e reddito va senz'altro esclusa, in linea di principio, con
riferimento a quei costi che siano rappresentati dal pagamento di sanzioni pecuniarie
irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente".
Proseguendo sempre in ordine cronologico, la legge finanziaria 2003 ha introdotto il
comma 4-bis più sopra riportato12 e l’a.f. ha chiarito la propria posizione in merito,
relativamente alla portata della disposizione più sopra citata, mediante la C.M. n. 42/E
del 26 settembre 2005. In sostanza, con riguardo alle sanzioni civili e amministrative,
l’a.f. non modifica la propria posizione, ritenendo che la novella riguarda solo gli illeciti
9 Cfr., C.M. 98/E del 17 maggio 2000, paragrafo 9.2.6.
10 Cfr., R.M. n. 89/E del 12 giugno 2001. Il medesimo orientamento è confermato per un libero
professionista, nella C.M. n. 55/E del 20 giugno 2002, paragrafo n. 5.
11 Ved.: Commissione Tributaria Centrale, con decisione n. 1763 del 4 luglio 1983; stessa
commissione, decisione n. 784 del 21 marzo 1994; Corte di Cassazione, sentenza n. 7071 del 29
maggio 2000.
12 Cfr., art. 14, comma 4-bis, L. 537/1993, cit., introdotto mediante art. 8, comma 2, L. n. 289 del
2002.
36
penali. Pertanto, in merito alle sanzioni civili ed amministrative, la regola generale
dell’inerenza non consente la deduzione di dette spese, posto che “non è configurabile,
infatti, neppure in via indiretta, alcun rapporto funzionale tra il costo stesso e i ricavi
realizzati”(13). Infatti, secondo l’a.f., la mancanza dell’inerenza deriva altresì dalla
considerazione che le sanzioni sono la conseguenza del comportamento illecito del
soggetto e non costituiscono costi finalizzati alla produzione di proventi.
In effetti detta argomentazione può apparire corretta sotto l’aspetto etico e scorretta
sotto l’aspetto sistematico. Infatti, la nozione dell’inerenza utilizzata dall’a.f. nella
circolare citata confligge con la nozione indicata dalla stessa a.f. nella R.M. del 28
ottobre 1998 n. 158/E, in base alla quale il concetto dell’inerenza “non e' piu' legato ai
ricavi d'impresa, ma all'attivita' della stessa, con la conseguenza che si rendono
deducibili tutti i costi relativi all'attivita' dell'impresa e riferentisi ad attivita' ed operazioni
che concorrono a formare il relativo reddito.”
Sicuramente, il caso concreto deve essere interpretato in base alle regole esistenti e non
viceversa, in quanto le regole generali esistenti non si devono modellare in base al caso
concreto.
Sul solco segnato dal suddetto orientamento dell’A.f. si pone la decisione contenuta
nella Sentenza della cassazione n. 7317/2003, in base alla quale “i costi rappresentati
dal pagamento di sanzioni pecuniarie, irrogate per infrazioni alle norme sulla circolazione
stradale … devono ritenersi indeducibili, dovendosi escludere senz'altro, in tal caso, il
predetto rapporto di correlazione fra costo e reddito prodotto.”
A prescindere dai chiarimenti dell’a.f., anche gli orientamenti della giurisprudenza della
cassazione non appaiono coerenti, considerando le diverse nozioni fornite dalla Suprema
corte in altre occasioni, avendo riguardo al principio dell’inerenza. In un altro caso la
cassazione ha affermato che, premessa la genericità dell’oggettivo “inerente” usato dal
legislatore, la fattispecie “postula un rapporto di intima relazione tra due cose o idee che
si può verificare sia quando l’una sia lo strumento per realizzare l’altra sia quanto ne sia
l’immediata derivazione”(14). Così, se una spesa è inerente anche se immediatamente
conseguente ai proventi o all’attività professionale, e non solo se correlata anche
indirettamente al reddito prodotto, cade il supporto argomentativo sul quale si fonda la
indeducibilità delle sanzioni civili e amministrative, da parte dell’a.f. (15).
13 Cfr., C.M. n. 42/E/2005, cit. .
14 Cfr., Corte di Cassazione, Sentenza n. 2781 del 26 febbraio 2001, relativa alla inerenza dei contributi
previdenziali versati dai notai.
15 Per completezza d’argomento c‘è da dire che l’a.f. ha contestato le argomentazioni della cassazione,
con riferimento alla citata sentenza relativa ai contributi previdenziali corrisposti dai notai, riaffermando
che l’inerenza presuppone “una connessione funzionale, anche indiretta, dei costi ed oneri sostenuti
37
Secondo la C.T.P. di Milano,16 l’inerenza costituisce una linea di demarcazione tra la
sfera personale dell’imprenditore e la sfera gestionale dell’impresa. Pertanto, le sanzioni
afflittive sono irrogate per punire il trasgressore, non potendo che gravare su di esso.
Tra queste rientrano le sanzioni tributarie o le multe conseguenti ad infrazioni del codice
della strada.
Di contro, le sanzioni avente natura ripristinatoria, tra le quali rientrano le “sanzioni
amministrative, che perseguono la finalità di ripristinare l'equilibrio economico violato
per effetto di comportamenti ritenuti lesivi della libera concorrenza”,(17) sono inerenti,
in quanto costituiscono una diretta conseguenza delle scelte imprenditoriali e sono
altresì calcolate in percentuale sul fatturato del soggetto trasgressore.
Appare rilevante, nel caso di specie, la sentenza della cassazione n. 5050, del 3 marzo
2010. In sostanza la cassazione riprende l’aspetto etico più sopra citato, in base al quale
le sanzioni civili e amministrative sono indeducibili.
Cassazione, sentenza n. 5050, del 3 marzo 2010
<<… la sanzione conseguente alla violazione di un divieto da parte di un’impresa
non deriva da un’attività connessa al corretto esercizio dell’impresa (così come
avviene in caso di esborso da parte dio un imprenditore per evitare indagini
fiscali:Cass.5796/2001),
e
non
può
pertanto
qualificarsi
come
fattore
produttivo, trattandosi di condotta non soltanto autonoma ed esterna
rispetto alla normale vita della impresa, ma antitetica rispetto al corretto
svolgimento di tale attività.
Pretendere
pertanto che l’entità di tale sanzione costituisca un “costo”
deducibile dal “reddito” imprenditoriale significherebbe neutralizzare
interamente la “ratio” punitiva della penalità, trasformandola in un
risparmio d’imposta, cioè in un “premio” per le imprese che abbiano agito
in violazione delle norme antitrust.>>
Copyright© La Lente sul Fisco
rispetto alla produzione dei compensi che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo” (cfr.,
R.M. 79/E/2002, cit.).
16 Ved. Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 370 del 4 aprile 2001, cit.
17 Ved. C.M. 89/E/2001, cit. .
38
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