OTTOBRE 2011 – N. 5
SOMMARIO
I sotterranei di Santa Maria in Via
Lata e la ricognizione del pozzo
L’indagine subacquea ha rivelato l’esistenza di un cunicolo sconosciuto
di Silvio Valenti
5
(indagine subacquea, contributi grafici e fotografici a cura di Angelo Mele e Massimo Trippini)
Santa Maria in Via Lata
Prime analisi dei materiali ceramici
di Giulia Doronzo
15
Rifugi e bunker antiaerei di Roma
Un patrimonio storico da recuperare e valorizzare
di Lorenzo Grassi
21
La basilica di San Nicola in Carcere
Uno scrigno nascosto nel cuore di Roma antica
CONFERENZE e CONVEGNI
di Davide Comunale
31
pag. 37
I sotterranei di
Santa Maria in via Lata
e la ricognizione del pozzo
L’indagine ha rivelato l’esistenza di un cunicolo sconosciuto
di Silvio Valenti
SUMMARY. The hypogeum of Santa Maria in Via
Lata and its ancient well. There is an ancient diaconia
under the church of Santa Maria in Via Lata, modern
Via del Corso (Rome). In the Middle Ages the Church
created diaconias for charity and help to the poor.
The underground oratory consists of seven rooms
whose walls were built between the pillars of a
first century AD hypostyle porticus that ran parallel
to the ancient Via Flaminia. The rooms preserve a
symmetrical aspect and shape in which a few pillars in
travertine are still visible in the corners of the rooms.
At the beginning of 2010 CRSA – Centro Ricerche Speleo
Archeologiche – was commissioned to carry out a
reconnaissance of a very ancient well that according to
legend contains water used by Saint Paul to baptize the
faithful. The well is cylindrical in shape, slightly wider
at the bottom than at the top. The water level from
the surface to the bottom of the well is higher than 1,5
metres. The walls are made in two types of masonry.
The top part consists of bricks and cement, the lower
part consists of irregularly shaped blocks. Moreover
underwater research has revealed a horizontal channel
at the bottom of the well with a diameter of about
70 centimetres that is running towards the east and is
blocked by muddy debris that has prevented exploration.
S
opra l’ingresso settentrionale dei sotterranei
della chiesa di Santa Maria in via Lata, odierna via del Corso a Roma, si trova l’iscrizione
marmorea latina che celebra i restauri effettuati negli ambienti sottostanti “Un tempo affossati ed inaccessibili per cumuli di terra”, terminati per
volere del Pontefice Papa Alessandro VII nell’anno
del Signore 1661.
Prima di allora ciò che si trovava al di sotto della
chiesa versava in condizioni di tale abbandono che
fu persino ipotizzato di demolire una volta per sempre ciò che rimaneva dell’antica Diaconia e di tutte
la altre strutture ad essa annesse, come peraltro av-
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veniva assai di frequente ai tempi delle costruzioni
dei palazzi della nobiltà romana durante l’epoca
rinascimentale. Così non fu e, al contrario, Alessandro VII decise di conservare la memoria di questo
“Luogo sacro e nobile per antica venerazione ove
si tramanda già dai primissimi tempi che S. Paolo
Apostolo abbia a lungo dimorato”, e di lasciare che
i fedeli vi entrassero.
Dopo molti secoli, oggi è ancora possibile esplorare un luogo che conserva un fascino molto particolare e che getta uno sguardo sulla cristianità più
antica di Roma, nei periodi più lontani del Medioevo in Campo Marzio.
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
5
La cripta paleocristiana
L’antica Diaconia di Santa Maria in via Lata è composta da sette vani (oggi sotterranei) le cui pareti furono innalzate tra i pilastri di un portico su colonne
(ipostilo) che correva parallelamente all’antica via Flaminia costruito intorno al I sec. d.C. Le stanze infatti
conservano un aspetto ed una forma simmetrica in cui
si possono ancora vedere alcuni dei pilastri in travertino posizionati agli angoli dei vani. (Fig. 1)
Fino a tutto il secolo XIX si ritenne, a torto, che
questo porticato fosse ciò che rimaneva di una parte
dei Saepta Iulia, ovvero gli antichi luoghi di riunione
(comitia) per le assemblee elettorali istituite da Augusto. Studi successivi stabilirono che i Saepta Iulia dovevano invece trovarsi più a Ovest in corrispondenza
dell’area del Pantheon1.
In una successiva fase edilizia risalente al III-IV sec
d.C. il sito fu trasformato ad uso commerciale ricavando dei magazzini (horrea). A questo periodo farebbe
riferimento anche la costruzione di un soppalco o di
un piano rialzato al suo interno e di un tetto a volta.
L’intero complesso (porticato e magazzini) doveva es-
sere di un altezza pari a circa 8 metri dal suolo (Fig.
2). Questa trasformazione di luoghi un tempo adibiti
a usi rappresentativi e celebrativi del popolo di Roma
e delle sue famiglie più potenti a zone commerciali segna un cambiamento molto importante nella vita della
città in epoca tardo-antica, dimostrando una notevole
intensificazione delle attività economiche e dei traffici
commerciali con l’utilizzo di spazi un tempo di dominio pubblico.
Il lento e graduale periodo di transizione tra la fine
dell’Impero e l’inizio dell’epoca medievale, per quanto riguarda soprattutto la città di Roma, si svolse in
continuità con le antiche usanze e tradizioni cittadine.
Le attività di distribuzione dei beni di prima necessità,
come la frumentatio, ovvero la distribuzione gratuita del pane al popolo, avvenivano negli spazi predisposti dalla Cura Annonae. A partire dal VII sec. d.C.,
all’interno di molti di questi centri di distribuzione la
Chiesa istituì le Diaconie che erano dedite alla carità e
all’assistenza dei poveri favorendo l’unità del tessuto
cittadino con un’azione improntata all’amore verso il
prossimo.
Fig.1. Vano VII, Parete Ovest. I pilastri angolari dell’antica Porticus.
1. G. Gatti Bull.Comm.Archeol. Com., LXII 1934 pagg. 123-133.
6
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Fig.2. Pianta schematica del Porticato Romano.
É in questo contesto che dobbiamo collocare la nascita dell’Oratorio e della Diaconia di Santa Maria in via
Lata. Intorno all’anno Mille a Roma vi erano ben sedici
Diaconie, tutte dislocate in punti nevralgici della città,
come ad esempio la Diaconia di San Nicola in Carcere
al Foro Olitorio, di Santa Maria in Cosmedin al Foro
Boario, di Sant’Angelo in Pescheria al Foro Piscario.
Una volta caduti in disuso, gli horrea situati lungo
l’antica via Lata subirono delle trasformazioni; i muri
in laterizio che dividevano le celle furono abbattuti per
ottenere degli ambienti allungati a galleria nei quali
fu poi istituita la diaconia. Le fonti ecclesiastiche fanno
risalire tale istituzione al papato di Sergio I (687-701)2
anche se la datazione è ancora incerta. La frequentazione dell’oratorio è, invece, attestabile almeno fino al
XII secolo.
La basilica medievale
L’edificazione della Basilica medievale sui resti della diaconia risalirebbe, secondo i documenti riportati
da Gavazzi3, all’anno 1049 sotto il pontificato di Leone IX. L’edificio venne realizzato con la facciata rivolta
verso l’odierna piazza del Collegio Romano e l’abside addossata all’Arcus Novus4. All’epoca, accanto alla
chiesa esisteva l’antico monastero di S. Ciriaco, molto
più grande ed esteso, situato in prossimità dell’odierno Palazzo Doria Pamphili. Il monastero fu dismesso
nel 1461 per decreto papale ed alcuni dei numerosi
possedimenti e rendite passarono alla chiesa di Santa
Maria in via Lata.
Molto verosimilmente l’edificazione della basilica sugli ambienti dell’oratorio fu decisa per via delle
2. R. Pardi; La Diaconia di Santa Maria in Via Lata. Ist. Pol. Z. St. Roma, 2006.
3. L.Gavazzi: La Diaconia di Santa Maria in via Lata e il monastero di S.Ciriaco, Roma 1908, pag. 80. Il documento è andato perduto come riportato
dall’autore.
4. Arco Trionfale nei pressi della basilica di Santa Maria; eretto nel 303-304 da Diocleziano e Massimiano per celebrare la riconquista della Britannia
nel 303 d.C.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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frequenti inondazioni del Tevere in quella zona del
Campo Marzio. Le cronache dell’epoca, infatti, raccolte nella monografia di Monsignor Luigi Gavazzi
riportano che il livello dell’acqua arrivò, negli episodi
più disastrosi, al disopra dell’entrata dell’oratorio.
Nel 1491, sotto il papato di Urbano VIII, a causa
delle cattive condizioni della basilica medievale, si decise l’edificazione di una nuova chiesa facendo ruotare la facciata di 180 gradi (orientata con la facciata
come la vediamo oggi, su via del Corso) che comportò
anche una parziale trasformazione degli ambienti sotterranei, di cui soltanto una parte fu utilizzata come
cripta della chiesa superiore. Vi si accedeva attraverso
una porta arcuata che si apriva nel vano I. Una volta
entrati nel sotterraneo, solo i primi due vani erano
accessibili. La vecchia abside fu murata con mattoni e
cemento per consolidare la facciata.
Le notizie di cronaca riportano che i lavori di riedificazione della nuova chiesa si protrassero per ben 15
anni perché “disturbati” dalle frequenti inondazioni
del Tevere (specialmente quella del 1496). I resoconti
dell’epoca descrivono inoltre, in toni poco lusinghieri,
che i lavori furono eseguiti con scarsa attenzione tanto che al termine erano evidenti diverse asimmetrie
tra le navate.
I lavori si conclusero nel 1506 ma continuarono interventi correttivi e di aggiustamento fino a che verso
la fine del XVI secolo la chiesa quattrocentesca venne
demolita e ricostruita come oggi la vediamo.
Nel corso dei secoli, l’antica Diaconia deve aver subito prolungati periodi di abbandono dovuti sia alle
frequenti inondazioni del Tevere che all’innalzamento
del livello stradale di questa zona del Campo Marzio.
E’ probabile che si sia tentato di coprire gli ambienti
della diaconia con del terreno di riporto fino ad un
certo livello senza però ottenere risultati soddisfacenti. Nel 1594 per ripristinare l’antico oratorio fu dato
incarico al muratore Agostino Gasoli di sopraelevare
di circa 1 metro il pavimento della Diaconia e l’imbocco di un pozzo che si trova nel sotterraneo.5 Furono
ripristinati gli ambienti V e VI dove furono sistemati rispettivamente l’altare col bassorilievo marmoreo
e l’altare cosmatesco (Fig.3) e aggiunta un’ulteriore
scala di accesso al sotterraneo. La cripta della chiesa
di Santa Maria in via Lata fu inaugurata nel 1661, un
anno prima del completamento della facciata ad opera di Pietro da Cortona.
Fig.3. Vano VI, Altare romano con decorazioni in stile
Cosmatesco.
5. L.Cavazzi : La Diaconia di Santa Maria in via Lata e il monastero di S.Ciriaco, Roma 1908, pag. 378.
8
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Fig.4. Planimetria
dei sotterranei
di Santa Maria in
via Lata con vista
delle differenti
Fasi Edilize,
(da Krautheimer
1973).
I reperti e gli affreschi
Entrando nei sotterranei dall’ingresso situato a via
del Corso 306 si accede al vano I. (Fig. 4) Addossata al
muro si trova un’antica colonna in granito con capitello corinzio, sormontata da un vaso marmoreo, forse
un’antica urna funeraria con il cristogramma costantiniano. Sulla colonna sono incise in senso diagonale le
parole latine “Verbum Dei non est alligatum” (La parola di Dio non è incatenata), sono inoltre visibili le tracce
ferruginose degli anelli della catena che un tempo era
avvolta intorno ad essa.
Una leggenda narra che in questo sito, poi trasformato in diaconia, vi fosse una stazione apostolica dove
dimorarono i SS. Luca Evangelista e Paolo Apostolo e
che la colonna venne usata per incatenare San Paolo
durante la sua presunta prigionia in attesa del processo. Qui il principe degli Apostoli scrisse numerose lettere ai fedeli. Si narra, inoltre, che San Luca Evangelista
abbia dipinto il ritratto della Vergine Maria ora situato sull’altare della Basilica superiore6. In questo stesso
vano si trova il pozzo di cui si è detto, il quale attinge
direttamente alla falda acquifera. (Fig. 5)
Gli ambienti II e V corrispondono alla navata centrale dell’antica diaconia che, come si è detto, aveva
un orientamento diametralmente opposto rispetto
alla Basilica attuale. Il pavimento dei vani II e IV è
ribassato rispetto all’originale essendo il livello raggiunto dagli scavi che Gavazzi eseguì nel 1905 ed è
costituito da frammenti di lastre di marmo. Nel vano
II, sul muro a ovest si trova l’abside affrescata tampo-
6. L’ipotesi più accreditata è che si tratti di una copia del XII sec.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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Fig.5. Il pozzo sacro.
10
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
nata da una muratura eseguita durante la costruzione
Un intervento straordinario: l’ispeziodella facciata superiore.
ne del pozzo
Sia l’abside che le pareti laterali presentano resti di
All’inizio del 2010 i canonici della Basilica hanno
antichi affreschi eseguiti a tinte vivaci databili al X sec.
incaricato il CRSA – Centro Ricerche Speleo Archeocirca. Addossato al muro settentrionale del vano II si
logiche – di effettuare una ricognizione del pozzo di
trova un antico altare paleocristiano in muratura con
cui si è detto, per verificare la tenuta generale delle
intonaci affrescati. Al di sopra dell’altare i resti di un
strutture.
affresco raffigurante il Cristo Crocifisso.
Si tratta di un manufatto molto antico, la cui acIl vano V è rialzato e vi si accede tramite una scala.
qua, secondo le fonti agiografiche, sarebbe stata
Sulla parete è presente un altare sormontato dal bassoutilizzata da Paolo per battezzare i fedeli. Per lungo
rilievo eseguito da Cosimo Fancelli (metà del XVII sec.)
tempo le messe cantate, celebrate soprattutto ducon figure dei Santi Pietro, Paolo, Luca e Marziale. Tra i
rante la ricorrenza dei Santi Pietro e Paolo, hanno
vani e IV e V, durante gli scavi del 1905, fu scoperto un
mantenuta viva questa memoria e l’acqua del pozzo,
antico passaggio a volta sui cui stipiti furono rinvenuti i
ritenuta miracolosa, veniva bevuta dai cristiani che
ritratti dei martiri Giovanni e Paolo venerati nella basivi partecipavano. Per noi rappresenta un’importante
lica loro intitolata al Celio, databili alla fine dell’VIII sec.
testimonianza storica sull’utilizzo dei pozzi a Roma
Sulla parete nord del vano IV fu scoperto un palinsesto
durante il lungo periodo medievale in cui la città si
di affreschi disposti uno sull’altro. Sullo strato inferiore,
trovò senza approvvigionamenti idrici a causa del tapiù antico, sono dipinte delle scene tratte dall’episodio
glio degli acquedotti a seguito delle guerre gotiche
dei Sette dormienti di Efeso mentre nel superiore (che
perciò possiamo ritenere, verosimilmente, che questo
copriva parzialmente il primo) ci sono episodi del marfosse ben noto agli abitanti della zona e molto fretirio di S. Erasmo. Negli anni ‘60 del XX secolo il Conquentato.
siglio Superiore delle Antichità e delle Belle Arti forIl livello della falda idrica visibile nel pozzo si tromulò un piano di intervento per salvaguardare queste
va a circa 5,30 m sotto il livello stradale. (Fig. 6) Sin dai
opere già minacciate seriamente dal degrado (dovuto
tempi antichi le fonti latine parlano dell’esistenza nel
all’umidità e alle termiti) che portò alla rimozione deCampo Marzio di uno stagno, non lontano dall’antica
gli affreschi. Durante le operazioni di strappo furono
Diaconia, noto come “Palus Caprae”, alimentato da
scoperti ulteriori dipinti
due rivi, l’amnis Petroche proseguono la narrania e l’amnis Sallustiana
zione dei Sette dormienti
(citato da Rodolfo Landi Efeso. Si tratta della più
ciani come “Palude dalle
antica e articolata raffigumalsane esalazioni”) che
razione di questa leggentestimonia gli antichi usi
da che mostra oltretutto
di sacrificare qui le capre
notevoli analogie con le
fin dagli inizi della civiltà
fonti greche più antiche.
laziale8. La presenza di
Le datazioni di questi afacquiferi nella zona del
freschi devono collocarsi
Campo Marzio quindi è
secondo gli studiosi, per il
ben nota sin dall’antichiciclo più antico al VII sec.,
tà. Fu Giulio Cesare per
7
quello più recente all’VIII .
primo ad avviare la boAll’interno del vano III,
nifica di quest’area ma,
scoperto dal Gavazzi, fu
fu Agrippa a portarla a
rinvenuto l’affresco che
termine su commissione
Fig.6.
La
falda
acquifera
visibile
nel
pozzo.
ritrae “L’orazione di Gesù
di Augusto alla fine del I
nell’orto del Getsemani”,
sec. a.C.
coevo ai dipinti più antichi. Gli affreschi, restaurati,
Nel corso dei secoli la falda dell’acqua ha subito
sono oggi esposti al Museo Nazionale Romano Crypta
delle variazioni di livello attraverso il concorso di tre
Balbi.
fattori: la lenta e progressiva urbanizzazione, gli ac7. R. Pardi; La Diaconia di Santa Maria in Via Lata. Ist. Pol. Z. St. Roma, 2006, pagg.68-69.
8. Cf ad es. F.Coarelli, Il Campo Marzio, dalle origini alla fine della repubblica, 1997, pag. 18; Ed. Quasar; La casa Romana: nella storia della città
dalle origini all’ottocento. Di Luciana Basciali Et Al. V.1, Alinea Ed. 2000.
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cumuli derivati dalle frequenti inondazioni del Tevere
e la costruzione dei suoi muraglioni verso la fine del
XIX secolo, che hanno causato, soprattutto negli ultimi tempi, la totale sommersione di antichi ipogei superstiti del Campo Marzio. Un celebre esempio è il sepolcro sommerso di Aulo Irzio situato sotto il Palazzo
della Cancelleria nelle adiacenze di Campo de’ Fiori.
Per la ricognizione del pozzo, che è stato ispezionato in immersione totale, si è reso necessario l’utilizzo di attrezzature speciali impiegate nella speleologia
subacquea (bombole d’ossigeno e respiratori).
La prima rilevazione ha evidenziato detriti di origine varia (frammenti di vecchi utensili, porzioni incomplete di murature, schegge di intonaco, ecc.), che
potevano nascondere eventuali difetti strutturali alla
base e ai lati del pozzo, per cui si è proceduto ad una
parziale rimozione di una parte dei rifiuti ponendo
una particolare attenzione a tutti quegli elementi che
potessero fornire informazioni utili alla comprensione
delle origini del deposito.
Nel lento e laborioso processo di pulitura sono
emersi numerosi materiali rimasti custoditi nell’acqua
da lungo tempo che posseggono l’intrinseco fascino
delle storie mai raccontate.
Sono riemersi frammenti ceramici di vasellame, di
argenteria, vari calici, chiavi e chiavistelli risalenti a diversi periodi; inoltre una catena di ferro che un tempo potrebbe essere stata avvolta attorno alla colonna.
Queste testimonianze sono state esposte in una vetrina all’interno dell’oratorio. I primi risultati sullo studio
dei reperti vengono illustrati più approfonditamente
nell’articolo che segue di Giulia Doronzo. Il pozzo è di
forma cilindrica, più larga alla base che va restringen-
9. Cfr. Gavazzi op. cit. pag. 98.
12
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
dosi lievemente verso l’alto. Il livello dell’acqua dalla superficie al fondo attualmente percepibile del
pozzo è superiore al metro e mezzo
Le pareti del manufatto sono realizzate con due
diverse tipologie di murature. La parte superiore
fu restaurata nel 1594 dal muratore A. Gasoli. Con
questa opera il pavimento dell’oratorio e l’imboccatura del pozzo furono sopraelevati entrambi di
circa 1 metro. Il lavoro fu realizzato con mattoni
e cemento. La parte inferiore del pozzo, invece risulta di fattura più rozza, costruita con blocchi di
forma irregolare, oggetto dell’indagine da parte
del CRSA. L’indagine subacquea ha consentito inoltre di rilevare un particolare difficilmente visibile
da chi osserva dall’esterno: la presenza -alla base
del pozzo- di un canale sommerso ad andamento
orizzontale, del diametro di circa 70 cm, che si inoltra in direzione est. Il cunicolo era quasi del tutto
ostruito da detriti fangosi che ne hanno impedito
l’esplorazione.
Alla luce di questa novità che nessuna fonte
storico-archeologica cita, si è proceduto ad una seconda ispezione che è stata effettuata tramite una
videocamera subacquea per la difficoltà di poter accedere in sicurezza.
Le immagini consegnate dal filmato mostrano
un cunicolo colmato quasi completamente dal fango, dovuto presumibilmente a cause naturali ma
forse anche antropiche, perciò il condotto potrebbe
anche essere stato ostruito volutamente.
La volta dell’apertura sotterranea, che vediamo
inoltrarsi per circa un metro e mezzo, sembra essere
ad arco acuto almeno nella parte iniziale. (Fig. 7)
Prima Indagine
0,40 x 0,40 mt.
0,80 x 0,60 mt.
0.80 mt
La lastra che incornicia
l’imboccatura del pozzo.
Particolare dell’imboccatura
del pozzo.
3.00 mt
I detriti presenti sul fondo del pozzo
prima di iniziare l’intervento.
L’esterno del pozzo.
La catena recuperata tra i detriti
durante il secondo intervento.
L’accenno di cunicolo al termine
della prima giornata di lavoro.
SECONDA Indagine
L’interno del pozzo.
La lastra come architrave
sul lato Sud.
1.20 mt
Il rivestimento interno
Angolo WNW.
Il rivestimento interno lato Est.
0.80 mt
0.40 mt
Alcuni dei reperti ceramici recuperati
tra i detriti durante il terzo intervento.
Il cunicolo ormai certo dopo il
secondo giorno di lavoro.
Fig.7. Pozzo di Santa Maria in Via Lata: Schema delle murature e illustrazione fotografica del sito e dei reperti.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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Considerazioni
La presenza di cunicoli nei sotterranei della diaconia non è mai stata documentata in modo certo.
Le fonti medievali, soprattutto quelle provenienti
dagli archivi capitolari consultati dal canonico Gavazzi, risalenti all’XI sec., riportano notizie in cui si
parla di “grotte”, utilizzate come passaggi sotterranei tra l’antica Diaconia ed il vicino monastero di
San Ciriaco; passaggi che furono definitivamente
chiusi a seguito di imprecisate controversie.9 Questa
informazione, purtroppo, non aiuta a spiegare che
cosa effettivamente si trovasse al di sotto della Diaconia; tuttavia fa ipotizzare che in questi ambienti ci
fosse qualche struttura sotterranea forse più antica
ancora in uso a quei tempi. Per cogliere il dato archeologico che le fonti scritte medievali potrebbero
contenere è necessario valutare attentamente la posizione stratigrafica del cunicolo individuato in fondo al pozzo e metterla in relazione con le strutture
adiacenti di epoca romana di cui si è a conoscenza.
In questo caso abbiamo la fortuna di avere delle notizie che potrebbero fornire alcune risposte.
I resoconti pubblicati nelle Notizie degli Scavi del
1925 riportano le osservazioni fatte dall’Assistente
della Regia Soprintendenza alle Antichità Cav. Pietro Mottini, il quale -in veste di osservatore archeologo- seguì gran parte dei lavori di canalizzazione
delle condutture nel centro di Roma. In quella occasione, in piazza del Collegio Romano, in corrispondenza dell’odierna via Lata, emersero alcuni tratti
basolati di un’antica strada romana che si trova a
una profondità di 5,30 m sotto l’attuale livello stra-
dale10. Se questa quota dovesse corrispondere al livello stradale romano che si trova nelle immediate
vicinanze della Diaconia si potrebbe mettere in rapporto stratigrafico con il suddetto cunicolo.
Dalle rilevazioni effettuate dal CRSA risulta che
la volta del cunicolo scoperto in fondo al pozzo si
trova a una profondità di 6 m circa sotto il livello
stradale odierno11. Si potrebbe perciò ipotizzare che
il pozzo e la sua funzione originale siano riconducibili ad epoca romana (addirittura precedente alla
prima fase edilizia, quella cioè del portico ipostilo) e
che sia stato utilizzato ininterrottamente fino all’età medievale, per poi essere definitivamente ostruito in seguito ai lavori di ricostruzione della chiesa
superiore in concomitanza dell’innalzamento del
suolo.
La possibilità di effettuare un rilievo più accurato del cunicolo sommerso potrà fornire infine molte informazioni che potrebbero rivelarsi esplicative.
In primis, se il cunicolo risultasse effettivamente
scavato andrebbero riviste le stime di misurazione
dell’altezza dei portici romani, che ora non sembrano coincidere. Inoltre si potrebbe verificare se il
condotto sia una struttura idraulica (considerando
che qui doveva esistere l’emissario della Palus Caprae, mai individuato), oppure più semplicemente si
tratti di un passaggio sotterraneo medievale. Capire
e spiegare l’origine e la funzione di strutture come
questa presente al di sotto di Santa Maria in via Lata
è di indubbio interesse ma richiede sicuramente ulteriori indagini che il CRSA - Centro Ricerche Speleo
Archeologiche auspica di poter proseguire.
10. Not. Sc. 1925, pag. 235, in Sjoqvist, Studi intorno a Piazza del Collegio Romano, Opuscula Archaeologica 1946 V. 4.
11. Non è possibile ad oggi stabilire la quota effettiva della base del cunicolo in quanto è quasi completamente riempita di detriti fangosi e materiale
antropico.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Santa Maria in via Lata
Prime analisi dei materiali ceramici
di Giulia Doronzo
SUMMARY. Santa Maria in Via Lata, first analysis of
pottery. The reconnaissance of a well under Santa Maria
in Via Lata has allowed retrieving a lot of material
of diverse nature such as pottery, metal, and glass.
Preliminary analysis of these objects, in particular of the
pottery shapes, indicates that this is only the beginning
of a more in-depth study of all the found material that
can provide useful information about the time period
and context in which it was inserted and about the life
and use of the well that, at a certain moment, after it
had lost its primary function of place of drinking water
supply, might have been used as a “dump” as the
extracted material (chains, keys, coins and bits of plaster)
seems to prove.
L’
indagine ricognitiva all’interno del pozzo situato nei sotterranei di Santa Maria in via Lata, ha
permesso di recuperare molti materiali di diversa natura, quali ceramica, metalli e vetri. L’analisi preliminare di tali oggetti, più particolarmente delle
forme ceramiche, si propone di essere soltanto l’inizio
di uno studio più approfondito di tutto il materiale
rinvenuto che potrebbe fornire utili informazioni e
datazioni sul contesto in cui era inserito e sulla vita e
sull’utilizzo del pozzo che, ad un certo punto, dopo
aver perso la sua funzione primaria di luogo per l’approvvigionamento d’acqua potabile, potrebbe essere
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stato utilizzato come “butto” come sembrano dimostrare i materiali estratti: catene, chiavi, monete e pezzi di intonaco.
Un primo dato facilmente evidenziabile è che tutte le forme ceramiche rinvenute sono riconducibili
all’acqua, nel senso che si tratta di oggetti utilizzati
per tirare su l’acqua dal pozzo oppure per contenerla
o ancora impiegati sulla tavola, come suppellettili per
bere (forme potorie).
Tra gli oggetti adoperati per il sollevamento
dell’acqua sono stati rinvenuti diversi contenitori a
collo stretto (orcioli) in ceramica acroma, di cui uno
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
15
la n.6951, appare molto simile come tipologia ad un’altra recuperata in Santa Maria in via Lata. (Fig. 4 e 4bis)
Un ulteriore riscontro con la ceramica della Crypta Balbi ce lo fornisce il cratere (Fig. 5 e 5bis) emerso
dal pozzo. Questo tipo di ceramica, di cui la suddetta
Crypta ci ha restituito pochi esemplari, viene denominata “marmorizzata” per via della particolare decorazione dovuta all’unione di rivestimenti argillosi
(ingobbi) di varie colorazioni ed è riconosciuta come
proveniente dall’area pisana. È databile a tutto il XVI
secolo anche se molti dei frammenti studiati variano
per morfologia e decorazione suggerendo perciò una
produzione incerta e soprattutto più tarda, collocata
al XVIII secolo2.
Tale datazione sembra essere coerente con il cratere di Santa Maria in via Lata, che proviene appunto
Fig.1. Contenitore a collo stretto in ceramica acroma
(orciolo).
parzialmente integro (Fig.1), inquadrabili cronologicamente al XVII secolo anche grazie alle fonti iconografiche (Fig.2). Sono stati trovati anche svariati frammenti
della stessa forma (Fig.3), il cui studio completo dopo
la loro ricomposizione, porterà alla comprensione di
quale fosse il numero effettivo degli orcioli rinvenuti.
Tra le ceramiche di fattura pregiata e finemente
decorate abbiamo quelle da tavola, che servivano per
mescere vino o acqua, come brocche e crateri, o per
bere: bicchieri e tazze.
Questi oggetti sono indizio della ricchezza delle
tavole sulle quali venivano apparecchiati e trovano
riscontro in altri contesti romani come quello della
Crypta Balbi, soprattutto nel monastero, poi diventato
convitto, che si impostò nell’area del teatro di Balbo
sull’odierna via delle Botteghe Oscure. La vicinanza urbanistica –entrambi in Campo Marzio– e cronologica
tra i due edifici è indicativa, sia ai fini della datazione
della ceramica trovata nel pozzo sia perché potrebbe
portarci all’individuazione di produzioni comuni e alla
comprensione delle dinamiche economiche che muovevano le organizzazioni ecclesiastiche.
Tra i reperti trovati nella Crypta Balbi, ci sono anche tazze in terraglia datate al XVIII secolo di cui una,
1. Pinna 1985, p.444.
2. Palazzo 1985, p.300.
16
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Fig.2. L’orciolo usato dalle donne per trasportare
l’acqua (XVII secolo).
Fig.3. Frammenti di
orcioli rinvenuti nel
pozzo.
dagli strati più recenti accumulatisi nel pozzo come
materiale di scarto.
Tra le altre classi ceramiche attestate nella basilica
troviamo una brocchetta (Fig.6 e 6bis) e svariati fram-
menti in maiolica di età rinascimentale e moderna3 in
corso di studio, probabilmente inquadrabili nella fase
finale della produzione (XVII-XVIII secolo). (Fig.7)
Il materiale quindi, ad un primo e grossolano spo-
Fig.4. Tazze in terraglia datate al XVIII secolo
(stessa tipologia di ceramica recuperata
nella vicina Crypta Balbi).
Fig.4bis. Ricostruzione grafica.
3. Ricci 1985, pp.303-424.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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Fig.5.bis. Ricostruzione grafica.
Fig.5. Cratere marmorizzato proveniente dall’area
pisana (XVI e XVIII secolo).
glio, risulta inquadrabile cronologicamente tra il XVI e
il XVIII secolo. Sono attestate produzioni in ceramica
acroma, terraglia, ceramica marmorizzata e maiolica
di età rinascimentale e moderna. Si tratta sempre di
suppellettili inerenti all’acqua per la maggior parte integre o poco fratturate, il che può indicare una loro
caduta accidentale nel pozzo o anche la precisa volon-
4. Aloisi 1995, pp.44-45.
18
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
tà di sbarazzarsi di materiale rovinato, non riutilizzabile e quindi inservibile.
L’arco cronologico suggerito dalla ceramica si colloca in un periodo importante per la vita della chiesa
di Santa Maria in via Lata e cioè tra la fine del XVI
secolo e la metà del XVII secolo quando vengono promossi importanti lavori di ristrutturazione, restauro
e abbellimento della chiesa superiore che, con Pietro
da Cortona, tra il 1658 e il 1663, interessano anche la
chiesa inferiore4. E’ quindi probabile che il materiale
rinvenuto abbia terminato la sua fase di “vita” proprio
in questo periodo, nell’ambito delle grandi ristrutturazioni.
Il materiale in metallo invece, composto da secchi,
chiavi, catene e monete, tuttora in fase di studio, sembrerebbe essere ancora più recente rispetto a quello
ceramico e attesterebbe un utilizzo del pozzo che si
protrae fino alla fine del XIX secolo.
Fig.6. Brocchetta dipinta con disegni floreali (XVII-XVIII secolo).
Fig.6.bis. Ricostruzione grafica.
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Fig.7. Frammenti di maiolica di epoca rinascimentale
e moderna (XVII-XVIII secolo).
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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Bibliografia
Pinna A. 1985, Terraglia in AA.VV., Archeologia urbana a Roma: il progetto
della Crypta Balbi 3, tomo 2. Il giardino
del conservatorio di S.Caterina della Rosa,
Firenze, pp.439-455.
Palazzo P. 1985, Ceramica Marmorizzata
in AA.VV., Archeologia urbana a Roma: il
progetto della Crypta Balbi 3, tomo 2. Il
giardino del conservatorio di S.Caterina
della Rosa, Firenze, pp.297-301.
Ricci M. 1985, Maiolica di età rinascimentale e moderna in AA.VV., Archeologia
urbana a Roma: il progetto della Crypta
Balbi 3, tomo 2. Il giardino del conservatorio di S.Caterina della Rosa, Firenze,
pp.303-424.
Aloisi F. 1995, Santa Maria in via Lata, in
Soprintendenza per i beni artistici e storici
di Roma, Roma Sacra: guida alle chiese
della città eterna, 2° itinerario, Napoli,
pp.43-51.
20
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Rifugi e bunker
antiaerei di Roma
Un patrimonio storico da recuperare e valorizzare
di Lorenzo Grassi
SUMMARY. Air raid shelters and bunkers in Rome.
Between the end of the ‘30s and the beginning of the ‘40s
of the last century, armoured defensive structures were
built in Rome with a view to possible air raid attacks with
the dreaded use of chemical weapons: not only shelters
for the general population, like those created in the
basements of apartment blocks throughout many cities,
but true shelters for the élite, planned to guarantee the
safety of the political-military institutional top. Added
to this was Mussolini’s predilection, wanting to emulate
Hitler, for underground defensive structures. Lastly, the
presence in the capital of the Royal House of Savoy should
be recalled.
Currently ten air-raid shelters and bunkers have been
documented in the capital, almost all built by Mussolini.
Three are located in Villa Torlonia; the other seven in
Palazzo Venezia, Villa Camilluccia, Palazzo Valentini,
Complesso del Vittoriano, Palazzo Esercito, Palazzo degli
Uffici and Villa Ada.
In this article a first unpublished overview is presented
of what is known and of that which represents an
extraordinary historical and architectonic patrimony that
has been left in the dark till now, but that one intends to
recover and valorize through the creation of a network.
L
e strutture fortificate sotterranee risalenti
all’ultimo periodo bellico sono state al centro negli ultimi tempi di molteplici interventi
innovativi di riutilizzo, messi in campo in diversi Paesi europei. Una riscoperta che ha dato vita
ad un vero e proprio segmento turistico dedicato.
In questo settore, la capitale d’Italia può vantare
un patrimonio di straordinario valore storico e architettonico, sino ad oggi sottovalutato e rimasto
misconosciuto. Azioni mirate di recupero – con la
“messa in rete” delle strutture, per la loro valorizzazione nell’ambito di un sistema unitario – possono far nascere a Roma un circuito di divulgazione
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dei rifugi e dei bunker in ambito urbano (e del contesto in cui sono maturate queste particolari infrastrutture) di sicuro rilievo internazionale.
Caratteristiche della capitale
Tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40
del secolo scorso – per la presenza dei “palazzi del
potere” – Roma è stata sede naturale della realizzazione di opere difensive blindate in previsione
di possibili attacchi aerei, con il temuto impiego di
armi chimiche: non solo ricoveri di fortuna per la
popolazione, come quelli di caseggiato ricavati ne-
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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gli scantinati di molte città (e imposti ai fabbricati
residenziali di nuova costruzione dal Regio decreto
legge n.2121 del 1936), ma veri e propri rifugi d’élite, progettati per garantire la sicurezza dei vertici
istituzionali politico-militari. A ciò si somma la predilezione sempre mostrata da Mussolini, anche per
spirito di emulazione nei confronti di Hitler, verso
le opere blindate sotterranee; infine va ricordata la
presenza nella Capitale della famiglia reale Savoia.
Il sistema dei rifugi e dei bunker
A Roma sono documentati attualmente dieci
tra rifugi e bunker antiaerei realizzati durante la
seconda guerra mondiale, quasi tutti per volere di
Benito Mussolini (vedi mappa). Tre sono localizzati
a Villa Torlonia; i restanti sette a Palazzo Venezia,
Villa Camilluccia, Palazzo Valentini, Complesso del
Vittoriano, Palazzo Esercito, Palazzo degli Uffici e
Villa Ada. Solo in tre casi (la struttura più moderna
Mappa dei rifugi e dei bunker antiaerei di Roma.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
di Villa Torlonia, quella di Palazzo Valentini e quella dell’Eur) si tratta di bunker propriamente detti,
ovvero realizzati con progetti specifici, soluzioni
ingegneristiche tecnologicamente avanzate (come
i sistemi per mantenere la sovrappresione interna
per impedire l’ingresso dei gas) e canoni costruttivi a regola d’arte. Negli altri casi, invece, siamo in
presenza di rifugi sorti da adattamenti e blindature di locali preesistenti, che sono stati adattati allo
scopo.
Allo stato attuale, inoltre, solo quattro (il secondo e il terzo rifugio di Villa Torlonia, quello dell’Eur
e quello di Palazzo Valentini) hanno visto interventi
per un recupero alla fruizione pubblica; quello di
Villa Ada, seppure in condizioni di degrado, presenta una struttura abbastanza integra. Ancora intelligibile quello del Vittoriano, mentre restano labili
tracce di quelli di Palazzo Venezia e Palazzo Esercito; infine quello di Villa Camilluccia è andato completamente distrutto.
Descrizione dei siti
1. Villa Torlonia (primo rifugio)
Il sito più interessante è quello di Villa Torlonia,
con il grande parco sulla via Nomentana, nel cui Casino Nobile Mussolini soggiornò dal 1925 al 1943
(Fig. 1). Con l’entrata in guerra dell’Italia, nel giugno del 1940, Mussolini ordinò la realizzazione di
un primo rifugio antiaereo, che venne ricavato da
una grotta-cantina per il vino, da tempo in disuso,
al di sotto di un laghetto artificiale nei pressi del
teatro. Il piccolo locale sotterraneo fu dotato di una
seconda uscita e attrezzato con porte in acciaio e
un sistema di areazione e filtraggio (con un ventilatore centrifugo manuale azionato da un addetto
che faceva ruotare una manovella). Erano presenti
anche un telefono con una linea diretta riservata,
reti e materassi. Ma il rifugio era distante dal palazzo e gli esperti lo giudicarono una “trappola”: la
copertura ridotta di solo terreno tufaceo era assolutamente insufficiente. Lo stesso Mussolini, quando
vi si recava a piedi durante gli allarmi notturni, preferiva restare davanti all’ingresso senza scendere i
gradini per i locali sotterranei.
2. Villa Torlonia (secondo rifugio)
I difetti e le scomodità di quel ricovero improvvisato convinsero presto la famiglia Mussolini della
necessità di far attrezzare un secondo rifugio, direttamente nei seminterrati del Casino Nobile. Qui
venne infatti realizzato al posto delle vecchie cucine, rafforzando i muri con uno strato in cemento
Fig.1. Primo rifugio di Villa Torlonia.
Veduta del pozzo per il condotto di areazione, realizzato in verticale sulla cantina e protetto in
superficie da una piramide di cemento.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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Fig.2. Secondo rifugio di Villa Torlonia.
L’antico “quadro comandi” del sistema
elettrico posizionato nei seminterrati del
Casino Nobile e restaurato di recente.
armato spesso 120 centimetri (Fig. 2).
3. Villa Torlonia (bunker)
Dopo i bombardamenti di Torino, Milano e Genova dell’ottobre 1942 si decise che occorreva un
vero bunker, in grado di resistere anche alle bombe
più pesanti e ad eventuali attacchi con l’uso di armi
chimiche. Della realizzazione furono incaricati i vigili
del fuoco, sotto la guida del maggiore ing. Barisella.
Il preventivo era di 240 mila lire, la durata dei lavori
prevista di tre mesi (con inizio a dicembre 1942). Durante gli scavi vennero alla luce anfore romane, resti
di scheletri e frammenti di marmo, fra cui una lapide
funeraria. Il bunker – formato da più bracci disposti
a croce e posizionato ad una profondità di 6,5 metri
- aveva accesso da una ripida scalinata nel lato orientale del seminterrato del Casino Nobile. C’erano poi
due uscite d’emergenza: la prima verso un vialone interno del parco e la seconda con una scala in un pozzo
all’angolo del palazzo.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
La struttura era a protezione antigas (come testimoniano anche le targhette sulle porte realizzate dalla società Bergomi di Milano con brevetto 356750) e di
forma cilindrica per ottimizzare la distribuzione delle
sollecitazioni (Fig. 3), in più vi era una muratura in
cemento armato spessa quattro metri, che nella parte
superiore cresceva a sei, garantendo una protezione
anche per bombe di sei tonnellate. Il bunker non venne mai utilizzato, in quanto non ancora completato
– oltre alle rifiniture mancava la calotta in cemento
a copertura dell’uscita d’emergenza – nel luglio del
1943, quando Mussolini venne arrestato e salì al potere il Governo Badoglio. Nel sotterraneo trovarono
scampo in seguito gli abitanti del quartiere durante
il periodo dell’occupazione tedesca. I ritardi nei lavori
furono dovuti alle difficoltà incontrate nello scavo: il
terreno vicino al palazzo si rivelò di scarsa consistenza
e ciò comportò la necessità di realizzare le fondazioni
ad una profondità doppia rispetto al previsto.
“È curioso che, mano a mano che i lavori si avviavano al compimento, la mia antipatia per il rifugio
aumentava – ha lasciato scritto lo stesso Mussolini
nei suoi diari - e non soltanto per la spesa, oramai
raddoppiata, ma per qualche cosa di oscuro che sentivo in me. Sentivo, cioè, che una volta finito, quel
rifugio sarebbe stato completamente inutile. Che non
l’avremmo mai utilizzato. Infatti! Bisogna ascoltare la
voce del sub-cosciente!”. Dal 2006, dopo un restauro
dei sotterranei che ha portato alla scoperta e al recupero anche della finta Tomba Etrusca, il rifugio e il
bunker del Casino Nobile sono stati aperti alle visite.
Negli ultimi anni, però, l’accesso è stato interdetto in
conseguenza di una preoccupante concentrazione di
gas Radon nei sotterranei. Dopo alcuni interventi per
migliorare l’areazione dei locali, a fine estate 2011 si
è conclusa una campagna di monitoraggio del Radon
che - in caso di responso positivo – darà nuovamente
il via libera alle visite per piccoli gruppi.
4. Palazzo Venezia
Nel 1939 venne attuato un intervento per garantire la protezione antincendio e antiaerea di Palazzo
Venezia, che dal 1929 era sede ufficiale del Governo.
Il rifugio – più che altro una blindatura di spazi esistenti – non sarebbe però da mettere in relazione diretta solo con la presenza nello stesso palazzo dello
studio personale di Mussolini, essendo situato nella
parte opposta rispetto alle Sale del Governo. L’area è
attualmente interessata da lavori di restauro condotti
dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del
Lazio.
5. Villa Camilluccia
Verso la fine del 1939, quando la famiglia Petacci si
trasferì dalla residenza di via Spallanzani a Villa Camilluccia -nella omonima via-, Mussolini dispose la blindatura di un alloggio di servizio al piano interrato, come
rifugio antiaereo a stretta portata della vicina “alcova”
dove si recava ad incontrare Claretta nell’ala destra
del piano terra. L’originale Villa Camilluccia, progettata dagli architetti Vincenzo Monaco e Ugo Luccichenti
secondo lo stile razionalista allora in voga, è stata completamente demolita nel dopoguerra per far posto ad
un complesso di edifici che oggi ospita la sedi delle ambasciate dell’Iraq presso l’Italia e il Vaticano. Del rifugio
è rimasto solo il ricordo.
6. Palazzo Valentini
Tra la fine del 1939 e l’inizio del 1940 l’Amministrazione provinciale di Roma fece realizzare un
bunker antiaereo con protezione antigas nel primo
livello del piano interrato di Palazzo Valentini (via
IV Novembre), a servizio dei propri dipendenti e di
quelli della vicina Prefettura (Fig. 4). Il bunker ven-
Fig.3. Bunker di Villa Torlonia.
L’immagine evidenzia la forma cilindrica della
struttura pensata per ottimizzare al meglio la
distribuzione delle sollecitazioni.
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Fig.4. Palazzo Valentini.
La porta blindata del bunker, dotata di spioncino, messa a chiusura della via di fuga d’emergenza in direzione del Foro Traiano.
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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timetri (in grado di resistere all’impatto di bombe
da una tonnellata e all’eventuale crollo del palazzo
soprastante). Due gallerie lo mettevano in comunicazione con le rispettive scale della Provincia e della Prefettura, mentre un terzo cunicolo garantiva
un’uscita di sicurezza sul Foro Traiano. La struttura
era formata da due grandi ambienti – due “camerate” comunicanti anche con finestrelle – e altri ambienti più piccoli di servizio (gabinetti, infermeria e
magazzino). Tutti gli spazi erano a compartimenti
stagni, chiusi da portelloni in acciaio con spioncino
e guarnizioni antigas (Fig. 5).
Nel sito sono ancora presenti le targhette: “Società italiana costruzioni antigas Torino-Roma; Costruita dalla Società italiana casseforti e affini - Brevetti Fichet Torino”. Nei locali sono conservati sei
portelloni originari (di cui cinque perfettamente
restaurati), mentre non è rimasta traccia del sistema di filtraggio dell’aria, né della pompa elettrica
che ne garantiva il ricambio ed era alimentata per
mezzo di due biciclette fissate a terra che azionavano un volano accoppiato ad una dinamo. È andata
persa anche la cabina elettrica e radiotelefonica.
Il bunker è attualmente visitabile “di passaggio”
nell’ambito del percorso archeologico dedicato alle
Domus romane scoperte nei sotterranei di Palazzo
Valentini durante la campagna di scavo avviata dalla Provincia di Roma nel 2007. Sono in corso i lavori
per il ripristino e la musealizzazione del percorso
sotterraneo fino all’area della Colonna Traiana, ovvero la via di fuga del bunker.
Fig.5. Palazzo Valentini.
Una delle porte blindate esterne, non restaurata, affissa al divisorio in cemento fra le due
camerate; in secondo piano una delle finestre
oggi murate.
ne scavato d’urgenza – con scarsa attenzione alle
preesistenze archeologiche - in corrispondenza del
cortile e in posizione baricentrica rispetto al corpo
di fabbrica. Era in cemento armato a struttura scatolare, con una intercapedine esterna di un metro
e murature e solai dello spessore di 20 e 40 cen-
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
7. Complesso del Vittoriano
Sempre nella zona di piazza Venezia, fu attrezzato un rifugio ad uso collettivo nei sotterranei
del Complesso del Vittoriano: era probabilmente
tra i più capienti e organizzati tra quelli presenti
a Roma. Si sviluppava in direzione Nord-Sud nella
parte in cui il monumento si appoggia al profilo collinare del Campidoglio. Il rifugio disponeva di un
“posto di soccorso” e di una serie di latrine a dispersione (Fig. 6). È ancora visibile un cartello che indica
come uscita di sicurezza “Via dell’Impero”. Nel corso
degli studi effettuati nel 2002 dagli speleologi della
sezione romana del Club Alpino Italiano, sono state
individuate alcune cassapanche originali e diversi
oggetti d’uso comune (come pettinini di osso e un
termometro).
Sui muri dei locali del rifugio sono presenti diverse epigrafi lasciate in particolare da cittadini
Fig.6. Complesso del Vittoriano.
Le latrine a dispersione realizzate a servizio dei numerosi ospiti del rifugio collettivo.
che abitavano nelle vicinanze e si erano riparati nei
sotterranei. Colpiscono le scritte “Fame da lupo” e
quella di non meglio identificati vigili del fuoco che
si firmano “Gatti neri”. Un’epigrafe particolarmente significativa è quella lasciata da una persona che
ha vergato sulle pareti il giorno (19 luglio 1943) e
l’ora (11,10) del terribile bombardamento angloamericano sul quartiere di San Lorenzo. Una scritta che fa respirare ancora oggi l’inquietudine e la
disperazione vissuta in quei tragici momenti dagli
ospiti del rifugio.
Fig.7. Palazzo Esercito.
Questa porta blindata della ditta Conforti di
Verona è tutto ciò che resta del rifugio predisposto nei sotterranei dell’allora Ministero
della Guerra.
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8. Palazzo Esercito
Quello realizzato a protezione dei vertici dell’allora Ministero della Guerra, negli scantinati dell’attuale Palazzo Esercito (via XX Settembre), era considerato il rifugio “più sicuro” realizzato a Roma. Qui
si recarono subito dopo l’8 settembre del 1943 Badoglio e i membri della famiglia reale in arrivo dal
Quirinale per sfuggire al caos seguito all’armistizio.
Del rifugio restano solo alcuni locali disadorni e una
porta blindata con la targhetta della storica ditta
“Fratelli Conforti – Verona” (Fig. 7). Le cronache
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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narrano che “il sovrano, accompagnato dalla regina, arrivò in via XX Settembre al calar della sera.
I due si rifugiarono nel brutto appartamento destinato ad alloggio del Ministro della Guerra. Il re,
brontolando contro l’orribile mobilia, si raggomitolò su una poltrona e la regina sedette su un bracciuolo. Così, al buio, attesero gli eventi”. All’alba
del 9 settembre 1943 un corteo di auto abbandonò
precipitosamente Roma verso Pescara.
9. Palazzo degli Uffici
Il bunker in migliore stato di conservazione è
quello con protezione antigas realizzato tra il 1937
e il 1939 al livello del secondo piano interrato del
Palazzo degli Uffici, progettato da Gaetano Minnucci all’Eur (piazza Adenauer). La struttura fu pensata
a protezione dei funzionari e degli impiegati che
seguivano i lavori in vista dell’Esposizione Universale di Roma del 1942 (evento che diede il nome al
quartiere e che poi non si tenne per lo scoppio della
guerra). Il bunker era provvisto dei servizi necessari
per una lunga permanenza (si stimavano sino a 300
persone per quattro mesi), con una infermeria e un
sistema di ventilazione e illuminazione alimentato
da una doppia dinamo azionata da due biciclette
tandem, restaurate e ancora presenti nel rifugio. Il
ricovero venne posizionato in maniera baricentrica
rispetto all’edificio, da cui è completamente indipendente. Si estende su una superficie di 475 metri
quadrati ed è in cemento armato, con due portelloni antigas con targhette delle “Officine aeromeccaniche Gambarotta – Torino”. I muri sono spessi 20
centimetri e lungo il perimetro della struttura corre
una intercapedine di 125 centimetri che isola completamente il bunker dal palazzo.
Nei locali sono rimasti appesi i cartelli che suddividevano per gruppi e indirizzavano il personale;
ci sono poi altre indicazioni di servizio con le scritte:
“Calma”, “Silenzio” e “Vietato fumare”. Nei giorni
immediatamente seguenti l’armistizio dell’8 settembre 1943, la struttura venne utilizzata dai Granatieri
di Sardegna come sede del comando dei capisaldi 5 e
6 del I Reggimento per tentare la difesa di Roma (per
questo motivo è noto anche come “Bunker dei Granatieri”). Nel 2007 i locali – per anni utilizzati come
magazzino – sono stati restaurati dalla Eur SpA e riconvertiti a spazio artistico-espositivo. Il bunker viene
aperto periodicamente in occasione di eventi, mostre
o visite guidate su prenotazione.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
10. Villa Ada
Ben
conservato
è anche il rifugio costruito nel parco di
Villa Ada, destinato
alla famiglia Savoia
e in particolare al re
Vittorio Emanuele III,
alla regina Elena e alla
principessa Mafalda
(che abitava nella vicina Villa Polissena). In
un primo tempo, allo
scoppio della guerra,
Fig.8. Villa Ada.
erano stati utilizzaLa galleria interna
ti come ricovero di
del rifugio con il
fortuna i sotterranei
rivestimento in
mattoncini, la pordella Palazzina Reata blindata carrabile (nota anche come
le e il condotto del
sistema di areazioVilla Savoia e oggi
ne sulla parete di
sede dell’Ambasciata
destra.
d’Egitto),
accessibili
attraverso botole e arredati a salottino. Fra il 1941
e il 1942, su impulso di Mussolini, venne invece realizzato un rifugio antiaereo blindato, definito “più
resistente e confortevole, ma che necessitava di un
breve tratto in auto per essere raggiunto”.
Con ogni probabilità vennero sfruttate cavità
preesistenti sulle pendici di uno dei colli del parco.
La soluzione costruttiva adottata – invece della realizzazione di un bunker ex novo - fu dunque quella
di rinforzare i sotterranei con un rivestimento interno
in mattoncini (Fig. 8). A causa della scarsa altezza dei
locali, insufficiente per una blindatura a regola d’arte, si preferì sovrapporre in superficie una imponente
piastra in cemento mimetizzata e sostenuta da pilastrini poggiati sul terreno, in modo da costituire un
“cuscinetto” per ammortizzare l’urto delle bombe. I
locali del rifugio, relativamente ampi (tanto da poter
ospitare anche automezzi), avevano due sistemi di filtraggio dell’aria e un’entrata con sistema di protezione
da attacchi chimici (cerniera stagna e sovrappressione
interna per impedire l’ingresso dei gas): una dotazione
tecnologica a livello di bunker. Vi erano poi due bagni
e un’uscita d’emergenza verticale con scala a chiocciola. Alcuni cunicoli di collegamento e disimpegno potrebbero essere stati murati dopo la guerra.
L’area dove sarebbe sorto il rifugio potrebbe essere
stata visionata da Hitler in una passeggiata nel parco
dopo una colazione a Villa Polissena durante la sua
visita in Italia nel maggio del 1938. Nel 2010 la parte
iniziale è stata liberata da detriti e rifiuti ad opera del
Circolo Legambiente “Sherwood” e del Collettivo di
arte urbana Trai nell’ambito dell’iniziativa “Puliamo il
Buio”. In seguito la zona è stata recintata dal Servizio
Giardini con una rete parzialmente già divelta.
Altri siti di interesse
Per completare la panoramica, va ricordato il misterioso “tunnel del potere”, citato in una interrogazione parlamentare basata su articoli di quotidiani e
presentata dal deputato Marco Zacchera il 31 ottobre
1997, rimasta senza risposta. Si tratterebbe di una galleria sotterranea segreta costruita prima del 1941 per
collegare Quirinale, Palazzo Chigi, Camera dei Deputati, Viminale, Ministero della Marina, Policlinico Gemelli e i Forti Boccea, Braschi e Trionfale. Da ricordare
anche la segnalazione di una grande galleria circolare,
rimasta incompleta, sotto le fondamenta dei palazzoni dell’Eur: il condotto, secondo alcune fonti giornalistiche, avrebbe avuto una larghezza di circa sei metri,
tale da permetterne la percorrenza anche da parte di
mezzi cingolati.
Un breve cenno meritano poi i bunker realizzati
nei dintorni di Roma: a partire da quello del Monte
Soratte, già sede del quartiere generale del Feld-maresciallo Kesserling (comandante in capo di tutte le
forze tedesche in Italia) e poi avviato dalle forze Nato
all’adattamento – mai completato – per la protezione anti-atomica. Attualmente la struttura è visitabile
su prenotazione rivolgendosi all’associazione “Bunker
Soratte”, oppure durante le due aperture straordinarie semestrali nei mesi di settembre e maggio. Nell’area di Monte Cavo sui Castelli Romani voci non confermate – che hanno preso spunto dalla presenza di una
stazione Nato per le telecomunicazioni e del Comando
operativo dello Stato Maggiore Aeronautica, poi declassato a Distaccamento Aeronautico - hanno riferito
in passato di strutture sotterranee a protezione antiatomica, per le alte cariche dello Stato presenti nella
Capitale. Verso il Litorale, infine, sono presenti diverse
strutture trincerate in previsione di attacchi dal mare
(come il bunker recuperato nel 2010 dalla Lipu alla
foce del Tevere).
n. 5 | ottobre | 2011
Proposta di intervento
Il Centro Ricerche Speleo Archeologiche ha in
itinere una collaborazione con la Soprintendenza
ai Beni culturali di Roma Capitale per lo studio del
rifugio di Villa Ada, in vista di un possibile recupero
della struttura. Con l’occasione è stata elaborata la
proposta di una “Rete dei rifugi e dei bunker antiaerei di Roma”, che potrebbe scaturire dalla collaborazione fra i diversi enti gestori delle strutture
già aperte al pubblico – Roma Capitale, Provincia di
Roma, Sovrintendenza ed Eur SpA - per dare vita ad
una divulgazione e ad una fruizione coordinate che
possono prevedere: la realizzazione di una mostra
condivisa, la promozione di eventi concomitanti, la
produzione di dépliant e pubblicazioni mirate, l’attivazione di un sito web, giungendo sino all’ipotesi
di un tour unico di visite guidate. L’obiettivo è quello di riscoprire questa grande potenzialità culturale
di Roma, sino ad oggi rimasta inespressa.
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
29
Bibliografia
Agati A. 2007, (a cura di) La residenza di
Mussolini a Villa Torlonia in Campitelli A.,
Guida di Villa Torlonia, Electa.
Grassi L. 2001, Otto bunker di Mussolini
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“Speleologia in cavità artificiali”, Urbino
2010.
Link utili
Appassionati di storia delle fortificazioni
www.bunkerarcheo.it
Associazione “Bunker Soratte”
www.bunkersoratte.it
Regio Decreto Legge n. 2121
http://it.wikisource.org/wiki/R.D.L._24_settembre_1936,_n._2121
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
La basilica di
San Nicola in Carcere
Uno scrigno nascosto nel cuore di Roma antica
di Davide Comunale
SUMMARY. A hidden gem in the heart of Rome. The
Basilica of San Nicola in Carcere, located in the centre
of Rome close to the Capitoline Hill, hides the bases
of three temples erected in the Forum Holitorium, the
vegetable market of Ancient Rome.
Entering the underground space through a door in
the left side chapel of the crypt, one finds oneself
immediately outside of time, one step away from the
capital Rome and at the same time fully immersed in
the historical and monumental context of the Roman
Republic of which period it preserves the remains.
Three temples built around the middle of the third
century BC leave their testimony here. They form the
clear proof of intensification of the use of this area for
commercial purposes and consequently of contemporary
monumentalization.
This monumentalization is also seen in neighbouring
areas: the temples of Fortuna Primigenia and Mater
Matuta in the area of Sant’Omobono, the Ara Maxima
of Hercules under the basilica of S. Maria in Cosmedin,
and the temples dedicated to Portunus and to Hercules
Victor in Piazza Bocca della Verità.
L
a Basilica di San Nicola in Carcere si trova
alle spalle del Colle Capitolino, ad un passo
dall’antico Portico d’Ottavia e dal Ghetto, ed
è strettamente connessa, architettonicamente e storicamente, con il complesso archeologico di
Sant’Omobono, all’Anagrafe, e sorvegliata dai bastioni ottocenteschi del Tevere.
Il cuore culturale e turistico di Roma pulsa a pochi passi da lei. Qui le anse del Tevere formavano la
palude del Velabro dove la cesta con i gemelli fon-
1.
datori si incaglia nel fico ruminale, l’albero selvatico
caro al mito di fondazione della Città Eterna; qui le
imbarcazioni dei mercanti greci e fenici trovano approdo nel vicino porto fluviale, collocato nei pressi
dell’odierno Tempio di Portuno1, dio protettore del
porto; qui la storia delle conquiste e dell’ambizione
romana trova spazio, come vedremo, in un progetto
architettonico messo a punto dai consoli romani vittoriosi tra il 260 e il 194 ca. a.C. per celebrare famosi
eventi come la battaglia di Mylae (odierna Milazzo),
Noto come Tempio della Fortuna Virile, Coarelli lo identifica con certezza con il tempio di Portunus, eretto negli immediati paraggi del Ponte
Emilio. “Pseudoperiptero ionico tetrastilo con i lati maggiori costituiti da due colonne e da cinque semicolonne sui muri della cella”. Coarelli
2008, p. 414-415.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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vinta dal console Caio Duilio nel 260 a.C. nelle acque
sicule contro le navi puniche, durante la prima guerra
che potremmo definire “mondiale” dell’antichità.
L’aspetto dell’antico prevale di gran lunga per interesse e curiosità sul moderno. Gli sventramenti d’età fascista del 1920-23, purtroppo, hanno distrutto un
contesto storico artistico ben definito che vedeva nel
quartiere Montanara un raro esempio di stratificazione dei reperti che andavano dall’età romana all’Ottocento passando per il Medioevo e l’Età rinascimentale.
Secondo le fonti, l’osteria dove Goethe scriveva i suoi
appunti a fine giornata e dove sperimentava la bellezza e i colori tenui della ormai decadente Roma si trovava proprio in questa zona dove anche Gregorovius,
noto storico dell’Ottocento, si fermava ad acquistare
le provviste al ritorno dai suoi viaggi d’esplorazione e
dalle ricerche nelle biblioteche dell’Urbe. Qui Belli traeva ispirazione per comporre i suoi sonetti e immortalare gli scrivani che stazionavano presso l’antica piazza
Montanara, ormai scomparsa.
L’antico e glorioso Foro Olitorio (Olus-eris, verdura
e legume in genere), il mercato della frutta e verdura
della Roma repubblicana riprendeva vita tra le grida e
le voci dei mercanti di piazza e delle botteghe addossate ai resti del Teatro di Marcello.
La nostalgia delle memorie perdute, tuttavia, non
deve illudere che non ci sia più nulla di interessante
da ammirare. Si ritiene che tra il IX e il X secolo venne costruita una chiesa, presto divenuta Basilica, poi
ricostruita e riconsacrata nel 1127 sotto il pontificato
di Onorio II. L’edificio fu più volte restaurato dalla munificenza di cardinali, primo tra tutti l’Aldobrandini che
commissionò la facciata a Gian Giacomo Della Porta
(1599), e papi come Pio IX (1846-1878) che fece restaurare il soffitto, un bel cassettonato ligneo con intarsi in
oro e cobalto.
La chiesa fu interamente dipinta e fu dotata di pavimento mosaicato, amboni marmorei, schola cantorum, candelabro per il cero pasquale e sedia episcopale
marmorea. La cripta, attraverso la quale si scende ai
sotterranei, un tempo appariva monumentalizzata e
decorata da un ciclo di affreschi raffiguranti figure animali e vegetali e, come ci ricorda il Magnani nella sua
relazione2, adornata con cinque tondi ad affresco sui
quali sono raffigurati i profeti dell’Antico Testamento,
Osea, Mosè, Geremia e Aggeo; e un Battesimo di Cristo
che oggi conserviamo -insieme con 19 frammenti- nelle
sale della Pinacoteca Vaticana e dei palazzi pontifici3.
La parte più interessante però sono i sotterranei
cui si accede da una porta in corrispondenza della
cappella laterale della cripta. Si entra subito in un ambiente particolare, fuori dal tempo, ad un passo dalla
Roma Capitale ma inserito appieno nel contesto storico e monumentale della Roma repubblicana di cui
conserva le vestigia.
Tre templi edificati intorno alla metà del III secolo
a.C. lasciano la loro testimonianza nel sottosuolo della Basilica e sono il segno evidente dell’intensificarsi
dell’utilizzo di quest’area a fini commerciali e, di conseguenza, di una coeva monumentalizzazione che
vede la realizzazione di questa e di altre aree sacre
limitrofe, i templi della Fortuna Primigenia e della
Mater Matuta (area di Sant’Omobono) e l’Ara massima di Ercole (sotto S. Maria in Cosmedin), il tempio
del dio Portuno e di Ercole Vincitore (Piazza Bocca della Verità).
I resti visibili nell’area sacra del Foro Olitorio ci
consentono di ricostruire, almeno con l’immaginazione, l’organizzazione del commercio al minuto che si
svolgeva in questa zona dell’Urbe, a ridosso del Campidoglio e prossima al Palatino. L’antica sede mercantile infatti era collocata in prossimità di uno snodo importante per l’assetto urbano della Roma della prima
repubblica: il Foro Olitorio era separato dal limitrofo
Foro Boario dalla prima cinta muraria di Roma, detta serviana e costruita all’indomani del sacco dei Galli
del 390 a.C. In meno di un chilometro si raggruppavano i Fora Venalia, i fori commerciali, secondari al più
grande Foro civile, dove trovavano spazio le botteghe
artigiane e i banchi dei venditori. Il Foro Olitorio, il
Foro Boario e successivamente il Foro Piscario erano il
centro del commercio della zona.
In questo contesto si collocano le costruzioni templari, dedicate a divinità italiche e ancestrali come
Giano bifronte, Spes e Iuno Sospita secondo le attribuzioni che gli studiosi danno con relativa certezza ai tre
templi le cui evidenze andiamo ad analizzare.
Una testimonianza letteraria tramandata dallo
storico e naturalista romano Plinio il Vecchio ci illustra
un mito rimasto legato a questa zona di Roma. Egli
scrive (N.H., VII,121) che una puerpera di umile famiglia si recava ogni giorno a fare visita al proprio padre,
rinchiuso in un carcere situato nella zona del Foro Olitorio. Perquisita costantemente dai carcerieri, affinché
non portasse cibo o viveri al condannato a morte per
stenti, veniva sorpresa un giorno a nutrire il padre col
2. Magnani, 1932.
3. Presso la Pinacoteca Vaticana in Roma è possibile osservare solo parzialmente il patrimonio un tempo posto a decoro della Cripta di San Nicola
in Carcere: i tondi raffiguranti il Battesimo di Cristo, il profeta Aggeo e Mosè sono custoditi presso i magazzini della Pinacoteca, mentre risulta
esposto un solo tondo, il profeta Amos. Nelle stanze private vaticane inoltre fa bella mostra di sé il tondo del profeta Geremia.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
latte del proprio seno. La dimostrazione straordinaria di pietà filiale aveva commosso i carcerieri a tal
punto che, graziando la coppia, la liberavano e, demolito il carcere, edificavano un tempio alla Pietas.
Questa leggenda affonda le sue origini in area
asiatica e giunge a Roma con diverse varianti che
conducono tutte alla zona del Foro Olitorio, sede
della Colonna Lactaria, posta al centro del foro dove
venivano deposti i bambini abbandonati e allattati
dalle matrone romane, secondo la tradizione4.
Il tempio della Pietas, costruito tra il 191 e il 181
a.C. da Manio Acilio Glabrione, distrutto poco tempo dopo per far posto al grande e monumentale
Teatro di Marcello, ci riporta ai tre templi edificati
nelle sue prossimità. I primi resti appaiono evidenti
sin da uno sguardo rapido della struttura esterna
della chiesa: il podio, il basamento della scalinata ed i colonnati sono inglobati nelle pareti stesse
dell’edificio.
Il primo tempio che incontriamo venendo dal
Foro Boario (a sud), è attribuito al culto della Spes:
è un edificio periptero, esastilo, dorico, con undici
colonne sui lati lunghi di travertino grezzo, stuccate per dare effetto di marmo più pregiato, sei delle quali, insieme con una porzione dell’architrave,
sono ancora inglobate nella parete laterale sinistra
della Basilica. Le dimensioni (25 x 11 m) ci fanno capire che era il più piccolo dei tre e ne fanno identificare i resti con il tempio edificato dal console Aulo
Atilio Calatino durante la prima guerra punica, forse
tra il 258 e il 254 a.C.5 e restaurato una prima volta
dopo il disastroso incendio del 213 a.C. che distrusse anche i templi dell’area sacra di Sant’Omobono,
Mater Matuta e Fortuna Primigenia, testimonianza
concreta, questi ultimi, di culti ancestrali italici nella
zona di colonizzazione greco-italica, nella sella tra
il Palatino e l’Aventino. Di questo tempio conosciamo un successivo restauro sotto Germanico nel 17
d.C. 6 ed un terzo restauro di Adriano testimoniato
da un’iscrizione scoperta in prossimità dei templi
(CIL VI, 978).
All’estremità opposta del complesso dei tre templi, l’edificio più a nord sembra poter trovare identificazione nel tempio di Giano, del quale si diceva
Fig.1. Colonna d’angolo quadrata del tempio di
Giano, stile etrusco-italico.
fosse edificato “iuxta Theatrum Marcelli”, anch’esso
fondato durante la prima guerra punica dal console
Caio Duilio7. E’ un periptero (26 x 15 m) sine postico,
senza cioè le colonne sul lato posteriore, secondo la
tecnica italica, (Fig.1) con due file di sei colonne ioniche in peperino sul fronte e otto colonne sui lati,
sette delle quali, sul lato meridionale, con relativo
architrave sono inglobate nella parete laterale destra della chiesa e due del lato settentrionale sono
4. Nibby 1838-1841. Queste le parole dello storico, archeologo e studioso di topografia antica nell’opera descrittiva dei beni archeologici rinvenuti
nella zona dei Fora Venalia: “Nell’area del Foro Olitorio, forse dirimpetto al tempio della Pietà fu una colonna dove esponevanosi i bambini
nati furtivamente, onde essere allattati, e perciò Columna Lactaria viene detta da Rufo e da Vittore, il quale così la designa: Forum Olitorium in eo
Colunma est Lactaria, ad quam infantes lacte alendos deferunt.”
5. Lo attestano Cicerone, De leg.,II, 11. 28:«Quoniamque expectatione rerum bonarum erigitur animus, recte etiam Spes a Calatino consecrata est» e Tacito,
Ann.,II, 49:«hanc [Spei aedem] A. Atilius voverat eodem bello».
6. Coarelli, 2008, p.413-sgg.
7. Fondato secondo quanto dice Tacito ( Ann.,II, 49 ) apud forum holitorium e secondo Festo ( Fest. 358 L ), all’esterno della porta Carmentale, intorno
al 260 a.C. dopo la vittoria romana nella battaglia di Milazzo.
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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Fig.2. Vicus tra il tempio di Giano e il tempio di Iuno Sospita, fondazioni e basamento templare.
ancora in piedi.
Il suo podio, perfettamente visibile dai sotterranei della chiesa stessa, ci appare ben conservato,
in opera cementizia, ricoperto di lastre di travertino, con regolari aperture che in alcuni tratti sono
parzialmente chiuse con muri di mattoni da lavori
del II sec. d.C. e di cui non si ha ancora spiegazione. (Fig.2) Anche per questo tempio ricordiamo un
restauro del 17 d.C. eseguito sotto l’imperatore Tiberio8.
Il tempio intermedio invece, costruito tra il 197 e
il 194 a.C. da C. Cornelio Cetego9, è con certezza posteriore al tempio di Spes, poiché non venne coinvolto nell’incendio sopra citato che distrusse l’area
di Sant’Omobono e le strutture portuali del portus
Tiberinus, edificate alle spalle dei tre templi. Gli si
attribuisce il culto di Iuno Sospita, divinità venerata
con un santuario monumentale a Lanuvio10, civitas
della Lega Latina che dal 338 a.C. passa sotto il controllo romano, che ne ingloba i culti e la venerazione della divinità.
Il tempio (34 x 15 m, con la scalinata) è di ordine
ionico, (Fig.3) periptero, esastilo, con tre file di colonne sul fronte, due sul retro e undici colonne sui
lati lunghi. Una grande scalinata in travertino introduceva al pronao del tempio, tuttora visibile all’esterno della chiesa; all’interno invece sono visibili i
resti del podio in calcestruzzo e delle pareti che lo
delimitavano, del muraglione che separa il pronao
dalla cella (naos), in blocchi di peperino attribuibili
ad un restauro di età cesariana. (Fig.4)
La visita ai sotterranei della Basilica di San Nicola in Carcere suggerisce al visitatore un’immagine
della Roma repubblicana più vitale, con i templi addossati alle aree mercantili, un fitto viavai di gente,
mercanti, romani, forestieri, soldati, senatori che si
8. Coarelli 2008, p. 411.
9. Votato durante la guerra con i Galli Insubri dal console Gaio Cornelio Cetego nel 197 a.C e testimoniato da alcuni passi di Livio, Liv. XXXII, 30,
10 ; Liv. XXXIV, 53, 3.
10. Sin dal 2006, nel sito archeologico di Lanuvio si sono susseguite campagne di scavo annuali presso il Tempio di Giunone Sospita sotto la direzione
scientifica della Dott.ssa Giuseppina Ghini della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e del Prof. Fausto Zevi professore ordinario
di Archeologia e storia dell’arte greco romana alla Sapienza. Gli scavi, effettuati dagli studenti della scuola di specializzazione in archeologia
dell’Università La Sapienza di Roma, sono coordinati dal Dott. Luca Attenni, direttore del Museo Civico Lanuvino e dal dott. Fabrizio Santi.
34
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
Fig.3. Fondazioni del tempio di Iuno Sospita, colonnette di fondazione della navata centrale della Basilica,
sullo sfondo muro del pronao.
affrettano ad espletare
ci stupisce e che nella
basilica di San Nicola in
i riti propiziatori o che
Carcere rivive anche grasemplicemente cambiazie al lavoro paziente dei
no moneta nelle piccole
ricercatori del C.R.S.A. –
e ben celate “bottegheCentro Ricerche Speleo
casseforti” ricavate negli
Archeologiche - che acinterstizi laterali del temcompagnano i visitatori
pio di Giunone Sospita, il
e li introducono, con un
centrale. In un primo mosalto nel tempo, nella
mento si ritenne che queRoma Repubblicana. Il
sti piccoli ambienti fosselento scorrere dei secoro delle celle carcerarie.
li stratifica i livelli e agDalle emergenze archegiunge storia e racconti
ologiche, tuttavia, è ri- Fig.4. Muro di fondazione del pronao del tempio di
Iuno Sospita, in evidenza lo stipite del portale
ad un luogo che da solo
sultato che essi potevano
d’ingresso al tempio.
essere chiusi saldamente
potrebbe narrarci le oridall’interno, per tale motivo si è pensato appunto ad
gini dell’Urbe, lo spirito cosmopolita e unificatore (siuna destinazione d’uso legata all’attività bancaria o
necismo) dei primi coloni greci di Evandro che incondi cambiavalute, vista la loro ubicazione in un centro
trano, nel mito di fondazione, i pastori romani pronti
commerciale e portuale molto frequentato.
a gettare le basi per una nuova polis una nuova urbs
E’ questa la magia dell’antica Roma che sempre
un nuovo impero, il nuovo mondo di Roma.
n. 5 | ottobre | 2011
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
35
Bibliografia
Coarelli F., Roma, in Guide Archeologiche
Laterza, Bari 2008.
Delbruck R., Die drei Tempel am Forum
Holitorium in Rom, Rom 1903.
Crozzoli Aite L., I tre templi del Foro Olitorio, in Memorie Pontificia Accademia
Romana, XIII, 1981.
Nibby A., Roma nell’anno MDCCCXXXVIII,
descritta da Antonio Nibby. (4 voll.) Roma,
Tipografia delle Belle Arti, 1838-1841.
Palombi A., La basilica di S. Nicola in Carcere. Il complesso architettonico dei tre
templi del Foro Olitorio, Città di Castello
2006.
Adam J. –P., Le temple de Portunus au Forum Boarium, Rome 1994.
Proja G. B., San Nicola in Carcere, «Le chiese di Roma illustrate», 112, Roma 1981.
Andaloro M. – S. Romano, La pittura medievale a Roma - 1050/1198, Università
degli studi della Tuscia-Viterbo, Milano
2006.
Magnani L., Frammenti di affreschi medioevali di S. Nicola in Carcere nella Pinacoteca Vaticana (estr. da Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia,
VIII [1932], pp. 239-247).
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
CONFERENZE e
CONVEGNI
Conferenze, convegni, workshop
mercoledì 12 ottobre 2011, ore 9.00
Convegno Internazionale: “Cooperazione internazionale per il patrimonio archeologico. Scoperte e
conservazione”
Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Sala
Altoviti, Via del Plebiscito, 118
mercoledì 12 ottobre 2011, ore 17.00
Conferenza: “Archivi pubblici e archivi privati nelle
fonti ebraiche e nella documentazione papirologica
del periodo romano”
Relatrice: Daniela Piattelli
Roma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, Via E. De Nicola, 79
venerdì 14 – domenica 16 ottobre 2011
Convegno: “Memoria Romana: Memory in Rome and
Rome in Memory”
Roma, American Academy in Rome, Via Angelo Masina, 5
mercoledì 19 ottobre 2011, ore 17.00
Conferenza: “‘Magia’ agonistica a Roma dalla collezione del Museo Nazionale Romano”
Relatrice: Gabriella Bevilacqua
Roma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, Via E. De Nicola, 79
giovedì 20 ottobre 2011, ore 9.30
“Giornata di Studi in onore di Claudia Barsanti”
Roma, Sala dell’Ecole Française, Piazza Navona, 62
lunedì 24 ottobre 2011, ore 17.00
Incontro AIAC: “L’archeologia a Roma nel Novecento”
Roma, Istituto Archeologico Germanico, Via Curtatone, 4 D
sabato 29 ottobre, ore 18.00
Conferenza: “Le antiche carceri romane e il potere
temporale”
Relatore: Antonio Parente
Santa Severa, Castello di Santa Severa – Museo del
Mare e della Navigazione Antica
n. 5 | ottobre | 2011
sabato 5 novembre, ore 10.00
Convegno: “Volontari per l’Archeologia. L’Associazionismo archeologico: un impegno civile italiano ed
europeo (1963-2011)” (convegno in ricordo di Ludovico Magrini a venti anni dalla sua scomparsa)
Roma, Palazzo Valentini – Sede della Provincia di
Roma, Via IV Novembre, 119a
mercoledì 9 novembre
II Giornata di Studio: “SITAR (Sistema Informativo
Territoriale Archeologico di Roma). Potenziale archeologico, pianificazione territoriale e rappresentazione
pubblica dei dati”
Roma, Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo,
Largo di Villa Peretti, 1
mercoledì 9 novembre, ore 17.00
Conferenza: “Cospirazioni e pratica di governo in età
augustea: la disgrazia politica di Gaio Cornelio Gallo,
primo prefetto d’Egitto”
Relatrici: Francesca Rohr ed Emanuele Ciampini
Roma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, Via E. De Nicola, 79
mercoledì 9 novembre, ore 18.00
Conferenza: “Il posizionamento dello stoccaggio nel
sistema commerciale romano” Relatrice: Catherine
Virlouvet – École française de Rome
Roma, British School at Rome, Via A. Gramsci, 61
sabato 12 novembre, ore 18.00
Conferenza: “Lungo il Tevere da S. Giovanni dei Fiorentini a Ponte Sisto”
Relatore: Renato Tiberti
Santa Severa, Castello di Santa Severa – Museo del
Mare e della Navigazione Antica
lunedì 14 novembre, ore 9.00
Convegno: “Il simposio greco e la sua recezione nella
cultura etrusca in memoriam Horst Blanck”
Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Piazzale di Villa Giulia, 9
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
37
CONFERENZE e
CONVEGNI
Conferenze, convegni, workshop
lunedì 21 novembre, ore 17.00
Incontro AIAC: “Arte, archeologia e testo negli studi
di spazio architettonico romano”
Roma, Istituto Svedese a Roma, Via Omero, 14
mercoledì 23 novembre, ore 17.00
Conferenza: “La sequenza architettonica delle fasi ittite
di Malatya-Melid”
Relatore: Corrado Alvaro
Roma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, Via E. De Nicola, 79
sabato 26 novembre, ore 18.00
Conferenza: “Storia e simbologia dei colori: dall’antichità all’epoca moderna”
Relatrice: Nicoletta Retico
Santa Severa, Castello di Santa Severa – Museo del Mare
e della Navigazione Antica
lunedì 28 – mercoledì 30 novembre
Convegno: “Questioni di rito. Rituali come fonte di
conoscenza delle religioni e delle concezioni del mondo
nelle culture antiche”
Roma, Escuela Española de Historia y Arqueologia, Via di
Torre Argentina, 8
giovedì 1 – sabato 3 dicembre
Convegno: “Attraverso l’epigrafia. Ricordando Luigi
Moretti”
Roma, “Sapienza” – Università di Roma. Edificio Facoltà
di Filosofia, Umanistica, Lettere, Scienze Umanistiche,
Studi Orientali (Aula XXII e Aula Odeion), Piazza Aldo
Moro, 5
sabato 3 dicembre, ore 10.00
Convegno: “Tecniche costruttive del Tardo Ellenismo nel
Lazio e in Campania”
Segni (RM) – Sala Pio XI della Cattedrale di S. Maria
Assunta
martedì 6 – mercoledì 7 dicembre
Convegno: “Giuseppe Tomassetti a cento anni dalla morte e la sua opera sulla Campagna Romana”
Roma, Campidoglio – Sala Pietro da Cortona; Istituto Nazionale di Studi Romani – Piazza dei Cavalieri di Malta, 2
38
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
mercoledì 7 dicembre, ore 17.00
Conferenza: “Targhe di servizio e organizzazione del
servizio postale nel mondo romano”
Relatore: Giovanni Mennella
Roma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, Via E. De Nicola, 79
sabato 10 dicembre, ore 18.00
Conferenza: “Riti e culti funerari nella Roma sotterranea
cristiana”
Relatrice: Alessandra Squaglia
Santa Severa, Castello di Santa Severa – Museo del Mare
e della Navigazione Antica
lunedì 12 dicembre, ore 17.00
Incontri AIAC: “Memoria e luoghi nella Tarda Antichità”
Roma, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana – Via
Napoleone III, 1
martedì 13 dicembre, ore 10.00
Convegno: “Archeologia in Provincia”
Roma, Complesso del Vittoriano – Ala Brasini (Sala Verdi), Via San Pietro
mercoledì 14 dicembre, ore 17.00
Conferenza: “Alle origini della metallurgia: tra Vicino
Oriente ed Europa”
Relatore: Gian Maria Di Nocera
mercoledì 14 dicembre, ore 18.00
Conferenza: “Patriottismo e ideologia civica a Ostia
romana: un esercizio di epigrafia”
Relatore: Prof. Christer Bruun – Università di Toronto
Roma, Villa Lante al Gianicolo – Passeggiata del Gianicolo, 10
venerdì 16 e sabato 17 dicembre, ore 9.00
Convegno: “Incontro Internazionale di Studi in memoria
di Marion Elizabeth Blake”
Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo,
Largo di Villa Peretti, 1
sabato 17 dicembre, ore 16.00
Convegno ed inaugurazione mostra: “Tesori ritrovati.
L’alta valle dell’Aniene in mostra”
Trevi nel Lazio (FR) – Castello Caetani
Mostre
fino al 23 ottobre 2011 (prorogata)
“Ritratti. Le tante facce del potere”
Roma, Musei Capitolini, Via del Campidoglio, 1
fino al 26 ottobre 2011
”La Fanciulla di Vagli. Il sepolcreto ligure-apuano della
Murata a Vagli di Sopra”
Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi, Via della Quarquonia
fino al 30 ottobre 2011
“I vasi della vita”. Serzela: storia di un villaggio scomparso attraverso la documentazione ceramica”
Gonnostramatza (OR), Museo Turcus e Morus, Piazza
San Michele
fino al 31 ottobre 2011
“Memorie dal sottosuolo. Scoperte archeologiche nella
Sardegna centro-settentrionale”
Sassari, Museo Nazionale G.A. Sanna – Padiglione Clemente, Via Roma, 64
fino al 6 novembre 2011
“Acquedotti romani”
Roma, Cinecittàdue Arte Contemporanea, Centro Commerciale Cinecittàdue, Viale Palmiro Togliatti, 2
fino al 6 novembre 2011
“Villa Adriana. Dialoghi con l’antico”
Tivoli, Villa Adriana
fino al 13 novembre 2011
“Le grandi vie della civiltà. Relazioni e scambi fra il Mediterraneo e il centro Europa dalla Preistoria alla Romanità”
Trento, Castello del Buonconsiglio
fino al 16 novembre 2011
“Lo spreco necessario. Il lusso nelle tombe di Ascoli
Satriano”
Ascoli Satriano, Polo Museale di Ascoli Satriano
fino al 20 novembre 2011
“La vigna di Dioniso. Vite, vino e culti in Magna Grecia”
Bari, Palazzo Simi, Strada Lamberti
n. 5 | ottobre | 2011
fino all’11 dicembre 2011
Mostra fotografica: “La Via Appia. Laboratorio di
mondi possibili tra ferite ancora aperte”
Roma, Capo di Bove – Via Appia Antica, 222
fino al 30 dicembre 2011
“La pietra e gli eroi. Le sculture restaurate di Mont’e
Prama”
Sassari, Centro di conservazione e restauro dei beni
culturali, Loc. Li Punti
fino al 31 dicembre 2011
“Abitavano fuori porta. Gente della Piacenza romana”
Piacenza, Museo Archeologico – Musei Civici di Palazzo Farnese, Piazza Cittadella
fino al 31 dicembre 2011
“Nutrire il corpo e lo spirito. Il significato simbolico
del cibo nel mondo antico”
Milano, Museo Archeologico, Corso Magenta, 15
fino al 31 dicembre 2011
“La Tomba di Monte dell’oro: lusso e importazione a
Cerveteri nel VII sec. a.C.”
Cerveteri, Museo Nazionale Cerite, Piazza Santa Maria
fino al 7 gennaio 2012
“Parco Novi Sad – Archeologia di uno spazio urbano”
Modena, Lapidario Romano dei Musei Civici, Palazzo
dei Musei, Viale Vittorio Veneto, 5
fino all’8 gennaio 2012
“Duemila anni di produzioni ceramiche a Falerii”
Civita Castellana, Forte Sangallo, Via del Forte, 86
fino all’8 gennaio 2012
“Virgilio. Volti e immagini del poeta”
Mantova, Ala Napoleonica di Palazzo Te, Viale Te, 19
fino al 15 gennaio 2012
“Ἀποξυόμενος. L’atleta del Kimbell Art Museum”
Roma, Musei Capitolini, Appartamento dei Conservatori - Sala degli Arazzi, Piazza del Campidoglio, 1
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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CONFERENZE e
CONVEGNI
Mostre
fino al 15 gennaio 2012
“La vigna di Dioniso. Vite, vino e culti in Magna Grecia”
Bari, Palazzo Simi, Strada Lamberti
fino al 15 gennaio 2012
“Politica e leader nel Lazio ai tempi di Enea”
Roma, Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, Piazza G. Marconi, 14
fino al 15 gennaio 2012 (prorogata)
“Nerone”
Roma, area espositiva al II ordine del Colosseo, nella
Curia Iulia e nel Tempio di Romolo al Foro romano,
nel Criptoportico neroniano e nel Museo sul Palatino
fino al 22 gennaio 2012
“Venezia e l’Egitto”
Venezia, Palazzo Ducale, San Marco
fino al 5 febbraio 2012
“A Oriente. Città, uomini e Dei sulle Vie della Seta”
Roma, Museo Nazionale Romano, sede Terme di Diocleziano, Viale Enrico De Nicola, 79
fino al 28 febbraio 2012
“Dopo lo tsunami: Salerno antica”
Salerno, Complesso Monumentale di Santa Sofi, Largo Abate Conforti
fino al 9 aprile 2012
“Tesori ritrovati. L’alta valle dell’Aniene in mostra”
Trevi nel Lazio (FR) – Castello Caetani
fino al 18 maggio 2012
“Ashby e l’Abruzzo”
Teramo, Museo Civico Archeologico ‘F.Savini’, Via
Delfico
fino al 15 giugno 2012
“Museo Nazionale Etrusco di Chiusi + 110”
Chiusi, Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, Via Porsenna, 93
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ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
n. 5 | ottobre | 2011
ARCHEOLOGIA SOTTERRANEA
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