Luglio-Settembre 2013 • Vol. 43 • N. 171 • Pp. 158-166 Dismorfologia neonatale Sindromi malformative con restrizione della crescita fetale Luigi Memo1, Angelo Selicorni2 1 2 UOC Pediatria e Neonatologia, Ospedale San Martino, Belluno UOS Genetica Clinica Pediatrica, Clinica Pediatrica Fondazione MBBM, Monza Riassunto Il difetto di crescita intrauterino (IUGR) è una condizione clinica la cui incidenza è stimata approssimativamente attorno a valori del 5-10%. La patogenesi dello IUGR è senza dubbio multifattoriale, ma le cause e i meccanismi eziologici alla base sono ancora poco chiari. Le associazioni causali conosciute riguardano sia fattori fetali, sia fattori placentari e/o materni. Il feto infatti può presentare parametri auxologici inferiori alla media per ragioni familiari (i.e. costituzione familiare) o, diversamente, per alterazioni cromosomiche, sindromi dismorfiche o, meno frequentemente, per infezioni congenite. Il fumo di sigaretta, inoltre, può contribuire all’instaurarsi di uno IUGR, così come l’assunzione di alcool e di alcune sostanze da parte della madre. Una diagnosi eziologica il più possibile corretta ed immediata, un’assistenza clinica e psicologica ed un completo programma di follow-up nei primi anni di vita è ciò che il neonatologo dovrebbe offrire, sia al neonato che ai suoi genitori. Summary Intrauterine growth restriction (IUGR) is a clinical condition with an estimated incidence from about 5% to 10%. The pathogenesis of IUGR is complex and multifactorial, and many of IUGR causes and etiologic mechanisms are poorly understood. The known etiologic associations involve fetal, placental, and/or maternal factors. The fetus may present lower auxological parameters because of family reasons (i.e. the parents are constitutionally small) or because of chromosomal abnormalities, dysmorphic syndromes, and, less frequently, congenital infections. Cigarette smoking can also contribute to the development of a growth-restricted fetus, as well as maternal alcohol or other drugs ingestion. A correct early etiologic diagnosis, a clinical and psychological support and a complete follow-up program should be offered by the neonatologist during the first years of life both to the infant and to the parents. Parole chiave: Malformazioni congenite; sindromi malformative; neonato piccolo per l’età gestazionale; ritardo di accrescimento intrauterino Key words: Congenital malformations; Genetic syndromes; Small For Gestational Age (SGA); Intrauterine Growth Restriction (IUGR) Metodologia della ricerca bibliografica La letteratura scientifica utilizzata dagli autori è costituita sia da testi classici di riferimento nell’inquadramento clinico-diagnostico delle sindromi malformative che da articoli di aggiornamento, rintracciati utilizzando come motore di ricerca Pubmed ed inserendo come parole chiave quelle elencate all’inizio del presente articolo. Introduzione La crescita intrauterina è un processo biologico estremamente complesso che inizia al momento del concepimento e prosegue fino al termine della gravidanza: fattori diversi (fetali, placentari e materni) possono interferire su tale processo, comportando in circa il 5-10% delle gravidanze un mancato raggiungimento del potenziale di crescita del feto (Robinson et al., 2000). La restrizione della crescita fetale (fetal growth restriction: FGR) o ritardo di crescita intrauterino (intrauterine growth retardation: IUGR) costituisce ancora oggi uno dei problemi più complessi per l’ostetricia per l’elevata morbilità e mortalità neonatale a cui si associa (Resnik, 2002). I nati da gravidanza complicata da IUGR oltre ad un basso punteggio di Apgar, presentano una maggior incidenza di distress respiratorio e di aspirazione da meconio, frequentemente vanno incontro ad asfissia e crisi ipoglicemiche e non rari sono gli esiti tardivi: difficoltà di apprendimento e problemi comportamentali 158 in età scolare, malattie cardiovascolari e metaboliche, quali ipertensione arteriosa, obesità, dislipidemia, insulino-resistenza, ridotta tolleranza glucidica e diabete di tipo II, nell’adulto (Barker, 2006; Strauss, 2000) In passato tutti i neonati di basso peso venivano etichettati come prematuri. L’acronimo SGA (small for gestational age) venne utilizzato per la prima volta da Sonderling (1953) che notò come i neonati di basso peso presentassero uno sviluppo diverso riguardo a stato di vigilanza, competenze motorie, riflessi e capacità di alimentazione, a seconda della loro età gestazionale. Attualmente non esiste una standardizzazione assoluta per la definizione: la maggior parte degli autori concorda per definire SGA il neonato con un peso alla nascita inferiore al 10° percentile e grave SGA il neonato con peso alla nascita inferiore al 3° centile o a due deviazioni standard rispetto alla media (Chang et al., 1992; Clayton et al., 2007; Saenger et al., 2007). Le definizioni di SGA e di IUGR sono state spesso erroneamente usate scambievolmente, ma i due termini non sono sinonimi ed esprimono due concetti diversi (Figueras et al., 2007; Alberry et al., 2007). Il termine SGA si riferisce ad una definizione di tipo statistico, è basato su una valutazione auxologica trasversale e definisce i soggetti in cui le dimensioni corporee sono inferiori, per quell’età gestazionale ad un determinato “valore soglia” della popolazione di riferimento. Questa definizione comprende quindi sia soggetti che hanno fallito il raggiungimento del proprio potenziale di crescita, da cause ma- Sindromi malformative con restrizione della crescita fetale terne, placentari, funicolari e fetali, sia soggetti costituzionalmente piccoli, ma sani. Il termine IUGR si riferisce invece ad una definizione più di tipo clinico, basata su una valutazione auxologica ecografica longitudinale prenatale, e definisce i feti che presentano un rallentamento o un arresto della crescita, quindi con un mancato raggiungimento del proprio potenziale di crescita. Non tutti i neonati identificati alla nascita come SGA sono soggetti affetti da IUGR, così come vi possono essere neonati con IUGR non classificati come SGA. In maniera empirica possiamo dire che ogni neonato con un peso al di sotto del 3° percentile debba essere considerato come il risultato di un ritardato accrescimento intrauterino. Tenendo conto che, in caso di IUGR, il peso è il parametro che per primo si manifesta come deficitario, poi la lunghezza e solo alla fine la circonferenza cranica (Gluckman et al., 2005; Hochberg et al., 2008), il neonatologo deve necessariamente calcolare i centili di questi tre parametri e stabilire che tipo di rapporto esista fra loro (Hall et al., 2007) e quindi definire se si tratta di una forma simmetrica o asimmetrica di IUGR (Kanaka-Gantenbein et al., 2003). Nello IUGR simmetrico o armonico o di tipo I il ritardo di crescita interessa in maniera globale il feto già in epoca gestazionale precoce; è caratterizzato da un costante e consistente ritmo di crescita subottimale ed è più frequentemente associato a malattie genetiche, infezioni congenite o a grave insufficienza utero-placentare ad esordio precoce, determinata da condizioni patologiche materne o da anomalie primarie della placentazione. Viceversa nello IUGR asimmetrico, disarmonico o di tipo II vi è una riduzione del peso proporzionalmente maggiore rispetto alla lunghezza e la circonferenza cranica aumenta normalmente fin quasi a termine di gravidanza. Generalmente rappresenta il risultato di un’insufficienza utero-placentare di grado lieve moderato, è caratterizzato da una rapida riduzione del ritmo di crescita fetale nell’ultima parte della gravidanza e viene generalmente diagnosticato dopo la 32a settimana. Cause di IUGR I neonati SGA rappresentano una popolazione eterogenea: circa il 20-30% sono costituzionalmente piccoli, ma per tutto il resto per- fettamente normali, circa il 20% sono affetti da una patologia cromosomica o presentano delle anomalie strutturali, nel 5-10% dei casi dall’anamnesi materna si può risalire ad un agente teratogeno, mentre nel 35-40% dei neonati SGA vi è un’evidenza di restrizione della crescita fetale secondaria ad inadeguati scambi materno-fetali per cause materne, placentari, funicolari o fetali (Wollmann, 1998). Generalmente i fattori che possono comportare uno IUGR in gravidanza sono suddivisi in materni, placentari e fetali (vedi Tab. I). Nel corso della trattazione commenteremo in particolare le sindromi da teratogeni per quanto riguarda i fattori materni e le cause più propriamente genetiche (sindromi associate ad anomalie cromosomiche, sindromi monogeniche/fenotipiche con armonica riduzione dei parametri auxologici, displasie scheletriche e sindromi legate ad anomalie di regioni genomiche soggette ad imprinting) per quanto riguarda i fattori fetali. Nonostante le più sofisticate moderne tecniche diagnostiche, ancora oggi in circa il 40% dei casi non è possibile risalire ad un preciso fattore causale della condizione SGA e siamo costretti a catalogarla come idiopatica. L’approccio al neonato piccolo per l’età gestazionale con sospetta sindrome malformativa Attualmente un grave IUGR viene facilmente diagnosticato nel corso delle indagini ecografiche di routine, al più tardi in 18 a-20 a s.g: la gestante, in questo caso, deve essere inviata ad un centro di III livello per eseguire un’ecografia fetale dettagliata ed un eco Doppler dell’arteria uterina. Un’analisi del cariotipo fetale deve essere considerata in tutti i feti con grave IUGR con anomalie associate e in quelli identificati dopo la 20 a s.g., specie se il Doppler dell’arteria uterina è normale. In caso di grave IUGR, vanno inoltre effettuate le sierologie per infezione da CMV e toxoplasma e, nei soggetti a rischio, anche per sifilide e malaria (Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, 2013). Dopo la nascita il neonato con IUGR può essere studiato con più accuratezza. Ciò permetterà di valutare con maggiore precisione la possibilità che alla base della FGR vi sia la presenza di una condizione costituzionale malformativa del bambino. Tabella I. Cause di IUGR. Fattori materni Fattori placentari Fattori fetali - Grave malnutrizione materna - Ipossiemia materna - Malattie ematologiche ed immunologiche che possono causare trombosi a livello placentare e diminuire la perfusione utero placentare - Malattie materne (es: nefropatie, malattie del collageno) e complicazioni ostetriche (es, preeclampsia) che si possono associare a vasculopatia - Virus e parassiti (TORCH*, malaria) - Fumo di sigaretta, - Assunzione di alcool, cocaina, eroina - Esposizione a tossici o farmaci - Altitudine elevata - Variabili demografiche - Etnia - Gravidanza agli estremi dell’età riproduttiva - Precedente neonato SGA - Anomalie della vascolarizzazione uteroplacentare - Anomalie della placenta - Nulliparità o multiparità elevata - Infarti placentari multipli - Abruptio placentae - Inserzione anomala del funicolo sulla placenta - Emangioma placentare - Arteria ombelicale unica - Sindromi da teratogeni - Sindromi associate ad anomalie cromosomiche (aneuploidie classiche e nuovi riarrangiamenti genomici) - Sindromi monogeniche /fenotipiche con armonica riduzione dei parametri auxologici - Sindromi associate a prevalente riduzione della lunghezza (displasie scheletriche) - Sindromi legate ad anomalie di regioni genomiche soggette ad imprinting - Malformazioni congenite maggiori - Gravidanze multiple *TORCH: Toxoplasmosi, Other (sifilide), Rosolia, Cytomegalovirus, Herpes simplex virus 159 L. Memo, A. Selicorni Questa opportunità non deve essere dimenticata in quanto, utilizzando i sistemi computerizzati di ausilio diagnostico per le patologie malformative (POSSUM/LDDB), possiamo rilevare che in circa 1/6 delle sindromi malformative descritte, vale a dire in oltre 500 entità, è presente un basso peso alla nascita. Poiché molteplici condizioni sindromiche si associano potenzialmente ad IUGR è indispensabile che il neonatologo ponga particolare attenzione, nel suo iter diagnostico, a tutti quegli elementi anamnestici, clinici e funzionali che possono fungere da campanello d’allarme nei confronti di una possibile sindrome malformativa. Due elementi certamente orientativi in questo senso possono essere la presenza di malformazioni maggiori associate a carico degli organi interni e/o la presenza di anomalie minori del viso o di altri distretti. Più volte è stata segnalata una correlazione fra presenza di malformazioni e IUGR, ma quest’associazione si è recentemente rivelata poco convincente (Puccio et al., 2013), se non forse con le cardiopatie congenite. Malik et al. (2007) segnalano infatti che neonati con cardiopatia congenita, in particolare con difetti conotruncali o del setto, hanno una probabilità due volte maggiore di essere SGA, rispetto ai neonati senza difetti congeniti. Corre l’obbligo segnalare che le malformazioni vanno differenziate, sul piano concettuale, dalle deformazioni e dalle displasie, così come le sindromi malformative devono essere distinte dalle sequenze e dalle associazioni. La tabella II riporta le definizioni corrette di tutte queste differenti situazioni. Sarà inoltre importante rilevare in termini obiettivi la presenza di eventuali anomalie dimensionali a carico della circonferenza cranica (macro/ microcefalia assolute o relative) e/o eventuali asimmetrie corporee. Poiché la diagnosi di FGR può avvenire solamente alla nascita, sarà importante effettuare un raccordo anamnestico completo, che, oltre alla valutazione di tutte le problematiche cliniche materne che fanno parte del work up di un feto/neonato SGA, avrà una particolare attenzione alla eventuale esposizione materna a farmaci, teratogeni (alcool e cocaina oltre che fumo) e/o alla contrazione di infezioni materne in gravidanza. È quindi utile eseguire in modo sistematico una ricerca di malformazioni maggiori associate attraverso indagini strumentali appropriate ed effettuare un accurato esame obiettivo dismorfologico del neonato stesso. A questo riguardo può essere preso come riferimento il numero di gennaio 2009 di Am J Med Genet che, con una serie di articoli scaricabili liberamente tramite Internet, definisce in modo sistematico ed accurato, con l’utilizzo di schemi ed immagini fotografiche, la corretta definizione delle singole anomalie minori (Allason et al.; Biesecker et al.; Carey et al.; Hall et al.; Hennekam et al.; Hunter et al., 2009). Questa raccomandazione è particolarmente rilevante pensando alla oggettiva difficoltà esistente nella classificazione dismorfologica di un neonato anche in relazione alla potenziale presenza di device respiratori/nutrizionali che possono inficiare una completa osservazione. Va inoltre sottolineato come, nell’ambito di svariate condizioni sindromiche, la stessa estrinsecazione del quadro dismorfologico possa avvenire in modo progressivo e più eclatante con il passare delle settimane/mesi; ciò quindi giustifica la necessità dell’impostazione di un accurato programma di follow-up. Il percorso di inquadramento diagnostico del neonato SGA potenzialmente sindromico segue le regole della genetica clinica classica, che prevedono la definizione di una o più potenziali ipotesi diagnostiche, ove possibile confermate con opportuni test molecolari. Questo percorso va inoltre integrato con le nuove potenzialità diagnostiche offerte dalla citogenetica molecolare e le nuove conoscenze relative ai fenotipi derivanti da anomalie di regioni genomiche soggette al fenomeno dell’imprinting. Sindromi associate ad anomalie cromosomiche È ben noto che la presenza di un’anomalia cromosomica in difetto o in eccesso è frequentemente associata ad un ritardo di accrescimento intrauterino. Le trisomie classiche (13, 18 e 21) o la ben nota sindrome di Turner ne sono, in proporzione diversa, esempi evidenti. La prevalenza attuale alla nascita di queste condizioni è sensibilmente condizionata dalla diffusione della diagnosi prenatale invasiva secondaria all’esecuzione di screening biochimici/ecografici materni, all’età materna al concepimento e relative scelte della donna, o al percorso di approfondimento diagnostico secondario al riscontro di IUGR, associato o meno alla presenza di malformazioni maggiori sin dal periodo prenatale. Per quanto attiene le trisomie classiche la presenza di malformazioni maggiori, di note dismorfiche specifiche, spesso associate ad anomalie neurologiche (ipotonia) dovrebbero spingere facilmente il neonatologo a porre il sospetto diagnostico corretto. Più complessa la diagnosi clinica di sindrome di Turner in assenza della malformazione cardiaca più caratteristica (coartazione aortica) e/o della presenza di linfedema a carico delle estremità. Va poi ri- Tabella II. Definizione dei diversi tipi di difetti congeniti. Malformazione maggiore Difetto morfologico di un organo, di una sua parte o di un’area più grande del corpo, che costituisce l’esito di un processo di sviluppo embrionale intrinsecamente anomalo (difetto insorto nel corso della organogenesi). Malformazione minore Difetto congenito di scarso significato medico o chirurgico che può avere una rilevanza dal punto di vista estetico. Deformazione /Disruption Difetto congenito rappresentato da un’anomalia di forma o posizione di una parte del corpo, causata da forze meccaniche che hanno agito su di una struttura fino a quel momento sviluppatasi normalmente (difetto insorto dopo il completamento dell’organogenesi). Displasia Anomala organizzazione o funzione cellulare che causa alterazioni strutturali. Sequenza malformativa Quadro clinico plurisintomatico caratterizzato da un difetto congenito primitivo che determina a cascata l’insorgenza di altre malformazioni o deformazioni. Associazione casuale Contemporanea presenza di due o più difetti congeniti in un medesimo individuo per ragioni indipendenti. Associazione non casuale Quadro clinico caratterizzato da anomalie multiple che fanno parte dello stesso quadro clinico e che si associano con una frequenza che non può essere attribuita al solo caso. La loro eziologia rimane tuttora ignota. (es associazione Vater/Vacterl) Sindrome Presenza contemporanea di più difetti della morfogenesi, anomalie minori, difetti antropometrici sulla base di un’unica causa. 160 Sindromi malformative con restrizione della crescita fetale Tabella III. Sindromi cromosomiche più comuni associate a IUGR. Trisomia 21 Trisomia 18 Trisomia 13 Sindrome di Turner Monosomia parziale 5p (Sindrome del Cri du Chat) Monosomia parziale 4p (Sindrome di Wolf-Hirshhorn) Monosomia parziale 18p Monosomia parziale 18q Monosomia parziale 15q terminale Sindrome di Williams (microdelezione 7q11.2) Microdelezione 22q11.2 cordato che l’assetto cromosomico classico della sindrome di Turner può essere presente solo in una proporzione di cellule (condizione di mosaicismo) con implicazioni importanti sia sul piano fenotipico che di diagnosi citogenetica. Tra le sindromi da delezione cromosomica la più nota è senza dubbio la sindrome del Cri du Chat o sindrome 5p-. Anche in questo caso il fenotipo neonatale può essere non così eclatante in assenza delle caratteristiche fonologiche più classiche (pianto flebile tipo miagolio di gatto). Certamente di più agevole riconoscimento la sindrome di Wolf-Hirshhorn (4p-) per il suo caratteristico aspetto della regione fronto-oculo-nasale ad “elmo greco”, associata quasi invariabilmente alla presenza di ipotonia ed anomalie della alimentazione. Il difetto genetico di base, delezione a carico del braccio corto del cromosoma 4, può essere evidente sin dall’analisi cromosomica classica o necessitare di approfondimenti mirati (FISH specifica o arrayCGH). Il riconoscimento neonatale può essere meno semplice di quanto sopra prospettato di fronte ad altri quadri di sindromi da microdelezione note, quali la sindrome di Williams o la sindrome da microdelezione 22q11.2, in quanto il quadro di presentazione stesso potrebbe essere non così eclatante sul piano dismorfologico, rendendo il riconoscimento difficoltoso soprattutto in assenza delle anomalie maggiori classiche (stenosi sopravalvolare aortica, cardiopatia troncoconale, palatoschisi e/o grave insufficienza velopalatina). La sindrome di Prader-Willi, che pure presenta una microdelezione cromosomica nella maggioranza dei casi, verrà discussa nel capitolo delle condizioni secondarie ad alterazioni dell’imprinting genomico. Nell’ambito delle condizioni associate a microdelezione cromosomica vale la pena ricordare anche la delezione parziale (monosomia) della porzione distale del cromosoma 15 (15q26.2 -->15qter) che è associata a IUGR per la perdita di una copia del gene IGF-1R le cui mutazioni puntiformi in eterozigosi possono altrettanto causare SGA e ritardo di accrescimento post-natale (Saenger et al., 2012). Altre due condizioni che devono essere tenute presenti in riferimento a questa categoria di sindromi sono la delezione parziale 18p e la delezione parziale 18q. La prima è caratterizzata da ritardo di crescita e sviluppo, note dismorfiche e, in un terzo circa dei casi, importanti malformazioni del sistema nervoso centrale (spettro oloprosencefalia); nei pazienti con questo genere di anomalia può essere presente ipopituitarismo e relativo deficit di GH. La monosomia parziale 18q è invece caratterizzata da tratti somatici dismorfici, ritardo di crescita e sviluppo, anomalie delle estremità e genito-urinarie; anche in questa condizione è di frequente osservazione la presenza di deficit di GH. La tabella III riassume le condizioni più comuni associate a IUGR e causate da una anomalia cromosomica. Non va poi dimenticato che da qualche anno sta sempre più diffondendosi nella pratica clinica l’utilizzo delle nuove tecniche di analisi genomica (array-CGH) nell’inquadramento diagnostico di pazienti con quadri clinici polimalformativi e/o di ritardo di sviluppo. Già nel 2010 Miller et al. suggerivano la possibilità di una sostituzione della classica indagine cromosomica con un approccio di array-CGH nell’iter diagnostico dei pazienti con anomalie congenite multiple e/o disabilità intellettiva. Peraltro l’utilizzo di questa metodica si sta progressivamente estendendo anche al periodo prenatale, permettendo di individuare la presenza di microduplicazioni/microdelezioni patogenetiche non sospettabili su base clinica. In un’ampia casistica pubblicata da Breman et al. (2012), dove 1124 campioni prenatali sono stati analizzati con array-CGH, si segnala che in ben 410 casi l’indicazione all’esecuzione dell’esame era rappresentata da un riscontro anomalo all’ecografia prenatale, non differenziando, però, tra anomalie di accrescimento e/o evidenza di malformazioni maggiori. È comunque significativo segnalare che in 38 casi (9,3%) l’array-CGH aveva mostrato la presenza di un’anomalia patogenetica. Restando all’ambito post-natale la gran parte dei dati disponibili nella letteratura si riferisce, appunto, all’utilizzo della metodica nell’analisi di quadri polimalformativi e/o di disabilità intellettiva, mentre non sono disponibili studi costruiti in primis sul neonato con IUGR. È però importante ricordare che molti di questi neonati possono associare, al ritardo di accrescimento intrauterino, la presenza di malformazioni maggiori e note dismorfiche che giustifichino l’esecuzione di questo accertamento. Non va dimenticato inoltre che grazie all’array-CGH può essere possibile anche identificare sindromi da microdelezione “classica” con fenotipo particolarmente atipico e/o sfumato (Mosca-Boidron et al., 2012). Questa opportunità è ancor più preziosa a livello neonatale in relazione a quanto sopra ricordato e cioè che l’espressione clinica di molte condizioni/sindromi da microdelezione classica, soprattutto sul piano dismorfologico, può essere particolarmente sfumata nel periodo neonatale. Non è certamente compito di questo report andare nel dettaglio delle potenziali difficoltà interpretative che questo genere di indagine pone. Le informazioni che via via sono state raccolte a livello internazionale nel corso degli anni consentono comunque di affermare che, in una percentuale non irrilevante di casi il riscontro, grazie a questo approccio, di una variazione quantitativa di DNA, può non essere con certezza causalmente correlabile con un eventuale quadro patologico osservato nel neonato. A questo proposito la letteratura internazionale offre lavori di revisione metodologica che cercano di dare indicazioni pratiche condivise per l’interpretazione dei risultati ottenuti (Riggs et al., 2012). Sindromi monogeniche /fenotipiche con armonica riduzione dei parametri auxologici Ci riferiamo in questo ambito a tutte quelle condizioni che hanno come denominatore comune la presenza di scarso accrescimento intrauterino simmetrico variamente associato a problematiche malformative, dismorfiche e neurologiche. Sul piano patogenetico queste sindromi o non hanno ancora avuto una definizione del difetto di base o sono caratterizzate dall’assenza di anomalie cromosomiche e, spesso, dalla presenza di mutazioni di singole informazioni genetiche. Utilizzando comuni motori di ricerca in ambito dismorfologico (Oxford Medical Database, database di Orphanet) e inserendo come criterio di ricerca la presenza di ritardo di crescita intrauterino/basso peso neonatale, entrambi i sistemi propongono più di 150 condizio- 161 L. Memo, A. Selicorni Tabella IV. Sindromi monogeniche / fenotipiche più frequenti associate a IUGR. Sindrome Sindrome di Cornelia de Lange Trasmissione genetica Gene/i noto/i AD, XL NIPBL, SMC1A, SMC3 HDAC8, RAD 21 Sindrome CHARGE AD CHD7 Sindrome di Smith-Lemli-Opitz AR DHCR7 Leprecaunismo AR INSR Microdelezione, AD Del 16p13.3, mutazione geni CREBP ed EP300 Sindrome di Seckel AR ATR, RBBP8, CENPJ, CEP152, CEP62, NIN Sindrome di Dubowitz AR ? Sindrome di Aarskog AD, AR, XLR FGD1 (XLR) Sindrome di Robinow AD, AR WNT5A (AD), ROR2 (AR) AD ARID1B Sindrome di Rubinstein-Taybi Sindrome di Coffin-Siris Legenda: AD = autosomica dominante, AR = autosomica recessiva, XLR, recessiva legata al cromosma X ni/fenotipi differenti. Questo numero, seppur approssimativo, dà l’idea della complessità del problema dell’inquadramento diagnostico del neonato con IUGR. Molti dei quadri segnalati si riferiscono a singoli case reports o a quadri clinici estremamente rari. Tra le condizioni (Tab. IV) che maggiormente devono essere tenute presente dal neonatologo ricordiamo la sindrome di Cornelia de Lange, la cui diagnosi può essere particolarmente semplice ed immediata nei casi più classici, mentre può riservare qualche dubbio ed incertezza nelle forme meno espresse sul piano malformativo e dismorfologico. Della sindrome di Silver-Russel discuteremo ampiamente nel capitolo delle condizioni secondarie ad anomalie dell’imprinting genomico. Anche la sindrome CHARGE si può associare a problemi nell’accrescimento intrauterino; le anomalie maggiori presenti (cardiache, coanali, genitali e auricolari) e funzionali (anomalie dei nervi cranici, ipoacusia neurosensoriale) oltre che alcuni elementi dismorfologici peculiari, potranno indurre il clinico attento al sospetto diagnostico. Le condizioni sopra citate rappresentano un esempio importante di due concetti di grande importanza in ambito di conferma molecolare di una diagnosi clinica: l’eterogeneità genetica e la detection rate dei test di laboratorio attualmente disponibili. Ad oggi sono noti ben 5 differenti geni responsabili di fenotipi “de Lange” (NIPBL, SMC1A, SMC3 HDAC8, RAD21) in percentuale assai differente tra loro; nel loro insieme però solo il 60-65% dei soggetti con diagnosi clinica di sindrome di Cornelia de Lange troverà oggi una conferma molecolare. Per la sindrome CHARGE è ad oggi noto un solo gene (CHD7) che risulta essere mutato nel 70% circa dei pazienti con questa condizione. In entrambi i casi emerge chiaramente come una diagnosi clinica assolutamente corretta potrebbe non essere confermata dal conseguente test genetico. Questa possibilità deve essere ben presente nella mente del clinico, in quanto è sin troppo chiaro come una diagnosi clinica esatta può valere ed essere considerata definitiva anche in assenza di una conferma da parte dei test di laboratorio. Riteniamo estremamente importante segnalare questi esempi in quanto queste situazioni stanno diventando sempre più la regola e non eccezioni in ambito di genetica clinica. In questo amplissimo gruppo di sindromi sono anche da tenere presenti sia il capitolo delle condizioni caratterizzate da anomalie a carico della sintesi endogena del colesterolo, che ha come capostipite e condizione più nota la sindrome di Smith-Lemli-Opitz, sia il Leprecaunismo, patologia autosomica recessiva rara, caratterizzata 162 da scarso accrescimento, lipodistrofia, irsutismo, segni di invecchiamento precoce ed ipertrofia genitale. L’elenco delle condizioni sindromiche che presentano restrizione della crescita fetale nella assoluta maggioranza dei pazienti o in una porzione rilevante di essi sarebbe assai lungo. Possiamo ricordare la sindrome di RubinsteinTaybi, la sindrome di Aarskog, la sindrome di Robinow, la sindrome di Opitz, la sindrome di Dubowitz o la sindrome di Coffin-Siris. Per tutte queste condizioni il sospetto diagnostico deve essere posto su base clinica, attraverso un’accurata analisi del fenotipo dismorfico; per alcune (es. sindrome di Rubinstein-Taybi) sarà poi disponibile un test di laboratorio di conferma in una percentuale rilevante di casi, mentre per altre l’unica possibilità diagnostica resta quella clinica. La tabella IV riassume le condizioni citate in questo gruppo. Patologie costituzionali dello scheletro Un ulteriore complesso sottogruppo delle condizioni associate a restrizione della crescita fetale è rappresentato dalle patologie costituzionali dello scheletro. Queste condizioni mostrano un ridotto accrescimento soprattutto staturale e, spesso ma non sempre, una sproporzione tra arti e tronco. Nella più recente revisione classificativa sull’argomento (Warman et al., 2010) gli esperti mondiali che l’hanno redatta hanno identificato ben 456 differenti condizioni suddivise in 40 distinti gruppi, identificati, appunto, su base molecolare, biochimica o radiologica. Le basi molecolari di queste condizioni sono state definite in 316 di esse, associate alla presenza di una mutazione di uno o più dei 226 geni identificati. Queste mutazioni possono essere anomalie ricorrenti e tipiche di specifiche condizioni o mutazioni “private”, osservate e descritte in singoli ceppi familiari/soggetti. È sin troppo evidente che il numero di condizioni caratterizzate sul piano genetico dal 2010 in poi è ulteriormente cresciuto; il prossimo aggiornamento di questa classificazione ne darà riscontro. In termini pratici possiamo avere a che fare con condizioni estremamente gravi ed incompatibili con la prosecuzione della gravidanza o, in ogni caso, gravati da una letalità precoce importante, condizioni cliniche la cui problematicità è evidente sin dal periodo neonatale o condizioni assai sfumate e spesso non riconoscibili nel periodo neonatale. Un esempio estremamente significativo a questo riguardo è rappresentato dal gruppo 1 della classificazione sopra citata denominato “FGFR3 chondrodysplasia group”. In esso possiamo ritrovare condizioni quali la Displasia Tanatofora (tipo 1 e 2), patologie as- Sindromi malformative con restrizione della crescita fetale solutamente letali, l’Acondroplasia, che rappresenta certamente la displasia scheletrica più nota sin dal periodo neonatale e l’Ipocondroplasia, quadro che può avere manifestazioni estremamente sfumate e che assai frequentemente viene riconosciuta ben oltre il periodo neonatale. Va qui ricordato che la classificazione della specifica tipologia di displasia scheletrica, anche quando associata a letalità prenatale o neonatale, è essenziale per impostare in modo accurato il counselling genetico familiare ed una eventuale futura diagnosi prenatale molecolare nelle gravidanze successive, nelle situazioni ove ciò risulta possibile. Questa è la ragione forte per la quale il feto morto in utero o il prodotto del concepimento abortito a seguito di una diagnosi ecografica di rallentamento della crescita fetale, verosimilmente riconducibile ad una patologia costituzionale dello scheletro, deve essere opportunamente studiato in termini radiografici, fenotipici ed anatomo-patologici, per non perdere elementi utili ad un preciso inquadramento diagnostico. Allo stesso modo il neonato che presenta caratteristica di accrescimento orientative per questo ampio e complesso capitolo dovrà eseguire le indagini radiografiche del caso, al fine di permettere la formulazione di una specifica ipotesi, che porterà alla eventuale attivazione di un test genetico di conferma. Come già anticipato anche nel capitolo delle displasie scheletriche, osserviamo a livello genetico sia il fenomeno dell’eterogeneità genetica sia la situazione opposta: mutazioni dello stesso gene posso essere in grado di dare luogo a fenotipi patologici differenti anche in termini di gravità e prognosi. L’esempio sopra citato del gruppo di condizioni secondarie a mutazioni del gene FGFR3 è assolutamente paradigmatico di questo concetto. Anomalie di questo gene sono infatti responsabili sia di quadri estremamente gravi, quali la Displasia Tanatofora sia, di quadri decisamente più sfumati, quali l’ipocondroplasia. Sarebbe assolutamente velleitario elencare o discutere tutte le possibili condizioni patologiche associate a FGR. La tabella V riporta alcune delle più significative. Sindromi da anomalie dell’imprinting genomico Il fenomeno dell’imprinting genomico è un meccanismo estremamente importante di regolazione e modulazione dell’espressione fisiologica del patrimonio genetico umano. Sebbene la maggioran- za del nostro genoma mostri un’espressione biallelica, esiste una rilevante quota di esso che, al contrario, presenta un’espressione differenziale a seconda dell’origine paterna o materna del segmento genomico stesso. Questa espressione differenziale viene modulata attraverso meccanismi di metilazione/demetilazione genica, che vengono posti in essere nel corso della meiosi e che possono quindi essere modificati generazione dopo generazione. Un gene trasmesso da una donna al proprio figlio di sesso maschile avrà un “imprinting materno” nel figlio, che, quando a sua volta lo trasmetterà alla prole, verrà resettato e trasmesso con un “imprinting paterno”. In termini di accrescimento sia pre- che post-natale l’influenza di questo fenomeno è estremamente articolata e complessa. Ciò che possiamo sinteticamente affermare è che la crescita normale deriva da un equilibrio corretto tra geni stimolatori e repressori della crescita, opportunamente attivati /inattivati dal fenomeno dell’imprinting stesso. Tutto ciò ben spiega come anomalie genetiche che determinano un’alterazione di questo delicato equilibrio possano quindi avere ripercussioni importanti sul pattern di accrescimento embrio- fetale e post natale (Smith et al., 2013, Bachmann et al., 2012). Vi sono almeno due esempi di condizioni cliniche abbondantemente note, il cui meccanismo patogenetico è appunto quello di una sregolazione di questo meccanismo che interessa regioni genomiche diverse: la sindrome di Silver-Russel e la sindrome di Prader-Willi, La sindrome di Silver-Russel (SRS) è una condizione con una prevalenza stimata di 1/30000-1/100000. L’accrescimento staturo-ponderale è caratterizzato da un grave ritardo sia prenatale che postnatale. È presente in una rilevante percentuale di pazienti un’asimmetria che interessa un’emisoma o che è solo localizzata a livello degli arti inferiori. Sul piano somatico i bambini affetti mostrano una sproporzione tra neurocranio (molto sviluppato) e splacnocranio (più piccolo). È presente quindi macrocefalia relativa, volto allungato e triangolare, occhi grandi, sclere blu, tratti del viso fini, labbra sottili, micrognatia. Frequente è il riscontro di clinodattilia del 5° dito delle mani. Sono occasionalmente osservabili anomalie cardiache, renali, genitali, senza che queste rappresentino però caratteristiche clinico-diagnostiche peculiari. Lo sviluppo psico-motorio ed intellettivo è di regola normale, anche se sono stati descritti pazienti con valori bassi di QI e necessità di logopedia e percorsi scolastici individualizzati. In alcuni rari soggetti è stata dimostrata la presenza di deficit di GH. Tabella V. Displasie scheletriche più frequenti associate a IUGR. Acondroplasia AD FGFR3 Displasia Tanatofora AD FGFR3 Ipocondroplasia AD FGFR3 Sindrome di Ellis-Van Creveld AR ECV, ECV2 AR (tipo 1A e 1B), AD (tipo 2) TRIP11 (tipo 1A), DIDST (tipo1B), Col2A1(tipo 2) Acondrogenesi Displasia Diastrofica AR DIDST Sindrome di Kniest AD Col2A1 Displasia campomelica AD SOX9 Disostosi spondilocostale AR DLL3 (tipo 1), MESP2 (tipo 2), LNFG (tipo 3), HES7 (tipo 4) Sindrome di Leri-Weill XLD SHOX SHOY o delezione coinvolgenet SHOX Displasia Spondiloepifisaria Congenita AD Col2A1 Condrodisplasia Punctata Rizomelica AR PEX7 (tipo 1), GNPAT (tipo 2), AGPS (tipo 3) Legenda: AD = autosomica dominante, AR = autosomica recessiva, XLD, dominante legata al cromosma X. 163 L. Memo, A. Selicorni Il difetto di base può essere di diversa natura: nel 10% circa delle persone con questa condizione è nota la presenza di disomia uniparentale materna (doppia dose del cromosoma 7 materno) mentre una quota più rilevante (45-50%) mostra anomalie a livello della regione cromosomica 11p15.5, regione nota per essere correlata alla sindrome di Beckwith-Wiedemann. L’insieme dei difetti dimostrabili raggiunge all’incirca il 60% dei pazienti diagnosticati clinicamente. La sindrome di Prader-Willi ha una prevalenza stimata pari a 1/10000-1/30000. Le caratteristiche somatiche classiche del neonato/lattante con questa condizione sono rappresentare da dolicocefalia, volto allungato, costrizione bitemporale, fessure palpebrali a mandorla, commessure labiali rivolte in basso. Frequente l’ipopigmentazione cutanea e il colore biondo dei capelli; mani e piedi sono solitamente piccoli. L’accrescimento staturo-ponderale è solitamente scarso nel primo anno di vita e successivamente la statura si mantiene inferiore alla norma, mentre si osserva lo sviluppo di obesità secondaria ad una iperfagia patologica. Non sono solitamente presenti malformazioni maggiori specifiche, mentre è quasi costante la presenza di ipogenitalismo, che si manifesta con un pene piccolo con scroto ipoplastico nei maschi e con una ipoplasia clitoridea e delle piccole labbra nelle femmine. Per quanto riguarda lo sviluppo psico-motorio ed intellettivo è ben noto che i neonati con sindrome di Prader-Willi mostrano un’importante ipotonia, che tende a regredire anche spontaneamente entro i primi anni di vita. Sul piano psichico il ritardo è solitamente di tipo lieve. La sindrome è secondaria ad una perdita del contributo paterno per la regione cromosomica 15q11.2. Ciò può avvenire per la presenza di una microdelezione 15q11.2 di origine paterna (75% dei casi), per una disomia uniparentale materna della medesima regione o per una mutazione del gene del centro dell’imprinting (IC). Sindromi da teratogeni L’uso di sigarette, alcool e droghe può causare FGR sia direttamente, attraverso effetti citotossici, sia indirettamente da cause correlate, come ad esempio malnutrizione. Il fumo durante il terzo trimestre di gravidanza sembra avere l’impatto più grave sul peso del neonato; i neonati da donne che smettono di fumare prima del terzo trimestre di gravidanza presentano un peso simile ai neonati da donne non fumatrici (Lieberman et al., 1994). Numerosi studi hanno tentato di dimostrare il legame tra l’esposizione al fumo in gravidanza (ETS, Environmental Tobacco Smoke) e il peso del neonato. I risultati sono stati discordanti, benché la maggior parte degli studi abbia mostrato che il rischio di basso peso alla nascita aumenta nelle donne con ETS (Goel et al., 2004; Kharrazi et al., 2004). Questo tipo di studi è limitato dalla difficoltà di quantificare accuratamente l’esposizione al fumo della madre e le correzioni da apportare ai diversi fattori che influiscono sul peso alla nascita. L’esposizione prenatale all’alcool può causare deficit di crescita nel bambino, specifiche anomalie facciali (microcefalia, rime palpebrali brevi, radice nasale piatta, narici antiverse, filtro lungo e piatto e labbro superiore sottile), ritardo mentale e disturbi comportamentali, noti come spettro dei disordini della sindrome fetoalcolica (FASD). La sindrome feto-alcolica, descritta da Jones nel 1973, costituisce la causa più comune di ritardo mentale non ge- 164 Tabella VI. Sindromi da teratogeni più frequenti associate a IUGR. Sindrome feto-alcolica Sindrome da metotrexate Sindrome da fenitoina Sindrome da valproato Sindrome da warfarina netico ed è interamente prevenibile con la totale astinenza dall’uso di alcool in gravidanza. (de Sanctis et al., 2011). L’esposizione ad agenti tossici, compresi alcuni medicinali come Warfarina, anticonvulsivi, agenti antineoplastici ed antagonisti dell’acido folico, possono produrre FGR con specifiche caratteristiche dismorfiche (Bernstein et al., 1997; Wen et al., 2008). L’assunzione di caffeina è stato associato in modo significativo con il basso peso alla nascita e con l’aumentata probabilità di SGA (Sengpiel et al., 2013). L’esposizione del feto a dosi di radiazioni a scopo terapeutico, può causare una restrizione permanente della crescita, oltre che aumentare il rischio per malformazioni e neoplasie. Viceversa l’esposizione a dosi di radiazioni a scopo diagnostico non è usualmente legato ad alcun effetto negativo sul feto (Donnelly et al., 2011). La tabella VI riassume le condizioni secondarie ad esposizione di teratogeni da parte della madre. Conclusioni Le sindromi malformative che comprendono al loro interno il segno clinico dello IUGR, sono numerose, rare se prese singolarmente e spesso difficili da diagnosticare, anche perché possono presentare un’ampia eterogeneità clinica. Una diagnosi eziologica, il più possibile corretta ed immediata e un’assistenza clinica e psicologica adeguata, è ciò che il neonatologo dovrebbe offrire al neonato ed ai suoi genitori. Momenti fondamentali nella presa in carico del neonato da gravidanza complicata da IUGR, in cui si sospetti una sindrome malformativa, sono in prima istanza: anamnesi familiare e stesura dell’albero genealogico, esame obiettivo, esami di laboratorio, esami strumentali. Al termine di un adeguato iter diagnostico sarà possibile tentare di formulare la diagnosi. A questo proposito vorremmo dare delle linee guida utili nel nostro percorso diagnostico: 1) In presenza di IUGR occorre sempre prendere in considerazione la possibilità di sindrome malformativa, anche se di per sé lo IUGR non è patognomonico di alcuna sindrome; 2) è importante stabilire se lo IUGR è primario oppure secondario a qualche altro segno clinico, quale ad esempio una cardiopatia congenita o una poliendocrinopatia; 3) L’assenza di malformazioni maggiori non deve far escludere a priori la presenza di una sindrome malformativa; 4) Il ritardo psicomotorio, in presenza di IUGR non è necessariamente secondario a possibili sequele neurologiche, ma deve essere considerato come elemento a sé stante, soprattutto se associato a microcefalia; 5) L’assenza di catch-up growth entro i 2 anni di età deve sempre far pensare alla possibilità di sindrome malformativa. Sindromi malformative con restrizione della crescita fetale Box di orientamento Dati di riferimento Le condizioni associate a fetal growth restriction (FGR) interessano il 5-10% delle gravidanze La causa di un quadro di FGR e, conseguentemente, la prognosi del neonato è estremamente eterogenea. Indicazioni metodologiche La presenza di una o più malformazioni maggiori e/o di franche note dismorfiche aumenta la probabilità di una causa genetica del quadro di FGR (sindrome cromosomica o malformativa monogenica). L’utilizzo delle nuove tecnologie (cariotipo molecolare) può permettere di identificare precocemente quadri patologici non sospettabili su base clinica o condizioni note ad espressione sfumata in sede neonatale. Nel percorso di conferma diagnostica di sindromi monogeniche attraverso l’utilizzo dei test molecolari è indispensabile conoscere l’eventuale eterogeneità genetica della condizione stessa e la relativa “detection rate” dei test disponibili. Considerare sempre nella diagnosi differenziale di un neonato con FGR sia il complesso capitolo delle patologie costituzionali dello scheletro (soprattutto in caso di natimortalità) che quello delle sindromi da teratogeni (esposizione a fumo ed alcool in primis). Obiettivi del percorso La diagnosi eziologica, non sempre agevole e immediata, non è altro che il primo passo di una presa in carico assistenziale del neonato e della sua famiglia. Bibliografia Alberry M, Soothill P. Management of fetal growth restriction. Arch Dic Child Fetal Neonatal Ed 2007;92:62-7. Allanson JE, Biesecker LG, Carey JC et al. Elements of morphology: Introduction. Am J Med Genet Part A 2009;149:2-5. Allanson JE, Cunniff C, Hoyme HE et al. Elements morphology: Standard of terminology for the head and face. Am J Med Genet Part A 2009;149:6-28. Bachmann N, Bergmann C. Epigenetics and imprinting. Arch Pediatr. 2012;19:1145-7. Barker DJ. Adult consequences of growth restriction. 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E-mail: [email protected] 166