L’APPROCCIO ALLA
PAZIENTE ONCOLOGICA
Dott.ssa Maria Anna Capozzo
Corso di Linfodrenaggio ADOS
Trieste, 28 Maggio 2010
1
SAPERE, SAPER ESSERE, SAPER FARE

E’ competente chi possiede sia le basi scientifiche e le
cognizioni teoriche indispensabili per capire il valore
reale di ciò che sta per fare, sia le abilità necessarie per
fare correttamente ciò che fa.
In altre parole, il conseguimento della competenza
presuppone l’acquisizione, nel corso del processo
formativo, dei vari tipi del sapere (“sapere”, “saper
fare”, “saper essere”). In tale processo non c’è e non
deve esserci separazione tra teoria e pratica, che anzi si
integrano e si compenetrano l’una con l’altra per fornire
alle figure in formazione quel corpo indissolubile di
conoscenze teoriche e di esperienze pratiche che
materializza la competenza.
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PARTE PRIMA: SAPERE
L’IMPATTO DEL CANCRO
 GLI STILI DI COPING
 LA REAZIONE PSICOLOGICA
 IL SIGNIFICATO DELLA MALATTIA
 IL SUPPORTO SOCIALE

3
L’IMPATTO DEL CANCRO I

Nell’immaginario collettivo ed individuale, la patologia
cancerosa si associa a vissuti di stigma sociale, di
sofferenza fisica e psichica, di morte ineluttabile,
talvolta accompagnata a sentimenti di colpa e di
vergogna (Morasso G, 2002).

Il processo di malattia si pone dunque come un evento
che interrompe in modo brusco il percorso di vita di una
persona e ne frammenta le dimensioni di identità
individuale e sociale su cui si basa l’esistenza umana,
paralizzando le capacità di regolazione e di
riassestamento ed evocando sentimenti di
indeterminatezza (Grassi L. et al., 2003).
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5
L’IMPATTO DEL CANCRO II

Ogni fase di malattia rappresenta un momento di crisi e
di rottura dell’equilibrio precedente ed è connotata da
peculiari modalità di adattamento o coping, strategie che
un soggetto sviluppa per gestire il disagio psicologico
generato dalla situazione traumatizzante della malattia o
diminuire l’impatto di un evento che costituisce una
minaccia per il suo benessere fisico e psichico nonché
per la vita (Morasso G., Di Leo S.,2002).
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GLI STILI DI COPING

Il coping può essere inteso come la risposta cognitivocomportamentale del paziente al cancro (Watson M., Greer S.,
1998). Esso è un processo che può essere distinto in due fasi
sequenziali: la prima è più squisitamente centrata sui processi di
attribuzione di significato alla situazione che si sta affrontando,
la seconda è invece più selettivamente centrata su comportamenti
operativi adottati e manifestati dal soggetto (Grassi L., et al, 2003).

Dato che la patologia neoplastica può assumere accezioni diverse a
seconda della storia, delle esperienze passate e della personalità di
ogni singolo individuo, esistono molti differenti stili di adattamento
(Grassi L. et al, 2003).

L’abilità di reazione dipende da molti fattori – medici, psicologici,
spirituali, sociali- che possono favorire un adattamento funzionale o
uno stile di coping disadattativo (Grassi L. et al, 2003).
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fattori
psicologici
farmacoterapia
fattori
biologici
psicoterapia
modello
biopsicosocia
le
terapie fisiche
fattori
cognitivi
interventi
psicosociali
fattori
ambientali
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LA REAZIONE PSICOLOGICA
Secondo Culberg, il processo reattivo evolve in 4 fasi:
Fase di shock (meccanismi di difesa).
 Fase di reazione (la realtà si impone: angoscia, rabbia,
paura).
 Fase di elaborazione (si cerca un senso e un perché).
 Fase di orientamento (successiva ad ogni visita di
controllo).

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IL SIGNIFICATO DELLA MALATTIA
La malattia, indipendentemente dall’oggettivazione che ne fa il
medico, è per il malato un’esperienza soggettiva, a cui si
conferiscono particolari attributi in funzione del tipo di personalità,
dalle esperienze vissute, dalla fase della vita e dall’immaginario (es.
malattia come evento voluto dal fato, come espiazione, come
malattia endogena).
Nel caso specifico del cancro alla mammella, quando l’intervento
chirurgico si risolve con uno sfiguramento o una mutilazione di un
organo come il seno, carico di significati simbolici per la donna, si
può arrivare alla percezione soggettiva di gravi perdite sul piano
relazionale, affettivo nonché di incertezza sulla propria identità. Per
qualche paziente ciò è più negativo della prognosi stessa, ed è
vissuto come un lutto.
La malattia comunque innesca vissuti di perdita e di dipendenza.
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IL SUPPORTO SOCIALE

Molte ricerche hanno sottolineato come l’impatto di
eventi particolarmente stressanti o traumatici possa
essere modulato dalla presenza di relazioni interpersonali
significative e supportive (Cobb, 1976; Caplan, 1981;
Montazeri, 2008).

In ambito oncologico, il supporto sociale viene
considerato, da tempo, uno dei fattori di protezione più
importanti per la salute e per il benessere psichico del
paziente oncologico (Biondi, Costantini, Grassi, 1995).

Il supporto sociale si associa ad un minor livello di
distress psicologico (Holland et al, 2003).
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PARTE SECONDA: SAPER ESSERE
“E’ il modo di dare assistenza che permette di
raggiungere i luoghi più reconditi”
(Madame C. Sauders,1996)
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COS’E’ LA RELAZIONE D’ AIUTO?
Una relazione in cui almeno uno dei protagonisti ha lo
scopo di promuovere nell’altro la crescita, lo sviluppo, la
maturità e il raggiungimento di un modo di agire più
adeguato ed integrato.
(C. Rogers, 1970)
La relazione è un atto consensuale di avvicinamento,
una realtà che avviene attraverso la comunicazione, e
secondo Balint produce un’evoluzione personale
reciproca.
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I PRESUPPOSTI DELLA RELAZIONE

ASCOLTO

RISPETTO

EMPATIA

ACCETTAZIONE/SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO
14
L’ASCOLTO

E’ fondamentale nell’ottica di aiuto, l’ascolto dell’altro.

Nella relazione di aiuto, l’ascolto è attivo ed è finalizzato
alla comprensione; richiede dunque attenzione e tempo.
E’ opportuno astenersi dall’analizzare e dal fornire
direttive e rinunciare a giudicare i comportamenti altrui;
bisogna creare in sé uno spazio interiore, per ascoltare
l’altro incondizionatamente.

La persona può avere l’esigenza di parlare, con o senza
le parole, di ciò che gli sta accadendo e la disponibilità
all’ascolto permette all’altro di esprimere se stesso,
aspetti della propria interiorità, affetti e magari di avere
meno paura.
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IL RISPETTO
E’ la prima condizione per l’instaurazione di una relazione
umana.
Rispettare la persona significa riconoscere la sua
dignità, la sua intenzionalità, l’unicità della sua
integrazione nel mondo, delle sue scelte di valori
e del suo progetto di vita.
Il rispetto si basa su tutto questo e si configura come un
universo di atteggiamenti interiori e pratici qualificati dal
riconoscimento dell’altro come altro e come il
soggetto che ha il diritto di realizzare il suo bene nella
libera espressione del proprio essere.
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L’EMPATIA
L’empatia si identifica con la capacità di immergersi nel
mondo dell’altro e partecipare alle esperienze, alle
emozioni e agli stati d’animo che egli ci comunica, come
se fossimo al suo posto, sospendendo ogni azione di
giudizio e senza perdere la qualità del come se.
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L’ACCETTAZIONE
Capacità di entrare in relazione senza esprimere giudizi
morali e di accettare e mantenere una disposizione
positiva verso la persona cui è diretto l’aiuto. Apprezzare
e rispettare le persone per la loro individualità implica la
sospensione del giudizio: accogliere l’altro come una
persona unica, con la sua identità e la sua dignità, non
valutandola, non giudicandola e non classificandola in
maniera rigida.
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PARTE TERZA: SAPER FARE
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LE ABILITA’




Capacità di comunicare.
Capacità di praticare l’ascolto attivo, ossia di riprendere e
riassumere ciò che l’interlocutore ha appena detto
ottenendo la sua approvazione e dimostrando di aver
prestato attenzione a quanto comunicato.
Elevato controllo e consapevolezza del linguaggio
corporeo e prossemico (comunicazione non verbale)
attraverso cui vengono veicolati gli stati emotivi connessi
al contenuto verbale di cui si sta parlando.
Capacità di auto-osservazione e monitoraggio di quanto
sta avvenendo nella costruzione della relazione.
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LA COMUNICAZIONE I
1.
Non si può non comunicare.
2.
Ogni comunicazione ha due livelli contemporanei, uno di
contenuto e uno di relazione (metacomunicazione). La
metacomunicazione può essere verbale e non verbale e
può essere coerente o contraddittoria con il contenuto.
La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura
delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti (chi ha
iniziato? chi ha reagito alla risposta?).
La comunicazione è sia analogica (non verbale) che
numerica (verbale).
Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici
(uguaglianza) o complementari (differenza).
3.
4.
5.
(Watzlawick et al. “Pragmatica della comunicazione umana”, 1967).
21
LA COMUNICAZIONE II
La comunicazione presenta un aspetto verbale (che si
riferisce al COSA della comunicazione, cioè al contenuto,
a ciò che viene detto o ascoltato in modo consapevole) e
un aspetto non verbale (che si riferisce al COME della
comunicazione, cioè al modo in cui le cose vengono
dette, alla relazione di coloro che comunicano,
inconsapevole).
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LA COMUNICAZIONE NON VERBALE I
I segnali non verbali esprimono e comunicano emozioni
molto più efficacemente di quelli verbali e forniscono un
maggior numero di informazioni.
Il linguaggio del corpo è predominante nella trasmissione
dell’informazione; solo il 7% di tutte le informazioni
che arrivano da un discorso derivano dall’uso
delle parole. Il 38% ci perviene dal tono della voce e il
55% dal linguaggio corporeo.
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LA COMUNICAZIONE NON VERBALE II
In senso lato comprende:







Postura
Gesti degli arti
Espressioni del volto
Prossemica (orientamento, spazio, distanza)
Paralinguistica
Abbigliamento
Tono e inflessione di voce
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CHE ATTEGGIAMENTO ADOTTARE?






Avere la capacità di relazionarsi, rispettando il paziente e
accettandolo acriticamente (accoglienza integrale senza
pregiudizi o preconcetti).
Ricordarsi che l’uso cosciente del linguaggio non verbale
è per il riabilitatore, uno strumento di lavoro.
Comunicare empaticamente.
Permettere lo sfogo di emozioni; lasciare libertà alle
parole di fuoriuscire.
Accogliere momenti di silenzio anche prolungati.
Controllare la propria emotività.
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CHE ATTEGGIAMENTO ADOTTARE?



“Messa a fuoco” dell’altro come persona: questo implica
confrontarsi in senso allargato con chi si ha di fronte,
considerando l’esperienza di malattia, le percezioni e le
reazioni.
Praticare l’ascolto attivo, ossia rispondere e riassumere
ciò che l’interlocutore ha detto ottenendo la sua
approvazione e dimostrando di aver prestato attenzione
a quanto comunicato.
Domande aperte, che permettano all’interlocutore di
approfondire quanto desidera dire.
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CHE ATTEGGIAMENTO ADOTTARE?


Facilitazione: impiegare formule come capisco certo sì o
segni di assenso (annuendo), o stare in silenzio in modo
empatico e attivo incoraggiano la persona a continuare a
parlare, a pensare e a trovare le parole giuste,
soprattutto in momento di forte emozione.
Precisazione e chiarimento: chiedere alla persona di
specificare i dettagli (ad es. “quando è successo?”) la
aiuta a mettere a fuoco e ricordare gli avvenimenti nei
loro particolari ed i sentimenti con cui sono stati vissuti.
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CHE ATTEGGIAMENTO ADOTTARE?





Non esagerare, minimizzare o interpretare.
Non assegnare a quanto detto o fatto dei significati
personali.
Non anticipare il discorso o perdere il discorso.
Eliminare l’aggressività dal tono di voce e dal restante
non verbale.
Controllare la propria emotività (mantenere le giusta
distanza).
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