design polemics Milano Triennale Design Museum Milan Triennale Design Museum P accompagnandola con un’intervista all’addetto alla manutenzione dell’impianto sportivo. Da Abitare mi aspettavo un giudizio. Anche aspro, severo, intransigente. Invece, purtroppo, la rivista ha scelto di muoversi – come troppo spesso accade in Italia – sulla base del pre-giudizio. Come quello attorno a cui si attorciglia il professor De Fusco, quando si affanna a ironizzare sull’ordinamento del Museo, accusandolo – in buona sostanza – di non aver sposato la sua teoria sull’artidesign, e concludendo con la riproposizione (un po’ confusa, per la verità) della solita antinomia – non solo vecchia, ma anche reazionaria e pericolosa – che contrappone “cultura” e “mercato”. Siamo alle solite: in Italia, anche quando si finge di parlare d’altro, non si riesce che a parlare di sé. L’ha fatto il prof. De Fusco, evocando la memoria di Massimo Troisi e del suo Ricomincio da tre per nascondere la piccineria di un approccio utilitaristico e tutto pro domo sua più degno di Lello Arena e della solita, italica arte di arrangiarsi. Ma forse, con questo servizio, Abitare ha fatto una cosa analoga: non ha informato i lettori sul nuovo Triennale Design Museum, ha perso l’occasione per aprire un dibattito importante e si è limitato a confessare – tra le righe – qualcosa di sé, e del proprio modo – originale, non c’è dubbio – di intendere il mondo, il giornalismo, la critica e la cultura. Iopening a major new design section. Or even the opening La lettera ricevuta da Silvana Annicchiarico Direttore Triennale Design Museum rovate a immaginare che il MoMA o il Centre Pompidou o la Serpentine Gallery aprano una nuova grande sezione dedicata al design. O addirittura un nuovo museo del design. Vi aspettereste che una prestigiosa rivista di settore liquidasse queste importanti novità con un’intervista al tecnico che si occupa – peraltro sotto il coordinamento scientifico di un’illustre istituzione accademica, neppure citata – della manutenzione dei pezzi della Collezione? E vi aspettereste che dopo alcune pagine di ordinario buon senso ci fosse, finalmente, un pezzo di lettura critica delle sopracitate novità espositive affidato a una nota firma della storia del design, che però non è potuta venire a vedere il Museo e ne ha scritto limitandosi a ragionare su qualche foto, sulla cartella stampa e su giudizi di seconda mano? Sarebbero contenti i lettori di questa prestigiosa rivista? O forse avrebbero qualcosa da ridire? Da cinquant’anni si parlava, con improduttiva verbosità, del Museo del Design a Milano. Ora che il Museo c’è, mentre i giornali e le riviste straniere gli dedicano pagine e servizi approfonditi, in Italia una delle più importanti riviste di settore si comporta in un modo a dir poco bizzarro: come se un quotidiano sportivo affidasse la cronaca di una partita di calcio a una prestigiosa firma che però non era allo stadio, La risposta di Abitare I cominciato a chiedersi se un’istituzione così importante e oggi così dinamica dovesse limitarsi a una semplice gestione passiva (con una semplice rotazione delle opere di design) delle sue risorse. A ben guardare, infatti, le differenze tra il Triennale Design Museum e istituzioni come i dipartimenti di design del MoMA o del Centre Pompidou sono ancora enormi. Si tratta in questi due casi di istituzioni che si sono assunte la responsabilità di inserire il design nel contesto contemporaneo e internazionale; stimolano, provocano e soprattutto si interrogano sul significato del design e sul suo rapporto con il mondo in cui viviamo, senza limitarsi a elencare con arte le icone storiche del design. Il rischio, per la Triennale e per noi tutti, è che un Design Museum politically correct, che non si impegna per andare controcorrente, potrebbe nei prossimi anni richiudersi nel mondo delle riviste di lifestyle e perdere contatto con il dibattito internazionale sul design contemporaneo. E in un mondo di ovattate ipocrisie una rivista critica di architettura, design e arte come Abitare non deve aver paura di accettare giudizi e ospitare polemiche, ma anche di sviluppare confronti aspri come quello di queste pagine. I of the Triennale, an institution which has recently regained 108 495 n questi anni, Abitare ha dato grande spazio alle iniziative di una Triennale che è tornata a rivestire un ruolo di primo piano nel panorama internazionale. Nel caso della seconda versione del Triennale Design Museum, abbiamo deciso di approfondirne i contenuti con due prospettive. Una, dall’interno, che ha coinvolto Roberta Verteramo, restauratrice specializzata nel design contemporaneo e profonda conoscitrice delle tecniche di conservazione del Moderno. E una dall’esterno, chiedendo un parere a Renato De Fusco, figura chiave e indiscutibilmente riconosciuta della critica estetica e semiologica degli ultimi 50 anni. È evidente che la critica di De Fusco alla mostra “Serie Fuori Serie” (pubblicata su Abitare A492) non è generata da un problema di incomprensione, ma piuttosto dalla preoccupazione che un notissimo studioso della storia del Design italiano nutre nei confronti di un Museo che ai suoi occhi rischia di trasformarsi in un vuoto cicaleccio di idee superate e oggi di gran moda. Del resto, l’apertura nel 2007 del Triennale Design Museum aveva generato una grande gioia e molte aspettative. Ma con l’arrivo al secondo anno del museo, molti di noi hanno magine the MoMA or Centre Pompidou or Serpentine Gallery of an entirely new design museum. Would you expect a prestigious design magazine to capitalise on such major events by interviewing the restorer – working under the expert supervision of a illustrious academic institution, whose name is not even mentioned – charged with keeping the exhibits in good repair? And would you expect that pages of non-specialist blurb would eventually be followed by an expert critical assessment of the exhibits written by a well-known design historian who has never found the time actually to visit the museum and has based his assessment on press kits, hearsay and a handful of photos? Would readers be happy with this prestigious magazine? Or might they feel they have something to complain about? We have endured 50 years of empty speechifying about the need for a design museum in Milan. Now that there is one, foreign newspapers and magazines are enthusiastically churning out reports and features, while in Italy one of the country’s major design magazines is behaving rather oddly, to say the least, like a sports daily commissioning a report on a match from a well-known journalist who wasn’t actually present in the stadium, and then throwing in an interview with n recent years, Abitare has dedicated a series of article to the work its prominent position in terms of its international profile. In the case of the second version of the Triennale Design Museum, we have chosen to analyse its content from two different perspectives. First, from the inside, through the eyes of Roberta Verteramo, a conservator, who works with contemporary design, and an expert in modern conservation techniques. Second, from the outside, when we asked Renato De Fusco, who has unquestionably been a key figure in terms of aesthetics theory and semiological criticism over the last 50 years. There can be no doubt that the critical assessment of the exhibition “Serie Fuori Serie” by De Fusco (published in Abitare A492) is not based on prejudice. In that piece this well-known expert on the history of Italian design expresses his concerns about a museum which, from his point of view, could easily become a place for the shallow repetition of well-worn ideas, of projects which have only recently gained new status within forms of mainstream trendiness. The joy and expectations were enormous when the Triennale Design Museum finally opened its doors in 2007. But as we move into the second year of the museum’s operation, we are starting the groundsman for good measure. From Abitare I expected a judgement – perhaps harsh, even uncompromising, but a judgement nonetheless. Instead, as so often happens in Italy, its policy has been to prejudge. Prof. De Fusco is guilty of this when he goes to such lengths to be ironical about the museum’s organisation, accusing it basically of failing to espouse his theory of artidesign, before concluding with a restatement (a rather confused one, at that) of the old chestnut – not only outdated, but also reactionary and dangerous – that there is an unbridgeable gap between “culture” and the “market”. It’s the same old story: when Italians pretend to talk about someone else, they can’t help talking about themselves. Prof. De Fusco does this when he summons up memories of Massimo Troisi and his film I Start Over from Three to mask the pettiness of a utilitarian, entirely pro domo sua approach worthier of Lello Arena and the habitual Italian art of muddling through. Abitare may well have done something similar in its recent feature: it has told its readers nothing about the new Triennale Design Museum, it has missed an opportunity to initiate serious debate, and it has been content to talk (between the lines) about itself and its attitudes (original, no doubt) to journalism, criticism, culture and the world in general. to question why an institution of such importance and vigour should limit itself to a simple and passive management of its resources (that is, a simple rotation of its design pieces). In deed, if we compare the Triennale Design Museum with institutions such as the design departments of the MoMA or the Centre Pompidou, we can see important differences. These museums have decided to place design into its contemporary and international context. They stimulate, provoke and most importantly question the meaning of design and the world we live in, without limiting themselves to an aesthetical line up of history’s design icons. The risk, for the Triennale and all of us, is that a politically correct Design Museum, which does not dare to step on people’s toes, might have problems if it attempts to emerge from the world of lifestyle magazines in the coming years, and could easily fall behind in terms of ongoing international debates around contemporary design. In a world dominated by shallow hypocrisy a magazine like Abitare has tried to take a critical stance towards at architecture, design and art, and is not afraid to accept criticism or give space to debates. Abitare would like to open these debates even further. A letter from Silvana Annicchiarico Triennale Design Museum director The answer from Abitare Il confronto continua anche sul nostro sito The debate continues on our webpage www.abitare.it 495 109