1 Introduzione Questo percorso didattico propone un semplice modello fenomenologico del comportamento della materia durante un urto. Senza nessuna pretesa di aggiungersi ai modelli già presenti in letteratura, la sua somministrazione ai ragazzi ha l’obbiettivo di adoperare alcuni concetti e metodologie della Dinamica in una situazione problematica insolita rispetto ai problemi classici che vengono forniti dal docente e dai libri di testo, in modo da porre l’accento sulla differenza tra modello e mondo reale. In particolare si prende in considerazione una pallina lasciata cadere sul pavimento, analogamente a come fatto in aula durante il nostro corso, notando come da un punto di vista fenomenologico siano compresenti sia un comportamento di tipo puramente elastico che dissipativo. Si cercherà quindi di utilizzare la trattazione tipica di questi due aspetti nell’ambito della Dinamica classica per prevedere il comportamento osservato, di modo da enfatizzare la distinzione tra il sistema fisico (la pallina) e il modello usato per descriverlo. Il percorso è stato pensato per attraversare alcune fasi del processo di modellizzazione di un fenomeno, partendo dal modello più semplice, che cerca di utilizzare concetti e strumenti già conosciuti in una situazione diversa, incontrando un primo fallimento che costringe a provare a modificare o ridefinire gli elementi già conosciuti seguendo il senso fisico di quello che accade, al fine di stimolare la capacità critica dello studente. 2 2 2.1 Fasi Esperienza diretta in classe con presa dati Questa fase si svolge in modo del tutto analogo a quanto accaduto in aula durante il nostro corso. Vengono lasciate cadere da ferme delle palline. I ragazzi si dividono in gruppi per la presa dati, che consiste nella misurazione delle altezze massime raggiunte dalle palline in successivi rimbalzi. Successivemente si chiede di interpretare i dati cercandone una regolarità, una legge, un modo matematico di legare questi dati, cercando di far pervenire i gruppi in modo quanto più possibile critico e autonomo, anche attraverso interazione inter-gruppi oltre che col docente, alla conclusione che il rapporto tra le altezze di due rimbalzi consecutivi è costante (cioè non dipende da quali rimbalzi consecutivi si considera), e che tale costante (che chiameremo coefficiente di restituzione) dipende dalla pallina considerata. 2.2 Introduzione del modello base Si fa notare come il comportamento della pallina da un punto di vista fenomenologico sia descrivibile come elastico, perché la pallina rimbalza, e come dissipativo al contempo, perché nel rimbalzare tornando indietro la pallina non raggiunge la stessa altezza di partenza, segno evidente che parte dell’energia cinetica inziale è andata perduta. Si schematizza quindi il comportamento elastico come il comportamento di una molla (legge di Hooke), mentre quello dissipativo come dovuto ad una forza d’attrito interna al sistema pallina-pavimento, considerando quindi come forze agenti durante l’urto la forza elastica k∆x, con ∆x la deformazione della molla che può essere vista come una misura del grado di compressione interna della pallina e del pavimento, e una forza d’attrito costante Fa come solitamente si usa nei problemi di scivolamento tra superfici. Non specificheremo se questa forza dipenda dalla massa e dall’accelerazione di gravità, come accade nello scivolamento tra superfici, perché supponiamo di non avere svolto misure del coefficiente di restituzione variando la massa della pallina, né l’accelerazione con cui essa muove verso terra. Il valore di ∆x non ha importanza perchè nella trattazione che segue sarà scrivibile in termini di altre grandezze facilmente osservabili. In prima battuta il passo più naturale da fare è usare la forza d’attrito più normalmente conosciuta dai ragazzi, perché è la forza che più di tutte, se non proprio l’unica, viene da loro associata, se non indentificata, con il concetto di dissipazione. Sarebbe dunque forzato, se non addirittura ingiustificato ai loro occhi, introdurre una forma diversa di dissipazione già a questo livello della trattazione; a mio avviso è meglio che sia il modello stesso a dimostrarsi insoddisfacente nelle predizioni, cosicché gli studenti siano ben disposti all’introduzione di un termine dissipativo di forma diversa. 3 Figura 1: Schema del modello Per ottenere la predizione del modello per il calcolo del rapporto tra le altezze, che è l’unico dato osservativo che abbiamo, si procede all’utilizzo ripetuto della conservazione dell’energia meccanica per la fase di volo della pallina, dove intervengono solo potenziale gravitazionale e energia cinetica, e del teorema dell’energia cinetica nella fase di rimbalzo, uguagliando la differenza di energia cinetica prima e dopo l’urto al lavoro della forza elastica e della forza forza d’attrito costante. Gli istanti considerati per il calcolo sono 5 per 4 diversi intervalli temporali (vedi figura 1): la pallina ferma ad altezza h0 [1]; la pallina tocca terra con velocità v0 [2]; il momento di massima compressione ∆x della pallina-molla, dove la velocità della pallina è nulla [3]; il momento di rilascio della molla, dove c’è solo l’energia cinetica finale della pallina che rimbalza verso l’alto con velocità v1 [4]; la pallina si ferma ad una certa altezza h1 per effetto della forza gravitazionale [5]: 1→2 : 2→3 : 3→4 : 4→5 : 1 mv 2 2 0 1 1 − mv02 = − k∆x2 − Fa |∆x| 2 2 1 1 k∆x2 − Fa |∆x| = mv12 2 2 1 mgh1 = mv12 2 mgh0 = (1) (2) (3) (4) Risolvendo questo sistema di equazioni in termini del rapporto delle due altezze h0 e h1 tramite semplici passaggi algebrici si osserva facilmente che tale rapporto non è costante, cioè non dipende solo dai parametri del sistema, ma piuttosto si ha una dipendenza di questo tipo: mg(h0 − h1 ) h1 h0 = = 2Fa |∆x| 1/2k∆x2 − Fa |∆x| = f (h0 , h1 , k, Fa , m). 1/2k∆x2 + Fa |∆x| 4 (5) (6) Questa dipendenza non può in nessun modo giustificare le osservazioni sperimentali, sorge spontanea quindi la necessità di rivisitare il modello, e in particolar modo il concetto di attrito e dissipazione. 2.3 Modifica del modello base A questo punto va fatto notare in classe che il concetto di dissipazione ha la sua essenza nella caratteristica di opporsi sempre al moto; non va quindi identificato con la forma particolare della forza d’attrito tra superfici tanto familiare ai ragazzi quanto per loro fuorviante. In questo caso è naturale introdurre l’idea di una forza d’attrito che la pallina esperisce durante la compressione del rimbalzo tanto maggiore quanto maggiore è la compressione stessa. Si introduce quindi la più semplice forma di dipendenza, quella lineare, dalla compressione, tramite una costante di proporzionalità µ, che si rispecchia in un termine quadratico nelle equazioni di conservazione 1 Fa ∆x → µ∆x2 Rielaborando il sistema di equazioni 7 mg(h0 − h1 ) = h1 = A = 2µ∆x 1 1 k (h0 − h1 ) − (h0 − h1 ) = (h0 − h1 ) · A 2 2µ 2 1 k ( − 1) 2 2µ (7) (8) (9) alla luce di questo nuovo termine otteniamo il risultato voluto: il rapporto tra le due altezze dipende solo dai parametri del sistema: h1 A = ≡ B; 0 < B < 1 h0 A+1 dove si è sottolineata la condizione che il rapporto sia minore di uno, altrimenti la pallina rimbalzerebbe sempre più in alto, e che ovviamente non possa essere negativo, perchè un rapporto negativo tra altezze non ha senso: 0< k/2µ − 1 A = < 1. A+1 k/2µ + 1 B < 1 è sempre verificata perché µ e k sono presi positivi, mentre B > 0 è verificata per k > 2µ che equivale alla richiesta che la forza elastica sia maggiore di quella dissipativa, ciò che ci aspettavamo fisicamente perchè altrimenti il rimbalzo non avrebbe luogo. 2.4 2.4.1 Differenze tra modello e realtà Contributi trascurati A questo punto in classe è di grande utilità mettere in evidenza i limiti di questo modello, che al contrario ne enfatizzano le qualità. Va sottolineato infatti come questo modello fenomenologico trascuri una serie di contributi; non si considera 5 ad esempio una eventuale rotazione iniziale della pallina al momento del rilascio, dovuta ad un errore dello sperimentatore nel rilasciarla. Ciò è sempre possibile e piccole rotazioni di questo tipo sono quasi sempre presenti. In tal caso ci sarebbe almeno da aggiungere nelle equazioni di conservazione il termine di energia rotazionale, e velocità e altezze sarebbero riferite non più alla pallina intera ma al suo baricentro. Viene fuori in definitiva il concetto di pallina come corpo esteso e non più come punto materiale, per il quale andrebbero considerate le equazioni cardinali. In quanto corpo esteso ci sarebbe da tenere in conto il grado di uniformità della distribuzione della massa all’interno della pallina, che non potrà mai essere perfettamente uniforme. In quanto corpo esteso la pallina ha una superficie, e tale superficie nell’aria ha una resistenza aerodinamica che introduce un ulteriore termine dissipativo, in questo caso nella fase di volo della pallina. 2.4.2 Intervallo di validità Si può puntualizzare che tale descrizione ha validità finché non si raggiunge il limite di integrità della pallina, cioè finché il valore dell’altezza di partenza non sia troppo alto: in tal caso la struttura atomica della pallina potrebbe rovinarsi durante il rimbalzo perdendo la sua elasticità, oppure il termine dissipativo avere una dipendenza non lineare dalla compressione durante il rimbalzo. Si può osservare dunque come il modello valga per certi intervalli dei suoi parametri, e che fuori da questi intervalli c’è la necessità di aggiungere correzioni e modifiche se non cambiarlo completamente, come ad esempio dover tenere in conto degli aspetti microscopici appena discussi. Questo aiuta molto lo studente a comprendere la differenza tra sistema reale e modello per descriverlo, e come uno stesso sistema fisico possa avere vari modelli descrittivi efficaci in dipendenza dei valori dei parametri se non addirittura in dipendenza delle grandezze osservate da voler predire. A conclusione della trattazione in classe è interessante mettere in evidenza come, benchè quello proposto sia un modello approssimativo, perché tante variabili sono trascurate, e sia valido solo per alcuni intervalli di valori dei suoi parametri, esso riesca a predire una regolarità nel comportamento del sistema come il rapporto tra h1 e h0 . Quindi nonostante la sua semplicità riesca a mettere in evidenza gli aspetti principali del fenomeno preso in considerazione, cioè quelli che danno il contributo determinante; questa non è affatto una operazione banale, come dimostra il fallimento del primo modello proposto, ma necessita di una buona comprensione del problema fisico soggiacente. 6