Il 600 è stato il secolo della Controriforma cattolica.Alla sua profonda crisi di valori
che aveva caratterizzato il Cinquecento, il Seicento contrappone le nuove certezze
spirituali di una Chiesa che finisce per irrigidirsi sui propri dogmi.
L’Arte diventa il principale strumento di diffusione delle idee controriformiste.
Architetti, scultori e pittori diventano il tramite mediante il quale arrivare a toccare
con immediatezza l’animo dei fedeli.
Con la propria Arte la Chiesa cattolica si propone di ricondurre gli eretici alla
dottrina cattolica, facendo leva su due sentimenti: la compassione e la pietà.
Il Concilio di Trento raccomandava, ad esempio, che la figura del Cristo venisse
rappresentata << afflitta, sanguinante, con la pelle lacerata, ferita e sgradevole a
vedersi>>. In tal modo avrebbe fatto suscitare nelle masse popolari un sentimento di pietà
e di devozione di fronte al dolore e alle sofferenze che li avrebbe ricondotti alla fede e
alla chiesa. In architettura il gusto seicentesco si esprime attraverso la monumentalità delle
costruzioni.
Inoltre, la presenza ornamentale di vari elementi ( statue, cornici, false finestre ) arriva ad essere
più importante della stessa struttura. Prevale la forma sulla funzione.
Nei primi decenni del XVIII
secolo il gusto
predominante è ancora quello barocco che in questo
periodo prende il nome di Rococò.
Esso si manifesta nel ricorrente decorativismo
degli interni, nella produzione di mobili e
porcellane dalle forme fantasiose e elaborate.
In seguito, verso la metà del 700, inizia a diffondersi
il bisogno di imporre correzioni classicheggianti.
Questo darà origine al fenomeno del Neoclassicismo.
Il ritorno alla razionalità e all’equilibrio
dell’età greca favorirà
la riproposizione delle forme e dei valori
propri dell’arte classica.
•
La Cappella Sansevero, detta anche chiesa di Santa Maria della
Pietà o Pietatella, è tra i più importanti musei di Napoli. Situata nelle vicinanze
della piazza di San Domenico Maggiore. Oltre ad essere stato concepito come
luogo di culto, il mausoleo è soprattutto un tempio massonico carico di simbologie,
che riflette il genio e il carisma di Raimondo di Sangro, settimo principe di
Sansevero, committente e allo stesso tempo ideatore dell'apparato artistico
settecentesco della cappella. Alla fase seicentesca della cappella, appartengono il
monumento al primo principe di Sansevero, Giovan Francesco di Sangro”,
realizzato da Giacomo Lazzari nella prima metà del XVII secolo e collocato nella
seconda cappella laterale sulla sinistra; la statua del secondo principe, Paolo di
Sangro, invece, è situata nella prima nicchia sulla destra, realizzata da Bernardo
Landini e Giulio Mencaglia nel 1642; ed infine il monumento al Patriarca di
Alessandria, Alessandro di Sangro, situato nel lato sinistro della cappella nei pressi
dell’altare.
Questa sistemazione fu stravolta a partire
dai primi anni 40’ del 700’, quando il
principe Raimondo di Sangro iniziò ad
ampliarla commissionando diverse opere
d’arte per arricchirla al fine di creare un
luogo che testimoniasse la grandezza del
suo casato.
Negli anni successivi, il principe
Raimondo ingaggiò artisti di fama
internazionale come: Sanmartino,
Corradini e Celebrano. In questi periodo
furono realizzati capolavori quali: il
Cristo Velato, il Disinganno e la
Pudicizia.
Il principe impiegò un’ingente somma in
denaro per la realizzazione della cappella,
in quanto era un committente molto
esigente.
• Successivamente nella notte tra il 22
e 23 settembre 1889, a causa di
un’infiltrazione d’acqua, crollò il
ponte che collegava il mausoleo dei
Sansevero con il vicino palazzo di
famiglia. A causa di quest’evento
andarono persi, oltre al ponte, anche
numerosi affreschi sotto il gariglione
e il disegno labirintico del pavimento
della cappella. I restauratori non
potettero ripristinare il pavimento
originale, così optarono per il “cotto”
napoletano, mentre al centro, lo
stemma dei di Sangro, fu realizzato
con smalti giallo e azzurro,
riprendendo così i colori del casato.
•
La facciata della cappella, appare semplice e sobria, in quanto rispecchia lo stile
classicheggiante. E’ possibile accedere nella cappella attraverso il grande portale al centro
della facciata, oppure dalla porticina laterale che si affaccia su calata San Severo.
La chiesa è in tipico stile barocco napoletano, è di forma rettangolare, ed è costituita da
un’unica navata. Lungo le pareti laterali, vi sono otto archi a tutto sesto, quattro per lato,
che introducono altrettante cappelle laterali, mentre un ulteriore grande arco separa l’area del
presbiterio. Al centro dei due lunghi lati, rispettivamente, a sinistra si apre la porta laterale,
mentre a destra vi è l’accesso alla cavea sotterranea.
Al di sopra degli archi, vi è il cornicione, realizzato con un mastice ideato dal principe
Raimondo, al di sopra del quale si diparte la volta a botte, affrescata dal dipinto di Francesco
Maria Russo, “Gloria del Paradiso”. Alla base della volta, ci sono sei finestre strombate che
donano luce alla cappella.
La cappella ospita, nella cavea sotterranea, le “Macchine anatomiche”, due corpi totalmente
scarnificati dove è possibile osservare, in modo molto dettagliato, l'intero sistema circolatorio.
• L'elemento più notevole della Cappella Sansevero è senza dubbio il suo
corredo scultoreo, il quale segue un progetto iconografico attentamente
studiato e voluto da Raimondo di Sangro. Elemento portante di tale
progetto sono le dieci statue denominate Virtù, di cui nove dedicate alle
consorti di nove membri della famiglia Sansevero e una - il Disinganno dedicata ad Antonio di Sangro, padre del principe Raimondo. Nell'impianto
statuario, ed in particolare nelle raffigurazioni delle Virtù, è inoltre possibile
notare una serie di significati allegorici, spesso riferiti al mondo
della massoneria, di cui Raimondo di Sangro era Gran Maestro.
All'interno del progetto le Virtù
vogliono rappresentare
le tappe di un cammino spirituale,
paragonabile a quello dell'iniziato massone,
che conduca ad una migliore conoscenza
e al perfezionamento di sé.
Parte integrante di questo percorso è il
pavimento labirintico, che rappresenta
le difficoltà
del cammino che porta
alla conoscenza.
Nella Pudicizia la lapide spezzata
fa riferimento alla morte prematura della
nobildonna, mentre l'incensiere ai piedi della statua
ricorda quelli utilizzati durante le cerimonie
massoniche. Il ramo di quercia è forse un
rimando all'albero della conoscenza,
mentre un'altra interpretazione
lo vede come l'albero della vita.
La cuspide di piramide è un elemento comune nelle
Raffigurazioni funebri dell’epoca e simboleggia la
Gloria dei principi. Il tema della resurrezione, che si ritrova
anche nel Cristo velato, nella Deposizione alle spalle
dell’altare maggiore e nel bassorilievo della Pudicizia è
inoltre uno dei temi più ricorrenti nella cappella.
•
L'altorilievo marmoreo della
"Deposizione", che si trova al di sopra
dell'altare maggiore, è considerato il
capolavoro di Francesco Celebrano, che
probabilmente si ispirò ad un modellino in
creta precedentemente preparato dal
Corradini. Esso fu realizzato tra il 1762 e il
1768 ed è l'unico esempio di altorilievo
ritrovabile sugli altari maggiori delle chiese
partenopee.L'opera raffigura l'episodio
della deposizione di Cristo sulla croce:
alcune figure, tra le quali emergono Maria
e la Maddalena, assistono affrante mentre
il corpo di Gesù viene adagiato a terra;
Al di sotto del piano dell'altare
sotto di loro vi sono due putti che
altri due putti scoperchiano una
sorreggono il sudario, sul quale risalta
bara, ormai vuota.Il talento
un'immagine metallica del volto di Cristo.
dell'artista emerge dalla
drammacità dell'intera scena, che
riunisce insieme uno stile tardobarocco con elementi caratteristici
dell'arte seicentesca napoletana.La
composizione dell'altare è
completata lateralmente da due
angeli in stile barocco realizzai da
Paolo Persico, autore anche della
cornice di angeli in stucco che
circonda il dipinto della Pietà.
•
Disinganno è, insieme alla Pudicizia e al Cristo
Velato, una delle tre opere principali della
cappella.L'opera, realizzata dal Quierolo, è
dedicata ad Antonio di Sangro e raffigura un uomo
che si libera da una rete, simboleggiante il peccato
da cui era oppresso: in seguito alla morte della
moglie, il duca Antonio condusse infatti una vita
disordinata e dedita ai vizi viaggiando in tutta
Europa, mentre il giovane Raimondo era stato
affidato al nonno paterno.Ormai anziano Antonio
di Sangro tornò però a Napoli e, pentito dei peccati
commessi, abbracciò la fede e si dedicò ad una vita
sacerdotale.L'uomo è aiutato a liberarsi dalla rete
del peccato da un putto, simbolo dell'intelletto
umano, che con la mano destra indica il globo
terrestre, simbolo della mondanità.
• L'elemento della fede è rappresentato dalla bibbia aperta appoggiata al
globo e dal bassorilevo sul basamento del pilastro, che raffigura l'episodio
biblico di Gesù che dona la vista al cieco.Nel Disinganno è possibile
rilevare anche riferimenti alla massoneria, come il fatto che durante le
iniziazioni per entrare nella loggia gli aspiranti erano inizialmente bendati
ed in seguito era loro permesso di aprire gli occhi e comprendere la
verità.L'elemento che maggiormente colpisce della scultura è sicuramente
la fitta rete, completamente in marmo.La composizione è completata da una
lapide in cui Antonio di Sangro è indicato come esempio della "fragilità
umana, cui non è concesso avere grandi virtù senza vizi".
•
Il dipinto della Pietà è collocato
appunto al centro di una cornice di
angeli in stucco situata al di sopra
della Deposizione e dell' altare
maggiore, posizione voluta da
Raimondo di Sangro. In precedenza
infatti essa si trovava
immediatamente sopra l'altare.
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La datazione e l'autore del dipinto
sono ignoti: probabilmente fu
realizzata da un manierista napoletano
del '500 prima del 1590.
A tale data risale infatti la prima
testimonianza della sua esistenza, con
il miracolo dell'apparizione della
Beata Vergine all'uomo erroneamente
portato in carcere.
Più che per la sua qualità artistica,
l'importanza dell'opera risiede nel suo
significato per la cappella.
Secondo la tradizione infatti il
principe Giovan Francesco di Sangro
iniziò la costruzione della cappella in
segno di riconoscenza verso la
Madonna raffigurata nel dipinto della
Pietà.
•
L'opera più celebre della Cappella Sansevero è senza dubbio il Cristo velato, posto al centro
della navata centrale. A realizzarla fu Giuseppe Sanmartino.
Si tratta di un Cristo, sdraiato su un materasso, con il capo sorretto da due cuscini e inclinato
lateralmente, il cui corpo è ricoperto da un velo che aderisce perfettamente alle forme del viso
ed al corpo stesso. Ciò mette ancora più in luce, anziché nascondere, il dolore e la sofferenza.
È proprio il velo, infatti, l'elemento della statua più notevole e che meglio evidenzia l'abilità
dello scultore. La fama di alchimista e inventore che ha accompagnato Raimondo di Sangro
ha fatto nascere la leggenda che l'incredibile trasparenza del velo sia dovuta al fatto che si
tratterebbe in realtà di una vera stoffa, misteriosamente trasformata in marmo per mezzo di
qualche processo chimico di invenzione del Principe. In realtà una attenta analisi non lascia
dubbi sul fatto che l'opera sia stata realizzata interamente in marmo.
Si racconta, inoltre, che Antonio Canova ne rimase così colpito dichiarando infatti che
avrebbe dato dieci anni della propria vita per essere l'autore di tale opera. Durante una sua
visita a Napoli provò anche ad acquistarla.
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Sulla sinistra della porta di ingresso della
cappella si trova la statua del Decoro,
realizzata da Antonio Corradini tra il 1751 e il
1752.
L'opera raffigura un giovane seminudo, con i
fianchi cinti da una pelle di leone.
Al sui fianco si trova una piccola colonna sulla
quale poggia la testa mozzata di un leone, a
simboleggiare la supremazia dello spirito
umano sulla natura selvaggia.
Ai piedi il giovinetto indossa due diverse
calzature: al sinistro un coturno e al destro un
più semplice zoccolo.
Secondo alcuni studiosi questo particolare
allude al duplice rapporto con il mondo divino
e quello sotterraneo, mentre secondo altri
vuole significare che decoro e contegno
devono essere rispettati indipendentemente
dalla propria estrazione sociale.
•
Raimondo di Sangro, rinomato come
scienziato e sperimentatore, nel corso della
sua vita diede la luce a numerose
invenzioni. Tra più famose è possibile
citare:
•
Il palco pieghevole, realizzato per una
esibizione nel cortile del Collegio Romano dei
Gesuiti dove Raimondo, ancora diciannovenne,
stava studiando nel 1729;
•
Il lume perpetuo, una lampada in grado di
bruciare per tre mesi senza consumarsi.
•
La carrozza marittima, una carrozza con tanto
di cavalli grazie alla quale stupì i suoi
concittadini nel 1770 solcando le acque
del Golfo di Napoli.
•
Una macchina idraulica, con la quale sarebbe
stato possibile far arrivare l'acqua a notevoli
altezze senza l'aiuto di animali;
•
Le gemme artificiali, praticamente
indistinguibili dalle vere pietre preziose.
•
La stampa simultanea a più colori
•
La Pudicizia è raffigurata in un'immagine
tardo-ottocentesca. Essa è dedicata a Cecilia
Gaetani dell'Aquila D'Aragona, madre di
Raimondo di Sangro, che morì meno di un
anno dopo la nascita del figlio. La statua fu
realizzata da Antonio Corradini; l'artista
tuttavia, morì nel 1752,anno di realizzazione
della Pudicizia, come è testimoniato da una
lapide posta alla base dell'opera che riporta la
scritta "dum reliqua huius templi ornamenta
meditabatur". La scultura raffigura una donna
completamente coperta da un velo
semitrasparente, cinto in vita da una ghirlanda
di rose, che ne lascia intravvedere le forme ed
in particolare i tratti del viso. Essa è
considerata il capolavoro del Corradini, già
autore in passato di altre figure velate, del
quale è elogiata l'abilità nel modellare il velo
che aderisce con naturalezza al corpo della
donna.
•
La composizione è carica di
significati: la lapide spezzata sulla
quale la figura appoggia il braccio
sinistro, lo sguardo come perso nel
vuoto e l'albero della vita che nasce
dal marco ai piedi della statua
simboleggiano la morte prematura
della principessa Cecilia. Il tema della
vita e della morte è ripreso dal
bassorilievo del pilastro su cui poggia
la statua, raffigurante l'episodio
biblico del NOLI ME TANGERE: nel
quale Gesù risorto dice alla
Maddalena di non cercare di
trattenerlo nel mondo dei vivi. La
statua è anche un'allegoria alla
sapienza. Va inoltre ricordato che il
Corradini, era affiancato alla
massoneria e doveva quindi essere
bene a conoscenza della simbologia
delle opere a cui lavorò.
• Il patriarca di Alessandria,
Alessandro di Sangro, autore
dell'ampliamento seicentesco
della cappella, è ricordato da un
monumento funebre, realizzato da
un artista ignoto intorno alla metà
del XVII secolo, posto in una
nicchia alla sinistra dell'altare
maggiore. Al di sopra del
sarcofago si trova un ovale con un
mezzobusto di Alessandro vestito
con abiti religiosi. L'insieme è
fiancheggiatoda due colonnine in
marmo colorato, che reggono un
architrave sulla quale si trovano
due angioletti. Il sarcofago poggia
su un basamento in marmo con
una dedica che ricorda la carriera
ecclesiastica di Alessandro.
•
Il Ritratto di Vincenzo di Sangro è opera del pennello di Carlo Amalfi.Vincenzo,la persona
ritratta nel dipinto,è stato erroneamente identificato con il padre Raimondo. Grazie a
numerose ed attendibili verifiche tuttavia, è stato possibile determinare che si tratta invece di
Vincenzo,figlio primogenito di Raimondo. L'opera è adagiata su di una bara circondata da
un apparato decorativo composto da 5 putti: 3 di loro reggono il dipinto, e altri due reggono il
velo di stucco retrostante. A differenza degli altri ritratti della famiglia, quello di Vincenzo di
Sangro non presenta alcuna iscrizione celebrativa o biografica. La datazione del monumento è
datato dalla maggior parte della critica per la metà del 1770. Il giovane principe è ritratto da
tre parti, abbigliato in parrucca e il suo petto è attraversato da una fascia rossa appartenente
all'ordine dei cavalieri di San Gennaro..
•
•
•
Rispetto all’effigie di Vincenzo, sempre dell’Amalfi, quella di Raimondo denota maggior
realismo e un più attento studio dei caratteri fisionomici e psicologici da parte dell’artista.
Il soggetto è privo degli attributi alludenti alla sua nobiltà, al suo valore militare e alla sua
attività scientifico-letteraria (attributi scolpiti in marmo sulla sua Tomba); il principe, in età
avanzata, sembra fissare lo spettatore con sguardo fiero, protetto da una semplice corazza.
Il Ritratto di Raimondo di Sangro è in cattivo stato di conservazione, pur essendo stato
eseguito dalla medesima mano di quello raffigurante Vincenzo, e con la medesima tecnica,
ovvero l’olio su rame. Questa circostanza ha dato fiato alla fantasia popolare, secondo cui
l’immagine del “principe maledetto” sarebbe destinata a una sorta di damnatio memoriae. In
realtà, è probabile che il dipinto sia particolarmente rovinato a causa della sua collocazione:
l’ambiente in cui si trova, infatti, è sormontato da una cupoletta a vetri che nei secoli passati
dovette subire molti danni, lasciando il quadro esposto all’ingiuria degli agenti atmosferici.
Suddetta opera fu dedicata dal padre Raimondo
di Sangro, alla moglie di suo figlio
Gaetana Mirelli,quando ella era ancora giovane.
L'opera,scolpita da Paolo Persico,raffigura una
donna in stato di gravidanza e vestita in una
maniera che ricorda gli antichi romani,con alle spalle
una piramide. La mano destra porta due cuori in fiamme,simbolo
dell'amore profondo e reciproco che dovrebbe esserci
tra due coniugi. La mano sinistra regge invece un giogo
coperto di piume,a simboleggiare una dolce obbedienza.
Ai piedi della donna,sorge un angioletto che
sorregge un pellicano,simboleggiante il sacrificio
di Cristo sulla croce,associato quindi alla carità
•
•
Nella Cavea sotterranea sono oggi conservate, all’interno di due bacheche, le
famoseMacchine anatomiche, ovvero gli scheletri di un uomo e di una donna in posizione
eretta, con il sistema artero-venoso quasi perfettamente integro. Le Macchine furono
realizzate dal medico palermitano Giuseppe Salerno, sotto la direzione di Raimondo di
Sangro
Questi inquietanti oggetti si trovavano in una stanza del palazzo del principe di Sansevero,
denominata “Appartamento della Fenice”, come attestano alcuni viaggiatori e la Breve nota.
Quest’ultima fonte descrive nei dettagli le Macchine, dai vasi sanguigni della testa a quelli
della lingua, e aggiunge che ai piedi della donna era posto “il corpicciuolo d’un feto”, accanto
al quale vi era addirittura la placenta aperta, legata al feto dal cordone ombelicale. I due
studi anatomici sono stati spostati nella Cappella, e in tal modo salvati da distruzione o
dispersione, molto tempo dopo la morte del principe. Resti del feto erano visibili ancora fino a
pochi decenni fa, finché non furono rubati.
Le Christ voilé est une sculpture en marbre de
Giuseppe Sanmartino,conservée à la chapelle Sansevero de
Naples.La sculpture (1753) est considérée
comme un des chefs-d’œuvre majeurs de la sculpture mondiale
et a eu parmi ses admirateurs Antonio Canova qui
s'est déclaré prêt à donner dix années de sa vie pour
être capable de réaliser un tel chef-d’œuvre.
Sanmartino travaille sur un Christ mort, couché et recouvert d'un
voile qui adhère à la forme de son corps. Au pied de la sculpture, enfin,
l'artiste sculpte les outils de ce martyre dits Arma Christi :
la couronne d'épines, des pinces et des clous. Le rendu magistral du voile
a donné naissance à la légende que l'acheteur du prince,
avait enseigné à Sanmartino la méthode de calcification permettant
de transformer du tissu en marbre cristallin.
Mais, une analyse ne laisse aucun doute
que le travail a été fait
entièrement en marbre
Cette admirable statue se trouve près
du pilier à gauche de l'autel, la statue a été commissionnée
par Raimondo de Sangro et elle a été dédiée à la mère Cecilia Gaetani,
morte quand Raimondo avait seulement
1 an. Elle fut gravée par un autre auteur,
Antonio Corradini, et il atteignit la perfection.
Le matériel est représenté
"humide” en faisant transparaître
encore la peau trempée.
•La visita alla Cappella Sansevero è stata
produttiva perché ci ha consentito di
avvicinarci a un pezzo di Storia della
nostra meravigliosa città. Spesso i ragazzi
non si rendono conto dei capolavori che
sono situati a pochi passi da noi, e la visita
alla Cappella Sansevero ha contribuito ad
un nostro arricchimento culturale sulla
storia della nostra città.
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Cappella Sansevero - Napoli