La Cappella e i suoi misteri di Stefania Trotta La Pudicizia Velata di Maria Pesole Pudicizia ed Esoterismo di Nicoletta Altomonte “Ma il gran zelo, che io ho per inalzare quanto più mi fia possibile la nobiltà de’ Caratteri, de' Geroglifici e de' Segni, che fan l'oggetto della presente mia lettera, mi spinge a ricercarne più addietro l'antichità” R. di Sangro La leggenda di un’immagine Il nome della Cappella, invero, è quello di Pietatella (derivazione popolare di Santa Maria della Pietà) e la sua genesi è in un quadro raffigurante, per l'appunto, una Pietà, con la Madre seduta col Figlio deposto sul grembo. Fu il dipinto della Pietà a stimolare, sul finire del XVI secolo, la costruzione del Tempietto. E' tramandato, infatti, che il quadro fuoriuscì dal muro di cinta di Palazzo di Sangro. Nel proseguimento del racconto è narrato che il prigioniero ingiustamente accusato fece voto e, dopo poco tempo, l'uomo riacquistò la libertà. Da quel momento l'immagine sacra, diventò oggetto di culto. La lapide dedicatoria di Alessandro de‘Sangro sull'ingresso della Cappella Sansevero. La Cappella è costituita da una navata unica rettangolare con otto cappelle laterali che si snodano fino all'altare Maggiore. Le macchine anatomiche Scendendo una scaletta a chiocciola, si arriva a quello che una volta era il vano d'ingresso al laboratorio segreto. Qui, in due teche di vetro si trovano due corpi umani la cui mostruosa abilità scientifica del principe, con un preparato di sua invenzione, ha tolto "l'involucro"corporeo, metallizzando fin nell'ultimo capillare l'intero sistema delle vene e delle arterie. OPERE Antonio Corradini La Pudicizia Velata Sul quinto pilastro a sinistra vi è la statua di Antonio Corradini de La Pudicizia Velata. Il monumento è posto alla memoria di Cecilia Gaetani, madre di Raimondo, il quale, mosso da un insaziabile bisogno di novità, suggerisce, come tema di decorazione, una figura allegorica che, se avrà la sua esplicazione logica nel tema della Pudicizia, deriva, sia per l’iconografia che per i suoi caratteri di contenuto, dalla più tipica figurazione della Primavera. Il monumento alla Pudicizia fu firmato dal Corradini e datato nel 1751, quando costui era al termine della sua attività di scultore. Nessun verticalismo od assottigliamento della figura caratterizza la statua di impostazione chiara ed evidente, bloccata in un solo masso di marmo, tradotto in un insieme semplice e pacato. Nella Pudicizia il Corradini si attiene ai consueti moduli compositivi, rifacendosi alla sua creazione di donna velata, nella ripresa della Vestale di Palazzo Barberini e delle numerose figure allegoriche con le quali aveva adornato la maggior parte dei suoi monumenti. Infatti la somiglianza che spesso le si accomuna con la Vestale di palazzo Barberini, a Roma, sono le radici nella antica tradizione pagana. L’una rappresenta la Vergine Velata addetta al Fuoco Sacro del tempio di Vesta, l'altra, la Gran Madre, la Madre dei misteri isiaci, rappresenta la Luna. Dopo il Cristo Velato, la Pudicizia rappresenta il monumento più famoso del Tempio della Pietà. Prima opera eseguita dall'abile e famoso scalpello da virtuosista di Antonio Corradini. I suoi intenti, qui come altrove, si esauriscono tutti nella cura della superficie: il blocco di marmo rifinito in ogni suo aspetto, nel desiderio di un’evidenza e di un'ostentazione di estrema bravura. Nella Pudicizia certamente colpisce la capacità del Corradini nel realizzare, secondo i canoni classici della statuaria antica, un corpo di donna precisamente delineato nei contorni e nei volumi al di sopra del quale è posto un sottilissimo velo, aderente alla pelle come se fosse bagnato e che forma dunque pieghe sottili che si infittiscono solo nelle zone cave della statua. A spezzare il morbido e candido fluire delle pieghe ritroviamo un festone di rose posto quasi orizzontalmente nelle mani della figura, in modo tale da interrompere l'uniformità del motivo pittorico, ponendo un elemento che, in effetti, delinea la sottile armonia. Il turibolo per l'incenso, posto ai suoi piedi, riporta all'immortalità mentre i veli di cui è coperta ci conducono al mistero dei riti isiaci. Una scultura di tale bellezza doveva appagare la complessa personalità di Raimondo, cui certamente bisogna riferire l'invenzione della lapide spezzata e del tronco della vita. Entrambi appartengono alla classica iconografia funeraria che non ha nulla in comune con il significato esoterico del monumento. Essi sono solo un caro omaggio alla prematura età della defunta, strappata alla sua famiglia. Sul basamento del pilastro figura un bassorilievo del Noli me tangere. Nel bassorilievo il panneggio è ritmato e cascante stancamente; il Cristo è ripreso edonisticamente di profilo e anche la Maddalena è raffigurata nei modi della più convenzionale plastica decorativa del tempo. Il principe Raimondo di Sangro volle vivamente esternare la sua gratitudine allo scultore veneziano per essere riuscito tramite il monumento a concretizzare pienamente i suoi desideri, dedicandogli un breve e significativo epitaffio. Sul monumento ritroviamo un’ulteriore epigrafe dedicata alla cara e dolce Cecilia che, elogiata per le sue nobili virtù, è paragonata alle più virtuose matrone di ogni epoca. La Pudicizia e l’Esoterismo Il principe Raimondo, in qualità di Gran Maestro della Massoneria, ha creato, all’interno della Cappella, un vero e proprio “Cammino Iniziatico” per avvicinare ai Misteri dell’Esoterismo e della Massoneria qualunque profano avesse visitato il Tempio della Pietà, celando in tutte le sculture un senso denotato di natura mistico-simbolica, pronto a svelarsi all’osservatore attento. La Pudicizia Velata non costituisce esclusivamente un simulacro posto in memoria di Cecilia Gaetani d’Aragona. Nelle pieghe del velo che la ricopre è celato un senso denotato di immenso potere esoterico . Posta a sinistra dell’altare, essa rappresenta la Luna, il principio femminile, la Grande Madre Iniziatica; nelle sue opulente forme matronali si nasconde la parte femminile dell’Universo, colei che nelle filosofie indiane viene detta Kundalini, il riflesso della Madre Divina nel cui grembo viene generato il Tutto Tuttavia la Madre non si mostra mai nuda, non è accessibile a chiunque. Potrà contemplarla nella sua immensità soltanto colui che riuscirà a toglierle i Veli, attraverso l’esperienza dei misteri Isiaci. La corona di rose che la donna stringe tra le mani, rappresenta un chiaro riferimento alla tradizione templare della Rosa Mistica, la coppa in cui venne versato il sangue di Cristo. Queste rose Simboleggiano ’agognata Redenzione dello spirito, ma anche la millenaria leggenda del Graal. E’ inoltre un rimando alla Rinascita della Vita, quando la Madre Terra si rinnova nella primavera. Ed è proprio a tale rinascita, che l’iniziato deve aspirare, per giungere alla completa conoscenza del Tutto ed all’immortalità, simboleggiate dal turibolo d’incenso posto ai piedi della statua, che inoltre conferisce un senso di sacralità iniziatica e segreta a tutta l’opera Raimondo, il Gran Maestro che tutto controlla e guida, dispensa altri preziosi consigli all’Iniziato. Infatti nel basamento della statua è inserito il bassorilievo del Cristo con la Maddalena, il “Noli me tangere” postresurrezione. Un chiaro avviamento al “doppio Magistero”, alla strada che condurrà ad esso, alle Tenebre che ridiscendono per poi risalire alla Luce Purpurea dell’ Immortalità. Anche il più infimo degli iniziati può aspirare al raggiungimento del doppio Magistero, seppur dopo una serie infinita di tribolazioni e fatiche erculee. Tutti questi ostacoli però, l’adepto dovrà superarli con l’aiuto delle sue sole forze, così come il Cristo, che s’incammina per la strada che porta all’ascensione al cielo. Tutto ciò che l’Adepto deve fare, è togliere i Veli alla Madre, svelarne tutti i misteri e le opulente forme, per poter guardare così la Luna nella sua interezza. Un assaggio d’immortalità prima di raggiungere il Tutto. Ringraziamenti: La Biblioteca Nazionale di Napoli L'Archivio di Stato La professoressa Clementina Gily L'Ateneo Federico II e le sue strutture