Raimondo Di Sangro e il Cristo velato La Cappella dei Sansevero,che racchiude le spoglie dei membri della famiglia,si trova a Napoli, nelle vicinanze della Piazza S. Domenico Maggiore, attigua al palazzo di famiglia dei Principi di Sansevero, da questo separata da un vicolo una volta sormontato da un ponte sospeso che consentiva ai membri della famiglia di accedere al luogo di culto direttamente. Fatta costruire da Giovan Francesco nel 1590 come luogo in cui venerare una statua della Vergine della Pietà che, rispondendo alle sue preghiere, lo aveva guarito da una grave malattia. Per questo, oltre che a essere conosciuta come Cappella Sansevero dei Sangro, lo è anche come Santa Maria della Pietà dei Sangro, o più semplicemente come La Pietatella. Secondo una leggenda, una notte vi sarebbe stato arrestato un ladro che, per ottenere la libertà, aveva chiesto pietà alla Vergine e, poi liberato e da questo evento il nome della cappella. Era una sorta di tempietto dedicato probabilmente a quell’ordine clandestino della massoneria che, seppur ostacolato da editti e proibizioni, non avrebbe mai cessato di esistere. I passanti occasionali che attraversano la piazza, oggi, non accelerano il passo, abbassano il capo, né furtivamente fanno il segno della croce passando di fronte a quella che una volta era la dimora del leggendario principe di San Severo. Raimondo de Sangro nasce , in provincia di Foggia,nel 1710. Egli fu il settimo principe della casata di Sansevero de Sangro, che ebbe come capostipite e primo principe Gianfrancesco, Cecco de Sangro. Sua madre, Cecilia, muore però dopo appena un anno. E presto Raimondo viene abbandonato anche dal padre. A soli vent'anni Raimondo, già insignito del titolo di Principe Di San Severo, rimette piede nel palazzo dei suoi avi, a Napoli. Nel suo palazzo il principe volle la sua officina di alchimistascienziato, dove sperimentò dall’impermeabilizzazione dei tessuti a ‘ stoffe mai viste ’, alla cera fatta senza api, al sistema per rendere potabile l'acqua marina e a quel Lume Eterno che avrebbe dovuto per sempre rifulgere nella cripta sotterranea ai piedi del Cristo morto. Il "lume eterno" è una fiamma che arde consumando piccolissime quantità di materiale. Probabilmente si tratta di un composto chimico a base di fosfato di calcio e di fosforo ad alta concentrazione. Le invenzioni che la tradizione popolare attribuisce al principe appartengono ai campi più disparati. Per il Re Carlo III di Borbone inventa un mantello di tessuto impermeabile: una novità assoluta per l'epoca. Infine stupisce tutta Napoli attraversando con una speciale carrozza galleggiante il golfo da un capo all'altro. Ma le opere che più di tutte hanno reso leggendaria la figura del principe di San Severo si trovano all'interno della cappella di famiglia de Sangro. La sua leggenda comunque nasce da verità scomode. La sua cultura superiore si impone su quella della stragrande maggioranza dell'aristocrazia napoletana, considerata rozza ed ignorante. Datato e firmato dal Sammartino, il Cristo ha un precedente nel bozzetto in creta del Corradini, conservato nel museo di Sammartino. Dopo la morte di Corradini, Raimondo de Sangro commissionò l’opera al giovane scultore napoletano che tenne poco conto del precedente bozzetto. Il Cristo morto,in origine,doveva essere collocata in una cripta sotterranea ma costatatone la splendida esecuzione fu collocata al centro della cappella Sansevero. Un Cristo morto nell'atto della resurrezione, interamente avvolto nel sudario,un velo leggero, naturale, impalpabile, straordinariamente aderente alla pelle. La pietra diventa liquida, grazie all’arte dello scultore, la trasparenza è perfetta, inesistente il peso del sudario, anche perché in realtà, fisicamente, non c’è, eppure è visibile per magia ottica, per incantesimo della materia all’occhio. Il corpo stesso genera, piegando il marmo,morbidissime onde. Le fattezze del Cristo si intravedono con un effetto molto suggestivo:la vena gonfia ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato finalmente nella morte liberatrice. La scelta del marmo paglierino accentua nello spettatore la sensazione del pallore della morte. Lo scultore minuziosamente ricama i bordi del sudario poi si sofferma sugli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo come gettati l’uno sopra l’altro ,eppure tutto è conformato in un sol pezzo di marmo. Gli strumenti della passione sono rappresentati con una corona di spine,una tenaglia e chiodi. La corona di spine che giace ai suoi piedi è un oggetto che molti rimangono a osservare rapiti. Lo straordinario realismo dà l’impressione che un vero intreccio di rami spinosi sia stato immerso in uno speciale smalto bianco,La perfezione del sudario,i morbidi chiaroscuri fecero sorgere le più assurde leggende circa la sua esecuzione,fino al punto di asserire che il velo fosse stato posto dopo l'esecuzione dell'opera e marmorizzato con una sostanza chimica. Nell'Archivio Notarile di Napoli è stato rinvenuto il contratto tra il Principe e Giuseppe Sammartino. Nel contratto quest’ultimo s’impegnava ad eseguire l'opera. Il Principe si impegnava,altresì,di procurare il marmo e di realizzare una sindone,una tela da depositare sulla la scultura. Il Sammartino s’impegnava inoltre di ripulirla per renderla un tutt'uno con la statua stessa e di non svelare a nessuno il modo escogitato dal Principe per la sua realizzazione. Sempre nell'Archivio Notarile di Napoli,la giornalista Clara Miccinelli, affermò di aver ritrovato un documento, rogato in data 25 novembre 1752, nel quale Raimondo de Sangro indicò le istruzioni per marmorizzare un velo: <<Calcina viva nuova 10 libbre, acqua barilli 4, carbone di frassino. Covri la grata della fornace co' carboni accesi a fiamma di brace; con ausilio di mantici a basso vento. Cala il Modello da covrire in una vasca ammattonata; indi covrilo con velo sottilissimo di spezial tessuto bagnato con acqua e Calcina. Modella le forme e gitta lentamente l'acqua e la Calcina Misturate. Per l'esecuzione: soffia leve co' mantici i vapori esalati dalla brace nella vasca sotto il liquido composito. Per quattro dì ripeti l'Opera rinnovando l'acqua e la Calcina. Con Macchina preparata alla bisogna Leva il Modello e deponilo sul piano di lavoro, acciocché il rifinitore Lavori d'acconcia Arte. Sarà il velo come di marmo divenuto al Naturale e il Sembiante del modello Trasparire>> All’interno della cappella dei San Severo ogni cosa ha un suo preciso significato, un messaggio che è rimasto immutato nel tempo. Le statue sono quasi tutte femminili e probabilmente rappresentano le virtù fondamentali della natura umana tra cui la forza, la sapienza, la fede. Lanciano il loro messaggio attraverso i vari oggetti che tengono in mano o che giacciono ai loro piedi(tutta la simbologia del tempio s’ispira all’antica simbologia dello studioso Ripa;Raimondo de Sangro finanziò una ricca edizione dell'Iconologia di Ripa. ). Libri, compassi, fiori, cornucopie, caducei (sottili verghe con le ali e due serpenti attorcigliati in procinto di baciarsi, simbolo di pace usato da Mercurio per sedare le liti) fiammelle e cuori. Tutto comunica attraverso un doppio linguaggio: quello religioso-spirituale e quello massonico-esoterico. Niente di ciò che vediamo è stato plasmato, scolpito, decorato e dipinto come semplice abbellimento. È il risultato del sapere e della genialità di un uomo che non seppe accontentarsi di quello che la sua epoca aveva da offrire. Nelle ultime volontà, Raimondo de Sangro impose ai discendenti di non alterare il complesso simbolismo insito negli arredi di varie sculture(non modificandone ornamenti, bassorilievi, iscrizioni e nomi); alcuni studiosi,in ciò,leggono la conferma dell'esistenza di un messaggio codificato. Il messaggio è insito in gran parte dei dodici sculture presenti nella cappe. Esse furono appellate con nomi di virtù e stati d'animo: il Disinganno, la Pudicizia, il Decoro, la Liberalità, l'Educazione, la Sincerità, la Soavità del Giogo Maritale, il Dominio di Se Stesso, lo Zelo della Religione, l'Amor Divino, la Mestizia, l'Angelo. Apparentemente,infatti,si tratta della rappresentazione dei classici elementi della fede cattolica come i vizi e le virtù cristiane. Georges de La Tour(1593-1652) "Santa Maria Maddalena medita davanti a un teschio" Ma esiste anche un'altra possibilità. Il principe era un affiliato della Massoneria e molti studiosi sostengono che la sua cappella fosse in realtà un tempio adibito ai riti massonici. Emanato un editto antimassonico,il principe non esitò a salvarsi dalla rovina rivelando al re i nomi dei fratelli massoni per rendere evidente la sua rinuncia all’ordine. In realtà Raimondo non interruppe mai i rapporti con la loggia napoletana e continuò imperterrito i suoi studi esoterici. Alla sua morte, purtroppo, i parenti distrussero tutti quei documenti che avrebbero potuto collegare il nome di Raimondo agli ambienti della Massoneria e del mondo dell’occulto. Sono andati persi testi di inestimabile valore, invenzioni che forse avrebbero facilitato e anticipato molte scoperte. Domenico Fetti (1589-1624)”La melanconia” Il cristo velato, il Disinganno la Pudicizia: tutte allegorie che potrebbero avere un comune significato: l'uomo che, con l'aiuto della ragione, squarcia il velo delle false verità. Questo è proprio un tipico ideale massonico. Esiste però anche un'altra chiave di lettura,:la Pudicizia e il Disinganno ritrarrebbero rispettivamente la madre e il padre del Principe. In questa interpretazione, il Cristo Velato sarebbe allora lo stesso Raimondo, che cerca squarciare il velo dell'ignoranza sotto lo sguardo dei due genitori, entrambi perduti precocemente. Antonio De Perada (1611-1678) “Allègorie” La scultura del Disinganno, che raffigura un uomo che si libera da una rete, simbolo di prigionia nel peccato. Sia pur nelle differenze figurative, anche in tal caso il riferimento all'Iconologia è immediato: se Ripa rappresentò l'Inganno con una rete in mano, il Principe fece scolpire un Disinganno che si libera dalla medesima rete.Al primo livello di lettura, così com'è esplicitato nella dedica, esso ricorda il padre di Don Raimondo, Antonio di Sangro. Questi soltanto in tarda età, dopo una vita di dissolutezze, si convertì rinunciando ai titoli nobiliari e agli averi e trascorse gli ultimi anni di vita da abate della Cappella. A livello anagogico il Disinganno si spersonalizza e diventa immagine di una Virtù, il Dispregio del Mondo a favore delle cose celesti. Nel livello analogico, però, oltre allo scultore Francesco Queirolo che raffigurò il proprio volto nella statua, nel monumento del Disinganno c'è Raimondo de Sangro. La Pudicizia,d’altro canto,raffigura una donna nuda coperta da un velo finissimo. La donna ha tra le mani ha una lapide spezzata, che si riferisce ad un cammino interrotto , mentre il velo simboleggia l’antica sapienza, velata poiché intangibile per chi non sia iniziato ai suoi misteri. FINE Tommasina Sangermano Antonio Scognamiglio Saverio Serafino