QUADERN / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016 ILCASODELGIORNO PRIMOPIANO Cessione di beni affittati con effetti sul bilancio del locatore Entro fine mese l’invio delle spese sanitarie / Silvia LATORRACA La cessione, da parte dell’affittuario, dei beni rientranti nel complesso aziendale affittato determina rilevanti problematiche di natura contabile, non soltanto in capo all’affittuario, in relazione al quale si è detto in un precedente intervento (si veda “Sopravvenienze per l’affittuario d’azienda dalla cessione di beni” del 30 dicembre 2015), ma anche con riferimento alla posizione del locatore. Sotto questo profilo, peraltro, la dottrina che si è occupata della materia ha fornito, nel tempo, indicazioni frammentarie e non sempre coerenti tra loro. In via preliminare, occorre evidenziare che, a rigore, l’alienazione dei beni ricompresi nell’azienda affittata, nonostante sia operata dall’affittuario, produce effetti contabili anche in capo al locatore. A tal fine, può essere utile ricordare che, applicando l’impostazione [...] A PAGINA 2 Anche i rimborsi erogati direttamente da medici e strutture sanitarie effettuati nel 2015 dovranno essere comunicati entro il 31 gennaio 2016 / Massimo NEGRO e Salvatore SANNA Entro il prossimo 31 gennaio i medici o i loro delegati (di solito i commercialisti) devono procedere alla trasmissione, al Sistema tessera sanitaria, delle prestazioni sanitarie erogate nel 2015, utili per la precompilazione del 730/2016. Sono previste tre procedure preliminari all’invio: - l’abilitazione dei medici al Sistema tessera sanitaria (quelli già in possesso delle credenziali per le ricette elettroniche o i certificati telematici non dovranno effettuare altri tipi di abilitazione); - il conferimento (eventuale) di delega per la trasmissione dei dati al commercialista: i medici già abilitati al Sistema tessera sanitaria possono, infatti, inserire la delega al soggetto delegato; - richiesta di abilitazione alla trasmissione dei dati da parte del commercialista delegato, una volta che quest’ultimo abbia ricevuto, sulla propria PEC, la delega del medico; tale richiesta dovrà essere firmata digitalmente dal commercialista e inviata con PEC alla Ragioneria generale dello Stato. Per individuare l’importo delle spese sanitarie sostenute che effettivamente può beneficiare del- la detrazione dall’IRPEF da indicare nel modello 730/2016 precompilato, occorre conoscere anche: - l’ammontare dei rimborsi effettuati direttamente dai medici e dalle strutture sanitarie; - quanto è stato rimborsato dai vari fondi assistenziali di cui il contribuente risulta iscritto (si pensi, ad esempio, al FASI). In merito all’individuazione di quest’ultimo dato, la legge di stabilità 2016 ha previsto che gli enti, le casse e le società di mutuo soccorso aventi solo fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale che nell’anno precedente hanno ottenuto l’attestazione di iscrizione nell’Anagrafe dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale e gli altri fondi comune denominati devono effettuare una comunicazione contenente i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate: - per effetto dei contributi versati di cui agli artt. 10 comma 1 lett. e-ter) e 51 comma 2 lett. a) del TUIR; - che comunque non sono rimaste a carico del contribuente ai sensi degli artt. 10 comma 1 lett. b) e 15 comma 1 lett. [...] A PAGINA 3 INEVIDENZA PROTAGONISTI Lavoro del difensore complicato dal contraddittorio “a macchia di leopardo” La CNPADC al bilancio di fine mandato / Savino GALLO Nei rimborsi IVA maturano gli interessi anche in assenza di fideiussione Al giudice tributario le liti sull’ingiunzione fiscale Rifinanziati gli ammortizzatori sociali in deroga Le elezioni per il rinnovo degli organi di governo della Cassa dottori commercialisti, il primo dei due importanti appuntamenti elettorali della categoria nel 2016, sono oramai alle porte (le elezioni dei delegati si terranno il 25 maggio, mentre il 15 febbraio scadrà il termine per proporre la propria candidatura). Tempo, dunque, di bilanci, non solo dell’anno appena passato, ma dell’intero mandato iniziato nel 2012. Quello che il Presidente Renzo Guffanti ha provato a tracciare nel corso di una lunga chiacchierata con [...] A PAGINA 6 ancora IL CASO DEL GIORNO Cessione di beni affittati con effetti sul bilancio del locatore I componenti di reddito che emergono in capo al locatore sono qualificabili come plusvalenze/minusvalenze, in quanto i beni sono detenuti in proprietà / Silvia LATORRACA La cessione, da parte dell’affittuario, dei beni rientranti nel complesso aziendale affittato determina rilevanti problematiche di natura contabile, non soltanto in capo all’affittuario, in relazione al quale si è detto in un precedente intervento (si veda “Sopravvenienze per l’affittuario d’azienda dalla cessione di beni” del 30 dicembre 2015), ma anche con riferimento alla posizione del locatore. Sotto questo profilo, peraltro, la dottrina che si è occupata della materia ha fornito, nel tempo, indicazioni frammentarie e non sempre coerenti tra loro. In via preliminare, occorre evidenziare che, a rigore, l’alienazione dei beni ricompresi nell’azienda affittata, nonostante sia operata dall’affittuario, produce effetti contabili anche in capo al locatore. A tal fine, può essere utile ricordare che, applicando l’impostazione tradizionalmente prevalente in dottrina, nota come metodo della proprietà (si veda “Ammortamento dubbio nell’affitto d’azienda” del 19 agosto 2015), l’azienda concessa in affitto dovrebbe continuare ad essere rilevata nel bilancio del locatore. Per contro, i beni dell’azienda affittata non dovrebbero trovare indicazione nello Stato patrimoniale dell’affittuario, ma dovrebbero soltanto essere oggetto di informativa in Nota integrativa (o nei conti d’ordine, per i bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio da una data precedente al 1° gennaio 2016). Il locatore dovrebbe, quindi, stornare dalla propria contabilità i beni compresi nell’azienda affittata e alienati dall’affittuario (nonché i relativi fondi ammortamento), iscrivendo in contropartita un credito verso l’affittuario pari al valore netto contabile del bene alla data di stipula del contratto di affitto. Anche nella fattispecie in esame, le rilevazioni contabili differiscono a seconda del soggetto cui compete, dal punto di vista civilistico, l’obbligo di conservare in efficienza i beni strumentali e mantenere intatto il valore del patrimonio / EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016 aziendale. In assenza di deroga contrattuale all’art. 2561 c.c. e, quindi, laddove gli oneri connessi al deperimento dell’azienda siano posti a carico dell’affittuario, il locatore dovrebbe stornare, a seguito dell’alienazione, il solo fondo ammortamento rilevato prima della stipulazione del contratto di affitto. In caso di deroga contrattuale all’art. 2561 c.c., invece, il fondo ammortamento da stornare includerebbe anche gli ammortamenti rilevati in costanza di rapporto. A tal riguardo, occorre evidenziare che la cessione dei beni compresi nell’azienda affittata dovrebbe determinare, in capo al locatore, l’emersione di una plusvalenza o di una minusvalenza, trattandosi di beni detenuti in proprietà. Tanto premesso, il momento in cui il locatore procede a stornare i beni in esame differisce a seconda degli accordi intercorsi tra le parti in merito all’informativa sulle dismissioni effettuate dall’affittuario. Qualora l’affittuario informi il concedente in relazione a ciascuna operazione di vendita, le rilevazioni contabili dovrebbero essere effettuate al momento della cessione dei beni. In assenza di informativa (caso che si manifesta con frequenza nella pratica professionale), invece, la rilevazione potrebbe inevitabilmente essere effettuata soltanto al termine del contratto di affitto, in sede di riconsegna del complesso aziendale affittato. A tal riguardo, l’art. 2561 c.c. prevede la corresponsione di un conguaglio in denaro, di ammontare pari alla differenza tra la consistenza patrimoniale dell’azienda alla fine del rapporto contrattuale e quella esistente alla stipulazione del contratto, quali risultano dall’inventario, assunti ai valori correnti al termine del rapporto contrattuale. In questa sede, peraltro, in capo al locatore si producono componenti di reddito qualificabili come sopravvenienze, attive o passive. / 02 ancora FISCO Entro fine mese l’invio delle spese sanitarie Anche i rimborsi erogati direttamente da medici e strutture sanitarie effettuati nel 2015 dovranno essere comunicati entro il 31 gennaio 2016 / Massimo NEGRO e Salvatore SANNA Entro il prossimo 31 gennaio i medici o i loro delegati (di solito i commercialisti) devono procedere alla trasmissione, al Sistema tessera sanitaria, delle prestazioni sanitarie erogate nel 2015, utili per la precompilazione del 730/2016. Sono previste tre procedure preliminari all’invio: - l’abilitazione dei medici al Sistema tessera sanitaria (quelli già in possesso delle credenziali per le ricette elettroniche o i certificati telematici non dovranno effettuare altri tipi di abilitazione); - il conferimento (eventuale) di delega per la trasmissione dei dati al commercialista: i medici già abilitati al Sistema tessera sanitaria possono, infatti, inserire la delega al soggetto delegato; - richiesta di abilitazione alla trasmissione dei dati da parte del commercialista delegato, una volta che quest’ultimo abbia ricevuto, sulla propria PEC, la delega del medico; tale richiesta dovrà essere firmata digitalmente dal commercialista e inviata con PEC alla Ragioneria generale dello Stato. Per individuare l’importo delle spese sanitarie sostenute che effettivamente può beneficiare della detrazione dall’IRPEF da indicare nel modello 730/2016 precompilato, occorre conoscere anche: - l’ammontare dei rimborsi effettuati direttamente dai medici e dalle strutture sanitarie; - quanto è stato rimborsato dai vari fondi assistenziali di cui il contribuente risulta iscritto (si pensi, ad esempio, al FASI). In merito all’individuazione di quest’ultimo dato, la legge di stabilità 2016 ha previsto che gli enti, le casse e le società di mutuo soccorso aventi solo fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale che nell’anno precedente hanno ottenuto l’attestazione di iscrizione nell’Anagrafe dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale e gli altri fondi comune denominati devono effettuare una comunicazione contenente i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate: - per effetto dei contributi versati di cui agli artt. 10 comma 1 lett. e-ter) e 51 comma 2 lett. a) del TUIR; - che comunque non sono rimaste a carico del contribuente ai sensi degli artt. 10 comma 1 lett. b) e 15 comma 1 lett. c) del TUIR. Con un comunicato stampa pubblicato ieri, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quali sono le scadenze previste per l’invio dei dati utili ad individuare l’importo detraibile delle spese sanitarie sostenute. In particolare: - entro il 31 gennaio 2016, le strutture sanitarie e i medici / EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016 devono trasmettere al Sistema tessera sanitaria i dati relativi alle spese sanitarie e ai rimborsi effettuati nel 2015 per prestazioni non erogate o parzialmente erogate; - entro il 28 febbraio (per il 2016 entro il 29 febbraio visto che il 28 è domenica), invece, gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale devono inviare all’Agenzia delle Entrate i dati sulle spese sanitarie rimborsate nel 2015 per effetto dei contributi versati dai contribuenti iscritti a tali enti e casse. Rischio sanzioni anche per il primo anno di applicazione In relazione agli obblighi di trasmissione telematica dei dati relativi agli oneri deducibili e detraibili, si ricorda che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati si applica una sanzione di 100 euro per ogni comunicazione: - senza possibilità, in caso di violazioni plurime, di applicare il “cumulo giuridico” ex art. 12 del DLgs. 472/97; - con un massimo di 50.000 euro. Se la comunicazione è correttamente trasmessa entro 60 giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta a un terzo, con un massimo di 20.000 euro. Nei casi di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata: - entro i 5 giorni successivi alla scadenza; - ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro i 5 giorni successivi alla segnalazione stessa. La legge di stabilità 2016 ha poi stabilito che per le trasmissioni da effettuare nel 2015, relative al 2014, e comunque per quelle effettuate nel primo anno previsto per la trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati utili per la predisposizione della dichiarazione precompilata, non si fa luogo all’applicazione delle suddette sanzioni in caso: - di “lieve tardività” nella trasmissione dei dati; - oppure di errata trasmissione degli stessi, “se l’errore non determina un’indebita fruizione di detrazioni o deduzioni nella dichiarazione precompilata”. Resta ferma, quindi, l’applicazione delle sanzioni in caso di omessa trasmissione dei dati. Tuttavia, in considerazione delle difficoltà riscontrate in sede di prima applicazione dei nuovi obblighi di trasmissione telematica e della mole dei dati trattati, le suddette esclusioni non sembrano sufficienti ad evitare di incorrere in sanzioni sproporzionate rispetto agli eventuali errori che potrebbero essere commessi in sede di caricamento dei dati. / 03 ancora FISCO Lavoro del difensore complicato dal contraddittorio “a macchia di leopardo” Obbligo presente per redditometro e studi di settore, ma ciò dovrebbe valere anche per le indagini finanziarie / Alfio CISSELLO Secondo la sentenza delle Sezioni Unite del 9 dicembre 2015 n. 24823, per le imposte non armonizzate (dirette, registro, successioni, donazioni ...) non esiste un obbligo generalizzato di instaurazione del contraddittorio preventivo tra le parti. Invece, il discorso è diverso per l’IVA, ove, da un lato, l’obbligo è presente, dall’altro, il suo mancato rispetto conduce alla nullità dell’atto solo se il contribuente dimostra che il confronto, oggettivamente, avrebbe potuto condurre all’archiviazione della pratica (in breve, il vizio non deve essere pretestuoso). I giudici hanno affermato che la nullità per mancato contraddittorio permane quando è la legge stessa ad imporlo: pensiamo al redditometro, ai costi black list, al controllo formale, all’abuso del diritto, agli studi di settore. È bene precisare che obbligo di instaurazione del contraddittorio non è sinonimo di obbligo di redazione del verbale di constatazione. Il verbale, imposto dall’art. 12 comma 7 della L. 212/2000 e inteso come documento riepilogativo della verifica, è necessario solo per gli accessi presso i locali dove viene svolta l’attività del contribuente. Nelle ipotesi descritte, potrebbe ritenersi sufficiente che il Fisco contatti il contribuente mediante invito a comparire, e che il tutto, naturalmente, sia verbalizzato. Questo per dire che, almeno sino a quando non ci sarà un ulteriore intervento giurisprudenziale, non è scontata la nullità dell’atto ove il contraddittorio sia stato instaurato, ma, nel contempo, il “PVC” non sia stato redatto. Nella sentenza delle Sezioni Unite, tuttavia, ci sono ipotesi in cui il contraddittorio, sebbene non previsto in maniera espressa dalla legge, è stato ritenuto necessario. Balza all’occhio il caso dei parametri contabili (pagina 11 della sentenza), ove l’art. 3 comma 185 della L. 549/1995, a differenza dell’art. 10 della L. 146/98 per gli studi di settore, non parla di previo confronto, limitandosi ad affermare, in maniera superflua, che l’accertamento può essere definito mediante adesione. Tuttavia, stante la forte similitudine tra studi di settore e parametri, già in passato la Cassazione aveva affermato la centralità del contraddittorio per entrambe le metodologie accertative. Su questa scia, si può affermare che il contraddittorio, a pe- / EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016 na di nullità dell’atto, sia un vero e proprio obbligo quando la verifica scaturisca da anomalie derivanti dagli studi di settore, a nulla rilevando che, poi, la determinazione del maggior reddito sia basata sulle percentuali di ricarico o su altri meccanismi presuntivi, e non in forza dei ricavi presunti dagli studi di settore. Per il redditometro, la cosa è più complessa: siamo sempre in presenza di un’imputazione statistica del reddito, ma assai diversa dagli studi. Sembra comunque che, per il periodo ante DL 78/2010 (quindi sino al 2009), il contraddittorio non sia necessario (pagina 26 della sentenza). Spiragli per la riqualificazione degli atti Ancora, in tema di abuso del diritto, le Sezioni Unite, in sostanza, confermano la precedente giurisprudenza, secondo cui il contraddittorio è necessario (pagina 14 della sentenza) siccome tali accertamenti “non si distinguono morfologicamente dai corrispondenti abusi di diritto di natura comunitaria”. Però, nello stesso tempo evidenziano che si trattava di ipotesi ove il contraddittorio sarebbe stato ad ogni modo necessario, trattandosi di controlli sostanziali. Da qui è possibile sostenere la necessità del confronto negli accertamenti sulla riqualificazione degli atti ai sensi dell’art. 20 del TUR, vuoi perché, secondo una certa giurisprudenza, si tratta di accertamenti sostanzialmente antiabuso, vuoi perché ciò è stato indirettamente affermato nella sentenza n. 132/2015 della Corte Costituzionale (sentenza che, a nostro avviso, fornisce eccome spunti sul tema, a differenza di quanto hanno ritenuto le Sezioni Unite nel punto 5 della sentenza). Che dire, poi delle indagini finanziarie? Il contraddittorio è stato ritenuto non necessario dalla Cassazione, anche se previsto dall’art. 32 del DPR 600/73. In tal caso, il problema (per le sole imposte sui redditi, siccome per l’IVA l’esigenza di confronto esiste sempre) non è di immediata soluzione. Il legislatore, a differenza delle altre ipotesi indicate dalle Sezioni Unite (liquidazione automatica, redditometro, studi di settore ...), è stato meno assertivo, prevedendo che il Fisco semplicemente abbia facoltà di sentire il contribuente. Nelle altre fattispecie, di contro, pur mancando talvolta la sanzione espressa della nullità, è stabilito che il Fisco “invita” il contribuente al contraddittorio. / 04 ancora FISCO Nei rimborsi IVA maturano gli interessi anche in assenza di fideiussione Gli interessi per l’esecuzione del rimborso hanno natura compensativa / Giorgio CONFENTE e Nadia GENTINA Maturano gli interessi sul credito IVA da rimborsare anche nel caso in cui la fideiussione sia presentata con ritardo: questo è l’interessante principio stabilito dalla Commissione tributaria provinciale di Milano nella sentenza n. 9553/25/15 depositata il 26 novembre 2015. Il caso affrontato dai giudici milanesi riguardava la spettanza degli interessi previsti dall’art. 38-bis del DPR 633/72, maturati su una richiesta di rimborso del credito IVA per il periodo che intercorre tra la data della richiesta della fideiussione e quella sua effettiva presentazione. La sentenza accoglie la richiesta della società ricorrente che aveva impugnato il silenzio-rifiuto dell’Ufficio e si fonda sul principio che la fideiussione sul credito a rimborso “costituisce una garanzia per l’erogazione del rimborso già liquidato, ma non ha funzione di accertamento della fondatezza del diritto al rimborso” già riconosciuto dall’Ufficio, che aveva provveduto a comunicare la conclusione con esito positivo dell’attività istruttoria. L’ordinaria procedura di rimborso prevede due fasi alternative e successive: - la “richiesta di documenti” per un primo controllo che consiste nella verifica dell’esistenza del credito mediante analisi dei giustificavi (“documenti”) e “quadratura” delle somme, nella verifica dei carichi pendenti e dei presupposti normativi addotti per il rimborso. - la “richiesta della fideiussione” a tutela dell’Amministrazione finanziaria, che consente l’emissione dell’apposita “disposizione di pagamento”. L’interpretazione espressa dai giudici milanesi è suffragata dal dato letterale dell’art. 38-bis, comma 1 del DPR 633 del 1972 che prevede la sospensione degli interessi “per il periodo intercorrente tra la data di richiesta di documenti e la data della loro consegna”, riferendo tale previsione solo alla prima fase della procedura di rimborso, tesa alla verifica della esistenza del credito e della spettanza del rimborso. La differenza sostanziale fra le due fasi trova una conferma nella circolare del 6 maggio 2011 n. 17, in cui l’Agenzia delle Entrate distingue bene i due momenti e le conseguenze diverse che derivano, perché in caso di omessa presentazione dei documenti, il credito IVA non è rimborsabile ai sensi dell’art. 57, comma 1 del DPR 633/72. Invece, se manca la fideiussione, il credito IVA è rimborsabile, anche se temporaneamente non liquidabile, tenendo però conto che in ogni caso deve essere erogato decorsi i termini di decadenza, posto che tale omissione non sospende i termini per / EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016 l’esercizio della potestà accertativa. Sulla questione specifica, però, la recente circolare n. 35 del 27 ottobre 2015, commentando le novità legislative in materia di rimborsi, conferma incidentalmente l’operato dell’Ufficio, precisando che gli interessi, “eventualmente sospesi per la mancata consegna della garanzia, riprendono a decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione annuale completa di visto di conformità”. I giudici milanesi, in antitesi rispetto alla posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate, accolgono l’interpretazione della natura “compensativa” degli interessi sui rimborsi, valorizzando la loro funzione remunerativa in cambio del vantaggio della disponibilità di una somma di denaro spettante al creditore, con una netta distinzione rispetto agli interessi “moratori” (in tal senso la Cassazione, nelle sentenze 9 dicembre 2009 n. 25720 e 5 luglio 1990 n. 7091). In quest’ottica, non è sostenibile che la corresponsione di interessi rappresenti un maggior onere a carico dell’amministrazione per un ritardo imputabile al contribuente (tesi sostenuta in contenzioso dall’Agenzia delle Entrate): infatti, è facilmente dimostrabile che il contribuente subisce un danno economico, anche se gli interessi sono integralmente riconosciuti, dovendo finanziare il credito IVA (soprattutto se di rilevante ammontare) a fronte di interessi che non “coprono” il costo del finanziamento. I principi affermati dalla sentenza in commento rimangono attuali anche a seguito delle modifiche all’art. 38-bis del DPR 633/72 ad opera dell’art. 13 del DLgs. 21 novembre 2014 n. 175 (decreto semplificazioni), che ha introdotto il generalizzato esonero dall’obbligo di presentazione della garanzia, potendo la stessa essere sostituita dall’apposizione del “visto di conformità” (o sottoscrizione alternativa dell’organo di controllo) unitamente alla dichiarazione sostitutiva con cui sono attestate le condizioni di solidità patrimoniale, continuità aziendale e regolarità contributiva. Infatti, vi sono dei casi in cui permane espressamente l’obbligo di presentazione della fideiussione in quanto il visto non può essere apposto (ad esempio: soggetti che svolgono un’attività di impresa da meno di due anni, che hanno ricevuto avvisi di accertamento, che chiedono il rimborso per cessazione di attività). Inoltre, in presenza di “silenzio-rifiuto”, è possibile attivare richieste anche per rimborsi erogati prima dell’entrata in vigore del decreto semplificazioni. / 05 ancora PROTAGONISTI La CNPADC al bilancio di fine mandato Il Presidente Guffanti traccia il resoconto del quadriennio alla guida della Cassa Dottori e l’identikit del suo successore / Savino GALLO Le elezioni per il rinnovo degli organi di governo della Cassa dottori commercialisti, il primo dei due importanti appuntamenti elettorali della categoria nel 2016, sono oramai alle porte (le elezioni dei delegati si terranno il 25 maggio, mentre il 15 febbraio scadrà il termine per proporre la propria candidatura). Tempo, dunque, di bilanci, non solo dell’anno appena passato, ma dell’intero mandato iniziato nel 2012. Quello che il Presidente Renzo Guffanti ha provato a tracciare nel corso di una lunga chiacchierata con Eutekne.info. Presidente, come lascerà la Cassa Dottori? “In condizioni assolutamente soddisfacenti nel rapporto tra quello che era il programma e le effettive mete raggiunte. Questo era un mandato in cui, dichiaratamente, l’attenzione doveva andare sul fronte degli investimenti, rivitalizzando soprattutto il comparto immobiliare, e direi che ci siamo riusciti, risultando tra i primi a considerare l’opportunità di portare le nostre linee di investimento vicino all’economia reale e non solo sui circuiti dei grandi operatori finanziari”. La bontà delle scelte di investimento ha portato all’accumulo di un extra-rendimento che verrà suddiviso tra gli iscritti. Di che cifre parliamo? “Il riconoscimento sul montante di ogni singolo iscritto è proporzionale ai contributi versati e alle rivalutazioni già maturate nel corso degli anni, a cui verrà aggiunta una ulteriore percentuale del 2,81%. Quindi, chi aveva 100mila euro di montante se ne ritroverà 102.810. Un’operazione che ci permetterà di spostare sui montanti circa 77 degli 82 milioni di euro che si sono accumulati”. C’è il rischio che questo stato di “salute” della Cassa possa ingolosire Esecutivo e politica in genere? “Non credo ci sia interesse verso l’ente nel suo complesso. Perché, a fronte di un attivo via via sempre più corposo, ci sono dei debiti e degli impegni che, se attualizzati, risultano comunque più alti dell’attivo. Purtroppo, però, prevale la tendenza a vedere solo l’attivo di bilancio e non anche il bilancio tecnico. Così, da un lato, continuano i fastidiosi prelievi sotto forma di aumento della tassazione e le richieste di adeguamento ai dettami della spending review, dall’altro, si tenta di condizionare le scelte di investimento. Il rischio vero, dunque, è quello di un’ingerenza sempre più significativa e non la possibilità di riprendersi il sistema, dato che, oltre all’attivo, lo Stato dovrebbe prendersi anche il passivo”. Oltre agli investimenti, si è provato a dare una sterzata / EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016 anche al sistema di welfare. “Il mondo dell’assistenza andava rimesso al passo coi tempi. E, di fatto, tutto quello che riguarda l’assistenza in questi tre anni è stato completamente riscritto, modificando misure già previste ed introducendone di nuove, su tutte, l’ulteriore mensilità riconosciuta alle colleghe in caso di gravidanza o situazioni equiparate”. Con la legge di stabilità 2016 è stato ratificato il passaggio degli esperti contabili alla Cassa Ragionieri, già al centro di un accordo del febbraio 2014 tra le due Casse. Una prova di proficua collaborazione. “La pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite in merito all’inattaccabilità dei provvedimenti adottati a partire dal 2007 ha blindato la nostra riforma del 2004 e ci ha permesso di definire la questione con più serenità. Siamo molto soddisfatti per la collaborazione con la Cassa Ragionieri, nel rispetto di uno spirito di squadra non solo in ambito AdEPP ma anche all’interno del nostro Albo unico”. Com’è messa la Cassa, invece, in termini di evasione contributiva? “A partire dal 2013, siamo riusciti ad attivare la convezione per la fornitura dei dati dell’Anagrafe tributaria. Questo ci ha agevolato moltissimo nell’andare ad incrociare i dati che ci arrivano dalle dichiarazioni degli iscritti, permettendoci di recuperare circa 20 milioni di euro l’anno tra contributi, interessi e sanzioni. In prospettiva, siccome l’incrocio dei dati avviene oramai in automatico, consiglio a tutti di fare sì che quanto dichiarato ai fini di imposte dirette ed IVA corrisponda a quanto dichiarato ai fini della previdenza, perché andarli ad individuare sarà molto più semplice”. Chiudiamo con le elezioni. Qual è il suo auspicio? “Non farò nomi, perché è troppo presto e non è opportuno farne in ogni caso. Ma l’identikit dei soggetti che dovranno guidare la Cassa è abbastanza semplice. Le caratteristiche principali sono due: capacità tecniche acquisite sul campo e esperienza adeguata all’interno degli organi della Cassa”. Quindi, posto che lei non è più candidabile, il prossimo Presidente potrebbe uscire anche dall’attuale CdA? “Certamente. Nell’attuale CdA c’è stato un numero di riconfermati superiore al nostro normale standard, quindi, per forza di cose, dovrà esserci un ricambio maggiore. Ma il requisito rimane lo stesso, ovvero quello di avere un dna cassa molto radicato, che è la principale garanzia per il buon svolgimento dell’incarico”. / 06 ancora FISCO Al giudice tributario le liti sull’ingiunzione fiscale Le Sezioni Unite confermano che bisogna considerare la natura dell’entrata riscossa, e non lo strumento utilizzato / Giovambattista PALUMBO Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30 depositata ieri, chiariscono una complessa vicenda in tema di giurisdizione e competenza. Nel caso di specie un Comune aveva notificato al contribuente un’ingiunzione fiscale, emessa ai sensi dell’art. 2 del RD 639/1910, sulla base di due avvisi di accertamento ICI. La contribuente si opponeva a tale ingiunzione, convenendo davanti al Tribunale ordinario di Brescia il Comune impositore. Il Comune convenuto allora eccepiva sia il difetto di giurisdizione del Tribunale ordinario, essendo a suo avviso, nel caso di specie, la giurisdizione del giudice tributario e sia il difetto di competenza, ai sensi dell’art. 5 del DLgs. 546/92, essendo lo stesso Comune in Provincia di Mantova. Il Tribunale dichiarava sia la giurisdizione del giudice ordinario e sia l’incompetenza per territorio. Il giudice evidenziava infatti, quanto alla giurisdizione, che il DLgs. 150/2011 prevede che le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici, di cui all’art. 3 del regio decreto citato, sono regolate dal rito ordinario di cognizione. La contribuente presentava allora regolamento di competenza. La Corte, a Sezioni Unite, dopo aver esaminato il rapporto tra questione di giurisdizione e questione di competenza ed aver evidenziato che comunque ogni giudice adito, anche nel caso in cui egli stesso dubiti della sua competenza, deve sempre prima verificare, anche d’ufficio, la sussistenza della propria giurisdizione e solo successivamente, in caso affermativo, la propria competenza, dichiarava che nel caso di specie sussisteva giurisdizione del giudice tributario. I giudici di legittimità rilevano infatti che il giudice a quo aveva fondato l’affermazione della propria giurisdizione sulla base delle disposizioni dell’art. 32 del DLgs. 150/11, come sopra richiamato. Così facendo, però, lo stesso giudice aveva sostanzialmente omesso di motivare e prima ancora di interpretare la disposizione applicata, in particolare alla luce della legge delega, a cui il DLgs. richiamato si conformava. / EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016 Se così avesse fatto lo stesso giudice avrebbe infatti rilevato che l’art. 54, comma 1 della L. 69/2009, definendo l’oggetto della delega, disponeva che il Governo era delegato ad adottare decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientravano “nell’ambito della giurisdizione ordinaria”. L’oggetto della delega lasciava quindi impregiudicata, in particolare rispetto alle controversie avverso ingiunzioni fiscali, l’attribuzione della giurisdizione a giudici diversi da quello ordinario, non escludendo quindi che la singola controversia potesse risultare attribuita alla giurisdizione di un giudice diverso in ragione della specifica natura del rapporto dedotto in giudizio. Inconferente il richiamo alle “entrate patrimoniali” Le previsioni di cui al DLgs. 150/11 (così come quelle di cui all’art. 3 del RD 639/1910) non introducevano dunque deroghe alle ordinarie norme attributive della giurisdizione, da verificarsi appunto, caso per caso, in base alla natura del rapporto. E nessuno può dubitare del fatto che la giurisdizione a conoscere la controversia in materia di ICI sia attribuita al giudice tributario, sulla base peraltro di quanto espressamente previsto dall’art. 2, comma 1 del DLgs. 546/92 e dall’art. 15 del DLgs. 504/92, ancora attualmente in vigore. Né certo lo strumento giuridico, nella specie utilizzato per la riscossione dell’imposta (l’ingiunzione fiscale appunto) in pendenza di giudizio tributario avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento, come consentito ai sensi dell’art. 68 del DLgs. 546/92, era idoneo ad incidere sulla affermata giurisdizione del giudice tributario, essendo peraltro tale ingiunzione sostanzialmente assimilabile all’iscrizione dell’imposta nel ruolo, la cui impugnazione rientra indiscutibilmente nella giurisdizione del giudice tributario. / 07 ancora LAVORO & PREVIDENZA Rifinanziati gli ammortizzatori sociali in deroga Lo stabilisce la legge di stabilità 2016, incidendo anche sui termini di concessione dei trattamenti di CIG e mobilità in deroga / Luca MAMONE Tra le disposizioni in materia di lavoro e previdenza contenute nella L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), trova posto anche la misura prevista al comma 304 dell’art. 1, con cui si stabilisce un incremento di 250 milioni di euro del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga ex art. 2, commi 64, 65 e 66, della L. 92/2012 (c.d. legge Fornero). In particolare, la medesima norma detta poi alcune disposizioni circa i termini di fruizione per il 2016 del trattamento di integrazione salariale in deroga e del trattamento di mobilità in deroga. Per quanto riguarda la CIG in deroga, si ricorda che, anche come chiarito dall’INPS con la circ. n. 107/2015, essa può essere richiesta non solo dai soggetti giuridici qualificati come imprenditori ai sensi art. 2082 c.c., bensì anche dai piccoli imprenditori ex art. 2083 c.c. (coltivatori diretti, artigiani e commercianti). In più, sono incluse tra i destinatari anche le cooperative sociali ex L. 381/91, in quanto rientranti nella nozione di impresa di cui all’art. 2082 c.c. Invece, per quanto riguarda le causali del trattamento di CIG in deroga previste dall’art. 2 comma 1 del DM 83473/2014, si ricorda che il riferimento è alle situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o ai lavoratori, oppure determinate da situazioni temporanee di mercato, alle crisi aziendali, oppure alle operazioni di ristrutturazione o riorganizzazione. In merito a ciò, si ricorda che il trattamento non può essere in nessun caso concesso qualora si verifichi la cessazione dell’attività dell’impresa o di una parte di essa. Ciò premesso, si segnala che lo stesso Ministero del Lavoro, con una comunicazione pubblicata ieri sul proprio sito, ha ricordato che ai sensi del provvedimento contenuto nella legge di stabilità di quest’anno – e fermo restando quanto dispo- sto dal DM 83473/2014, con il quale sono stati determinati appunto i criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, in attuazione dell’art. 2 comma 64 della L. 92/2012 – il trattamento di integrazione salariale in deroga alla normativa vigente può essere concesso o prorogato, a decorrere dal 1º gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2016, per un periodo non superiore a tre mesi nell’arco di un anno. Inoltre, sempre per tutto il 2016, e a parziale rettifica di quanto stabilito dall’art. 3, comma 5 del DM 83473/2014, il trattamento di mobilità in deroga alla vigente normativa non può essere concesso ai lavoratori che alla data di decorrenza del trattamento hanno già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno 3 anni, anche non continuativi. Per i restanti lavoratori il trattamento può essere concesso per non più di 4 mesi (in precedenza, i mesi erano 6), non ulteriormente prorogabili, più ulteriori 2 mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree individuate dal dal DPR 218/78 (ad esempio, le regioni Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). Per tali lavoratori il periodo complessivo non può comunque eccedere il limite massimo di 3 anni e 4 mesi. Inoltre, il Ministero del Lavoro ricorda che il citato comma 304 dell’art. 1 della L. 208/2015, prevede la possibilità per le regioni di concedere trattamenti di integrazione salariale e di mobilità anche in deroga ai criteri di cui agli artt. 2 e 3 del DM 83473/2014 in misura non superiore al 5% delle risorse ad esse attribuite, ovvero in eccedenza a tale quota con l’integrale copertura degli oneri connessi a carico delle finanze regionali o delle risorse assegnate alla regione nell’ambito dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013. Infine, la citata norma contenuta nella legge di stabilità 2016 precisa che gli effetti dei suddetti trattamenti non possono prodursi oltre la data del 31 dicembre 2016. Direttore Responsabile: Michela DAMASCO EUTEKNE.INFO È UNA TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI TORINO REG. N. 2/2010 DELL'8 FEBBRAIO 2010 Copyright 2016 © EUTEKNE SpA - Via San Pio V 27 - 10125 TORINO