QUADERN
/ MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016
ILCASODELGIORNO
PRIMOPIANO
Cessione di beni
affittati con effetti sul
bilancio del locatore
Entro fine mese l’invio delle
spese sanitarie
/ Silvia LATORRACA
La cessione, da parte dell’affittuario, dei beni rientranti nel complesso aziendale affittato determina rilevanti problematiche di natura contabile, non soltanto in
capo all’affittuario, in relazione al
quale si è detto in un precedente
intervento (si veda “Sopravvenienze per l’affittuario d’azienda dalla cessione di beni” del 30 dicembre 2015), ma anche con riferimento alla posizione del locatore.
Sotto questo profilo, peraltro, la
dottrina che si è occupata della
materia ha fornito, nel tempo, indicazioni frammentarie e non
sempre coerenti tra loro.
In via preliminare, occorre evidenziare che, a rigore, l’alienazione
dei beni ricompresi nell’azienda
affittata, nonostante sia operata
dall’affittuario, produce effetti
contabili anche in capo al locatore.
A tal fine, può essere utile ricordare che, applicando l’impostazione [...]
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Anche i rimborsi erogati direttamente da medici e strutture sanitarie
effettuati nel 2015 dovranno essere comunicati entro il 31 gennaio
2016
/ Massimo NEGRO e Salvatore SANNA
Entro il prossimo 31 gennaio i medici o i loro
delegati (di solito i commercialisti) devono procedere alla trasmissione, al Sistema tessera sanitaria, delle prestazioni sanitarie erogate nel 2015,
utili per la precompilazione del 730/2016.
Sono previste tre procedure preliminari all’invio:
- l’abilitazione dei medici al Sistema tessera sanitaria (quelli già in possesso delle credenziali
per le ricette elettroniche o i certificati telematici non dovranno effettuare altri tipi di abilitazione);
- il conferimento (eventuale) di delega per la trasmissione dei dati al commercialista: i medici
già abilitati al Sistema tessera sanitaria possono,
infatti, inserire la delega al soggetto delegato;
- richiesta di abilitazione alla trasmissione dei
dati da parte del commercialista delegato, una
volta che quest’ultimo abbia ricevuto, sulla propria PEC, la delega del medico; tale richiesta
dovrà essere firmata digitalmente dal commercialista e inviata con PEC alla Ragioneria generale dello Stato.
Per individuare l’importo delle spese sanitarie
sostenute che effettivamente può beneficiare del-
la detrazione dall’IRPEF da indicare nel modello 730/2016 precompilato, occorre conoscere anche:
- l’ammontare dei rimborsi effettuati direttamente dai medici e dalle strutture sanitarie;
- quanto è stato rimborsato dai vari fondi assistenziali di cui il contribuente risulta iscritto
(si pensi, ad esempio, al FASI).
In merito all’individuazione di quest’ultimo
dato, la legge di stabilità 2016 ha previsto che
gli enti, le casse e le società di mutuo soccorso aventi solo fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale che
nell’anno precedente hanno ottenuto l’attestazione di iscrizione nell’Anagrafe dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale e gli
altri fondi comune denominati devono effettuare una comunicazione contenente i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate:
- per effetto dei contributi versati di cui agli
artt. 10 comma 1 lett. e-ter) e 51 comma 2
lett. a) del TUIR;
- che comunque non sono rimaste a carico del
contribuente ai sensi degli artt. 10 comma 1
lett. b) e 15 comma 1 lett. [...]
A PAGINA 3
INEVIDENZA
PROTAGONISTI
Lavoro del difensore complicato dal contraddittorio “a
macchia di leopardo”
La CNPADC al bilancio
di fine mandato
/ Savino GALLO
Nei rimborsi IVA maturano gli interessi anche in
assenza di fideiussione
Al giudice tributario le liti sull’ingiunzione fiscale
Rifinanziati gli ammortizzatori sociali in deroga
Le elezioni per il rinnovo degli organi di governo della Cassa dottori commercialisti, il
primo dei due importanti appuntamenti elettorali della categoria nel 2016, sono oramai alle
porte (le elezioni dei delegati si terranno il 25
maggio, mentre il 15 febbraio scadrà il termine per proporre la propria candidatura). Tempo, dunque, di bilanci, non solo dell’anno appena passato, ma dell’intero mandato iniziato
nel 2012. Quello che il Presidente Renzo Guffanti ha provato a tracciare nel corso di una
lunga chiacchierata con [...]
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ancora
IL CASO DEL GIORNO
Cessione di beni affittati con effetti sul
bilancio del locatore
I componenti di reddito che emergono in capo al locatore sono qualificabili come
plusvalenze/minusvalenze, in quanto i beni sono detenuti in proprietà
/ Silvia LATORRACA
La cessione, da parte dell’affittuario, dei beni rientranti nel
complesso aziendale affittato determina rilevanti problematiche di natura contabile, non soltanto in capo all’affittuario, in relazione al quale si è detto in un precedente intervento (si veda “Sopravvenienze per l’affittuario d’azienda dalla
cessione di beni” del 30 dicembre 2015), ma anche con riferimento alla posizione del locatore.
Sotto questo profilo, peraltro, la dottrina che si è occupata
della materia ha fornito, nel tempo, indicazioni frammentarie
e non sempre coerenti tra loro.
In via preliminare, occorre evidenziare che, a rigore, l’alienazione dei beni ricompresi nell’azienda affittata, nonostante sia operata dall’affittuario, produce effetti contabili anche in capo al locatore.
A tal fine, può essere utile ricordare che, applicando l’impostazione tradizionalmente prevalente in dottrina, nota come
metodo della proprietà (si veda “Ammortamento dubbio
nell’affitto d’azienda” del 19 agosto 2015), l’azienda concessa in affitto dovrebbe continuare ad essere rilevata nel bilancio del locatore. Per contro, i beni dell’azienda affittata non
dovrebbero trovare indicazione nello Stato patrimoniale
dell’affittuario, ma dovrebbero soltanto essere oggetto di informativa in Nota integrativa (o nei conti d’ordine, per i bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio da una data
precedente al 1° gennaio 2016).
Il locatore dovrebbe, quindi, stornare dalla propria contabilità i beni compresi nell’azienda affittata e alienati dall’affittuario (nonché i relativi fondi ammortamento), iscrivendo in
contropartita un credito verso l’affittuario pari al valore
netto contabile del bene alla data di stipula del contratto di
affitto.
Anche nella fattispecie in esame, le rilevazioni contabili differiscono a seconda del soggetto cui compete, dal punto di
vista civilistico, l’obbligo di conservare in efficienza i beni
strumentali e mantenere intatto il valore del patrimonio
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016
aziendale.
In assenza di deroga contrattuale all’art. 2561 c.c. e, quindi,
laddove gli oneri connessi al deperimento dell’azienda siano
posti a carico dell’affittuario, il locatore dovrebbe stornare, a
seguito dell’alienazione, il solo fondo ammortamento rilevato prima della stipulazione del contratto di affitto.
In caso di deroga contrattuale all’art. 2561 c.c., invece, il
fondo ammortamento da stornare includerebbe anche gli ammortamenti rilevati in costanza di rapporto.
A tal riguardo, occorre evidenziare che la cessione dei beni
compresi nell’azienda affittata dovrebbe determinare, in capo al locatore, l’emersione di una plusvalenza o di una minusvalenza, trattandosi di beni detenuti in proprietà.
Tanto premesso, il momento in cui il locatore procede a stornare i beni in esame differisce a seconda degli accordi intercorsi tra le parti in merito all’informativa sulle dismissioni
effettuate dall’affittuario.
Qualora l’affittuario informi il concedente in relazione a ciascuna operazione di vendita, le rilevazioni contabili dovrebbero essere effettuate al momento della cessione dei beni.
In assenza di informativa (caso che si manifesta con frequenza nella pratica professionale), invece, la rilevazione potrebbe inevitabilmente essere effettuata soltanto al termine del
contratto di affitto, in sede di riconsegna del complesso
aziendale affittato.
A tal riguardo, l’art. 2561 c.c. prevede la corresponsione di
un conguaglio in denaro, di ammontare pari alla differenza
tra la consistenza patrimoniale dell’azienda alla fine del rapporto contrattuale e quella esistente alla stipulazione del contratto, quali risultano dall’inventario, assunti ai valori correnti al termine del rapporto contrattuale.
In questa sede, peraltro, in capo al locatore si producono
componenti di reddito qualificabili come sopravvenienze,
attive o passive.
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ancora
FISCO
Entro fine mese l’invio delle spese sanitarie
Anche i rimborsi erogati direttamente da medici e strutture sanitarie effettuati nel
2015 dovranno essere comunicati entro il 31 gennaio 2016
/ Massimo NEGRO e Salvatore SANNA
Entro il prossimo 31 gennaio i medici o i loro delegati (di
solito i commercialisti) devono procedere alla trasmissione,
al Sistema tessera sanitaria, delle prestazioni sanitarie
erogate nel 2015, utili per la precompilazione del 730/2016.
Sono previste tre procedure preliminari all’invio:
- l’abilitazione dei medici al Sistema tessera sanitaria (quelli
già in possesso delle credenziali per le ricette elettroniche o i
certificati telematici non dovranno effettuare altri tipi di abilitazione);
- il conferimento (eventuale) di delega per la trasmissione
dei dati al commercialista: i medici già abilitati al Sistema
tessera sanitaria possono, infatti, inserire la delega al soggetto delegato;
- richiesta di abilitazione alla trasmissione dei dati da parte
del commercialista delegato, una volta che quest’ultimo abbia ricevuto, sulla propria PEC, la delega del medico; tale richiesta dovrà essere firmata digitalmente dal commercialista e inviata con PEC alla Ragioneria generale dello Stato.
Per individuare l’importo delle spese sanitarie sostenute
che effettivamente può beneficiare della detrazione dall’IRPEF da indicare nel modello 730/2016 precompilato, occorre conoscere anche:
- l’ammontare dei rimborsi effettuati direttamente dai medici e dalle strutture sanitarie;
- quanto è stato rimborsato dai vari fondi assistenziali di cui
il contribuente risulta iscritto (si pensi, ad esempio, al FASI).
In merito all’individuazione di quest’ultimo dato, la legge di
stabilità 2016 ha previsto che gli enti, le casse e le società di
mutuo soccorso aventi solo fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale che nell’anno precedente hanno ottenuto l’attestazione di iscrizione nell’Anagrafe dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale e gli
altri fondi comune denominati devono effettuare una comunicazione contenente i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate:
- per effetto dei contributi versati di cui agli artt. 10 comma
1 lett. e-ter) e 51 comma 2 lett. a) del TUIR;
- che comunque non sono rimaste a carico del contribuente
ai sensi degli artt. 10 comma 1 lett. b) e 15 comma 1 lett. c)
del TUIR.
Con un comunicato stampa pubblicato ieri, l’Agenzia delle
Entrate ha chiarito quali sono le scadenze previste per l’invio dei dati utili ad individuare l’importo detraibile delle
spese sanitarie sostenute. In particolare:
- entro il 31 gennaio 2016, le strutture sanitarie e i medici
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devono trasmettere al Sistema tessera sanitaria i dati relativi
alle spese sanitarie e ai rimborsi effettuati nel 2015 per prestazioni non erogate o parzialmente erogate;
- entro il 28 febbraio (per il 2016 entro il 29 febbraio visto
che il 28 è domenica), invece, gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio
sanitario nazionale devono inviare all’Agenzia delle Entrate
i dati sulle spese sanitarie rimborsate nel 2015 per effetto dei
contributi versati dai contribuenti iscritti a tali enti e casse.
Rischio sanzioni anche per il primo anno di applicazione
In relazione agli obblighi di trasmissione telematica dei dati
relativi agli oneri deducibili e detraibili, si ricorda che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati si applica
una sanzione di 100 euro per ogni comunicazione:
- senza possibilità, in caso di violazioni plurime, di applicare il “cumulo giuridico” ex art. 12 del DLgs. 472/97;
- con un massimo di 50.000 euro.
Se la comunicazione è correttamente trasmessa entro 60
giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta a un terzo, con un
massimo di 20.000 euro.
Nei casi di errata comunicazione dei dati, la sanzione non
si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata:
- entro i 5 giorni successivi alla scadenza;
- ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle
Entrate, entro i 5 giorni successivi alla segnalazione stessa.
La legge di stabilità 2016 ha poi stabilito che per le trasmissioni da effettuare nel 2015, relative al 2014, e comunque
per quelle effettuate nel primo anno previsto per la trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati utili per la predisposizione della dichiarazione precompilata, non si fa luogo
all’applicazione delle suddette sanzioni in caso:
- di “lieve tardività” nella trasmissione dei dati;
- oppure di errata trasmissione degli stessi, “se l’errore non
determina un’indebita fruizione di detrazioni o deduzioni
nella dichiarazione precompilata”.
Resta ferma, quindi, l’applicazione delle sanzioni in caso di
omessa trasmissione dei dati.
Tuttavia, in considerazione delle difficoltà riscontrate in sede
di prima applicazione dei nuovi obblighi di trasmissione
telematica e della mole dei dati trattati, le suddette esclusioni
non sembrano sufficienti ad evitare di incorrere in sanzioni
sproporzionate rispetto agli eventuali errori che potrebbero
essere commessi in sede di caricamento dei dati.
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ancora
FISCO
Lavoro del difensore complicato dal
contraddittorio “a macchia di leopardo”
Obbligo presente per redditometro e studi di settore, ma ciò dovrebbe valere anche
per le indagini finanziarie
/ Alfio CISSELLO
Secondo la sentenza delle Sezioni Unite del 9 dicembre 2015
n. 24823, per le imposte non armonizzate (dirette, registro,
successioni, donazioni ...) non esiste un obbligo generalizzato di instaurazione del contraddittorio preventivo tra le
parti.
Invece, il discorso è diverso per l’IVA, ove, da un lato, l’obbligo è presente, dall’altro, il suo mancato rispetto conduce
alla nullità dell’atto solo se il contribuente dimostra che il
confronto, oggettivamente, avrebbe potuto condurre
all’archiviazione della pratica (in breve, il vizio non deve
essere pretestuoso).
I giudici hanno affermato che la nullità per mancato contraddittorio permane quando è la legge stessa ad imporlo: pensiamo al redditometro, ai costi black list, al controllo formale, all’abuso del diritto, agli studi di settore.
È bene precisare che obbligo di instaurazione del contraddittorio non è sinonimo di obbligo di redazione del verbale di
constatazione.
Il verbale, imposto dall’art. 12 comma 7 della L. 212/2000 e
inteso come documento riepilogativo della verifica, è necessario solo per gli accessi presso i locali dove viene svolta
l’attività del contribuente.
Nelle ipotesi descritte, potrebbe ritenersi sufficiente che il
Fisco contatti il contribuente mediante invito a comparire,
e che il tutto, naturalmente, sia verbalizzato.
Questo per dire che, almeno sino a quando non ci sarà un ulteriore intervento giurisprudenziale, non è scontata la nullità
dell’atto ove il contraddittorio sia stato instaurato, ma, nel
contempo, il “PVC” non sia stato redatto.
Nella sentenza delle Sezioni Unite, tuttavia, ci sono ipotesi
in cui il contraddittorio, sebbene non previsto in maniera
espressa dalla legge, è stato ritenuto necessario.
Balza all’occhio il caso dei parametri contabili (pagina 11
della sentenza), ove l’art. 3 comma 185 della L. 549/1995, a
differenza dell’art. 10 della L. 146/98 per gli studi di settore,
non parla di previo confronto, limitandosi ad affermare, in
maniera superflua, che l’accertamento può essere definito
mediante adesione.
Tuttavia, stante la forte similitudine tra studi di settore e
parametri, già in passato la Cassazione aveva affermato la
centralità del contraddittorio per entrambe le metodologie
accertative.
Su questa scia, si può affermare che il contraddittorio, a pe-
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016
na di nullità dell’atto, sia un vero e proprio obbligo quando
la verifica scaturisca da anomalie derivanti dagli studi di
settore, a nulla rilevando che, poi, la determinazione del
maggior reddito sia basata sulle percentuali di ricarico o su
altri meccanismi presuntivi, e non in forza dei ricavi presunti
dagli studi di settore.
Per il redditometro, la cosa è più complessa: siamo sempre
in presenza di un’imputazione statistica del reddito, ma assai diversa dagli studi. Sembra comunque che, per il periodo
ante DL 78/2010 (quindi sino al 2009), il contraddittorio non
sia necessario (pagina 26 della sentenza).
Spiragli per la riqualificazione degli atti
Ancora, in tema di abuso del diritto, le Sezioni Unite, in
sostanza, confermano la precedente giurisprudenza, secondo
cui il contraddittorio è necessario (pagina 14 della sentenza)
siccome tali accertamenti “non si distinguono
morfologicamente dai corrispondenti abusi di diritto di
natura comunitaria”. Però, nello stesso tempo evidenziano
che si trattava di ipotesi ove il contraddittorio sarebbe stato
ad ogni modo necessario, trattandosi di controlli sostanziali.
Da qui è possibile sostenere la necessità del confronto negli
accertamenti sulla riqualificazione degli atti ai sensi
dell’art. 20 del TUR, vuoi perché, secondo una certa
giurisprudenza, si tratta di accertamenti sostanzialmente
antiabuso, vuoi perché ciò è stato indirettamente affermato
nella sentenza n. 132/2015 della Corte Costituzionale
(sentenza che, a nostro avviso, fornisce eccome spunti sul
tema, a differenza di quanto hanno ritenuto le Sezioni Unite
nel punto 5 della sentenza).
Che dire, poi delle indagini finanziarie?
Il contraddittorio è stato ritenuto non necessario dalla Cassazione, anche se previsto dall’art. 32 del DPR 600/73.
In tal caso, il problema (per le sole imposte sui redditi, siccome per l’IVA l’esigenza di confronto esiste sempre) non è di
immediata soluzione. Il legislatore, a differenza delle altre
ipotesi indicate dalle Sezioni Unite (liquidazione automatica,
redditometro, studi di settore ...), è stato meno assertivo,
prevedendo che il Fisco semplicemente abbia facoltà di sentire il contribuente. Nelle altre fattispecie, di contro, pur
mancando talvolta la sanzione espressa della nullità, è stabilito che il Fisco “invita” il contribuente al contraddittorio.
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ancora
FISCO
Nei rimborsi IVA maturano gli interessi
anche in assenza di fideiussione
Gli interessi per l’esecuzione del rimborso hanno natura compensativa
/ Giorgio CONFENTE e Nadia GENTINA
Maturano gli interessi sul credito IVA da rimborsare anche
nel caso in cui la fideiussione sia presentata con ritardo:
questo è l’interessante principio stabilito dalla Commissione
tributaria provinciale di Milano nella sentenza n. 9553/25/15
depositata il 26 novembre 2015.
Il caso affrontato dai giudici milanesi riguardava la spettanza degli interessi previsti dall’art. 38-bis del DPR 633/72,
maturati su una richiesta di rimborso del credito IVA per il
periodo che intercorre tra la data della richiesta della
fideiussione e quella sua effettiva presentazione.
La sentenza accoglie la richiesta della società ricorrente che
aveva impugnato il silenzio-rifiuto dell’Ufficio e si fonda sul
principio che la fideiussione sul credito a rimborso “costituisce una garanzia per l’erogazione del rimborso già liquidato, ma non ha funzione di accertamento della fondatezza del
diritto al rimborso” già riconosciuto dall’Ufficio, che aveva
provveduto a comunicare la conclusione con esito positivo
dell’attività istruttoria.
L’ordinaria procedura di rimborso prevede due fasi alternative e successive:
- la “richiesta di documenti” per un primo controllo che consiste nella verifica dell’esistenza del credito mediante analisi
dei giustificavi (“documenti”) e “quadratura” delle somme,
nella verifica dei carichi pendenti e dei presupposti normativi addotti per il rimborso.
- la “richiesta della fideiussione” a tutela
dell’Amministrazione finanziaria, che consente l’emissione
dell’apposita “disposizione di pagamento”.
L’interpretazione espressa dai giudici milanesi è suffragata
dal dato letterale dell’art. 38-bis, comma 1 del DPR 633 del
1972 che prevede la sospensione degli interessi “per il
periodo intercorrente tra la data di richiesta di documenti e la
data della loro consegna”, riferendo tale previsione solo alla
prima fase della procedura di rimborso, tesa alla verifica
della esistenza del credito e della spettanza del rimborso.
La differenza sostanziale fra le due fasi trova una conferma
nella circolare del 6 maggio 2011 n. 17, in cui l’Agenzia delle Entrate distingue bene i due momenti e le conseguenze diverse che derivano, perché in caso di omessa presentazione
dei documenti, il credito IVA non è rimborsabile ai sensi
dell’art. 57, comma 1 del DPR 633/72. Invece, se manca la
fideiussione, il credito IVA è rimborsabile, anche se
temporaneamente non liquidabile, tenendo però conto che in
ogni caso deve essere erogato decorsi i termini di decadenza,
posto che tale omissione non sospende i termini per
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016
l’esercizio della potestà accertativa.
Sulla questione specifica, però, la recente circolare n. 35 del
27 ottobre 2015, commentando le novità legislative in materia di rimborsi, conferma incidentalmente l’operato
dell’Ufficio, precisando che gli interessi, “eventualmente
sospesi per la mancata consegna della garanzia, riprendono a
decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione
annuale completa di visto di conformità”.
I giudici milanesi, in antitesi rispetto alla posizione espressa
dall’Agenzia delle Entrate, accolgono l’interpretazione della
natura “compensativa” degli interessi sui rimborsi,
valorizzando la loro funzione remunerativa in cambio del
vantaggio della disponibilità di una somma di denaro
spettante al creditore, con una netta distinzione rispetto agli
interessi “moratori” (in tal senso la Cassazione, nelle
sentenze 9 dicembre 2009 n. 25720 e 5 luglio 1990 n. 7091).
In quest’ottica, non è sostenibile che la corresponsione di interessi rappresenti un maggior onere a carico dell’amministrazione per un ritardo imputabile al contribuente (tesi sostenuta in contenzioso dall’Agenzia delle Entrate): infatti, è
facilmente dimostrabile che il contribuente subisce un danno economico, anche se gli interessi sono integralmente
riconosciuti, dovendo finanziare il credito IVA (soprattutto
se di rilevante ammontare) a fronte di interessi che non
“coprono” il costo del finanziamento.
I principi affermati dalla sentenza in commento rimangono
attuali anche a seguito delle modifiche all’art. 38-bis del
DPR 633/72 ad opera dell’art. 13 del DLgs. 21 novembre
2014 n. 175 (decreto semplificazioni), che ha introdotto il
generalizzato esonero dall’obbligo di presentazione della garanzia, potendo la stessa essere sostituita dall’apposizione
del “visto di conformità” (o sottoscrizione alternativa
dell’organo di controllo) unitamente alla dichiarazione sostitutiva con cui sono attestate le condizioni di solidità patrimoniale, continuità aziendale e regolarità contributiva. Infatti,
vi sono dei casi in cui permane espressamente l’obbligo di
presentazione della fideiussione in quanto il visto non può
essere apposto (ad esempio: soggetti che svolgono un’attività di impresa da meno di due anni, che hanno ricevuto avvisi di accertamento, che chiedono il rimborso per cessazione
di attività).
Inoltre, in presenza di “silenzio-rifiuto”, è possibile attivare
richieste anche per rimborsi erogati prima dell’entrata in
vigore del decreto semplificazioni.
/ 05
ancora
PROTAGONISTI
La CNPADC al bilancio di fine mandato
Il Presidente Guffanti traccia il resoconto del quadriennio alla guida della Cassa Dottori
e l’identikit del suo successore
/ Savino GALLO
Le elezioni per il rinnovo degli organi di governo della Cassa dottori commercialisti, il primo dei due importanti appuntamenti elettorali della categoria nel 2016, sono oramai alle
porte (le elezioni dei delegati si terranno il 25 maggio, mentre il 15 febbraio scadrà il termine per proporre la propria
candidatura). Tempo, dunque, di bilanci, non solo dell’anno
appena passato, ma dell’intero mandato iniziato nel 2012.
Quello che il Presidente Renzo Guffanti ha provato a tracciare nel corso di una lunga chiacchierata con Eutekne.info.
Presidente, come lascerà la Cassa Dottori?
“In condizioni assolutamente soddisfacenti nel rapporto tra
quello che era il programma e le effettive mete raggiunte.
Questo era un mandato in cui, dichiaratamente, l’attenzione
doveva andare sul fronte degli investimenti, rivitalizzando
soprattutto il comparto immobiliare, e direi che ci siamo
riusciti, risultando tra i primi a considerare l’opportunità di
portare le nostre linee di investimento vicino all’economia
reale e non solo sui circuiti dei grandi operatori finanziari”.
La bontà delle scelte di investimento ha portato all’accumulo di un extra-rendimento che verrà suddiviso tra gli
iscritti. Di che cifre parliamo?
“Il riconoscimento sul montante di ogni singolo iscritto è
proporzionale ai contributi versati e alle rivalutazioni già
maturate nel corso degli anni, a cui verrà aggiunta una
ulteriore percentuale del 2,81%. Quindi, chi aveva 100mila
euro di montante se ne ritroverà 102.810. Un’operazione che
ci permetterà di spostare sui montanti circa 77 degli 82
milioni di euro che si sono accumulati”.
C’è il rischio che questo stato di “salute” della Cassa possa ingolosire Esecutivo e politica in genere?
“Non credo ci sia interesse verso l’ente nel suo complesso.
Perché, a fronte di un attivo via via sempre più corposo, ci
sono dei debiti e degli impegni che, se attualizzati, risultano
comunque più alti dell’attivo. Purtroppo, però, prevale la
tendenza a vedere solo l’attivo di bilancio e non anche il
bilancio tecnico. Così, da un lato, continuano i fastidiosi
prelievi sotto forma di aumento della tassazione e le richieste
di adeguamento ai dettami della spending review, dall’altro,
si tenta di condizionare le scelte di investimento. Il rischio
vero, dunque, è quello di un’ingerenza sempre più
significativa e non la possibilità di riprendersi il sistema,
dato che, oltre all’attivo, lo Stato dovrebbe prendersi anche il
passivo”.
Oltre agli investimenti, si è provato a dare una sterzata
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016
anche al sistema di welfare.
“Il mondo dell’assistenza andava rimesso al passo coi tempi.
E, di fatto, tutto quello che riguarda l’assistenza in questi tre
anni è stato completamente riscritto, modificando misure già
previste ed introducendone di nuove, su tutte, l’ulteriore
mensilità riconosciuta alle colleghe in caso di gravidanza o
situazioni equiparate”.
Con la legge di stabilità 2016 è stato ratificato il passaggio degli esperti contabili alla Cassa Ragionieri, già al
centro di un accordo del febbraio 2014 tra le due Casse.
Una prova di proficua collaborazione.
“La pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite in merito
all’inattaccabilità dei provvedimenti adottati a partire dal
2007 ha blindato la nostra riforma del 2004 e ci ha permesso
di definire la questione con più serenità. Siamo molto
soddisfatti per la collaborazione con la Cassa Ragionieri, nel
rispetto di uno spirito di squadra non solo in ambito AdEPP
ma anche all’interno del nostro Albo unico”.
Com’è messa la Cassa, invece, in termini di evasione contributiva?
“A partire dal 2013, siamo riusciti ad attivare la convezione
per la fornitura dei dati dell’Anagrafe tributaria. Questo ci ha
agevolato moltissimo nell’andare ad incrociare i dati che ci
arrivano dalle dichiarazioni degli iscritti, permettendoci di
recuperare circa 20 milioni di euro l’anno tra contributi,
interessi e sanzioni. In prospettiva, siccome l’incrocio dei
dati avviene oramai in automatico, consiglio a tutti di fare sì
che quanto dichiarato ai fini di imposte dirette ed IVA
corrisponda a quanto dichiarato ai fini della previdenza,
perché andarli ad individuare sarà molto più semplice”.
Chiudiamo con le elezioni. Qual è il suo auspicio?
“Non farò nomi, perché è troppo presto e non è opportuno
farne in ogni caso. Ma l’identikit dei soggetti che dovranno
guidare la Cassa è abbastanza semplice. Le caratteristiche
principali sono due: capacità tecniche acquisite sul campo e
esperienza adeguata all’interno degli organi della Cassa”.
Quindi, posto che lei non è più candidabile, il prossimo
Presidente potrebbe uscire anche dall’attuale CdA?
“Certamente. Nell’attuale CdA c’è stato un numero di
riconfermati superiore al nostro normale standard, quindi,
per forza di cose, dovrà esserci un ricambio maggiore. Ma il
requisito rimane lo stesso, ovvero quello di avere un dna
cassa molto radicato, che è la principale garanzia per il buon
svolgimento dell’incarico”.
/ 06
ancora
FISCO
Al giudice tributario le liti sull’ingiunzione
fiscale
Le Sezioni Unite confermano che bisogna considerare la natura dell’entrata riscossa, e
non lo strumento utilizzato
/ Giovambattista PALUMBO
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza
n. 30 depositata ieri, chiariscono una complessa vicenda in
tema di giurisdizione e competenza.
Nel caso di specie un Comune aveva notificato al
contribuente un’ingiunzione fiscale, emessa ai sensi dell’art.
2 del RD 639/1910, sulla base di due avvisi di accertamento
ICI. La contribuente si opponeva a tale ingiunzione,
convenendo davanti al Tribunale ordinario di Brescia il
Comune impositore.
Il Comune convenuto allora eccepiva sia il difetto di giurisdizione del Tribunale ordinario, essendo a suo avviso, nel
caso di specie, la giurisdizione del giudice tributario e sia il
difetto di competenza, ai sensi dell’art. 5 del DLgs. 546/92,
essendo lo stesso Comune in Provincia di Mantova. Il Tribunale dichiarava sia la giurisdizione del giudice ordinario e
sia l’incompetenza per territorio. Il giudice evidenziava infatti, quanto alla giurisdizione, che il DLgs. 150/2011 prevede che le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti
pubblici, di cui all’art. 3 del regio decreto citato, sono
regolate dal rito ordinario di cognizione.
La contribuente presentava allora regolamento di competenza. La Corte, a Sezioni Unite, dopo aver esaminato il rapporto tra questione di giurisdizione e questione di competenza
ed aver evidenziato che comunque ogni giudice adito, anche
nel caso in cui egli stesso dubiti della sua competenza, deve
sempre prima verificare, anche d’ufficio, la sussistenza della
propria giurisdizione e solo successivamente, in caso affermativo, la propria competenza, dichiarava che nel caso di
specie sussisteva giurisdizione del giudice tributario.
I giudici di legittimità rilevano infatti che il giudice a quo
aveva fondato l’affermazione della propria giurisdizione sulla base delle disposizioni dell’art. 32 del DLgs. 150/11, come sopra richiamato. Così facendo, però, lo stesso giudice
aveva sostanzialmente omesso di motivare e prima ancora di
interpretare la disposizione applicata, in particolare alla luce
della legge delega, a cui il DLgs. richiamato si conformava.
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 06 GENNAIO 2016
Se così avesse fatto lo stesso giudice avrebbe infatti rilevato
che l’art. 54, comma 1 della L. 69/2009, definendo l’oggetto della delega, disponeva che il Governo era delegato ad
adottare decreti legislativi in materia di riduzione e
semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che
rientravano “nell’ambito della giurisdizione ordinaria”.
L’oggetto della delega lasciava quindi impregiudicata, in
particolare rispetto alle controversie avverso ingiunzioni fiscali, l’attribuzione della giurisdizione a giudici diversi da
quello ordinario, non escludendo quindi che la singola controversia potesse risultare attribuita alla giurisdizione di un
giudice diverso in ragione della specifica natura del rapporto dedotto in giudizio.
Inconferente il richiamo alle “entrate patrimoniali”
Le previsioni di cui al DLgs. 150/11 (così come quelle di cui
all’art. 3 del RD 639/1910) non introducevano dunque deroghe alle ordinarie norme attributive della giurisdizione, da
verificarsi appunto, caso per caso, in base alla natura del rapporto.
E nessuno può dubitare del fatto che la giurisdizione a
conoscere la controversia in materia di ICI sia attribuita al
giudice tributario, sulla base peraltro di quanto
espressamente previsto dall’art. 2, comma 1 del DLgs.
546/92 e dall’art. 15 del DLgs. 504/92, ancora attualmente in
vigore.
Né certo lo strumento giuridico, nella specie utilizzato per la
riscossione dell’imposta (l’ingiunzione fiscale appunto) in
pendenza di giudizio tributario avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento, come consentito ai sensi
dell’art. 68 del DLgs. 546/92, era idoneo ad incidere sulla affermata giurisdizione del giudice tributario, essendo peraltro
tale ingiunzione sostanzialmente assimilabile all’iscrizione
dell’imposta nel ruolo, la cui impugnazione rientra
indiscutibilmente nella giurisdizione del giudice tributario.
/ 07
ancora
LAVORO & PREVIDENZA
Rifinanziati gli ammortizzatori sociali in
deroga
Lo stabilisce la legge di stabilità 2016, incidendo anche sui termini di concessione dei
trattamenti di CIG e mobilità in deroga
/ Luca MAMONE
Tra le disposizioni in materia di lavoro e previdenza contenute nella L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), trova posto
anche la misura prevista al comma 304 dell’art. 1, con cui si
stabilisce un incremento di 250 milioni di euro del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga ex art. 2,
commi 64, 65 e 66, della L. 92/2012 (c.d. legge Fornero).
In particolare, la medesima norma detta poi alcune disposizioni circa i termini di fruizione per il 2016 del trattamento
di integrazione salariale in deroga e del trattamento di mobilità in deroga.
Per quanto riguarda la CIG in deroga, si ricorda che, anche
come chiarito dall’INPS con la circ. n. 107/2015, essa può
essere richiesta non solo dai soggetti giuridici qualificati come imprenditori ai sensi art. 2082 c.c., bensì anche dai piccoli imprenditori ex art. 2083 c.c. (coltivatori diretti, artigiani e commercianti).
In più, sono incluse tra i destinatari anche le cooperative sociali ex L. 381/91, in quanto rientranti nella nozione di
impresa di cui all’art. 2082 c.c.
Invece, per quanto riguarda le causali del trattamento di CIG
in deroga previste dall’art. 2 comma 1 del DM 83473/2014,
si ricorda che il riferimento è alle situazioni aziendali dovute
ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o ai
lavoratori, oppure determinate da situazioni temporanee di
mercato, alle crisi aziendali, oppure alle operazioni di
ristrutturazione o riorganizzazione. In merito a ciò, si ricorda
che il trattamento non può essere in nessun caso concesso
qualora si verifichi la cessazione dell’attività dell’impresa o
di una parte di essa.
Ciò premesso, si segnala che lo stesso Ministero del Lavoro,
con una comunicazione pubblicata ieri sul proprio sito, ha ricordato che ai sensi del provvedimento contenuto nella legge di stabilità di quest’anno – e fermo restando quanto dispo-
sto dal DM 83473/2014, con il quale sono stati determinati
appunto i criteri di concessione degli ammortizzatori sociali
in deroga, in attuazione dell’art. 2 comma 64 della L.
92/2012 – il trattamento di integrazione salariale in deroga
alla normativa vigente può essere concesso o prorogato, a
decorrere dal 1º gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2016,
per un periodo non superiore a tre mesi nell’arco di un anno.
Inoltre, sempre per tutto il 2016, e a parziale rettifica di
quanto stabilito dall’art. 3, comma 5 del DM 83473/2014, il
trattamento di mobilità in deroga alla vigente normativa non
può essere concesso ai lavoratori che alla data di decorrenza
del trattamento hanno già beneficiato di prestazioni di
mobilità in deroga per almeno 3 anni, anche non
continuativi. Per i restanti lavoratori il trattamento può
essere concesso per non più di 4 mesi (in precedenza, i mesi
erano 6), non ulteriormente prorogabili, più ulteriori 2 mesi
nel caso di lavoratori residenti nelle aree individuate dal dal
DPR 218/78 (ad esempio, le regioni Regioni Abruzzo,
Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e
Sardegna). Per tali lavoratori il periodo complessivo non può
comunque eccedere il limite massimo di 3 anni e 4 mesi.
Inoltre, il Ministero del Lavoro ricorda che il citato comma
304 dell’art. 1 della L. 208/2015, prevede la possibilità per le
regioni di concedere trattamenti di integrazione salariale e di
mobilità anche in deroga ai criteri di cui agli artt. 2 e 3 del
DM 83473/2014 in misura non superiore al 5% delle
risorse ad esse attribuite, ovvero in eccedenza a tale quota
con l’integrale copertura degli oneri connessi a carico delle
finanze regionali o delle risorse assegnate alla regione
nell’ambito dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali
2007-2013.
Infine, la citata norma contenuta nella legge di stabilità 2016
precisa che gli effetti dei suddetti trattamenti non possono
prodursi oltre la data del 31 dicembre 2016.
Direttore Responsabile: Michela DAMASCO
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