Strumenti di Luciano Brogonzoli preside ITC “Ferrini” di Verbania 21 SETTEMBRE 2000 L’organizzazione modulare della didattica La didattica modulare costituisce uno degli aspetti più significativi e innovativi dell’autonomia scolastica offerta formativa delle scuole dell’autonomia dovrà soprattutto qualificarsi per la flessibilità della proposta didattica (e della sua attuazione) che, in contrapposizione con la tradizionale rigidità dei curricoli di studio, dovrà consentirne il più possibile – particolarmente al biennio e, più ancora, in classe prima – la personalizzazione in aderenza alle capacità e agli interessi degli studenti. Tale flessibilità si potrà realizzare, fondamentalmente, attraverso: la scansione oraria degli insegnamenti, non più legata alla rigidità settimanale (cinque ore di Italiano, due di Storia, quattro di Matematica ecc.) ma alla ripartizione del monte biennale o triennale delle varie discipline nei diversi anni di corso e nelle settimane di ogni anno, a seconda della programmazione fatta dal Consiglio di classe, nel rispetto del monte ore settimanale complessivo e del numero di giorni di lezione; le attività elettive, proposte agli studenti e da loro scelte, per il numero di ore annuali previste dai piani di studi; l’organizzazione delle attività didattiche per gruppi di livello, decisa dal Consiglio di classe o dai Dipartimenti disciplinari a seconda delle necessità verificatesi in corso d’anno. Ciò significa che i gruppi di livello non sono predefiniti una volta per tutte, ad esempio dopo il test d’ingresso, bensì che la loro composizione, il tipo e la durata delle attività da svolgere sono fissati in relazione al concreto sviluppo del piano di lavoro, collegiale e individuale; l’organizzazione modulare della didattica, che rappresenta una particolare modalità di articolazione della proposta formativa, fondata sulla definizione di obiettivi da raggiungere e di certificazione delle conoscenze/competenze acquisite. Tratteremo in questa sede di quest’ultimo aspetto e presenteremo, poi, in questo stesso numero di Strumenti, alcune esemplificazioni concrete di didattica modulare. L’ organizzazione modulare della didattica «L’organizzazione modulare della didattica – che rappresenta una particolare forma di adattamento della proposta di istruzione ai contesti educativi – è una strategia flessibile e, al contempo, altamente strutturata, in cui l’orga- nizzazione del curricolo, delle risorse materiali e umane, del tempo e dello spazio prevede l’impiego di segmenti di itinerari non lineari di insegnamento-apprendimento – i moduli – che hanno struttura, funzioni ed estensione variabili, ma formalmente e unitariamente definite.»1 Ciò che nel sistema della formazione professionale viene chiamato Unità Formativa Capitalizzabile, nel sistema di istruzione è denominato modulo, del quale sono state date molte definizioni; utilizzerò quella cui fanno riferimento gli istituti degli ordini di Istruzione secondaria superiore classica, tecnica, professionale e artistica che da tre anni stanno utilizzando tale modalità organizzativa della didattica nella sperimentazione del progetto nazionale dell’autonomia. Per modulo si intende: «...una parte significativa, altamente omogenea e unitaria, di un più esteso percorso formativo disciplinare o pluri-disciplinare, in grado di assolvere ben specifiche funzioni e di far perseguire ben precisi obiettivi cognitivi verificabili, documentabili (e, quando necessario, certificabili) e capitalizzabili». I moduli possono a loro volta essere costituiti da ulteriori segmenti unitari di insegnamento, le unità didattiche, che consentono, peraltro, di realizzare quanto si realizza con i moduli; i moduli si differenziano dalle unità didattiche perché il loro svolgimento consente di produrre una modifica profonda in chi apprende in termini di connessione tra concetti già posseduti o di acquisizione di nuovi nodi concettuali. M odalità di articolazione del curricolo secondo la didattica modulare L’articolazione del curricolo in moduli passa attraverso le seguenti fasi: 1 2 predisposizione della mappa disciplinare conseguente all’analisi della disciplina; valutazione della coerenza dei diversi moduli, tale da garantire la costruzione della figura professionale predefinita dal curricolo di studi; 1. L’argomento è stato oggetto di uno studio da parte delle scuole della Rete di Roma che, coordinate dal prof. Gaetano Domenici, hanno prodotto il CD Rom Progetto Copernico-Rete di Roma, Progettazione modulare e valutazione, Roma, 2000. ELEMOND SCUOLA & AZIENDA L’ 3 Strumenti 3 4 5 6 21 individuazione dei nuclei fondanti, cioè dei saperi minimi della disciplina, intorno ai quali costruire le conoscenze/competenze da conseguire; definizione degli obiettivi operativi e dei descrittori di prestazione che ne garantiscono il perseguimento; costruzione della prova di verifica di modulo per il controllo di tutti i descrittori di prestazione, il che significa che per ogni descrittore occorre prevedere almeno un item di controllo; certificazione delle conoscenze/competenze acquisite. Le operazioni sopra descritte – tranne la n. 6 di competenza dei singoli docenti – sono svolte a livello collegiale: quella del punto n. 2 dal Consiglio di classe, le restanti dai Dipartimenti disciplinari. Ciascun modulo – la cui durata non dovrebbe superare le 8 settimane di lezione (indipendentemente dal numero di ore settimanali, perché una durata superiore comporta il rischio di deconcentrare gli studenti e di diminuirne attenzione e motivazione), così da completarne due per quadrimestre – può essere ulteriormente ripartito in unità didattiche. Le verifiche intermedie (per intenderci, tutte quelle diverse dalla verifica di fine modulo) dovrebbero avere valore formativo, quella di fine modulo valore sommativo. Le verifiche orali sono richieste solo per gli obiettivi non altrimenti verificabili, vale a dire per le competenze orali (capire e parlare) delle lingue comunitarie. Al termine del modulo vengono annotate nel libretto personale dello studente (si consiglia l’adozione di un supporto informatico) le conoscenze/competenze acquisite, spendibili quali credito formativo in altri segmenti di istruzione/formazione o sul mercato del lavoro. Competenze Ritengo necessarie alcune chiarificazioni terminologiche, perché se si utilizzano termini dal significato ambiguo è possibile pregiudicare l’efficacia dell’azione didattica. ELEMOND SCUOLA & AZIENDA Tra le tante definizioni di competenza scelgo quella data dall’ISFOL perché la ritengo esaustiva e ricca di interessanti suggestioni e sviluppi: 4 «...la competenza è il patrimonio complessivo di risorse di un individuo nel momento in cui affronta una prestazione lavorativa o il suo percorso professionale. È costituita da un mix di elementi. alcuni dei quali hanno a che fare con la natura del lavoro e si possono quindi individuare analizzando compiti e attività svolte; altri, invece, hanno a che fare con le caratteristiche del soggetto-lavoratore e si mettono in gioco quando un soggetto si attiva nei contesti operativi». Questa “definizione funzionale” delle competenze rende necessaria la loro articolazione in tre macro-aree: area delle competenze di base (ad esempio, informatica di base, lingua straniera, economia, organizzazione, diritto e legislazione del lavoro): si tratta di compe- SETTEMBRE 2000 tenze universalmente riconosciute quali nuovi “diritti di cittadinanza” nel mercato del lavoro e nella società, veri e propri “requisiti per l’occupabilità e per lo sviluppo professionale”; area delle competenze tecnico-professionali (conoscenze dichiarative generali e specifiche, nonché conoscenze procedurali); si tratta dei saperi e delle tecniche operative proprie delle attività relative a determinate funzioni o processi lavorativi; area delle competenze trasversali (abilità di diagnosi, di comunicazione, di decisione, di problem solving ecc.): si tratta di quelle caratteristiche e modalità di comportamento individuale che entrano in gioco quando un soggetto si “attiva” a fronte di una richiesta dell’ambiente organizzativo e che sono essenziali al fine di produrre un comportamento professionale che trasformi un “sapere” in una prestazione lavorativa efficace. Va rilevato che il presidio o l’esercizio efficace di un’area di attività è sempre funzione dell’integrazione di questi diversi tipi di competenze, che danno luogo a prestazioni lavorative professionalmente valide e quindi certificabili come adeguate. Problemi aperti Come è ovvio, l’introduzione di una nuova modalità organizzativa della didattica pone problemi di raccordo con la normativa esistente – perché non necessariamente il nuovo può essere sovrapposto al vecchio, eliminandolo – e richiede l’emanazione di una serie di disposizioni per la sua completa ed efficace attuazione. A tale proposito, per quanto attiene alla didattica modulare e alla certificazione di fine modulo, permangono alcuni problemi. La normativa esistente in materia di valutazione (il legislatore non ha mai introdotto il termine misurazione e ha sempre confuso i due distinti momenti della misurazione e della valutazione) è carente rispetto alle peculiarità della didattica modulare relativamente ad alcuni aspetti: il concetto di media delle prestazioni su cui si regge l’impianto valutativo della nostra scuola non ha senso nella logica dichiarativa delle competenze, giacché quelle possedute non possono supplire la mancata acquisizione delle altre; pertanto, l’assegnazione del voto medio periodico dovrà essere superata dall’attribuzione del livello (espresso non necessariamente in voti) di acquisizione delle singole conoscenze/competenze; inutilità/dannosità della scansione trimestrale/quadrimestrale dell’anno scolastico, giacché al termine del trimestre/quadrimestre alcuni moduli sono stati terminati, altri potrebbero non esserlo. Pertanto, la pagella dovrà essere sostituita da comunicazioni esaustive alle famiglie relativamente al processo di apprendimento realizzato dallo studente e alle osservazioni degli aspetti non cognitivi della sua esperienza scolastica; le competenze si accertano attraverso prove di modulo scritte (anche orali solo per le lingue straniere, materie per le quali una cosa è saper scrivere, altra cosa saper parlare e capire quanto viene detto), ma l’esame di stato prevede un colloquio al quale è attribuito un peso 21 molto rilevante (35 punti su 80!) e il mancato ricorso a tale modalità di verifica durante il quinquennio potrà causare non pochi problemi ai candidati; se il risultato della prova di modulo è negativo, viene suggerito di attivare un percorso di recupero da concludere con un’ulteriore verifica, il cui esito positivo sostituisce quello della precedente. Tale modalità di controllo rappresenta a mio parere un “mostro pedagogico” giacché il recupero deve precedere, non seguire, la prova sommativa. Per tacere dei comportamenti perversi che da tale modalità di controllo possono derivare, a partire dall’ingenerare nei giovani la convinzione che nella vita c’è sempre una prova di appello (e ciò non è assolutamente vero), per finire all’atteggiamento “stiamo a vedere com’è la prima prova” per cominciare a studiare. È una esperienza classica dei corsi sperimentali constatare che la prova formativa viene snobbata da molti studenti (“Tanto non conta!”). Inoltre, perché mai i docenti devono essere costretti a predisporre una seconda prova per assecondare i fannulloni che hanno fallito la prima?; le competenze accertate con le prove di modulo riguardano solo l’ambito cognitivo (solo se eseguite in gruppo possono essere accertate e misurate le competenze relazionali), mentre quelle di tipo affettivo/relazionale/comportamentale, che tanta importanza hanno nella formazione della persona, sfuggono a tale controllo. Chi sta attuando la sperimentazione si chiede quale possa/debba essere il rapporto tra prove di modulo e connessa certificazione delle competenze e valutazione dello studente. Personalmente credo che le osservazioni dei comportamenti (partecipazione, interesse, motivazione, impegno, metodo di studio ecc.) abbiano una parte rilevante nel processo valutativo e non possano essere eliminate da una modalità di lavoro (la didattica modulare) che privilegia l’aspetto cognitivo dell’apprendimento. Purtroppo, in tal senso si muove anche la normativa del nuovo esame di stato, giacché i 20 punti riservati al credito scolastico sono ben poca cosa rispetto ai 100 punti complessivi e, soprattutto, sono da attribuire entro una banda tanto piccola (2 punti) legata alla media dei voti. È abbastanza facile prevedere che gli studenti saranno sempre di più preoccupati solo del risultato in termini di prestazioni cognitive (raggiunto, spesso, nella prova di recupero, essendosi prima permessi il lusso di snobbare impegno e applicazione), indipendentemente dalle modalità con le quali a esso si perviene tenuto conto delle qualità personali del soggetto coinvolto. SETTEMBRE 2000 Relativamente alla certificazione ai fini del loro riconoscimento e della loro spendibilità, il documento ISFOL Contesto normativo sui temi della certificazione e dei crediti formativi afferma che, rispetto al valore della spendibilità, occorre distinguere tra certificazione e riconoscimento. «La certificazione di un credito formativo è il riconoscimento generale a un individuo del possesso di una competenza spendibile per il proseguimento di un percorso formativo, compiuto formalmente da un soggetto a ciò abilitato.» «Il riconoscimento di un credito va inteso come un atto che assume valore sociale/individuale e non legale. Ciò significa che l’ambito in cui esso è valido è circoscritto a un ben identificato insieme di soggetti, secondo un protocollo fra essi mutuamente definito, non assumendo quindi valore generale.» Pertanto, sino a quando non saranno definiti gli standard nazionali delle conoscenze/competenze, le procedure della loro verifica e le modalità di certificazione per attestarne il possesso, ciò che le singole istituzioni scolastiche “certificano” ha valore soltanto per i soggetti che hanno riconosciuto gli standard di Istituto sottoscrivendo un protocollo di intesa. Ciò, peraltro, avviene nei corsi di Istruzione e formazione integrata superiore – IFTS – laddove soltanto l’università partner assume l’impegno di riconoscere agli studenti qualificati al termine dell’esperienza formativa un determinato credito per accedere ai propri corsi di laurea; le restanti università italiane, invece, possono disconoscere – in tutto o in parte – l’esperienza formativa realizzata nel corso IFTS. Come si può notare dalla rapida e succinta rassegna dei problemi aperti, i provvedimenti attesi per la completa realizzazione della didattica modulare e della certificazione delle conoscenze/competenze sono molti e tutti importanti; l’auspicio è che in questo anno scolastico si completi il riordino dei cicli e che i regolamenti attuativi, da un lato, abroghino le disposizioni contrastanti in materia di misurazione dell’apprendimento e di valutazione degli studenti lasciando alle scuole autonome facoltà di sperimentare coerenti processi valutativi, dall’altro individuino gli standard nazionali ai quali fare riferimento per la verifica e la connessa certificazione delle conoscenze/competenze acquisite dagli studenti. ELEMOND SCUOLA & AZIENDA Strumenti 5