CONDENSATORI DEL VAPORE DI SCARICO DALLA TURBINA Nozioni generali. Tipologie I condensatori sono scambiatori di calore impiegati per realizzare la condensazione di flussi di vapore. Essi trovano quindi applicazione negli impianti motori a vapore (cicli termodinamici diretti) per condensare il vapore scaricato dalla turbina, oltre che negli impianti frigorigeni e nelle pompe di calore a ciclo termodinamico inverso, in apparecchi a distillazione e in numerosi processi chimici. Con riferimento alla prima applicazione, di nostro interesse, il condensatore soddisfa alla prerogativa di mantenere una bassa pressione allo scarico della turbina (in genere intorno a 5-6 kPa), con i noti importanti benefici sull'aumento del lavoro specifico sviluppato dalla turbina e del rendimento termodinamico dell'impianto. Consente, altresì, il recupero del fluido di processo sotto forma di condensa e il suo riutilizzo per l'alimentazione della caldaia, con notevoli benefici economici in termini di costo di gestione, poiché limita ad una minima quantità (pari al reintegro per spurghi e perdite, di solito non superiori a 1-2% del flusso circolante) la produzione di acqua demineralizzata nell'esercizio della centrale, acqua che risulta notoriamente molto costosa per i trattamenti di spinta demineralizzazione a cui deve essere sottoposta prima dell'immissione nell'impianto. In relazione alle modalità di scambio termico, si distinguono due tipologie di condensatori, e cioè i condensatori a superficie e i condensatori a miscela. Poiché i condensatori a miscela non consentono il recupero in ciclo dell'acqua demineralizzata (a meno di non trattare anche l'acqua refrigerante!) i condensatori impiegati negli impianti motori a vapore sono sempre del tipo a superficie. I condensatori a miscela trovano tuttora applicazione ad esempio nelle centrali geotermiche, in cui appunto assolvono solo la funzione di creare il «vuoto» allo scarico della turbina, mentre non esiste il problema del riutilizzo della condensa nell'impianto; di essi non si tratterà nel prosieguo. I condensatori a superficie sono costituiti da un recipiente (approssimativamente cilindrico o parallelepipedo) contenente all'interno fasci di tubi percorsi internamente dal fluido refrigerante (acqua fredda) e lambiti esternamente dal vapore condensante. Il condensato si raccoglie in una camera sottostante (tuttora sovente indicata con l'antica denominazione di ‘pozzo caldo’, anche se la temperatura si aggira nella massima parte dei casi intorno ai 35 °C), dal quale è poi prelevato Fig. 1 - Schemi di condensatori a superficie (a semplice, doppio e triplo passaggio) -2mediante una pompa posta sotto idoneo battente (pompa d'estrazione del condensato). Spesso i condensatori dei grandi impianti, anche nucleari, sono divisi in casse d'acqua separate, figg. 2 e 3. Questo permette di far funzionare metà del condensatore, mentre l'altra metà dei tubi è in riparazione o in pulitura. I tubi sono fissati alle piastre tubiere, disposte sui fondelli laterali del recipiente, mediante mandrinatura, filettatura o raramente saldatura. Le testate costituiscono le camere di ingresso e di uscita del fluido refrigerante. Disponendo all'interno di esse opportuni diaframmi è possibile realizzare schemi di circolazione ad uno, due o tre percorsi, come illustrato nella fig. 1. Rispetto al passaggio doppio, uno semplice con lo stesso numero e dimensione dei tubi, cioè con la stessa superficie di scambio, e con la stessa velocità dell'acqua, cioè con lo stesso coefficiente di scambio, richiede una portata doppia, per cui l'incremento della temperatura risulta dimezzato e quindi la pressione del condensatore risulta più bassa. La potenza di pompaggio può rimanere la stessa, dato che le perdite di carico interne sono la metà, se anche i condotti esterni sono opportunamente maggiorati; il costo di impianto è quindi maggiore. I tubi (fino a 40 000 in un impianto nucleare) vengono in genere raggruppati in banchi, in modo da realizzare una per quanto più possibile uniforme distribuzione del flusso di vapore e un facile smaltimento dell'acqua di condensa che si forma sulla superficie dei tubi stessi. A tal fine nei singoli banchi i tubi sono in genere disposti sfalsati a triangolo. Usualmente hanno diametri esterni di 7/8 ÷ 1" e calibro BWG 18 (BWG, Birmingham Wire Gauge), Tab. 1. La lega Ammiragliato (una lega Cu-Zn) sta per essere quasi del tutto soppiantata dall'acciaio inossidabile SS 304 (sicuramente negli impianti nucleari) per i minori problemi di corrosione, pagando un prezzo in termini di conducibilità termica. Leghe Cu-Ni sono anche usate per acqua dolce, ma soprattutto per acqua di mare. La tabella 2 riporta le dimensioni tipiche di condensatori per impianti fino a 500 MW. Inizialmente la forma dei condensatori a superficie fu prevalentemente di tipo cuneiforme, ovvero ‘a cuore’, cioè a sezione stringente dall'imbocco all'uscita in relazione alla riduzione del volume specifico della miscela condensante: ciò al fine di mantenere per quanto possibile inalterata la velocità del vapore e non compromettere conseguentemente il coefficiente di scambio termico nei banchi inferiori (condensatori cosiddetti «cinetici», fig. 4). Waterflow: Surface area: (portata volumetrica) / velocità = sezione di passaggio Superficie di scambio termico per unità di lunghezza, grandezza proporzionale al diametro esterno. -3- Fig. 2 - Sezione di un condensatore a passaggio semplice con doppia cassa d’acqua Fig. 3 - Condensatore a doppio passaggio con cassa d’acqua doppia -4Tab. 2 - Dimensioni tipiche di condensatori -5- Fig. 4 - Schemi di condensatori a superficie ad andamento cuneiforme "a cuore" Successivamente, oltre che a detta prerogativa, il criterio informatore nel disegno dei condensatori a superficie si è ispirato al contenimento il più elevato possibile della caduta di pressione del flusso condensante lungo il suo percorso in corrispondenza ai fasci tubieri (condensatori un tempo cosiddetti «rigenerativi») e ad un'efficace estrazione dei gas incoercibili (aria) liberati in fase di condensazione. Tali accorgimenti hanno condotto a particolari disposizioni dei tubi nella sezione trasversale (quali, ad esempio, quelle di fig. 5), in genere basate sulla sistemazione di opportuni schermi suddividenti l'apparecchiatura in zone cuneiformi. Il vapore fluisce intorno alla periferia dei banchi di tubi e radialmente verso il condotto centrale di estrazione gas, la zona a più bassa pressione. Il contenimento della caduta di pressione del flusso lungo il sistema tubolare, unita ad un'efficace sistemazione delle zone di estrazione dei gas incoercibili e ad una circolazione dell'acqua di raffreddamento a doppio passaggio del tipo in controcorrente, consente, nelle moderne realizzazioni, di contenere la differenza di temperatura lato caldo (cioè tra 1'ingresso del flusso da condensare e l'uscita del fluido refrigerante) al di sotto dei 3 °C. A questo proposito, merita di essere sottolineato il significativo beneficio che una anche piccolissima riduzione di tale ∆t (detto «approach») ha sul guadagno di prestazioni della turbina, se si abbassa la temperatura di condensazione (influenzando una zona di espansione in cui anche a bassissime variazioni di temperatura, in virtù dell'altissimo volume specifico del fluido evolvente, corrispondono salti entalpici per nulla trascurabili 1 ), ovvero, se si innalza la temperatura di uscita del refrigerante, sulla richiesta di portata d'acqua di raffreddamento (con riduzione del 12-13% all’aumentare di 1 °C), riduzione che dà luogo a notevoli risparmi nel costo del circuito di raffreddamento, specie nei casi di refrigerazione in circuito chiuso con torri di raffreddamento. 1 dU = TdS - Pdv; dH = TdS + vdP. L’espansione in turbina sta tra un’isentropica e la curva del vapor saturo. Per dH dH dP dP l’espansione isentropica: dH = vdP, =v e, al diminuire di T, crescono v e , anche se diminuisce . Per dT dT dT dT dH v a 35 °C (5.628 kPa) è 1.8 kJ / kg K, praticamente il valore massimo, a 100 °C (101.3 la curva del vapor saturo: dT kPa) è 1.6 kJ / kg K e a 200 °C (1553 kPa) è 0.6 kJ / kg K. L’entalpia di condensazione è -2418.62 kJ/kg a 35 °C e -2257.03 kJ/kg a 100 °C. -6I grandi impianti hanno due o più espansori a bassa pressione con turbine in tandem; il condensatore può essere diviso in sezioni corrispondenti 2 . Se i condotti di scarico del vapore non sono isolati, il condensatore è detto "a pressione singola", infatti la sua pressione è uniforme, imposta dalla temperatura più alta dell'acqua di circolazione nei tubi. In questo caso non esistono vincoli per la disposizione dei tubi, che possono essere paralleli o perpendicolari all'albero del gruppo turboalternatore (la lunghezza arriva fino a 16 m). Se al contrario l'unità è a passaggio singolo, con tubi paralleli (fin quasi 30 m di lunghezza e circa 100 000 m2 di superficie di scambio) e le sezioni sono isolate 1'una dall'altra, il condensatore è "a pressione multipla", con un vantaggio termodinamico perché le sezioni più vicine all'ingresso dell'acqua hanno pressioni più basse di quella all'uscita dell'acqua, che sarebbe la pressione che competerebbe ad un condensatore "a pressione singola". Questa soluzione viene comunemente adottata negli impianti nucleari, dove, essendo più ridotta la temperatura del vapor vivo, si cerca di ridurre al massimo la temperatura media nel condensatore. Estrazione degli incondensabili Ogni condensatore deve essere inoltre dotato di un sistema di estrazione degli incondensabili (fig. 6) per eliminare la inevitabile presenza di gas (soprattutto aria) sia dovuta a rientri attraverso le giunzioni e le tenute (essendo il condensatore sotto vuoto), sia generata da termolisi o radiolisi (negli impianti nucleari) o reazioni Fig. 5 - Schemi di condensatore a superficie metallo-acqua ad alta temperatura e liberata con esempio di fasci tubieri dal vapore condensante, sia contenuta nell'acqua di reintegro e di attemperazione (benché preventivamente disaerata con cura). Tale quantità è molto diversa nei casi di condensatore a miscela e a superficie (in quest'ultimo caso di 4-5 volte inferiore), ma va comunque eliminata. Infatti la pressione regnante nel condensatore pc è data dalla somma della pressione parziale del vapore pv (tensione di vapore alla temperatura di condensazione ts) e dei gas, pg. Poiché a sua volta la temperatura di 2 Per n espansori a bassa pressione, la soluzione a condensatori distinti rispetto ad uno singolo, comporta a parità di scambio termico, un numero n volte superiore di tubi di lunghezza n volte inferiore ed una portata n volte maggiore, con un aumento della temperatura del refrigerante n volte inferiore. Il costo è superiore, per le stesse ragioni illustrate per i condensatori a passaggio semplice rispetto a quelli a passaggio multiplo. -7condensazione ts, è direttamente correlata ai parametri del fluido refrigerante e alle caratteristiche di scambio termico, ne deriva che la presenza di gas disciolti vanificherebbe in parte il vuoto ottenibile, dando luogo allo scarico della turbina ad una contropressione anche notevolmente superiore a quella corrispondente alla temperatura di condensazione. Inoltre, gli incondensabili diminuirebbero il coefficiente di scambio all'esterno dei tubi e aumenterebbero l'attività chimica dell'acqua (ossidazioni, idrurazioni, specie nei fasci surriscaldatori ad alta temperatura 3 ); alcuni di essi sono anche combustibili (idrogeno, metano, ammoniaca). La concentrazione volumetrica limite di Fig. 6 - Schema di condensatore per incondensabili un tempo era meno rigida per centrale termoelettrica impianti di modesta potenza, attualmente è di 0.001%, ma spesso si può garantire anche un valore metà. Il degassamento di un liquido si basa sul fatto che la concentrazione del gas in un liquido è in equilibrio con la pressione parziale che tale gas ha nella fase aeriforme sovrastante. Più precisamente, secondo la legge di HENRY, detta concentrazione è proporzionale alla pressione parziale del gas, p = Kx, dove p è la pressione parziale del gas presente nella fase aeriforme, x la frazione molare del gas disciolto nella fase liquida e K una costante di proporzionalità che, ad es. per aria in acqua vale (Int. Critical Tables): t (°C) K•10-4 ata 0 4.32 10 5.49 20 6.64 30 7.71 40 8.70 50 9.46 60 10.1 70 10.5 80 10.7 90 10.8 100 10.7 Pertanto per degassare un liquido è necessario mantenere la pressione parziale del gas nella fase aeriforme al disotto di quella di equilibrio con la concentrazione in fase liquida. Poiché l'aumento di temperatura diminuisce la solubilità di un gas disciolto, a parità di pressione parziale, ossia aumenta la pressione di equilibrio a parità di concentrazione, riscaldando un liquido a pressione costante lo si degassa 4 . Inoltre, poiché all'ebollizione la solubilità di un gas in un liquido si annulla, in quanto la tensione di vapore del liquido eguaglia la pressione totale – e quindi la pressione parziale del gas si riduce a zero – conviene, come detto, portare il liquido all'ebollizione. Al fine di mantenere permanentemente assente il gas dalla fase aeriforme, occorre sottrarre in continuazione dall'ambiente sovrastante lo specchio liquido il gas incoercibile che si libera dal liquido. Una buona degassificazione richiede tempo, turbolenza e un sistema di sfiato. 3 4 In effetti, anche con acqua perfettamente disaerata si accusa presenza di ossigeno all'interno dei tubi surriscaldatori, a causa di dissociazione termica dell'acqua allo stato di vapore ad alta temperatura. Quale indice dell'entità della corrosione provocata dall'ossigeno - a quelle temperature fortemente aggressivo - si assume spesso il tenore in idrogeno misurato nel vapore all'uscita dei fasci surriscaldatori. Dato che in un impianto termoelettrico, il condensatore rappresenta il punto più freddo, sarebbe utile, compatibilmente con altre esigenze, compiere un ulteriore estrazione degli incondensabili in un altro punto del ciclo, a temperatura maggiore, nel cosiddetto degassatore. -8- Fig. 7 - “Cappa” di degassificazione Il condensato freddo che cade dai tubi più bassi deve avere una sufficiente altezza di caduta e anche vapore dilavante per il riscaldamento (una parte del vapore passa direttamente al fondo attraverso un'area di flusso aperto). I gas estratti dal liquido vengono raffreddati dal 6-8% del totale dei tubi, per diminuirne il volume specifico e l'umidità, in una zona centrale delimitata da una cappa (fig. 7) che li convoglia verso la parte più fredda dove inizia il condotto di sfiato 5 . Per l'estrazione degli incondensabili si possono usare diversi mezzi, ma l'apparecchiatura più usata, per la sua semplicità, mancanza di parti in movimento e, quindi, ridotta manutenzione ed elevata affidabilità, è l'eiettore a vapore (steam-jet air ejector, SJAE), utilizzante vapore a media pressione (qualche centinaio di kPa) in genere prelevato dalla turbina, provvisto allo scarico di un piccolo condensatore ausiliario per la condensazione e il recupero del vapore, che in tal modo può essere reimmesso in ciclo. dalla pompa di estrazione del condensato Fig. 8 - Sistema di eiettori doppio stadio 5 Nella cappa del condensatore, proprio perché la temperatura non è alta, la densità del vapore è trascurabile rispetto a quella dell’aria, per cui le perdite di vapore sono piccole. -9Poiché un eiettore ben proporzionato consente valori del rapporto di compressione difficilmente superiori a 6÷8, per l'estrazione dell'aria dai condensatori, dovendosi in genere operare una compressione di 20÷25 (da 4÷6 kPa a 102÷105 kPa) per scaricare all'atmosfera negli impianti convenzionali (al sistema di trattamento dei gas, off-gas system, negli impianti nucleari) si ricorre a due eiettori disposti in serie, ognuno dotato allo scarico del condensatore per il recupero del vapore, fig. 8. Il liquido di raffreddamento di questi piccoli condensatori è il condensato estratto dal condensatore principale che subisce, così, la sua prima rigenerazione. I condensatori sono in genere provvisti anche di pompe da vuoto rotative, usate per creare il vuoto iniziale nel condensatore all'avviamento dell'impianto (è allora che si ha il massimo rilascio di gas radioattivo nel normale esercizio di un impianto nucleare, specie BWR). Dimensionamento di un condensatore I coefficienti di scambio per il dimensionamento di un condensatore possono essere stimati dalla fig. 9. - 10 - Fig. 10 - Circuiti di raffreddamento per i condensatori: a) di tipo aperto b) di tipo chiuso con torre di raffreddamento Sistema di refrigerazione del condensatore In tutte le applicazioni dei condensatori, il mezzo di condensazione (circulating-water system), cioè il refrigerante, salvo casi particolari (quali, ad esempio, la presenza di un recupero e/o di un ciclo sottoposto in impianti a contropressione), è sempre rappresentato da acqua (non trattata), in virtù dei suoi requisiti di economicità, elevata capacità termica, buone caratteristiche di scambio termico e soprattutto facile reperibilità. Per quanto riguarda la reperibilità, le portate d'acqua di refrigerazione sono molto elevate (nel caso di grandi impianti arrivano ad alcune decine di m3/s) per cui bisogna ricorrere a grandi corsi d'acqua (in Italia per tali applicazioni si presta soltanto, ma con grossi problemi ecologici, il fiume Po) o all'impiego di acqua di mare, installando la centrale in prossimità della costa e realizzando opportune (e costose) opere di presa, convogliamento, filtraggio (+ pulizia filtri) e restituzione. Generalmente la circolazione dell'acqua è garantita da 3 pompe in parallelo. Negli impianti nucleari ne basta una per smaltire il calore di decadimento allo "shutdown", che può essere azionata da uno dei due diesel di emergenza. Le pompe possono andare da 1.5 m3/s e 900 giri/min a 15 m3/s e 150 giri/min, con una prevalenza di 8÷12 m d’acqua. La prevalenza delle pompe e, quindi, il costo di esercizio possono essere ridotti sfruttando l’effetto sifone, dato che il condensatore è posto ad un livello più alto (ma non così alto da permettere che la pressione uguagli la tensione di vapore del liquido) rispetto alla presa e allo scarico dell’acqua di refrigerazione, per fornire il battente di liquido necessario alla pompa di estrazione del condensato. Perché il sifone funzioni bisogna impedire l’ingresso di aria, cioè bisogna scaricare l’acqua al di sotto del pelo libero ed impedire le perdite dei tubi subito fuori della zona di condensazione. In questa zona, infatti, il vuoto è superiore a quello che c’è nei tubi, ma subito fuori c’è la pressione atmosferica, mentre nei tubi il liquido è - 11 ancora sotto vuoto. Se il dislivello tra presa e scarico dell’acqua di refrigerazione è sufficientemente grande (come può accadere in un fiume), si può anche funzionare in circolazione naturale, una volta innescato il sifone, per esempio, con una pompa. Ove la reperibilità d'acqua non sia sufficiente (si pensi, ad esempio, a paesi quali la Svizzera) si deve ricorrere alla refrigerazione a «ciclo chiuso» (fig. 10). Il refrigerante è sempre acqua, che, però, all'uscita del condensatore viene convogliata in idonei sistemi di refrigerazione, principalmente torri di raffreddamento, ove cede il calore all'ambiente e all'uscita dai quali ritorna fredda al condensatore. La refrigerazione in circuito chiuso non consente di scendere con la temperatura di ritorno dell'acqua ai valori usuali della circolazione in circuito aperto e, conseguentemente, la pressione di condensazione risulta significativamente più elevata (difficilmente inferiore a 8-10 kPa). Le torri di raffreddamento possono essere ad umido o a secco. Nelle torri ad umido ad evaporazione a tiraggio naturale, fig. 11, sviluppate in Europa, (ma anche in quelle con tiraggio indotto da ventilatori, fig. 12), l'acqua calda, opportunamente “frantumata” con uno spray o per caduta su un graticciato più o meno complesso (fig. 13 e 14), è esposta ad una corrente d'aria ascendente che tende a portarsi in condizione di saturazione. Si produce così un Fig. 11- Torri di raffreddamento raffreddamento dell'acqua a spese del a circolazione naturale, calore di evaporazione di una quota parte con flusso in controcorrente (alto) della stessa (circa 1÷1.3%, a seconda del 3 e trasverso (basso) clima, pari a 0.5÷0.6 m /s per una centrale da 1000 MWe con rendimento termico del 33%). Hanno diametri di 75÷120 m ed altezze di 100÷150 m, per avere il minimo di resistenza al flusso d'aria e la massima forza traente. La loro forma iperboloidica assicura una buona resistenza al peso e al vento con i minimi spessori (6÷7" in vita). Lo scambio di calore e massa tra acqua ed aria avviene nella parte inferiore, per sfruttare al massimo l'effetto camino della parte superiore. Nel tipo a controcorrente ("counter-flow"), il graticciato è all'interno, al di sopra dei "trampoli" o colonne diagonali di supporto (sopra un poco - 12 profondo bacino di raccolta dell'acqua) che reggono la parete di cemento armato, per cui è molto esteso e per questo poco profondo. Nel tipo "a flusso trasverso" ("cross-flow") il più profondo graticciato è in un anello esterno ai "trampoli". Quest'ultimo tipo offre una minore resistenza al passaggio di aria e quindi le velocità dell'aria sono maggiori, ma è meno efficiente. Sono molto costose, quindi il loro uso è favorito dai lunghi tempi di ammortamento e dalle economie di scala (grandi potenze di impianto). Nelle torri a tiraggio forzato, i ventilatori sono generalmente posti in cima (perché il flusso d’aria è meglio distribuito, le perdite d’aria umida sono minori, la ricircolazione in ingresso dell’aria in uscita è inferiore, in inverno l’eventuale formazione di ghiaccio sul ventilatore è evitata), ma, a volte, anche sul fondo, nella zona dove il volume specifico è minore, per ridurre la potenza di ventilazione. Fig. 12 - Torre di refrigerazione a umido a tiraggio forzato e flusso trasverso Fig. 13 - Sistemi di distribuzione dell'acqua: (a) a gravità, (b) a spruzzamento, (c) a rotazione - 13 - Fig. 14 - Tipi di graticciato: (a) a spruzzo, (b) a film Le torri ad umido sono preferibilmente usate (1) nelle località dove l'umidità relativa 6 è generalmente alta, per ridurre la necessità di reintegro di acqua, in genere oscillante tra il 2÷4%, (2) quando la temperatura di bulbo umido 7 è bassa e (3) sono alte le temperature dell'acqua di refrigerazione del condensatore in ingresso (per mantenerla più bassa possibile) ed uscita (garantisce un buon tiraggio). Per ridurre il consumo di acqua e la possibilità di caduta di gocce 8 o, addirittura, di granelli di ghiaccio nelle campagne intorno, si devono anche ridurre al minimo le gocce trasportate fuori dalla corrente gassosa, fig. 15. Comunque una certa parte di acqua deve sempre essere sostituita (con precauzioni per l'inquinamento), per mantenere limitata la concentrazione dei sali. 6 7 8 Fig. 15 - Tipi di eliminatori di gocce L'umidità relativa è il rapporto tra la pressione parziale del vapore in aria e la tensione di vapore alla temperatura dell'aria. L'umidità assoluta indica invece la massa di acqua per unità di massa di aria secca. La temperatura di bulbo umido è la temperatura misurata da un termometro, con il bulbo mantenuto umido da garza o cotone idrofilo bagnati, esposto ad una corrente d'aria. Questa temperatura è tanto più bassa della temperatura di bulbo secco (quella reale dell'aria), quanto più è secca l'aria, perché aumenta l'evaporazione dell'acqua a contatto del bulbo e quindi il suo raffreddamento. La temperatura di bulbo umido è la temperatura dell'aria cui far riferimento lungo tutto il percorso di scambio termico aria-acqua in una torre ad umido e, in particolare, la temperatura di bulbo umido dell'aria in ingresso è il valore più basso raggiungibile dall'acqua. La temperatura di rugiada è la temperatura a cui inizia a condensare l'acqua presente in un campione di gas; è uguale alla temperatura di saturazione corrispondente alla pressione parziale del vapore nel campione.