dawero vietare tout court la restituzione dei finanziamenti anomali durante societate (OUVIERI, 2008, 97; nel medesimo ordine di idee v. Lo CASCIO, 2005, 246). L'incongruità della tesi awersata - si è poi aggiunto - risulta ancor più evidente ove si consideri che, a volerla condividere, i finanziamenti in questione rimarrebbero assoggettati, contro ogni logica, ad un regime ancora più rigoroso di quello previsto per le poste del patrimonio netto, la cui distribuzione è di regola consentita durante so cietate , e per lo stesso capitale, che può essere restituito mediante la sua riduzione senza necessità della preventiva integrale soddisfazione dei creditori sociali (così IRRERA, 2004, 1794). Senza poter poi trascurare che la ratio della postergazione è quella di tutelare i creditori futuri rispetto al finanziamento, e non già quelli attuali, poiché questi ultimi hanno già fatto affidamento sul patrimonio netto della società, tra l'altro rafforzato dallo stesso finanziamento-AGA--f-imèGrsabile (così ASSONIME, 2007, 7; PANZANI, 2006, 66 ss.). 3. L'applicabilità dell'art. 2467, c.c., anche ai finanziamenti effettuati da soci di società per azioni. Parte della dottrina (CAMPOBASSO, 2007, 445; PRESTI, 2006, 100 ss.; SCANO, 2003, 904 ss.) ha escluso l'applicabilità dell'art. 2467, c.c., anche ai finanziamenti effettuati dai soci di una società per azioni, valorizzando a tal fine sia la lettera della norma (che si riferisce alla sola società a responsabilità limitata), sia la centralità, nella società a responsabilità limitata, della figura del socio, assente invece nella società per azioni, ove l'azionista è sfornito di poteri di informazione e controllo analoghi a quelli propri del quotista di s.r.l. (in questi termini v. anche ASSONIME, 2007, 4, che valorizza la specificità dei modelli societari disegnati dalla riforma del 2003 e la conseguente necessità di valutare in concreto ragioni ed esigenze di tutela sottese all'applicazione della regola generale della postergazione; sfiora soltanto il problema, senza però affrontarlo, Trib. Milano, 30 aprile 2007, in Giur. it., 2007, 2499). Secondo altra parte della dottrina (v. in particolare, RESCIGNO, 2003, 54; IRRERA, 2004, 1797 sS.; TOMBARI, 2006, 563; PORTALE, 2006, 151; OUVIERI, 2008, 94 ss.) e della giurisprudenza (v. Trib. Pistoia, 8 settembre 2008, cit.), l'art. 2467, C.C., enuncia invece principi che sono estensibili analogicamente anche alla società per azioni, sia perché in questo tipo societario rientrerebbe anche la s.p.a. "chiusa" che, a sua volta, comprende la s.p.a. a ristretta base azionaria che non presenta differenze particolari rispetto alla società a responsabilità limitata; sia perché la norma in questione sarebbe espressione di un principio di tutela dei creditori nei confronti del fenomeno della c.s. sottocapitalizzazione nominale, che ha valenza generale, a prescindere dal tipo sociale in concreto adottato. Le argomentazioni a favore della tesi estensiva, oggi prevalente, si trovano chiaramente esposte nella motivazione di Trib. Udine, 21 febbraio 2009, cit., che merita pertanto di essere conosciuta: "il primo argomento a favore della tesi estensiva si fonda sull'analisi della 'rafia' della disciptina. La disposizione, come quella para!!ela detl'art. 2497 quinquies cc, mira a contrastare la c.d. sottocapitalizzazione nominale delle società a responsabilità limitata, ossia quella pratica diffusa, tipica nelle società caratterizzate da ristrette compagini sociali (c.d. società chiuse), di 'sostituire' i (doverosi in determinate situazioni di crisi) versamenti dei soci in conto capitale con versamenti a titolo di finanziamento (cioè extra capitale), che presentano per i soci l'evidente vantaggio di 'scaricare' di fatto il 'rischio di impresa' sui creditori esterni alla società. La postergazione e la revoca del rimborso (se effettuato nell'anno anteriore al fallimento) previsti dalla norma in esame non fanno altro che ripristinare ex lege, come si legge in dottrina, 'un rapporto di equilibrio tra i benefici e il rischio associati alla partecipazione alla società imponendo ai soci la sopportazione prioritaria del rischio rispetto ai creditori'. Come si è ancora osservato, 'con la 'postergazione obbligatoria' dei finanziamenti dei soci si è attuata, avendo riguardo agli effetti, una sorta di aumento mascherato del capitale di rischio, con accrescimento della responsabilità del socio: che non è più limitata al capitale sottoscritto, ma che si estende anche all'ammontare dei finanziamenti apportati. È chiara la finalità della tutela dei terzi: il socio resta responsabile non soltanto per il capitale sottoscritto, ma anche per i finanziamenti apportati alla società nella maniera descritta '. Ciò posto si è però evidenziato dai primi commentatori che tale regola mira a porre rimedio ad una probiematica che in concreto si può presentare in tutte le società di capitali ove può esserci il rischio che il 'prestito' del socio in situazioni di precario equilibrio finanziario della società, sia in realtà sostituivo del capitale di rischio. Perché allora la norma è stata dettata solo nell'ambito delle società a responsabilità limitata? Secondo il citato orientamento, che si condivide, la 'postergazione' è stata imposta espressamente, e soprattutto 'obbligatoriamente" solo nell'ambito delle s.r.l. (o delle società soggette ad altrui direzione e coordinamento, art. 2497 quinquies) in quanto per esse è maggiore e più frequente il pericolo di "sottocapitalizzazione nominale '; per tale tipo di società-1JfJlU finanziamento effettuato dai soci in--determinate condizioni-di-erisi------ della società porta ad una ''presunzione di abuso". Trattandosi però in realtà dell'espressione di un principio generale necessario, a tutela dei terzi creditori, per il corretto finanziamento di tutte le società con soci a responsabilità limitata, deve ritenersi possibile (e doveroso in una lettura costituzionalmente orientata) la sua applicazione in via analogica, ogni qualvolta la s.p.a. (ma anche l'accomandita per azioni), presenti una struttura "chiusa" analoga a quella delle s.r.l.: ossia una società con base azionaria ristretta, con soci partecipi all'attività economica e comunque coinvolti nella sua gestione, non meri 'investitori', soci quindi che per la 'misura', o anche solo la 'qualità', della loro partecipazione siano assimilabili a quelli di srl. A tale riguardo, per quanto si tratti owiamente di un argomento non decisivo, certo appare al riguardo interessante ricordare che tale orientamento è del tutto consolidato nell'ambito comunitario, e che in particolare nell'ordinamento tedesco l'estensione del principio a tutte le società di capitali, oltre i confini entro i quali anche lì era stato codificato (prima della riforma), è stato giustificato con la vigenza nella disciplina di tutte le società di capitali di un principio di "corretto finanziamento dell'impresa", alla luce del quale, in caso di crisi della società, viene imposto a tutti i soci il conferimento di "capitale di rischio" quale unica modalità legittima di finanziamento. Vi è poi anche un argomento di tipo sistematico a sostegno dell'applicabilità in via analogica dell'art. 2467 cc alle spa, o meglio a quelle spa e a quei soci che presentano caratteristiche sovrapponibili a quelle di una tipica srl (base azionaria ristretta, socio gestore e non mero investitore). Il legislatore infatti con la norma dell'art.2497 quinquies cc ha esteso la disciplina dell'art. 2467 cc, a prescindere dal tipo societario, e pertanto anche se la società finanziata è una spa, ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti, owerosia ai finanziamenti c.d. infragruppo. Né, a ben vedere, come taluna dottrina ha osservato, appare corretto affermare che la norma non avrebbe 'ragione di esistere se la disciplina dei finanziamenti s'intendesse applicabile alla società per azioni estranea al gruppo, risultando le ______-'-'s""'u""-e----->.<d...... is.,.,p.Dsizioni espressive piuttosto di una norma di deroga rispetto alta disciplina comune della società per azioni.' Perché, in vero, se si ritiene, come appare sistematicamente più corretto, che l'applicazione dell'art. 2497 quinquies, a differenza dell'art. 2467 cc, prescinde dalla necessaria esistenza di un rapporto di partecipazione al capitale dell'ente finanziato, è evidente che la norma in tale ipotesi conserva una sua autonoma rilevanza. E' certo comunque che l'estensione della disciplina dei finanziamenti postergati alla fattispecie di 'società di gruppo' (senza differenziazione di tipo societario) dimostra che ciò che rileva non è tanto il modello formale di società adottato, quanto il concreto assetto di interessi con esso realizzato. Va assoggettata pertanto a postergazione ogni operazione finanziaria che, per la posizione di chi l'effettua (socio di controllo o comunque 'gestore', azionista di maggioranza, società capo gruppo, società controllate anche in via diretta e così via) non si risolve in un mero 'investimento', ma rappresenta essa stessa esercizio di impresa, che in quanto tale deve essere soggetta al rischio tipico a tutela dei terzi creditori, che estranei invece all'impresa stessa non possono essere posti sullo stesso piano dell'imprenditore. Un ulteriore conforto alla tesi della estensibilità della disciplina alla società per azioni, viene dalla stessa Relazione accompagnatoria del D.Lgs n 6/2003 nella quale testualmente si legge 'il problema più difficile è senza dubbio quello di individuare criteri idonei a distinguere tale forma di apporto rispetto ai rapporti finanziari tra soci e società che non meritano di essere distinti da quelli con un qualsiasi terzo. E la soluzione indicata dal secondo comma dell'art. 2467 c.c. ... è stata quella di un approccio tipologico con il quale si deve ricercare se la causa di finanziamento è da individuare nel rapporto sociale (e non in un generico rapporto di credito): in tal senso l'interprete è invitato ad un criterio di ragionevolezza, con il quale si tenga conto della situazione della società e la si confronti con i comportamenti che nel mercato sarebbe ragionevole attendersi'. Il che dimostra che l'intento del legislatore era proprio quello di creare come si è detto- una disposizione 'transtipica' che ponesse rimedio a fenomeni di abuso dello schermo offerto dalla responsabilità limitata e la cui applicazione, I l' / / ç autOmadca per re S.r.r., IOsse '1-.. '/ poss~u~re I-.. / /1 ' l' anCHe per re a,rre SOClerD ,.J' uf rtif<::11i . caprr<::no-Bf/RI-- qualvolta si accerti, per l'appunto, che la causa di finanziamento è da individuare nel rapporto sociale, tenendo conto della situazione della società ... Ne consegue che, verificandosi l'illegittima situazione in cui soci della s.p.a., privi della qualifica di titolari di poteri di coordinamento e/o direzione ma comunque con situazione in concreto analoga a quella di una 'tipica' s.r.l., effettuino 'mer;' finanziamenti ben conoscendo lo stato di 'crisi' dell'ente finanziato, è possibile l'applicazione in via analogica del medesimo principio (conversione del finanziamento in 'conferimento'). Con l'unica differenza, sul piano processuale, del diverso regime probatorio: dal regime della presunzione assoluta implicita di cui all'art. 2467 cc si passa, infatti, all'onere (per colui che sostiene la 'postergazione') di fornire la prova in concreto, seppur ricorrendo ad elementi indiziari e presunzioni semplici, della sussistenza dei presupposti sopra descritti per l'applicazione analogica della norma". 4. Il rimborso ex art. 2467, C.C., dei crediti dei soci verso la società, nel caso di successivo fallimento di questa. Come anticipato, il primo comma dell'art. 2467, c.c., detta anche una norma di diritto fallimentare, stabilendo che qualora il finanziamento "anomalo" • sia stato rimborsato al socio nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento della società, tale finanziamento deve essere restituito al curatore. Parte della dottrina ha qualificato l'obbligo di restituzione del rimborso come un'ipotesi di indebito oggettivo, per cui il pagamento eseguito in pendenza di una condizione legale di efficacia (la postergazione) deve reputarsi non dovuto: a differenza dell'azione revocatoria fallimentare, infatti, l'anomalia che giustifica il rimborso non sussiste nel momento in cui viene compiuto l'atto suscettibile di revoca (il rimborso, appunto), ma nel momento in cui viene concesso il finanziamento (MAUGERI, 2005,113 ss.). Secondo i più si tratta invece di una nuova forma di revocatoria fallimentare ex lege, che deroga, sotto il profilo dell'onere della prova, al disposto dell'art. 67, co. 2, I. fall. (BARTALENA, 2003, 397; DI SABATO, 2003, 162; Lo CASCIO, 2005, 246; TERRANOVA, 2004, 1465 5;5;.; FERRARA, CORSI, 2006, 904), perché il curatore, al fine di ottenere la restituzione del prestito a suo tempo rimborsato, non è tenuto a dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza in capo al socio finanziatore, che forma oggetto di una presunzione assoluta non superabile mediante prova contraria (per l'automatica operatività della previsione v. fra gli altri SCANO, 2003, 896; IRRERA, 2004, 1792; Lo CASCIO, 2005, 246, che solleva dubbi di costituzionalità della previsione in esame; CAGNASSO, 2007, 116). Resta peraltro sul curatore l'onere, ben più difficoltoso, di provare la sussistenza, al momento della concessione del prestito, delle condizioni di anormalità di cui all'art. 2467, co., 2, c.c., eventualmente ricorrendo ad una consulenza tecnica (v. in argomento SANGIOVANNI, 2007, 1401). La stabilità degli effetti del rimborso si manifesta una volta decorso l'anno dalla dichiarazione di fallimento della società, in quanto le uniche azioni proponibili sono quelle dell'art. 2467 c.c. e 65 I. fall. La funzione della restituzione risiede, infatti, nel ripristino della par condicio, in quanto la restituzione del rimborso è strumentale all'applicazione della regola della postergazione nel concorso fra più creditori. • Dalla qualificazione dell'inefficacia ex art. 2467 c.c. in termini di revocatoria ex lege deriva che, in caso di esito positivo dell'azione promossa dalla curatela, e di awenuta restituzione del finanziamento da parte del socio finanziatore, questi può - stando almeno alla tesi che esclude la riqualificazione imperativa del finanziamento anomalo in conferimento - presentare domanda (tardiva) di ammissione al passivo, in via chirografaria, del corrispondente credito in virtù di quanto stabilisce il novellato art. 70, co. 2, I. fall. (in questa direzione SALP, 2008, 260; CAMPOBASSO, 2007, 452; SANGIOVANNI, 2007, 1401; PRESTI, 2006, 120, che ritiene però "problematica" l'applicazione dell'art. 70, co. 2, I. fall., sul presupposto che la ripetizione del finanziamento fa risorgere il credito originario del socio; per l'esclusione della possibilità di presentare domanda di insinuazione v. invece DESANA, 2008, 189; IRRERA, 2004, 1794, e, sia pure in forma dubitatfva; FERRARA, CORSI, 2006, 904 905). Il credito i l ' l - - - - esame non può infatti essere soddisfatto in "moneta buona", ma deve essere preventivamente verificato ed ammesso, per poi essere eventualmente pagato in sede di riparto, dopo il soddisfacimento di tutti gli altri crediti concorrenti, nella misura in cui residui attivo disponibile [v. però, in senso contrario GALEoni FLORI L., in Giur. comm., 2005, Il, 76 ss., secondo il quale il creditore di cui all'art. 2467 c.c. non deve essere ammesso al passivo; "egli mantiene integri i suoi diritti, ma potrà farli valere solamente dopo l'integrale pagamento di tutti i crediti concorsuali e, quindi, per definizione, secondo il disposto dell'art. 118, comma 2 I. fa Il. dopo la chiusura del fallimento". Ciò in quanto il creditore-socio sarebbe "un creditore con diritti attenuati, in quanto il suo soddisfacimento è subordinato al soddisfacimento integrale di tutti i crediti concorsuali. In ogni caso, non è un creditore concorrente proprio poiché il suo soddisfacimento è postergato rispetto a tutti gli altri creditori. Egli potrà trovare soddisfacimento solamente dopo che tutti i creditori concorrenti sono stati soddisfatti, il che automaticamente comporta la chiusura del fallimento ed il ritorno in bonis della società che prowederà (... ), se ciò sarà possibile, al soddisfacimento delle ragioni del creditore-socio in questione"; secondo SANGIOVANNI, 2007, 1401, in sede di riparto il credito dei soci-finanziatori dovrebbe essere trattato come .. credito sub-chirografario, dovendo essere soddisfatto dopo i creditori esterni della società, ma con preferenza rispetto ai crediti dei soci non finanziatori per l'investimento fatto nella società sotto forma di capitale]. Ma la qualità di credito postérgato deve essere dedotta in sede di verifica dei crediti o in sede di riparto? In questo secondo senso si esprime parte della dottrina (BONFATII, CENSONI, 2007, 305), per la quale "la disciplina dei crediti subordinati non rileva in sede di accertamento del passivo (sono senz'altro crediti vantati verso il fallito e come tali vanno inseriti nello stato passivo del fallimento), bensi in sede di ripartizione dell'attivo: sede nella quale il credito postergato subisce una necessaria graduazione (in negativo) rispetto a tutti gli altri crediti non ugualmente postergati. L'insinuazione al passivo del credito subordinato deve pertanto essere disposta senza l'accompagnamento di alcuna 'riserua':-ma_-=- _ se mai -, con collocazione sul ricavato non immediata, bensi rinviata al momento dell'integrale soddisfacimento dei creditori ('an tergati ') non ugualmente subordinatI"' (in senso conf. v. ASSONIME, 2007, 8; CAMPOBASSO, 2007, 452, il quale aggiunge che, in questo caso, non troverebbe fra l'altro applicazione il principale effetto dell'ammissione con riserva, vale a dire l'obbligo di accantonamento durante i riparti parziali ai sensi dell'art. 113, I. fall.). Nel primo senso si esprime invece Cass., 12 marzo 2000, n. 3363 (in FaIl. , 2001,204) in base alle seguenti argomentazioni: "ai sensi dell'art. 93 I. fa Il. il creditore ha l'onere di indicare nella domanda di ammissione al passivo, tra l'altro, il titolo da cui il credito deriva, le ragioni di prelazione - cui equivale, per identità di ratio, l'enunciazione di una qualità del credito, tale da consentirne il pagamento con prededuzione - e i documenti giustificativi. Deve, in definitiva, la domanda di ammissione contenere tutti gli elementi che determinano la connotazione del credito, e ciò al fine di consentire non solo al curatore e al giudice delegato di formare lo stato passivo in funzione della fase successiva relativa al riparto, ma anche agli altri creditori di interloquire sull'ammissibilità del credito, e sulla sua connotazione. Infatti, è i interesse di ogni creditore di evitare che altro creditore sia ammesso al passivo • iniquamente o fraudolentemente, con conseguente detrimento delle sue aspettative di soddisfacimento. L'interesse degli altri creditori viene tutelato preventivamente in sede di verificazione dello stato passivo, in cui ogni creditore ha diritto di interloquire, e successivamente con l'impugnazione dei crediti ammessi prevista dall'art. 100 I. fall. Ne consegue che il decreto di approvazione dello stato passivo, se non impugnato, preclude nell'ambito del procedimento fallimentare ogni questione relativa alla esistenza ed entità del credito ammesso, nonché alla efficacia del titolo da cui esso deriva ed alla esistenza di cause di prelazione. Solo le questioni di graduazione di dette cause ed in genere quelle concernenti la collocazione di un credito rispetto agli altri hanno la loro sede di risoluzione nella fase di ripartizione dell'attivo (cfr. Casso n. 230211995; n. 2321/1996; n. 7481/1998). LI Tribunale con il decreto impugnato ba correttamene applicato-il---"/-J<Drr-J<inLl-lc..,,ip/-J<'<U·OL------ innanzi richiamato, in quanto ha rilevato che la 'postergazione' del credito, ammesso come semplice chirografo, opposta dai creditori ricorrenti in sede di riparto derivava da una connotazione del credito e che tale connotazione andava rilevata in sede di verificazione dello stato passivo e quindi opposta dai creditori interessati ai sensi dell'art. 100 I. fall. Infatti, la postergazione legale (ex art. 2282 c.c.) invocata dai ricorrenti, che prospettano l'applicazione della norma, prevista in tema di liquidazione delle società, al fallimento, comporta che il creditore non venga considerato alla stregua degli altri creditori chirografari, tra i quali l'attivo, residuato al pagamento delle spese e dei crediti di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 111 I. fall., viene ripartito proporzionalmente ai crediti, perché il suo credito potrà trovare capienza solo ove, dopo che tutti i creditori chirografari siano stati completamente soddisfatti, residui un attivo, ipotesi peraltro rara. Il creditore che vede, invece, il suo credito ammesso come chirografo in sede di verifica, senza alcuna specifica connotazione che comporti la c.d. postergazione, é posto sullo stesso piano degli altri creditori chirografari ed in sede di riparto non potrà che concorrere con questi nella distribuzione dell'attivo residuato al pagamento delle spese e dei crediti di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 111 I. fa Il. Tale norma fissa un preciso ordine di erogazione delle somme ricavate . dalla liquidazione dell'attivo e, mentre per i crediti ammessi con prelazione prevede il pagamento secondo l'ordine assegnato dalla legge alle singole prelazioni, per i crediti chirografari non stabilisce nessun ordine, per la semplice ragione, innanzi rilevata, che i creditori chirografari hanno diritto alla ripartizione proporzionale ai rispettivi crediti del residuo attivo, salvo che non risulti il contrario dallo stato passivo, cioè l'esclusione del creditore dal concorso con gli altri chirografari. In tal senso, il Tribunale ha ritenuto correttamente che la postergazione costituisca una connotazione del credito, che va accertata in sede di verifica dello stato passivo ed opposta con il ricorso di cui all'art. 100 I. fall.". Da ultimo, merita di essere menzionato il rapporto che intercorre tra postergazione legale e postergazione convenzionale, con riferimento alla priorità nel riparto dell'attivo. A questo proposito sembrerebbe doversi graduare l'ordine dei rimborsi, dando precedenza al credito legalmente postergato su quello convenzionalmente subordinato: in quanto, nel primo caso, la postergazione è frutto di una libera scelta delle parti, mentre nella seconda ipotesi è l'intervento legale che, con la qualifica di quel credito, corregge gli effetti negoziali dell'operazione. 5. I finanziamenti nell'attività di direzione e coordinamento. L'art. 2497-quinques, c.c., dispone che "i finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti, o da altri soggetti ad essa sottoposti, si applica l'art. 2467'. In relazione al profilo soggettivo del finanziamento, ai sensi dell'art. 2497 quinquies, c.c., il soggetto finanziatore è definito quindi per relationem, in base all'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento nei confronti della società finanziata, oppure in base alla sottoposizione al soggetto che esercita detta attività. Dottrina unanime ritiene infatti che, per effetto dell'espresso riferimento a "chi esercita attività di direzione e coordinamento", la norma in questione non limita il lato attivo dell'operazione di finanziamento ai soli soci finanziatori, ma • estenda il proprio ambito di operatività anche agli amministratori di diritto e di fatto, ancorché non titolari di strumenti finanziari, e, più in generale, a qualsiasi altro soggetto, anche se persona fisica e pur se privo della qualità di socio, che comunque eserciti attività di direzione e coordinamento sulla società finanziata o che agisca in quanto sottoposto all'altrui attività di direzione e coordinamento. L'art. 2497-quinquies, dunque, non prevede alcuna limitazione, sotto il lato attivo del finanziamento, rendendo pertanto applicabile la disciplina dell'art. 2467 c.c. anche nel caso in cui l'attività di direzione e coordinamento sia svolta congiuntamente da più soggetti partecipanti, ad esempio, ad un sindacato di controllo (QUATRARO, 2007, 13). Quindi, in caso di fallimento della società finanziata, il finanziatore che esercitava attività di direzione e coordinamento, se vuole partecipare al concorso, deve presentare domanda di insinuazione al passivo del fallimento; l'ammissione dei crediti postergati awerrà in via condizionata, con collocazione sul ricavato, subordinatamente al preventivo soddisfacimento integrale degli altri crediti (non postergati) ammessi. Per quanto riguarda, invece,i1 soggetto beneficiario del finanziamento, il legislatore fa riferimento esclusivo al requisito della forma societaria ed alla soggezione all'attività di direzione e coordinamento nei confronti del soggetto che eroga il finanziamento, direttamente o per il tramite di un altro soggetto sottoposto, a prescindere dal possesso o meno della personalità giuridica da parte del soggetto beneficiario. Possono quindi essere assoggettati alla disciplina in esame non solo i finanziamenti effettuati in favore di società di capitali, ma anche quelli erogati a favore di società di persone (Quatraro, 2007, 14; in senso conf. IRRERA, 2004, 139 ss., favorevole all'applicabilità dell'art. 2467 c.c. ai finanziamenti erogati dal socio accomandante di società in accomandita semplice; TOMBARI, 2006, 564; in senso contrario v. però SALP, 2008, 269, la quale argomenta dall'ancoraggio della disciplina di cui al'art. 2467 c.c. al regime della responsabilità limitata, proprio delle sole società di capitali).