Finanziamento di soci non più tali e postergazione ex art. 2467 cod. civ.
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societÀ a responsabilitÀ limitata
Paolo Flavio Mondini, avvocato e professore associato di Diritto bancario e finanziario* -
sentenza Tribunale di Milano, Sez. specializzata in materia di imprese B, 15.12.2014 (R.G. n.
50325/2013) (presidente Riva Crugnola, relatore Dal Moro)
Società – Società a responsabilità limitata – Finanziamenti dei soci – Perdita della qualità
di socio – Postergazione ex art. 2467 cod. civ. – Applicabilità.
La massima - La condizione di inesigibilità del credito per finanziamenti soci ex art. 2467
cod. civ. può essere eccepita anche nei confronti del socio che in epoca successiva al
versamento delle somme oggetto di finanziamento abbia perso tale qualità. I presupposti di
postergazione ai sensi dell'art. 2467 cod. civ. sono individuati dal legislatore nell'eccessivo
squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto e in una situazione finanziaria
della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, in situazioni cioè di
rischio di "insolvenza" che possono manifestarsi sia in fase di start up se la società è
sottocapitalizzata (proprio perché i soci hanno preferito finanziarla anziché conferire
capitale di rischio) e, quindi, vi è il pericolo che il rischio di impresa sia trasferito sui terzi
creditori, sia in seguito, quando a fronte di perdite i soci, anziché conferire capitale come
sarebbe ragionevole, effettuino finanziamenti aumentando l'indebitamento. (Massima a cura
di Giurisprudenzadelleimprese.it)
Il socio di una società a responsabilità limitata concedeva nel febbraio 2011 un prestito
fruttifero per l'importo di 50 mila euro alla propria società, pattuendo interessi nella
misura dell'8% (poi ridotti all'1%), con rimborso a scadenza prefissata (dicembre 2012) ed
esclusione della postergazione. Decorso il termine di durata del finanziamento, il socio ne
chiedeva la restituzione alla società, ricevendo tuttavia un rifiuto. Il socio, che nel
frattempo per effetto della mancata sottoscrizione di un aumento di capitale perdeva la
propria partecipazione e dunque lo status di socio, depositava ricorso monitorio per
ottenere il pagamento della somma oggetto del finanziamento. Avverso il decreto,
puntualmente concesso, la società presentava opposizione ed eccepiva l'inesigibilità del
credito in base alla disciplina dei finanziamenti soci nella s.r.l., sussistendo i presupposti
della postergazione prevista dall'art. 2467 cod. civ., stante la situazione economica della
società sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta
di restituzione. Il socio convenuto opposto rilevava l'inapplicabilità della disposizione sia
per la perdita della qualità di socio al momento della richiesta di rimborso, sia per la
pretesa mancanza dei presupposti economici di applicazione della disciplina in parola.
La decisione – Il Tribunale di Milano, con una decisione che si segnala per l'importanza
pratica dei temi trattati, accoglie l'opposizione della società, revocando il decreto ingiuntivo
opposto. Il Collegio milanese ritiene, infatti, in ordine al primo quesito, che la condizione di
inesigibilità del credito possa essere eccepita anche nei confronti del socio che, in epoca
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successiva al versamento, abbia perso tale status: come già sostenuto in un proprio
precedente (Trib. Milano, 15.01.2014, ord., R.G. n. 61577/2012, reperibile sul sito di
Giurisprudenzadelleimprese.it), l'accoglimento della tesi contraria infatti contrasterebbe con la
finalità di protezione dei creditori sociali, in cui si concreta la ratio dello stesso art. 2467
cod. civ., atteso che la disciplina in esame è posta a salvaguardia delle aspettative del ceto
creditorio, e su questa non possono evidentemente incidere le vicende successive e
soggettive del socio mutuante, pena l'inaffidabilità del regime medesimo o, in altre parole,
l'inutilità dell'istituto, che si presterebbe a facili elusioni in danno di creditori e terzi.
Quanto ai presupposti di applicabilità della postergazione, il Tribunale osserva che la
finalità della postergazione è quella di sanzionare i soci che hanno eluso il rischio di
conferimento di capitale quando il soddisfacimento del loro credito vada ad alterare gli
interessi degli altri creditori (cfr. anche Trib. Milano 14.03.2014); nella motivazione in
particolare viene evidenziato che i presupposti di fattispecie (lo squilibrio finanziario)
potevano essere dedotti sia dalla circostanza della presenza di una posizione debitoria,
comprensiva di quella verso soci, superiore all'ammontare del patrimonio netto, sia dalle
comunicazioni tra amministratore e soci circa la necessità di apporti di liquidità.
Le conseguenze per la prassi – Il fenomeno del finanziamento da parte dei soci di società
sottocapitalizzate è prassi assolutamente comune nel panorama economico italiano e anche
per questo ha formato oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore con una
disciplina, i cui contorni esatti tuttavia a dieci anni dalla sua introduzione risultano ancora
di non agevole interpretazione. Per esempio, la sentenza in commento, in conformità ad
altri precedenti del Tribunale di Milano, ma in contrasto con una consistente opinione
dottrinale, ritiene non necessaria per l'applicazione della regola di postergazione la
permanenza dello status di socio fino al momento della richiesta del rimborso del
finanziamento. Tale regola si presenta particolarmente rigorosa (a tutela dei creditori), se si
considera che il socio resterà così vincolato al finanziamento effettuato, senza possibilità di
ottenerne il rimborso, anche dopo aver ceduto la propria quota di partecipazione: con la
duplice conseguenza che, per un verso, continuerà a sopportare (nei limiti del
finanziamento) il rischio di impresa, senza però beneficiare in alcun modo degli eventuali
risultati utili, e per altro verso, non potrà in alcun modo esercitare alcun controllo sulla
gestione sociale, non potendo più avvalersi del diritto di cui all'art. 2476, comma 2, cod. civ.
Ne discende che il socio finanziatore, al momento della cessione della propria quota di
partecipazione, dovrà essere particolarmente attento nel negoziare con gli acquirenti e/o
con la società anche la propria posizione creditoria, senza incorrere in violazioni di norme
imperative (tra le quali pacificamente rientra anche la disposizione dell'art. 2467 cod. civ.)
che determinerebbero inevitabilmente la nullità del negozio.
(Si ringrazia "Giurisprudenza delle imprese" per la segnalazione della sentenza in commento)
*Paolo Flavio Mondini, avvocato e professore di Diritto bancario e finanziario,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza,
Partner dello Studio Legale Mondini Rusconi,
coordinatore scientifico di "Giurisprudenza delle imprese"
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Articolo - Studio Legale Internazionale Mondini Rusconi