codice del lavoro zákoník práce 12 economicrevue Doveri del datore di lavoro in caso di risoluzione di un rapporto lavorativo Modi di estinzione e di risoluzione di un rapporto di lavoro (Tratto da: Guida giuridica) Secondo il Codice del Lavoro ci sono vari modi per risolvere un rapporto di lavoro (art. 42). Si tratta dell'accordo tra le parti, del licenziamento, della revoca senza preavviso e della revoca durante il periodo di prova. Un rapporto di lavoro a tempo determinato si estingue naturalmente allo scadere del periodo prefissato, mentre un rapporto di lavoro con uno straniero o comunque con una persona che non abbia la nazionalità ceca termina il giorno in cui scade la validità del permesso di soggiorno di tale dipendente, in seguito alla decisione di ritiro del suo permesso di soggiorno oppure il giorno in cui entri legalmente in vigore un'eventuale decisione di espulsione. Un evidente motivo di risoluzione di un rapporto di lavoro è la morte del dipendente. IT In generale questo campo di attività propria del datore di lavoro è anche quello che più di ogni altro gli apporta obblighi legali da adempiere e (sulla base del Codice del Lavoro) rispettare. Risoluzione di un rapporto di fatto Nella pratica sono frequenti i cosiddetti casi di rapporto di lavoro di fatto. Si tratta ad esempio di quelle situazioni in cui il dipendente ha tenuto nascosta l'esistenza di un suo rapporto di lavoro ed ha intrapreso una nuova occupazione. In questo caso, ai sensi dell'art. 243 § 4 del Codice del Lavoro, ci troviamo di fronte ad un rapporto di lavoro di fatto sulla base di un contratto di lavoro non valido. Nel caso in cui la non validità sia stata causata esclusivamente dal dipendente (che, ad esempio, ha tenuto nascosta l'esistenza di un rapporto di lavoro ancora in Il datore può licenziare esclusivamente per i motivi che vengono tassativamente stabiliti dal Codice del Lavoro (art. 46). Secondo il Codice del Lavoro ci sono vari modi per risolvere un rapporto di lavoro (art. 42). Si tratta dell'accordo, del licenziamento, della revoca senza preavviso e della revoca in periodo di prova. 33 34 economicrevue 12 vigore), il datore di lavoro non avrà nei suoi confronti tutti quegli obblighi che altrimenti gli derivano da un rapporto di lavoro stipulato in maniera valida. Il datore di lavoro è naturalmente obbligato ad accordare al dipendente il compenso rispondente al lavoro per lui realmente effettuato, mentre l'eventuale insorgere di altri obblighi dipende invece dalle circostanze concrete di ogni caso. L'obbligo per il datore di lavoro di pagare un compenso per il lavoro straordinario o altre voci salariali non può venir meno però neppure in seguito a una sua decisione unilaterale di diminuire l'orario lavorativo. In certi casi un rapporto di lavoro di fatto continua ad essere valido anche dopo essere stato scoperto. Se il dipendente ottiene poi una conclusione regolare di quel rapporto di lavoro la cui esistenza era di ostacolo alla validità del secondo rapporto di lavoro e se egli continua quindi a lavorare ancora per il nuovo datore di lavoro, è possibile presupporre che si sia tacitamente giunti alla stipula di un nuovo contratto. Estinzione di un rapporto di lavoro stipulato a tempo determinato Fin dallo stesso concetto di "rapporto di lavoro stipulato a tempo determinato" emerge che tale rapporto di lavoro deve essere sostanzialmente a breve termine, stabilito soprattutto per un periodo temporalmente circoscritto. Nel caso in cui un rapporto di lavoro sia stato stipulato per un periodo di tempo concreto, allo scadere di tale periodo il rapporto di lavoro in questione avrà termine senza ulteriori iniziative giuridiche (art. 56). Non esiste infatti alcun periodo di tutela, come accade invece per il licenziamento. Se però, una volta terminato il periodo pattuito, il dipendente continua nel suo lavoro e il datore di lavoro ne è a conoscenza, il rapporto di lavoro a tempo determinato diventa automaticamente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Nel caso in cui una delle parti voglia interrompere un rapporto di lavoro stabilito a tempo determinato prima dello scadere del tempo previsto, essa potrà servirsi di tutte le forme che normalmente risolvono un rapporto di lavoro (accordo, licenziamento e revoca senza preavviso), così come sono regolate dal Codice del Lavoro. codice del lavoro zákoník práce Revoca di un rapporto di lavoro durante il periodo di prova Se nel contratto di lavoro è stato pattuito un periodo di prova, durante il suo corso il datore di lavoro può in qualunque istante rescindere, per iscritto ma senza doverne specificare i motivi, tale rapporto di lavoro. Eccetto che per la forma scritta il Codice del Lavoro non stabilisce altre limitazioni. In un periodo di prova è pertanto possibile, ad esempio, rescindere un rapporto di lavoro con una dipendente incinta o con un dipendente in malattia. Come già detto, la rescissione del contratto dovrebbe avvenire per iscritto, ma una rescissione orale è ugualmente valida. Un datore di lavoro che abbia deciso di rescindere un rapporto di lavoro durante il periodo di prova dovrebbe di regola mettere a conoscenza l'altra parte con almeno tre giorni di anticipo. Accordo di fine-rapporto lavorativo Per risolvere un rapporto di lavoro tramite accordo è necessario (art. 43 del Codice del Lavoro) che entrambe le parti, ovvero dipendente e datore di lavoro, concordino per iscritto di porre termine al loro rapporto giuridico-lavorativo (la proposta di porvi termine può venire tanto dal dipendente quanto dal datore) e si accordino sulla data di cessazione del rapporto. Tale accordo deve avere forma scritta (un accordo orale non è valido e equivale invece a una violazione degli obblighi previsti dalla legge. Per questo può essere causa di grandi complicazioni nel caso di eventuali rivendicazioni dei diritti giuridico-lavorativi). Nel caso in cui il dipendente richieda che nell'accordo venga riportato il motivo che ha condotto alla fine del rapporto di lavoro, ciò deve essergli concesso (la regola non vale nel caso contrario, ovvero nel caso in cui a farne richiesta sia il datore di lavoro). L'accordo di cessazione del rapporto lavorativo può essere stipulato in un qualunque momento del rapporto di lavoro, ovvero anche nel caso in cui il dipendente sia ammalato oppure sia una donna che provveda costantemente alle cure di un bambino al di sotto dei tre anni, oppure ancora in cui il dipendente abbia una capacità lavorativa distinta. Il Codice del Lavoro parte dal presupposto che un accordo è espressione della libera volontà di entrambe le parti, le quali si rendono pienamente conto dei risultati codice del lavoro zákoník práce delle loro azioni. Non c'è quindi bisogno che per i dipendenti venga adottata una tutela particolare come nei casi in cui un rapporto di lavoro termini per volontà di una parte soltanto, cioè del datore di lavoro contro la volontà del dipendente. L'accordo per la cessazione del rapporto lavorativo va stipulato per iscritto, tuttavia è valido anche un accordo concluso oralmente. In quest'ultimo caso bisogna però preventivare che in seguito potrebbero insorgere dei fastidi derivanti dall'eventuale esigenza di dimostrare il contenuto dell'accordo. E ciò soprattutto in caso di cessazione imputabile a cambiamenti nell'organizzazione, quando ai dipendenti spettino alcuni vantaggi giuridico-lavorativi (ad esempio la buonuscita). Un requisito necessario dell'accordo è la specificazione della data in cui il rapporto di lavoro avrà termine. Il caso più frequente è quello in cui il periodo della fine del rapporto di lavoro viene determinato da un giorno di calendario. E questo è anche il modo più semplice e preciso di determinare il giorno. Nel caso in cui venga invece impiegato un diverso modo di determinazione (ad esempio se la data è collegata ad un certo avvenimento oppure ad una condizione di rescissione del contratto), esso deve essere tale da non dare adito a dubbi. Rescissione senza preavviso del rapporto di lavoro Questo modo di porre termine al rapporto di lavoro viene definito dal Codice del Lavoro come "eccezionale" (art. 53). Il Codice distingue i motivi per cui il rapporto di lavoro può essere rescisso senza preavviso dal datore di lavoro da quelli per cui a rescinderlo può essere il dipendente (art. 54). Il datore può rescindere un rapporto di lavoro senza preavviso nel caso in cui il suo dipendente sia stato condannato con sentenza definitiva per un'azione penale premeditata a una pena incondizionata detentiva più lunga di un anno. Nel caso in cui però il dipendente sia stato condannato per un'azione penale premeditata commessa durante lo svolgimento delle mansioni lavorative oppure in dipendenza diretta da esse, allora per la rescissione senza preavviso sarà sufficiente la condanna ad una pena incondizionata con la privazione della libertà per almeno dodici mesi. Il datore di lavoro può rescindere senza preavviso un rapporto di lavoro anche qualora il dipendente abbia violato, soprattutto se in modo gravissimo, la disciplina del lavoro (si sia cioè in presenza del massimo livello di violazione della disciplina del lavoro). Non appena il datore di lavoro si renda conto di una violazione gravissima della disciplina del lavoro, dovrebbe agire il più velocemente possibile. Il rapporto lavorativo può essere infatti da lui rescisso solo entro un mese a partire dal giorno in cui sia venuto a conoscenza di tale violazione, e in ogni caso al più tardi entro un anno a partire dal giorno in cui tale violazione si sia verificata. Con una dipendente in stato interessante oppure con una dipendente o con un dipendente che da soli provvedano alle cure costanti di un bambino durante i primi tre anni della sua vita non è possibile rescindere senza preavviso il rapporto di lavoro. Il datore può soltanto licenziare questi dipendenti (eccezion fatta per una dipendente in maternità). Perché la fine di un rapporto di lavoro tramite rescissione senza preavviso sia valida, valgono delle severe regole giuridiche che, se 12 economicrevue non rispettate, portano come conseguenza l'invalidamento della rescissione senza preavviso (art. 55 del Codice del Lavoro). Si tratta soprattutto della forma scritta, della precisa specificazione del motivo, della rescissione senza preavviso e della consegna nei termini previsti all'altra parte. Il motivo della rescissione senza preavviso non può essere dopo di ciò cambiato. Recesso da un rapporto di lavoro tramite licenziamento generico Il recesso da un rapporto di lavoro sia tramite dimissioni da parte del dipendente che tramite licenziamento da parte del datore di lavoro si distingue in modo sostanziale dal recesso da un rapporto di lavoro tramite accordo, poiché si tratta di un'azione unilaterale messa in atto nei confronti dell'altro da un partecipante soltanto al rapporto giuridico. Poiché tale azione unilaterale spesso conduce alla fine del rapporto giuridico-lavorativo con l'altro partecipante contro la sua volontà, il Codice del Lavoro stabilisce delle regole molto severe cui è necessario attenersi affinché il licenziamento o le dimissioni siano valide (art. 44 del Codice del Lavoro). Questo tipo di dimissioni o di licenziamento devono essere innanzi tutto comunicati debitamente affinché sia del tutto chiaro quale azione giuridica vuole mettere in atto la parte in causa. Nella pratica incontriamo molto spesso un'azione identificata come "licenziamento/dimissioni per accordo", che è del tutto incomprensibile e non ha validità alcuna nelle sue conseguenze. La lettera di licenziamento/dimissioni deve essere consegnata all'altra parte; in caso contrario non ha valore. Per consegna (art. 266a del Codice del Lavoro) si intende una consegna reale all'altro partecipante, ovvero per il dipendente si intende una consegna personale, mentre, di regola, per il datore vale la consegna a un superiore oppure all'ufficio di smistamento del datore. E' opportuno farsi convalidare la consegna, ad esempio su una copia della lettera di licenziamento/dimissioni. Gli effetti del licenziamento o delle dimissioni, vale a dire la fine del rapporto di lavoro, non entrano in vigore immediatamente bensì solo allo scadere di un determinato periodo, definito come "periodo di licenziamento/dimissioni" (art. 45 del Codice del Lavoro). Nella pratica i partecipanti al rapporto di lavoro spesso sbagliano perché uno di loro consegna la cosiddetta lettera di "licenziamento/dimissioni in un'ora" oppure di "licenziamento/ dimissioni all'istante". La rescissione di un rapporto di lavoro senza alcun tipo di proroga, ovvero all'istante, è però un istituto giuridicolavorativo completamente diverso dal licenziamento e dalle dimissioni. Intervallo di tempo tra il preavviso di licenziamento/dimissioni e la la loro decorrenza L'intervallo di tempo tra il preavviso di licenziamento/dimisssioni e la loro decorrenza è collegato alla consegna della lettera di licenziamento/dimissioni all'altra parte e inizia a partire dal primo giorno del mese che segue quello in cui la lettera di licenziamento/dimissioni è stata consegnata (ad esempio il periodo di licenziamento/dimissioni per una lettera consegnata il 28 aprile inizia a decorrere a partire dal 1 maggio, mentre il periodo di licenziamento/dimissioni per una lettera consegnata in data 1 marzo inizia a decorrere a partire dal 1 aprile). 35 economicrevue 36 12 Questo intervallo ha la stessa durata, indipendentemente dal fatto che a presentarne richiesta sia stato il dipendente o il datore di lavoro, e corrisponde a due mesi (in caso di licenziamento in base all'art. 46 lettere a-c – si veda oltre – equivale invece a tre mesi). Se pertanto il preavviso di licenziamento/dimissioni è stato presentato in data 15 marzo, l'intervallo inizierà a decorrere a partire dal 1 aprile e il rapporto di lavoro avrà fine in data 31 maggio (o, per il licenziamento in base all'art. 46 § 1 lettere a-c, in data 30 giugno). Licenziamento da parte del datore di lavoro Il datore può licenziare esclusivamente per i motivi che vengono tassativamente stabiliti dal Codice del Lavoro (art. 46). Nella lettera di licenziamento deve essere riportata concretamente la ragione del licenziamento. Non basta limitarsi a riportare semplicemente il numero della relativa disposizione del Codice del Lavoro. Un licenziamento che si basi su una qualsiasi altra ragione rispetto a quelle stabilite dal Codice del Lavoro oppure che non sia motivato affatto non è valido e, in caso di contenzioso giudiziario, il datore non ha nessuna speranza reale di successo. Inoltre non è possibile cambiare il motivo di un licenziamento in un secondo momento. Nella pratica può accadere che chi ha licenziato qualcuno cambi idea e voglia ritirare la lettera di licenziamento già consegnata. Tale procedura è possibile, ma soltanto nel caso in cui l'altro partecipante sia d'accordo. Questo cosiddetto ritiro del preavviso di licenziamento deve essere anch'esso fatto, così come la lettera di licenziamento, per iscritto; anche il consenso dell'altro partecipante a questa procedura deve essere confermato per iscritto. Motivi di licenziamento da parte del datore di lavoro Motivi organizzativi Si tratta del licenziamento per le ragioni riportate all'art. 46 § 1 lettere a-c del Codice del Lavoro: chiusura o trasloco del datore di lavoro e altri cambiamenti organizzativi, superfluità o eccedenza del dipendente, ecc. Le ragioni si fondano su circostanze base che riguardano il datore di lavoro (ad esempio il datore annulla la licenza imprenditoriale, cambia la sua sede, una parte della sua proprietà - un'officina oppure un esercizio - passa ad un altro datore la cui attività imprenditoriale non consente di impiegare oltre il dipendente sulla base del contratto di lavoro, ecc.). Il Codice del Lavoro introduce le ragioni relative al licenziamento per cambiamenti organizzativi nell'art. 46 § 1. Attualmente nella pratica la forma di licenziamento più frequente dovuta a cambiamenti organizzativi è collegata alla superfluità del dipendente. La condizione necessaria per applicare ad un licenziamento il motivo della riduzione dello staff dei dipendenti al fine di aumentare l'efficacia del lavoro oppure per introdurre cambiamenti di altro tipo nell'organizzazione è la superfluità del dipendente. Di superfluità possiamo parlare soltanto nel caso in cui il datore non abbia alcuna possibilità di impiegare oltre il dipendente nelle codice del lavoro zákoník práce mansioni pattuite nel contratto di lavoro. Le cause non devono trovare necessariamente fondamento nella sua persona (ad esempio l'incapacità di adempiere alle mansioni pattuite o la violazione della disciplina del lavoro), bensì possono anche consistere nel fatto che il datore di lavoro o non avrà più bisogno del lavoro del dipendente in questione in senso assoluto oppure ne avrà ancora bisogno ma non più nella quantità originale. Il dipendente sarà superfluo soprattutto nel caso in cui il datore di lavoro diminuirà il numero complessivo dei dipendenti. Il Codice del Lavoro non stabilisce dei criteri vincolanti per la scelta dei dipendenti con i quali sciogliere il rapporto di lavoro tramite licenziamento. Anche se si tratta di una diminuzione del numero complessivo dei dipendenti, la superfluità non si manifesta necessariamente in tutti gli ambiti dell'attività del datore; per questa ragione non è possibile licenziare un dipendente qualsiasi, bensì solo quello la cui attività lavorativa diventa per il datore di lavoro superflua. Oltre a ciò il datore di lavoro non è legato da nessun'altra limitazione legale su quale dei dipendenti possa essere licenziato. Lo scioglimento di un rapporto di lavoro per superfluità non deve essere però condizionato da una riduzione in senso assoluto del numero dei dipendenti. Ci si può giungere anche in caso di aumento del loro numero. Infatti per il datore di lavoro non è importante unicamente il numero dei dipendenti bensì anche la loro composizione dal punto di vista della professione e della qualifica. Non è pertanto da escludere che durante cambiamenti a livello organizzativo, in caso di insufficienza di dipendenti per una certa professione oppure di una certa qualifica, un datore possa da una parte assumere nuovi impiegati ed accrescere il loro numero mentre, contemporaneamente, possa avere un'eccedenza di dipendenti di un'altra professione oppure in un altro settore di attività lavorativa. La superfluità del dipendente è la condizione della validità del licenziamento dal rapporto lavorativo e in caso di controversia giudiziaria il datore di lavoro deve dimostrare di essersi attenuto a tale condizione. Oltre a ciò i tribunali non verificano invece perché, fra più dipendenti superflui, la scelta sia ricaduta su un impiegato piuttosto che su un altro: a decidere a questo proposito è infatti il solo datore di lavoro. Un'ulteriore condizione dell'impiego di tale motivo di licenziamento è che la superfluità sia in relazione di causa con i cambiamenti negli obiettivi del datore di lavoro, nel suo corredo tecnico oppure con altri cambiamenti organizzativi, ad esempio in conseguenza della fusione di varie strutture del datore oppure della sua decisione di ridurre lo staff al fine di aumentare l'efficacia del lavoro. In ogni caso si deve trattare di cambiamenti organizzativi all'interno dell'organizzazione del datore di lavoro, cambiamenti che nelle loro conseguenze riguardano il numero necessario di impiegati. Non esisterebbe invece alcun motivo di licenziamento qualora in una sede lavorativa avessero luogo dei cambiamenti interni a livello organizzativo ma il datore di lavoro volesse rescindere il suo rapporto di lavoro con un dipendente appartenente ad una sede lavorativa completamente distinta (o a un diverso luogo d'esercizio) oppure con un dipendente svolgente mansioni che non sono in nessun rapporto con i cambiamenti in corso. Per tale motivo il datore di lavoro non può licenziare neppure qualora la superfluità abbia avuto origine non in conseguenza di misure organizzative interne, bensì per l'assunzione di nuovi dipendenti. E a nulla servirebbero la sua obiezione o motivazione che i nuovi assunti vantano una qualifica maggiore, o simili. Qui si potrebbe invece piuttosto prendere in considerazione codice del lavoro zákoník práce il licenziamento per inadempienza delle premesse stabilite o delle richieste riposte sullo svolgimento del lavoro, ma in ogni caso non il motivo del licenziamento per superfluità. Motivi di salute Si tratta di motivi di salute da parte del dipendente. Perché sia possibile in questo caso licenziare un dipendente c'è bisogno di un referto medico oppure della decisione dell'organo competente dell'amministrazione sanitaria statale. Il parere medico oppure la decisione devono dichiarare esplicitamente che il dipendente ha perso per un lungo periodo di tempo la capacità di adempiere al lavoro svolto fino a quel momento. Inadempienza delle premesse oppure delle richieste fatte sul lavoro richiesto Le "premesse" delle quali si parla nel motivo di questo licenziamento sono stabilite da norme giuridiche. Si tratta ad esempio dell'abilitazione alla guida come premessa per lo svolgimento della professione di autista oppure dell'esame speciale per poter svolgere la professione di elettricista. Se il dipendente ha perduto tali premesse (ad esempio gli è stata ritirata la patente di guida) oppure non le ha mai adempiute (ad esempio non ha passato l'esame necessario), il datore di lavoro può fare uso di tale motivo di licenziamento. In questa disposizione, per "richieste" si intendono invece le richieste fatte su un lavoro concreto. Tali richieste non sono stabilite da norme legali e normalmente a definirle è il datore di lavoro stesso. Si tratta ad esempio dell'abilità organizzativa richiesta alla segretaria del direttore oppure delle buone capacità espressive per un lettore, ecc. Se, senza colpa alcuna del datore di lavoro, il dipendente non adempie tali richieste e tale inadempienza ha come conseguenza dei risultati lavorativi insoddisfacenti, l'inadempienza delle richieste può essere impiegata come motivo del licenziamento. E' però assolutamente necessario che il datore di lavoro avverta il dipendente degli insoddisfacenti risultati lavorativi per iscritto (e concretamente) e che contemporaneamente stabilisca per iscritto un termine adeguato per l'eliminazione di tali inadempienze. Nel caso in cui il dipendente nel periodo stabilito non elimini le inadempienze attribuitegli, sarà possibile per tale motivo licenziarlo, e ciò nel corso dei dodici mesi a partire dall'avvertimento di cui sopra. 12 economicrevue Violazione della disciplina del lavoro (art. 46 § 1 lettera f del Codice del Lavoro) Tale situazione comprende complessivamente tre casi distinti, ovvero: il caso in cui è possibile sciogliere un rapporto di lavoro all'istante, ovvero quello in cui il dipendente, per un'azione penale premeditata, sia stato condannato ad una pena incondizionata detentiva oppure quello legato a una violazione gravissima della disciplina del lavoro una grave violazione della disciplina del lavoro una violazione meno grave ma sistematica della disciplina del lavoro. Di tale motivo si può fare però impiego solo qualora negli ultimi sei mesi il dipendente sia stato avvisato della possibilità di essere licenziato in relazione alla violazione della disciplina del lavoro. Tale avviso dovrebbe esser approntato per iscritto per una futura esibizione in caso di contenzioso giudiziario. Cosa sia in realtà una violazione gravissima della disciplina del lavoro, cosa debba esser definito come grave e cosa come meno grave bisogna giudicarlo sempre in base alle circostanze del caso concreto. Come violazione meno grave della disciplina del lavoro va ad esempio considerato l'arrivo in ritardo al lavoro, come grave violazione alla disciplina del lavoro si può ad esempio considerare l'uso di alcolici sul luogo di lavoro, mentre come violazione gravissima alla disciplina del lavoro si considera ad esempio l'aggressione fisica a colleghi oppure al datore si lavoro. In base alla prassi dei tribunali, una violazione sistematica della disciplina del lavoro si ha quando si è giunti a violare la disciplina del lavoro per almeno tre volte, laddove fra i singoli casi esista una dipendenza temporale e sia al tempo stesso chiaro che il dipendente non abbia intenzione di rispettare la disciplina del lavoro neppure in futuro. Nel caso in cui il datore voglia sciogliere un rapporto di lavoro tramite licenziamento per violazione della disciplina del lavoro oppure per motivi per cui sia possibile rescindere il rapporto all'istante, egli deve attenersi ai termini stabiliti dal Codice di Lavoro. 37 economicrevue 38 12 Così è possibile licenziare qualcuno entro due mesi a partire dal giorno in cui il datore di lavoro sia venuto a conoscenza della violazione della disciplina del lavoro, al massimo però entro un anno a partire dal giorno in cui tale violazione si è verificata. Se ad esempio il dipendente ha violato la disciplina del lavoro il giorno 20/03/2001, il datore può presentargli la lettera di licenziamento per grave violazione della disciplina del lavoro entro il 25/04/2001, ovvero entro un mese a partire dal giorno in cui è venuto a conoscenza di tale violazione. Nel caso in cui, ad esempio, di tale violazione venisse a conoscenza il 20/04/2002, non potrebbe più licenziarlo poiché il termine di un anno sarebbe già scaduto. La malattia tutela dal licenziamento? In base alla disposizione dell'art. 48 del Codice del Lavoro, il datore non può licenziare il dipendente: nel periodo in cui quest'ultimo sia riconosciuto come temporaneamente inabile al lavoro per malattia o per incidente, nel caso in cui tale inabilità non sia stata da lui provocata né causata in stato di ubriachezza, oppure nel periodo successivo alla richiesta di ricovero ospedaliero o in istituti di cura oppure al permesso di cure termali e fino al giorno della loro conclusione, durante la prestazione di servizio presso le Forze Armate, a partire dal giorno in cui al dipendente sia stato consegnato l'ordine di prendere servizio oppure in cui sia stato reso pubblico un decreto contente un ordine di servizio collettivo, e fino allo scadere delle due settimane successive al suo congedo da tale servizio, nel periodo in cui il dipendente sia stato lasciato completamente libero per lo svolgimento di una funzione pubblica (ad esempio come membro del consiglio municipale, di un organo legislativo, ecc.), nel periodo in cui una dipendente sia gravida oppure in cui una dipendente sola oppure un dipendente solo abbia in cura permanente almeno un bambino di età inferiore ai tre anni. codice del lavoro zákoník práce Il divieto di licenziamento non vale però in certi casi (art. 49 del Codice del Lavoro). E' infatti possibile licenziare anche quei dipendenti riportati nell'art. 48 § 1 del Codice del Lavoro (ovvero nel periodo di inidoneità al lavoro, durante il servizio militare, in gravidanza, ecc.) qualora si tratti di un licenziamento per motivi di cambiamenti organizzativi (art. 46 lettere a, b del Codice del Lavoro) ed inoltre per motivi per i quali sia possibile rescindere all'istante un rapporto di lavoro. Ai suddetti dipendenti è possibile anche presentare il licenziamento per una violazione di altro tipo della disciplina del lavoro (art. 48 § 1 lettera f del Codice del Lavoro), nel caso in cui non si tratti di dipendente in gravidanza oppure di dipendente solo (uomo o donna che sia) che abbia in cura permanente un bimbo di età inferiore ai tre anni. Consenso dell'Ufficio del lavoro Il dipendente la cui capacità lavorativa è cambiata viene tutelato dal Codice del Lavoro in maniera molto decisa poiché è possibile licenziarlo solo qualora l'Ufficio del lavoro competente abbia precedentemente espresso il proprio consenso. Senza tale consenso a priori il licenziamento del dipendente non è valido. Per i dipendenti con una capacità lavorativa cambiata che hanno più di 65 anni oppure nel caso in cui i motivi del licenziamento siano quelli contemplati all'art. 46 § 1 lettere a, b, f del Codice del Lavoro, è però possibile licenziare anche a prescindere da tale consenso (art. 50 del Codice del Lavoro). Una nuova occupazione adatta In relazione ai motivi del licenziamento bisogna ancora parlare dei casi in cui il periodo di licenziamento ha fine solo quando il datore di lavoro assicura realmente al dipendente una nuova occupazione adatta (ciò significa magari anche allo scadere dei due o dei tre mesi). Si tratta dei casi di licenziamento contemplati dall'art. 46 § 1 lettera c del Codice del Lavoro in relazione ad una dipendente oppure a un dipendente soli che abbiano la cura permanente di un bambino di età inferiore ai 15 anni, oppure di un dipendente codice del lavoro zákoník práce divenuto disabile che non percepisca la pensione; inoltre in caso di licenziamento di un dipendente che non possa svolgere un lavoro per la minaccia di una malattia che gli deriva da tale lavoro oppure per il fatto di avere raggiunto la più elevata esposizione ammissibile. In tali casi il periodo di licenziamento ha termine solo quando il datore di lavoro non assicuri di fatto una nuova occupazione adatta, a meno che il dipendente non si accordi diversamente con il datore di lavoro (art. 47 § 2). Nel caso in cui però il dipendente non voglia passare alla differente occupazione adatta che il datore di lavoro gli ha offerto prima del licenziamento oppure nel caso in cui rifiuti il nuovo posto assicurato dal datore senza alcuna buona ragione, allora il datore non ha più l'obbligo di garantirgli un posto di lavoro e la fase del pre-licenziamento ha fine. La validità del licenziamento a conclusione di un rapporto di lavoro è sempre condizionata dall'adempimento degli obblighi che emergono per il datore di lavoro sulla base dell'art. 46 § 2 del Codice del Lavoro. Un licenziamento per superfluità può essere valido solo qualora il datore non abbia la possibilità di impiegare oltre il dipendente nel posto che era stato contrattato come posto di svolgimento del lavoro oppure nel luogo del proprio domicilio, e non possa impiegarlo neppure dopo un corso di formazione. Tale obbligo sarebbe adempiuto però anche qualora il dipendente non fosse in grado di passare ad una nuova occupazione adatta oppure di sottoporsi a un corso di formazione (ad esempio una riqualificazione). Affinché il licenziamento avanzato dal datore sia valido, esso deve adempiere alle condizioni stabilite dalla legge. In base all'art. 46 § 2 del Codice del Lavoro, fra queste rientra anche l'offerta di un nuovo lavoro adeguato. Ai sensi dell'art. 37 § 5 del Codice del Lavoro, per nuovo lavoro adeguato per il dipendente s'intende un'occupazione che sia rispondente allo stato di salute, alle capacità e, per quanto possibile, alla qualifica del dipendente. Dal fatto che il nuovo lavoro adeguato debba corrispondere per quanto possibile anche alla qualifica del dipendente bisogna dedurre che tale lavoro deve essere inteso innanzi tutto come lavoro precisamente rispondente alla qualifica del dipendente, solo dopo (nel caso in cui un posto di lavoro precisamente rispondente alla qualifica del dipendente non sia libero) come lavoro che risponda per quanto possibile alla qualifica del dipendente e solo da ultimo (nel caso in cui non sia libero neppure un posto che corrisponda per quanto possibile alla qualifica del dipendente) come lavoro per il quale non sia richiesta nessuna qualifica particolare. Perciò per lavoro adeguato è possibile eventualmente considerare anche un lavoro per cui la qualifica del dipendente non sia utilizzata a pieno. Naturalmente non è un'occupazione adatta quel lavoro che un dipendente non è in grado di adempiere a causa del suo stato di salute, per le sue capacità limitate oppure per una qualifica insufficiente (nel caso in cui tale qualifica non possa essere raggiunta attraverso un corso di formazione). In base alla decisione della Corte Suprema n. R 71/75, il datore di lavoro ha l'obbligo di offrire al dipendente solo quel posto di lavoro per il quale il dipendente assolva le premesse stabilite dalle norme giuridiche ed eventualmente le richieste che sono condizione necessaria per lo svolgimento del suo lavoro. A un dipendente non può essere offerto un posto di lavoro che sia per lui causa di un nuovo motivo di licenziamento. 12 economicrevue Modo di procedere del dipendente in caso di licenziamento collettivo La nuova disposizione all'art. 52 del Codice del Lavoro prevede che, a partire dal 1 gennaio del 2001, il datore di lavoro realizzi sempre una procedura di trattative per un licenziamento collettivo, anche nel caso in cui non sia attiva alcuna organizzazione sindacale o in cui non sia stato disposto alcun consiglio dei dipendenti. Gli obblighi riportati in tale disposizione, ovvero di informare e trattare, devono essere adempiuti dal datore nei confronti di tutti i dipendenti. Il datore di lavoro può licenziare un dipendente per le ragioni riportate nel Codice del Lavoro (in questo caso all'art. 46 § 1 lettere a-c ) solo se tali ragioni esistono al momento del licenziamento. Il dovere del datore di informare i sindacati oppure il consiglio degli impiegati si relaziona al periodo che precede la consegna della lettera di licenziamento ai dipendenti. Pertanto non è di nessuna importanza che si sia già deciso in merito a un cambiamento organizzativo. Il datore di lavoro deve badare a che gli effetti delle misure organizzative previste avvengano in modo che, in caso di licenziamento collettivo, egli adempia a tutti i suoi obblighi, così come gli viene richiesto dalla legge. Modo di procedere del datore di lavoro: a) informa l'organo sindacale competente oppure il consiglio dei dipendenti per tempo, ovvero al più tardi entro i 30 giorni di calendario precedenti al momento della consegna della lettera di licenziamento agli impiegati da licenziare. Se il datore di lavoro vuole ad esempio porre termine all'attività del suo esercizio in data 31 gennaio, allora l'ultimo giorno utile per consegnare la lettera di licenziamento (per i cambiamenti organizzativi il periodo di licenziamento corrisponde a tre mesi) è il 31 ottobre. L'informazione deve essere quindi fornita al più tardi entro il 30 settembre. b) dà avvio alle trattative con i rappresentanti dei dipendenti. Il contenuto delle trattative non è stabilito dalla legge. Vengono discusse le misure organizzative pensate. L'oggetto delle trattative deve essere dato dal datore di lavoro, il quale dovrebbe al tempo stesso proporre un termine per il loro avvio c) riguardo alle misure organizzative pensate il datore di lavoro informa contemporaneamente anche l'Ufficio del lavoro competente, affinché possa accertare sul mercato del lavoro le misure necessarie. Nell'informazione dovrebbe riportare i motivi delle misure organizzative, il numero complessivo dei dipendenti, il numero e la struttura dei dipendenti che verranno toccati dalle misure organizzative, ecc. Tali informazioni vengono comunicate all'Ufficio del lavoro contemporaneamente all'avvio della procedura delle trattative di licenziamento collettivo d) il datore informa l'Ufficio del lavoro riguardo ai risultati delle trattative con i dipendenti. Nel rapporto riporta il numero complessivo dei dipendenti che la disposizione riguarderà ed altre notizie relative al licenziamento dei dipendenti e ai cambiamenti organizzativi e) agli impiegati licenziati la lettera di licenziamento può essere consegnata dal datore solo dopo 30 giorni a partire dalla consegna del rapporto scritto all'Ufficio del lavoro. 39 40 economicrevue codice del lavoro zákoník práce 12 Referenza sull’attività lavorativa (art. 60 § 1 del Codice del Lavoro) Fra gli obblighi dei datori di lavoro rientra anche l'approntamento di una referenza sull'operato lavorativo di quel loro dipendente che aspiri a un'occupazione presso un'altra impresa, industria, ufficio o privato. La referenza deve contenere solo le notizie che riguardano l'attività lavorativa oppure che sono direttamente collegate ad essa. Così ad esempio il comportamento di un dipendente sul luogo di lavoro e la sua vita familiare sono notizie della sfera del privato che non devono avere posto in una referenza lavorativa, a meno che non esista una dipendenza diretta fra una tale notizia e lo svolgimento dei doveri lavorativi. Sono referenze lavorative tutti quei testi scritti che riguardino la valutazione del lavoro del dipendente, la sua qualifica, le sue capacità e le altre realtà che hanno un rapporto con l'esercizio della professione. Oltre a ciò ai dipendenti viene data un'altra garanzia: nel caso in cui un datore di lavoro dia informazioni su un lavoratore, esso ha l'obbligo di farlo esclusivamente con il consenso di quest'ultimo. La referenza sull'attività lavorativa viene emessa dal datore solo su richiesta del dipendente. Attestato di impiego (foglio paga) (art. 60 § 2 del Codice del Lavoro e art. 3 del decreto legislativo n. 461/2000) Oltre alle informazioni sulla professione, al tipo di lavori svolti e alle qualificazioni raggiunte, nell'attestato il datore di lavoro deve riportare ad esempio: il periodo calcolato ai fini dei contributi per malattia, il periodo di occupazione nella I e nella II categoria pensionistica, se dallo stipendio del dipendente vengono praticate le ritenute, le notizie sull'eventuale accordo di proseguire il rapporto di lavoro dopo un tempo determinato e l'ammontare del guadagno medio. Nel caso in cui al dipendente venga consegnata la lettera di licenziamento, il rapporto di lavoro si conclude alla fine dell'intervallo fra la consegna e il licenziamento vero e proprio ovvero, di regola, dopo due mesi. Dovere del datore di lavoro è quello di emettere un attestato di impiego subito dopo la fine del rapporto di lavoro (alla fine dell'intervallo) e non di aspettare fino alla fine dell'eventuale contenzioso giudiziario. Questo fatto viene sottolineato dalla seguente decisione della Corte Suprema: "Il dovere dell'organizzazione di emettere per il lavoratore un'attestato di impiego alla fine del rapporto di lavoro e l'eventuale giudizio sulla sua attività lavorativa non dipendono dal risultato del procedimento giuridico civile a proposito della nullità della fine del rapporto di lavoro bensì solo dalla fine stessa del rapporto di lavoro". Analogamente un datore di lavoro non può legare l'emissione dell'attestato a un adempimento del dipendente legato all'esistenza di realtà differenti, come ad esempio la restituzione di oggetti prestati, il rimborso di un danno causato oppure di una spesa, ecc. Buonuscita In base all'art. 60 lett. a del Codice del Lavoro alla buonuscita hanno diritto tutti i dipendenti per i quali, in seguito a cambiamenti organizzativi o a misure di razionalizzazione, si giunge allo scioglimento del rapporto di lavoro tramite lettera di licenziamento consegnata dal datore di lavoro per le ragioni riportate all'art. 46 § 1 lettere a-c del Codice del Lavoro oppure tramite accordo a partire da tali ragioni. Non hanno però diritto alla buonuscita tutti quei dipendenti licenziati da un datore per cui svolgevano un secondo lavoro oppure i cui diritti e doveri passano ad un nuovo datore di lavoro. La buonuscita corrisponde al doppio del guadagno medio e (premesso l'adempimento delle condizioni) è a questo ammontare che corrisponde la rivendicazione giuridica. Il guadagno medio viene accertato in base alle norme riportate nell'art. 17 della legge n. 1/1992 sul salario. L'emendamento al Codice del Lavoro avvantaggia però il dipendente a prescindere dal fatto che esso codice del lavoro zákoník práce lavori o meno nella sfera imprenditoriale. In un contratto collettivo oppure con un regolamento interno è possibile aumentare la buonuscita per altri multipli del guadagno medio. E' al tempo stesso possibile stabilire altre condizioni per le quali far spettare al dipendente una buonuscita più elevata. Una buonuscita più elevata può essere pattuita in un contratto collettivo oppure in un regolamento interno, ad esempio nelle organizzazioni di bilancio e nelle organizzazioni di sovvenzione, nei municipi, nelle componenti organizzative dello Stato (organi dell'amministrazione statale), ecc.. Se dalle sue funzioni viene rimosso un dirigente e il datore non ha da offrirgli nessun'altra adeguata collocazione lavorativa alternativa, tale dipendente diviene superfluo e può ricevere la lettera di licenziamento in base all'art. 46 § 1 lettera c del Codice del Lavoro. Ma in base alla disposizione all'art. 65 § 3 del Codice del Lavoro non ha alcun diritto alla buonuscita. 12 economicrevue ammontare diverso dal doppio del guadagno mensile medio e tale innalzamento non fosse collegato al perdurare dell'occupazione, dopo un certo periodo oppure ad una certa data essa non verrebbe calcolata nella base imponibile perché, di nuovo, non si tratterebbe di un adempimento per la fedeltà del dipendente o per motivi di stabilizzazione. In fin dei conti, però, non vi verrebbe calcolata neppure qualora avesse il carattere di adempimento per la fedeltà del dipendente oppure per motivi di stabilizzazione poiché la buonuscita verrebbe comunque assegnata "nell'ammontare stabilito dal Codice del Lavoro“. Prospetto delle norme che stabiliscono gli obblighi del datore di lavoro all'origine di un rapporto di lavoro e dopo la sua fine Nel caso in cui, a conclusione di un rapporto di lavoro, il dipendente cominci un nuovo impiego presso il medesimo datore di lavoro prima dello scadere del periodo stabilito sulla base della somma dei multipli dei guadagni medi dai quali era stata derivata la somma della buonuscita, egli ha l'obbligo di restituire al datore di lavoro la buonuscita oppure, proporzionalmente, parte di essa. Tale parte viene stabilita sulla base del numero dei giorni di calendario a partire dall'inizio della nuova occupazione fino allo scadere del periodo stabilito con i multipli dei guadagni medi. Per il calcolo della buonuscita nella base imponibile per il premio assicurativo per la previdenza sociale il datore di lavoro deve partire dall'ammontare della buonuscita. Il diritto a una buonuscita in una somma che sia pari all'ammontare doppio del guadagno mensile medio deriva direttamente dalla legge e non si può considerarlo come adempimento per la fedeltà del dipendente o per motivi di stabilizzazione. Per tale motivo non è possibile includere la buonuscita nella base imponibile per il premio assicurativo per la previdenza sociale. Ma anche nel caso in cui la buonuscita venisse pagata con un legge n. 589/1992, sul premio assicurativo per la Previdenza Sociale e sul contributo alla politica occupazionale dello Stato legge n. 48/1997, sull'Assicurazione Sanitaria Pubblica legge n. 592/1992, sul premio assicurativo per l'Assicurazione Sanitaria Generale legge n. 586/1992, sull'imposta sui redditi legge n. 337/1992, sull'amministrazione delle tasse e delle imposte legge n. 117/1995, sul sostegno sociale dello Stato legge n. 155/1995, sull'Assicurazione Pensionistica Codice del Lavoro legge n. 1/1991, sull'occupazione legge n. 9/1991, sull'azione degli organi della Repubblica Ceca nel settore occupazionale legge n. 101/2000, sulla tutela delle notizie sulla persona legge n. 20/1966, sulla cura e sulla salute dei cittadini legge n.. 258/2000, sulla tutela della salute pubblica decreto legislativo n. 228/2000, per stabilire la quota obbligatoria per intervenuta inabilità al lavoro decreto legislativo n. 108/1994, cui si riallacciano il Codice del Lavoro e una serie di altre leggi decreto del Ministero delle Finanze n. 125/1993, sul premio assicurativo legale per il rimborso danni per gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali 41