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ORTHOviews
Review della letteratura internazionale
LAVORO ORIGINALE
Diagnosi differenziale in fisioterapia:
caso di dolore non specifico all'arto inferiore
Dott. Filippo Zanella, fisioterapista e docente di terapia manuale (www.studiozanellafisioterapia.com)
Dott. Giovanni Carrossa, fisioterapista
Il case report è un’evidenza
aneddotica. Come tale, essa è
meno scientificamente rigorosa di studi clinici controllati. Esso però ha valore all'interno del metodo scientifico
poiché permette la scoperta
di nuove malattie e gli effetti
inattesi (negativi o positivi),
così come lo studio dei meccanismi, e gioca un ruolo
importante nella formazione
sanitaria (1).
In questo articolo verrà
descritto un case report di un
paziente il cui quadro sintomatologico ha fuorviato la
diagnosi medica, causando il
non recupero del paziente
dalla patologia; secondariamente, dopo attenta valutazione fisioterapica, è stato
possibile individuare la causa
e indirizzare il paziente a un
recupero con successo.
Anamnesi
Paziente maschio, caucasico
di 59 anni, praticante ciclismo amatoriale. Nessuna
segnalazione particolare nella
storia clinica recente del
paziente.
Da circa 15 giorni lamenta
lieve dolore (Vas = 2) in sede
coscia posteriore sinistra, ad
altezza del primo terzo distale della coscia, paramediana
interna. La sintomatologia
algica è insorta a seguito di
leggera attività fisica (ascesa
rapida delle scale) ed è andata ingravescendosi nei giorni
successivi. Non si segnala
alcun traumatismo recente.
Nei tre giorni successivi il
paziente si è rivolto al suo
medico di base che, dato il
quadro clinico, ha ipotizzato
la presenza di uno strappo
muscolare di lieve entità.
Pertanto il medico prescrive
esame ecografico dell’area
dolente e successiva vista specialista dall’ortopedico.
Esame ecografico
All'esame ecografico risulta
una “area ipoecogena da
lesione focale a 2,5 cm dall’inserzione del capo lungo
del bicipite femorale” (fig.1).
Non sono apprezzabili presenze
di
versamenti.
L'ecografista conferma la diagnosi del medico di base di
strappo muscolare di primo
grado, ove non è presente
rottura di fibre muscolari e/o
riguarda fino al 5% del
muscolo (2).
Consulto ortopedico
Il referto, presentato allo specialista ortopedico insieme al
quadro eziologico del paziente, porta alla conferma della
diagnosi. Di conseguenza
vengono prescritti riposo
relativo; assunzione di
Diclofenac sodico in cpr da
100 mg tre volte al giorno per
7 giorni; un ciclo (5 sedute)
di diatermia a trasferimento
energetico capacitivo e resistivo sull'area dolorosa.
Trascorsi 15 giorni, al termine del trattamento, il sintomo algico è aumentato, per
cui reputando non completamente efficace la terapia
effettuata, il paziente si rivolge al fisioterapista per una
valutazione complementare.
Valutazione fisioterapica
Nella prima seduta viene eseguita la diagnosi funzionale e
l’indagine
anamnestica,
durante la quale, oltre a
riportare i dati finora presentati, il paziente riferisce anche
Fig.1: ecografia nell’area dolente del paziente, la freccia indica la
sospetta lesione focale
>
nella sua anamnesi remota la
presenza di un'operazione
chirurgica a cui è stato sottoposto 43 anni prima per correggere un atteggiamento di
"piede cavo bilaterale pronunciato”. Tale operazione,
consistente in una tripla
artrodesi del gruppo astragalo-scafoide-cuboide con viti,
era una procedura abbastanza diffusa per la correzione
chirurgica del piede cavo (3).
Ciò ha provocato un blocco
completo dei movimenti dell’arco plantare, con una diminuzione del range of motion
(Rom) in dorsi-flessione di
caviglia, in parte compensata
dal gruppo osseo metatarsale.
La serendipità, nel caso clinico esaminato, è stata la rilevazione del fatto che tutta la
catena posteriore del paziente
fosse fortemente retratta,
data la limitazione alla dorsiflessione delle caviglie indotta
dall’operazione chirurgica
subita, che ne impediva uno
stretch adeguato e causava un
sovraccarico a livello della
muscolatura paravertebrale.
Il paziente non ha mai notato
tale insufficienza, data la giovane età alla quale si è sottoposto all’intervento e all’assenza di deficit funzionali
nelle normali attività quotidiane o nello sport (cammino, bici).
Registrando tale dato disfunzionale, il fisioterapista ha
osservato la cute del paziente
senza notare né alterazioni
morfologiche cutanee di
alcun tipo nell’area del
sospetto strappo, né segni di
ematomi, emorragie o ecchimosi, spesso associate a questo tipo di problematiche.
Assenti anche alla palpazione
eventuali tessuti cicatriziali,
che spesso si formano una
settimana dopo lo strappo
parziale del muscolo (4). La
palpazione leggera della
sospetta area traumatica non
produce dolore, che invece si
manifesta in forma lieve a
una pressione maggiore (Vas
= 3). Viene effettuato un test
della forza muscolare in ortostatismo secondo Kendall, dal
quale non si evidenzia alcuna
asimmetria o diminuzione di
forza rispetto all’arto controlaterale; il dolore si esacerba
in modo lieve solo se il
muscolo viene testato con
paziente in posizione prona,
senza che però vi sia cambiamento della performance
muscolare e nel Rom. Viene
quindi eseguito un test di
Lasegue, che risulta positivo,
con comparsa di dolore nella
presunta zona lesionale. La
positività di questo test è frequente nelle radicolopatie
L5-S1 (5). Per differenziare
viene effettuato anche uno
Slump test che risulta parzialmente positivo (il test provoca impingement della dura,
del midollo spinale o delle
radici nervose) (6). Se il
paziente viene sistemato
prono il dolore all’arto inferiore comincia a comparire
come fastidio, per poi
aumentare d’intensità. Se il
paziente effettua delle estensioni del tronco da prono il
dolore aumenta (test d’iperestensione lombare: positivo
per disfunzioni segmentali)
(5).
Data la positività dei test, si
ipotizza la presenza di una
patologia radicolare legata a
una problematica di protrusione discale, legata forse al
sovraccarico tensionale della
componente paravertebrale
lombare: vengono pertanto
effettuate manovre di scarico
del rachide, quali pompage
cervicale, pompage del sacro
e pompage lombare in flessione passiva degli arti inferiori, durante le quali il
paziente riferisce un lieve
miglioramento della sintomatologia. Quanto rilevato
conferma pertanto l’ipotesi
di una radicolopatia di origine discale.
Per confermare la diagnosi, al
paziente viene consigliato di
sottoporsi a una risonanza
magnetica del rachide lombare (fig. 2), nella quale si
apprezza un “prolasso del
disco intraforaminale a sinistra L3-L4”. La radice nervosa
in quel segmento è direttamente interessata (in questo
caso, è la radice L3 sinistra): il
disco sposta la radice nervosa
L3 leggermente rostralmente
e posteriormente. Oltre a
quanto rilevato in sede diagnostica, è statisticamente
anche provato che il prolasso
discale a livello L3-L4 è il più
comune (7).
Trattamento
Il paziente viene pertanto
rimandato dal medico di
base, che prescrive una terapia infiltratoria in regione
L3-L4. Parallelamente, il
paziente effettua delle sedute
di terapia di scarico del rachide attraverso pompages ed
esercizi di scarico in flessione
del rachide da supino di tipo
McKenzie. Al cessare della
sintomatologia, agli esercizi
in flessione vengono addizionati esercizi in estensione da
supino e sedute di rieducazione posturale globale.
Dopo circa 45 giorni di trattamento il paziente non
avverte più dolore e riprende
senza problemi l'attività
sportiva, con la raccomandazione di continuare gli esercizi di mantenimento.
Conclusioni
La diagnosi funzionale del
fisioterapista è una sezione
fondamentale della presa in
carico e della cura di qualunque paziente. Essa costituisce
parte non solo della seduta
fisioterapica, ma bensì di
tutto il percorso clinico, valutativo e terapeutico della persona, inteso nella sua più
completa accezione di multi-
disciplinarietà di figure professionali agenti e interagenti.
La funzione sostanziale della
diagnosi differenziale in
fisioterapia è quella di indirizzare a un trattamento riabilitativo corretto e di evitare
terapie non funzionali
oppure dannose. Il fisioterapista può combinare le sue
capacità diagnostiche con
quelle di altri specialisti e/o
con tecniche di imaging per
ottenere i risultati clinici
migliori e terapeuticamente
più efficaci.
Bibliografia
1. Kidd M, Hubbard C.
Introducing journal of medical
case reports. J Med Case Rep
2007 Feb 2;1:1.
2. Takebayashi S, Takasawa H,
Banzai Y, Miki H, Sasaki R,
Itoh Y, Matsubara S.
Sonographic findings in muscle
strain injury: clinical and MR
imaging
correlation.
J
Ultrasound
Med
1995
Dec;14(12):899-905.
3. McCluskey WP et al. The
cavovarus foot deformity.
Etiology and management.
Clin Orthop Relat Res 1989
Oct;(247):27-37.
4. Macintosh BR et al. Skeletal
muscle: form and function.
Champaign, IL: Human
Kinetics, 1996.
5. Buckup K. Clinical tests for
the musculoskeletal system:
examinations, signs, phenomena. Thieme, 2008.
6. Butler D, Gifford L. Adverse
mechanical tensions in the
nervous system. Physiotherapy
1989; 75: 622–629.
7. Wetzel FT, Hanley EN. Spine
surgery: a practical atlas. New
York, NY: McGraw Hill; 2001.
> Fig. 2: risonanza magnetica pesata in T2 del tratto lombare del paziente. Si noti il prolasso del disco intraforaminale indicato dalla freccia
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