I mercati obbligazionari domestici nell’UE
e il ruolo delle nuove agenzie di rating
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Bologna, Settembre 2015
Con la crisi finanziaria del 2007, si sono moltiplicati commenti e spiegazioni delle sue cause, così come i
tentativi di individuare rimedi che prevengano simili crisi in futuro. Tuttavia, è innegabile che in tutte le crisi
storicamente occorse nei mercati mondiali del credito, vi sia un tema di fondo: i creditori mutano parere e
perdono fiducia nelle loro stesse decisioni in precedenza adottate circa il profilo di credito dei debitori. In altre
parole, si moltiplicano i timori sulla capacità dei debitori di continuare ad onorare il servizio del debito.
Una tale reazione di creditori e obbligazionisti è logica e prevedibile. Tuttavia, si potrebbe al contrario
argomentare che in queste crisi i profili di credito di molti debitori non siano affatto mutati, e la capacità di
fondo di un debitore di onorare le proprie obbligazioni finanziarie si mantenga inalterata. Ma la sua capacità di
attingere a nuovo credito, o di rifinanziare le obbligazioni in scadenza, è ostacolata dalla generale perdita di
fiducia dei creditori. In altre parole, le crisi non sono il risultato di profili di credito necessariamente
deteriorantisi ma semplicemente di crescenti disagi, instabilità e cautela dal lato dell’offerta.
Nel contesto europeo, i decisori politici e finanziari hanno comprensibilmente preso contezza della natura di
tali shock e proposto misure per prevenirne il ripetersi. Fra queste, lo stimolo alla creazione di mercati
domestici del reddito fisso, fra i quali ricordo ExtraMOT-PRO in Italia, il Mittelstandbond (M-Bond) tedesco,
Alternext in Francia e MARF in Spagna.
Con l’istituzione di ESMA (European Securities and Markets Authority) nel 2011, le istituzioni dell’Unione
Europea hanno sancito la necessità che le agenzie di rating del credito accompagnino e sostengano
l’evoluzione dei mercati obbligazionari, e ne hanno perciò incoraggiato la creazione su base domestica o
regionale. In questo articolo, mi ripropongo di spiegare l’essenza delle preoccupazioni delle istituzioni europee
e i motivi per i quali condivido le iniziative da esse attuate.
Negli Stati Uniti, i rating del credito (o solo rating) rivestono da più di un secolo un ruolo cruciale
nell’architettura dei mercati finanziari. In Europa, invece, i rating sono un fenomeno relativamente recente.
Questo ha a che fare con la naturale evoluzione dei mercati dei capitali. Quando, nel 1909, vennero assegnati i
primi rating a titoli di debito emessi da società ferroviarie negli Stati Uniti, il sistema bancario non era
semplicemente in grado di soddisfare i volumi di danaro richiesti per quegli investimenti. Gli investitori,
incapaci di condurre analisi di credito al livello delle banche, trovarono estremamente utile avere soggetti terzi
indipendenti che offrivano opinioni sul rischio relativo dei titoli di credito emessi. In Europa, il finanziamento
del debito è sempre stato pressoché a totale appannaggio delle banche, e le emissioni obbligazionarie sono
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L’articolo, redatto da Michael L. Buneman, senior advisor di CRIF Rating Agency, è originariamente apparso su “Kredit & Rating Praxis” del
25 agosto 2015 (Edizione 4/2015).
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state, anche solo sino a pochi decenni fa, soprattutto prerogativa di governi e agenzie governative. Motivo per
il quale l’analisi di credito cadeva esclusivamente in capo alle banche finanziatrici.
Il ruolo delle agenzie di rating è cruciale, ed è quello di fornire opinioni sulla capacità degli emittenti
obbligazioni, che vengano riconosciute dai mercati come indipendenti, utili, predittive e credibili. Obiettivo di
tali opinioni è valutare il rischio d’inadempimento legato a un’obbligazione durante la sua intera durata,
attraverso l’apposizione lungo una scala di rischiosità relativa rispetto ad altre obbligazioni, e far sì che tali
opinioni accompagnino l’obbligazione in questione per tutta la sua durata e possano essere aggiornate con
regolarità per mostrare agli investitori i cambiamenti e le dinamiche del rischio ad essa connesso.
Sino ad oggi, i rating sono stati, essenzialmente, associati ai mercati del debito americani e transnazionali, e al
servizio d’investitori globali; replicare tale configurazione in mercati locali, domestici o regionali, per
assecondare la nascita dei c.d. “mini-bond”, presenta una serie di sfide. Le agenzie storiche, quali Fitch,
Moody’s e Standard & Poor’s, si sono nel tempo caratterizzate quali opinionisti principalmente per i mercati
transnazionali e istituzionali. E qui vi sono per loro importanti economie di scala. E’, tuttavia, raro che un
emittente di debito su basi non continuative (ovvero, una media o piccola impresa) trovi economicamente
conveniente avvalersi dei servizi di una di queste agenzie maggiori. Infatti, la loro configurazione di mercato è
protesa verso società che emettono debito in maniera frequente e considerevole: al crescere dell’ammontare
delle emissioni e della frequenza delle stesse, cresceranno anche i corrispettivi percepiti.
Questo stato di cose non è certamente l’ideale per quei Paesi nei quali le PMI costituiscono la stragrande
maggioranza del tessuto economico e imprenditoriale – guarda caso, il contesto geografico europeo, nel quale
le istituzioni comunitarie stanno attivando svariate soluzioni per sostenere il finanziamento delle imprese,
soprattutto in periodi di ristrettezza di credito bancario. E’ realistico che un’impresa non grande che debba
raccogliere, poniamo, €50 milioni a 5 anni una volta soltanto, debba soggiacere a condizioni economiche
analoghe a quelle corrisposte da una grande impresa, che emette ed emetterà sui mercati internazionali in
maniera continuativa e per volumi ben superiori?
Fare rating significa fornire opinioni, e la loro obiettività è ciò che gli investitori e gli altri operatori di mercato
apprezzano. E’ cosa nota che le maggiori agenzie globali sono controllate e influenzate da interessenze
nordamericane; quando hanno a che fare con emittenti europei, esse presentano tali caratteristiche come
garanzia primaria della loro obiettività. Per contro le PMI, così fortemente radicate nelle economie locali,
possono ritenere che un’opinione maggiormente influenzata da valutazioni nazionali fornisca una base più
appropriata di valutazione del loro merito di credito. Effettivamente, una tale impostazione può essere
tranquillamente condivisa anche dagli investitori domestici.
Un’ulteriore, importante, caratteristica dei mercati finanziari internazionali è che i primi emittenti,
temporalmente parlando, di debito sul mercato sono, di norma, quelli caratterizzati da profilo di rischio più
mitigato. E’ assai probabile che le agenzie che assegnano rating a questi emittenti, formulino opinioni che si
situano sulla parte alta della scala di rating, con questo penalizzando gli emittenti a profilo di credito inferiore.
E’ una questione di prospettiva. Da un’agenzia domestica si ci attende una profonda conoscenza delle
dinamiche di rischio di qualsiasi settore del paese in cui opera e dunque che presenti, per ogni settore, l’intero
spettro di rischio relativo. Per contro, il punto per le agenzie maggiori è semplicemente che esse assegnano
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rating a un numero ancora ridotto (se non ridottissimo) di emittenti e, pertanto, dispongono di una base
campionaria scarna, che non consente loro di fornire una prospettiva ragionevole dell’intero spettro del rischio
di credito.
I temi sopra esposti sono solo alcuni fra quelli alla base delle raccomandazioni del Parlamento Europeo che
incoraggiano il conferimento di mandati di rating ad agenzie con una quota di mercato inferiore al 10% (in
pratica: le nuove agenzie sorte nell’UE); se si punta a creare le basi per una disintermediazione finanziaria
concreta ed efficace anche in ambiti domestici, allora i rating dovranno sicuramente diffondersi maggiormente
fra le imprese in tutti in Paesi.2
Altro punto importante riguarda l’oggetto stesso dell’attività di rating, vale a dire la valutazione del rischio
d’inadempimento (o default). E’ noto che le maggiori agenzie internazionali predispongono e aggiornano
regolarmente statistiche sui tassi effettivi di default; questo per calibrare e testare le performance dei rating
da loro assegnati, così da consentire agli investitori di applicare esiti d’inferenze statistiche a qualsiasi titolo
obbligazionario circolante. Tuttavia, l’incidenza dei tassi di default deriva unicamente da quello che viene in
gergo definito “universo dei rating”, cioè i rating da esse effettivamente assegnati. Ma i default e le insolvenze
sono in realtà maggiori di quanto possa essere estrapolato da queste regressioni statistiche, a cagione del
vastissimo novero di emittenti tutt’oggi sprovvisti di rating.
Alcune delle agenzie recentemente sorte in Europa trae le proprie origini da gruppi specializzati nelle
informazioni commerciali e/o finanziarie. Molti di questi gruppi forniscono da decenni informazioni creditizie o a
supporto di decisioni creditizie, per scopi commerciali bilaterali, e pubblicano informazioni sugli andamenti
delle insolvenze di vari settori economici – qualcosa di molto utile ai risk manager d’impresa e di istituzioni
finanziarie. E questo è esattamente il tipo di informazioni “grezze” che saranno sicuramente preziose nella
creazione di mercati del credito meno bancarizzati. Tuttavia, è e sarà necessario che tali informazioni siano
comprese, interpretate e analizzate da persone qualificate affinché possano essere di valore per quegli
investitori che potranno dirigere l’evoluzione di tali mercati – persone che abbiano le caratteristiche tipiche
degli analisti di agenzia di rating. E da qui nasce anche il dibattito sulla differenza fra l’analisi d’insolvenza di
tipo “point-in-time” e le stime prospettiche di lungo periodo sulla capacità dell’emittente di adempiere alle
proprie obbligazioni finanziarie nel tempo (c.d. rating “through-the-cycle”). Quest’ultimo tipo di analisi può
essere condotto solamente da professionisti con esperienza nella valutazione di credito prospettica.
2
Per sostenere le raccomandazioni del Parlamento Europeo, un numero crescente di autorità nazionali sta incrementando la “moral suasion”
verso il mercato. Tra queste la CONSOB, dotata di recente di poteri sanzionatori pecuniari verso quegli emittenti, o loro consulenti, che
contravvengano al dettame comunitario (vds. D.Lgs 7 maggio 2015, n. 66, nelle modifiche all’art. 193 del TUF, c.1- quinquies lettera c)
laddove statuisce che “si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da €5.000 a €150.000 … agli emittenti o ai terzi collegati [che
intendano incaricare almeno due agenzie] … e che non incarichino almeno un’agenzia di rating che detenga una quota di mercato non
superiore al 10 % e che possa essere giudicata, dall’emittente o da un terzo collegato, in grado di valutare l’emissione o l’entità di cui
trattasi).
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Un’analisi comparata di tre mercati obbligazionari domestici
Ciò che segue altro non è che una rapida panoramica di tre mercati obbligazionari domestici di recente
creazione. Obiettivo è descrivere se e quanto efficace sia stata la presenza delle agenzie di rating regionali
sorte negli ultimi anni; è senza dubbio un’analisi non esaustiva, ma credo abbia il pregio di riassumere come in
questi tre mercati si sia cercato di impostare una soluzione al grande tema del finanziamento non bancario
delle imprese non grandi, o PMI.3
I mercati in questione sono dunque:
1)
Il Mittelstand-Bonds tedesco
2)
L’ExtraMOT-PRO italiano
3)
Lo spagnolo Mercado Alternativo de Renta Fija (o “MARF”).
Il tedesco M-Bond sembra quello caratterizzato dal minor grado di regolamentazione formale. Visto come un
segmento aggiuntivo di preesistenti mercati del reddito fisso, è stato promosso dalle borse di Francoforte,
Düsseldorf e Stoccarda per agevolare il finanziamento di imprese non grandi e non quotate. Differenze
importanti rispetto ai mercati spagnolo e italiano sono l’assenza sia del segmento di finanziamento a breve
termine sia di limiti agli investimenti da parte di investitori retail o non professionali. Il mercato è stato avviato
nel 2010 come reazione alla scarsità di credito bancario a seguito della crisi finanziaria, o quantomeno
all’inasprirsi delle condizioni offerte dal sistema bancario alle PMI. Ma ancor più di questo, appare chiaro
l’obiettivo di dare risposta alle istanze almeno di quella parte di base d’investitori particolarmente attenta ai
rendimenti e che, in quel periodo, iniziava a soffrire la progressiva diminuzione degli stessi su altre forme
d’investimento. Con un totale di oltre €10 miliardi, rivenienti da 169 emissioni obbligazionarie emesse da 142
imprese, gli M-Bonds divennero presto area d’interesse per ben quattro agenzie di rating locali. Per quanto
non vi fosse nessun dispositivo circa l’obbligatorietà dei rating, questi vennero considerati una buona pratica di
mercato secondo i suggerimenti di una specifica Commissione, composta anche da rappresentanti delle Borse
Valori e della DVFA (Associazione tedesca degli analisti finanziari). E così l’M-Bond vede, oggigiorno, una
copertura significativa (68% delle emissioni obbligazionarie e 53% dei volumi emessi) da parte delle
summenzionate agenzie domestiche, mentre la copertura da parte delle maggiori agenzie internazionali è
trascurabile, visto che solo due emissioni di Deutsche Börse per 600 milioni di Euro ciascuna (equivalenti al
12% dei volumi totali emessi) sono provviste di rating di S&P. Ciononostante, l’M-Bond è l’unico mercato fra i
tre in esame ad aver subito dei default, e anche in maniera piuttosto pesante, gli operatori indicano almeno
24 imprese emittenti che non hanno rispettato il puntuale pagamento degli interessi cedolari. Gli investitori
retail hanno altresì subito perdite significative. In generale, le agenzie locali hanno subito pesanti critiche in
quanto molti dei rating da loro assegnati apparivano troppo elevati, con ciò suggerendo delle ridottissime
probabilità d’inadempimento. La reazione degli investitori e degli intermediari è stata particolarmente forte, le
Borse di Düsseldorf e Stoccarda hanno rivisto i regolamenti, l’attività si è di fatto interrotta dal marzo di
quest’anno, e gli operatori sono al momento in apprensiva attesa in vista delle scadenze di rimborso di alcuni
prestiti obbligazionari fra settembre e dicembre di quest’anno. Tale evoluzione avversa dell’M-Bond è da molti
3
Non ho potuto includere un quarto mercato di rilievo, il parigino Alternext, per mancanza attualmente di statistiche, ancorché mi consta che
presto ne verranno prodotte sulle singole emissioni di debito ivi listate.
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considerata
come
una
spallata
alla
reputazione
di
solidità
delle
medie
imprese
tedesche
(“Mittelstandsunternehmen”), ancorché molte delle imprese emittenti poco hanno a che fare con questa
definizione.
L’italiano ExtraMOT-PRO può essere classificato come moderatamente regolamentato. Promosso da Borsa
Italiana SpA, già dal nome suggerisce l’ambito professionale cui si rivolge, per cui l’investimento retail è
precluso. L’Italia, infatti, vanta precedenti esperienze di emissioni obbligazionarie domestiche dal 1999 in
avanti, durante le quali le banche avevano collocato codeste obbligazioni, anche in modo aggressivo, al
pubblico indistinto retail, facendo spesso leva sulla notorietà del marchio dell’impresa emittente. Ma nel
2002/2003 si registrarono svariati default e il mercato obbligazionario domestico non fece più alcun progresso.
I rating a quegli emittenti non erano frequenti e, per di più, non esisteva nessuna agenzia di rating domestica.
Lanciato agli inizi del 2013, l’ExtraMOT-PRO ha raggiunto, a fine luglio 2015, volumi superiori a €4,5 miliardi
grazie a 117 emissioni da 101 imprese - figure che in parte risentono della presenza di alcuni prestiti
obbligazionari di dimensioni importanti, collocati e scambiati anche sull’Euromercato. 4 Non vi è nessun
dettame formale per le imprese emittenti di dotarsi di rating, o di dotare di rating la singola emissione
obbligazionaria; la percentuale di emittenti sprovvisti di rating è superiore a quella degli altri due mercati qui
esaminati. L’evidenza mostra che le emissioni superiori a €100 milioni sono corredate dal rating di una delle
tre maggiori agenzie globali, mentre le imprese emittenti obbligazioni d’importo inferiore tendono ad avere il
rating di una delle due agenzie domestiche. L’impresa che ha emesso l’importo più elevato in assoluto è
Cerved Group SpA (€780 milioni al lancio, equivalente al 15% dei volumi totali emessi), che ha ottenuto il
rating da due delle maggiori agenzie globali, creando un’inevitabile distorsione statistica a favore di queste
ultime. Non vi è evidenza, ad oggi, di nessun default, mentre la prima scadenza obbligazionaria è fissata per
giugno del prossimo anno.
Lo spagnolo “Mercado Alternativo de Renta Fija” (MARF) è l’ultimo in ordine di creazione (ottobre 2013).
Sorto con legge dello Stato, può considerarsi il più regolato dei tre in esame, prevedendo, infatti, la formale
registrazione degli intermediari e consulenti degli emittenti e specifici questionari sui bilanci, oltre
all’obbligatorietà del cosiddetto “Solvency Report” rilasciato da un’agenzia di rating sorvegliata dall’ESMA. E’
vietato il collocamento delle obbligazioni a investitori retail. Il MARF può leggersi come derivazione della
piattaforma AIAF (Asociación de Intermediarios en Activos Financieros), troppo regolamentata per soddisfare
le esigenze delle PMI di apertura ai mercati dei capitali. Piuttosto, la costituzione del MARF è considerata
derivazione diretta degli impegni scaturiti dal programma europeo di aiuti al sistema bancario spagnolo. I
ridotti volumi sinora emessi (€1 miliardo) non possono leggersi come effettivo decollo di questo mercato, a
maggior ragione col recente ritorno di molte imprese all’indebitamento bancario diretto. Sul MARF sono
previsti due distinti segmenti (lungo termine e breve termine), che hanno generato rispettivamente il 60% e il
40% dei volumi complessivi. Le emissioni a breve termine (“pagares de empresa”) hanno una scadenza
massima di 18 mesi; il maggior emittente è la società energetica Elecnor con €200 milioni di debito a breve in
circolazione, mentre l’emissione obbligazionaria maggiore proviene dalla concessionaria autostradale S.C.
Autovia de la Plata (€184 milioni di bond a 26 anni). L’attività di rating è stata sinora appannaggio di
un’agenzia, mentre in tre soli casi si è affiancato anche il rating di un’agenzia tedesca. Le società emittenti
obbligazioni a lungo termine hanno sinora sempre reso il rating loro assegnato di pubblico dominio, mentre gli
4
Una frazione del mercato è rappresentata da cambiali finanziarie, sinora tutte regolarmente e puntualmente rimborsate a scadenza.
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emittenti a breve termine non hanno reso pubblico il Solvency Report a corredo.5 Ad oggi, non si registrano
default sul MARF, mentre le prime scadenze non avverranno prima del dicembre 2018; ad oggi, anche tutti le
emissioni di pagares sono state rifinanziate regolarmente.
Nome del mercato:
M-Bond
ExtraMOT-Pro
MARF
Paese:
Germania
Italia
Spagna
Data prima emissione
Nov 2010
Mar 2013
Nov 2013
Data prima scadenza
Sett 2015
Giu 2016
Dic 2018
10.080
5.040
1.062
Numero totale emissioni
169
117
20
Numero totale emittenti
142
101
18
Emissione più piccola (€ mln)
2
0,2
10
Emissione maggiore (€ mln)
600
424
185
Media aritmetica emissioni (€ mln)
59.6
42.4
48.7
1,13 – 12,0
3,5 – 8,5
4,5 – 7,5
6,4
5,7
5,7
27,8
60,7
0
con rating di agenzie locali
68
25,6
94,7
con rating di agenzie globali
4,2
13,7
5,3
30
15,1
0
emissioni con rating di agenzie locali
53,1
8,4
82,6
con rating di agenzie globali
16,9
76,5
17,4
Volume totale emissioni (€ mln)
Intervallo di rendimenti %
Rendimento medio non ponderato
Presenza di rating in %
senza rating (emittente e/o emissione)
Volumi di emissioni e rating in %
emissioni senza rating
5
Non si registra la presenza di nessuna agenzia globale sino a pochi mesi fa, quando S&P ha assegnato il rating ad Autovia de la Plata e a un
programma di pagares di fatture commerciali cartolarizzabili da €400 milioni (IM FORTIA I).
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Dalla comparazione dei tre mercati, si possono trarre le seguenti conclusioni:
i)
in generale, il funzionamento dei tre mercati rispecchia le aspettative iniziali, nella misura in cui, salvo
rare eccezioni, le emissioni sono state effettuate da PMI,
ii)
i mercati evolvono in modi differenti in contesti altamente regolamentati, rispetto a contesti guidati
dall’adesione alle migliori pratiche di mercato: in altri termini, al crescere dell’intensità della
regolamentazione, decresce il ritmo di sviluppo del mercato,
iii)
circa l’utilizzo del rating, ogni mercato ha seguito proprie linee guida: requisito regolamentare, migliori
pratiche, o regime volontario,
iv)
la presenza tangibile di agenzie di rating locali ha accompagnato lo sviluppo dei tre mercati,
v)
il coinvolgimento di agenzie di rating globali è più evidente laddove le imprese emittenti sono di
maggiori dimensioni, ovvero le emissioni sono di importo considerevole o le scadenze particolarmente
lunghe; solo sul mercato italiano il loro coinvolgimento sembra più diffuso nel caso di PMI che emettono
grossi importi,
vi)
in un mercato in forte crescita come quello tedesco, si è forse creata un’eccessiva dipendenza dalle
opinioni espresse da una singola agenzia locale,
vii)
in un sottogruppo di uno dei tre mercati si è affermata la pratica del doppio rating (maggiori emittenti
sull’ExtraMOT-PRO),
viii)
l’elevata incidenza di default sulle obbligazioni emesse in uno dei tre mercati, suggerisce che possano
essere stati assegnati dei rating gonfiati per agevolare le emissioni obbligazionarie.
Se e come i rating debbano essere un requisito regolamentare su questi mercati è ancora argomento di
dibattito, così come la discussione su quali siano le agenzie più adeguate. Non possiamo dimenticare che
l’utilizzo dei rating sui mercati obbligazionari trae le proprie origini negli Stati Uniti, dove il rating è
principalmente richiesto dagli investitori, e non dagli emittenti. In Europa, ancora oggi i rating sono visti come
un servizio richiesto dagli emittenti, e un tale concetto si riflette in molte architetture regolamentari. Ma se
così stanno le cose, i rating possono facilmente subire le pressioni degli emittenti (paganti) e dei loro
intermediari o consulenti. La platea degli investitori europei deve ancora cogliere appieno il significato
profondo dei rating, e come possano e debbano costituire un tassello importante nelle scelte d’investimento.
Ma soprattutto, se vogliamo pensare a un futuro per i mercati obbligazionari in Europa, gli investitori dovranno
essere i primi a pretendere dalle agenzie di rating l’eccellenza e, laddove necessario, pretendere anche
un’opinione aggiuntiva.
L’attività di rating del credito è particolarmente delicata, se si pensa che deve bilanciare interessi contrapposti:
quelli degli emittenti e quelli degli investitori. L’esperienza ha ampiamente dimostrato che quando il pendolo si
sbilancia in favore di uno di questi due ambiti (come, ad esempio, nel caso dei rating gonfiati di
cartolarizzazioni di mutui residenziali americani), la reputazione dell’intera industria del rating ne resta
danneggiata e screditata, sottintendendo l’idea che le opinioni delle agenzie siano state “comprate”.
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Ciò detto, se pensiamo al mondo delle imprese non enormi (o PMI), ritengo che sulle agenzie gravi un compito
non indifferente, come indicavo nelle premesse di questo articolo: ogniqualvolta i sistemi bancari sono sotto
pressione, le PMI sono fra i primi soggetti a soffrire delle conseguenze. Visto dal lato della banca, le PMI
portano meno ricavi ma richiedono maggiore analisi e maggiori investimenti nel monitoraggio, se paragonate
alle imprese maggiori o quotate in Borsa. Per contro, le PMI debbono attrezzarsi per diversificare le fonti di
finanziamento; ma questo significa interagire con nuove tipologie di finanziatori che non hanno le stesse
prerogative e obiettivi delle banche. Parlo, ovviamente, di fondi d’investimento, assicurazioni, fondi pensione,
e molti altri soggetti non bancari che potremmo ricomprendere sotto l’ampia e generica definizione di “shadow
banking”: investitori che considerano il prestar denaro (tramite l’acquisto di obbligazioni) come mera attività,
appunto, d’investimento, attendendosi unicamente il puntuale e regolare pagamento delle cedole e il puntuale
e integrale rimborso del capitale prestato a scadenza. E più precisamente, questo tipo d’investitori è quello che
si affida alle opinioni delle agenzie di rating, non tanto per appaltare l’analisi di credito, quanto per sostenere o
corroborare le analisi condotte internamente. Il processo di rating costringe ad adottare una disciplina di cui le
imprese, spesso poco avvezze alla comunicazione con l’ampia comunità finanziaria, possono beneficiare in
vista del dialogo con nuove classi d’investitori. Le agenzie di rating locali, generalmente ben radicate nei
contesti economici locali e regionali e con particolare conoscenza delle consuetudini commerciali e finanziarie
delle imprese non enormi, sono straordinariamente ben posizionate per valutarne il merito di credito e
veicolare tutte queste preziose informazioni alla comunità finanziaria.
Fonti utilizzate per la preparazione dell’articolo:
Siti web delle Borse di Stoccarda, Milano e Madrid; sito web di “Bond Guide”; database interni di Informa; articoli vari della
stampa specializzata spagnola e tedesca, Financial Times e The Economist.
L’autore:
Michael L. Buneman è, da ottobre 2013, Senior Advisor di CRIF Rating Agency, agenzia di rating registrata da ESMA, con
sede principale a Bologna e uffici a Barcellona. Ha lasciato Moody’s Investors Service nell’agosto del 2010 per la pensione,
dopo 25 anni durante i quali è stato analista di banche e, successivamente, ha avviato le attività dell’agenzia in Europa
continentale, aprendo gli uffici di Parigi, Francoforte, Madrid e Milano. Prima di raggiungere Moody’s, Michael era stato
funzionario nell’ufficio crediti internazionali di un primario gruppo bancario degli Stati Uniti.
Le opinioni espresse nel presente articolo sono, ovviamente, riferibili esclusivamente all’autore e non possono
in alcun modo essere interpretate come di, o espresse per conto di, CRIF Rating Agency.
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