Briefing
I “nuovi” titoli di debito
ai sensi dell’articolo 32
del Decreto Sviluppo
Una nuova era per l’accesso al capitale in Italia?
Sintesi
L’articolo 32 del Decreto Sviluppo introduce
una nuova disciplina dedicata all’emissione
di titoli di debito da parte di società non
quotate al fine di consentire alla medio-piccola
impresa l’accesso a strumenti di finanziamento
alternativi rispetto al canale bancario.
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I “nuovi” titoli di debito ai sensi dell’articolo 32 del Decreto Sviluppo
Luglio 2012
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I “nuovi” titoli di debito ai sensi
dell’articolo 32 del Decreto Sviluppo:
una nuova era per l’accesso di capitali
in Italia con finanziamenti sindacati,
mezzanine finance, strutture IBLOR,
la riserva di attività?
In considerazione della generalizzata
difficoltà di accesso al credito bancario,
l’articolo 32 del Decreto Legge n. 83/2012
(il Decreto Sviluppo) contiene un’articolata
disciplina dedicata all’ampliamento degli
strumenti di finanziamento alternativi
a disposizione delle imprese.
In particolare, l’intervento legislativo
è volto ad accrescere la capacità delle
società di capitali non quotate di media e
piccola dimensione (con esclusione delle
“micro-imprese” 1) di finanziare la propria
attività corrente e straordinaria attraverso
l’emissione di titoli di debito a breve termine
(cambiali finanziarie) e a medio e lungo
termine (titoli obbligazionari).
Prima di entrare nel merito della novella
legislativa, può essere interessante valutare
quali altri settori o strutture potranno
beneficiare del nuovo quadro normativo
oltre al mercato, sino ad ora pressoché
inesistente in Italia, degli high yeld bond.
Ben sappiamo che, rispetto ad altri
mercati, quello italiano, anche durante
il ciclo economico favorevole, soffriva di
svantaggi competitivi nell’attrazione di
capitali esteri. Basti ricordare il regime della
ritenuta fiscale sui finanziamenti erogati da
soggetti esteri che, di fatto, ha consentito
di offrire debito in modo efficiente solo alle
banche con una presenza in Italia, ovvero,
l’impossibilità per società finanziarie estere
di erogare finanziamenti in Italia in assenza
di una licenza. Da qui la necessità di porre in
essere complesse e costose strutture fronted
con l’intervento di intermediari italiani. In
modo analogo, e per le medesime ragioni,
va ricordata la tradizionale difficoltà per
i vari operatori del settore, tra cui i fondi
“mezzanini”, nell’accedere al mercato del
credito italiano.
1
Ai sensi della Raccomandazione della Commissione
Europea n. 2003/361, una “micro-impresa” è definita come
un'impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui
fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni
di euro.
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In tale contesto, va riconosciuto che le
novità introdotte dal Decreto Sviluppo
hanno sicuramente il merito di enfatizzare
la necessità di un cambiamento delle
logiche di finanziamento del nostro sistema
imprenditoriale e, allo stesso tempo, di
facilitare l’accesso di capitali esteri in Italia.
L’istituzionalizzazione del ruolo di sponsor
rappresenta un tassello importante verso la
“disintermediazione” nell’accesso al credito
in cui le istituzioni bancarie da prestatori
di ultima istanza divengono “facilitatori”
del processo di finanziamento della propria
clientela imprenditoriale. Allo stesso tempo,
a livello meramente suggestivo, il delinearsi
di questo nuovo modello finanziario
e l’introduzione di eccezioni ai limiti
quantitativi all’emissione di cui all’articolo
2412 del codice civile, potrebbero forse
costituire l’incipit per una rivisitazione del
concetto stesso dell’attività creditizia quale
“attività riservata” al sistema bancario.
Nell’immaginare quindi alcuni scenari
di utilizzo dei “nuovi strumenti di
finanziamento”, la novella potrebbe
condurre ad una maggiore flessibilità nelle
strutture di private equity. In particolare,
tali operazioni potrebbero essere
strutturate abbinando all’iniezione di
capitale l’emissione di titoli obbligazionari
al fine di rendere l’operazione efficiente
dal punto di vista finanziario. La messa
a disposizione di fondi – attraverso la
sottoscrizione di titoli obbligazionari – in
favore di PMI non richiederebbe più di fatto
una licenza bancaria o finanziaria in Italia
ma la sola appartenenza alla categoria di
investitore professionale.
L’articolo 32 del Decreto Sviluppo interviene
seguendo, sostanzialmente, quattro
direttrici principali: (i) indicazione di
alcuni requisiti “strutturali” dell’emissione,
(ii) allineamento del regime fiscale dei
titoli di debito emessi da società non
quotate con quello – più favorevole –
delle società quotate, (iii) disciplina delle
obbligazioni con clausole di partecipazione
agli utili di impresa e di subordinazione
e (iv) introduzione di eccezioni ai limiti
quantitativi dell’emissione.
I “nuovi” titoli di debito ai sensi dell’articolo 32 del Decreto Sviluppo
Luglio 2012
Il Decreto Sviluppo dovrà essere oggetto
di conversione in legge entro 60 giorni
dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
(avvenuta in data 26 giugno). È possibile
– ed in parte auspicabile per le ragioni
esposte di seguito – che la disciplina
delineata dall’articolo 32 subisca alcuni
aggiustamenti. Probabilmente, anche per
questa ragione, nonostante l’articolo 32 del
Decreto Svilupppo sia già in vigore, le prime
emissioni avverranno solo a partire dal mese
di settembre.
I requisiti dell’emissione
Il comma 2 dell’articolo 32 dispone che
l’applicazione della disciplina dettata dal
Decreto sviluppo all’emissione di titoli
di debito da parte di società non quotate
sia subordinata al ricorrere dei seguenti
requisiti:
• l’emissione deve essere assistita
da uno sponsor;
• l’ultimo bilancio dell’emittente deve
essere stato oggetto di revisione contabile
da parte di revisori legali; e
• la sottoscrizione dei titoli e la loro
successiva circolazione deve essere
riservata agli investitori qualificati2.
Particolarmente innovativa è la previsione
dell’assistenza necessaria da parte
di uno sponsor che, oltre ad assistere
l’emittente nella procedura di emissione
e di collocamento dei titoli di debito, è
tenuto a sottoscrivere e a mantenere nel
proprio portafoglio fino alla scadenza una
porzione (variabile in ragione del valore
dell’emissione3 ) dei titoli di debito emessi.
2
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 32, sono “investitori
qualificati” ai fini dell’applicazione della disciplina in
esame i soggetti indicati dall’articolo 100 del D.Lgs n.
58/1998 (come implementato dal Regolamento Consob
16190/2007).
3
Ai sensi del comma 16 dell’articolo 32 “Lo sponsor mantiene
nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota
dei titoli emessi non inferiore al 5% del valore di emissione dei
titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro, al 3% del valore di
emissione eccedente 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, in
aggiunta alla quota precedente, ed il 2% del valore di emissione
eccedente 5 milioni, fino a 10 milioni, in aggiunta alla quota
precedente, ed il 2% del valore di emissione eccedente 10 milioni di
euro, in aggiunta alle quote anzidette.”.
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Dal punto di vista soggettivo, possono
rivestire il ruolo di sponsor le banche, le
imprese di investimento, le SGR, le società
di gestione armonizzate, le SICAV, gli
intermediari iscritti nell’elenco di cui
all’articolo 107 del Testo Unico Bancario
(D.Lgs n. 385/1993), le banche con sede
in territorio extracomunitario purché
autorizzate alla prestazione di servizi
in Italia.
Ai sensi del comma 18 dell’articolo 32,
le società non quotate diverse dalle PMI4
possono non avvalersi dell’assistenza
dello sponsor.
Il regime fiscale
In passato uno degli ostacoli all’emissione
di titoli di debito da parte di società
non quotate è stato rappresentato
dall’applicazione di un regime fiscale
particolarmente disincentivante rispetto
a quello riservato all’emissione di titoli di
debito da parte di società quotate (nonché
penalizzante rispetto a quello proprio del
finanziamento bancario).
Al fine di rendere il ricorso all’emissione
di titoli di debito da parte delle società
non quotate una reale alternativa al
finanziamento bancario, il Decreto Sviluppo
ha introdotto alcune novità volte, da un
lato, a rendere maggiormente efficiente
l’emissione dal punto di vista del carico
fiscale dell’emittente e, dall’altro, ad
incrementare il livello di interesse verso
questi strumenti finanziari da parte di
potenziali investitori.
Sotto il primo profilo, il comma
8 dell’articolo 32 interviene parificando
il regime di deducibilità degli interessi
corrispettivi passivi sulle obbligazioni emesse
da società non quotate con quello applicabile
alle obbligazioni emesse da società quotate
a condizione che i titoli obbligazionari siano
sottoscritti da investitori qualificati che non
siano direttamente o indirettamente soci
della società emittente.
4
Ai sensi della Raccomandazione della Commissione Europea
n. 2003/361 sono PMI le società con meno di 250 dipendenti
e il cui fatturato non eccede i 50 milioni di euro annui,
ovvero, il cui totale di bilancio annuo non eccede i 43
milioni di euro.
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Quanto al secondo profilo, il comma
9 dell’articolo 32 estende alle società non
quotate l’esenzione dall’applicazione della
ritenuta del 20% sugli interessi e sugli altri
proventi delle obbligazioni negoziate su
mercati regolamentati o su piattaforme
di negoziazione (italiani ovvero autorizzati in
paesi membri dell’Unione Europea).
Infine, per quanto riguarda le cambiali
finanziarie, il Decreto Sviluppo prevede
l’esenzione dall’imposta di bollo ferma
restando l’esecutività attribuita a tali titoli
di debito.
Le clausole di subordinazione
e di partecipazione
Le obbligazioni emesse da società non
quotate possono contenere clausole di
subordinazione e di partecipazione agli
utili purché abbiano una scadenza finale
superiore a 60 mesi.
Mentre la previsione riguardante la
clausola di subordinazione non sembra
aggiungere particolari novità rispetto a
quanto già previsto in tema dall’articolo
2411 del Codice Civile, di maggior interesse
è il comma 21 dell’articolo 32 che, nel
delineare i contenuti della clausola di
partecipazione, istituzionalizza nel nostro
ordinamento l’emissione di strumenti ibridi
di partecipazione al risultato d’impresa.
I limiti quantitativi all’emissione
Ai sensi dell'articolo 2412 del Codice Civile,
le società non quotate non possono emettere
obbligazioni per “una somma complessivamente
eccedente il doppio del capitale sociale, della
riserva legale e delle riserve disponibili
risultanti dall’ultimo bilancio approvato”. Il
superamento di tale limite è possibile, ai
sensi di tale norma, solo a condizione che
i titoli obbligazionari siano sottoscritti da
investitori professionali sottoposti a vigilanza
prudenziale e con la conseguenza che, in
caso di successiva circolazione, i sottoscrittori
risponderanno della solvenza dell’emittente
nei confronti degli acquirenti dei titoli che
non siano investitori professionali.
Inutile sottolineare come la disciplina
dettata dall’articolo 2412 del Codice Civile
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abbia rappresentato un forte impedimento
all’emissione di obbligazioni da parte di
società non quotate.
Il comma 26 dell’articolo 32 interviene sul
tema introducendo alcune eccezioni di
rilievo rispetto all’applicazione dei limiti
all’emissione di obbligazioni da parte di
società non quotate imposti dall’articolo
2412 del Codice Civile. In particolare, non
saranno sottoposte a limite quantitativo
le emissioni (i) di obbligazioni destinate ad
essere quotate in mercati regolamentati
o in sistemi multilaterali di negoziazione
(italiani ovvero autorizzati in paesi membri
dell’Unione Europea) e (ii) quelle di
obbligazioni che danno il diritto di acquisire
ovvero di sottoscrivere azioni.
Potenziali criticità della nuova disciplina
Come già rilevato da alcuni commentatori,
l’operatività della disciplina del Decreto
Sviluppo – e in particolare della
disposizione che allinea il trattamento
fiscale dell’emittente non quotato a quello
quotato con riferimento alla deducibilità
degli interessi – potrebbe essere di fatto
impedita a causa del tenore lessicale
del comma 1 dell’articolo 32 ai sensi
del quale sono società non quotate “le
società non emittenti strumenti finanziari
quotati su mercati o su sistemi multilaterali”.
Poiché il riferimento alla quotazione di
“strumenti finanziari”, a rigore, include
quello di titoli obbligazionari, basandosi
sull’interpretazione letterale dell’articolo
32, si giungerebbe al paradosso di rendere
del tutto inapplicabile la disciplina fiscale
contenuta nel comma 8 dell’articolo 32.
Infatti, dopo aver effettuato anche una sola
volta la quotazione di titoli obbligazionari,
la società cesserebbe di essere una società
non quotata ai sensi del comma 1 e, di
conseguenza, non potrebbe avvantaggiarsi
della disciplina fiscale contenuta nel comma
8. Posto che, senza dubbio, la finalità del
legislatore è quella di rendere fruibile la
disciplina dell’articolo 32 da parte di società
con “azioni” non quotate, l’auspicio è che
in sede di conversione si provveda alla
correzione del disposto letterale del comma
1 al fine di evitare ulteriori incertezze in
sede applicativa.
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Come osservato da molti addetti ai lavori,
l’elemento chiave per la diffusione di
emissioni di titoli di debito da parte di
società non quotate è costituito dalla
possibilità di superare i limiti quantitativi
imposti dall’articolo 2412 del Codice Civile.
A tal proposito, qualche dubbio sorge in
merito alla possibilità di disapplicazione del
limite imposto dall’articolo 2412 del Codice
Civile in caso di emissione di “obbligazioni che
danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere
azioni”; infatti, al fine di individuare
correttamente l’ambito applicativo
dell’eccezione in esame, è importante
comprendere se il diritto alla conversione dei
titoli obbligazionari in azioni debba essere
strutturato come un’opzione integralmente
rimessa al portatore dei titoli, ovvero se
l’evento di conversione possa, ad esempio,
essere condizionato o soggetto alla volontà
dell’emittente.
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© Freshfields Bruckhaus Deringer llp, Luglio 2012, 33926
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