Commercialisti: per l'invio telematico della dichiarazione dei redditi serve l'incarico
Cassazione civile, sez. tributaria, sentenza 11.06.2014 n. 13138 (Gianluca Denora)
“L’invio telematico della dichiarazione dei redditi richiede il
conferimento da parte del contribuente di uno specifico incarico all’intermediario, trattandosi di
adempimento distinto da quello di tenuta della contabilità e di consulenza fiscale in generale, con
conseguente necessità di accertamento della sussistenza di tale incarico in ipotesi di relativa
contestazione”: questo il principio di diritto fissato dalla Cassazione nella sentenza 11 giugno 2014, n.
13138.
La pronuncia è occasionata da una vicenda concernente un contribuente a cui era stata notificata una
cartella di pagamento, in applicazione dell’art. 36bis Dpr 600/73, per l’omesso versamento di Irpef,
Irap ed addizionali, relativamente all’anno 1999.
Il verificato aveva proposto ricorso avverso il provvedimento dell’AF sostenendo, sin dai gradi di
merito, (i) che non aveva sottoscritto personalmente la dichiarazione dei redditi posta a fondamento
della pretesa impositiva (e della sanzione consequenziale) e (ii) che, in particolare, il modello era stato
trasmesso per via telematica dal proprio commercialista, senza che lo stesso avesse ricevuto formale
incarico. Gli stessi argomenti giungono al vaglio del Supremo Collegio, il quale formalizza sul punto due
regole:
1.
il contribuente deve incaricare l’intermediario specificamente dell’invio telematico della
dichiarazione;
2. l’AF deve accertare la sussistenza dell’incarico quando procede alla contestazione dell’illecito.
Visto da parte del cittadino, il contribuente non è responsabile per una dichiarazione che non gli è
espressamente riferibile.
L’argomento, pur provvisto di impeccabile rigore, rischia di risultare ingenuo, o quanto meno non
irresistibile, a fronte dell’inesorabilità dei fatti, per come ricostruiti dall’Agenzia delle Entrate, in
special modo per quel che concerne la possibilità di ritenere che la presentazione della dichiarazione sia
adempimento implicitamente ricompreso nel generale contratto di consulenza fiscale. Nella prassi,
infatti, spesso si ritiene (evidentemente in modo erroneo) assorbito nell’incarico professionale tutto
quanto ne derivi in modo, per così dire, piano. Così, innegabilmente, sono molte le formalità alle quali
bada, ordinariamente, il commercialista nell’espletare il suo incarico di consulenza; l’assistenza fiscale
può richiedere (e di fatto richiede spesso) adempimenti esorbitanti rispetto al “vincolo” di un incarico
professionale ben circoscritto ad un predeterminato (e predeterminabile) articolato contrattuale.
Residua pertanto l’esigenza di definire i rapporti tra il contratto di fondo, in forza del quale il
professionista opera, e singoli atti e attività che dallo stesso vengano compiuti. A tal proposito, se, da
un lato, si può ritenere antieconomico, in termini di tempo e di snellezza procedurale, richiedere una
puntuale corrispondenza formale tra i singoli comportamenti del professionista e il conferimento di
poteri specifici da parte del contribuente, dall’altro, solo un’analitica individuazione degli adempimenti
autorizzati può porre chiarezza circa la titolarità, da parte del professionista, di adeguati poteri ad
hoc, e circa la riferibilità delle prestazioni professionali al soggetto/cliente a favore del quale sono
rese.
In alternativa, del resto, un incarico professionale generico, e ipoteticamente tanto ampio da lambire
l’indeterminatezza, potrebbe non garantire né il professionista né il contribuente:
•
•
•
su quello che sarà fatto, e non, da chi, in che modo, etc.;
su quello che il commercialista si impegna a fare in esecuzione dell’incarico professionale
conferitogli, esonerando, nel caso, il contribuente dal provvedervi autonomamente;
su quello che il contribuente si riserva di fare personalmente o che comunque intende escludere
dal rapporto di consulenza.
La trasmissione della dichiarazione dei redditi per via telematica non introduce elementi di specialità:
le due “fazioni” tradizionalmente antagoniste arrivano alla resa dei conti dinnanzi al Supremo Collegio.
Sicuramente è difficoltoso accollare a taluno (il contribuente) le conseguenze di quanto posto in essere
dal terzo (il commercialista, ma più in generale l’intermediario) in assenza di un incarico formale ad hoc.
Quale il limite? Fino a quando un generico incarico alla “gestione della contabilità” ovvero (anche) alla
consulenza fiscale e tributaria può coprire adempimenti più o meno complessi?
La sonda impiegata dalla giurisprudenza per esplorare l’argomento è qui la presentazione per via
telematica delle dichiarazioni dei redditi.
Secondo i giudici di piazza Cavour, il Dpr 322/98 individua i soggetti incaricati alla trasmissione - tra
questi i commercialisti - e “ (…) li obbliga a trasmettere le dichiarazioni, soltanto se incaricati di
predisporle”.
Ne segue che “ (…) non può farsi discendere l’obbligo di presentare la dichiarazione dal solo fatto che il
contribuente avesse conferito al commercialista l’incarico di tenuta della contabilità, dovendo ritenersi
che l’invio telematico richieda uno specifico incarico, trattandosi di adempimento cui il contribuente può
provvedere in via autonoma”.
Si riconosce la possibilità del commercialista di badare alle incombenze del proprio ufficio… ma cum
grano salis. Al principio della surroga, per così dire automatica del professionista al contribuente,
evidentemente praticato con probabile disattenzione, almeno fino a ieri, nell’ordinarietà degli
incombenti fiscali, viene apportato un temperamento. Così, per gli adempimenti espletabili dal
contribuente il generico rapporto professionale non basta; occorre un incarico ad hoc.
Non si tratta, per vero, di un intervento creativo della giurisprudenza; tutt’altro. Nello specifico,
infatti, la Corte ricorda che gli artt. 1 e 3 del Dpr 322/98 pongono l’obbligo di sottoscrizione della
dichiarazione dei redditi, a pena di nullità:
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•
a carico del contribuente,
ovvero a carico di chi ne abbia la rappresentanza legale o negoziale,
o ancora, in caso di dichiarazione in via telematica, a carico di intermediario a ciò
specificamente delegato.
… a ciò specificamente delegato: lex praevia, stricta, scripta et certa. La regola dettata dal legislatore
porta a ritenere che alla mancanza di un incarico espresso consegue, per il professionista, l’assenza del
potere di rappresentare il contribuente nella presentazione del modello.
Che non è una regola irragionevole lo si è detto. Di più, peccata sua teneant auctores: l’imputazione
diretta dei comportamenti (e delle relative conseguenze) a chi li pone in essere si radica sull’esigenza
che la responsabilità (cioè la possibilità di risponderne) sia fondata su una partecipazione anche
psicologica al fatto (quanto al contribuente, per esempio: non basta che consegni al consulente una
certa documentazione; occorre che lo faccia in relazione alla cura di determinati adempimenti fiscali,
che può anche non conoscere nel dettaglio).
Quali siano le implicazioni in questa materia, da qui e da ora, occorre accennarlo.
In assenza di un incarico all’invio telematico è possibile, come si legge in sentenza, sostenere la
nullità/inesistenza della dichiarazione. Il contribuente eccepisce l’estraneità alla dichiarazione. Sic.
Ma allora, se la dichiarazione non esiste, o è nulla, e se il diritto/dovere di presentarla non era a carico
del professionista, era il contribuente a doversene occupare, in quanto adempimento facente carico a
lui stesso, direttamente (e in quanto adempimento solo eventualmente delegabile ad un intermediario ad
hoc). Dunque che cosa accade? Che il soggetto che protesta la propria innocenza in ordine ad un omesso
versamento si autoincolpa di un’omessa presentazione. Tertium non datur.
Emerge così la responsabilità del contribuente verso l’AF per omessa presentazione: il contribuente
sostiene di non aver delegato e contesta al professionista di non avere i poteri per la presentazione
della dichiarazione – il che, tuttavia, è presupposto perché egli non risponda della cartella di pagamento
– così rimanendo titolare di un potere/dovere ancora da esercitare, a termini di legge, e che non è stato
esercitato, in spregio all’obbligo di legge. Il contribuente non può non rispondere del fatto di aver
omesso la presentazione. Dunque, laddove lo stesso volesse tutelarsi sotto questo profilo dovrà
prendersi cura di effettuare la presentazione o, in alternativa, dovrà conferire l’incarico e farlo in
modo formale, in modo tale che l’eventuale inerzia del consulente delegato non venga contestata a lui, o,
in breve, che non gli venga contestata l’omissione.
Non è l’unico scenario.
In mancanza dell’incarico ad hoc, e nel caso in cui il contribuente venga chiamato a rispondere di altre
violazioni poste in essere dal consulente “senza poteri” (ad esempio per una dichiarazione carente di
taluni elementi, e per gli effetti produttiva di conseguenze dannose per il patrimonio del soggetto),
mentre il contribuente si potrà difendere eccependo, nel caso, l’estraneità delle condotte al rapporto
professionale, e dunque l’imputabilità delle stesse al solo professionista, il commercialista avrà ben
maggior difficoltà. Inevitabilmente potrebbe prospettarsi una responsabilità del professionista verso
il cliente per danni (se per esempio il commercialista non ha acquisito, o il contribuente non ha
trasferito, elementi utili a liquidare diversamente le imposte, a vantaggio del soggetto); è interesse del
professionista acquisire un incarico ad hoc per non vedersi contestato un comportamento dannoso (se
mi hai dato l’incarico non mi puoi contestare di averlo espletato). In sintesi, il professionista risponde
dei danni cagionati al cliente (sempre che siano dimostrabili), a meno che non abbia chiesto e ricevuto
l’incarico in modo formale, nel qual caso il professionista si tutela (anche) per il caso in cui dagli
adempimenti posti in essere possano derivare conseguenze dannose (sanzionatorie) riconducibili al
fatto del contribuente
Ancora, si ipotizzi la mancanza di un incarico ad hoc nel caso in cui ci siano irregolarità nella
presentazione, tali da produrre gli effetti della revoca alla trasmissione dell’intermediario, imputabili al
contribuente: verrebbe subito da pensare alla responsabilità del contribuente verso il professionista
per danni. Ancora una volta, l’espediente più diretto di cui avvalersi per scongiurare un’azione di
risarcimento danni è quello di formalizzare un incarico ad hoc, che individui le responsabilità per le
singole condotte portatrici di irregolarità. In concreto, se il contribuente formalizza per iscritto lo
svolgimento dell’incarico, si esime dal rispondere delle modalità con le quali viene eseguito, in quanto si
tratta ormai di poteri che lui ha delegato al professionista, con la conseguenza ulteriore che qualsiasi
irregolarità venga posta a carico del professionista. In questo caso, al rischio del pregiudizio riveniente
dai rapporti tra le parti, si aggiungerebbe, per il professionista, il rischio di subire una sanzione da
parte dell’AF (sospensione o revoca dell’abilitazione all’invio telematico); pur mutando il punto di vista,
tuttavia, non muta la soluzione: l’utilizzo di una delega espressa consente all’intermediario di esimersi
da responsabilità per le irregolarità riscontrate nelle presentazioni.
Si viaggia verso una semplificazione dei rapporti tra contribuente e consulente, nel senso di chiarezza
del mandato professionale, che passa per un più puntuale e circostanziato conferimento di poteri, nel
senso di formalizzazione analitica di deleghe ed incarichi.
Del resto, era innegabile che ad una (estrema) libertà di forme, quale quella praticata per decenni –
laddove appare divenuta imprescindibile la formalizzazione dell’affidamento di incarichi di consulenza
fiscale con riguardo specificamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi – si dovesse,
presto o tardi, porre rimedio. Viepiù che per arricchire di garanzie formali la presentazione della
dichiarazione dei redditi, secundum legem, si pagherebbe il prezzo, tutto sommato ragionevole, di
qualche firma in più.
Per approfondimenti:
•
Responsabilità civile del professionista. Manuale per prevenire e valutare i danni, di Raffaella
Caminiti, Giorgio Maria Losco, Paolo Mariotti, Altalex Editore, 2014.
(Altalex, 2 settembre 2014. Nota di Gianluca Denora e Michele Lotito)
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Commercialista, incarico, tenuta contabilità, invio telematico, cartella esattoriale
Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 11.06.2014 n° 13138
L'invio telematico della dichiarazione dei redditi ai sensi dell'art. 3, d.P.R. n. 322/98 richiede il
conferimento da parte del contribuente di uno specifico incarico all'intermediario, trattandosi di
adempimento distinto da quello di tenuta della contabilità e di consulenza fiscale in generale, con
conseguente necessità di accertamento della sussistenza di tale incarico in ipotesi di relativa
contestazione. (1)
(*) Riferimenti normativi: art. 3, d.P.R. n. 322/98; art. 36 bis, d.P.R. n. 600/73.
(1) Cfr. Cass. Civ., sez. tributaria, sentenza 30 maggio 2012, n. 8630.
(Fonte: Massimario.it - 26/2014. Cfr. nota di Gianluca Denora e Michele Lotito)
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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Sentenza 14 marzo – 11 giugno 2014, n. 13138
(Presidente Di Iasi – Relatore Federico)
Svolgimento del processo
P.P. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 49/11/08 della CTR
del Friuli-Venezia Giulia che, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la legittimità della
cartella di pagamento emessa nei suoi confronti ex art. 36 bis dpr 600/73, per omesso versamento di
Irpef, Irap, addizionali ed interessi, relativi all'anno 1999. La CTR ha cosi respinto la domanda di nullità
della cartella proposta dal contribuente, il quale aveva dedotto di non aver sottoscritto la dichiarazione
dei redditi posta a fondamento della pretesa impositiva. La dichiarazione era stata presentata in via
telematica ed in qualità di intermediario dal proprio commercialista, al quale non era stato peraltro
conferito il relativo incarico. La CTR del Friuli-Venezia Giulia ha affermato che il contribuente non
aveva provato di aver espressamente fatto divieto al consulente, cui era stato conferito l'incarico di
tenere la contabilità, di provvedere all'invio telematico della dichiarazione predisposta.
Doveva dunque ritenersi che l'invio telematico della dichiarazione fosse stato effettuato con il
consenso del contribuente, trattandosi di documento conclusivo del procedimento di tenuta della
contabilità, elaborazione del bilancio e delle altre prescritte scritture contabili. L'Agenzia si è
costituita con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 dpr
322/98 sotto il profilo della nullità/inesistenza della dichiarazione dei redditi per l'anno 1999, in
quanto presentata da intermediario abilitato in assenza dell'incarico alla predisposizione ed all'invio.
Il contribuente censura la statuizione della sentenza della CTR nella parte in cui afferma che la
trasmissione della dichiarazione in via telematica da parte dell'intermediario può prescindere da uno
specifico incarico rilasciato dal contribuente.
Deduce la violazione dell'art.3 dpr 322/98, che richiede espressamente un formale atto di incarico da
parte del contribuente alla trasmissione in via telematica della dichiarazione dei redditi; incarico e
correlativo impegno dell'intermediario, che devono essere necessariamente rinnovati ogni anno al fine
del corretto invio telematico delle dichiarazioni.
Con il secondo motivo di ricorso il contribuente deduce l'illegittimità della sentenza per violazione e
falsa applicazione di legge, avuto riguardo alla dedotta nullità/inesistenza della dichiarazione dei
redditi per carenza di sottoscrizione del contribuente ex art. 1 Dpr 322/98.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, commi 3, 3 bis e 3 ter (abrogato, con la L. n. 183 del 2011, art. 4,
comma 35, a decorrere dall'anno 2012, ma vigente ratione temporis), considera incaricati della
trasmissione in via telematica delle dichiarazioni all'Agenzia delle entrate le figure professionali ed i
centri di assistenza fiscale - elencati nelle lettere da a) ad e) del comma 3 - e li obbliga a trasmettere
le dichiarazioni, soltanto se incaricati di predisporle, prevedendo un compenso a carico del bilancio dello
Stato, per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa.
La rilevanza dei compiti svolti dall'intermediatore nei confronti del Fisco non vale, peraltro, ad
escludere la natura privatistica del rapporto tra l'intermediatore ed il contribuente, quale desumibile
dalle disposizioni citate, in relazione sia all'ara dell'incarico, che il contribuente è libero di non
conferire (potendo, appunto, provvedere "direttamente" alla presentazione delle dichiarazioni, in base
all'art. 3, comma 2, in esame), che alla scelta dell' intermediario, purché abilitato (Cass. n. 8630/2012).
Ciò posto, non può farsi discendere l'obbligo di presentare la dichiarazione dal solo fatto che il
contribuente avesse conferito al commercialista l'incarico di tenuta della contabilità, dovendo ritenersi
che l'invio telematico della dichiarazione richieda uno specifico incarico, trattandosi di adempimento
cui il contribuente può provvedere in via autonoma.
L'invio telematico della dichiarazione non costituisce un adempimento naturalmente attribuito al
proprio consulente fiscale ed, in difetto di specifico incarico, tale adempimento non può farsi rientrare
nel perimetro del rapporto professionale.
Nella fattispecie in esame, incontroverso che la dichiarazione dei redditi non è stata sottoscritta dal
contribuente ai sensi dell'art. 1 Dpr 322/1998, la sentenza della CTR ha ritenuto di poter prescindere
dall'accertamento della sussistenza di specifico incarico all'intermediario, affermando che l'invio
telematico della dichiarazione, ex art.3 Dpr 322/98, era stato effettuato con il consenso del
contribuente in quanto si trattava di documento conclusivo del procedimento di tenuta della contabilità,
elaborazione del bilancio e delle altre prescritte scritture contabili, ed ha altresì ritenuto irrilevante la
pretesa nullità in quanto il contribuente avrebbe concorso a cagionarla.
Tali statuizioni appaiono in contrasto con la disciplina degli artt. 1 e 3 del dpr 322/98, che prevedono la
necessità che la dichiarazione dei redditi sia sottoscritta a pena di nullità dal contribuente, o da chi ne
abbia la rappresentanza legale o negoziale, o, in caso di dichiarazione in via telematica, da intermediario
a ciò specificamente incaricato.
Il conferimento di tale incarico all'intermediario e comunque la mancanza del potere di rappresentare il
contribuente ai fini della presentazione della dichiarazione, se contestato dal suddetto contribuente,
va dunque specificamente accertato dal giudice di merito.
L'accoglimento del primo motivo assorbe l'esame del secondo.
La sentenza va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della medesima CTR che si atterrà al
seguente principio di diritto:
"L'invio telematico della dichiarazione dei redditi ai sensi dell'art. 3 dpr 322/98 richiede il
conferimento da parte del contribuente di uno specifico incarico all'intermediario, trattandosi di
adempimento distinto da quello di tenuta della contabilità e di consulenza fiscale in generale, con
conseguente necessità di accertamento della sussistenza di tale incarico in ipotesi di relativa
contestazione".
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso.
Dichiara assorbito il secondo.
Cassa la sentenza della CTR del Friuli Venezia-Giulia e rinvia anche per la liquidazione delle spese
del presente giudizio, ad altra sezione della medesima CTR.
( da www.altalex.it )
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Cassazione civile, sez. tributaria, sentenza 11.06