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“La nostra
battaglia
continuerà
in Italia”
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Davide Vannoni, finito nella bufera per il
caso Stamina, difende la correttezza del suo
operato e assicura: “Non andremo all’estero.
Spero che lo scempio giuridico e umano si
raddrizzi”.
>> d i g a b riella russia n
valutazione dei risultati ottenuti
dai pazienti. Cioè non si vuole valutare se la terapia di un ospedale
pubblico funzioni oppure no”.
D
alle polemiche alla bufera giudiziaria, il caso Stamina continua a tenere
banco. Nell’occhio del ciclone c’è
Davide Vannoni, che da eroe dei
sostenitori della libertà di cura è
stato additato come una sorta di
‘pericolo pubblico’. Ecco la sua
versione dei fatti.
Professor Vannoni, possiamo dire che è
nel mezzo di un polverone mediatico?
“Sì e continuo la mia battaglia.
Me ne frego delle menzogne che
stanno investendo Stamina, che
esiste e continuerà ad esistere.
Posso però dire che al momento
c’è uno stop delle infusioni, ma
per ragioni interne e non esterne
a Stamina”.
Il dottor Andolina è sempre al suo
fianco?
“Certamente. E’ un ottimo medico, che tiene moltissimo ai suoi
pazienti. E vorrei ricordare che
ciò che conta non è solo la competenza, ma anche l’umanità. E
lui ne ha da vendere”.
E che cosa si può dire dei genitori che
prima la sostenevano e ora invece si
ribellano al suo metodo?
“Voglio chiarire una cosa. In
questo fango mediatico sono stati
mescolati, probabilmente in malafede, due periodi ben distinti. Uno
si riferisce al 2008, quando eravamo a San Marino, l’altro è il 2011
con l’Ospedale di Brescia. Bene,
per quanto riguarda il periodo dal
2011, nessun genitore dei pazienti in cura ci ha abbandonato. Per
i casi del 2008, c’è stato qualcuno
che si è visto interrompere le cure
e che perciò si è sentito abbandonato da Stamina. C’è anche da dire
che di quei pochi casi, forse 8, due
sono stati trovati dai giornalisti e
continuamente riproposti in tv”.
Ma i genitori hanno pagato o no le
cure?
“Sì, ma solo coloro i cui malati
venivano curati a San Marino. Pagavano una parte del trattamento
a una società estera per la crescita
delle cellule staminali. Ma erano
ben consapevoli di ciò che stavano facendo. Coloro, invece, che a
partire dal 2011 sono stati e sono
seguiti dall’Ospedale di Brescia,
non hanno mai pagato nulla”.
Che futuro si prospetta per Stamina?
Sono frequenti le voci di una volontà
di trasferirla all’estero.
“No assolutamente. Stamina
ha la sua battaglia in Italia e non
ha nessuna intenzione di andare
all’estero. Alcuni genitori di bambini malati vorrebbero rivolgersi
fuori dal nostro Paese, ma ribadisco che Stamina non va da nessuna parte. Spero soltanto che
lo scempio giuridico e umano si
raddrizzi”.
La storia di Slavin, direttore scientifico del ‘Ctci center’ di Tel Aviv, come alternativa a Vannoni è un’invenzione?
“Stamina è una cosa diversa da
ciò che fa Shimon Slavin. Non
l’ho mai incontrato e conosciuto.
So, dalle famiglie che vi si sono
rivolte, che hanno intenzione di
chiudere a breve il suo laboratorio in Israele”.
Questo cambio al vertice del nostro governo, cosa comporta per Stamina?
“Con la conferma di Beatrice Lorenzin per noi non cambia
proprio niente. Anzi, continuerà
questo processo pubblico”.
C’è un intero Ministero però...
“Trovo scandaloso che il Ministero non abbia nominato il nuovo
comitato scientifico e che non sia
stato creato un ente terzo per una
■ via da udine
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Nessun conflitto con l’Ateneo del Friuli
Lei è stato professore associato
dell’Università di Udine, adesso non
più. Come sono andate le cose?
“Semplicemente ho partecipato ad un bando di concorso
per insegnare in un’altra università, nello specifico a Roma,
(si tratta dell’Università Niccolò
Cusano n.d.r.) perché è una città
che mi permette di poter seguire
altre cose che ho in piedi. E’ un
fatto di comodità, anche perché
potrò sviluppare delle ricerche”.
Ciò è accaduto quasi in concomitanza con il caso Stamina. Puro caso?
“Il rapporto tra l’ateneo friulano è le mie attività è pari a zero.
Tra me e l’Università di Udine
non c’è nessun tipo di conflitto.
Ho passato lì ben 12 anni della
mia vita e davvero non ho nulla
da recriminare. Certo, c’è stato
un disaccordo con il professor
Carlo Alberto Beltrami. Ma non
ha niente a che vedere direttamente con l’Università”.
Quando dice “la lobby dei farmaci
vuole fermarmi sulla pelle di chi soffre” cosa intende?
“Non esiste solo la lobby dei farmaci, in verità ce ne sono molte,
compresa quella di un gruppo di
scienziati che vuole monopolizzare l’utilizzo delle cellule staminali
per poterne trarre dei guadagni in
futuro. Comunque intendo dire
che ci sono delle leggi che negli
ultimi 8-10 anni hanno impedito
l’uso delle terapie salvavita”.
Una delle accuse che vi rivolgono è
quella che mantenere segreto il contenuto delle infusioni somministrate.
“Questa accusa è una delle menzogne più grandi che esistono.
Noi, nel 2010, abbiamo presentato
tre domande di brevetto e poi ritirate, cosa che gli Spedali Civili di
Brescia sapevano. Anzi, l’ospedale
ha una caratterizzazione completa
delle cellule trattate prima e dopo
il loro congelamento, questo significa che hanno una serie enorme
di dati. Ne consegue che sono a
conoscenza del prodotto cellulare
che viene iniettato ai pazienti”.
Arriviamo al processo per tentata
truffa alla Regione Piemonte.
“Sono tranquillo. I capi d’accusa
sono tre e li riassumo così: il primo sostiene che quando abbiamo
chiesto il finanziamento non eravamo ancora una Onlus, effettivamente non avevamo ancora lo
status di Onlus, ma questa è una
questione fiscale. Secondo, il Pm ci
accusa di aver trattato casi non reali, quando invece sono più che reali
e abbiamo le pubblicazioni. Terzo,
dicono che avevamo un comitato
scientifico fittizio e invece possediamo pure lettere di dimissioni di
alcuni dottori, che perciò c’erano e
sapevano eccome di farne parte”.
Quando sottolineano che lei non è
dottore le dà fastidio?
“Nessun fastidio, io presiedo
un’associazione, non sono medico, né voglio esserlo. Infatti, sono
affiancato da professionisti. E
loro sì che sono medici”.
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