Luglio-Settembre 2014 • Vol. 44 • N. 175 • Pp. 162-172 CARDIOlogia pediatrica News and updates in Cardiologia Pediatrica: revisione della letteratura dal 2008 al 2013 Silvia Chiapedi, Savina Mannarino, Gianfranco Butera* Cardiologia Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinio S. Matteo, Pavia; * Cardiologia pediatrica e cardiopatie congenite dell’adulto, Policlinico San Donato IRCCS, San Donato Milanese Sommario I progressi scientifici hanno portato negli ultimi anni a considerare nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche nell’ambito della Cardiologia Pediatrica dall’epoca perinatale all’età adulta: 1 In epoca fetale è possibile uno screening cardiologico precoce già a partire dalla 12°-14° settimana. Le tecniche di interventistica fetale eseguite sotto guida ecografica nel secondo trimestre di gravidanza hanno dato il via a tentativi di terapia in utero di alcune cardiopatie congenite. 2 I meccanismi genetici, epigenetici ed ambientali responsabili delle cardiopatie congenite sono ancora oggi poco conosciuti. Nuove avanzate tecniche applicate allo studio della genetica hanno accelerato la scoperta di geni candidati e meccanismi patogenetici alla base di alcune cardiopatie congenite sporadiche e delle più comuni modalità di presentazione. 3 La patologia cardiaca acquisita nella popolazione pediatrica si esplica con vecchi problemi e nuove emergenze: alla “vecchia” malattia reumatica non ancora sconfitta si affiancano patologie croniche coronariche e secondarie a tossicità terapeutica nel paziente oncologico. 4 Le nuove tecniche di imaging non invasivo consentono uno studio più accurato del ventricolo destro grazie all’integrazione dei dati ottenuti da più metodiche. 5 Sono disponibili, i risultati di interessanti studi di follow-up in pazienti sottoposti ad interventi cardiochirurgici o a tecniche di cardiologia interventistica nelle principali cardiopatie congenite. 6 Lo sviluppo della tecnologia ha portato all’applicazione in età pediatrica di nuovi device per l’assistenza ventricolare. Sono nate procedure ibride che associano contemporaneamente tecniche cardiochirurgiche e interventistiche. Summary Scientific progress led in the last years to consider new diagnostic and therapeutic approaches in the field of pediatric cardiology from the perinatal age to adulthood: 1 Thanks to the technological advancement of the ultrasound imaging systems, today it is possible to have early fetal cardiovascular imaging starting at 14 weeks. Through the development of minimally invasive techniques image-guided foetal interventional therapy may improve the outcome of some congenital heart disease (CHD). 2 The precise genetic, epigenetic or environmental basis for CHD in humans remains poorly understood. The advent of contemporary genomic technologies are accelerating the discovery of genetic causes of CHD. Importantly, these approaches enable study of sporadic cases, the most common presentation of CHD. 3 The acquired heart disease in the pediatric population shows old problems and new emergencies: the not yet defeated “old” rheumatic disease alongside with the acquired coronary disease and cardiovascular disease due to cardiotoxicity after childhood cancer. 4 Important progress in the fields of non-invasive imaging techniques allows a more careful study of the right ventricle. 5 Improvements of cardiac surgery and interventional catheterization results in the correction of complex cardiac defects: we present the results of interesting follow up studies. 6 Technical research brought to the development of a pediatric specific ventricular assist device. New hybrid procedures combine surgical and interventional techniques. Introduzione Lo scopo di questo articolo è dare ai lettori una overview ragionata dei principali lavori della letteratura nel campo della cardiologia pediatrica nel periodo 2009-2014. In particolare verranno affrontate le seguenti tematiche: cardiologia fetale, genetica, problematiche pediatriche con coinvolgimento cardiologico, biomarkers, imaging non invasivo, emodinamica interventistica, cardiochirurgia, terapie ibride, cardiopatie congenite dell’adulto, news. Nel sottocapitolo “problematiche pediatriche con coinvolgimento cardiologico” verranno riportati i lavori che riguardano il coinvolgimento cardiologico di patologie sistemiche quali Kawasaki e malattia reumatica, e quello secondario a trattamenti anti-tumorali. 162 Infine nel sottocapitolo “news” cercheremo di riportare i lavori più innovativi che a nostro avviso aprono nuove possibili evoluzioni nell’ambito della nostra specialità. Metodologia della ricerca bibliografica La ricerca bibliografica è stata effettuata tramite il sito internet Pubmed (http://www.ncbi.nim.nih.gov/entrez) indicando parole chiave riguardanti la cardiologia pediatrica: prenatal diagnosis of CHD, fetal cardiac intervention, genetics of CHD, acquired heart disease in children, acquired coronary disease in children, biomarkers, echocardiography, cardiovascular imaging, cardiac surgery of CHD, catheterization, hybrid procedures, pediatric ventricular assist device. Novità in cardiologia e cardiochirurgia pediatrica Il periodo preso in considerazione è stato quello che va dall’1/1/2009 al 15/03/2014. La scelta degli articoli, pur essendo soggettiva, è stata guidata dall’importanza delle casistiche presentate. Cardiologia Fetale L’identificazione delle cardiopatie congenite nella vita fetale offre molti vantaggi, tra cui un adeguato counseling familiare e la pianificazione del luogo della nascita in centri di terzo livello dove il neonato può essere adeguatamente stabilizzato. I dati sui potenziali benefici di una diagnosi prenatale in termini di mortalità e morbilità a distanza sono ancora controversi. Lo studio di Oster del 2014 dimostra che sebbene non sia ancora possibile evidenziare chiaramente una riduzione della mortalità postnatale, i neonati con diagnosi prenatale ottengono una migliore stabilizzazione preoperatoria e una riduzione di morbilità in termini di ipossiemia, acidosi metabolica e necessità di supporto ventilatorio invasivo. Un campo di interesse negli ultimi anni è rappresentato dai progressi tecnologici che hanno permesso di sviluppare nuove metodiche ecocardiografiche come l’imaging 3D e 4D. I vantaggi sono principalmente rappresentati dalla possibilità di visualizzare l’immagine su più piani ortogonali, di ottenere piani non tradizionali su scelta specifica dell’operatore e di trasmettere le immagini tramite telemedicina da centri periferici a centri ad alta specializzazione. Il valore aggiunto di questa metodica in termini di accuratezza diagnostica per alcuni difetti cardiaci mal visualizzabili all’esame 2D sembra tuttavia ancora basso e quantificato intorno al 6%. Ulteriori miglioramenti tecnologici permetteranno in futuro di aumentarne la sensibilità diagnostica (Rogers et al., 2013). Un’altra novità è rappresentata dalla possibilità di uno screening cardiologico precoce, a partire dalla 12°-14° settimana di età gestazionale per via trans addominale. Tale metodologia d’esame è attualmente applicata nelle donne ad alto rischio e in quelle con storia di precedenti figli affetti da cardiopatie congenite. È stato dimostrato che un’ecografia precoce identifica la maggior parte delle cardiopatie congenite complesse con un’alta specificità (96-98%) e una buona sensibilità (70%). Esiste tuttavia la possibilità che alcune cardiopatie sfuggano alla diagnosi precoce sia per la loro evolutività sia per le loro caratteristiche (difetti interventricolari anche ampi, anomalie dell’arco aortico e coartazione aortica, tetralogia di Fallot, stenosi della polmonare, canali atrioventricolari parziali e ritorno venoso anomalo totale). Per tale motivo l’esame deve essere comunque ripetuto tra la 18° e la 22° settimana (ecografia convenzionale). In futuro l’aumentata richiesta di effettuare uno screening precoce, potenzialmente estendibile a tutta la popolazione, renderà necessario il miglioramento della capacità diagnostica dei singoli operatori nonché lo sviluppo e la diffusione di apparecchi ecografici con tecnologia adeguata. Lo studio più accurato dell’evoluzione delle cardiopatie congenite ha dato da tempo l’avvio a nuove procedure terapeutiche in utero. Alcuni recenti articoli descrivono lo stato dell’arte sull’utilizzo di tecniche di interventistica fetale. Esse vengono eseguite sotto guida ecografica per via percutanea nel secondo trimestre di gravidanza, con puntura dell’addome e dell’utero materno e accesso diretto al ventricolo sinistro o destro del feto per via transtoracica. Come ben illustrato dagli articoli del gruppo di Boston (McElhinney et al 2010) e del gruppo di Parigi (VanAerschot et al., 2011) l’intento è mirato a prevenire cambiamenti irreversibili strutturali secondari al ridotto flusso nelle cardiopatie a prognosi molto severa. Le tre indicazioni attualmente accettate includono la valvuloplastica aortica con palloncino per la prevenzione dello sviluppo del cuore sinistro ipoplasico, la valvuloplastica dell’arteria polmonare per la prevenzione del cuore destro ipoplasico e l’atriosettostomia con palloncino per migliorare l’outcome nei pazienti con cuore sinistro ipoplasico e setto interatriale intatto o altamente restrittivo. Il rischio di morte fetale legato alla procedura, stimato tra il 5,5 e il 6,5%, sebbene non sia trascurabile è eticamente accettato poichè comunque inferiore al rischio di morte naturale pre- e post-natale. Altre complicanze sono una combinazione di bradicardia e disfunzione ventricolare di severità variabile, l’emopericardio e il parto prematuro. A questo proposito un promettente approccio interventistico sembra essere il cateterismo cardiaco anterogrado per via transepatica che permette di accedere alla porzione sottodiaframmatica dei vasi fetali evitando la puntura ventricolare. Attualmente applicato nei feti di pecora, ha mostrato un ridotto rischio di complicanze (Boudjemline et al., 2010). La procedura prenatale infine non può essere considerata risolutiva, poiché tutti i neonati dopo la nascita necessiteranno di altre procedure e/o interventi di correzione. McElhinney nel 2010 sottolinea l’importanza di definire precisi criteri ecocardiografici in grado di identificare i feti che più probabilmente otterranno un beneficio postnatale da queste metodiche. Un esempio è rappresentato dalla valvuloplastica aortica poichè, nonostante il successo della procedura, è talora difficile prevedere se dopo la nascita il neonato andrà incontro a una correzione di tipo bi ventricolare o univentricolare. Ad ogni modo, gli sviluppi futuri della terapia interventistica fetale potranno portare ad una riduzione della mortalità e morbilità di neonati considerati fino a poco tempo fa incurabili. Genetica delle cardiopatie congenite Le cardiopatie congenite rappresentano l’anomalia congenita più comune nei neonati. Nonostante siano state studiate attraverso modelli sperimentali animali e studi di embriologia sulla differenziazione e la morfogenesi cardiaca, restano ancora poco conosciuti i meccanismi genetici, epigenetici o su base ambientale responsabili di tali malformazioni. Per lo studio dei geni candidati, nei decenni precedenti le ricerche si sono concentrate sulle rare famiglie in cui era evidente una trasmissione mendeliana. Mutazioni familiari possono essere trasmesse in forma autosomica dominante, recessiva o X-linked ma esprimersi con un’ elevata variabilità sia clinica che di penetranza. Questo documenta l’elevata eterogeneità genetica delle cardiopatie congenite. Due sono i concetti principali: mutazioni in geni diversi possono causare un’identica malformazione, poiché esiste una grande interdipendenza delle molecole coinvolte nello sviluppo cardiaco; un’identica mutazione genetica può per contro generare malformazioni cardiache diverse, poiché influenze dell’ambiente materno-fetale, della biomeccanica cardiaca o di altri fattori possono modificarne l’espressione. Questa interessante review di Fahed et al., 2013 descrive nel dettaglio lo stato dell’arte e sottolinea come l’avvento di nuove tecnologie di genomica quali ‘SNP arrays’, ‘next-generation sequencing’ e ‘CNV platforms’ sia in grado di ampliare le nostre conoscenze sulla complessa architettura genetica delle cardiopatie anche quando si manifestano in forma sporadica. La tetralogia di Fallot (TOF) è la più comune malformazione congenita severa del cuore. Nel 70% dei casi si presenta sporadicamente, non associata ad altre anomalie e senza una causa apparente. Nel 15% e nel 7% dei casi invece si associa rispettivamente a microdelezione del cromosoma 22q11.2 (sindrome di DiGeorge) e a trisomia 21 (sindrome di Down). In tali casi la cardiopatia è frequentemente associata ad altre multiple anomalie non cardiache. Una percentuale di TOF può presentarsi inoltre nel contesto di infezioni prenatali, 163 S. Chiapedi, S. Mannarino, G. Butera esposizione a teratogeni, malattie materne quali il diabete. Possono essere responsabili di tale cardiopatia anche mutazioni, trasmesse con modalità dominante, che alterano il dosaggio di un gene: l’aploinsufficienza di geni che codificano per fattori di trascrizione cardiaci (NKX2.5, TBX1, TBX5, GATA4 ZFMP2/FOG2 FOXH1) o di geni coinvolti nei segnali di trasduzione (NOTCH1, JAG1) CFC1, TDGF1, GDF1 e NODAL1 possono causare TOF. Tuttavia, più comunemente, mutazioni in questi geni producono anche altre malformazioni cardiache. Un interessante studio di Greenway et al. pubblicato nel 2009, partendo dall’ipotesi che mutazioni de novo in grado di alterare il dosaggio di geni coinvolti nello sviluppo cardiaco, possano spiegare forme isolate non sindromi che di TOF, ha analizzato attraverso un “genome-wide survey” 114 soggetti con TOF non sindromica e i loro genitori sani. Tale metodica ha permesso di scoprire 11 “de novo copy number variants (CNVs)” assenti o estremamente rare (< 0,1%) in 2.265 controlli. Questa metodica evidenzia microdelezioni e microduplicazioni non rilevabili con le metodiche standard. Nell’1% (p = 0,0002, OR = 22,3) dei casi sporadici non sindromici di TOF sono stati identificati CNVs a livello del cromosoma 1q21.1. Altri cromosomi in cui ricorrevano CNVs erano: 3p25.1, 7p21.3 e 22q11.2. In un singolo caso di TOF CNVs erano presenti contemporaneamente in sei loci, due dei quali codificavano geni noti per tale malattia (NOTCH1, JAG1). In sintesi il lavoro ha rivelato microalterazioni genetiche in circa il 10% dei casi di TOF sporadica non sindromica e ha definito sette nuovi loci che aumentano notevolmente il rischio per TOF sporadica, non sindromica (odds ratio ≥ 8,9). Alcuni di tali loci sono grandi (> 100 kb) e tre loci hanno penetranza incompleta. Infine questo studio ha aperto la strada alla scoperta di mutazioni in alcuni geni responsabili di casi sporadici di TOF. De Luca et al. nel 2011 ha individuato una nuova mutazione nel gene ZFPM2/FOG2 sia in casi di TOF che di doppia uscita da ventricolo destro e una mutazione missenso (Arg25Cys) nel gene NKX2.5. Valentina Guida et al. nel 2011 ha dimostrato il coinvolgimento del gene JAG1 e nel 2013 ha identificato un altro gene candidato: il gene GJA5 che codifica una proteina cardiaca a livello delle gap junction (connessina 40) localizzato sul cromosoma 1q21.1 Tutti questi studi confermano ancora una volta la grande eterogeneità genetica di questa grave malformazione cardiaca. Un altro interessante studio di Versacci et al., 2011 riguarda la trasposizione dei grossi vasi (TGA), cardiopatia caratterizzata da discordanza ventricolo arteriosa (l’aorta origina dal ventricolo destro e la polmonare dal ventricolo sinistro). In tale cardiopatia i due vasi di efflusso decorrono paralleli senza segni di spiralizzazione. Normalmente la TGA veniva classificata come un difetto troncoconale ma studi recenti suggeriscono di includerla nelle anomalie della lateralizzazione. Nel cuore la morfologia normale è frutto di complessi fenomeni di rotazioni e spiralizzazioni dei segmenti cardiaci e dei relativi campi cardiaci. Questi fenomeni sono regolati da numerosi geni, solo in parte noti. La simmetria sinistro-destra degli organi interni è una caratteristica fondamentale non solo dell’uomo, ma anche di molti animali inclusi i vertebrati. Nell’uomo alterazioni di queste simmetrie determinano cardiopatie congenite molto severe e associate ad altri difetti extracardiaci, come le eterotassie con asplenia (isomerismo destro) o con polisplenia (isomerismo sinistro). Partendo dall’osservazione dei casi di eterotassia, gli Autori hanno notato similitudini fenotipiche tra il pattern spirale normale del cuore umano, destro-ruotato (D-loop embriologico) e quello della maggior parte delle conchiglie che presentano un guscio al pari destro-ruotato. Pazienti con situs inversus mostrano un pattern sinistro-ruotato dei grossi vasi come in una minoranza di queste conchiglie. Le analogie 164 tra il cuore umano e il guscio delle conchiglie hanno suggerito un meccanismo genetico comune ad entrambi, che coinvolge “Nodal”, gene architetto che sovrintende la spiralizzazione. Tale gene è un “transcription growth factor” della famiglia del TGF-ß. Negli uomini sono state identificate mutazioni del gene Nodal non solo in bambini con eterotassia, ma anche in quelli con forme sporadiche e familiari di TGA. Questi autori hanno mostrato che l’inibizione farmacologica del pathway Nodal produce nelle conchiglie gusci non spiralizzati che ricordano il fenotipo non spirale delle grosse arterie nella TGA. Questo supporterebbe l’ipotesi di inserire questa cardiopatia nei difetti di lateralizzazione. Problematiche pediatriche con coinvolgimento cardiologico La patologia cardiaca acquisita nella popolazione pediatrica si esplica con vecchi problemi e nuove emergenze. Alla “vecchia” malattia reumatica, non ancora sconfitta ma sempre in auge per la variabilità di presentazione, si affiancano le patologie da lesioni coronariche acquisite o da cardiotossicità nel paziente pediatrico oncologico sopravvissuto. La malattia reumatica resta una delle principali patologie prevenibili nel mondo e a tutt’oggi una delle maggiori cause di morte nei paesi in via di sviluppo e sporadicamente nei paesi industrializzati. La cardite reumatica è target di programmi di screening storicamente affidati al riscontro di soffio cardiaco. Nell’ultimo decennio si è reso evidente che l’utilizzo della sola auscultazione sottostima la prevalenza di malattia ed è nato il concetto di cardite reumatica subclinica, caratterizzata dalla presenza di anomalie ecocardiografiche strutturali o funzionali in assenza di soffio cardiaco patologico. Grazie allo sviluppo e alla diffusione negli ultimi 5 anni di ecocardiografi portatili, gli sforzi attuali sono volti a identificare tramite protocolli “fast” le forme subcliniche delineando nuovi criteri standardizzati diagnostici e di screening. (Roberts et al., 2012; Remenjii et al., 2013; Marijon et al., 2012). La World Heart Federation ha pubblicato nel 2012 precisi criteri diagnostici ecocardiografici da valutare in associazione ai dati clinico-anamnestici del singolo paziente ed ai dati epidemiologici. Il ruolo prognostico delle lesioni valvolari silenti resta tuttavia un problema aperto poiché sono necessari studi che dimostrino che tali lesioni evolveranno in patologia conclamata in assenza di profilassi secondaria. (Reményi B et al., 2012) La patologia coronarica acquisita, tipica dell’età adulta, ha un impatto sempre crescente anche all’interno della popolazione pediatrica. La malattia di Kawasaki rappresenta la prima causa di lesione acquisita coronarica con un’incidenza nei pazienti affetti attualmente intorno al 2-4%: questa popolazione è ad alto rischio di patologia ischemica e richiede follow-up per tutta la vita. (Eleftheriou D et al., 2013). Nuove tecniche ecocardiografiche (strain, speckle tracking), da affiancare alla più tradizionale ecocardiografia del tratto prossimale delle coronarie, hanno migliorato l’approccio allo studio della funzione miocardica. La necessità di follow-up è evidente nei pazienti con aneurismi giganti ad alto rischio di stenosi e occlusione, mentre meno chiaro è il protocollo per seguire l’outcome di tutti gli altri pazienti (aneurismi di piccole/medie dimensioni, aneurismi che vanno incontro a regressione e pazienti senza coinvolgimento coronarico in acuto) poiché infiammazione subclinica, ispessimento dell’intima e altri fattori quali l’alterazione del profilo lipidico possono aumentare il rischio di patologia cardiovascolare ed aterosclerosi in età adulta. (Manhliot et al., 2013) Interessante il dato riportato da Daniels nel 2012: tra i giovani adulti sotto i 40 anni sottoposti Novità in cardiologia e cardiochirurgia pediatrica a coronarografia per sospetto infarto miocardico: una percentuale del 5% presentava aneurismi correlati a malattia di Kawasaki. Nell’ambito delle cardiopatie congenite lo studio delle coronarie è particolarmente utile in pazienti sottoposti ad intervento di correzione di trasposizione dei grossi vasi con switch arterioso che prevede il reimpianto delle arterie coronarie. Sebbene le complicanze coronariche siano più frequenti entro il primo anno dalla procedura, nel 3-10% dei casi possono comparire lesioni tardive, causa anche di morte improvvisa. Un potenziale rischio di compressione coronarica è inoltre presente in pazienti che necessitano procedure interventistiche sul tratto di efflusso del ventricolo destro (come ad es. la sostituzione percutanea della valvola polmonare). La vasculopatia coronarica post-trapianto, caratterizzata da una proliferazione concentrica dell’intima che ostruisce diffusamente il lume del vaso, è la causa più comune di rigetto nei bambini sottoposti a trapianto cardiaco. La diagnosi di questa complicanza è molto difficile poiché la denervazione simpatica impedisce l’espressione dei classici sintomi anginosi. Il suo precoce riconoscimento è fondamentale per un adeguato regime immunospressivo. Tradizionalmente lo studio della patologia coronarica si avvaleva della sola angiografia. Di estrema attualità la ricerca e il potenziamento di metodiche di imaging non invasive: un interessante lavoro (Ou et al., 2013), discute il ruolo complementare di Topografia Computerizzata (TC) e Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Tali metodiche permettono di studiare con maggior accuratezza il decorso dei vasi in relazione alle strutture adiacenti e grazie alle ricostruzioni tridimensionali forniscono dati aggiuntivi sul potenziale meccanismo di compromissione coronarica. La TC ha inoltre elevato valore predittivo negativo e fornisce un’ottima valutazione del lume coronarico. La RMN ha il vantaggio di non esporre il bambino a radiazioni e fornisce dati funzionali complementari a quelli anatomici che possono indirizzare le decisioni terapeutiche. La scarsa compliance in bambini di età < 5-7 anni, che a volte necessitano di terapia betabloccante per ridurre l’elevata frequenza cardiaca, costituisce ancora oggi un limite alla piena applicazione di tale imaging. Tra i problemi emergenti nell’ambito della patologia cardiaca acquisita ha sempre maggior rilievo quella oncologica pediatrica, poiché il miglioramento delle cure ha aumentato la sopravvivenza ma ha svelato gli effetti a lungo termine delle terapie cardiotossiche. L’incidenza di patologia cardiaca acquisita in questa popolazione è significativamente maggiore rispetto alla popolazione generale. Nei 30 anni successivi alla diagnosi più del 7% di loro svilupperà uno scompenso cardiocircolatorio. (Harake D et al., 2012). I meccanismi patogenetici legati allo sviluppo di cardiomiopatia dilatativa da tossicità da antracicline non sono ancora oggi completamente chiariti. Oltre al dimostrato effetto cumulativo dose dipendente sono emersi altri fattori predittivi negativi: minore età all’inizio del trattamento, durata dello stesso, sesso femminile, comparsa di scompenso o rialzo dei valori di Troponina T o proNTBNP in corso di terapia. Al contrario il pretrattamento con dexrazoxano, agente chelante il ferro, il cui impiego è approvato nella popolazione adulta, sembra avere un effetto protettivo. L’utilizzo di biomarkers e di markers ecocardiografici può aiutare nel monitoraggio clinico e nella diagnosi precoce di disfunzione cardiaca e permettere un trattamento farmacologico in fase preclinica. I farmaci attualmente in uso sono i betabloccanti e gli ACE-inibitori. Il carvedilolo, antagonista beta-adrenergico con effetto vasodilatatore è un potente antiossidante, Captopril ed Enalapril sono utilizzati come coadiuvanti per ridurre lo stress ossidativo da chemioterapia e la produzione di radicali liberi e per bloccare l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. (Lipshultz e Adams, 2014). Negli ultimi anni si è chiarito il ruolo di altri agenti cardiotossici: lo studio di Tukenova ha dimostrato che anche dosi radianti inferiori a 35-40 Gy a livello mediastinico (es. linfoma di Hodgking) sono associate ad un aumento della mortalità. La terapia radiante induce più frequentemente una cardiomiopatia di tipo restrittivo, tipicamente associata a disfunzione diastolica piuttosto che sistolica del ventricolo sinistro. È segnalata anche una maggiore incidenza di interessamento coronarico. Farmaci antitumorali come gli inibitori delle tirosin chinasi, sempre più in uso in età pediatrica, esercitano un effetto cardiotossico potenzialmente reversibile con meccanismo differente rispetto alle antracicline. Reversibile è anche la cardiotossicità indotta dalla carenza di vitamina D o deficit di ormoni tiroidei, sessuali e della crescita. Esiste una risposta individuale verosimilmente genetica/ epigenetica allo sviluppo di cardiotossicità. Nelle forme progressive il trapianto cardiaco, unica opzione terapeutica, mostra un outcome simile a quello dei pazienti senza storia di patologia tumorale ma a tutt’oggi non esistono ancora linee guida per la selezione dei pazienti. In questa popolazione pediatrica in crescita, esiste infine un rischio aggiuntivo cardiovascolare legato all’inattività fisica e allo sviluppo di sindrome metabolica con accelerazione dei fenomeni di aterosclerosi, dislipidemia (es. ipertrigliceridemia durante terapia con Asparaginasi), disfunzione endoteliale (iperomocistinemia associata a terapia con metotrexate), insulino-resistenza, ipertensione. Biomarkers Nell’adulto il dosaggio di biomarkers quali BNP e proNT-BNP (frammento N-terminale del pro-ormone) è affiancato routinariamente alla valutazione clinica per la diagnosi, la prognosi e la terapia delle malattie cardiologiche. Più esigui sono i dati relativi a popolazioni pediatriche. Un recente lavoro di Cantinotti pubblicato nel 2014 descrive il ruolo di questi biomarkers nel bambino con cardiopatia congenita o acquisita. In età pediatrica i valori normali variano con l’età: sono infatti molto alti nei primi 4 giorni di vita, diminuiscono progressivamente nel primo mese e restano stabili fino a 12 anni; dopo i 14 anni esistono differenze legate al sesso probabilmente per effetto degli ormoni steroidei. Anche condizioni non esclusivamente cardiologiche possono determinare dosaggi più elevati: in epoca neonatale gemellarità, diabete gestazionale, IUGR e prematurità; nelle età successive disordini endocrino-metabolici, patologie renali, epatiche ed infezioni. Tuttavia è dimostrato che in ambito cardiologico pediatrico, il loro dosaggio è utile come fattore predittivo di severità in diverse condizioni patologiche e per il monitoraggio della risposta terapeutica. Nelle cardiopatie con sovraccarico di volume i valori correlano positivamente con l’entità dello shunt sinistro-destro, (utili ad esempio nell’indicazione alla chiusura del Dotto di Botallo specie nei prematuri) e con il volume tele-diastolico del ventricolo sinistro. I biomarkers sono inoltre influenzati dall’aumento della pressione in arteria polmonare e/o delle resistenze vascolari polmonari. BNP e proBNP sono più elevati in caso di cardiopatie congenite complesse rispetto ai difetti semplici, in quelle con impegno ventricolare sinistro (sovraccarico di volume o pressione) rispetto all’impegno ventricolare destro e nei pazienti operati di Fontan classica rispetto a quelli con connessione cavo-polmonare totale. Più incerto il significato nel cuore univentricolare se morfologicamente destro o sinistro. Nei pazienti operati di tetralogia di Fallot fornisce un’informazione aggiuntiva per la correzione dell’ insufficienza della valvola polmonare in presenza di dilatazione del ventricolo destro. Anche nei pazienti cardiopatici congeniti adulti i livelli di BNP e proBNP a seconda del tipo di difetto, correlano con i parametri ecocardiografici e la capacità all’esercizio fisico. (Jannet et al., 2012) Il dosaggio dei biomarkers è molto utile nelle cardiomiopatie; esiste infatti una forte 165 S. Chiapedi, S. Mannarino, G. Butera correlazione con la riduzione della frazione di eiezione, la dilatazione del ventricolo sinistro e l’alterata funzione diastolica. Raggiungono valori molto elevati nelle forme dilatative e risultano un indice predittivo di severità nelle forme ipertrofiche indipendentemente dai parametri ecocardiografici. Ormai è riconosciuto il loro ruolo nel monitoraggio della tossicità da doxorubicina nel paziente oncologico e in quello talassemico con patologia da sovraccarico marziale. Studi recenti suggeriscono infine un ruolo prognostico del BNP nel paziente sottoposto a intervento cardochirurgico: esso correla con la durata della ventilazione meccanica, la degenza in terapia intensiva, la necessità di supporto con inotropi (Aĝirbaşli e Undar, 2012). Imaging non-invasivo Lo studio del ventricolo destro è spesso difficoltoso data la particolare anatomia tridimensionale di tale camera cardiaca. Durante gli ultimi anni, la struttura e la funzione ventricolare destra si sono dimostrate essere un’ importante determinante degli outcomes in diverse malattie cardiovascolari e polmonari. Inoltre la fisiologia restrittiva del ventricolo destro rappresenta un dato frequente nei soggetti con tetralogia di Fallot. Le caratteristiche del riempimemto ventricolare destro possono influenzare il riempimento ventricolare sinistro. Ahmad e coll (Ahmad et al., 2012) hanno dimostrato questo dato mediante analisi ecocardiografica di 112 pazienti con tetralogia di Fallot. In un ampio lavoro di review Valsangiacomo e Mertens (2012) riportano come attualmente l’integrazione dei dati ottenute con varie techniche ecocardiografiche, con la tomografia computerizzata multistrato e la risonanza magnetica cardiaca permettono di ottenere molte utili informazioni per la valutazione del ventricolo destro. La disfunzione ventricolare sinistra rappresenta un fattore di rischio importante associato con evoluzione clinica sfavorevole nei pazienti con tetralogia di Fallot. La torsione e lo strain del ventricolo sinistro rappresentano due metodiche ecocardiografiche per studiare in modo più approfondito la funzione ventricolare sinistra. Un gruppo di 29 pazienti con tetralogia di Fallot (Takayasu et al., 2011) presentava significative anomalie della torsion e dello strain, segni di una precoce anomalia della funzione ventricolare sinistra anche in pazienti senza segni di insufficienza cardiaca. Kirkpatrick (Kirkpatrick 2014) ha invece riportato una interessantissima review sull’utilità dell’ecocardiografia nell’ipertensione arteriosa in età pediatrica. In particolare l’autore discute le diverse tecniche disponibili, i vantaggi ed i limiti della metodica. Infine, Taylor et al. (2014) hanno confrontato l’accuratezza della risonanza magnetica post-mortem con l’autopsia convenzionale in 400 feti e bambini morti. La sensibilità e specificità per le patologie cardiovascolare erano rispettivamente 72,7% (95% CI 58,2-83,7) e 96,2% (95% CI 93,5-97,8). Allo scopo di individuare anomalie cardiologiche tale metodica rappresenta una valida alternativa all’autopsia convenzionale in feti e bambini. Altri studi riguardanti in particolare la RMN ed il follow-up di varie cardiopatie congenite sono riportati in altri capitoli. Cardiologia interventistica Negli ultimi anni l’emodinamica interventistica ha guadagnato uno spazio sempre maggiore nel trattamento di particolari difetti congeniti, quali l’impianto transcatetere della valvola polmonare, la coartazione aortica e i difetti interatriali. Numerose sono le pubblicazioni sui risultati a medio e lungo termine di tali procedure. Compaiono inoltre nuove indicazioni all’utilizzo di stent nei bambini più piccoli con cardiopatie congenite complesse. 166 Impianto trans catetere di valvola polmonare: l’insufficienza polmonare residua è una complicanza relativamente frequente nelle correzioni di cardiopatie con ostacolo/atresia del tratto di efflusso del ventricolo destro (es. tetralogia di Fallot, atresia polmonare con DIV, truncus arteriosus) e comporta negli anni lo sviluppo di una disfunzione ventricolare destra. È pertanto possibile che si renda necessario in età postpuberale un secondo intervento di correzione. L’impianto trans catetere di valvola polmonare rappresenta una tecnica di recente introduzione nella pratica clinica. I risultati del primo studio multicentrico prospettico che ha coinvolto 5 centri americani vengono presentati nel lavoro di Mc Elhinney et al. Dal gennaio 2007 all’agosto 2009, 124 pazienti di età media 19 anni sono stati sottoposti a cateterismo per impianto di valvola polmonare Melody. A un follow up medio di circa un anno i risultati mostravano che più del 90% dei pazienti aveva una valvola ben funzionante senza necessità di reintervento; il rigurgito polmonare era assente o al massimo residuava di grado lieve. Fattori di rischio per re-intervento erano rappresentati da un più alto gradiente residuo post-procedurale, da mancanza di pre-stenting e da una minore età del paziente al momento della procedura. Dati simili sono stati inoltre riportati anche in una recente casistica italiana (Butera et al., 2013). Le problematiche principali ancora aperte sono rappresentate dal rischio di compressione coronarica dovuta allo stent, dalla frattura dello stent nel follow-up e dall’endocardite batterica. Le prime due complicanze sono quasi sempre prevenibili con una corretta tecnica di valutazione pre-impianto e con la preparazione dell’area in cui deve essere impiantata la valvola polmonare mediante pre-stenting. Il rischio di sviluppo di endocardite batterica dopo impianto di Melody è stato valutato da uno studio prospettico multicentrico che ha coinvolto 311 pazienti in 3 maggiori trials americani (McElhinney et al., 2013). L’endocardite batterica era diagnosticata come forma ad esordio subacuto da 50 giorni a 4,7 anni dall’impianto (mediana 1.3 anni). La frequenza di un primo episodio di endocardite si attestava al 2,4% per anno per paziente ed era più probabilmente correlato all’impianto solo nello 0,88% dei casi. Di tutti i pazienti trattati con antibioticoterapia per via endovenosa 4 avevano necessitato dell’espianto valvolare, 2 erano stati sottoposti a un secondo reimpianto, 2 avevano sviluppato endocarditi ricorrenti e 2 pazienti erano deceduti. La coartazione aortica costituisce circa il 7% di tutte le cardiopatie congenite conosciute e lo 0,04 % di tutti i nati vivi: presenta un’ampia variabilità clinica ed anatomica (lesione discreta fino a severa ipoplasia dell’arco). Nelle forme complesse e nei primi anni di vita la correzione è chirurgica mentre nelle forme native dall’età preadolescenziale e nelle ricoartazioni si utilizza l’angioplastica con palloncino, associata eventualmente a posizionamento di stent o covered-stent. Il rischio di ricoartazione postchirugica (5-20% dei casi) ha portato nell’ultimo ventennio all’utilizzo dell’angioplastica con palloncino come terapia di prima scelta nelle ricoartazioni e nelle coartazioni native nella preadolescenza. Nonostante i buoni risultati a breve termine di questa metodica, recentemente si sono utilizzati stent che supportano la parete del vaso dopo la dilatazione e riducono il rischio di restenosi e lacerazione dell’intima. Quando possibile (adeguato diametro dei segmenti prestenotici) si utilizzano covered stent che evitano la formazione di aneurismi a distanza. Un recente lavoro di Ringel et al. (2013) riporta i risultati a breve termine (dalla dimissione a un mese dalla procedura) dello studio multicentrico COAST sull’utilizzo degli stent Cheatam-Platinum. Nei 105 pazienti (con peso non inferiore a 35 Kg) sottoposti a posizionamento di stent, non si sono verificati eventi fatali o complicanze serie. Solo nel 6% dei casi si è sviluppata ipertensione paradossa. In passato l’applicazione di covered-stent era limitata ai casi di aneu- Novità in cardiologia e cardiochirurgia pediatrica rismi aortici, di lunghi segmenti stenotici, di malattie infiammatorie e in caso di rottura di stent non ricoperti. Una recente review di Butera et al. (2012) estende il loro utilizzo anche ai pazienti a partire dai 20 Kg. Nell’ esperienza di questo Centro complicanze quali occlusioni dell’ostio della succlavia sinistra (vaso molto vicino all’area di coartazione) si sono verificate raramente (solo 2 casi su 200), senza conseguenze cliniche. Non ci sono stati casi di migrazione dello stent. Infine in letteratura è stato segnalato un solo caso di neoproliferazione intimale dello stent ricoperto. Analoghi dati sono stati riportati da Qureshi et al. (Sadiq et al., 2013). In questo lavoro i dati di follow up (medio 45,9 ± 3,9 mesi) hanno mostrato nei 57 pazienti trattati in età adolescenziale un significativo miglioramento della tolleranza all’esercizio, l’assenza di formazione di aneurismi e/o fratture dello stent e/o dissecazioni dell’aorta e una stabile riduzione della pressione arteriosa. Solo in 6 pazienti si è verificata una lieve ricoartazione senza indicazione al reintervento. Tutti questi dati supportano l’utilizzo dei covered stent spesso come prima scelta nel trattamento interventistico della coartazione aortica. Il difetto interatriale ostium secundum rappresenta la più frequente cardiopatia congenita, rappresentandone circa il 10%. La chiusura transcatetere dei difetti interatriali ostium secundum è una tecnica ormai entrata nella pratica clinica quotidiana, poiché circa il 90% di questi difetti può essere chiuso per via percutanea. Il device più utilizzato e per il quale esiste la maggiore esperienza è rappresentato dall’occlusore di Amplatzer. Di recente è stato segnalato un rischio di erosione delle pareti cardiache causata da questo device, (1 caso su circa 1-2000 impianti) con comparsa di versamento pericardico fino al possibile tamponamento cardiaco. Tale evenienza sembrerebbe legata all’utilizzo di device di misura superiore rispetto a quella stimata con lo stop-flow e a difetti caratterizzati dall’assenza del bordo aortico (Amin Z, 2014). La chiusura chirurgica dei difetti interatriali, alternativa all’impianto dei device, non è comunque scevra da rischi. Una recente meta-analisi e review sistematica (Butera et al., 2011) ha analizzato gli studi di confronto tra le due tecniche. Tredici studi sono stati inclusi per un totale di 3082 pazienti. Nel gruppo chirurgico è stato riportato un caso di decesso (0,08%; 95% C.I. 0-0,23%) e una maggiore incidenza di complicanze maggiori (adjusted OR: 5,4 (95% CI 2,96-9,84; p < 0,0001) e totali (adjusted OR: 3,81 (95% CI 2,7-5,36; p = 0,006). Altre applicazioni di cardiologia interventistica: le tecniche di emodinamica interventistica rappresentano sempre più una valida opzione terapeutica per la cura delle cardiopatie congenite anche nei bambini più piccoli. L’utilizzo dello stent del tratto di efflusso del ventricolo destro riguarda le cardiopatie congenite caratterizzate da normale emergenza dei vasi arteriosi, difetto interventricolare e severo restringimento del tratto di efflusso tale da determinare o una significativa desaturazione o una dotto-dipendenza del circolo polmonare. Inizialmente applicato a neonati di peso molto basso (shunt chirurgico ad alto rischio) o a pazienti cardiopatici con severe comorbidità, il suo utilizzo si è ampliato. Il gruppo di Birmingham (Stumper et al., 2013) ha pubblicato recentemente i dati di 52 pazienti raccolti dal 2005 al 2012 sottoposti a stenting del tratto di efflusso del ventricolo destro. I pazienti hanno mostrato un incremento medio della saturazione di ossigeno dal 71 al 92% al termine della procedura, non sono stati segnalati casi di aritmie ventricolari, blocco atrio-ventricolare, rigurgito aortico, ischemia miocardica da interessamento coronarico. La mortalità precoce è stata dell’1,9% (perforazione dell’arteria polmonare) e nel 5,7% dei casi è stato necessario ricorrere a chirurgia palliativa precoce (shunt di Blalock-Taussig). In 29/52 pazienti si è potuto ritardare la chirurgia riparativa,che in 26 casi è stata una completa riparazione. Questa metodica è stata utilizzata anche in neonati di peso infe- riore a 3 Kg e i risultati incoraggianti sono uno stimolo per lo sviluppo di nuovi kit interventistici disegnati su misura per neonati e prematuri Cardiochirurgia Riportiamo in questa sezione i più recenti articoli di metanalisi e follow up sulle principali cardiopatie congenite. Cuore sinistro ipoplasico: le cardiopatie caratterizzate da un ventricolo unico e ostruzione all’efflusso sinistro come il cuore sinistro ipoplasico sono ancora gravate da un’elevata mortalità. Un importante studio multicentrico americano pubblicato nel 2010 da Ohye et al. confronta in più di 500 neonati, i due interventi chirurgici utilizzati per garantire il flusso polmonare nel primo stadio di palliazione. La tecnica di shunt sistemico-polmonare di Blalock-Taussig (MBT) rispetto a quella che utilizza un condotto ventricolo destro-arteria polmonare (RVPA): quest’ultima ha il vantaggio di migliorare il flusso coronarico ma comporta una ventricolotomia. L’outcome primario era rappresentato dalla morte o dal trapianto a 12 mesi dalla randomizzazione. Sebbene la sopravvivenza libera da trapianto fosse maggiore nei pazienti sottoposti a RVPA (74% vs 64%), questa differenza non era più statisticamente significativa dopo 12 mesi; inoltre questo gruppo presentava un maggior numero di complicanze, anche chirurgiche, nel periodo di osservazione. L’analisi di questo trial ha fornito ulteriori dati relativi alla mortalità a breve termine e ai correlati fattori di rischio (Tabbutt et al., 2012). La mortalità complessiva durante l’ospedalizzazione e a 30 giorni dall’intervento era rispettivamente del 16% e del 11.5%. Fattori di rischio indipendenti erano il basso peso alla nascita, la presenza di anomalie genetiche, una più lunga durata dell’arresto di circolo in ipotermia profonda, l’utilizzo dell’ECMO (extracorporeal-membrane oxygenation) e il numero di giorni a sterno aperto dopo la procedura. Sebbene alcuni di questi fattori di rischio siano innati, altri sono potenzialmente modificabili e potrebbero migliorare in futuro l’outcome di questi pazienti. La coartazione aortica è una cardiopatia congenita frequente. La terapia chirurgica è sostanzialmente semplice e considerata risolutiva nelle forme standard; in realtà nonostante una correzione adeguata durante il follow-up può comparire ipertensione arteriosa. Il lavoro del gruppo di Rochester (Brown et al., 2013) ha valutato l’outcome a lungo termine (17,4 ± 13,9 anni fino a un massimo di 59,3 anni) di 819 pazienti con età media 17,2 ± 13,6 anni, operati di coartazione nativa dal 1946 al 2005. La frequenza attuariale di sopravvivenza era 93,3%, 86,4% e 73,5% rispettivamente a 10, 20 e 30 anni e la frequenza libera da reintervento era rispettivamente 96,7%, 92,2% e 89,4%. La sopravvivenza a lungo termine era negativamente influenzata da una maggiore età all’intervento (> 20 anni) e dalla presenza di ipertensione preoperatoria. Era comunque ridotta in tutti i pazienti operati se paragonati per sesso ed età al resto della popolazione. Lo sviluppo a 5-10 anni di distanza di ipertensione arteriosa era significativamente inferiore se i pazienti venivano operati a un’ età inferiore a 9 anni. La minore età all’intervento e la tecnica di anastomosi termino-terminale era indipendentemente associata a una più bassa frequenza di reintervento. Tetralogia di Fallot: i pazienti operati di tetralogia di Fallot che sviluppano un’insufficienza polmonare significativa possono essere sottoposti al reimpianto chirurgico della valvola polmonare. Una recente metanalisi pubblicata da Cavalcanti et al. nel 2013 analizza i possibili benefici legati a questo intervento chirurgico in 48 studi coinvolgenti 3118 pazienti. I risultati dimostrano un miglioramento dei sintomi soggettivi, della funzione e dei volumi del ventricolo destro, ma anche del ventricolo sinistro e una diminuzione della durata del QRS. È emerso che la geometria preoperatoria del ventricolo destro modula 167 S. Chiapedi, S. Mannarino, G. Butera l’efficacia della sostituzione valvolare. Migliori risultati postoperatori si osservano quanto più ampio è il volume telediastolico preoperatorio del ventricolo destro, anche se esso non correla con il miglioramento dei sintomi soggettivi. La mortalità a breve termine (30 giorni) e a 5 anni è molto bassa, ma sono troppo scarsi i dati di mortalità a 10 anni per consigliare un atteggiamento più aggressivo (sostituzione precoce) in questa patologia. Poiché comunque nei soggetti con tetralogia di Fallot esiste un rischio più elevato di mortalità e morbidità postoperatoria, un recente studio di Valente et al. (2014) ha cercato di individuare i fattori di rischio per morte e tachicardia ventricolare in un’ampia coorte di pazienti. Sono stati valutati a circa 24 anni di vita, 873 pazienti trattati chirurgicamente in età pediatrica. I fattori di rischio individuati erano l’ipertrofia del ventricolo destro, la disfunzione ventricolare e le aritmie sopraventricolari. Lo studio conclude che i soggetti con tali caratteristiche devono essere sottoposti a rivalutazione clinica ed emodinamica ed eventualmente a procedure interventistiche e/o chirurgiche. La trasposizione delle grandi arterie prevede un intervento correttivo alla nascita (switch arterioso) che, oltre a riposizionare i vasi di efflusso sui rispettivi ventricoli, comporta il reimpianto delle coronarie con rischio di distorsione o stenosi delle stesse e conseguenti complicanze, tra cui la morte improvvisa, a distanza di anni. Un interessante studio di follow up (medio di 10 anni fino a un massimo di 26 anni) del gruppo di Melbourne (Fricke TA et al., 2012) ha analizzato l’outcome di 618 pazienti operati di switch arterioso in un unico centro che utilizza una tecnica di reimpianto coronarico con flap rettangolare chiamata “Melbourne trapdoor technique”. La mortalità complessiva era del 2,8%; i fattori di rischio per mortalità precoce erano rappresentati dalla presenza di un basso peso alla nascita (< 2,5 Kg), dalla necessità di ricostruire l’arco aortico o di eseguire una resezione del tratto di efflusso di sinistra e l’utilizzo di supporto ECMO nella fase postoperatoria. La mortalità tardiva era dello 0,9%; a 15 anni di follow up la frequenza di reintervento era più alta nei pazienti con difetto interventricolare (25,2%) ed ostruzione dell’arco (23,4%) rispetto a quelli senza questi difetti associati (5,9%). Il 98,7% dei pazienti a 20 anni non presentava un’ insufficienza significativa della neoaorta, che era presente in forma lieve nel 25,6% dei pazienti. Nessun paziente a questo lungo follow up ha presentato aritmie o scompenso cardiaco. I risultati di questo studio dimostrano l’ottimo outcome a distanza dei pazienti con trasposizione dei grossi vasi operati di switch arterioso. La neoaorta risulta funzionalmente normale nella maggior parte dei pazienti e la necessità di sostituire questa valvola è estremamente rara. In questo studio non si sono verificati neanche seri eventi aritmici. Tuttavia in uno studio italiano di Angeli et al. del 2010 il rischio di ostruzione coronarica indipendentemente dal tipo di reimpianto (bottone coronarico on punch vs trap-door technique) resta comunque alto ed aumentato soprattutto nei pazienti con anatomia nativa coronarica complessa (62% vs 22%) per cui attualmente è sempre raccomandata l’esecuzione di una coronarografia in epoca prescolare (Angeli E et al., 2012). Trapianto cardiaco: il trapianto cardiaco è tuttora considerato l’unica terapia nei bambini e nei giovani adulti con scompenso cardiaco end-stage. Un esempio è rappresentato dai pazienti sottoposti a intervento di Fontan che diventa malfunzionante. Questi pazienti possono essere divisi in due categorie: quelli con disfunzione ventricolare e quelli con funzione ventricolare conservata, ma presenza di enteropatia proteino-disperdente e/o bronchiti plastiche. Nello studio di Griffiths et al. 2009, dall’analisi di 39 pazienti, il secondo gruppo rappresenta quello a più alto rischio di morte e deve essere indirizzato al trapianto più precocemente. Seppure il trapianto rappresenti l’unica opzione terapeutica per de- 168 terminate patologie, resta ancora molto alta la mortalità nel periodo compreso tra inserimento in lista e trapianto stesso. I sistemi di assistenza ventricolare (VAD) in uso nell’adulto sono utilizzati come bridge al trapianto e, data la scarsità di dispositivi pediatrici, vengono a volte utilizzati come supporto anche nei bambini e negli adolescenti. Tuttavia l’elevato rischio tromboembolico rende questi dispositivi ancora poco utilizzabili nei neonati, lattanti e piccoli bambini. In questa popolazione si opta per l’ECMO (extracorporeal membrane oxygenation) che tuttavia, quando utilizzato oltre le due settimane, comporta ancora un alto rischio di morbilità e mortalità. Nei piccoli bambini è stato sviluppato in Germania dal Berlin Heart un dispositivo VAD specifico pediatrico (EXCOR) che può supportare uno o entrambi i ventricoli ed è disponibile in varie dimensioni utilizzabili già a partire dai 3 kg di peso. È stato pubblicato recentemente il primo studio multicentrico (17 Centri del Nord America per un totale di 73 pazienti) che utilizza l’EXCOR come bridge al trapianto in ogni fascia d’età pediatrica. I dati di questo studio hanno mostrato che il dispositivo è stato efficace nel 77% dei casi contro un 39-64% di successo riportato in letteratura con l’uso dell’ECMO. Nel 7% dei casi inoltre l’EXCOR aveva permesso un recupero completo della funzione ventricolare. Sebbene la mortalità complessiva (23%) si sia verificata in un tempo medio dall’impianto di 1,8 mesi, il 67% dei pazienti aveva ricevuto un trapianto nei 6 mesi successivi e il 4% continuava il supporto oltre questo periodo. Questo è un tempo considerevole tenuto conto che il 50 % di questi bambini era in shock cardiogeno (aspettativa di vita < 24 h) e il 48% era in una condizione di declino progressivo della funzione cardiaca nonostante l’uso di terapia inotropa e ventilazione assistita. L’analisi multivariata ha evidenziato che l’età più giovane e l’uso di supporto biventricolare (BiVAD) costituivano i fattori di rischio più significativi di mortalità. In considerazione della limitata disponibilità di donatori in età pediatrica lo sviluppo e la diffusione di questi supporti diventa obbligatoria. Procedure ibride Negli ultimi anni la collaborazione tra cardiologi interventisti e cardiochirurghi ha portato allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche, denominate “procedure ibride”. In presenza di cardiopatie congenite complesse è possibile durante l’intervento combinare una tecnica chirurgica con una interventistica. Esempi sono la correzione al primo stadio del cuore sinistro ipoplasico, in casi selezionati considerati ad alto rischio per la correzione esclusivamente chirurgica, in cui si associa lo stent del Dotto al bendaggio dei rami delle arterie polmonari. Un’altra indicazione è il trattamento di cardiopatie congenite con anatomia atipica associata a una difficoltosa soluzione chirurgica, come ad esempio la chiusura di difetti interventricolari multipli e la dilatazione intraoperatoria delle stenosi dei rami periferici polmonari. È stato pubblicato da Holzer et al. nel 2010 uno studio che mostra i dati di un registro multicentrico che ha coinvolto sette centri americani. Da febbraio 2007 a dicembre 2008 sono state eseguite 128 procedure ibride su 7019 cateterismi. Il peso medio dei pazienti era di 3,7 Kg, il 47% aveva un’età inferiore a un mese e nel 60% dei casi la procedura era eseguita in cardiopatie con circolazione univentricolare. Nel 12 % dei casi si sono osservati eventi avversi. Le aritmie erano la complicanza più frequente, seguite da eventi ipossici, ipotensione e/o complicanze procedurali (perforazione a carico dei vasi o del cuore). In presenza di malposizione dello stent inoltre si osservavano all’elettrocardiogramma anomalie del tratto ST-T, una maggior incidenza di sanguinamenti locali per il riposizionamento dello stent e comparsa di convulsioni. In soli 2 casi si Novità in cardiologia e cardiochirurgia pediatrica sono osservati eventi maggiori (neurologico e aritmico) che hanno condotto a morte. La chiusura ibrida dei difetti interventricolari si è dimostrata la procedura meno rischiosa. L’incidenza di complicanze potenzialmente prevenibili era del 44%: questo dato suggerisce la necessità di apportare modifiche procedurali per migliorare i risultati. In caso di stent del Dotto l’esposizione chirurgica diretta sembra offrire meno rischi rispetto al posizionamento per via percutanea. Altri interessanti lavori hanno confrontato l’outcome a distanza dei pazienti con cuore sinistro ipoplasico sottoposti a palliazione classica rispetto a quelli sottoposti a stent del Dotto. Quest’ultima procedura permette di evitare il by-pass cardiopolmonare in epoca neonatale e posticipa all’età di 4-6 mesi l’intervento più complesso di ricostruzione dell’arco. Allo stadio attuale non ci sono evidenze significative a favore di un approccio rispetto all’altro. Nel lavoro di Baba et al., del 2012 la sopravvivenza dopo il secondo stadio di palliazione era equivalente nei due gruppi, ma il gruppo sottoposto a procedura ibrida mostrava una frequenza maggiore di reintervento sull’arteria polmonare e una minore dimensione del diametro della stessa. Entrambe le strategie tuttavia conducevano a un’adeguata fisiologia per l’intervento di Fontan. La procedura ibrida è risultata invece una buona opzione nei pazienti con ventricolo sinistro borderline come bridge all’intervento definitivo (Davis et al., 2011). La possibilità di posticipare a una maggiore età del paziente la correzione offre in questi casi maggiori elementi per decidere se optare verso una correzione univentricolare o biventricolare. Cardiopatie congenite dell’adulto La problematica delle cardiopatie congenite dell’adulto è aumentata in modo esponenziale negli ultimi anni. Parte degli studi su questa problematica sono riportati nel capitolo sulla cardiochirurgia. Riportiamo qui alcuni altri studi rilevanti. Budts et al., come rappresentanti del Working group ESC of Grown Up Congenital Heart Disease and the Section of Sports Cardiology of EAPCR, hanno pubblicato un position article sull’attività fisica negli adolescenti ed adulti con cardiopatie congenite. In particolare, gli autori hanno sottolineato il ruolo positivo dell’attività fisica e la necessità di individualizzare la prescrizione dell’esercizio. In particolare, la novità dell’approccio consiste nel formulare raccomandazioni pratiche basate su parametri emodinamici ed elettrofisiologici piuttosto che dare indicazioni basate sui difetti specifici. La dilatazione dell’aorta ascendente è comune negli adulti con patologie tronco-conali, ma non esistono dati sui rischi associati alla dilatazione progressiva dell’aorta ascendente. Stulak et al. (2010) hanno studiato 81 soggetti adulti con patologie tronco-conali sottoposti a chirurgia della radice aortica, dell’aorta ascendente o della valvola. In questo gruppo di soggetti, in nessun caso l’indicazione al trattamento è stato dovuto a dissezione aortica, nonostante diametri dell’aorta ascendente fino ad 80 mm. Le aritmie rappresentano un fenomeno molto frequente nel followup dei soggetti adulti con cardiopatie congenite. Yap et al. (2011) hanno studiato i fattori di rischio associati a mortalità nei pazienti adulti con cardiopatie congenite ed aritmie atriali. In particolare fattori di rischio indipendenti associati a mortalità erano una fisiologia univentricolare, l’ipertensione polmonare, la patologia valvolare ed una capacità funzionale compromessa. Gli autori hanno inoltre costruito uno score allo scopo di predire il rischio di mortalità in questo gruppo di pazienti. L’intervento di Mustard è una procedura chirurgica oramai molto rara nella pratica clinica attuale. Fino agli anni 80 ha rappresentato, insieme all’intervento di Senning, l’opzione chirurgica per la trasposizione delle grandi arterie. Per questo motivo, sono ancora molti i soggetti con questa patologia seguiti quotidianamente negli ambulatori. Cuypers et al. hanno riportato il follow-up a lungo termine (fino a 40 anni) di una coorte di 91 pazienti trattati con intervento di Mustard. La sopravvivenza cumulativa e la libertà da eventi a 39 anni erano pari al 68% e al 19%, rispettivamente. Aritmie sopraventricolari e ventricolari si verificavano nel 28 e nel 6% dei casi. Impianto di pace-maker o ICD nel 39% dei pazienti. Aritmie nel periodo post-operatorio precoce erano predittrici di aritmie nel follow-up e di scompenso cardiaco. News e possibili nuove strade Riportiamo da ultimo gli spunti più significativi forniti dalla letteratura che aprono nuovi orizzonti terapeutici in cardiologia pediatrica. Applicazione chirurgica della Melody valve: la sostituzione chirurgica della valvola mitrale in età pediatrica, come opzione terapeutica nelle forme irreparabili, presenta numerose limitazioni legate al diametro fisso delle valvole meccaniche, che non si adeguano alla crescita e alla necessità di un trattamento anticoagulante. Una nuova applicazione è rappresentata dagli stent valvolati. Questi stent, utilizzati in emodinamica interventistica, hanno il vantaggio di non richiedere la terapia anticoagulante e offrono la possibilità di incrementare il diametro mediante dilatazione con palloncino. Il gruppo di Boston (Quinonez et al., 2013) ha utilizzato in 11 pazienti di età compresa tra 2 e 28 mesi la Melody valve in posizione mitralica per correggere le forme irreparabili. In tre pazienti è stato possibile espandere le valvole in modo da adeguare il diametro alla crescita. L’utilizzo delle modellizzazioni matematiche della fluidodinamica computazionale rappresenta un nuovo approccio per la valutazione dei risultati delle procedure interventistiche rispetto a quelle chirurgiche nel trattamento di alcune cardiopatie congenite. Tale metodica è stata utilizzata da Coogan et al. (2011) per valutare l’impatto sulla rigidità della parete aortica determinato dall’impianto di stent nella coartazione. Lo studio della fluidodinamica computazionale sulle immagini di risonanza magnetica in una paziente di 15 anni ha dimostrato che lo stenting incrementa il carico di lavoro cardiaco dello 0,4% e non modifica la pressione arteriosa media. Tale studio pilota suggerisce che l’impianto di stent non influenza in modo significativo l’emodinamica e la risposta pressoria nei pazienti con coartazione. Nuovi ambiti di approccio interventistico: la cardiologia interventistica cerca di riprodurre per via trans catetere ciò che i chirurghi effettuano per via sternotomica. Sabi et al. (2010) hanno sviluppato un modello animale che dimostra la possibilità di creare uno shunt aorto-polmonare per via trans catetere: le procedure sono state efficaci in tutti i maiali trattati. Questa sperimentazione apre una futura nuova applicazione nell’emodinamica interventistica. (Sabi et al., 2010). Staminali: la cardiomiopatia dilatativa è una patologia rara nella popolazione pediatrica ma associata ad importante morbilità e mortalità e costituisce una delle principali indicazione al trapianto cardiaco nel bambino. L’utilizzo di cellule staminali è diventata un’opzione terapeutica promettente nell’ infarto miocardico e scompenso cardiaco dell’adulto, ma sono pochissimi i dati relativi all’età pediatrica. Nel 2009 è stato descritto il primo caso di trapianto intramiocardico di cellule staminali in una piccola paziente di 4 mesi: a un follow up di 4 mesi veniva segnalato un incremento della frazione di eiezione dal 20% al 41%. (Lacis et al., 2011) La capacità rigenerativa nel bambino potrebbe essere anche maggiore all’adulto, ma studi multicentrici sono necessari per verificare la sicurezza e l’efficacia di questa potenziale nuova terapia. 169 S. Chiapedi, S. Mannarino, G. Butera Box riassuntivo Cardiologia fetale I progressi tecnologici hanno permesso di sviluppare nuove metodiche ecocardiografiche come l’ imaging 3D e 4D che offrono il vantaggio di visualizzare le immagini su più piani ortogonali e trasmettere le immagini tramite telemedicina. Lo screening cardiologico precoce tra la 12° e la 14° settimana è attualmente applicato nelle donne ad alto rischio o con storia familiare di cardiopatie congenite con buona sensibilità e specificità. Si stanno sviluppando tecniche di interventistica fetale per via percutanea nel II trimestre di gravidanza sotto guida ecografica, con l’intento di prevenire in alcune cardiopatie congenite cambiamenti irreversibili strutturali secondari al ridotto flusso. Genetica delle cardiopatie congenite I meccanismi responsabili dello sviluppo delle cardiopatie congenite sono complessi ed eterogenei. Lo sviluppo di nuove metodiche applicate alla genetica apre nuove strade alla scoperta di geni candidati nelle forme sporadiche Problematiche pediatriche con coinvolgimento cardiologico La patologia cardiaca acquisita nella popolazione pediatrica è un problema emergente. È stato definito il concetto di “cardite silente” e sono in studio strategie per individuare ecograficamente tale condizione. Una patologia emergente è rappresentata dalle lesioni coronariche acquisite secondarie a malattia di Kawasaki o a interventi di reimpianto delle coronarie. Nuovi ambiti di studio sono rappresentati dall’individuazione precoce della cardiotossicità nel paziente pediatrico oncologico sopravvissuto. Biomarkers Anche in ambito cardiologico pediatrico, il dosaggio dei biomarkers è utile come fattore predittivo di severità in diverse condizioni patologiche e per il monitoraggio della risposta terapeutica. Cardiologia Interventistica Numerose sono le pubblicazioni sui risultati a medio e lungo termine dell’utilizzo dell’emodinamica interventistica in particolari difetti congeniti quali impianto transcatetere della valvola polmonare, la coartazione aortica e i difetti interatriali. Compaiono inoltre nuove indicazioni all’utilizzo di stent nei bambini più piccoli con cardiopatie congenite complesse. Cardiochirurgia Il cuore sinistro ipoplasico è ancora gravato da un’elevata mortalità, tuttavia sono stati individuati alcuni importanti fattori di rischio indipendenti che in alcuni casi potrebbero essere potenzialmente modificabili. I dati di follow up nella coartazione aortica mostrano elevata percentuale di sopravvivenza a medio e lungo termine. Essa è negativamente influenzata da una maggiore età all’intervento (>20 anni) e dalla presenza di ipertensione preoperatoria. La minore età all’intervento e la tecnica di anastomosi termino-terminale è indipendentemente associata a una più bassa frequenza di re-intervento. I pazienti operati di tetralogia di Fallot che sviluppano un’insufficienza polmonare significativa possono essere sottoposti al reimpianto chirurgico della valvola polmonare il cui successo dipende da numerosi fattori. L’outcome a distanza dei pazienti con trasposizione dei grossi vasi sottoposti ad intervento di switch arterioso mostra una bassa mortalità complessiva. Sono stati individuati alcuni fattori di rischio per la mortalità precoce e tardiva e il rischio di ostruzione coronarica resta comunque alto soprattutto nei pazienti con anatomia coronarica complessa. Nei piccoli bambini è stato sviluppato in Germania dal Berlin Heart un dispositivo VAD specifico pediatrico (EXCOR) che può supportare uno o entrambi i ventricoli ed è disponibile in varie dimensioni utilizzabili già a partire dai 3 kg di peso. Adulti con cardiopatie congenite La problematica delle cardiopatie congenite dell’adulto è aumentata in modo esponenziale negli ultimi anni. Procedure ibride Negli ultimi anni la collaborazione tra cardiologi interventisti e cardiochirurghi ha portato allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche denominate “procedure ibride”. Bibliografia Aĝirbaşli M, Ündar A. Monitoring biomarkers after pediatric heart surgery: a new paradigm on the horizon. Artif Organs 2013;37:10-5. Ahmad N, Kantor PF, Grosse-Wortmann L, et al. Influence of RV Restrictive Physiology on LV Diastolic Function in Children after Tetralogy of Fallot Repair. J Am Soc Echocardiogr 2012;25:866-873. Amin Z. Echocardiographic predictors of cardiac erosion after Amplatzer septal occluder placement. Catheterization Cardiovascular Interventions 2014;83:8492. Angeli E, Formigari R, Pace Napoleone C, et al. Long-term coronary artery outcome after arterial switch operation for transposition of the great arteries. 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L’articolo elenca i principali fattori di rischio legati non solo ai farmaci già noti per la cardiotossicità come le antracicline e descrive le principali modalità di monitoraggio di questi pazienti. Lipshultz SE, Adams MJ. Cardiotoxicity after childhood cancer: beginning with the end in mind. J Clin Oncol 2010;28:1276-81. Manlhiot C, Niedra E, McCrindle BW. Long-term management of Kawasaki disease: implications for the adult patient. Pediatr Neonatol 2013;54:12-21. Marijon E, Mirabel M, Celermajer DS, et al. Rheumatic heart disease. Lancet 2012;379:953-64. McAuliffe FM, Trines J, Nield LE, et al. Early fetal echocardiography--a reliable prenatal diagnosis tool. Am J Obstet Gynecol 2005;193:1253-9. McElhinney DB, Benson LN, Eicken A, et al. Infective endocarditis after transcatheter pulmonary valve replacement using the Melody valve: combined results of 3 prospective North American and European studies. Circ Cardiovasc Interv 2013;6:292-300. 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J Heart Lung Transplant 2011;30:1-8. ** Applicato inizialmente nel 2000, il Berlin Heart è diventato dal 2004 il primo VAD applicato nel Nord America in bambini di ogni fascia d’età. Questo articolo mostra dati preliminari di un’ampia coorte di pazienti mostrando un’efficacia nel 77% dei casi e un recupero completo della funzione ventricolare nel 7% dei casi. In conclusione il Berlin Heart EXCOR può essere un valido ausilio come bridge al trapianto. Ohye RG, Sleeper LA, Mahony L, et al. Comparison of shunt types in the Norwood procedure for single-ventricle lesions. Pediatric Heart Network Investigators. N Engl J Med 2010;362:1980-92. Oster ME, Kim CH, Kusano AS, et al. A population-based study of the association of prenatal diagnosis with survival rate for infants with congenital heart defects. Am J Cardiol 2014;113:1036-40. Ou P, Kutty S, Khraiche D, et al. Acquired coronary disease in children: the role of multimodality imaging. Pediatr Radiol 2013;43:444-53. ** L’articolo riassume le principali cause di malattia coronarica acquisita in età pediatrica e discute il ruolo delle varie tecniche di imaging necessarie per la diagnosi e il management di tali patologie. Quinonez LG, Breitbart R, Tworetsky W, et al. Stented bovine jugular vein graft (Melody valve) for surgical mitral valve replacement in infants and children. J Thorac Cardiovasc Surg 2013;S0022-5223(13)01289-0. Remenyi B, Carapetis J, Wyber R, et al. Position statement of the World Heart Federation on the prevention and control of rheumatic heart disease.; World Heart Federation. Nat Rev Cardiol 2013;10:284-92. Reményi B, Wilson N, Steer A, et al. World Heart Federation criteria for echocardiographic diagnosis of rheumatic heart disease--an evidence-based guideline. 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Corrispondenza Gianfranco Butera, Consultant Cardiologia pediatrica e cardiopatie congenite dell’adulto, Policlinico San Donato IRCCS, via Morandi 30, 20097 San Donato Milanese. Tel. +39 02 52774328, Fax +39 02 52774459. E-mail: [email protected] 172