“LA CONCUSSIONE”
PROF. FABIO FOGLIA MANZILLO
Università Telematica Pegaso
La concussione
Indice
1 BENE GIURIDICO E LA TECNICA DI TUTELA --------------------------------------------------------------------- 3 2 SOGGETTO ATTIVO -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 4 3 CONDOTTA TIPICA --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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La concussione
1 Bene giuridico e la tecnica di tutela
Art. 317 c.p.: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando
della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a
lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da 4 a 12 anni”.
Si ritiene che il bene tutelato dalla previsione del delitto di concussione sia il regolare
funzionamento della P.A.
Il delitto di concussione offende entrambi gli interessi che rientrano nel concetto di regolare
funzionamento della P.A., i quali sono, come risulta dall’art. 97 Cost., l’interesse al “buon
andamento” e l’interesse alla “imparzialità” della P.A.
Il buon andamento viene leso in quanto la potestà pubblica, destinata istituzionalmente alla
tutela di interessi dello Stato o di altri enti pubblici, viene deviata verso il soddisfacimento di un
interesse privato del pubblico ufficiale.
L’imparzialità è lesa in quanto il potere pubblico è rivolto ad avvantaggiare indebitamente
un cittadino (lo stesso agente o un altro soggetto) a danno della persona concussa.
Un ulteriore interesse tutelato è quello del privato nella sua libertà di determinazione, la
quale può essere offesa sia nella forma della costrizione sia nella forma della induzione in inganno.
La tutela primaria è attribuita alla P.A. e non al privato.
Pertanto, il consenso del soggetto concusso non esclude il delitto in questione.
Tuttavia, nella maggior parte delle ipotesi di consenso del privato viene meno il requisito
della costrizione o il requisito della induzione.
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2 Soggetto attivo
In seguito alla legge 86/1990, soggetto attivo del delitto di concussione può essere non
soltanto il pubblico ufficiale ma anche l’incaricato di un pubblico servizio.
Prima della riforma si escludeva l’incaricato di pubblico servizio tra i soggetti attivi del
delitto di concussione. Tale limitazione era dettata dal convincimento che gli incaricati di pubblico
servizio non potessero esercitare coazione sui privati e che al massimo potessero richiedere indebita
mancia per le quali la pena della concussione sarebbe eccessiva. Ma la dottrina ha osservato che
l’ampiezza delle facoltà attribuite a un incaricato di pubblico servizio potrebbe nel concreto rendere
possibile l’abuso di tali facoltà e della qualità stessa posseduta per costringere o indurre altri a
promettere indebitamente denaro o altra utilità.
La qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio deve sussistere
nell’agente al momento della commissione della condotta criminosa.
Tuttavia, secondo la regola generale di cui all’art. 360 c.p., la cessazione della qualità nel
momento in cui il reato è commesso non esclude l’esistenza di questo, se il fatto si riferisce
all’ufficio esercitato. Dunque, nella fattispecie della concussione, l’abuso dei poteri non può
avvenire dopo la cessazione della qualità di pubblico ufficiale, in quanto o il soggetto esercita
ancora (sia pure di fatto) un pubblico potere, e allora è sempre pubblico ufficiale, o il soggetto non
lo esercita più, e allora non può abusare di questo potere. È possibile, invece, la concussione per
abuso di qualità perché il soggetto può incutere timore o ingannare, avvalendosi dell’ufficio prima
esercitato.
Non si può avere concussione, se al momento della condotta, l’agente non era ancora
pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, salvo che egli, in vista di una nomina
imminente, potesse già abusare dei poteri o delle qualità. Inoltre, il delitto di concussione si ha nelle
ipotesi di funzionario di fatto e quando le funzioni sono state usurpate.
Se invece non vi è esercizio, neppure di fatto, di poteri pubblici, ma soltanto simulazione del
loro esercizio, il soggetto non è pubblico ufficiale e pertanto non può commettere il delitto di
concussione. Il fatto costituisce, eventualmente, estorsione, truffa o violenza privata.
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3 Condotta tipica
La condotta tipica del delitto di concussione è complessa.
Essa consiste nel fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, che,
“abusando della sua qualità o dei suoi poteri”, costringe o induce taluno a dare o a promettere
indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità.
Si ha abuso della qualità, quando il pubblico ufficiale fa valere la posizione, che gli deriva
dall’esercizio della pubblica funzione, al fine immediato di costringere o indurre altri all’indebito.
Se invece il pubblico ufficiale si propone un risultato diverso, sia esso lecito o illecito
(accrescimento del prestigio, arricchimento), che a sua volta gli servirà come mezzo per indurre altri
all’indebito, non si realizza la condotta di concussione. Dunque, l’abuso di qualità non è un
semplice “uso” caratterizzato da una finalità illecita, ma presenta un ulteriore aspetto di disvalore,
ossia l’immediatezza della finalità illecita che costringe o induce altri all’indebito.
L’abuso di qualità può essere commesso anche mediante omissione. Ad es., può accadere
che il privato, essendo venuto a conoscenza della qualità del soggetto attivo, si senta costretto a dare
o a promettere indebitamente qualche cosa.
Se il pubblico ufficiale (venuto a conoscenza della situazione psicologica del privato) non
rifiuta l’indebito, si ha una concussione nella quale l’abuso assume forma omissiva. Tuttavia, non si
può avere concussione per induzione mediante omissione, poiché in questo caso subentra la figura
del peculato mediante profitto dell’errore altrui.
L’abuso di qualità si distingue dall’abuso dei poteri. La differenza è questa:
-
nell’abuso dei poteri, la deviazione dei poteri dai compiti istituzionali verso una
finalità privata avviene in maniera specifica, nel senso che sono specificati i singoli
poteri diretti verso l’illecito; l’abuso dei poteri si realizza tanto se i poteri sono
esercitati quanto se non lo siano.
-
nell’abuso di qualità invece è necessario, come requisito negativo, che non vi sia un
effettivo esercizio di poteri distorti a finalità privata, in quanto l’esercizio effettivo
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specificherebbe il potere di cui si abusa e dunque si rientrerebbe nel campo
dell’abuso dei poteri.
Nell’ambito della concussione la distinzione non ha una rilevanza giuridica diretta, in quanto
il delitto si realizza indifferentemente nell’una o nell’altra forma.
Si ha abuso di qualità anche se la qualità stessa è posseduta illegittimamente, in quanto
l’abuso di qualità è l’abuso di una condizione di fatto, la quale deriva ad un soggetto per il fatto
stesso che egli esercita (non importa se in modo legittimo o illegittimo) una pubblica funzione o
presta un pubblico servizio.
Dunque, si può trattare anche di un funzionario di fatto o di un usurpatore.
Abuso di un potere è l’esercizio del potere secondo criteri volutamente diversi da quelli che
gli sono imposti dalla sua natura. Pertanto, dal punto di vista obiettivo, si ha abuso dei poteri:
-
se essi sono esercitati quando non dovrebbero;
-
se non sono esercitati quando dovrebbero (concussione mediante omissione);
-
se essi sono esercitati in modo diverso da come dovrebbero;
-
se l’agente minaccia una delle situazioni precedenti.
Questi aspetti obiettivi devono essere accompagnati da un aspetto soggettivo, ossia
l’orientamento del pubblico ufficiale verso la deviazione dell’esercizio del potere dalla causa tipica.
Gli aspetti obiettivi differenziano l’abuso dei poteri da quelle ipotesi nelle quali il soggetto
strumentalizza una attività lecita o doverosa per ottenere l’indebito. Ad es., se il pubblico ufficiale
minaccia un arresto, che tuttavia è obbligatorio, prospettando al tempo stesso la possibilità di non
effettuarlo contro remunerazione, il male minacciato (l’arresto) non corrisponde ad un esercizio
abusivo della pubblica funzione, ma piùttosto al suo normale svolgimento: pertanto, non si ha
concussione ma corruzione propria.
L’aspetto soggettivo invece distingue l’abuso dei poteri all’interno del genus violazione del
dovere di ufficio.
È del tutto irrilevante che il soggetto abusi di poteri inerenti al compimento di un atto
vincolato o di un atto discrezionale.
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Nell’atto vincolato, l’abuso si manifesta non compiendo l’atto o compiendolo in modo che
risulti violentemente viziato.
Nell’atto discrezionale invece l’abuso non si manifesta in ulteriori vizi dell’atto.
L’abuso delle qualità o dei poteri deve essere idoneo a costringere o indurre altri a dare o
promettere l’indebito.
Questo requisito della idoneità comporta una relazione tra la competenza giuridica del
pubblico ufficiale ed il fatto commesso o minacciato.
Tale relazione esprime la circostanza che, in virtù delle funzioni esercitate (nel caso di abuso
di funzioni) oppure in virtù della posizione occupata nei rapporti sociali in relazione all’esercizio
delle funzioni stesse (nel caso di abuso di qualità), il pubblico ufficiale è in grado di compiere atti,
anche estranei alla sua competenza in senso tecnico, che non sarebbero possibili, se il soggetto non
fosse pubblico ufficiale.
In questo senso è necessaria una competenza di fatto.
“Costringere” significa, in generale, forzare altri a compiere una azione od omissione
diversa da quella che altrimenti sarebbe stata compiùta.
La costrizione può essere:
- fisica, ossia tale da determinare fisicamente l’atteggiamento corporeo altrui.
In questo caso, manca del tutto la volontà del soggetto forzato a compiere materialmente
l’azione o l’omissione.
- psichica, come accade quando sono usate violenze o minacce, in modo da alterare il
procedimento di formazione dell’altrui volere.
In questo caso, la vittima vuole la propria condotta pur di sottrarsi all’altrui violenza o
minaccia.
A sua volta, la costrizione psichica si distingue in:
costrizione psichica assoluta, quando la vittima è totalmente condizionata dal suo
aggressore, nel senso che, se essa rifiuta di cedere alla violenza o alla minaccia,
l’aggressore può immediatamente raggiungere da sé, attraverso un proprio
comportamento, il risultato voluto.
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costrizione psichica relativa, quando l’aggressore non può immediatamente giungere
al risultato voluto senza la collaborazione della vittima. Dunque, alla vittima rimane
una possibilità di scelta tra il male minacciato dall’aggressore ed il male che essa
subirebbe, qualora cedesse alle richieste dell’aggressore.
Posto che l’art. 317 c.p. non indica in che senso il verbo “costringere” è impiegato, si
sostiene che con esso si faccia riferimento alla “costrizione psichica relativa”.
Di conseguenza, non si ha concussione ma un diverso reato, se il pubblico ufficiale,
abusando delle funzioni, costringe fisicamente altri a dare o a promettere qualcosa.
Lo stesso vale nell’ipotesi in cui la coazione psichica sia assoluta.
La costrizione psichica deve essere operata attraverso un abuso della qualità o dei poteri.
Questo significa che le violenze o minacce devono consistere in comportamenti nei quali si realizzi
un abuso delle qualità o dei poteri.
Abuso e costrizione sono, nel fatto concreto, la stessa condotta.
Di conseguenza, se la costrizione si fonda su altre violenze o minacce, non si ha concussione
ma estorsione aggravata.
Soltanto quella particolare costrizione, la quale prospetta alla vittima un male derivante
dall’abuso dei poteri o della qualità di pubblico ufficiale, integra il delitto di concussione.
La costrizione deve essere “seria”, sicché non vi è concussione nella richiesta di una mancia.
Non è necessario che il male dipenda direttamente dalla condotta del pubblico ufficiale, in quanto
esso può essere cagionato anche da una diversa persona sulla quale il pubblico ufficiale afferma di
avere influenza.
Affinché vi sia concussione consumata per costrizione, è sufficiente che il pubblico
ufficiale, abusando della qualità o dei poteri, compia atti idonei diretti in modo non equivoco a
costringere il privato a dare o a promettere l’indebito e che poi, di conseguenza, il privato abbia
effettivamente dato o promesso il denaro o l’altra utilità. Pertanto, non hanno rilevanza le reali
motivazioni interne del privato. Ad es., il privato simula di cedere la costrizione affinché il pubblico
ufficiale commetta il delitto e sia successivamente punito.
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Nella pratica possono sorgere problemi nel distinguere tra concussione e corruzione (a
riguardo vedere dopo a proposito di corruzione). Ciò si risolverebbe accogliendo la proposta del
Progetto 1992 di introdurre una figura intermedia tra i due reati, denominabile “CONCUSSIONE
AMBIENTALE” , consistente nel fatto del pubblico agente che riceve o ritiene indebitamente per
sé o per un terzo denaro o altra utilità patrimoniale, sfruttando l’altrui convinzione, determinata da
situazioni ambientali, reali o supposte, di non poter altrimenti contare su un trattamento imparziale.
“Indurre” significa, in generale, influire sul processo di formazione dell’altrui volere, in
modo da ottenere che taluno si determini ad una azione od omissione.
Nel testo dell’art. 317 c.p. l’indurre è contrapposto al costringere.
Dunque, si ha induzione soltanto quando l’influsso sul processo di formazione dell’altrui
volere non derivi da costrizione.
Viene in rilievo non ogni induzione ma soltanto la induzione mediante inganno.
L’inganno è l’abuso stesso, visto sotto il profilo del suo influsso sulla psiche altrui.
Abuso e induzione, nel fatto concreto, sono la stessa condotta.
Soltanto quella alterazione del processo di formazione dell’altrui volere, la quale è attuata
mediante un inganno derivante dall’abuso della qualità o dei poteri di pubblico ufficiale, integra il
delitto di concussione.
Di conseguenza, se l’induzione si fonda su un altro inganno, non vi è concussione ma truffa
aggravata. Ad es., l’induzione si realizza quando il pubblico ufficiale, abusando della sua qualità o
delle sue funzioni, provoca nel privato un errore, in base al quale il privato pensa di dovere alla P.A.
il denaro o l’altra utilità.
Affinché vi sia concussione consumata per induzione, è sufficiente che il pubblico ufficiale
abbia compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre la sua vittima con l’inganno a
dare o a promettere l’indebito e che poi, di conseguenza, la vittima abbia dato o promesso il denaro
o l’altra utilità.
Non importa che il privato sia effettivamente caduto in errore e non rileva la sua
motivazione interna.
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Sia nella concussione per costrizione, sia nella concussione per induzione non occorre che il
privato sapesse di dare o promettere ciò che non doveva oppure che fosse consapevole della qualità
di pubblico ufficiale rivestita dal suo interlocutore, in quanto si tratta di fatti interni alla sua
coscienza, i quali non influiscono sulla responsabilità del pubblico ufficiale per concussione.
Il soggetto costretto o indotto a dare o a promettere qualcosa è indicato come “taluno”.
Questo “taluno” non è il soggettivo passivo del reato, in quanto non è titolare dell’interesse
protetto, che invece appartiene alla P.A.
Il termine taluno indica la “vittima” del delitto di concussione.
Nonostante questo termine sia utilizzato dall’art. 317 c.p. per indicare la persona fisica (sia
privato sia pubblico ufficiale), si sostiene che vittima del delitto, o meglio, “danneggiato” dal delitto
può essere anche una persona giuridica, privata o pubblica.
In realtà, la vera vittima è sempre la persona fisica che agisce come organo dell’ente ed il
volere della quale viene indebitamente piegato.
Inoltre, la persona fisica può essere anche incapace di intendere e di volere, purché sia in
grado, in linea di fatto, di dare o promettere denaro o altra utilità.
Se non vi è questa possibilità di fatto, si tratta di un reato impossibile per inidoneità
dell’azione, salva la possibilità che siano integrati i presupposti di un reato diverso (ad es., furto o
rapina).
La condotta di costrizione o di induzione deve avere per effetto che la vittima dia o
prometta, al pubblico ufficiale o ad un terzo, denaro o altra utilità.
In senso proprio, l’azione della vittima non è “causata” ma “motivata” dalla condotta del
pubblico ufficiale.
In quanto influisce sulla motivazione della vittima, la condotta del pubblico ufficiale deve
essere, dal punto di vista logico, una condizione necessaria rispetto al dare o al promettere.
Dunque, se il privato è già fermamente deciso a dare o a promettere prima di subire la
condotta di costrizione o induzione, non vi è una concussione consumata ma soltanto una
concussione tentata (alla quale si accompagna l’autonomo delitto di corruzione attiva del privato,
qualora questi agisce al fine di retribuire il pubblico ufficiale per l’atto di ufficio).
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La condotta della vittima può consistere nel “dare” o nel “promettere” denaro o altra utilità.
“Dare” significa trasferire ad altri qualche cosa.
La condotta del dare può avere ad oggetto una cosa, mobile o immobile, un bene
immateriale ed, in generale, una utilità.
Essa può essere attuata mediante una consegna, una dichiarazione, una prestazione
lavorativa o sessuale oppure lasciando che il pubblico ufficiale trattenga presso di sé la cosa, della
quale questi sia già in possesso per altro titolo.
“Promettere” significa dichiarare l’intento di effettuare in futuro la prestazione, dalla quale il
pubblico ufficiale intende ricavare l’utilità.
La dazione o la promessa deve essere effettuata allo stesso pubblico ufficiale o ad un terzo.
Dal punto di vista letterale “terzo” è qualsiasi persona, fisica o giuridica, distinta dal
pubblico ufficiale e dalla vittima. Tuttavia, si sostiene che questa nozione non comprenda lo Stato o
un diverso ente pubblico, in quanto in questa ipotesi il buon andamento della P.A. non viene leso.
Infatti, se il privato è costretto o indotto a fare qualcosa in favore della P.A., il fine
istituzionalmente assegnato alla P.A. viene perseguito, anche se in maniera scorretta. Pertanto,
saranno adempiuti i presupposti di un diverso reato (ad es., estorsione aggravata, truffa aggravata,
abuso di ufficio, ecc.), ma non i presupposti della concussione.
Come non vi è peculato nell’appropriazione di un foglio di carta nell’ufficio, così non vi è
concussione nelle ipotesi di utilità minima, secondo il principio che non vi è reato senza offesa
all’interesse protetto e l’offesa minima equivale alla mancanza di offesa.
Nella forma per costrizione può subentrare un reato di violenza privata aggravata; nella
forma per induzione invece, se vi sono artifici o raggiri e vi è un danno patrimoniale che diventa
apprezzabile nei confronti di una pluralità di soggetti, può subentrare il delitto di truffa aggravata.
Ai sensi dell’art. 317 c.p., è necessario che la vittima sia costretta a dare o a promettere
“indebitamente”.
Dunque, non vi è concussione quando la dazione o la promessa è dovuta.
La concussione è esclusa quando il dare è dovuto alla P.A., al pubblico ufficiale nella sua
qualità oppure al pubblico ufficiale o al terzo per un titolo privato.
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Infatti, nonostante l’opinione contraria della dottrina e della giurisprudenza, se il pubblico
ufficiale abusa dei suoi poteri per ottenere il denaro o l’altra utilità, dovuti secondo un rapporto di
diritto privato, risponde di abuso di ufficio o di violenza privata aggravata ma mai di concussione.
Il delitto di concussione può essere commesso soltanto con dolo.
La coscienza e volontà dell’agente deve riguardare tutti gli elementi del fatto tipico.
In particolare, occorre la coscienza e volontà di abusare della qualità o dei poteri di pubblico
ufficiale. Dunque, il soggetto deve sapere di svolgere quella che, da un punto di vista obiettivo, è
una pubblica funzione e inoltre deve sapere di abusare di questa funzione.
È necessario anche che il pubblico ufficiale sia consapevole che la dazione o la promessa è
indebita. Di conseguenza, l’errore sulle norme extrapenali, dalle quali deriva la qualifica di pubblico
ufficiale o che stabiliscono quale è l’uso corretto della qualità o dei poteri o quando la dazione o
promessa è dovuta, è un errore che esclude il reato ai sensi dell’art. 47 c.p.
Infine, è possibile configurare una concussione con dolo eventuale.
Il soggetto, che agisce, trovandosi in dubbio sulla abusività o sull’indebito, si trova in dolo
se egli avrebbe agito ugualmente se fosse stato certo dell’abusività o dell’indebito.
Non vi è concussione invece se il pubblico ufficiale non voleva direttamente la costrizione o
l’inganno altrui.
Dunque, se l’abuso del pubblico ufficiale tende ad un diverso fine, ma, come conseguenza
indiretta, il privato è costretto o indotto in errore, non vi è concussione ma eventualmente un
diverso reato (ad es., abuso di ufficio).
Forma di manifestazione, concorso di reati e pena accessoria
La circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità non appare applicabile
al delitto di concussione, in quanto l’espressione “delitti che comunque offendono il patrimonio”
allude ad una offesa del patrimonio che sia requisito necessario della figura delittuosa (ad es., come
avviene nel peculato).
L’attenuante dell’intera riparazione del danno è invece applicabile, quando sono stati
integralmente risarciti sia il danno provocato alla P.A. sia il danno cagionato al privato.
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Il delitto di concussione si consuma nel momento in cui viene effettuata la dazione o la
promessa. Non occorre il conseguimento dell’ingiusto profitto con altrui danno.
Se la promessa viene eseguita dalla dazione, si ha un ulteriore approfondimento dell’offesa
tipica e, di conseguenza, lo spostamento del momento consumativo.
Questo ha notevole rilevanza soprattutto in tema di prescrizione.
Se la promessa è effettuata mediante una lettera o mediante l’invio del denaro o dell’altra
utilità, la fattispecie del reato consumato è realizzata già nel momento dell’invio (e non nel
momento della ricezione come accade nel delitto di corruzione).
Dunque, la concussione è consumata anche quando la lettera o l’altra cosa spedita non
giunga al pubblico ufficiale.
Si ha tentativo, invece, quando il pubblico ufficiale ha compiuto atti idonei diretti in modo
non equivoco a costringere o indurre altri a dare o a promettere, ma non sia effettivamente seguita
né la dazione né la promessa.
Infine, vi è vera e propria concussione consumata, quando la vittima ha agito con la riserva
mentale di non mantenere la promessa.
Al delitto di concussione possono concorrere anche soggetti privi della qualifica di pubblico
ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, purché almeno uno dei concorrenti abbia tale qualifica.
Non è necessario che il pubblico ufficiale sia individuato. Egli può essere anche un incapace
di intendere o di volere, quando questa sua condizione non sia tale da impedire l’abuso della qualità
o delle funzioni ed il conseguente influsso sulla decisione del privato.
Si deve escludere invece la concussione quando il pubblico ufficiale agisce in buona fede,
ma indotto in errore da un privato.
L’estraneo che ignora la qualità di pubblico ufficiale nel soggetto con il quale coopera,
risponde del delitto di concussione solo se ha voluto un reato diverso (ad es., estorsione o truffa) e
l’evento significativo della concussione è conseguenza prevedibile della sua azione od omissione.
In questo caso si applica l’art. 116 (Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti)
e non l’art. 117 (Mutamento del titolo del reato) in quanto nella concussione è necessario l’abuso
delle funzioni o qualità di pubblico ufficiale.
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Pertanto, la differenza della concussione rispetto alla estorsione o alla truffa riguarda
l’oggetto del dolo e non la semplice qualifica soggettiva del concorrente, la quale è estranea di per
sé all’oggetto del dolo.
Se invece il privato ha voluto un fatto che, senza la cooperazione del pubblico ufficiale, non
costituirebbe alcun reato, egli andrà esente da ogni responsabilità penale.
In materia di concorso di reati, è necessario sottolineare che vi è un rapporto di consunzione,
e non di specialità, tra la norma sulla concussione e le norme sulla estorsione e truffa aggravata.
Dunque, se la costrizione o l’induzione si svolge nella modalità specifica dell’abuso della
qualità o della funzione (e non esclusivamente su una violenza o inganno diverso), la norma che
incrimina il reato più grave, in concreto, prevale sulle norme che incriminano gli altri reati.
Se la concussione concorre con il delitto di turbata libertà degli incanti da parte del pubblico
ufficiale prepostovi, questa ultima disposizione prevale, in quanto disposizione speciale.
Se il pubblico ufficiale, dopo aver commesso il delitto di concussione, commette un ulteriore
abuso di ufficio, diretto ad assicurarsi il prodotto di tale reato, si ha un fatto successivo non
punibile.
La condanna per il reato di concussione comporta, a titolo di pena accessoria, l’interdizione
perpetua dai pubblici uffici.
Tuttavia, se per circostante attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a 3
anni, la condanna comporta una interdizione temporanea.
La pena accessoria si applica anche nel caso di tentativo di concussione.
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