Criteri di scelta di un induttore per regolatori c.c./c.c. Un’analisi dei vari tipi di induttori disponibili sul mercato e dei vantaggi legati al loro utilizzo in funzione della particolare applicazione considerata Paul Lee Direttore engineering (Murata Power Solutions) Quando si deve procedere alla scelta di un induttore da utilizzare come elemento di immagazzinamento (dell’energia) in uscita di un regolatore a commutazione c.c./c.c. un progettista si trova di fronte a una gamma di opzioni veramente ampia proposta sia da fornitori differenti sia da un unico fornitore. Nel corso di questo articolo verranno analizzate, utilizzando come esempio un convertitore di tipo Pol (Point Of Load), le diverse opzioni a disposizione e i vantaggi dell’una e dell’altra opzione. I principi che verranno illustrati si possono ritenere validi per tutte le applicazioni che interessano gli induttori. Uno dei requisiti più comuni è la conversione da un livello c.c. più elevato a uno più basso effettuata con un elevato livello di efficienza e senza isolamento. In presenza di potenze elevate, un convertitore a commutazione modulare in topologia buck di tipo Pol rappresenta una soluzione economicamente valida ma, per potenze inferiori, molti progettisti optano per una soluzione che prevede un circuito integrato di controllo e i relativi componenti discreti. Ad eccezione dei circuiti per la “pompa di carica”, un induttore è sempre richiesto per immagazzinare l’energia necessaria in uscita durante i periodi “morti” della regolazione Pwm (Pulse Width Modulation). La configurazione base di un convertitore buck viene illustrata in figura 1. Le note applicative dei vari circuiti integrati spesso rappresentano un valido ausilio nella scelta dell’induttore più adatto e permettono di identificare la sigla del componente appropriato prodotto da un particolare costruttore di dispositivi magnetici. Questo componente, comunque, potrebbe non rappresentare la scelta ideale per la particolare applicazione considerata e non essere disponibile nel formato meccanico idoneo. Nel caso venga fornito solamente il valore dell’induttanza, il progettista deve analizzare più attentamente le specifiche relative ai componenti disponibili per individuare il prodotto adeguato. L’induttanza, inoltre, costituisce un punto di partenza che potrebbe essere modificato, ad esempio per farlo corrispondere ai valori desiderati o per consentire al progettista di comprendere la risposta del circuito nel caso l’induttanza assuma i valori limiti della sua tolleranza. Di solito il valore dell’induttanza viene scelto in modo da raggiungere un particolare valore della corrente di ondulazione in conformità alla seguente equazione: ΔI = Ut / L Dove I è la corrente di ondulazione picco‐picco, U è la tensione di uscita diminuita della caduta imputabile al diodo a ricircolo (free‐wheeling) o al rettificatore sincrono, t è il valore massimo del tempo di “off” del commutatore principale ed L è il valore dell’induttanza. Si tenga presente che questa equazione è indipendente dal carico. Un valore di induttanza maggiore garantirà una corrente di ondulazione inferiore che viene assorbita dal condensatore di uscita: ciò si traduce in una minore tensione di ondulazione di uscita generata ai capi delle resistenze ESR ed ESL del condensatore. Ai tempi in cui i condensatori elettrolitici con valore di ESR relativamente elevato e valori limitati di corrente di ondulazione erano ampiamente diffusi, risultava importante mantenere un valore ridotto della corrente di ondulazione, con conseguente valore dell’induttanza piuttosto elevato. Attualmente sono molto diffusi condensatori a film o monolitici ceramici: si tratta di dispositivi caratterizzati da un valore di ESR estremamente basso che consentono di raggiungere valori di corrente di ondulazione più elevati a fronte di tensione di ondulazione di uscita e riscaldamento minimi. Per tale motivo è possibile adottare induttori con valori di induttanza minori, il che comporta resistenze in continua minori e valori nominali di corrente maggiori. Un’induttanza di valore inferiore assicura anche una maggiore velocità di risposta ai transitori di carico. La presenza di una corrente di ondulazione molto elevata comporta l’insorgere di tre tipi di problematiche. In primo luogo, poiché l’ondulazione si sovrappone alla corrente continua di carico attraverso l’induttore, essa può provocare perdite ohmiche aggiuntive nel filo e perdite in alternata nel nucleo. In secondo luogo, il picco dell’ondulazione non deve superare il limite di saturazione dell’induttore e, infine, in presenza di carichi valore ridotto, la parte inferiore della corrente di ondulazione attraverserà lo zero. Nel caso di rettificatori sincroni, in grado di condurre in entrambe le direzioni, questa corrente può assumere un valore negativo e rimanere continua. In presenza di rettificatori a diodi, la corrente si arresta per cui si avrà una discontinuità in corrispondenza di una porzione di ogni ciclo di commutazione nel caso di carichi inferiori a un valore minimo. La funzione di trasferimento del convertitore cambia quando viene attraversato questo valore minimo del carico e la struttura di compensazione d’anello deve essere progettata in modo da garantire la stabilità in entrambe le condizioni. Quindi si avrà sicuramente un aumento della complessità circuitale. Corrente nominale Una volta deciso il valore dell’induttanza, è necessario scegliere il valore nominale della corrente dell’induttore. I valori riportati nei data sheet si riferiscono a una corrente continua in funzione di un determinato aumento di temperatura o di una data diminuzione dell’induttanza che si verifica nel momento in cui l’induttore inizia a saturarsi. Come già ricordato, ci potrebbero essere correnti di ondulazione di valore significativo delle quali è necessario tener conto. Se il limite è rappresentato dall’aumento di temperatura, potrebbe essere possibile operare con correnti di ondulazione di valore elevato o con un valore della corrente di carico più elevato nel caso sia previsto un flusso d’aria. Si noti che differenti produttore classificano i loro induttori in base a differenti aumenti di temperatura e percentuali di diminuzione dell’induttanza. Per i suoi prodotti, ad esempio, Murata Power Solutions utilizza un aumento di temperatura di 40°C e una diminuzione dell’induttanza del 25%. Esaminando i data sheet è possibile vedere che i prodotti della serie 4900S sono classificato in base alla saturazione perché il componente con corrente nominale di 11,8A evidenzia un aumento di soli 33°C per questo valore di corrente (Fig. 2). A questo punto è anche utile esaminare la diminuzione dell’induttanza con la corrente. A secondo dei materiali utilizzati e della forma, i core saturano più o meno bruscamente. E’ necessario valutare condizioni transitorie e di sovraccarico che possono provocare, in presenza di determinati materiali, una improvvisa e sensibile diminuzione dell’induttanza che è causa di correnti di picco potenzialmente dannose per i semiconduttori. I nuclei realizzati mediante polveri in genere saturano in maniera più graduale sebbene evidenzino perdite superiori in presenza di correnti alternate. E’ necessario a questo punto tener presente che i livelli di saturazione variano sensibilmente con la temperatura: la diminuzione è tipicamente del 20% nell’intervallo compreso tra 25 e 100°C. Un induttore specificato in modo corretto terrà conto di ciò nel calcolo del valore di corrente nominale. Alcune polveri sono caratterizzate da un certo grado di escursione della permeabilità in modo che, in presenza di carichi di valori molto bassi, l’induttanza risulti più alta e dia quindi luogo a correnti di ondulazione di valore inferiore, contribuendo ad attenuare i problemi di stabilità menzionati in precedenza. Nei data sheet verrà riportato il valore della resistenza in continua dell’induttore che causa dissipazione e caduta di tensione. Il valore riportato è quello calcolato in corrispondenza di una temperatura di 25°C e aumenterà con il coefficiente di temperatura del rame in misura pari allo 0,4%/°C. Un induttore correttamente specificato includerà questo effetto nel calcolo della corrente nominale. Altre caratteristiche Una specifica che non viene spesso presa in considerazione è la tensione impulsiva nominale dell’induttore. Nelle applicazioni a bassa tensione ciò non rappresenta un problema. Alcuni tipi di convertitori buck fanno abbassare la tensione di rete rettificata a livelli logici e l’induttore può “vedere” ai suoi capi una tensione di 400V ad alta frequenza. Dal punto di vista costruttivo, l’induttore dovrebbe essere realizzato in modo tale che il valore della tensione di rottura (breakdown) del filo sia appropriato, in particolar modo tra l’inizio e la fine dell’avvolgimento, dove i fili possono incrociarsi. La ferrite MnZ è di natura essenzialmente conduttiva – la sua resistività tipica è 1‐10 Ωm – per cui può costituite un percorso “nascosto” per la rottura. La ferrite NiZn è caratterizzata da un’elevata resistività, pari a 105 Ωm, e viene utilizzata per induttori con nucleo a tamburo privi di bobine: non va dimenticato che nel caso di applicazioni ad alta tensione è consigliabile l’uso di una bobina isolante. Se non riportato nei data sheet, il costruttore dell’induttore dovrebbe essere in grado di fornire un valore nominale dell’impulso ricavato a partire dai collaudi di qualificazione. Un’altra caratteristica da tenere in considerazione è la frequenza di auto‐risonanza (SRF) dell’induttore che può essere dell’ordine delle centinaia di kHz per elevati valori di induttanza. Qualunque simulazione circuitale dovrebbe includere la capacità dell’avvolgimento parallelo e la resistenza in continua per garantire la migliore accuratezza possibile. Nei data sheet viene riportata l’induttanza e il valore della frequenza di auto‐risonanza, per cui il valore della capacità può essere dedotto dalla seguente equazione: C= 1 4π ( SRF ) 2 L 2 Il problema delle radiazioni Ogni induttore è una potenziale fonte di radiazioni. Laddove ciò dovesse rappresentare un problema, è preferibile ricorrere a un nucleo toroidale con un traferro distribuito, come quello degli induttori della serie 3200 di Murata Power Solutions. Un nucleo a tamburo di ferrite, come ad esempio quello utilizzato negli induttori della famiglia 2800 – si propone come una soluzione economica anche se la sua costruzione, di tipo aperta, può dar adito a problemi di compatibilità elettromagnetica (EMC). Il traferro del nucleo necessario è pari alla distanza tra le flange della bobina esterna dell’avvolgimento. Alcuni costruttori rendono disponibili induttori con manicotti di ferrite opzionali che forniscono una schermatura: un esempio è rappresentato dagli induttori della serie 2300 di Murata Power Solutions. Se il terminale elettricamente “caldo” dell’induttore è disposto in modo da costituire l’inizio dell’avvolgimento – ovvero il lato più interno – gli strati esterni costituiscono una schermatura elettrostatica intrinseca. Per tale motivo è necessario individuare un puntino o un marchio sul corpo dell’induttore che identifichi il terminale di partenza. E’ possibile ottenere un certo grado di schermatura magnetica mediante una sorta di “panciera” di rame posta attorno al componente, anche se risulta più economico scegliere un prodotto in grado di “conservare” il campo magnetico. Per risolvere il problema della compatibilità elettromagnetica è anche possibile intervenire sul posizionamento e sull’orientamento dell’induttore. Sarebbe opportuno evitare tracce non schermate al di sotto del componente, mentre è utile ricordare che i piani di massa di rame forniscono una schermatura elettrostatica, ovvero mettono a disposizione una deviazione per correnti accoppiate in modo capacitivo. L’attenuazione dell’accoppiamento elettromagnetico richiede uno schermo di ferrite o una striscia di rame che rappresenta una sorta di “spira in corto‐circuito”(shorted turn) verso il campo esterno. Un aspetto interessante è rappresentato dal fatto che la tensione di picco ai capi dell’induttore quando l’interruttore principale S1 di un convertitore buck è disattivato (off) è essenzialmente costante in presenza di variazione del carico e della linea : con l’aggiunta di un ulteriore avvolgimento all’induttore e la rettificazione del picco della forma d’onda (Fig. 4) è possibile avere in modo automatico una tensione isolata e semiregolata a bassa potenza. L’ultima considerazione riguarda la modalità di montaggio. Sul mercato sono disponibili modelli a montaggio superficiale (SMT) e a fori passanti con le più diverse terminazioni in modo da consentirne l’uso in ambienti dove sono presenti forti vibrazioni, oltre a modelli a basso profilo: gli induttori della serie 2700T di Murata Power Solutions (Fig. 5), caratterizzati da un profilo di soli 1 mm possono essere utilizzati laddove lo spazio rappresenta un elemento critico. Didascalie Fig. 1 – Schema di principio di un convertitore buck Fig. 2 – Andamento della corrente in funzione della temperatura per gli induttori della serie 4900S Fig. 3 – Gli induttore della serie 2300 di Murata Power Solutions utilizzano manicotti di ferrite Fig. 4 – Modalità di generazione di una tensione ausiliari a bassa potenza Fig. 5 – Gli induttori a montaggio superficiale a basso profilo sono ideali laddove gli ingombri rappresentano un elemento critico