Una seconda scelta portante è l’architettura globale, catechetica e misterica, del Lezionario ambrosiano ideata su tre cicli, ben distinti tra loro, ancorché convergenti in un disegno unitario: quello domenicale, o struttura festiva portante dell’anno liturgico, organizzato su tre anni, denominati – come da recente consuetudine – anno A, B, C; quello sabbatico, o struttura festiva peculiare della tradizione ambrosiana, organizzato in modo parziale (le due letture non evangeliche) su due anni, denominati anno I, II; quello feriale, o struttura complementare, anch’esso organizzato in modo parziale (la lettura non evangelica) su due anni, denominati anno I, II. Una terza scelta portante è stata la predisposizione per le grandi solennità e per tutte le domeniche di una liturgia vigiliare vespertina, in forma solenne o in forma semplice. Si è selezionata una serie di pericopi relative alla risurrezione, fino a formare un ciclo di 12 Vangeli della risurrezione, che si avvia dopo Pentecoste e ricomincia dopo l’Epifania (nelle domeniche successive alla Pentecoste il ciclo risulta ovviamente duplicato). È questa una Lefebvriani No al Vaticano II I l motu proprio sul «rito straordinario»1 «non è accompagnato dalle misure logicamente correlate negli altri ambiti della vita ecclesiale»; il ritorno alla liturgia precedente non ha cambiato l’ecclesiologia conciliare. Pertanto «la Fraternità san Pio X non può “firmare accordi”» che «non siano fondati sui principi fondamentali della Chiesa». La risposta del superiore generale della fraternità lefebvriana, mons. Bernard Fellay, non poteva essere più netta: non basta mettere in questione la liturgia, è necessario rimuovere il Vaticano II. La lettera pubblicata il 14 aprile mette in guardia «gli amici che si sono lasciati prendere dal gioco dell’illusione» di un imminente accordo con Roma. Nulla è cambiato nell’«assimilazione» della Chiesa cattolica alla cultura liberale della modernità. Sono scomparse parole decisive che indicavano i suoi confini: «false religioni», «scomunica», «eretici», «scismatici». In compenso vengono confermate le indica- 314 IL REGNO - AT T UA L I T À 10/2008 scelta preziosa per la vita liturgico-pastorale delle comunità di rito ambrosiano che vedono così rilanciata in grande stile la centralità del giorno del Signore (la domenica). Superando il ripiegamento pastorale sulla cosiddetta «messa prefestiva», si ha qui lo strumento liturgico adeguato per mostrare la fecondità di una tradizione vigiliare che sporge sul giorno del Signore a partire dalla sera precedente, ricentrando sul suo nucleo pasquale (i Vangeli della risurrezione) il giorno festivo cristiano. Il Lezionario ambrosiano, qui velocemente tratteggiato nella sua proposta, è un’occasione davvero straordinaria di crescita per le comunità ambrosiane, il clero ambrosiano e gli animatori ambrosiani della liturgia per riprendere in profondità il tema del rapporto tra liturgia della Parola e liturgia sacramentale e per rilanciare il momento omiletico della messa. L’impegno che verrà profuso per «far passare» le novità di questo Lezionario otterrà di ridare slancio alle attività di annuncio della Parola (l’omelia in primis) che fervono in diocesi, ricalibrando il rap- porto tra un approccio morale / intellettuale alla parola di Dio e un approccio misterico-sacramentale alla stessa. Nei prossimi anni bisognerà adoperarsi non solo per preparare i sussidi necessari, ma molto più per aiutare i fedeli a sintonizzarsi sulla logica interna del nuovo Lezionario, perché il tutto non si riduca a un cambiamento di testi da leggere, ma porti a un rinnovamento della capacità di pregare la Parola e con la Parola dentro la celebrazione liturgica. zioni degli altri cristiani come «fratelli separati» e delle Chiese ortodosse come «autentiche Chiese particolari». È intollerabile rifiutare il perseguimento della conversione degli ebrei, come pure l’insistente riaffermazione della libertà religiosa per tutti. Pertanto «è necessario concludere che niente è cambiato nella volontà di Roma di perseguire gli orientamenti conciliari, malgrado quarant’anni di crisi, i conventi spopolati, i presbiteri abbandonati, le chiese vuote». Risulta sempre più difficile giustificare il motu proprio in ragione della sua capacità di prosciugare lo scisma lefebvriano. L’ottimismo mostrato in più occasioni dal card. D. Castrillon Hoyos, presidente della Pontifica commissione Ecclesia Dei, non sembra confortato dai fatti. Sono tornati alla comunione con Roma un monastero femminile di clausura in Spagna, alcuni gruppi di fedeli in USA, Germania e Francia, singoli sacerdoti della Fraternità, un vescovo non cattolico (non appartenente quindi alla Fraternità). Risulta difficile affermare che «i vescovi della Fraternità san Pio X, con a capo mons. Bernard Fellay, hanno riconosciuto espressamente il Vaticano II come concilio ecumenico e mons. Fellay lo ha ribadito in un incontro con Giovanni Paolo II, e più esplicitamente nell’udienza del 29 agosto 2005 con Benedetto XVI» (L’Osservatore romano, 28.3.2008). Il dialogo non interrotto, lo scambio epistolare e telefonico possono es- sere sufficienti per «ritenere viabile la riconciliazione con la Fraternità san Pio X» (cf. Jesus, maggio 2008)? Si può certo giudicare la durezza della lettera un mezzo per impedire le fughe dei propri fedeli e l’attenzione del cardinale a inglobare il movimento senza favorirne la spaccatura come consapevolezza di forza o la rinnovata richiesta di rimozione della scomunica dei quattro vescovi come un prendersi tempo per le decisioni, ma rimangono il peso delle parole e dei gesti che a ogni apertura rispondono con il rifiuto della comunione. «È dunque una “respinta al mittente” ciò che viene espresso dalla Fraternità san Pio X, a meno di un anno dalla pubblicazione del motu proprio». Rispetto all’attesa di un ritorno, «non è successo niente. La presa di posizione di mons. Fellay ha almeno il merito di uscire dall’ambiguità: non è la liturgia, l’aspetto più visibile, che disgusta il mondo integrista, quanto piuttosto il nucleo teologico del Vaticano II» (cf. La Croix, 22.4.2008). Col paradosso di un rigidismo dottrinale che diventa settarismo: «Nella loro ricerca arrogante per un cattolicesimo miticamente puro, i lefebvriani potrebbero presto finire come una denominazione protestante» (cf. The Catholic Herald, 25.4.2008). L. Pr. Claudio Magnoli* * Claudio Magnoli è segretario della Congregazione per il rito ambrosiano. 1 «La Congregazione del rito ambrosiano – si legge nello Statuto della medesima al n. 1 –, della quale è presidente l’arcivescovo, è l’organismo deputato alla salvaguardia, alla revisione e all’incremento della tradizione liturgica di rito ambrosiano, perciò a essa viene affidato il compito di esaminare tutte le questioni concernenti il rito proprio della Chiesa milanese, di custodirne e interpretarne il senso genuino e di farlo conoscere in modo che esso animi costantemente la preghiera e la vita delle comunità ecclesiali di rito ambrosiano». 2 Rivista diocesana milanese 96(2005), 181. 1 cf. Regno-doc. 15,2007,457; Regno-att. 14,2007,434; 20,2007,672; 22,2007,789.