Coordinamento Regionale
delle Professioni Sanitarie e del Sociale
Friuli Venezia Giulia
Gorizia, 2 settembre 2014
Audizione III Commissione Consiliare – Osservazioni al disegno di legge regionale DDLR 059/2014 e
alle proposte di LR 060/2014 e 061/2014.
Il Coordinamento Regionale delle Professioni Sanitarie e del Sociale del Friuli Venezia-Giulia ha preso
visione con grande interesse del ddl n. 59 “Riordino dell’assetto istituzionale e organizzativo del
Servizio sanitario regionale e norme in materia di programmazione sanitaria e sociosanitaria”, della
proposta n. 60 “Revisione dell’assetto istituzionale delle Aziende per i servizi sanitari del Friuli Venezia
Giulia. Istituzione dell’Azienda unica per i Servizi Sanitari Regionali e riorganizzazione del Servizio
Sanitario Regionale” e della proposta n. 61 “Modifica dell’assetto istituzionale delle Aziende per i servizi
sanitari del Friuli Venezia Giulia”, facendone oggetto di approfondimento condiviso tra le associazioni
aderenti al Coordinamento.
Per le caratteristiche degli interessi rappresentati dal Coordinamento, la presentazione di un ddl da parte
della Giunta Regionale e di due proposte di legge presentate dai Consiglieri regionali, costituiscono
un’importante opportunità per la valorizzazione delle professioni sanitarie nella partecipazione ai
processi di riforma, partecipazione che è indispensabile al percorso di innovazione del sistema sanitario
e al miglioramento delle risposte ai bisogni della popolazione e ai diritti dei cittadini di questa regione.
Non si ritiene di entrare nel merito della proposta n. 61, in quanto la modifica dell’assetto istituzionale
non va a incidere su aspetti inerenti l’organizzazione del sistema e quindi non tratta del ruolo
rappresentato dai professionisti delle professioni sanitarie e del sociale nel funzionamento dei servizi.
Il ddl n. 60, invece, presenta elementi che riguardano la ridefinizione dell’organizzazione e delle
competenze, nonché la previsione, in apposito articolo, di un’area di governo dei processi assistenziali
denominata “sviluppo delle professionalità” composta da soggetti appartenenti alle diverse professioni
sanitarie.
Il Coordinamento apprezza la dimostrazione di interesse e ritiene di grande importanza l’apertura alla
partecipazione dei professionisti rappresentati a un livello strategico.
Suscita perplessità la previsione di un Dipartimento interaziendale per le Dimissioni Protette per la
continuità delle cure alle persone fragili, in quanto non si comprende come un livello centrale possa
essere in grado di monitorare i bisogni sul territorio, garantendo interventi precoci e personalizzati.
Entrando nel merito del disegno di legge n. 59 presentato dalla Giunta Regionale, abbiamo avuto
modo di apprezzare i principi di una riforma che:
A.I.D.I. - A.I.FI. - A.I.Or.A.O. - A.I.P. - A.I.T.A. - A.I.T.N. - A.I.T.O.
A.N.A.P. - A.N.D.I.D. - A.N.E.P. - A.N.Pe.C. – A.N.T.E.L. - A.N.U.P.I.
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Friuli Venezia Giulia
•
•
•
affida agli ospedali il ruolo di luoghi in cui curare le patologie acute e al territorio la gestione della
long care mettendo in rete medici di famiglia e Distretti
prospetta la riconversione dei posti letto in attività distrettuali e il potenziamento di fase post
ospedaliera, riabilitazione, ospedale di comunità e centri di cure primarie
dichiara di voler affrontare i “nuovi bisogni” in sanità con la definizione di nuovi paradigmi di
cura e la sperimentazione di nuove modalità organizzative
Una più attenta lettura del testo definitivo evidenzia però un’architettura del provvedimento centrata
prevalentemente sulla definizione di contenitori e funzioni (dove e cosa) piuttosto che sui contenuti
(come), di luoghi piuttosto che di processi.
L’impressione che ne deriva è quella di un documento discontinuo per approfondimento e dettaglio nei
diversi Titoli, Capi e Articoli, che spesso confonde norme finalizzate alla ridefinizione degli assetti
istituzionali con altre destinate alla revisione degli assetti organizzativi e gestionali, mancando di
cogliere le aspettative generate dalla lettura della premessa al disegno di legge (soprattutto nel merito
delle motivazioni alla base della riforma nella nostra regione), pensiero che ci aspettiamo provenga in
modo chiaro e forte dal livello politico.
In particolare i tempi della transizione al nuovo assetto non sono definiti e si rimanda a provvedimenti
successivi – art 9 e 18 - anch’ essi indefiniti nella tempistica.
Pur dispiacendoci per la mancanza di riferimenti agli aspetti attinenti i processi e il ruolo dei
professionisti sanitari coinvolti, apprezziamo l’apertura sul modello organizzativo ospedaliero – art 35;
questa è forse la parte più innovativa del provvedimento che tiene conto del documento prodotto dal
tavolo tecnico sulle professioni sanitarie, ma inspiegabilmente ne limita l’applicazione al solo ambito
ospedaliero.
Per gli altri livelli organizzativi (prevenzione collettiva e sanità pubblica, e assistenza distrettuale) non
compare il tema della distinzione di responsabilità di linea, elemento centrale per la valorizzazione delle
professioni sanitarie, e ben evidente già nella DGR n. 348 del 2005 “Principi e criteri per la redazione
dell’atto aziendale”, che ha caratterizzato negli anni l’impostazione delle organizzazioni professionali in
almeno una parte della nostra Regione.
Tutto ciò premesso il Coordinamento, sugli aspetti specifici del provvedimento chiede che:
Gli artt. 8 e 9 che definiscono la transizione dai vecchi ai nuovi assetti organizzativi (prosecuzione fino
all’ approvazione del nuovo atto aziendale, salvo le incompatibilità con le modifiche introdotte dalle
riforma) e la predisposizione di proposte di atti aziendali sulla base di indicazioni regionali prevedano
una tempistica certa per la fase di transizione.
Vengano tenute nella dovuta considerazione quelle norme intervenute in materia di professioni (L.
251/00, L. 43/06, L.R. 10/07, DGR n. 348/05) da cui non può prescindere la successiva definizione
A.I.D.I. - A.I.FI. - A.I.Or.A.O. - A.I.P. - A.I.T.A. - A.I.T.N. - A.I.T.O.
A.N.A.P. - A.N.D.I.D. - A.N.E.P. - A.N.Pe.C. – A.N.T.E.L. - A.N.U.P.I.
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dei modelli organizzativi e dei relativi percorsi di prevenzione, assistenza, cura e riabilitazione in grado
di dare risposta ai mutati bisogni di salute della popolazione, legati in particolare alle malattie croniche e
alla long-term care, aggiungendo l’art. 12 bis Le professioni sanitarie:
1. “Il sistema di governo dello sviluppo delle responsabilità professionali all'interno
delle articolazioni organizzative del SSR viene realizzato e garantito in attuazione
dei principi della L 251/2000 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,
tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) e
della LR 10/2007 (Disposizioni in materia di valorizzazione nell’ambito del Servizio
sanitario regionale delle professioni sanitarie e della professione di assistente
sociale, in materia di ricerca e conduzione di studi clinici, nonché in materia di
personale operante nel sistema integrato di interventi e servizi sociali).
2. Il sistema organizzativo delle professioni sanitarie e del sociale prevede momenti di
coordinamento:
a. Aziendale, nell’ambito delle Aziende per l’Assistenza sanitaria ed IRCCS,
attraverso forme organizzative adeguate alla complessità dei processi erogati
e collocate sia a livello centrale che periferico;
b. Regionale, presso la Direzione centrale salute, integrazione sociosanitaria,
politiche sociali e famiglie con la costituzione di una specifica area delle
professioni sanitarie e del sociale”
Art.17 (Dipartimento di Prevenzione)
Il primo livello normato nel ddl è quello della prevenzione collettiva e sanità pubblica, declinato come
“assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro”, il cui mandato è assegnato al
Dipartimento di prevenzione.
La prevenzione e la promozione alla salute, in tutti i documenti programmatori hanno un ruolo
cruciale per ridurre il carico di malattia, investire sul benessere dei giovani, rafforzare e confermare il
patrimonio comune di pratiche preventive, rafforzare e mettere a sistema l’attenzione ai gruppi fragili,
considerare l’individuo e le popolazioni in rapporto al proprio ambiente. La prevenzione è dunque la
leva strategica su cui agire in funzione della sostenibilità futura dell’intero sistema sanitario. A fronte di
queste evidenze, l’articolato di legge non contiene elementi di innovazione rispetto al tradizionale
assetto e non individua strategie e strumenti operativi adeguati per intervenire sui determinanti di salute
che caratterizzano l’attuale contesto socio-economico e ambientale.
Per le considerazioni di cui sopra, si propone la modifica dell’art. 17 ai punti 1, 2, 3, 5 e l’integrazione
allo stesso con gli aspetti innovativi del modello organizzativo, mutuando e adattando quanto previsto
per il modello organizzativo ospedaliero all’art. 35.
comma 1 dopo le parole “prevenzione collettiva e sanità pubblica.”, omettere il resto ed aggiungere:
A.I.D.I. - A.I.FI. - A.I.Or.A.O. - A.I.P. - A.I.T.A. - A.I.T.N. - A.I.T.O.
A.N.A.P. - A.N.D.I.D. - A.N.E.P. - A.N.Pe.C. – A.N.T.E.L. - A.N.U.P.I.
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a) “Il Dipartimento di Prevenzione concorre alla promozione e tutela della salute attraverso la
valutazione, il monitoraggio e il controllo dei fattori protettivi e di rischio per la salute, in
rapporto al contesto in cui opera e ai mutamenti di carattere demografico, ambientale,
economico e produttivo, degli stili di vita e al loro impatto sulla salute. A tal fine adotta un
approccio di sanità pubblica che garantisca trasparenza, equità e contrasto alle disuguaglianze.
b) Attua programmi di sanità pubblica supportati da dimostrate evidenze di efficacia, nonché sulla
base del principio di precauzione, anche mediante una corretta educazione e promozione di
comportamenti, ponendo la popolazione e gli individui al centro degli interventi, per conseguire
il più elevato livello di salute raggiungibile. A tal fine promuove programmi di prevenzione e di
promozione alla salute trasversali e integrate con le strutture aziendali e con altri soggetti
istituzionali e portatori d’interesse. Privilegia nella propria operatività una logica a matrice
dipartimentale e aziendale integrando le varie professionalità presenti e sviluppando i singoli
processi trasversali attraverso un approccio multidisciplinare.
c) Sostiene e persegue lo sviluppo di competenze interne ed esterne per un uso appropriato e
responsabile delle risorse disponibili.”
comma 2:
• sostituire “ha autonomia organizzativa” con “ha autonomia tecnico-gestionale, organizzativa e
contabile”
• alla lettera d) sopprimere “in accordo con l’ARPA”
• dopo la lettera i) aggiungere le lettere l) epidemiologia ed m) educazione e promozione alla
salute
comma 3 bis (aggiuntivo): si inseriscano anche all’interno delle funzioni del Dipartimento di
prevenzione gli aspetti innovativi previsti per il modello organizzativo ospedaliero all’art. 35, comma c
“L’ attività delle professioni sanitarie della prevenzione è organizzata in servizi composti da
professionisti delle professioni sanitarie e da altri operatori, ed è caratterizzata dalle professioni sanitarie
della prevenzione. I servizi hanno lo scopo di condividere risorse professionali, logistiche, beni di
consumo e tecnologie. Le attività delle professioni sanitarie della prevenzione sono svolte in completa
autonomia gestionale”.
comma 4:
• lettera a) dopo la parola “fattori” aggiungere “protettivi”
comma 5:
• sostituire tutto con: “Il Dipartimento di prevenzione gestisce e coordina i programmi di
sanità pubblica attraverso una visione unitaria e sistemica degli interventi di prevenzione
e promozione della salute, condivide i progetti con i Distretti e le altre strutture del SSR.
Persegue un approccio di integrazione intra ed extra dipartimentale, multi-settoriale,
multi-disciplinare e multi-professionale e adotta le opportune azioni per l’integrazione
socio-sanitaria.”
A.I.D.I. - A.I.FI. - A.I.Or.A.O. - A.I.P. - A.I.T.A. - A.I.T.N. - A.I.T.O.
A.N.A.P. - A.N.D.I.D. - A.N.E.P. - A.N.Pe.C. – A.N.T.E.L. - A.N.U.P.I.
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Art. 19 (Distretto)
Il livello distrettuale è molto centrato sulla responsabilità del MMG e complessivamente non riesce a
cogliere appieno il contributo sostanziale e le potenzialità rappresentate dalle professioni sanitarie e del
sociale nella gestione dei percorsi di cura nella long care e nella continuità assistenziale.
Ritenendo il tema del potenziamento dell’assistenza primaria, richiamato anche nell’art. 2, elemento
strategico per la compiuta realizzazione dei principi e finalità della presente riforma, il Coordinamento
esprime la propria perplessità in merito alla scelta di far coincidere l’assistenza primaria sostanzialmente
unicamente con il perimetro professionale della medicina generale.
L’art. 20 comma a) dispone che il centro di assistenza primaria “assicura l’erogazione delle prestazioni
di assistenza primaria (di medicina generale, infermieristiche, ambulatoriali, domiciliari e specialistiche)”,
senza chiarire quali siano gli assetti organizzativi, quali le modalità di organizzazione e gestione del
processo di produzione ed erogazione dei servizi di assistenza, in che modo si realizzi il coordinamento
con le prestazioni sociali di rilevanza sanitarie garantite dall’ente locale o la relazione con le attività del
distretto .
Poco chiara anche l’organizzazione del personale in esse operante: è infatti prevista la presenza di
personale dipendente dei MMG (amministrativo, tecnico, sanitario??? E con quali funzioni???).
Il richiamo all’erogazione di prestazioni, piuttosto che alla presa in carico della persona, pone anche la
questione dei modelli professionali e di cura.
Le attività specialistiche ambulatoriali e di riabilitazione sono ricomprese tra le funzioni organizzate
garantite dai Distretti ma non è chiaro se siano attività di produzione o di committenza; un elemento di
chiarezza aiuterebbe a spostare in maniera più netta i confini tra ospedale e territorio, tema oggetto di
uno specifico capitolo del PSSR 2006-2008.
Più in generale non è chiarissima la competenza del Distretto in merito alla cura delle patologie
croniche; l’art. 19 al comma 2, infatti, elenca le aree d’intervento del Distretto, e non ci sono le
patologie croniche.
Per le considerazioni di cui sopra, si propongono le seguenti modifiche/integrazioni
Art. 19.
comma 11 bis (aggiuntivo): si inseriscano anche all’interno delle funzioni del Distretto gli aspetti
innovativi previsti per il modello organizzativo ospedaliero all’art. 35, comma c “L’attività delle
professioni sanitarie e sociali è organizzata in aree assistenziali o tecnico sanitarie, eventualmente
raggruppate in strutture, composte da professionisti delle professioni sanitarie, sociali e da altri
operatori dell’assistenza, ed è caratterizzata dalle professioni infermieristica, tecnica sanitaria, della
riabilitazione e del Sociale, quest’ultima raggruppata in struttura nel Coordinamento Socio-Sanitario.
Le aree assistenziali hanno lo scopo di condividere risorse professionali , funzioni di degenza delle
strutture intermedie, ambulatori, beni di consumo e tecnologie. Le attività delle professioni sanitarie e
sociali sono svolte in completa autonomia gestionale”.
A.I.D.I. - A.I.FI. - A.I.Or.A.O. - A.I.P. - A.I.T.A. - A.I.T.N. - A.I.T.O.
A.N.A.P. - A.N.D.I.D. - A.N.E.P. - A.N.Pe.C. – A.N.T.E.L. - A.N.U.P.I.
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comma 12 lettera a) la definizione “assistenza medica primaria” venga sostituita con “assistenza
primaria”
Art. 20.
Sostituire il titolo dell’articolo con “(assistenza primaria)”
comma 1: togliere la parola “medica” dopo assistenza e alla seconda riga aggiungere dopo “Servizio
sanitario regionale,” “in integrazione con i professionisti e con le altre articolazioni del distretto
sanitario”.
comma 4: ultima frase, dopo “ il centro di assistenza primaria:” e prima della lettera b), inserire:
a) è un presidio del distretto sanitario che coordina le attività erogate e cura le interfacce con
le altre articolazioni aziendali. E’ la sede di accesso e di erogazione di servizi sanitari,
sociosanitari e socioassistenziali, rivolti alla popolazione nell’ambito territoriale di
riferimento;
b) garantisce alle persone affette da patologie croniche e caratterizzate da condizioni di
“fragilità”, alle persone con disabilità gravi e alle persone alla fine della vita un percorso
assistenziale integrato attraverso la presa in carico e mantenendo nel tempo la continuità
assistenziale e di cura; è strutturato come un sistema integrato di servizi che si prende cura
delle persone, fin dal momento dell’accesso, attraverso: l’accoglienza, la collaborazione tra i
professionisti, la condivisione dei percorsi assistenziali, l’autonomia e la responsabilità
professionale, la valorizzazione delle competenze;
c) le relazioni organizzative tra i diversi setting assistenziali sono di norma raccordate
dall’infermiere, dal fisioterapista del distretto sanitario o da altro personale, secondo i
principi del case-management ed in funzione della tipologia prevalente del bisogno;
Artt. 37 e 38.
La previsione di piani settoriali e reti di patologia rischia di produrre documenti centrati su modelli di
derivazione clinica e ospedaliera – come ben abbiamo visto con il Piano per le Gravi Cerebrolesioni con pochi spazi per le innovazioni organizzative. A tale proposito si rileva che la nutrizione clinica
non possa essere inclusa in una specifica "rete" (nello specifico quella del diabete). La nutrizione clinica
è un aspetto della presa in carico (prevede interventi di tipo preventivo, assistenziale e riabilitativo),
non è una patologia, ma piuttosto ha un ruolo centrale nel controllo, prevenzione e trattamento di
numerose patologie (sicuramente in tutte quelle citate al comma 3).
Si chiede, quindi, all'art. 38, comma 3, punto g) lo stralcio delle parole "nutrizione clinica".
Coerentemente con la natura e il ruolo della "funzione" nutrizione (trattasi cioè di un servizio), si
chiede l'inserimento all'art. 37 (pianificazione regionale), comma 2, dopo la parola i) cronicità,
delle parole "nutrizione clinica" in questo modo:
i) cronicità
l) nutrizione clinica
m) eventuali altri individuati dalla Giunta Regionale
Inoltre, la definizione “reti di patologia” è obsoleta. Si sa ormai che il paziente cronico presenta forme
di comorbidità e soprattutto va considerato che l’aspetto clinico è solo uno dei settori da prendere in
A.I.D.I. - A.I.FI. - A.I.Or.A.O. - A.I.P. - A.I.T.A. - A.I.T.N. - A.I.T.O.
A.N.A.P. - A.N.D.I.D. - A.N.E.P. - A.N.Pe.C. – A.N.T.E.L. - A.N.U.P.I.
As.N.A.S. – CROAS -F.I.Te.Lab. - F.L.I. –U.N.I.D. - U.N.P.I.S.I.
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considerazione. Sarebbe meglio definire “reti clinico-assistenziali” inserendo quindi tutti gli
aspetti della presa in carico, inclusi quelli di carattere sociosanitario e sociale (sviluppando
così la riflessione sul ruolo dei determinanti non sanitari nelle patologie croniche).
Anche le timide aperture dell’art 39 sulle “attività del personale sanitario” andrebbero rafforzate e
collegate in maniera vincolante alla pianificazione regionale.
Art. 43
Oltre al tema delle professioni sanitarie e sociali è scarsamente sviluppato anche quello del
coinvolgimento dei pazienti nei percorsi di cura di cui la comunicazione al cittadino è solo una parte ; a
questo aspetto andrebbe dedicato un articolo magari non relegato simbolicamente alla fine del
provvedimento.
Il Coordinamento regionale delle Professioni Sanitarie e del Sociale rimane a disposizione per ulteriori
specifici contributi da apportare nelle apposite sedi istituzionali.
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