L’assistenza sanitaria
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La complessità
assistenziale
Network Direttori infermieristici
Aziende sanitarie e ospedaliere Regione Toscana
Abstract
Il gruppo infermieri dirigenti della Toscana ha affrontato negli ultimi mesi i concetti di: infermieristica, intensità di cura e
complessità assistenziale.
Dopo un primo lavoro che ha permesso di confrontare il rapporto infermieri/pazienti si è reso necessario discutere sui modelli
teorici di riferimento utilizzati nell’infermieristica Toscana per individuare la tipologia dell’utenza assistita e l’assistenza erogata.
Sono emersi vari approcci, ognuno con i propri presupposti teorici e valoriali da cui è derivata la complessità della persona
assistita.
Il concetto di complessità assistenziale in letteratura è definito come “un concetto che comprende non solo la valutazione dei bisogni di tipo fisico, educativo, relazionale del
singolo paziente o di un insieme di pazienti cui l’infermiere
deve quotidianamente far fronte, ma anche l’analisi delle
attività e il contesto in cui queste vengono erogate” (Safford, Allison & Kiefe 2007). Il concetto di instabilità clinica
viene per lo più identificato “con la gravità e la frequenza
dei disturbi clinici, in pratica con la comorbosità o con altri
criteri mutuati dalla malattia acuta (Halmet et al., 2002)
oppure a posteriori con eventi clinici avversi (ACEs) (Bernardini et al., 1993) mancando una definizione operativa
effettivamente soddisfacente (Guaita, 2008)”.
“Complessità e instabilità clinica determinano l’intensità
di cura. A qualsiasi livello di intensità di cura ci sono
complessità assistenziali diverse. Sono due elementi distinti (…) perché sono sempre co-presenti nel paziente. A
volte instabilità e complessità coincidono perfettamente,
in molti casi non coincidono” (Lega, 2012).
Il gruppo dirigenti ha previsto di indagare il punto di vista
di coloro che ogni giorno vivono con l’utente e la sua
complessità: gli infermieri.
Il metodo identificato è stato il brainstorming valutativo,
che consente la comprensione profonda del fenomeno,
utile a dare valore a concetti dipendenti da molteplici va-
riabili, come nel caso della complessità assistenziale.
Lo scopo del lavoro è stato quello di ricercare e definire
alcune variabili che identificano la complessità assistenziale indipendentemente dal modello di riferimento utilizzato e che possano rappresentare elementi trasversali tra
le Aziende della Regione.
Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto nei mesi di maggio e giugno
2013 e ha coinvolto gli infermieri delle aree organizzative mediche di 13 Aziende Toscane (n. 12 ASL, n.1 AOU).
Per ogni azienda hanno partecipato da 6 a 8 infermieri
con formazione e permanenza diversificata nell’area medica, individuati dai dirigenti infermieristici.
Il metodo di lavoro utilizzato è stato il brainstorming
valutativo.
Gli ambiti indagati, articolati in 6 domande, sono stati:
-- richieste fatte dall’utente o dal suo care-giver (sempre
in corsivo nel testo) durante la degenza;
-- richieste fatte dall’utente o dal suo care-giver che impegnano l’infermiere;
-- elementi che caratterizzano la complessità di un utente
durante la degenza;
-- livelli di complessità degli utenti.
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Data la possibilità di risposte multiple è stato deciso di
registrare le prime 3 risposte con maggiori consensi per
ogni domanda.
Per dare uniformità al lavoro è stato definito uno schema
di lavoro (Allegato 1) utilizzato da tutti i dirigenti per la
conduzione del brainstorming.
Ogni brainstorming è stato condotto da un coordinatore
con il supporto di un osservatore; ogni dirigente a propria
discrezione ha deciso di consegnare o meno le domande
ai partecipanti prima dell’effettuazione del brainstorming.
Ogni domanda è stata presentata ai partecipanti, è stato
condotto il brainstorming e successivamente discusse le
idee e le definizioni, commentate e rielaborate per arrivare a un consenso comune. La sintesi ha prodotto 3
risposte per ogni domanda anche se in alcune aziende è
stata superiore. Segnaliamo che ai fini dell’elaborazione
dati sono state utilizzate le risposte fornite.
I prodotti di ogni brainstorming sono stati presentati dai
vari dirigenti e collaboratori nella plenaria di giugno. La
discussione e il confronto hanno portato a definire e categorizzare gli elementi comuni. L’analisi dei dati è stata
effettuata utilizzando la descrizione delle frequenze e la
rappresentazione grafica.
Risultati
Ai brainstorming hanno partecipato 76 infermieri delle
aree organizzative mediche, afferenti alle ASL/AO partecipanti allo studio.
I risultati sono stati aggregati ed elaborati per ogni domanda.
Alla domanda “Richieste fatte dal paziente e per lui più
importanti” (Fig. 1), le prime 3 richieste riguardano:
Figura 1. Richieste fatte dai pazienti (%).
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-- informazioni riferite percorso di cura e all’organizzazione dell’ospedale (43%);
-- aiuto-sostituzione in aree funzionali/cognitiva (40%), comprensivo di richiesta di igiene, aiuto movimento, alimentazione, eliminazione, riposo/sonno, gestione dolore;
-- necessità di supporto emotivo/relazionale nel 17%
(non aver più fiducia nelle proprie competenze, paura
della malattia, richieste di ascolto costante, di aiuto
nella comprensione dei termini usati).
Alla domanda “Richieste fatte dal paziente che impegnano l’infermiere” (Fig. 2) risultano essere:
-- supporto ai bisogni area funzionale e cognitiva (61%),
nello specifico mobilizzazione, alimentazione, igiene,
sonno, respirazione;
-- educazione (21%);
-- informazioni su malattia e suo iter (18%).
Le stesse domande sono state indagate nei confronti dei
care-giver.
Le “Richieste fatte dal care-giver e per lui più importanti”
(Fig. 3) risultano essere:
-- gestione della dimissione (43%);
-- informazioni sull’iter diagnostico durante la degenza,
tempi e modalità di recupero (30%);
-- supporto alle aree funzionali e/o cognitiva durante
la degenza (27%), di cui ad esempio alimentazione,
sonno, cambio pannolone,dolore, stato mentale, ecc.
Le “Richieste fatte dal care-giver che impegnano l’infermiere” (Fig. 4), sono:
-- educazione/addestramento (43%), anche in previsione della dimissione (prendere visione di come deve
essere gestito il paziente a domicilio);
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Figura 2. Richieste del paziente che impegnano l’infermiere (%).
Figura 3. Richieste fatte dal care-giver (%).
-- approfondimenti sulla programmazione e gestione
della dimissione e sulla continuità assistenziale (38%);
-- informazioni sul decorso e sull’evoluzione della patologia/PDTA (19%).
Agli infermieri è stato richiesto di esprimersi su “Quali
elementi caratterizzano la complessità assistenziale di
un paziente” (Fig. 5). Emergono quali elementi propri la
complessità assistenziale:
-- instabilità clinica (45%);
-- stato mentale (41%) (persona disorientata, che richiede un controllo continuo);
-- polipatologie (14%).
Nell’ultima domanda è stato richiesto di esprimersi su “In
quanti livelli quali-quantitativi stratificheresti i pazienti”.
Ne è derivato che (Fig. 6) gli elementi utilizzati per determinare la complessità assistenziale prevedono l’instabilità
clinica, la cronicità, la terminalità, giornate di degenza,
ecc., la complessità assistenziale è dichiarata con vari termini in quanto derivante da modelli teorici di riferimento
diversi.
Rispetto al numero dei livelli secondo cui stratificare i pazienti (Fig. 7) emerge che nella maggioranza dei casi si
individuano 3 livelli (56%), 5 livelli nel 22% e 4 livelli nel
restante 22%.
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Figura 4. Richieste del care-giver che impegnano l’infermiere.
Figura 5. Elementi che caratterizzano la complessità (%).
Discussione
Nelle richieste espresse dai pazienti il peso maggiore è
acquisito dalla richiesta di informazioni sul proprio percorso di cura ed elementi caratterizzanti la vita in ospedale (43%). Per il care-giver invece diviene prioritaria la
richiesta sulla gestione della dimissione (43%) a cui si
può associare la richiesta di informazioni sulla degenza e
l’iter diagnostico (30%). Se analizzate in forma associata
la variabile “informazioni” assume per il care-giver l’area
prioritaria (73%).
Il 40% dei pazienti chiede aiuto/supporto nelle aree funzionali e cognitive (ad esempio aiuto movimento) mentre
per il care-giver questo ha un peso inferiore (27%).
Per quanto riguarda l’impegno dell’infermiere nei confronti dei pazienti o dei care-giver le variabili sono diverse.
Nei confronti dei pazienti l’impegno infermieristico è rivolto al supporto nelle aree funzionali (61%). Gli aspetti
informativi che riguardano l’iter della malattia e il percorso diagnostico/terapeutico e assistenziale è del 18% nei
pazienti mentre del 57% nei care-giver, derivante dalla
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Figura 6. Elementi usati per determinare la complessità assistenziale.
Figura 7. Livelli stratificazione pazienti (%).
sommatoria delle informazioni sul decorso e dimissione/
continuità assistenziale.
L’impegno educativo ha un peso maggiore nei confronti
del care-giver rispetto al paziente.
Confrontando le richieste del paziente con quelle che impegnano l’infermiere coincide il supporto nelle aree funzionali e cognitive, mentre la necessità di informazioni
del paziente (43%) è assolta con informazione ed educazione terapeutica per un 39% da parte dell’infermiere.
Confrontando le richieste fatte dai care-giver con quelle
che impegnano l’infermiere, la gestione della dimissione
e più in generale le informazioni sull’iter della degenza/
PDTA corrispondono a un 73% nei care-giver, assolte
dagli infermieri con interventi informativi sul decorso con
gestione dimissione e continuità (57%).
Il supporto alle aree funzionali e cognitive (27% fra le
richieste del care-giver) si ipotizza ottemperato con gli
interventi di educazione (43%).
Sono elementi prevalenti che caratterizzano la complessità assistenziale del paziente l’instabilità clinica (45%),
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lo stato mentale/emotivo (41%), le polipatologie (14%).
Da segnalare che in n. 6 casi è stato indicato quale elemento che caratterizza la complessità del paziente il
“grado di dipendenza” e il “livello di autonomia della
persona”. Tali concetti essendo aggregati di variabili e
di per sé riferibili al concetto di complessità assistenziale,
non possono essere considerati elementi di base e quindi
non inseriti.
Da notare che in questa domanda gli operatori hanno
indicato molti elementi incidenti nella complessità, alcuni
riferibili a categorie definite (ad esempio fine vita), altri
ad aree funzionali (ad esempio respirazione, dolore), attività su prescrizione (ad esempio politerapie, interventi
complessi, difficoltà nel reperimento venoso) oppure a
condizioni organizzative (ad esempio presenza-assenza
di parenti, pazienti in isolamento funzionale).
La definizione dei livelli di complessità ha sicuramente risentito del modello assistenziale presente nell’azienda di
riferimento. Appare comunque un accordo prevalente su
3 livelli (56%) ma difformità nei contenuti per esempio si
parla di instabilità clinica e assistenziale, di persona da inquadrare, autosufficiente o dipendente, di caso sociale, di
cronicità e/o acuzie, di orietamento/disorientamento, ecc.
Una riflessione sul lavoro svolto
Il metodo utilizzato ha permesso di avere in poco tempo
informazioni da parte di coloro che vivono la complessità
dell’assistenza ogni giorno e anche di sviluppare idee e
confronto, dando valore alle opinioni espresse. Tutto ciò
comunque è vincolato dalla capacità di garantire rigore
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metodologico tanto da mantenere il “focus” sul tema e
gestire le relazioni tra i partecipanti. Un limite del lavoro
è la rielaborazione: la sintesi non rende merito al valore
di quanto emerso durante i lavori, è difficile inquadrare
le esperienze che rappresentano il vissuto delle persone
come anche i temi che sono emersi e che potrebbero rappresentare spunti di riflessione per altri brainstorming.
Conclusioni
Di complessità assistenziale se ne parla da tempo, spesso
sentiamo l’opinione dei dirigenti non sempre degli operatori. Il lavoro svolto ha permesso e di avere informazioni
utili alla dirigenza per orientare l’assistenza e le scelte
organizzative e assistenziali.
L’esperienza condotta con l’utilizzo di rapidi metodi di
lavoro ha permesso di avere informazioni importanti per
la valorizzazione del lavoro degli infermieri, non solo tecnici ma anche educativi.
Emerge come i bisogni dei pazienti non sono solo attribuibili alla sfera funzionale ma riguardano anche aspetti
informativi riferibili alla sfera affettiva, mentre da parte
dei care-giver molta attenzione è posta alla dimissione.
Sugli elementi che caratterizzano la complessità e sui livelli di stratificazione dei pazienti occorre invece sviluppare
una riflessione, dato che vi è accordo sulla terminologia.
La sintesi prodotta vuol rappresentare un primo contributo da ridiscutere con i partecipanti ai brainstorming, per
avere un feedback se quanto rielaborato rappresenta la
complessità che vivono ogni giorno.
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Allegato 1. Schema per brainstorming
Premessa
L’instabilità clinica e l’impegno assistenziale che ne deriva (ovvero le categorie) incidono sull’intensità di cura.
Obiettivo
Definire alcune variabili che identificano la complessità assistenziale della persona indipendentemente dal modello
di riferimento.
Strumenti
-- Brainstorming gruppo infermieri;
-- Modello in uso nella propria azienda.
Modalità
Il dirigente identifica il gruppo di infermieri (5-8) garantendo che lavorino in area medica e che la loro permanenza
nell’area sia diversificata.
Il dirigente o persona da lui incaricata conduce l’incontro secondo i quesiti concordati e riporta la sintesi secondo
lo schema di cui in tabella.
La tabella di sintesi viene portata nell’incontro previsto per il giorno 11 giugno 2013.
Ogni dirigente porta anche una breve descrizione del modello per la rilevazione della complessità assistenziale
utilizzato nella propria azienda.
Domande
1 Sulla base della tua esperienza quali sono le 3 richieste fatte dal paziente e per lui più importanti?
2 Sulla base della tua esperienza, rispetto alle richieste del paziente, quali sono quelle che ti impegnano di più?
3 Sulla base della tua esperienza quali sono le 3 richieste fatte dal care-giver e per lui più importanti?
4 Sulla base della tua esperienza, rispetto alle richieste del care-giver, quali sono quelle che ti impegnano di più?
5 Sulla base della tua esperienza quali sono i primi 3 elementi che caratterizzano la complessità di un paziente?
6 Secondo la tua esperienza su quanti e quali livelli stratificheresti i pazienti? Perché?
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