Introduzione ....................................................................................... 2 CAPITOLO I Settore lattiero-caseario e fabbisogni di formaggi innovativi ............ 4 CAPITOLO II Segmentazione del mercato ............................................................. 10 CAPITOLO III Tecnologie casearie alternative alle paste filate .............................. 16 CAPITOLO IV I coagulanti innovativi ...................................................................... 20 CAPITOLO V Arricchimento nutrizionale dei formaggi attraverso l’alimentazione degli animali ..................................................................................... 26 CAPITOLO VI Le essenze foraggere utilizzate nel progetto NOVOROD ................. 36 CAPITOLO VII La ricerca di mercato ........................................................................ 50 CAPITOLO VIII Pianificazione delle azioni................................................................. 58 1 Introduzione Il Progetto Novorod ha la finalità di immettere elementi di innovazione lungo tutta la filiera di produzione del settore lattierocaseario bovino, contribuendo ad aumentarne la competitività attraverso l'introduzione di nuove tecnologie ed innovazioni di prodotto e di processo. In particolare, le azioni progettuali intervengono sulle seguenti fasi della filiera: ALLEVAMENTO. Si implementano sistemi di allevamento finalizzati a una zootecnia da “formaggio” e non più da “latte”, attraverso: la valorizzazione delle razze bovine a maggiore attitudine casearia (Bruna e Pezzata Rossa) e di modelli di allevamento meno intensivi; il collaudo di sistemi di alimentazione basati su foraggere ad elevato potenziale di modifica del contenuto in sostanze ad azione nutrizionale nel latte; il collaudo di formulazioni alimentari a base di oleaginose ricche in acidi grassi polinsaturi; il collaudo di protocolli di produzione di foraggere. TRASFORMAZIONE. Presso i caseifici aderenti al progetto, si collaudano linee di produzione innovative che riguardano: formaggi a base di caglio vegetale, (messo a punto negli anni precedenti dall'Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva del CRA) prodotti utilizzando il carciofo bianco di Pertosa (presidio Slow Food); sieroformaggi spalmabili e cremosi arricchiti con frutti di bosco prodotti nel comprensorio degli Alburni, grazie al riutilizzo del siero di scarto; formaggi naturalmente arricchiti, grazie ai sistemi di alimentazione basati su foraggere ad elevato potenziale di modifica del contenuto in sostanze ad azione nutrizionale nel latte. 2 VALORIZZAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI FORMAGGI INNOVATIVI. L’obiettivo finale è concorrere al riposizionamento strategico del settore lattierocaseario bovino mediante azioni tese a: trasferire innovazioni tecnologiche e di prodotto alle imprese; rafforzare la collaborazione tra imprese ed enti di ricerca; garantire azioni di formazione e valorizzazione dei nuovi prodotti. 3 CAPITOLO I Settore lattiero-caseario e fabbisogni di formaggi innovativi Il mercato italiano dei formaggi è in crescita ed è caratterizzato da elevati consumi procapite. Si compone di una grande varietà di prodotti, anche se la maggior parte dei consumi è riferita solo ad alcune tipologie. Su circa 13 milioni di tonnellate di latte lavorate dalle imprese, circa 9 milioni sono destinate alla produzione di quattro tipologie di prodotti: mozzarella, Grana Padano, Parmigiano e latte alimentare. (Mercati Mark up, 2008). Nel tempo, si assiste ad un mutamento delle occasioni di consumo dei formaggi e delle preferenze espresse dai consumatori, con una crescita rilevante dei prodotti innovativi, destinati a specifiche occasioni di consumo. I bilanci di approvvigionamento nazionali di formaggi e latticini rivelano, nel periodo 1996-2009, una situazione in crescita per il consumo umano, così come evidenziato in figura 1.1. Nel periodo considerato, l’aumento registrato è pari al 5,59%. Figura 1.1 Consumi domestici di formaggi e latticini Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (valori in migliaia di tonnellate) 4 Una stima dei consumi di formaggi in Italia, ripartiti per macroaree geografiche, può essere ricavata da un’indagine campionaria (Indagine Inran-Scai 2005-2006) riassunta in tabella 1.1. Tabella 1.1 Consumi giornalieri di formaggi in Italia Media consumi giornalieri (g/kg peso corporeo/die) formaggi per area Area geografica media 0,94 Centro 0,96 Nord occidentale 0,94 Nord orientale 0,96 Sud-isole 0,95 TOTALE Gli acquisti di formaggi in Italia ed in Campania nel periodo 20012010 sono illustrati nel grafico seguente (figura 1.2) dove i valori indicati rappresentano la variazione percentuale di acquisti domestici dedicata ai formaggi, assumendo pari a 100 il valore dell’anno 2000. Figura 1.2 Acquisti domestici di formaggi Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (Valore 2000=100) 5 La situazione italiana, pertanto, mostra complessivamente nel periodo 2001-2010 un incremento degli acquisti di formaggi (+0,6%). In Campania, invece, si rileva una diminuzione degli acquisti (-6,1%). La solidità della filiera lattiero casearia campana si riflette anche sul ruolo che tali prodotti rivestono nel complesso del paniere di acquisti familiari. La spesa media mensile familiare per la macrocategoria “Uova, formaggi e latte” per il 2004 (figura 1.3) conferma una quota nettamente più consistente a livello regionale rispetto alla media nazionale e meridionale. Figura1. 3 Spesa media mensile per "Uova, formaggi e latte" Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (valori correnti in euro) Nonostante l’elevata varietà di prodotti interni e la polverizzazione produttiva, con più di 2000 imprese di trasformazione di dimensioni molto piccole, l’Italia risulta essere un paese importatore netto, così come evidenziato dall’andamento import-export (in valore economico) mostrato nella tabella 1.2. Nel 2011 si evince un incremento del divario tra esportazioni ed importazioni rispetto 6 all’anno precedente. La situazione campana è inversa rispetto all’Italia ed evidenzia saldi normalizzati positivi, indicativi di esportazioni superiori alle importazioni. Nel 2011, tuttavia, il saldo normalizzato (67,1%) è inferiore rispetto all’anno precedente (71,4%). Tabella 1. 2 Interscambio dei prodotti lattiero-caseari Interscambio Italia Esportazioni 2010 (gen-set) 2.147.441 3.580.621 -1.433.180 -25,0 2011 (gen-set) 2.386.591 3.908.085 -1.521.493 -24,2 Importazioni Saldi Saldi normalizzati (%) Fonte:ns elaborazioni su dati ICE (valori in migliaia di euro) Var % 11,1 9,1 Le caratteristiche del sistema produttivo lattiero-caseario sono differenziate a seconda della specie allevata. I dati sulla consistenza del bestiame da latte nel periodo 2002-2011 sono riportati in figura 1.4. Figura 1.4 Allevamento del bestiame da latte in Campania Fonte:ns elaborazione su dati Istat (numero di capi) 7 In Campania, gli allevamenti bufalino, caprino e ovino registrano un incremento rispettivamente del 54,02%, 4,01% e 4,99%, a fronte di una diminuzione dell’allevamento bovino (-13,77%). Il dato è in linea con l’andamento nazionale per allevamento bovino (-8,16%) e bufalino (+46,95%) ed in controtendenza per caprino (-2,87%) ed ovino (-2,29%). La produzione campana in valore dei prodotti lattiero caseari corrisponde, nel 2007, a 181 milioni di euro pari al 4,14% della produzione nazionale ed al 21,32% del valore della produzione meridionale. (Ismea, 2008). La consistenza del tessuto produttivo lattiero-caseario regionale è sintetizzata nella tabella 1.3, da cui si evince l’elevata consistenza dell’industria della trasformazione nelle province di Napoli, Salerno e Caserta. Tabella 1.3 Caseifici presenti in Campania Caseifici della Campania Provincia Avellino Benevento Caserta Napoli Salerno Totale Numero attività 70 38 354 440 308 1210 Fonte:ns elaborazioni su dati CCIAA Il dettaglio produttivo regionale di formaggi nel periodo 2002-2010 (figura 1.5) evidenzia un incremento produttivo di circa il 54%, a fronte di un incremento nazionale del 9,73% registratosi nello stesso periodo. 8 Figura 1.5 Produzione di formaggi in Campania Fonte:ns elaborazione su dati Istat (quantità in quintali) L’incremento della produzione regionale conferma, dunque, la rilevanza del settore lattiero caseario sul tessuto produttivo campano, con incrementi superiori di quasi sei volte rispetto alle medie nazionali. RIFERIMENTI: Mercati Mark up (2008), I Formaggi; Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), L’indagine Nazionale sui consumi alimentari in Italia: Inran- Scai 2005-2006; Ismea, Indicatori del sistema agroalimentare, Bilanci di approvvigionamento lattiero-caseari; Ismea ( 2010), Osservatorio consumi domestici acquisti di formaggi; Ismea (2008), Outlook dell’agroalimentare italiano 2008. SITOGRAFIA: www.ice.it; www.datima.ismea.it; www.agri.istat.it 9 CAPITOLO II Segmentazione del mercato Il settore lattiero-caseario è caratterizzato da una notevole varietà di produzioni che ne differenziano il mercato. Le modalità di classificazione dei formaggi sono molteplici. A ciò si aggiunge la frammentazione che deriva dalle produzioni tipiche di ogni territorio. In Campania, ad esempio, la filiera lattiero-casearia rappresenta uno dei principali segmenti economici dell’agroalimentare regionale ed è caratterizzata da notevoli tipicità territoriali. Tuttavia nel settore lattiero-caseario campano manca la tradizione e la tecnologia di lavorazione di formaggi alternativi alle paste filate, ottenuti con latte vaccino. La realizzazione di tale tipologia produttiva ed il tentativo d’inserimento sul mercato, non possono prescindere da un’accurata analisi dello stesso in termini di consumi, contesto produttivo e prezzo, relativamente alle tipologie di prodotti già consolidati ed affermati. I consumi alimentari di formaggi, per classe d’età e per area geografica d’appartenenza sono desumibili dalla tabella 2.1. Tabella 2.1 Consumi medi di formaggi e sostituti Consumi medi di Formaggi e sostituti (g/kg di peso corporeo/die) Classi età Nord Nord Centro Sud e isole occidentale Orientale Bambini piccoli 2,50 2,09 3,01 2,27 (0-2) Bambini 1,88 1,64 2,09 1,82 (3-9) Adolescenti 1,20 1,33 1,21 1,08 (10-17) Adulti 0,90 0,92 0,88 0,90 (18-64) Anziani 0,80 0,79 0,70 0,86 (65-97) Fonte:ns elaborazione su dati Inran-Scai 2005-2006 10 Dalla tabella si evince che i valori più alti di consumo medio procapite sono individuabili nei bambini. Tuttavia, esiste una forte variabilità in funzione del sesso del consumatore, oltre che della provenienza geografica. L’intrinseca variabilità delle tipologie produttive di formaggio e le derivanti difficoltà sovraesposte costituiscono un ulteriore elemento di mutabilità interna. Gli indici relativi agli acquisti di formaggi per le famiglie dell’Italia e del meridione nel periodo 2001-2010 sono rappresentati nella figura 2.1. L’andamento risulta differente a seconda delle tipologie considerate. Figura 2.1 Acquisti medi di formaggi delle famiglie italiane e meridionali Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (Valore 2000=100) I formaggi stagionati, infatti, subiscono un calo maggiore sia per l’Italia (-5,9%) che per il meridione (-10,9%), con un calo più marcato per quest’ultima area. I formaggi freschi e fusi, invece, 11 hanno un andamento diverso a seconda dell’area considerata: sebbene nel meridione subiscano un calo del 6,2%, in Italia registrano un aumento del 7,3%. Questo mostra, pertanto, come il settore dei formaggi freschi, almeno stando ai dati nazionali, possa essere un utile segmento di mercato su cui inserire nuove produzioni. Il trend relativo alla segmentazione produttiva dei formaggi in Campania nel periodo 2002-2010 è mostrato nelle figure 2.2 e 2.3. Figura 2.2 Produzione delle principali tipologie di formaggi in Campania Fonte: ns elaborazione su dati Istat(quintali) La produzione di formaggi a pasta dura, semidura e molle risulta in aumento e con variazioni rispettivamente del 489,36%, 21,33% e 855,84%. L’andamento nazionale è simile, anche se con valori di incremento inferiori per i formaggi a pasta dura (3,10%) e semidura (5,38%) mentre per i formaggi a pasta molle si registra una diminuzione (-7,00%). 12 Figura 2.3 Produzione di formaggi freschi in Campania Fonte: ns elaborazione su dati Istat (quintali) La produzione di formaggi freschi in regione (figura 2.3) mostra valori nettamente superiori rispetto alle altre tipologie e con un trend, nel periodo esaminato, del +41,42%. L’andamento nazionale per la stessa categoria mostra altresì una crescita di circa la metà rispetto al dato campano (+24,68%). L’andamento storico dei prezzi (1993-2012) sul mercato nazionale all’origine dei formaggi per tipologia, è riassunto nella figura 2.4. Il trend dei prezzi risulta essere crescente per tutte le varietà, ma si può altresì constatare un incremento più consistente per le tipologie formaggi freschi e latticini (+85,01%) ed a pasta dura (+56,62%). 13 Figura 2.4 Trend dei prezzi dei formaggi in Italia (mercato di origine) Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (prezzi in €/Kg) L’andamento dei prezzi relativi al mercato d’origine per la Campania, relativi al periodo 2007-2012, evidenziano una diminuzione in valore dei prezzi di Caciocavallo (-14,87%), Scamorza (-1,51%) e Mozzarella di bufala (- 2,49%), cui si affianca un incremento dei prezzi del formaggio Silano (+5,41%). A titolo di esempio dell’andamento del mercato all’ingrosso regionale, si possono considerare i dati rilevati dalla Camera di Commercio di Salerno, relativi al periodo 2003-2010. La mozzarella di bufala mostra andamenti quasi costanti dei prezzi, che si attestano su un valore di 769 €/quintale. Il caciocavallo stagionato e le provole affumicate bufaline mostrano invece incrementi rispettivamente dello 0,25% (789 €/quintale) e del 2,60% (800€/quintale) a fine periodo. I prezzi delle scamorze (692 €/quintale) e del caciocavallo fresco (596 €/quintale) restano, invece, invariati nel tempo. 14 Dall’analisi della segmentazione del mercato si evince che i formaggi prodotti nell’ambito del progetto Novorod si inseriscono in un segmento di mercato in espansione. Come già evidenziato, la produzione ed i prezzi dei formaggi a pasta molle sono in crescita in Italia ed in Campania. Inoltre la produzione di formaggi freschi e latticini registra valori nettamente superiori rispetto alle altre categorie. Il successo dei formaggi innovativi del progetto Novorod in tale segmento di mercato, sarà favorito anche dalle innovazioni di prodotto, come nel caso dei formaggi realizzati utilizzando caglio vegetale a base di Carciofo Bianco di Pertosa, tecnica scoperta e messa a punto dall’unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva di Bella (PZ), che conferisce al prodotto particolari caratteristiche sensoriali. Le note amarognole derivanti dall’utilizzo del caglio di carciofo ne costituiscono elemento di distinzione, incontrando le preferenze di un mercato sempre più attento a prodotti differenziati, con contenuto salutistico, con caratteristiche peculiari che rendono uniche le occasioni di consumo. RIFERIMENTI: Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), L’indagine Nazionale sui consumi alimentari in Italia: InranScai 2005-2006; Ismea (2010), Osservatorio consumi domestici acquisti di formaggi ; PSR 2007-2013 della Regione Campania SITOGRAFIA: www.agri.istat.it; www.datima.ismea.it 15 CAPITOLO III Tecnologie casearie alternative alle paste filate Uno degli obiettivi del progetto NOVOROD è l’introduzione di tecnologie casearie alternative alle paste filate. Di seguito si illustrano gli schemi tecnologici di tre tipologie di formaggi vaccini, già apprezzati dal consumatore in alcune prove di assaggio. Si tratta dei seguenti formaggi: caciotta dolce, formaggio molle, “semicotto”. I primi due sono a breve stagionatura, 10-20 giorni, con pezzatura da 500 g, in linea con l’attuale tendenza di mercato che preferisce forme piccole. Per la struttura morbida e il sapore lattico e dolce, si pensano soprattutto per il consumatore più giovane. Il terzo è di media stagionatura (minimo 3 mesi), di pezzatura maggiore (1-2 kg) ma si presta al porzionamento e confezionamento sottovuoto. È gradito dal consumatore più “maturo”, che ama un gusto più pronunciato, senza tuttavia rinunciare alla delicatezza del latte vaccino. Un’ultima considerazione importante. Ogni tecnologia prevede una maturazione a temperatura e umidità ben precise, e a volte la salamoia. Ciascun passaggio dello schema tecnologico influisce sul risultato finale. Pertanto è opportuno che al formaggio che si sceglie di produrre si dedichi una CELLA, in modo da rispettare le caratteristiche di temperatura e umidità, e una SALAMOIA. Il rischio è di “contaminare” il formaggio con aromi o sapori estranei alla tipologia (es., fumo o fermentato da paste filate) o non favorire l’asciugatura più idonea per quei formaggi. Con queste premesse, vediamo ora i flussi tecnologici dei tre formaggi. 16 Tecnologia della caciotta Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o termizzato, caglio liquido di vitello (25 ml/hl, titolo 1:18000), fermento: S. thermophilus e L. bulgaricus per inoculo diretto in caldaia, preincubato in latte a 40°C. Attrezzature: stampi in plastica a forma di canestro da 1 kg con fondo, teli di plastica. Tempo Attività 00.00 00.25 00.45 00.55 01.20 01.30 01.40 01.45 01.55 02.10 02.40 03.10 05.40 17.30 fermento liofilizzato nel secchio di latte a 40°C latte + fermento del secchio in caldaia a 38°C aggiunta del caglio e mescolamento lento e omogeneo presa (10 minuti) e successiva coagulazione (25-30 min) 1° taglio con lira a 5 cm, rivoltamento con spannarola 2° taglio con lira fino a “nocciola”, poi riposo (10’ ca.) agitazione della cagliata con la rotella asportazione di una parte del siero temperatura cagliata 38°, inizio travaso negli stampi preriscaldati con acqua calda e posti su tavolo d’acciaio copertura degli stampi con teli di plastica, pH 6.4-6.45 1° rivoltamento, stufatura a 38°C x 3 ore fino a pH 5.2 2°, 3°, 4° rivoltamento con cadenza 30 minuti formaggio negli stampi in cella a 7-8°C per 12 ore il giorno dopo, stampi in salamoia o salatura a secco Salamoia: a 19°Baumè, pH 5,00 ca., temperatura 15-17°C, 2 ore/kg. Cura: 2-4 ore di sgocciolatura dopo salamoia, cella fredda a 8°C per 20 gg, frequenti rivoltamenti e pulitura delle muffe (U.R. celle 8590%). Caratteristiche: crosta paglierina, pasta morbida, eventuale piccola occhiatura, sapore dolce, lattico e leggermente acidulo. Resa: 12-14%. 17 Tecnologia del formaggio molle Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o termizzato, caglio liquido di vitello, miscela di fermenti tipo S. thermophilus e L. lactis in rapporto 1:1. Attrezzature: caldaia a doppio fondo, stampi parallelepipedi in plastica con fondo, da 500 g, tavoli spersori in acciaio, celle di stagionatura e refrigerate. Tempo Attività 00.00 00.10 00.20 00.35 00.40 00.50 00.55 01.05 01.30 01.40 latte in caldaia a 34-36°C, aggiunta di fermenti 0.5-1.5% aggiunta caglio (25-30 ml/hl a titolo 1:18.000) presa (in circa 8-10 minuti) taglio del coagulo con lira a file distanti 5 cm riposo cagliata per 5’, rivoltamento con spannarola rottura a grani di nocciola grossa riposo cagliata sotto siero, eliminazione di 1/3 del siero travaso rapido della cagliata negli stampi su tavolo spersore sgrondo siero dagli stampi inizio rivoltamenti e stufatura – locale a 32-34°C e 90% UR, per 3-4 ore con rivoltamenti periodici ogni 1, 2, 3, 4 ore (fino a 6 rivoltamenti) – pH pasta a fine stufatura 5.0-5.2. Asciugatura e consolidamento dei formaggi nello stampo in un locale a 5-6°C x 12 ore. Salatura: a secco con sale grosso sulle facce, oppure salamoia (pH >5) a 10-12°C, a conc. 18 °Baumé per 1 ora. Cura: in celle a 6-7°C e UR 85-90%, per 20-30 giorni con rivoltamenti giornalieri e lavaggi con acqua e sale. Caratteristiche: crosta giallognola, pasta morbida, uniforme, chiara, senza occhiatura, fondente in bocca; sapore burroso, mai acido o piccante. Resa: 12-13%. 18 Tecnologia del semicotto Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o termizzato, sieroinnesto o lattocolture di S. thermophilus. Attrezzature: caldaia a doppio fondo, stampi di plastica da 3 kg, tavoli spersori, cella fredda e cella di stagionatura. Tempo Attività 00.00 00.20 00.50 01.00 01.20 01.40 02.00 05.00 17.00 latte in caldaia a 38°C, aggiunta di fermenti 1-3% aggiunta caglio liquido, 25-30 ml/hl (titolo 1:18.000) taglio della cagliata e rottura fino a “chicco di riso” riscaldamento della cagliata a 42-45°C in agitazione lenta riposo della cagliata estrazione del siero e trasferimento di cagliata nelle forme, pressatura manuale della pasta nelle forme stufatura a 38-40°C x 3 ore fino a pH della pasta 5.2 sosta in cella fredda a 6-8°C x 12 ore immersione in salamoia per 12 ore o salatura a secco Salatura: soluzione salina a 12°C, a conc. 18° Baumé, o a secco. Cura: rivoltamenti e puliture in cella fredda, a 12-15°C, UR 80-85%, per 3 - 6 mesi, secondo il prodotto che si vuole ottenere. È preferibile utilizzare un ambiente naturale, come grotte o cantine interrate, da destinare esclusivamente alla cura dei formaggi. Caratteristiche: crosta a superficie irregolare, unghia evidente, pasta compatta con rara occhiatura, colore avorio, lieve granulosità, solubile, sapore caratteristico, sapido, intenso nei più invecchiati, mai piccante. Resa: 10% 19 CAPITOLO IV I coagulanti innovativi Un formaggio innovativo può essere espressione di un coagulante innovativo. Brevemente, il coagulante nel settore caseario è una sostanza ricca di enzimi in grado di far coagulare il latte. È chiamato comunemente anche CAGLIO. Gli enzimi (principio attivo dei coagulanti) partecipano alla reazione chimica di trasformazione di proteine e grassi. Avremo così le proteasi, enzimi ad azione proteolitica (spezzano cioè le proteine in molecole più piccole) e lipasi, azione lipolitica (spezzano le molecole dei grassi liberando acidi grassi). Classificazione dei coagulanti Esistono diversi tipi di coagulanti e sono venduti in forma liquida, polvere o in pasta. Nella tabella seguente sono riportati i più diffusi. Tabella 4.1 Tipi di coagulanti suddivisi per origine ORIGINE - animale - fungina (muffe) - da DNA ricombinato (OGM) - vegetale TIPO - Caglio bovino - Caglio caprino e ovino - Pepsina bovina, suina, di pollo da Mucor miehei da Mucor pusillis da Endothia parasitica - di batteri (E. coli) - di lieviti (K. lactis) - di funghi (A. nidulans) Estratto di cardo, gallio, fico, papaia, etc. ENZIMI - proteolitici - proteolitici e lipasi - Pepsina Proteasi acida - Chimosina A - Chimosina B - Chimosina B Miscela di enzimi proteolitici 20 Il caglio animale in breve Il più diffuso e conosciuto è quello liquido ottenuto dallo stomaco del vitello. È disponibile anche in polvere e in pasta. I suoi enzimi (pepsina e chimosina) sono attivati da un pH acido e anche la temperatura influisce sull’attività coagulante (40°C è la temperatura ottimale). La pepsina è 45 volte più proteolitica della chimosina. Sono disattivate a 52-59°C. I formaggi ottenuti con questo caglio sono caratterizzati da una pasta dolce in quelli freschi, sapida ma mai piccante in quelli stagionati. Per alcuni formaggi tradizionali sono utilizzati il caglio di agnello e di capretto (in pasta o in polvere), industriali o aziendali. Questi coagulanti presentano, oltre a chimosina e pepsina, quantità variabili di lipasi, un enzima ancora poco studiato, e sono responsabili del gusto piccante del formaggio. Miscelando ad arte il caglio ovicaprino con quello bovino, si può creare una gamma di formaggi vaccini con carattere deciso, come il provolone piccante. Una curiosità: i vegetariani assoluti (Vegani) non mangiano il formaggio fatto con caglio animale e cercano, invece, formaggi ottenuti con altri coagulanti. Altri coagulanti: microbici e da OGM I coagulanti microbici (disponibili in forma liquida e in polvere) si ottengono dalla coltivazione di muffe (citate nella precedente tabella) e sono resistenti a pH e temperature elevati. La caratteristica principale è la capacità di indurre un rassodamento più lento della cagliata all’inizio e più rapido alla fine del processo, con maggiore velocità di acidificazione e di spurgo della cagliata rispetto al caglio di origine animale. Pertanto è bene velocizzare il processo, per evitare un’acidificazione o un’asciugatura eccessiva della cagliata. 21 I coagulanti da organismi geneticamente modificati (OGM) contengono solo chimosina. Come si ottengono? Il codice genetico responsabile della produzione di questo enzima è “copiato” da quello bovino e la “copia” viene “trapiantata” in microrganismi non pericolosi per la salute umana; questi si moltiplicano e producono l’enzima, che viene raccolto e venduto in forma liquida. Per la legislazione italiana, per poterli usare si deve ottenere un’autorizzazione specifica, sono vietati per la produzione di formaggi DOP o IGP. Essendo a base di sola chimosina, non riproducono la miscela presente negli altri coagulanti. Il caglio vegetale Come abbiamo visto nella tabella, più di una specie vegetale presenta un’azione coagulante. In alcuni paesi europei (Spagna e Portogallo) si producono formaggi tradizionali e DOP con estratto di Cynara cardunculus (cardo selvatico): Queso de la Serena, Torta del Casar, Ibores in Spagna, il Serpa e il Serra da Estrela in Portogallo (solo per citare qualche nome), quasi tutti prodotti con latte ovino, a livello aziendale, artigianale o in piccoli caseifici. In Italia, Lucio Columella, nel 50 d.C. (“De Re Rustica”), citava l’uso del cardo selvatico, ed ancora oggi si produce il Caciofiore nel Lazio. I principi attivi coagulanti sono contenuti nel fiore del cardo, e la miscela di enzimi è tutt’oggi molto studiata a livello internazionale. Sono state individuate due proteasi (la cynarasi e la cardosina), presenti in forme e dosi diverse. La conseguenza di questa variabilità è che la “forza di coagulazione” dell’estratto non è costante. Inoltre altri fattori influiscono sul potere coagulante, come le modalità di 22 preparazione e di estrazione. La coagulazione avviene fra i 27° e i 30°C; la miscela di enzimi presenta la massima attività in un latte a pH 5,1 e un’intensa attività proteolitica: questi formaggi presentano tutti una pasta “molle”, burrosa, che tende a perdere completamente la struttura e presentarsi liquefatta, da prendersi “al cucchiaio”! Si presentano, inoltre, a volte piccanti e con una lieve nota amara, caratteristica specifica e non difetto, dovuta a proteolisi secondarie. Naturale innovazione L’equipe del CRA ZOE ha studiato e messo a punto un coagulante vegetale innovativo, ed è stato utilizzato per la lavorazione di latte vaccino di razze alternative alla Frisona, ossia la Pezzata Rossa e la Bruna Italiana. Al latte di queste razze, che ha un contenuto superiore di grasso e proteine, nonché una maggiore resa alla caseificazione rispetto alla Frisona (tabella 4.2), si aggiungono le sostanze nutraceutiche provenienti da un’alimentazione mirata (vedi capitoli successivi), in grado di arricchire in modo naturale il latte. Tabella 4.2 Composizione media e resa del latte delle razze Frisona, Bruna e PR per la produzione di un formaggio a pasta dura Grasso % Proteina % Caseina % Resa % Frisona italiana 3,67 3,35 2,25 6,75 Bruna Alpina 3,8 3,6 2,69 8,02 Pezzata Rossa 3,9 3,42 2,65 7,62 23 Nell’ambito di NOVOROD sono state proposte due tipologie di formaggio con coagulante vegetale: a) tipo Caciotta: discoidale, pezzatura da 500 g, 20 giorni di stagionatura, a pasta morbida e avvolgente, dal gusto dolce-amaro, che tende alla nocciola verde con l’avanzare della maturazione (oltre i 30 giorni); b) tipo Semicotto: rottura più spinta (a chicco di riso) e riscaldamento della cagliata a 42-45°C, pezzatura da 2-3 kg e stagionato per almeno 3 mesi. La pasta è compatta, con lieve occhiatura, solubile, a volte leggermente astringente, sapida e caratterizzata da note più decise (erbaceo, fresco, etc.). Vediamo di seguito gli schemi tecnologici. Schema tecnologico della Caciotta a coagulante vegetale latte pastorizzato + fermenti termofili, temp. 36°C aggiunta di coagulante vegetale presa e coagulazione (in 60-80 minuti) taglio a quadrati di 5 cm di lato, riposo 10 min, rottura a nocciola, riposo messa in forma e drenaggio, stufatura a 35-36°C x 3 ore salatura a secco o salamoia maturazione in cella a 8-10°C e Umidità Relativa 85-90% per 2030 gg, 24 Schema tecnologico del semicotto a coagulante vegetale latte pastorizzato + fermenti termofili, temp. 38°C aggiunta di coagulante vegetale presa e coagulazione (in 1 ora circa) rottura a chicco di riso e riposo riscaldamento della cagliata in caldaia a 42-45°C e riposo per 1015’ messa in forma con pressatura manuale e stufatura a 38°C x 3 ore salatura in salamoia o a secco maturazione in cella a 12-15°C per 90-120 gg e Umidità Relativa 75-80% Dal siero ottenuto dalle lavorazioni si può ottenere una ricotta morbida, con sentore di erbaceo, che si sprigiona soprattutto appena fatta e ancora calda. Le prospettive si rivelano interessanti, considerando il successo di pubblico (soprattutto il consumatore “informato”), riscontrato da questi formaggi in varie occasioni di assaggio, un riscontro positivo per un prodotto innovativo che si presenta sotto buoni auspici. 25 CAPITOLO V Arricchimento nutrizionale l’alimentazione degli animali dei formaggi attraverso Parlare di arricchimento, di una matrice come il formaggio, soprattutto se formaggi stagionati (con basso contenuto di acqua), con un elevato contenuto di sali minerali (calcio), grasso e proteine, può sembrare un paradosso. Le motivazioni sono diverse e limitate, generalmente, a molecole e microcomponenti poco considerati. Si tratta, infatti, di dare la giusta importanza nell’ambito dei macrocomponenti (grasso, proteine, ecc.) alle singole molecole costitutive (acidi grassi liberi e totali, amminoacidi, vitamine ecc.). Sono proprio queste molecole, poco importanti dal punto di vista quantitativo, a esercitare effetti positivi sulla salute umana. Un formaggio con un contenuto elevato di grasso è generalmente demonizzato dai “dietologi”che si preoccupano solo di vietarceli. Grasso elevato, infatti, è sinonimo di colesterolo elevato e, comunque, di qualcosa di dannoso per la salute umana. Vedremo, o almeno cercheremo di dimostrare, che questo non è sempre vero. Se consideriamo come parametri di valutazione alcune molecole di tipo nutrizionale, le differenze fra latti e fra formaggi diventano importanti. In cosa arricchire? Alcune molecole sono definite con l’aggettivo “essenziale”. Il termine “essenziale” non è solo sinonimo di “primario”, importante, fondamentale, ma indica un concetto molto preciso. Un nutriente è essenziale se l’organismo umano non è in grado di sintetizzarlo e, di conseguenza, la dieta rappresenta l’unica fonte di quel nutriente. Esiste, poi, un certo numero di sostanze non “essenziali” dal punto di vista nutrizionale, ma che, comunque, possono avere effetti benefici 26 nel mantenimento di un buono stato di salute. Si tratta delle sostanze che, nella moderna terminologia scientifica, vengono definite “funzionali”. Si tratta di cercare di far aumentare il contenuto di quelle sostanze ritenute “funzionali” dal punto di vista della salute del consumatore. La qualità nutrizionale comprende tutti quei componenti potenzialmente presenti in maggiore quantità nei cosiddetti alimenti “funzionali”. Gli alimenti “funzionali” sono definiti come cibi che comprendono prodotti potenzialmente benefici per la salute oltre alle proprietà nutritive che normalmente veicolano. Sono compresi: gli acidi grassi della serie omega-3, il CLA (acido linoleico coniugato), gli antiossidanti, gli oligoelementi minerali e le vitamine. Queste molecole, pur incidendo poco dal punto di vista quantitativo, svolgono un ruolo molto importante. Anche altre molecole sono importanti dal punto di vista edonistico e non solo. Parliamo, in questo caso, dei componenti organici volatili (aldeidi, chetoni, alcoli, esteri e terpeni) importanti dal punto di vista dell’odore e dell’aroma del formaggio. Sostanze volatili, quindi, facilmente percepibili dal “naso” del consumatore e in grado di condizionare la scelta e l’acquisto di un formaggio. Quali sono le molecole più importanti su cui possiamo agire? I prodotti lattiero-caseari contengono e sono una fonte importantissima di nutrienti essenziali. Se consideriamo le proteine, tanto per fare un esempio, che sono presenti con funzioni di sostegno in tutto il corpo animale, l’organismo pur essendo in grado di sintetizzarle ha la necessità di alcuni amminoacidi, “i mattoncini” delle proteine che vengono definiti “essenziali”. La lisina, il triptofano, la taurina, tanto per citarne qualcuno, sono amminoacidi essenziali. 27 Su queste molecole, definite essenziali, il cui contenuto dipende da numerosi fattori (razza, stagione, ecc.), abbiamo poche possibilità di agire per aumentarne il contenuto tramite l’alimentazione animale. Su altre, invece, tramite l’alimentazione degli animali, abbiamo ampi margini di “manovra”. Ci riferiamo, in questo caso, al grasso, tra i macrocomponenti, e, tra i microcomponenti o metaboliti secondari, alla vitamina E (Tocoferolo), il beta carotene, gli antiossidanti, gli acidi grassi (polinsaturi, CLA, omega-3, ecc.) e il colesterolo. Il grasso e le proteine Il grasso e le proteine sono i due costituenti principali del formaggio e da cui dipende anche la resa di trasformazione. La loro quantità varia a seconda della composizione del latte di partenza e della stagionatura. Le proteine del formaggio sono rappresentate dalla caseina, tranne alcune eccezioni, come nel caso del Cacioricotta, tecnologia che prevede l’inclusione nel formaggio di caseina e sieroproteine. La caseina, infatti, rappresenta il substrato su cui agisce il caglio e entra a far parte del formaggio. La caseina svolge un ruolo fondamentale in quanto condiziona favorevolmente la coagulazione e con essa la ritenzione nella cagliata di maggiori quantità di grassi e proteine. Si ottiene, in questo modo, una cagliata più soda e ben spurgata che si presta meno ai difetti di maturazione che deprezzano il formaggio. Il contenuto di grasso e proteine influenza, oltre alla resa, anche le caratteristiche reologiche dei nostri formaggi. Nel latte, normalmente, il tenore in grasso è sempre superiore a quello delle proteine. Negli ultimi anni, invece, a causa di sistemi alimentari sempre più intensivi, con largo ricorso a dosi elevate di concentrato, si sta assistendo all’inversione del rapporto grasso /proteine. In molti casi il contenuto di proteina nel latte è superiore a quello del grasso. 28 Non si tratta, ovviamente, di un aumento del contenuto di proteine (l’alimentazione ha scarsi effetti sul tenore in proteine) ma semplicemente, a causa di razioni sempre meno fibrose e a fibra corta, di una graduale diminuzione del contenuto di grasso. Il risultato finale è rappresentato da formaggi sempre più “gessosi”. L’impiego di razioni e sistemi di allevamento “meno intensivi” è uno degli scopi del progetto NOVOROD. Il contenuto di grasso e di proteina nel formaggio essendo il substrato di tutte, o quasi, le trasformazioni enzimatiche e batteriche che avvengono nel corso della maturazione, influenzano le caratteristiche organolettiche e sensoriali dei formaggi. In sostanza, tutto quello che, al termine della stagionatura di un formaggio, percepiamo è, comunque, legato al contenuto di grasso e proteina del latte. Non a caso i due fenomeni fondamentali della maturazione sono la lipolisi (scissione del grasso) e la proteolisi (scissione delle proteine). Il tenore in grasso può, quindi, essere aumentato, o almeno preservato, con opportune razioni e/o con l’impiego di idonee integrazioni alimentari. L’introduzione, con il progetto NOVOROD, nel piano colturale delle aziende, di essenze foraggere, idonee sia all’ambiente di coltivazione e sia all’alimentazione dei bovini, ha proprio lo scopo di garantire la formulazione di razioni con adeguati contenuti di foraggi (il tenore del grasso nel latte e nei formaggi è espressione del rapporto foraggi/concentrati della razione). Alcune integrazioni, invece, come il lino sono state introdotte sia per aumentare il grasso e il valore nutrizionale dei formaggi (contenuto di acidi grassi polinsaturi, CLA, ecc.) e sia, per testare coltivazioni che potrebbero rappresentare una valida alternativa a materie prime, con effetti sul valore nutrizionale del latte e dei formaggi, di provenienza esterna e sia per tentare una azione di recupero di risorse vegetali un tempo coltivate nelle aree interessate dal progetto. 29 Vitamina E La vitamina E, grazie al fatto di essere dotata di proprietà antiossidanti, gioca un doppio ruolo. Garantisce, infatti, la stabilità degli alimenti proteggendoli dall’ossidazione e contribuisce al mantenimento dello stato di salute dell’uomo proteggendolo dall’azione negativa dei radicali liberi. Il contenuto nel latte e nei formaggi varia in funzione di numerosi fattori: specie animale, alimentazione, stagione e tecniche di lavorazione dei formaggi. Quasi tutti gli alimenti, testati e in corso di collaudo, presso le aziende zootecniche aderenti al progetto NOVOROD, e alcuni, in particolare, contribuiscono ad arricchire il latte e i formaggi in Vitamina E. Particolarmente interessanti sono risultati gli alimenti somministrati allo stato verde (sorgo foraggero). Beta carotene Il beta carotene, oltre ad essere il precursore della Vitamina A e, quindi, svolge, come tale, un ruolo importante a livello di nutrizione umana (soprattutto in termini di impedimento della formazione dei radicali liberi), è responsabile della colorazione gialla del latte e dei formaggi. Nel caso dei formaggi bovini il “giallo” è sinonimo di prodotti ottenuti da animali alimentati al pascolo (il contenuto più elevato si riscontra nelle piante verdi) e, in pratica, di alimento “naturale”. Le essenze impiegate nel progetto NOVOROD, foglie di carciofo, sorgo foraggero, ecc., hanno confermato che l’alimentazione degli animali svolge un ruolo importante. Sono state osservate, comunque, anche differenze imputabili alle razze (maggiore contenuto nel caso della Pezzata Rossa rispetto ai formaggi derivanti dal latte di Frisona). Esiste, in questo caso, un rapporto molto stretto tra razza e sistema alimentare. La Frisona, 30 infatti, è tenuta alla stalla. Le Pezzate Rosse, impiegate nel progetto NOVOROD, usufruiscono sempre di un certa “quota” di pascolo. Antiossidanti Molte malattie dell’invecchiamento e alcune patologie (aterosclerosi, tumori, malattie neuro-degenerative) dipendono da reazioni ossidative. Il ruolo degli antiossidanti, quindi, apportati con la dieta è molto importante. Tra gli antiossidanti più potenti, il cui contenuto nel latte e nei formaggi può essere influenzato dalla dieta degli animali, ricordiamo i tocoferoli (Vitamina E) e il beta-carotene (precursore della Vitamina A). Anche altre sostanze come ad esempio i terpeni (contenuto elevato nelle leguminose verdi: veccia, ecc.) e i polifenoli (sanse vergini denocciolate) esercitano attività antiossidante. A una molecola è riconosciuta una capacità antiossidante se è in grado di neutralizzare, o rallentare, i processi ossidativi a carico di una sostanza. Tra i nutrienti presi in considerazione abbiamo l’alfatocoferolo (antiossidante) e il colesterolo (sostanza da proteggere). Il grado di protezione antiossidante misura la capacità di una sostanza, in questo caso l’alfa-tocoferolo, di proteggere dall’ossidazione il colesterolo (prevenendo la formazione di radicali liberi dannosi alla salute umana). Il CLA. Ne sentiamo parlare tanto, vediamo quali sono le principali funzioni L’acronimo CLA (Coniugated Linoleic Acid) è utilizzato per indicare una miscela di isomeri dell’acido grasso linoleico con doppi legami coniugati, localizzati, soprattutto, sugli atomi di carbonio 9 e 11. L’attività biologica è attribuita principalmente all’acido rumenico che costituisce circa il 90% del totale degli isomeri presenti nel 31 grasso dei ruminanti. L’origine del CLA nel latte è duplice. Si ottiene, infatti, sia dalla bioidrogenazione ruminale degli acidi grassi insaturi, rappresentati in larga misura nei foraggi verdi, sia dalla sintesi nei tessuti animali, principalmente ghiandola mammaria e tessuto adiposo, a partire dall’acido vaccenico in seguito all’azione di un enzima (delta9-desaturasi). Gli studi effettuati sinora, soprattutto su modelli animali, hanno evidenziato l’efficacia del CLA nella prevenzione dei tumori, delle infezioni, dell’aterosclerosi. Sembra, infatti, che la sua attività anticancerogena risulterebbe di circa 100 volte maggiore di quella esercitata dagli acidi grassi della serie omega-3. Il contenuto più elevato si rileva nel latte degli animali al pascolo rispetto a quello proveniente da sistemi alla stalla. Le differenze, inoltre, tra i due sistemi, sono sempre più accentuate nel periodo invernale. Le diverse essenze del pascolo, pascolate e/o somministrate in stalla, arricchiscono in maniera differente il latte e i relativi prodotti lattiero caseari. I risultati ottenuti, nell’ambito del progetto NOVOROD, anche se ancora parziali hanno confermato il ruolo sia delle diverse essenze foraggere e sia, soprattutto, del tipo di integrazione (lino, sansa, ecc.). I dati riportati nella figura 5.1, a prescindere dalla razza e dalle aziende considerate, mostrano chiaramente che il contenuto di acido alfa-linolenico, CLA e HPI (Health Promoting Index-Indice di Promozione della Salute) è risultato superiore nel latte degli animali che hanno ricevuto l’integrazione a base di lino. 32 Figura 5.1 Effetto dell’integrazione della dieta con lino su alcuni parametri nutrizionali del latte 0,9 0,8 0,7 % FAME 0,6 0,5 Controllo Lino 0,4 0,3 0,2 0,1 0 ALA CLA HPI ALA= acido alfa-linolenico; CLA=Acido linoleico coniugato; HPI=Indice di promozione della salute Nei formaggi, come nel latte, è risultato confermato l’effetto del tipo di integrazione (figura 5.2). Figura 5.2 Effetto dell’integrazione della dieta con lino su alcuni parametri nutrizionali del formaggio (Caciotta) 1 0,9 0,8 % FAME 0,7 0,6 Controllo 0,5 Lino 0,4 0,3 0,2 0,1 0 ALA CLA HPI ALA=acido alfa-linolenico; CLA=Acido linoleico coniugato; HPI=Indice di promozione della salute 33 Omega-3 e omega-6. Ruolo e alimentazione umana e animale Il corpo umano è capace di produrre tutti gli acidi grassi necessari, tranne due: l’acido linoleico (acido grasso della serie omega-6) e l’acido alfa linolenico (acido grasso della serie omega-3). Entrambi sono essenziali e, quindi, devono essere introdotti con la dieta e sono importanti componenti delle membrane cellulari. Gli acidi grassi omega-3 sono, inoltre, considerati importanti come fattori di protezione nelle malattie cardiovascolari, antinfiammatori e anticancerogeni. Nella dieta umana normalmente il rapporto omega-6/omega-3 dovrebbe essere 6/1. Negli ultimi anni, invece, si è assistito ad un progressivo aumento del contenuto di omega-6. Nella tabella 5.1 si riporta, a titolo di esempio, l’effetto dell’integrazione con sansa vergine denocciolata sul tenore di omega-3 e sul rapporto omega-6/omega-3. Tabella 5.1 Effetto dell’integrazione della dieta con “sansa” sul contenuto in omega-3 e il rapporto omega-6/omega-3 (Caciotta). Controllo Sansa Omega-3 0,39 0,76 Omega-6/Omega-3 9:1 5,5:1 Il contenuto di Omega-3 nel formaggio, rispetto alla dieta normalmente impiegata nelle aziende zootecniche, è risultato quasi il doppio e, soprattutto, il rapporto Omega-6/Omega è risultato quasi ottimale. 34 La componente edonistica: i componenti organici volatili I componenti volatili (alcoli, aldeidi, chetoni, esteri, terpeni e sesquiterpeni) presenti nel latte e nei formaggi rappresentano una categoria di sostanze chimiche in grado di caratterizzare l’aroma di un latte o di un formaggio. Gli studi condotti dal CRA-ZOE hanno evidenziato che questi componenti variano in funzione del sistema alimentare e, nell’ambito di quest’ultimo, in funzione dell’incidenza del pascolo nella dieta e di alcune essenze foraggere. Il contenuto di sesquiterpeni, ad esempio, importanti per i riflessi positivi sull’aroma dei prodotti, varia in funzione delle piante maggiormente presenti nella dieta degli animali: l’aumento nella dieta di alcune piante come il Lolium perenne e la Dactylis glomerata, provoca un impoverimento di sesquiterpeni nel latte e nei formaggi. L’aumento di altre piante, invece, come alcune piante spontanee (Asperula odorata- caglio odoroso) o la Veccia (essenza in corso di collaudo presso le aziende zootecniche aderenti al progetto NOVOROD) determina un arricchimento di sesquiterpeni nei prodotti. Ciascuna essenza foraggera, in sostanza, trasmette al latte e ai formaggi una propria impronta olfattiva. I risultati relativi alle sperimentazioni, condotte finora, relative all’impiego del sorgo verde, del lino e della sansa vergine denocciolata non hanno evidenziato, tra i gruppi controllo e con integrazione, differenze significative. Per maggiori approfondimenti: Claps S., Sepe L., Annicchiarico G., Fedele V. 2011. Prodotti caseari migliori da ovicaprini al pascolo. Informatore agrario, 48, 55-59; Claps S., Pizzillo M., Rubino R. 2011. Dalle stalle le stelle. Consigli per migliorare la qualità del latte e del formaggio. Ed. Caseus, pp. 135. 35 CAPITOLO VI Le essenze foraggere utilizzate nel progetto NOVOROD Fra gli obiettivi del progetto NOVOROD c’è quello di testare l’introduzione negli ordinamenti colturali di foraggere ad elevato potenziale di modifica del contenuto di sostanze ad azione nutrizionale nel latte e nel formaggio (FORAN), come descritto nella sezione dedicata agli effetti dell’alimentazione sulle caratteristiche qualitative dei prodotti di origine animale. Fra queste, in particolare sono state scelte graminacee e leguminose, ed una specie come il lino, ad elevato contenuto di acidi grassi insaturi ed in particolare Omega 3 e CLA. Inoltre è stato sperimentato per l’alimentazione bovina l’uso di scarti tradizionalmente usati come foraggere nell’area pilota del progetto, ad esempio le foglie del carciofo Bianco di Pertosa, utilizzate fino agli anni ’70 in particolare per l’alimentazione degli ovi-caprini. Le specie scelte sono adatte per la coltivazione nella nostra regione secondo le tecniche e le esigenze pedo-climatiche descritte per ognuna di esse nelle schede che seguono. Le graminacee proposte dal progetto sono l’avena, il triticale ed il sorgo. Le leguminose sono la veccia ed il pisello proteico. Come oleaginosa è stato scelto il lino, tradizionalmente presente nella regione come tessile, ma introdotto recentemente nelle filiere zootecniche in centro Europa e nell’Italia centrale. Il progetto NOVOROD ha collaudato in Campania l’uso di varietà di lino adatte all’alimentazione zootecnica caratterizzate da rusticità ed elevato contenuto in acidi grassi polinsaturi. 36 Avena L’avena (Avena sativa L.) viene coltivata soprattutto in Europa e America settentrionale sia nelle zone a nord (fino a 65° lat. Nord) che in quelle Mediterranee (30-35°). In Italia le produzioni per ettaro si aggirano intorno ai 15 q di granella. In passato la coltivazione dell’avena era molto più diffusa, ma oggi invece si assiste ad una forte riduzione di questa coltura. Le cause sono molteplici: riduzione degli allevamenti equini, minore produttività in termini di Unità Foraggere dell’avena rispetto all’orzo, eccesso di cellulosa nella granella. L’avena presenta però l’indubbia qualità di essere meno sensibile del frumento al mal del piede ed alla septoriosi. Il suo potere di accestimento, cioè di produrre culmi secondari, inoltre, è superiore rispetto a frumento od orzo. La granella dell’avena è la “biada” per eccellenza ma viene consumata anche dall’uomo (fiocchi) ed è una specie foraggiera molto importante sotto forma di erbaio. Esigenze ambientali Esiste un gran numero di cultivar di avena che presentano una grande variabilità. Questo rende possibile la coltivazione dell’avena in molti ambienti differenti. Questa specie è più adatta a zone con clima umido e fresco ma viene coltivata anche in inverno-primavera in zone caldo aride. L’avena è però danneggiata dalle alte temperature e dalla carenza idrica in particolare nelle fasi che vanno da inizio spigatura alla maturazione. E’ meno resistente del frumento e dell’orzo alle basse temperature perciò il suo impiego come coltura autunno primaverile è inferiore e limitato alle zone più a sud di Italia e Francia. E’ poco esigente riguardo al terreno. 37 Varietà segnalate Come già accennato esistono molte varietà di avena con caratteristiche diverse. Le cultivar più recenti sono più resistenti all’allettamento ed al freddo. Tra le più promettenti di nuova costituzione ci sono le cv Genziana, Alcudia e Bionda. Quella usata nel progetto NOVOROD è la varietà Genziana. Questa cv fornisce alte rese e buona qualità merceologica in tutti gli ambienti in cui è stata testata. E’ possibile inoltre seminarla sia in autunno che in primavera con produzioni anche superiori alle 5 t/ha. Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali L’avena può essere seminata in autunno o primavera. La semina autunnale va fatta anticipata rispetto al frumento e allo stesso orzo, quindi in ottobre, mentre quella primaverile in marzo-aprile. La quantità di seme più consigliabile è di 120-150 kg/ha, adottando le densità inferiori nel caso di semine precoci. La concimazione azotata va commisurata, oltre che alla fertilità, del terreno e al clima, alla resistenza all’allettamento delle varietà impiegate. Le dosi massime applicabili alla cv. Ava (meno soggetta all’allettamento) sono di 60-80 Kg/ha di N; sulle altre varietà, più allettabili, 30-40 unità sono il massimo che si può dare. La risposta dell’avena alla concimazione azotata è ancora più spettacolare che negli altri cereali. Il diserbo ricalca quello del frumento (ovviamente con esclusione degli avenicidi). Normalmente non viene effettuata alcuna irrigazione. Con buone cultivar si possono raggiungere, in condizioni ottimali, 45 t/ha. Buone sono da considerare rese di 3,5-4 t/ha. Potenzialità di coltivazione in Campania 38 La cv Genziana ha mostrato i migliori risultati produttivi in prove condotte in diverse aree dell’Italia centro meridionale. Essa risulta molto produttiva in condizioni climatiche e pedologiche diverse, e sembra dunque essere la cultivar che meglio di altre potrebbe adattarsi agli ambienti della regione Campania. Anche la cv Alcudia mostra parametri qualitativi interessanti. Triticale Il triticale è una specie agraria costituita dall’uomo tramite ibridazione tra frumento (Triticum) e segale (Secale). L’interesse per i triticali deriva dalla loro caratteristica di presentare caratteri di pregio del frumento (produttività, contenuto proteico totale) e della segale (rusticità, resistenza a molte malattie dell’apparato fogliare, resistenza al freddo). Per l’alimentazione del bestiame, il triticale può essere usato come granella o foraggio, in particolare come insilato. La granella è un’ottima fonte di calorie, proteine e amminoacidi ed è idonea soprattutto per l’alimentazione dei monogastrici. Esigenze ambientali Le varietà di triticale sono moltissime e presentano capacità di adattamento alle condizioni pedo-climatiche più diverse. Alcune manifestano notevole precocità, foto-insensibilità e resistenza alla siccità che le rendono idonee all’ambiente mediterraneo. Varietà segnalate La varietà Bienvenue (SEMFOR), è molto precoce, con pianta medio alta e molto resistente alle malattie. E’ una pianta di riferimento nelle prove ufficiali di confronto varietale in Italia ed è a duplice attitudine (granella e foraggio). La varietà Vitalis (SEMFOR) è precoce, con pianta alta e resistente all’allettamento con spiga lunga e pianta 39 molto fogliosa. Nell’ambito del progetto NOVOROD e stata usata la varietà Agostino che presenta elevata produttività, ottima resistenza alle malattie (anche oidio) ed un alto contenuto in proteine. Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali Il triticale può essere seminato in autunno o in inverno, impiegando da 100 a 130 kg/ha di seme. Per il triticale da foraggio e per le nuove cultivar si consigliano dosi di seme più elevate (fino a 200-220 kg/ha circa per la cv Bienvenue). Per quanto riguarda le concimazioni, si consigliano circa 80 kg/ha di N, 60 di P2O5 e 30 kg/ha di K2O. L’irrigazione non viene praticata e la raccolta viene effettuata con le stesse mietitrebbie usate per il frumento. Potenzialità di coltivazione in Campania Le potenzialità di introduzione delle varietà di triticale oggetto di studio sono enormi, data la grande capacità di adattabilità di questa specie agli ambienti più diversi. Precocità e rusticità sono le caratteristiche che permettono a questa pianta di superare inverni particolarmente freddi o ritorni di freddo primaverili che possono essere altrettanto pericolosi soprattutto nelle aree mediterranee. La sua precocità, e dunque una minore durata del ciclo, permette invece di sfuggire ai caldi eccessivi di inizio estate che spesso danneggiano il frumento (stretta). 40 Sorgo da foraggio Il sorgo (Sorghum bicolor (L.) Moench.) è stata una delle prime piante ad essere coltivata e sembra che le forme attuali abbiano avuto la loro origine nell’Africa occidentale diverse migliaia di anni fa. La coltivazione del sorgo si è poi diffusa in tutto il mondo, prima in Asia ed Europa, poi in America e Australia. Nelle agricolture di sussistenza del Terzo Mondo la granella viene utilizzata direttamente per l’alimentazione umana, perché in questi paesi la trasformazione zootecnica sarebbe troppo costosa. In questi ambienti le rese sono molto basse (0,5-1 t/ha), sia per la primitiva tecnica colturale sia per le condizioni ambientali avverse: il sorgo infatti viene coltivato dove l’ambiente è troppo arido per il mais. Nelle agricolture progredite la granella di sorgo viene destinata all’alimentazione animale, in concorrenza con quella di mais, di cui ha analogo valore nutritivo. La pianta del sorgo, sia allo stato giovane che a maturazione lattea o cerosa della granella, si presta assai bene all’alimentazione del bestiame. Esigenze ambientali Il sorgo richiede per germinare temperature di 14°C ed è capace di sopportare le deficienze idriche con danni limitati, ma ha comunque bisogno di apporti idrici che per l’intero ciclo (tra piogge e disponibilità di riserve idriche del terreno) posso stimarsi intorno a 300-350 mm (3000-3500 m3/ha). In terreni profondi e a buona capacità di ritenzione idrica bastano apporti idrici di 120-150 mm nei mesi da giugno ad agosto per assicurare rese soddisfacenti dal punto di vista tecnico ed economico. Queste condizioni si riscontrano in parecchie zone della regione Campania, anche in molte di quelle zone collinari svantaggiate, 41 comunemente dette “marginali”. Nelle altre zone, troppo aride, il sorgo senza irrigazione non può essere proposto, ma potrebbe dare eccellenti risposte produttive a irrigazioni limitate, aventi carattere di soccorso. Per quanto riguarda il terreno, il sorgo si adatta bene anche a quelli argillosi pesanti con mediocre struttura; tollera un’ampia gamma di acidità (da pH 5,5 a 8,5) e una elevata salinità. Varietà segnalate Alcune varietà di sorgo ibrido sono state testate in ambienti simili a quelli in cui sono state condotte le prove sperimentali del progetto NOVOROD. Tra queste, le cultivar PIPER Sudan Grass ed il BMR 333 (Sorghum bicolor X Sorghum sudanense) sorgo ibrido da foraggio. si sono dimostrate molto interessanti. Queste due varietà hanno dato ottimi risultati produttivi (120 q/ha di fieno e 550 q/ha di insilato, rispettivamente). In particolare, la varietà Piper è stata testata con apporti idrici molto ridotti. Le varietà appartenenti alla famiglia degli ibridi BMR si caratterizzano per avere caratteristiche di produttività e qualità della sostanza secca decisamente migliori rispetto ai sorghi da foraggio convenzionali, ed un minore contenuto di lignina, ma per questo anche maggiore suscettibilità all’allettamento. Per il progetto NOVOROD è stata usata la cultivar LUSSI (APSOV Sementi), che si caratterizza per avere un ciclo medio precoce ed una resa intorno alle 35-55 t/ha. In generale in Italia le cultivar che danno i migliori risultati sono quelle a ciclo medio-precoce. Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali Il sorgo è una pianta da coltura asciutta per cui vanno applicate tutte le pratiche atte a creare una buona riserva idrica del terreno e a favorire l’approfondimento delle radice, come la lavorazione 42 profonda o a due strati. Il letto di semina deve essere preparato accuratamente e la semina va fatta in primavera (fine aprile, inizio maggio). Si distribuisce un quantitativo di seme pari a 30-40 kg/ha. La concimazione è limitata, soprattutto in presenza di scarse disponibilità idriche. Si distribuiscono in genere N (80-100 kg/ha) e P2O5 (40-60 kg/ha). Il diserbo chimico del sorgo trova notevoli limitazioni nel ridottissimo numero di principi attivi il cui uso è ammesso su questa specie. La raccolta si effettua con le stesse macchine usate per il mais. Potenzialità di coltivazione in Campania La sperimentazione condotta in ambienti della piana del Sele ed in ambiente collinare (300 m s.l.m.) della provincia di Salerno ha dimostrato che le due varietà testate, Piper e BMR 333, danno ottimi risultati produttivi con apporti irrigui anche limitati (35 mm di pioggia per tutto il ciclo colturale per la Piper) ed anche con fertilizzazione ridottissima. Veccia Il gruppo delle veccie (Vicia sativa L., V. villosa Roth, V. pannonica Crantz, V. narbonensis L.) è caratterizzato da un elevato polimorfismo. La veccia comune (V. sativa) è adatta soprattutto per le zone meridionali d'Italia perché al Nord può andare incontro a moria a causa delle basse temperature. Il portamento è strisciante per tutte le veccie tranne che per la Veccia di Narbona. Spesso di usano in consociazione con le graminacee che fanno anche da tutore. La graminacea preferita a questo scopo è l’avena per la contemporaneità. Tra le veccie la più diffusa è la V. sativa che produce molto più seme delle altre, è fortemente polimorfa e va raccolta tempestivamente alla fioritura pena una diminuzione del valore nutritivo. Infatti dopo la 43 fioritura essa manifesta estesi ingiallimenti, forti perdite di foglie basali e va rapidamente a seme. Esigenze ambientali La resistenza al freddo va da scarsa (Vicia sativa) ad elevata (Vicia villosa). La veccia villosa è più diffusa al nord proprio per la maggiore resistenza alle basse temperature e dà una produzione non elevata ma di buona qualità. Varietà segnalate Il panorama varietale delle veccie è molto vasto. Tra quelle di recente creazione ci sono Mery (D’Eugenio Sementi), che è una varietà adattabile ai diversi climi e che produce circa 300 q/ha di massa verde e 15-20 q/ha di granella, Claudia (D’Eugenio Sementi) 250-300 q/ha di massa verde e 10-25 q/ha di granella, e Mirabella, Idice e Scudo (SIS, Società Italiana Sementi). Per il Progetto NOVOROD sono state utilizzate le cv Mikaela (Laboulet Semences), che si caratterizza per avere una produttività molto buona, buona rusticità e precocità di fioritura e maturazione, e Mirabella, che mostra una notevole precocità ed in generale un buon adattamento alle condizioni ambientali delle zone mediterranee. Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali La veccia comune (V. sativa) si semina in primavera soprattutto in ambienti freddi. La quantità di seme va da 80 a 110 semi a mq. Per l’erbaio misto veccia-avena è consigliabile una distribuzione di 50 kg/ha di N e 100 kg/ha di P2O5. Potenzialità di coltivazione in Campania L’uso della veccia sativa in Campania è diffuso ma le nuove cv mostrano caratteristiche interessanti tali da poterne promuovere un 44 maggiore utilizzo. La possibilità di inserimento della cv Mikaela nel panorama agricolo della regione Campania è da valutare in seguito ai risultati che saranno ottenuti nell’ambito del progetto NOVOROD. Pisello proteico Il pisello proteico (Pisum sativum Asch. et Gr.) è la leguminosa che presenta le maggiori potenzialità produttive e stabilità di resa, produce proteine di elevato valore nutrizionale sia per i monogastrici che per i ruminanti, è di uso consolidato nella mangimistica ed ha un ampio areale di adattamento. Ha una limitata presenza di fattori antinutrizionali, un discreto contenuto di lisina e presenta un basso rischio di contaminazioni fungine. E’ una leguminosa azotofissatrice per cui i suoi residui arricchiscono il terreno. Esigenze ambientali Il pisello proteico viene seminato in autunno nelle zone mediterranee mentre in Italia settentrionale viene seminato in primavera e cresce con temperature variabili tra 10 e 20 °C. La temperatura minima di germinazione è 4,4 °C. Le gelate primaverili possono danneggiare la pianta e teme il ristagno idrico per cui si adatta male a terreni asfittici, umidi e freddi. Il suo pH ottimale è compreso tra 5,5 e 6,5. Varietà segnalate Varietà molto interessanti sono Ideal (SIS), a semina primaverile, molto precoce con possibilità di semina autunnale tardiva nelle zone ad inverno meno rigido, e Pepone (SIS) che ha evidenziato una stabile ed eccellente potenzialità produttiva in tutti gli ambienti di coltivazione. La cv Baccara ha dato ottimi risultati in una prova di alimentazione bovina condotta in Emilia-Romagna. La Magistral (SEMFOR) è molto resistente al freddo. 45 Nell’ambito del progetto NOVOROD è stata utilizzata la cv Genial (SEMFOR) che è una varietà di recente introduzione e manifesta buona resistenza al freddo, ottima resistenza all’allettamento e buona resa in granella. Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali L’epoca di semina è autunnale, invernale o primaverile in relazione alle varietà impiegate. Si consigliano profondità di 3-4 cm, in terreni di medio impasto e anche 5 cm in terreni leggeri. Si usa una quantità di seme in modo da ottenere 70-80 piante /mq alla raccolta. Per la preparazione del letto di semina, si cerca di limitare il numero di passaggi sul terreno per non costipare eccessivamente il suolo ed assicurare una sufficiente porosità dello strato arabile. E’ altrettanto importante ottenere un letto di semina omogeneo per effettuare al meglio le operazioni di raccolta ed avere minori perdite di prodotto. La concimazione azotata non è di norma necessaria perché la coltura è azotofissatrice. In casi particolari (es. terreno asfittico) può rendersi utile una somministrazione di 30–40 kg/ha di N in copertura. Si somministra il fosforo in quantità pari a 100-110 kg/ha, mentre per il potassio non sembrano necessari apporti massicci e ci si limita a distribuirne 100–120 kg/ha, con massimi di 160 in terreni poveri. Il pisello è coltura poco competitiva nei confronti delle malerbe. Ci sono molti principi attivi registrati per il diserbo del pisello. Tra questi Glyphosate, Sethoxydim e Trifluralin. Potenzialità di coltivazione in Campania La possibilità di inserimento della cultivar Genial negli ordinamenti coltuirali e nell’alimentazione animale all’interno della Regione Campania va valutata dopo i risultati ottenuti nell’ambito del progetto NOVOROD. 46 Lino Il lino (Linum usitatissimum L.) è una coltura multifunzionale i cui prodotti (semi, fibre, olio) possono essere usati nell’artigianato, nell’industria o a fini alimentari, comprese grandi quantità di prodotti salutistici e nutraceutici. L’uso del lino da parte dell’uomo è antichissimo e risale al neolitico. Gli Egiziani usavano le fibre di lino per farne bende per l’imbalsamazione dei cadaveri e anche Greci e Romani le usavano per farne capi di vestiario. Il ruolo degli acidi grassi (soprattutto omega-3 e -6) contenuti nell’olio di lino nel ridurre il rischio di malattie cardiache o coronariche, cancro ed altri fattori di rischio per la salute umana è stato riportato da diversi autori. Il lino presenta in generale un profilo degli acidi grassi diversificato, ma quello da usare a fini alimentari deve possederne un profilo specifico. Nel lino esistono anche delle molecole antinutrizionali come alcuni glucosidi cianogeni, ma appropriati trattamenti termici possono eliminare il rischio di avvelenamento per gli esseri umani o gli animali. I semi sono di piccole dimensioni con un contenuto di olio che varia in funzione della varietà e dell’ambiente di coltivazione ma che in alcuni casi può superare il 40% in peso. Le produzioni di seme per l’estrazione di olio nelle nuove cultivar si attestano intorno ai 20-30 q/ha. Esigenze ambientali L’area di coltivazione del lino è molto estesa e comprende ambienti climatici molto diversi tra loro. La temperatura minima di germinazione è di qualche grado superiore allo zero. Questo permette di attuare la semina autunnale, ad esempio nelle regioni del bacino del Mediterraneo o quella primaverile, che è la prassi prevalente nelle regioni dell’Europa centrale e settentrionale. In generale, le varietà da olio si sono dimostrate più valide negli ambienti caldo 47 aridi meridionali mentre quelle da fibra negli ambienti settentrionali più piovosi. Prove sperimentali recentemente condotte in pieno campo in diversi ambienti della regione Campania hanno tuttavia dimostrato una certa sensibilità dei semi di lino ai ristagni idrici e delle plantule ai ritorni di freddo alla fine dell’inverno. Varietà segnalate Nell’ambito del progetto NOVOROD sono state utilizzate quattro varietà rustiche e di buon contenuto in acidi grassi omega-3: Natural, Linoal, Sideral e Valoal. La varietà Sideral è più adatta alla semina invernale. Tutte garantiscono un’elevata produzione (25-30 q/ha). La ditta SEMFOR ha fornito gratuitamente le sementi per le prove sperimentali. Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali Tradizionalmente, la semina autunnale va effettuata tra ottobre e novembre mentre quella primaverile tra marzo e aprile. La fittezza di semina varia a seconda delle finalità della coltura. Per la produzione di fibra si preferisce un investimento superiore, con un quantitativo di seme pari a 120-150 kg/ha mentre per la produzione di semi per estrazione di olio o per uso diretto, si preferisce un investimento pari a 50-60 kg/ha di seme. Questo perché una fittezza superiore riduce la ramificazione e quindi la fruttificazione ed è preferita negli impianti per la produzione di fibra. Il lino è particolarmente sensibile alla competizione delle malerbe. Qualora fosse necessario, il diserbo viene effettuato in preemergenza usando formulati a base di linuron e lenacil mentre in post-emergenza possono essere usati erbicidi a base di MCPA e bromoxynil. La concimazione dipende dal tipo di terreno su cui insiste la coltura. In generale, in terreni caratterizzati da scarsa disponibilità di 48 elementi nutritivi, si ipotizzano quantitativi dell’ordine di 80-100 kg/ha di N, 150 di P2O5 e 50-100 di K2O. Naturalmente, vanno evitati gli eccessi, in particolare di azoto che possono portare ad allettamento delle piante di lino soprattutto se la fittezza di semina è elevata. Nelle aree dell’Europa settentrionale e centrale l’irrigazione non viene utilizzata, mentre nelle aree mediterranee un apporto idrico può essere necessario per ottenere rese più elevate. L’uso dell’irrigazione nelle aree marginali di coltivazione è tuttavia sconsigliabile. La raccolta è meccanica sia per la coltura da fibra che per quella da seme. Per quest’ultima si procede alla mietitrebbiatura con le normali mietitrebbie opportunamente regolate. Potenzialità di coltivazione in Campania I primi risultati delle prove sperimentali suggeriscono di preferire, dove possibile, le cultivar a semina primaverile. Le prove sono tuttora in corso presso l’azienda Formentin, in agro di S. Pietro al Tanagro (SA), e l’azienda D’Iorio, in agro di Sicignano degli Alburni (SA). Esse consentiranno di testare l’adattabilità delle quattro cultivar ai due diversi ambienti e il profilo degli acidi grassi (in particolare degli omega-3 e -6) contenuti nei semi e nei boccioli delle cultivar in oggetto, in modo da valutarne la possibilità di inserimento nella dieta delle vacche da latte o addirittura in quella umana come vegetali freschi. Riferimenti utili: Laboratorio di Biofisica del suolo – Università della Basilicata [email protected]; [email protected]; [email protected]; http://www.sisonweb.com/it; Baldoni R., Giardini L. 1989. Coltivazioni Erbacee. Patron Editore; http://www.semfor.it;http://www.agraria.org;http://www.deugeniosementie uropa.it;http://www.laboulet.f;http://www.apsovsementi.it;http://www.agris eme.it; L’Informatore Agrario. Foto: G. Landi 49 CAPITOLO VII La ricerca di mercato Il lancio di un prodotto innovativo nel settore lattiero-caseario non può prescindere da una ricerca di mercato tesa ad individuare le preferenze dei potenziali consumatori. Il partenariato del progetto Novorod ha dunque implementato specifici test, che seguono la fase di messa a punto del prodotto, con l’obiettivo di verificare la percezione delle caratteristiche organolettiche e funzionali del formaggio innovativo. La valutazione sensoriale si suddivide in due fasi distinte. La prima coinvolge un panel di esperti e si svolge presso la sede del CRA – ZOE, Unità di ricerca per la Zootecnia estensiva, la seconda interessa i consumatori e si svolge in diversi momenti di promozione organizzati sul territorio regionale ed extraregionale. La prima fase ha lo scopo di testare la rispondenza del prodotto al target prefissato. Se il prodotto innovativo non soddisfa le aspettative e/o presenta difetti evidenti non viene proposto al consumatore. La discussione tra i membri esperti, inoltre, serve ad individuare e suggerire possibili soluzioni e miglioramenti. L’analisi sensoriale con gli esperti viene effettuata, in un primo stadio, attraverso la realizzazione di test di esclusione triangolare, svolti individualmente dai giudici. Alla fine di questa prova viene realizzata una scheda di “valutazione condivisa” all’interno della quale vengono valutati collettivamente i descrittori che compongono il profilo sensoriale dei prodotti. Uno dei membri del panel guida la degustazione ed al termine, per ciascun parametro di valutazione (colore, odore, sapore, struttura e accettabilità finale del formaggio) viene attribuito un punteggio condiviso da tutti membri. Si sceglie di adottare una valutazione “condivisa” per attenuare le differenze soggettive ed 50 individuali che, altrimenti, non renderebbero possibile una valutazione univoca della qualità del prodotto. Le prove di valutazione con i consumatori includono, in aggiunta al test di accettabilità circa le caratteristiche organolettiche del formaggio innovativo, due ulteriori schede di valutazione: una inerente le abitudini d’acquisto di prodotti lattiero-caseari; l’altra volta ad esprimere preferenze circa l’immagine visiva e il nome del prodotto innovativo. Durante tali prove vengono testate forma, colore, aspetti sensoriali, con lo scopo di consentire al consumatore di valutare le performance e gli aspetti fisici del prodotto. Questi test servono a valutare gli elementi di attrattività, distintività e impatto del prodotto innovativo nei confronti del consumatore. Ad oggi, sono state effettuate tre prove di valutazione con i consumatori. La prima prova, svoltasi il 21 dicembre 2011 presso il museo MidA01 di Pertosa ha visto il coinvolgimento di circa 130 persone, di cui circa 75 hanno partecipato attivamente allo svolgimento della prova sensoriale (test di accettabilità e preferenza). I formaggi analizzati durante questa prova sono stati prodotti sia con il caglio vegetale secondo la tecnica messa a punto dal CRA ZOE, e sia con dieta arricchita con sorgo (Caciotta). Pertosa, 21 Dicembre 2011- Convegno di presentazione 51 Anche la seconda prova si è tenuta presso il museo Mida01, il 25 Febbraio 2012, ed ha visto il coinvolgimento attivo di circa 55 persone, con un’elevata partecipazione di tecnici della Regione Campania. I prodotti utilizzati per la prova sono formaggi a pasta semicotta, derivanti dalle prove di alimentazione con dieta arricchita in lino estruso e da ulteriori prove di collaudo con caglio vegetale. La terza prova si è tenuta presso il Vinitaly 2012 di Verona, il 25 Marzo 2012, ed ha visto il coinvolgimento attivo di 33 persone. I prodotti utilizzati per la prova sono formaggi a pasta semicotta, con latte derivante dalle diete arricchite con sansa vergine denocciolata (naturalmente arricchito) e prodotto con caglio vegetale. Verona, 25 Marzo 2012- Presentazione e prova coi consumatori 52 Il questionario e l’analisi dei risultati Il questionario somministrato al panel di consumatori, durante le tre prove finora effettuate, è formato da tre parti: Parte A – Test di accettabilità Ai consumatori vengono fatti assaggiare diversi campioni di formaggio innovativo. Questa tecnica comparativa sequenziale è caratterizzata da una comparazione tra più prototipi, assaggiati uno alla volta secondo una sequenza prestabilita. Una volta che li ha testati tutti, il soggetto esprime un giudizio riguardante i punti di forza e di debolezza dei singoli prototipi in relazione agli altri analizzati. In seguito i consumatori esprimono il proprio giudizio di gradimento, assegnando a ciascun campione un voto in una scala da 1 (poco gradito) a 10 (molto gradito) e motivando la propria preferenza. Questa tecnica è molto utile quando si realizza una nuova formula di prodotto, che viene confrontato con quelli in commercio per valutare se presenta caratteristiche che lo contraddistinguono e che vengono valorizzate dal cliente. Analisi dei risultati Da una prima analisi dei test di accettabilità somministrati ai consumatori nel corso di eventi regionali ed extraregionali, è emerso che, per quanto riguarda la razza, sono stati apprezzati, in ordine decrescente, i formaggi prodotti con latte di Pezzata Rossa, di Bruna, ed infine quelli prodotti da latte di Frisona. Per quanto riguarda gli alimenti innovativi sinora testati, a parità di razza, i consumatori hanno espresso una preferenza in ordine decrescente, per il lino, la sansa ed infine il sorgo verde. In generale, i consumatori con un livello di informazione più elevato hanno 53 espresso un giudizio più che positivo nei confronti della caciotta prodotta a caglio vegetale, che hanno apprezzato per il suo carattere innovativo, la spiccata morbidezza e l’equilibrio fra dolcezza, sapidità e nota amara finale. Parte B – Quantità e qualità di consumo, abitudini d’acquisto La seconda parte del questionario è composta da sezioni differenti. La prima sezione registra il profilo personale (sesso, età, occupazione, etc.) di ciascun intervistato. La seconda sezione analizza la quantità e la qualità di consumo di formaggio degli intervistati (quante volte a settimana consuma formaggi? che tipologia di formaggi consuma?) e al contempo fornisce numerose informazioni utili circa le abitudini d’acquisto (dove acquista abitualmente i formaggi? che tipo di confezione predilige? legge abitualmente l’etichetta dei formaggi che consuma?). Analisi dei risultati E’ possibile effettuare un’analisi dei dati sin qui raccolti dalle prove di valutazione con i consumatori. Per quanto riguarda il profilo personale, emerge che la maggior parte degli intervistati è di sesso maschile (59%) e proviene dalla Regione Campania (87%). Il 57% degli intervistati ricade nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni e il 61% è in possesso di una laurea. I dati inerenti la professione degli intervistati, riportano che il 28% ricade nella categoria “impiegati”, il 26% in quella dei “liberi professionisti” e il 12% appartiene alla categoria “lavoratori nel settore agricolo". L’analisi della seconda sezione del questionario, inerente la quantità e la qualità di consumo di formaggio degli intervistati, riporta i seguenti dati: gli intervistati consumano in media 2 o più volte i formaggi nell’arco della settimana (57%) e ben il 24% degli 54 intervistati lo consumano tutti i giorni con predilezione per i formaggi quali Grana e Parmigiano, pecorino e fiordilatte vaccino (grafico 7.1). Grafico 7.1 Dettaglio sul consumo settimanale di formaggi Il luogo di acquisto privilegiato è il caseificio, con il 40% delle preferenze, segue il supermercato, con il 30% (grafico 7.2) e la confezione preferita d’acquisto è di carta (grafico 7.3). 55 Grafico 7.2 Luogo di acquisto dei formaggi Grafico 7.3 Tipo di confezione dei formaggi 56 Le informazioni riportate sull’etichetta dei formaggi viene letta dal 70% degli intervistati. Parte C – Immagine visiva e nome Nell’ultima parte del questionario è stato chiesto agli intervistati di associare al formaggio innovativo, appena assaggiato, un logo, un nome e una forma. I consumatori devono quindi ordinare le diverse opzioni proposte in base al proprio giudizio di gradimento, indicando 1 per la massima preferenza e così via. L’analisi dei risultati dei questionari compilati è indispensabile all’elaborazione di un’efficace strategia di promozione per il lancio del prodotto innovativo sul mercato. Analisi dei risultati Le informazioni ricavate da questa sezione del questionario hanno permesso, ad oggi, di arrivare alla definizione del nome e del logo del formaggio a caglio vegetale. Il nome prescelto è stato “CARCIOCACIO” e il logo (rappresentato di seguito) è un carciofo verde inserito nello slogan “Formaggio da latte ricco di nutrienti naturali & Carciofo Bianco di Pertosa”. 57 CAPITOLO VIII Pianificazione delle azioni Attraverso l’elaborazione di un’idonea strategia di promozione e comunicazione aventi ad oggetto le nuove tecnologie ed innovazioni di prodotto e di processo introdotte, il progetto Novorod mira ad aumentare la competitività all’interno del settore lattiero-caseario campano. Il Progetto Novorod ha la finalità di immettere elementi di innovazione lungo tutta la filiera di produzione del settore lattierocaseario bovino e, con riferimento alla fase trasferimento, valorizzazione e commercializzazione dei nuovi prodotti caseari concorrere al riposizionamento strategico del settore mediante azioni tese a: trasferire innovazioni tecnologiche e di prodotto alle imprese; rafforzare la collaborazione tra imprese ed enti di ricerca; garantire azioni di formazione e valorizzazione dei nuovi prodotti. Trasferibilità dell’innovazione L’introduzione di elementi di innovazione in grado di creare una diversificazione della produzione attraverso nuove tecnologie casearie, con una elevata domanda latente da parte del mercato, e di coagulanti innovativi, rappresentano un momento di svolta per il comparto caseario campano. I processi di produzione dei formaggi innovativi del progetto Novorod sono da considerarsi di immediata trasferibilità agli altri 58 operatori del settore e una risposta alla richiesta “urgente”, da parte del comparto, di innovazione. La promozione e valorizzazione dei formaggi innovativi presso gli operatori del settore avviene attraverso l’organizzazione di: - attività di training in tutto il territorio campano. L’attività di training concerne le tecniche collaudate dal progetto e le innovazioni prodotte, a livello locale e regionale. L’attività di training è sviluppata sia mediante strumenti tradizionali (corsi) e sia attraverso strumenti innovativi (assistenza in remoto). Le aree di svolgimento dell’attività si definiscono di concordo con la Regione Campania. convegni e conferenze che affrontano tematiche correlate al settore di interesse e al prodotto; la partecipazione a fiere di settore in cui vengono organizzate degustazioni guidate dei formaggi innovativi. Il sito web del progetto Novorod, inoltre, garantisce ampia diffusione dei risultati del progetto grazie a sezioni dedicate al trasferimento dei documenti rilevanti. Valorizzazione e tutela dei formaggi innovativi Il progetto Novorod promuove l’istituzione di un Consorzio specifico per la valorizzazione e tutela dei prodotti innovativi validati: il “Consorzio Innonatura”. 59 Il Consorzio favorirà la cooperazione fra mondo produttivo, rappresentato dagli imprenditori agricoli e dall’industria di trasformazione, e gli enti di ricerca. Il Consorzio avrà compiti di tutela, di promozione e di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi relativi alle denominazioni. Il Consorzio seguirà il prodotto dalla raccolta della materia prima alla produzione nei caseifici e al confezionamento, fino all’etichettatura ed alla commercializzazione. A questo scopo saranno istituiti specifici Disciplinari di Produzione, sia per il formaggio a caglio vegetale che per i siero formaggi, a garanzia di un processo produttivo la cui tracciabilità è garantita dal Consorzio stesso. Gli obiettivi del Consorzio Innonatura: Valorizzare, attraverso le azioni comunicative, gli elementi distintivi del prodotto: utilizzo del caglio vegetale messo a punto dall’Unità ZOE del CRA e siero, impiego di latte naturalmente arricchito di omega-3, etc; Tutelare e vigilare sulla produzione e sul commercio dei formaggi innovativi; Attuare iniziative di informazione, pubblicitarie e promozionali per incrementare notorietà e consumo dei formaggi innovativi. 60