5.1 Cinetica delle reazioni chimiche 5.1.1 Aspetti introduttivi, scopi e applicazioni Ogni sistema chimico che si trovi in condizioni diverse da quelle di equilibrio termodinamico tende a evolvere con una sua velocità caratteristica verso tali condizioni. Il raggiungimento delle condizioni di equilibrio può richiedere dalle frazioni di secondo a molti anni, ma in ogni caso non è mai un processo istantaneo. Il tempo necessario al compiersi di una reazione chimica dipende dalla reazione considerata e dalle condizioni nelle quali essa ha luogo. La cinetica chimica è quindi quella branca della scienza che studia l’evoluzione temporale dei sistemi nei quali ha luogo una reazione, più comunemente indicati come sistemi reagenti. La conoscenza della velocità di evoluzione del sistema reagente, indicata solitamente come velocità di reazione, ha una sua rilevanza tecnologica di estrema importanza in quanto fornisce un’informazione fondamentale per il corretto dimensionamento dei reattori chimici. La letteratura scientifica riporta osservazioni sull’evoluzione temporale dei sistemi reagenti sin dalla prima metà del 19° secolo. Volendo precisare, la prima indagine quantitativa di una certa rilevanza fu lo studio della reazione di inversione del saccarosio a glucosio e fruttosio condotta da Ferdinand Wilhelmy nel 1850. Studi pionieristici importanti furono quelli condotti da Cato Guldberg e Peter Waage, che nel 1863 misero in rilievo la natura dinamica dell’equilibrio chimico, mentre poi Jacobus H. van’t Hoff stabilì che il rapporto tra le costanti cinetiche della reazione diretta e inversa fornisce il valore della costante di equilibrio termodinamico. La formulazione delle cinetiche di secondo ordine, ossia di quelle reazioni la cui velocità dipende dal valore delle concentrazioni di due reagenti, fu l’oggetto degli studi di A.V. Harcourt e W. Esson, che negli anni compresi tra il 1865 e il 1867 studiarono la reazione tra il permanganato e l’acido ossalico; a essi si deve anche il primo studio delle reazioni consecutive. Sulla scia di questi esempi furono poi studiate altre reazioni, quali l’esterificazione, la dissociazione dello ioduro di idrogeno e così via, in un continuo crescendo sino ai giorni nostri. Le reazioni consentono la trasformazione di alcune specie chimiche (i reagenti) in altre (i prodotti). Esse sono solitamente indicate tramite delle notazioni formali del tipo: VOLUME V / STRUMENTI [1a] reazione chimica reagenti ⫺⫺ ⫺⫺⫺⫺⫺⫺➤ prodotti [1b] aA + bB + ...⫺ ⫺➤ cC + dD + ... 䉴 䉴 dove con le lettere maiuscole sono state indicate delle generiche specie chimiche e con i caratteri minuscoli i relativi coefficienti stechiometrici. Dato che i fenomeni di trasporto di materia e di energia hanno una notevole influenza sull’evoluzione di un sistema reagente, gli studi cinetici sono solitamente condotti in condizioni in cui tali contributi risultano di importanza trascurabile o, al limite, nulla. Queste condizioni idealizzate sono dette condizioni microcinetiche. Quando non sono realizzate, si parla invece di condizioni macrocinetiche. Le reazioni chimiche possono avvenire in sistemi sia omogenei che eterogenei. Per un sistema omogeneo, è definita come velocità di reazione la quantità della specie i-esima che si produce globalmente, per effetto delle reazioni chimiche, per unità di tempo e unità di volume di reazione. Per sistemi eterogenei, invece, per maggior comodità si usa riferire la velocità di reazione all’unità di superficie interfasica o alla massa di catalizzatore anziché all’unità di volume di reazione. Solitamente la velocità è indicata col simbolo Ri ed è funzione delle condizioni operative (temperatura e pressione) e della composizione: [2] ( Ri = f T , P,C ) Spesso, Ri è indicato anche come termine di produzione specifico della specie i-esima, riservando il termine di velocità di reazione alla velocità delle singole reazioni che avvengono nel sistema in esame. Infatti, nei sistemi reagenti solitamente non ha luogo un’unica reazione ma un insieme più o meno complesso di esse. Inoltre, anche quando possa essere identificata un’unica reazione globale, molto spesso essa può essere scomposta in un insieme di atti cinetici elementari, in cui possono essere presenti connessioni tra le diverse specie reagenti (ossia reazioni) in serie o in parallelo. Quanto sopra evidenzia il problema alla base degli studi cinetici, ovvero la decodificazione del sistema in esame nelle diverse reazioni che intervengono nel processo. Ciò viene solitamente effettuato per via sperimentale cercando di identificare tutti, o perlomeno i principali, intermedi di reazione. Infatti, gli studi sulla velocità di reazione sono molto utili nel determinare 263 CINETICA E CATALISI i singoli stadi del meccanismo della reazione stessa, anche se è necessario integrare tali studi con altri approcci. L’elemento più importante per determinare il meccanismo di una reazione resta comunque l’esatta identificazione di tutte le specie chimiche in essa coinvolte, ricorrendo anche a informazioni sulla stabilità delle specie individuate sperimentalmente nelle condizioni di processo. In secondo luogo, l’attenzione può essere focalizzata sulle evidenze stereochimiche della reazione, per esempio confrontando la stereochimica dei reagenti con quella dei prodotti. Molto spesso, per chiarire il meccanismo si fa uso di molecole reagenti nelle quali un elemento sia sostituito da un suo isotopo, così da evidenziarne il cammino di reazione. Inoltre, nei meccanismi coinvolgenti più stadi, è molto importante determinare quali siano le specie intermedie eventualmente formatesi. Se la reattività di queste è elevata, questo problema costituisce un’importante sfida per i metodi analitici. Spesso è possibile far riferimento a sistemi reagenti simili, dove è ragionevole assumere che piccoli cambiamenti della struttura della molecola (per esempio un diverso sostituente in una posizione di moderata influenza sul sito di reazione) non influenzino apprezzabilmente il decorso della reazione. Infine, è utile confrontare le evidenze sperimentali con i risultati di una elaborazione teorica, dato che oggi è possibile stimare per via computazionale con ragionevole precisione, mediante i metodi della meccanica quantistica, le costanti di velocità di reazione così da ottenere un importante valore di confronto per le misure sperimentali. Una volta individuate, sperimentalmente o per via teorica, tutte le specie chimiche presenti in un sistema reagente, lo schema cinetico, ossia l’insieme di reazioni che connette tra di loro le varie specie chimiche, viene ricostruito mediante la scrittura di NR reazioni chimiche che sembrino le più qualificate per descriverne l’evoluzione. Tali reazioni sono rappresentabili con la scrittura compatta: NC [3] ∑ν A ⫽ 0 i =1 ij i dove NC è il numero di specie chimiche e Ai e nij indicano, rispettivamente, l’i-esima specie chimica e il suo coefficiente stechiometrico nella reazione j-esima. Solitamente si assumono coefficienti stechiometrici positivi per i prodotti della reazione e negativi per i reagenti. Se rij identifica la velocità con la quale la specie Ai si forma nella j-esima reazione, in conseguenza delle reazioni stechiometriche si potrà scrivere rNC r1 j r2 j j [4] = == = rj ν1 j ν 2 j ν NC j dove rj è chiamata velocità della j-esima reazione. Il termine di produzione specifica dell’i-esima specie chimica Ri in funzione delle velocità delle singole reazioni presenti rj risulterà quindi espresso come NR [5] Ri = ∑ ν ij rj j =1 Qualora nel sistema abbia luogo una sola reazione si verifica banalmente che Ri⫽ni r. 5.1.2 Metodi sperimentali Poiché per ottenere dati cinetici è necessario misurare l’evoluzione nel tempo della composizione di un sistema, è evidente quale sia l’importanza di disporre di adeguati metodi di indagine 264 analitica. A titolo di esempio, si può citare il contributo che l’evoluzione dei metodi spettroscopici non invasivi ha fornito nell’identificazione di intermedi di reazione estremamente reattivi, quali le specie radicaliche, o di specie adsorbite su una superficie. Ovviamente le tecniche analitiche sono scelte in funzione del tipo di sistema reagente da analizzare, sia in termini di riconoscimento delle specie presenti sia nella misura indiretta della composizione tramite la rilevazione di particolari proprietà fisiche della miscela quali, per esempio, la conducibilità elettrica, il potere rotatorio sulla luce polarizzata, il colore o addirittura la viscosità o la densità. Uguale importanza hanno poi tutte le tecniche di campionamento supersonico che consentono il prelievo di porzioni di fluido e l’invio allo strumento analitico (tipicamente uno spettrometro di massa) in tempi tali per cui il campione non abbia tempo di trasformarsi rispetto alle condizioni di reazione, o almeno di trasformarsi in misura tale da non perturbare significativamente il risultato dell’analisi. Un’altra importante caratteristica per ottenere buoni dati cinetici è disporre di reattori in grado di fornire dati di composizione nel tempo non influenzati dalle condizioni fluidodinamiche esistenti al loro interno e in generale conoscere tutti gli aspetti legati ai fenomeni di trasporto. Dato che i dati cinetici presentano una grande sensibilità alla temperatura è necessario che questi reattori siano realizzati in modo da poter operare nelle condizioni più prossime a quelle isoterme. Per questo motivo sono disponibili reattori chimici di laboratorio opportunamente progettati per realizzare le condizioni microcinetiche e pertanto di tipo agitato. Qualora non sia possibile conseguire un adeguato livello di agitazione, si ricorre anche a configurazioni a ricircolazione esterna. Questi reattori, in funzione del sistema considerato, possono operare con modalità discontinua o continua. Nel primo caso i valori di composizione saranno raccolti in funzione del tempo, mentre nel secondo in funzione del tempo di residenza medio tR dei reagenti nel reattore. Quest’ultimo parametro è definito come il rapporto tra il volume VR occupato dalla miscela reagente nel reattore e la portata volumetrica Q di alimentazione allo stesso. Il bilancio materiale in questi sistemi assume la forma: [6] dCi CiF − Ci = + Ri tR dt dove con CiF⫺Ci si è indicata la differenza di concentrazione della specie i-esima esistente tra entrata e uscita dal reattore. Qualora il reattore operi in continuo e in condizioni stazionarie la velocità di reazione è direttamente misurabile tramite la variazione di concentrazione tra entrata e uscita del reattore stesso. Viceversa, in un reattore che operi in regime discontinuo (tR⫽⬁) la velocità di reazione risulterà espressa dalla derivata della concentrazione della specie nel tempo. In ogni caso l’andamento qualitativo della composizione delle specie presenti sarà analogo a quello illustrato in fig. 1, dove sono riportate le concentrazioni di un reagente, un intermedio di reazione e un prodotto. Da quanto sopra si vede chiaramente che, se si dispone di reattori attivi in condizioni di perfetta miscelazione, è conveniente operare in modo continuo per ricavare il valore puntuale della velocità di reazione da una semplice misura di variazione di concentrazione. Ottenuti i dati sperimentali di composizione, i valori delle costanti cinetiche possono essere ricavati ricorrendo a due diversi approcci: il metodo differenziale e quello integrale. Il primo consiste nel considerare due punti sufficientemente vicini, in modo che la concentrazione non sia variata oltre qualche punto ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE reagente prodotto finale prodotto intermedio assumere che la velocità del processo risulti proporzionale alla concentrazione della specie reagente: r = kC A concentrazione [8] • processi bimolecolari del tipo A⫹B⫺ M⫹N, nei quali la specie A reagisce con quella B per portare alla formazione dei prodotti della reazione. In questo caso è ragionevole assumere che la velocità del processo risulti proporzionale alla frequenza di collisione tra le due specie, che secondo la teoria cinetica dei gas è proporzionale al prodotto delle loro concentrazioni: 䉴 r = kC AC B [9] tempo (o tempo di residenza) fig. 1. Andamento tipico delle concentrazioni delle specie chimiche coinvolte durante una reazione. percentuale, e poi calcolare la derivata della concentrazione tramite il rapporto incrementale (ossia DCi ⲐDt). Una volta ottenuti tali valori, essi vengono diagrammati in funzione della concentrazione delle diverse specie, così da evidenziare i differenti andamenti, quali quello lineare, di potenza intera o razionale. Questo metodo è di semplice attuazione ma risente di errori in quanto si approssima una derivata con il rapporto incrementale calcolato su di un intervallo di tempo finito. Nel metodo integrale, invece, si cerca di riprodurre le curve di composizione nel tempo globalmente, minimizzando l’errore tra i punti sperimentali e quelli calcolati con un modello del reattore i cui parametri incogniti sono i valori delle costanti cinetiche. Per tale scopo, sono disponibili metodi di regressione numerica che in modo efficiente minimizzano il valore di una opportuna funzione obiettivo, che solitamente si identifica con l’errore percentuale medio tra i valori calcolati e quelli sperimentali. 5.1.3 Espressioni della velocità di reazione • processi trimolecolari del tipo A⫹B⫹T⫺ M⫹N⫹T, nei quali la specie A reagisce con quella B per portare alla formazione dei prodotti della reazione. Nella reazione interviene anche una terza specie T che contribuisce alla ridistribuzione energetica conseguente la reazione. In questo caso la velocità del processo risulta proporzionale, oltre che alla frequenza di collisione tra le due specie principali, anche alla concentrazione del terzo corpo: [10] 䉴 r = kC AC BCT Occorre però precisare che l’evenienza di questi processi è estremamente rara a causa della bassissima probabilità di un urto che coinvolga in contemporanea tre specie. Non si riscontrano invece reazioni elementari con molecolarità superiore a tre. In realtà, si verifica sovente che sia utile descrivere l’evoluzione di un sistema reagente tramite reazioni non elementari (ossia scomponibili in reazioni elementari a un successivo esame). Le ragioni di ciò risiedono nel fatto che nella decodificazione di uno schema cinetico complesso di reazioni non sempre è possibile, o non è computazionalmente conveniente, fare intervenire nel processo le effettive reazioni elementari. In altre parole, in questa evenienza, lo schema cinetico contiene delle reazioni di tipo globale, la cui velocità risulta espressa da relazioni algebriche più complesse di quelle sopra riportate. Sovente, per queste reazioni, si fa ricorso a espressioni del tipo legge di potenza NC La velocità di una generica reazione j dipende in generale dalle grandezze fisiche, temperatura e pressione, e dalle concentrazioni delle diverse specie presenti nel sistema. La relazione fenomenologica che la esprime contiene una costante di proporzionalità kj che fornisce la dipendenza dalla temperatura e una funzione più o meno complessa delle concentrazioni delle specie chimiche coinvolte nella reazione Yj : [7] rj = k j (T ) ⋅ Y j (C ) Le reazioni su cui è formulato uno schema cinetico possono essere globali o elementari. Queste ultime coinvolgono nell’atto reattivo direttamente i reagenti della reazione come espresso nella loro equazione stechiometrica. Le reazioni globali sono viceversa decomponibili in un numero di stadi intermedi, tutti costituiti da reazioni elementari. Generalmente, i processi elementari si identificano mediante la loro molecolarità, ossia un indice intero che identifica il numero di specie coinvolte nella reazione. I più comuni tipi di processi elementari sono i seguenti: • processi monomolecolari del tipo A⫺ M⫹N, nei quali la specie A subisce una trasformazione in virtù della quale si isomerizza o si decompone. In tal caso è ragionevole 䉴 VOLUME V / STRUMENTI [11] rj = kj ∏ Ci ij o i =1 dove con l’esponente oij si indica l’ordine di reazione per la specie i-esima nella j-esima reazione. Gli ordini di reazione sono dei numeri razionali, che quindi possono essere anche non interi e il cui valore è solitamente compreso nell’intervallo tra ⫺2 e ⫹3, anche se raramente si incontrano ordini di reazione superiori a 2. Essi riflettono espressioni cinetiche di tipo funzione razionale, tipiche per esempio dei processi catalitici eterogenei [12] rj = kj CACB 1+ bACA + bBCB + bM CM La somma degli ordini di reazione relativi ai singoli reagenti prende il nome di ordine di reazione globale della j-esima reazione: NC [13] oj = ∑ oij i =1 Gli ordini di reazione sono determinati sperimentalmente e il loro valore è quindi distinto da quello dei coefficienti stechiometrici nij . È facile vedere che, qualora la reazione sia 265 CINETICA E CATALISI elementare (e solo in questo caso), l’ordine di reazione è legato al coefficiente stechiometrico dei reagenti nel modo seguente: −ν per i reagenti oij = ij [14] per i prodotti 0 libera standard DG°j sia del prodotto delle attività delle singole specie elevate al rispettivo coefficiente stechiometrico: Le reazioni chimiche, sia elementari sia globali, possono essere irreversibili o reversibili a seconda della rilevanza della reazione inversa. Qualora essa rivesta un’importanza non trascurabile, la velocità della reazione deve contenere i contributi sia della reazione diretta rj che di quella inversa rឈj rj = rj − rj [15] È facile verificare che quando i valori delle attività si identificano con quelli di equilibrio, l’espressione [17] si annulla. Dalla medesima equazione è facile ricavare l’espressione per la reazione inversa mediante un semplice confronto con la [15]: rj NC νij − ∆G j / RT [19] rj = ∏ a = rj e K j i =1 i Dato che all’equilibrio termodinamico la velocità della reazione globale deve essere nulla (rj⫽0), la velocità del processo diretto deve uguagliare quello inverso. D’altra parte, la trattazione termodinamica dei sistemi reagenti porta alla seguente relazione tra la costante di equilibrio Kj e le attività ai delle specie chimiche in gioco in corrispondenza delle condizioni di equilibrio: Risulta quindi che dalla conoscenza della condizione di equilibrio termodinamico e dall’espressione della velocità di reazione diretta è possibile ricavare quella della reazione inversa. NC [16] NC [18] 5.1.4 Dipendenza della costante cinetica dalla temperatura ν i =1 La dipendenza dalla temperatura della costante di velocità di reazione o costante cinetica segue, con buona approssimazione, l’espressione di Arrhenius: Si ricorda che l’attività è definita come il rapporto tra la fugacità fi della specie nelle condizioni operative in esame e quella valutata in opportune condizioni di riferimento e ha espressioni tipiche a seconda dello stato fisico del sistema in esame. Per un sistema in fase liquida, se si sceglie come riferimento il sistema a concentrazione molare unitaria, l’attività può essere espressa in funzione della concentrazione molare e del coefficiente di attività gi della specie in esame, ai⫽giCi, dove, ovviamente, per miscele ideali il coefficiente di attività assume valore unitario e, conseguentemente, le attività si identificano con le concentrazioni. Per sistemi in fase gassosa, solitamente è più conveniente riferirsi al gas ideale a pressione atmosferica, per cui ai⫽fi . L’espressione più semplice della velocità di reazione che rispetti i vincoli termodinamici e che si annulli all’equilibrio è: 1 NC νij − ∆G / RT [17] rj = rj 1 − ∏ a = rj 1 − e j K j i =1 i dove con DGj si indica la variazione di energia libera di Gibbs associata alla reazione, funzione sia della variazione di energia [20] − Ej / RT kj = Aj e dove Aj , Ej e R sono, rispettivamente, il fattore preesponenziale o di frequenza, l’energia di attivazione e la costante universale dei gas. L’espressione di Arrhenius indica chiaramente che la costante di velocità di reazione dipende in modo sensibile dalla temperatura e che tanto maggiore è il valore dell’energia di attivazione tanto minore risulta quello di tale costante. È importante sottolineare il significato fisico dell’energia di attivazione che, come illustrato in fig. 2, rappresenta la barriera energetica che deve essere superata dai reagenti affinché la reazione abbia corso. Facendo riferimento a un semplice modello collisionale, solo gli urti tra le molecole reagenti che coinvolgano energie superiori all’energia di attivazione sono efficaci nel produrne l’evoluzione desiderata. Le unità di misura della costante cinetica dipendono dalla struttura della dipendenza dalla composizione del sistema, cioè della funzione Yj (C). ) coordinata di reazione ν i =1 K j = ∏ ai ij ( ∆G j = ∆G °j + RT ln ∏ ai ij E tan anz ad i le gam e E reagenti DH prodotti coordinata di reazione dis dist E za d i le gam e energia reagenti prodotti fig. 2. Rappresentazione schematica dell’evoluzione energetica di un sistema reagente lungo la coordinata di reazione (a sinistra, immagine tridimensionale che evidenzia la coordinata di reazione come il cammino di minor energia tra reagenti e prodotti). 266 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE Sviluppi teorici mostrano che, in realtà, l’espressione della costante di velocità di reazione può essere più convenientemente espressa come [21] − Ej / RT kj = BjT j e m dove l’esponente mj assume valori differenti in funzione dello sviluppo teorico seguito, ma con valori sostanzialmente prossimi a 0,5. Dato che gli intervalli di temperatura considerati non sono particolarmente estesi, questo effetto è modesto e all’atto pratico giustifica l’impiego della più semplice relazione [20]. Qualora si evidenzino però deviazioni marcate dalla linearità, tipiche della combinazione di due andamenti asintotici, ciò è quasi sicuramente indice della presenza di due reazioni tra loro competitive, prevalenti l’una sull’altra in funzione delle condizioni operative considerate. La fig. 2 mostra anche un altro interessante aspetto. Come già illustrato, nelle reazioni reversibili il valore della costante cinetica della reazione inversa non è indipendente da quello della reazione diretta, a causa della necessaria compatibilità termodinamica. È facile ricavare dall’equazione [19] anche il rapporto esistente tra le energie di attivazione delle due reazioni diretta e inversa, che coinvolge la variazione di entalpia DHj associata alla reazione: [22] Ej = Ej − ∆H j 5.1.5 Sistemi complessi di reazioni Generalmente si ha a che fare con reazioni coinvolgenti diversi passaggi, più o meno concatenati tra loro, nella trasformazione dei reagenti nei prodotti della reazione. In pratica, ogni qualvolta siano presenti due o più reazioni, il sistema reagente può essere definito complesso. Come già accennato, i tipi fondamentali di sistemi complessi contengono reazioni opposte, reazioni parallele e reazioni consecutive. Tramite la combinazione di quest’ultime tipologie è possibile ricavare uno schema complesso qualsivoglia. Si consideri quale esempio caratteristico una qualunque combustione di un idrocarburo, anche semplice quale il metano. Essa procede con meccanismo radicalico coinvolgente circa 20 specie chimiche connesse tra di loro tramite 30 reazioni elementari. Inoltre, molte reazioni chimiche danno luogo a sottoprodotti di reazione per cui è utile indicare sinteticamente l’estensione della reazione relativamente a uno dei reagenti più importanti, come pure la distribuzione relativa dei prodotti di reazione. Per questo motivo, per lo studio di un sistema reagente si fa spesso uso delle grandezze conversione xi, resa hi, resa relativa hir e selettività Si, definite come segue: [23] ξi = moli specie i-esima reagite moli specie i--esima alimentate invece relativamente al massimo numero di moli ottenibili per quella data alimentazione del reagente. Si tratta quindi di chiarire sempre la definizione alla quale si fa riferimento. Con le definizioni qui adottate, tutti i valori dei parametri di merito risultano normalizzati nell’intervallo compreso tra 0 e 1. Per comodità, nel seguito si farà riferimento sempre a grandezze riferite alla quantità di materia (moli). In molti casi di interesse pratico è consuetudine riferirsi alla analoghe grandezze calcolate in base alla massa. Per evidenziare gli andamenti tipici delle concentrazioni delle specie coinvolte e dei parametri di merito per le tre tipologie base di reazioni complesse, si farà riferimento a un semplice reattore agitato discontinuo. Gli andamenti per reattori continui agitati sono assolutamente analoghi e possono essere ricavati seguendo la procedura indicata nel seguito. Reazioni opposte Un esempio permette di illustrare in modo semplice il comportamento di una reazione reversibile evidenziando ancora una volta il legame esistente tra le costanti cinetiche della reazione diretta e inversa e la costante di equilibrio. Considerando, per semplicità, una reazione A⫺ ⫺B, nella quale sia la reazione diretta sia quella inversa seguano una cinetica monomolecolare (r⫽kCA⫺kឈCB), le espressioni di bilancio materiale in un reattore discontinuo perfettamente miscelato nel suo volume assumono la forma: 䉳 dCA dC = − B = − r = − kCA + kCB dt dt avendo indicato con k e kឈ le costanti cinetiche rispettivamente diretta e inversa. Assumendo il comportamento della miscela reagente ideale da un punto di vista termodinamico, un confronto con la [18] permette di stabilire che all’equilibrio il rapporto tra le due costanti cinetiche è uguale alla costante di equilibrio termodinamico: eq k CB [28] K = = eq k CA [27] Le due equazioni [27] possono essere integrate analiticamente per ricavare l’andamento nel tempo delle due concentrazioni e conseguentemente della conversione del reagente A, xA, definita dall’equazione [23]: ξ eq K +1 = kt [29] ln eq A K ξA − ξA dove con xAeq⫽1Ⲑ(K⫹1) si è indicata la conversione in condizioni di equilibrio. L’equazione [29] mostra chiaramente che per tempi di reazione che tendono all’infinito, la conversione tende al valore di equilibrio. Reazioni parallele [24] ηi = moli specie i-esima prodotte moli specie j-esima alimentate [25] ηir = η moli specie i-esima prodotte = i massime moli specie i-esima ottenibili ν i [26] Si = ηi moli specie i-esima prodotte = moli di tutte le specie prodotte NC ∑ηj Per illustrare il comportamento di un sistema di reazioni parallele si può fare riferimento, per semplicità e senza perdere di generalità, a due reazioni monomolecolari irreversibili A⫺ B e A⫺ C, le cui velocità di reazione sono, rispettivamente, r1⫽k1CA e r2⫽k2CA. Pertanto, le equazioni di bilancio materiale per le tre specie in un reattore discontinuo divengono: 䉴 䉴 [30] dCA = −( k1 + k2 )CA dt [31] dCB = k1CA dt j =1 Alternativamente, la resa può essere riferita alle moli della specie j-esima reagita anziché a quelle alimentate; hir è espressa VOLUME V / STRUMENTI 䉴 267 CINETICA E CATALISI 1,0 conversione, resa e selettività fig. 3. Andamento dei parametri di merito (conversione, resa e selettività) per una reazione con meccanismo parallelo (k1⫽0,1 s⫺1; k2⫽0,5 s⫺1; CA0⫽1 mol/l; CB0⫽CC0⫽0 mol/l). conversione di A 0,9 0,8 resa in C 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 selettività B/(B⫹C) 0,2 0,1 0 resa in B 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 tempo (s) [32] dCC = k2CA dt che possono essere facilmente integrate analiticamente supponendo inizialmente il reattore caricato con il solo reagente A. Applicando le definizioni di conversione, resa e selettività si ottengono le seguenti espressioni: [33] [34] [35] [36] [37] dC A = − k1C A dt [38] dC B = k1C A − k2C B dt [39] dCC = k2C B dt ξA = 1− e− ( k1 + k2 )t k1 k1 + k2 k ηC = 1− e− ( k1 + k2 )t 2 k1 + k2 k SB/( B+C ) = 1 k1 + k2 Tale sistema può essere integrato analiticamente supponendo, per esempio, il reattore alimentato inizialmente col solo reagente A. Introducendo le concentrazioni così ricavate nelle espressioni dei parametri di merito si ottiene ηB = 1− e− ( k1 + k2 )t Da queste relazioni, i cui andamenti sono riportati in fig. 3, si vede che sia la conversione sia le rese tendono al loro valore massimo teorico al crescere del tempo di reazione. Ciò non è vero per la selettività, che si mantiene costante durante la reazione. Reazioni in serie Anche in questo caso, si possono analizzare gli andamenti nel tempo dei parametri di merito facendo riferimento a un sistema A⫺ B e B⫺ C, le cui reazioni seguano una cinetica del prim’ordine irreversibile, rispettivamente r1⫽k1CA e r2⫽k2CB. I bilanci materiali delle tre specie coinvolte nella reazione divengono: 䉴 dei parametri di merito (conversione, resa e selettività) per una reazione con meccanismo in serie (k1⫽0,1 s⫺1; k2⫽0,5 s⫺1; CA0⫽1 mol/l, CB0⫽CC0⫽0 mol/l). 0,9 conversione, resa e selettività 1,0 ξA = 1− e− k1t [41] ηB = [42] ηC = 1+ [43] S B /( B + C ) = ( k1 e− k1t − e− k2 t k2 − k1 ) k1e− k2t k2 e− k1t − k2 − k1 k2 − k1 e − k1t 1 + k1e −e − k1t − k2 t + k2 e − k1t Dalle relazioni precedenti (i cui diagrammi sono riportati in fig. 4), si osserva che esiste un massimo per la resa di B. La sua localizzazione temporale e il suo valore possono essere determinati imponendo le condizioni di estremo relativo (dhBⲐdt⫽0): 䉴 fig. 4. Andamento [40] selettività B/(B⫹C) 0,8 0,7 resa in C 0,6 0,5 conversione di A 0,4 0,3 resa in B 0,2 0,1 0 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 tempo (s) 268 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE 1,0 fig. 5. Andamento 0,9 concentrazione (mol/l) delle concentrazioni dei reagenti per una reazione con meccanismo in serie (CA0⫽1 mol/l; CB0⫽CC0⫽0 mol/l; A, k1⫽0,1 s⫺1, k2⫽0,2 s⫺1; B, k1⫽0,1 s⫺1, k2⫽0,5 s⫺1; C, k1⫽0,1 s⫺1, k2⫽1 s⫺1). A 0,8 CA 0,7 CC 0,6 0,5 0,4 0,3 CB 0,2 0,1 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 tempo (s) 1,0 concentrazione (mol/l) 0,9 CC 0,8 B CA 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 CB 0,1 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 tempo (s) 1,0 concentrazione (mol/l) 0,9 CC 0,8 C CA 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 CB 0,1 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 tempo (s) [44] t max = [45] η ln( k2 / k1 ) k2 − k1 k2 max B k k2 − k1 = 1 k2 La selettività di B rispetto a C risulta invece massima al tempo iniziale, ossia quando C è nullo. All’aumentare del tempo di reazione tale valore risulta poi sempre decrescente (v. ancora fig. 4). Da quanto sopra riportato, si osserva che il tempo di reazione che massimizza la resa in B non è lo stesso che massimizza la selettività di B rispetto a C. Pertanto nella gestione dei processi che avvengono con meccanismo in serie, è importante aver ben chiaro qual è il parametro più importante VOLUME V / STRUMENTI da controllare, tra conversione (massima per t⫺⬁), resa di un intermedio (massima per un tempo caratteristico) e selettività (massima per t⫽0). 䉴 5.1.6 Metodi di semplificazione di schemi cinetici complessi Nella trattazione di schemi cinetici complessi, sovente è opportuno ricorrere a semplificazioni che permettono di derivare una legge cinetica globale mediante un’unica espressione matematica, sia pure complessa. Ciò consente per esempio di evidenziare la cinetica della reazione globale solo in funzione delle specie chimiche principali, 269 CINETICA E CATALISI omettendo specie intermedie o particolarmente reattive. Nella pratica si ricorre a due approssimazioni: quella dell’intermedio stazionario e quella dello stadio lento. La prima si applica quando nello schema cinetico siano presenti specie particolarmente reattive e quindi in piccole quantità, tali da poter essere in prima approssimazione trascurabili; la seconda si applica invece quando la concentrazione delle specie intermedie è elevata e quindi la loro presenza non può essere trascurata. ottenuta imponendo che dCB Ⲑdt⫽0. Ciò equivale ad assumere che la concentrazione di B, ossia della specie intermedia, si mantenga stazionaria nell’intero processo o, più precisamente, che la velocità di formazione della specie equivalga a quella della sua scomparsa: RB⫽0. Questo risultato, ottenuto da un punto di vista meramente matematico, è una diretta conseguenza dell’elevata reattività della specie intermedia. L’unione di questi due fatti, ossia la ‘stazionarietà’ e l’applicazione dell’approssimazione a una specie intermedia, dà origine al nome di questa procedura di approssimazione. In realtà l’andamento della concentrazione della specie B non è stazionario ma segue parallelamente quello della specie A. Il limite dell’approssimazione, come evidenziato dalla fig. 6, si manifesta negli istanti iniziali, poiché successivamente l’andamento della concentrazione ottenuto con l’approssimazione è molto prossimo a quello esatto. Pertanto, questa approssimazione è quanto più lecita, tanto più è alta la reattività della specie considerata. Un esempio di applicazione classico è quello delle reazioni a catena di tipo radicalico, quali quelle di polimerizzazione o quelle di clorurazione omogenea di idrocarburi gassosi. Approssimazione dell’intermedio stazionario Per illustrare questo procedimento è utile fare riferimento a un sistema semplice e fornire i criteri per una sua applicazione generale. Pertanto si consideri lo schema di due reazioni in serie, A⫺ B e B⫺ C, che seguono una cinetica irreversibile del primo ordine, analogamente a quanto sviluppato in precedenza. Assumendo che inizialmente sia presente il solo reagente A, l’integrazione analitica delle equazioni di bilancio [37-39] fornisce: [46] CA = CA0 e− k1t 䉴 [47] CB = CA0 䉴 k1 ( e− k1t − e− k2 t k2 − k1 k1CA − k2CB = 0 [52] ) k e− k2t k2 e− k1t CC = CA0 1+ 1 − k2 − k1 k2 − k1 dove con C 0 si intende la concentrazione alle condizioni iniziali. Come illustrato in fig. 5, all’aumentare del rapporto delle costanti cinetiche delle due reazioni k2 Ⲑk1 l’andamento delle concentrazioni in funzione del tempo è qualitativamente lo stesso (in particolare la concentrazione di B presenta sempre un massimo), ma il massimo della concentrazione di B diviene sempre meno pronunciato e si sposta sempre di più verso l’origine dei tempi. Al limite, per k2/k1⬎⬎1 le equazioni [46-48] possono essere approssimate dalle seguenti espressioni: Approssimazione dello stadio lento [48] Un altro metodo di frequente applicazione nella semplificazione di schemi cinetici complessi è l’approssimazione dello stadio lento. Essa si applica a processi reattivi che hanno luogo attraverso una successione di stadi. A tal fine, si consideri un sistema nel quale la trasformazione del reagente A nel prodotto B avviene attraverso la specie intermedia X: 1 2 ⫺ →X ← →B ⫺ ⫺ A⫺ ⫺ ⫺ ⫺ ⫺ ← [53] 䉴 䉳 䉴 䉳 Se si assume per semplicità che tutti gli stadi seguano una cinetica del prim’ordine, la velocità di ognuno di essi sarà espressa dalle seguenti relazioni, direttamente ricavate dalla [17]: [49] CA = CA0 e− k1t [54] r1 = k1 ( CA − CX / K1 ) [50] k k CB ≈ C 1 e− k1t = 1 CA k2 k2 [55] r2 = k2 ( CX − CB / K2 ) [51] 0 A CC ≈ CA0 (1− e− k1t ) Se il sistema è aperto e si trova in condizioni stazionarie, la velocità di reazione di ognuno degli stadi coinvolti avrà lo stesso valore (r⫽r1⫽r2), mentre la concentrazione di ogni specie si manterrà inalterata nel tempo. Ne consegue che, uguagliando le due equazioni precedenti è possibile ricavare che corrispondono alla soluzione del sistema di equazioni [3739] dove sia stata sostituita all’equazione differenziale [38] l’equazione algebrica: 1 10⫺1 concentrazione (mol/l) fig. 6. Visualizzazione dell’errore insito nell’approssimazione dell’intermedio stazionario (CA0⫽1 mol/l; CB0⫽CC0⫽0 mol/l; k1⫽0,1 s⫺1; k2⫽10 s⫺1). CA CC CB 10⫺2 10⫺3 soluzione approssimata 10⫺4 soluzione non approssimata 10⫺5 10⫺6 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 tempo (s) 270 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE la concentrazione della specie intermedia che sostituita, per esempio, nella [54] fornisce l’espressione della velocità del processo globale: k k C − C B / ( K1 K 2 ) [56] r = r1 = r2 = 1 2 A k2 + k1 / K1 Inoltre, il prodotto delle costanti di equilibrio dei singoli stadi fornisce la costante di equilibrio globale della reazione (K⫽K1K2). Se la costante cinetica del primo stadio è molto maggiore di quella del secondo (k1⬎⬎k2) l’espressione [56] diviene: [57] r ≈ k2 ( K1CA − CB / K2 ) per cui i reagenti A e X possono considerarsi in equilibrio virtuale e la velocità del processo è governata da quella del secondo stadio, che viene chiamato stadio lento in quanto la sua costante di velocità è piccola. In pratica, l’espressione [57] può essere ottenuta inserendo nell’ espressione della velocità di reazione del secondo stadio della [55], la concentrazione dell’intermedio X calcolata come se fosse in equilibrio con A, ossia CX⫽K1CA. Se si verifica il caso opposto, ossia che lo stadio lento del processo è il primo (k1⬍⬍k2), la [56] si riduce a: [58] r ≈ k1 C A − C B / ( K1 K 2 ) che potrebbe essere ottenuta sostituendo nella [54] la concentrazione dell’intermedio supposta all’equilibrio con il prodotto B della reazione, CX⫽CB ⲐK2. Il concetto di stadio lento può essere quindi facilmente generalizzato a un sistema che evolva attraverso un numero generico di stadi di reazione. Se uno di essi presenta una costante di velocità di reazione molto inferiore agli altri, la velocità del processo globale si può ricavare da essa (e lo stadio viene identificato come lo stadio lento del processo), sostituendovi le concentrazioni degli altri intermedi calcolate assumendo che gli altri stadi siano all’equilibrio termodinamico. Questa approssimazione è molto utile per la riduzione di schemi cinetici complessi, soprattutto quando non sia facile ricavare la concentrazione delle specie intermedie. Occorre però precisare che essa rappresenta unicamente un modo operativo di semplificazione: è infatti possibile sovente interpretare dati cinetici con accuratezze confrontabili mediante espressioni ricavate assumendo differenti ipotesi di stadio lento. Questa approssimazione trova la sua più ampia applicazione nello studio della cinetica dei processi catalitici eterogenei, dove le espressioni più utilizzate della velocità di reazione sono per lo più ottenute con questo metodo. 5.1.7 Aspetti microfisici e molecolari della velocità di reazione La cinetica delle reazioni chimiche è stata sinora trattata da un punto di vista macroscopico, senza entrare nel dettaglio delle sue implicazioni microfisiche che verranno nel seguito approfondite sulla base della teoria collisionale e della teoria dello stato di transizione. Sarà poi presa in esame l’influenza della pressione sulla costante cinetica, con particolare riferimento alle reazioni monomolecolari. Teoria collisionale In cinetica chimica sono molto frequenti gli stadi elementari bimolecolari, quali per esempio le reazioni di sostituzione e quelle di ricombinazione. Per effetto di una collisione ha VOLUME V / STRUMENTI luogo una redistribuzione dei legami tra le molecole coinvolte. La teoria collisionale si presta quindi particolarmente per l’interpretazione delle reazioni bimolecolari, in quanto è basata sull’ipotesi che la reazione abbia luogo per effetto della collisione tra le due molecole e che siano efficaci ai fini della reazione solo quegli urti nei quali l’energia coinvolta sia superiore a un determinato valore di soglia. Per semplicità è conveniente riferirsi a una reazione che abbia luogo in fase gassosa, anche se i risultati ottenuti hanno poi validità generale. Per una reazione del tipo A⫹B⫺ prodotti, la velocità del processo risulta espressa dal prodotto tra il numero di collisioni nell’unità di tempo e di volume Z(A,B) e la probabilità che la collisione dia luogo alla reazione W(A,B): 䉴 [59] r = Z ( A,B)W ( A,B) Più semplicemente, il primo termine può essere calcolato mediante la teoria cinetica dei gas, tramite la quale, assumendo urti elastici tra molecole sferiche rigide con diametro dA e dB e massa mA e mB, in assenza di campi di forza esterni, si ottiene: [60] Z ( A, B) = 2σ N A2 2 k BT C C πµ A B dove NA e kB sono, rispettivamente, il numero di Avogadro e la costante di Boltzmann, s⫽0,25p(dA⫹dB)2 è la sezione d’urto geometrica corrispondente alla collisione delle due sfere rigide e infine m⫽mAmB Ⲑ(mA⫹mB ) è la massa ridotta delle due molecole collidenti. Il termine di probabilità può essere valutato applicando la legge di distribuzione di Maxwell-Boltzmann come frazione di molecole aventi un’energia superiore a un valore di soglia E: [61] W ( A,B) = e− E / RT Sostituendo nella [59] si ottiene: [62] r = 2σ N A2 2 k BT − E / RT e C AC B = BT 0,5e− E / RT C AC B πµ L’espressione così ricavata spiega alcune evidenze sperimentali, quali la dipendenza della velocità di reazione dal prodotto delle concentrazioni delle specie coinvolte e la dipendenza esponenziale della costante cinetica dalla temperatura. Il fattore di frequenza così calcolato mostra una dipendenza dalla radice quadrata della temperatura, anche se all’atto pratico, operando in un intervallo limitato di temperatura, risulta difficile evidenziare tale dipendenza dall’analisi dei semplici dati sperimentali. In conclusione, la teoria collisionale, pur nella più semplice delle sue formulazioni, fornisce una interpretazione dei termini che caratterizzano la costante cinetica: la dipendenza dalla temperatura riflette la distribuzione dell’energia tra le diverse molecole, il fattore preesponenziale, invece, riflette la frequenza con la quale le molecole collidono. In realtà, la sezione d’urto calcolata considerando le molecole quali sfere rigide costituisce un’approssimazione alquanto rozza e i fattori di frequenza così calcolati differiscono di qualche ordine di grandezza da quelli sperimentali. Per correggere ciò è necessario rimuovere l’ipotesi di sfericità e considerare l’orientamento reciproco delle molecole nell’urto. Inoltre bisogna considerare la presenza delle forze di interazione esistenti tra le due molecole già in fase di avvicinamento. Di conseguenza, la sezione d’urto diviene essa stessa una funzione dell’energia della collisione e pertanto l’espressione della velocità di reazione può essere generalizzata, moltiplicando la frazione 271 CINETICA E CATALISI di coppie molecolari aventi un’energia e per il corrispondente valore della sezione d’urto e per il valore della loro velocità relativa e poi integrando l’espressione così ricavata per tutti i valori di energia. Si ottiene così la seguente espressione: 1,5 N C C 2 ∞ − ε / k BT [63] dε r= A A B ∫ εσ (ε )e k T πµ B 0 la cui integrazione dipende dall’andamento della sezione d’urto con l’energia della collisione. L’analisi precedente mostra chiaramente che la stima della costante cinetica passa attraverso il calcolo delle interazioni esistenti tra le molecole collidenti. È importante sottolineare che il parametro critico è rappresentato dal valore della sezione d’urto in funzione dell’energia della collisione. I valori della sezione d’urto possono essere ricavati sperimentalmente mediante collisione di fasci molecolari o stimati per via teorica. Oggi questi calcoli possono essere effettuati con l’ausilio di software basati sulla meccanica quantistica (v. par. 5.1.10). Teoria dello stato di transizione La teoria collisionale permette di effettuare il calcolo della costante cinetica solo attraverso uno studio della dinamica delle collisioni tra le molecole reagenti. Ciò comporta l’esecuzione di calcoli molto laboriosi, a meno che non si disponga di misure sperimentali della sezione d’urto in funzione dell’energia delle molecole collidenti. È allora opportuno poter disporre di un metodo approssimato che consenta di aggirare, almeno in prima approssimazione, tale ostacolo. Il significato dello stato di transizione o complesso attivato, indicato solitamente come X⬆, può essere illustrato esaminando la fig. 7, che rappresenta l’evoluzione di un sistema reagente lungo la coordinata di reazione (ossia il cammino di minor energia che connette i reagenti con i prodotti). Il massimo di tale curva viene chiamato stato di transizione e rappresenta una configurazione di sistema all’incirca equidistante tra quella dei prodotti e quella dei reagenti. Secondo la teoria dello stato di transizione la reazione bimolecolare può essere scissa in due stadi: il primo corrisponde alla formazione del complesso attivato e il secondo, più lento, alla sua decomposizione: [64] ≠ A + B⫺ ⫺X [65] X≠ ⫺ ⫺➤ prodotti 䉳 䉴 䉴 Pertanto applicando l’approssimazione dell’intermedio stazionario (v. par. 5.1.6), la velocità del processo risulta espressa da: energia A⫹B reagenti M⫹N prodotti fig. 7. Andamento energetico di una reazione con illustrazione dello stato di transizione. 272 r = k ≠ C X ≠ = k ≠ K ≠ C AC B dove k⬆ e K⬆ indicano, rispettivamente, la costante cinetica della reazione di decomposizione del complesso attivato e la costante di equilibrio del suo processo di formazione. La prima può essere calcolata con i metodi della meccanica statistica, mediante i quali si dimostra che essa è indipendente dalla natura della reazione in esame ma dipende unicamente dalla temperatura e da due costanti universali, quella di Planck, h, e quella di Boltzmann, kB: kT [67] k ≠ = B h La costante di equilibrio può essere valutata dalla variazione di energia libera standard DG⬆ associata alla formazione del complesso attivato a partire dai reagenti: [68] K ≠ = e− ∆G ≠ / RT = e− ( ∆H ≠ −T ∆S ≠ )/ RT Pertanto, sostituendo la [67] e la [68] nella [66] e confrontando il risultato così trovato con l’espressione di Arrhenius, ne consegue che l’energia di attivazione della reazione dipende dalla variazione di entalpia associata alla formazione del complesso attivato: [69] E = ∆H ≠ + RT e che il fattore di frequenza dipende dall’entropia di formazione del complesso attivato, che fisicamente esprime la probabilità che esso si formi ≠ kT [70] A = B e(1+ ∆S / R ) h DH ⬆e DS ⬆ sono spesso indicati come entalpia ed entropia di attivazione. I loro valori possono essere stimati dalle proprietà del complesso attivato mediante i metodi della meccanica statistica, ricorrendo alla sua configurazione geometrica, alle sue frequenze di vibrazione e alle energie dei legami coinvolti. Prima dell’avvento delle attuali generazioni di computer che hanno reso possibile la stima di queste grandezze con i metodi della meccanica quantistica a partire dai principi primi, queste stime venivano effettuate, e sovente lo sono tuttora, ricorrendo ai cosiddetti metodi dei contributi di gruppo, che assegnano a ciascuna porzione della molecola valori specifici di entalpia e di entropia di formazione, definiti in modo che le proprietà della molecola finale, o in questo caso del complesso attivato, siano fornite dalla somma dei contributi specifici di ciascun gruppo in essa presente. A titolo di esempio, conoscendo i valori di entalpia di formazione associati ai gruppi CH2 e CH3 è possibile stimare le entalpie di formazione di tutti gli alcani lineari. Reazioni monomolecolari e dipendenza dalla pressione della costante cinetica X⬆ coordinata di reazione [66] La dipendenza delle costanti cinetiche dalla pressione è così piccola che per osservarla è necessario considerare sistemi che operino a qualche centinaio di bar se non un migliaio, dato che questa dipendenza coinvolge la variazione di volume molare, DV*, tra il reagente nel suo stato attivato e in quello normale. Derivando infatti l’espressione della costante di velocità di reazione ottenuta dalla teoria dello stato di transizione rispetto alla pressione è possibile dimostrare che [71] ∆V * ∂ ln k =− RT ∂P T Pertanto, se il complesso attivato ha un volume maggiore della molecola nel suo stato normale, un aumento di pressione ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE provoca una diminuzione della costante cinetica. Essendo però questa variazione piccola, si spiega il modesto effetto della pressione sulla costante di velocità, tanto che solitamente esso non viene considerato. Nelle reazioni monomolecolari in fase gassosa l’effetto della pressione può però essere assai evidente. Le reazioni monomolecolari coinvolgono la trasformazione di un’unica specie nei prodotti di reazione. Esempi tipici sono le reazioni di isomerizzazione e quelle di decomposizione termica. La cinetica di questi processi presenta un comportamento peculiare che può essere interpretato sulla base della trattazione sviluppata per la prima volta da Lindeman. Affinché una molecola possa dar luogo a una reazione, essa dovrà essere eccitata a un livello di energia superiore a quello fondamentale; in altre parole dovrà essere attivata. In fase gassosa, l’attivazione ha luogo attraverso le collisioni con le altre molecole presenti nel sistema e genericamente indicate con il nome di terzo corpo, qui indicato con M. Successivamente, la molecola attivata A* si trasforma nei prodotti: [72] A+ M⫺ ⫺ A* + M [73] A *⫺ ⫺➤ prodotti 䉳 −1 1 1 r = F (T , ka0 , ka∞) ∞ + 0 C A ka ka dalla quale è chiaro che F⫽1 nella trattazione di Lindeman. Affinché la trattazione usata attualmente possa consentire la stima della costante cinetica è necessario valutare teoricamente la costante di velocità del processo di eccitazione di una molecola. Tale processo dipenderà dai gradi di libertà presenti nella molecola (traslazionali, rotazionali e vibrazionali) e dal modo in cui l’energia ricevuta negli urti si ridistribuisce tra i vari livelli energetici associati a tali gradi di libertà. A questo fine sono state proposte diverse teorie, tra le quali è importante citare quella sviluppata da Rice, Ramsperger, Kassel e Markus (indicata come RRKM) e la sua modificazione quantistica, la cui trattazione è però rimandata ai testi specializzati. Oggi, naturalmente, si può fare uso di metodi matematici che consentono tale stima in modo non eccessivamente oneroso. [77] 䉴 䉴 Per valutare la velocità di reazione globale si può ricorrere all’approssimazione dell’intermedio stazionario, applicata alla specie attivata (sicuramente molto reattiva) per stimarne la concentrazione, e successivamente sostituire quest’ultima nell’espressione della velocità del secondo stadio della reazione (decomposizione della specie attivata). Supponendo che tutti gli atti cinetici siano elementari, è facile ricavare che: −1 k1 k1C AC M 1 = + C A = kaC A [74] r = k2C A* = k2 k1C M + k2 k2 k1 k1C M Si può osservare che la costante apparente di pseudoprim’ordine ka presenta due andamenti asintotici. Per alti valori della concentrazione del terzo corpo, equivalenti a sistemi ad alta pressione, la costante apparente si identifica con una combinazione delle sole costanti cinetiche e la reazione si manifesta come una reazione del prim’ordine rispetto al reagente principale: k [75] ka∞ ≈ 1 k2 k1 A basse concentrazioni del terzo corpo, ossia a basse pressioni, si manifesta una dipendenza dalla concentrazione di quest’ultimo e quindi la reazione globalmente appare del secondo ordine, dipendendo sia dalla concentrazione del reagente sia da quella del terzo corpo: [76] ka0 ≈ k1C M L’insorgenza della dipendenza dalla pressione della costante cinetica di pseudoprim’ordine si presenta per un valore ben definito di pressione che ovviamente dipende dal sistema reagente considerato. Questo valore viene indicato come P1Ⲑ2 e indica quella pressione alla quale la costante cinetica assume un valore corrispondente alla metà del valore asintotico di alta pressione. La regione delle pressioni inferiori a P1Ⲑ2 viene chiamata regione di falloff. La trattazione di Lindeman ha il pregio della semplicità. Oggi però i due andamenti asintotici di alta e bassa pressione sono interpolati tramite correlazioni più complesse, quali quella di Troe, nella quale la [74] viene modificata introducendo una dipendenza da un fattore F funzione VOLUME V / STRUMENTI della temperatura e dei parametri delle due costanti asintotiche; si ha F⫽Fcent(T )1ⲐP, con P⫽f(k 0a,ka⬁,CM ,Fcent): 5.1.8 Cinetica delle reazioni in soluzione In fase liquida, la frequenza delle collisioni tra i reagenti è più elevata che in fase gassosa, data la loro maggior concentrazione. Queste reazioni vengono spesso condotte in soluzione con un opportuno solvente che può a sua volta interagire con le molecole reagenti. Un esempio classico è rappresentato dall’acqua che, a causa della sua costante dielettrica, è in grado di dissociare gli elettroliti nei loro ioni costituenti, che sono i reali reagenti della reazione. In genere, un solvente può esercitare la sua azione anche coordinandosi con i reagenti o con un intermedio di reazione. In questo caso l’azione del solvente è tale da ridurre la reattività della specie coinvolta. In termini generali, in una reazione condotta in soluzione, la maggior parte delle collisioni avviene con le molecole del solvente; si tratta quindi di collisioni non reattive, ma che comunque agevolano la formazione del complesso attivato. Per la stima della costante cinetica è quindi possibile applicare la teoria dello stato di transizione; in questo caso è però necessario considerare la possibile non idealità della soluzione e quindi ricorrere alle attività anziché alle concentrazioni. Pertanto la costante di equilibrio di formazione del complesso attivato, in un percorso di reazione come quello delle equazioni [64] e [65], sarà data da [78] K≠ = aX ≠ a A aB = γ X≠ CX ≠ γ Aγ B C AC B e quindi, sostituendo questa espressione nella [66], la costante di velocità della reazione globale risulterà: [79] k= k BT ≠ γ Aγ B γ γ K = k id A B h γ X≠ γ X≠ dove kid indica il valore della costante nelle condizioni di soluzione ideale. L’equazione [79] mostra quindi che il ruolo della non idealità della soluzione è estremamente importante in quanto, a causa delle forti dipendenze di tipo non lineare dei coefficienti di attività dalla composizione, le deviazioni dal valore kid possono essere estremamente marcate. Ciò è particolarmente vero in sistemi contenenti elettroliti, che favoriscono comportamenti non ideali anche se sono presenti in piccole concentrazioni. L’equazione [79] permette inoltre di studiare la dipendenza della costante cinetica dal tipo di solvente impiegato, in 273 CINETICA E CATALISI quanto la sua influenza si manifesta essenzialmente sui valori dei coefficienti di attività poiché essi riflettono le interazioni chimiche e fisiche tra le molecole presenti. 5.1.9 Cinetica delle reazioni eterogenee Nella pratica, è frequente il caso di reagenti appartenenti a fasi diverse, le quali debbono quindi essere messe in stretto contatto affinché la reazione possa procedere agevolmente. È consueto inoltre il caso che nel sistema sia presente un’opportuna superficie solida le cui proprietà siano tali da interagire con le specie reagenti, in modo da aumentare la velocità della reazione. La trattazione della cinetica dei processi reattivi eterogenei presenta pertanto delle peculiarità rispetto a quanto esaminato sinora per i sistemi omogenei. Nei sistemi eterogenei sono infatti presenti fenomeni di trasporto di materia tra le fasi nonché fenomeni di interazione chimico-fisica tra le superfici solide e i reagenti presenti in fase fluida. Queste interazioni sono di importanza rilevante poiché sono in grado di condizionare considerevolmente l’evoluzione nel tempo della reazione. In particolare, saranno qui esaminate la trattazione della cinetica dei processi catalitici eterogenei, quella delle reazioni fra un gas e un liquido e infine quella delle reazioni non catalitiche tra un gas e un solido. Reazioni catalitiche Vi sono reazioni estremamente lente se condotte in fase omogenea che diventano però rapide se i reagenti sono posti a contatto con una opportuna superficie solida che agisce da catalizzatore. Storicamente, il primo esempio di catalisi risale agli studi sulla deidrogenazione degli alcoli condotti da Martin van Marum nel 1796. Esempi di combustione catalitica furono poi realizzati nel 1817 da Humphry Davy e Johann Wolfgang Döbereiner. Nel 1825 Michael Faraday fu il primo a studiare la reazione di combustione catalitica tra idrogeno e ossigeno. Il termine catalisi fu introdotto da Jöns Jacob Berzelius nel 1836 sulla base delle osservazioni sulla decomposizione dell’ammoniaca in contatto con i metalli, mutuandolo dal greco kat¥lusij «scioglimento». Oggi, in termini rigorosi, si definisce catalizzatore una sostanza che aumenta la velocità di raggiungimento dell’equilibrio in un sistema reagente, senza comparire nei prodotti di reazione e senza modificare i fattori termodinamici intrinseci del sistema stesso. Pertanto un catalizzatore non interviene nel bilancio materiale del sistema reagente, in quanto non si produce né si consuma per effetto della reazione. Inoltre, non modificando la termodinamica del sistema, non è mai in grado di far avvenire una reazione termodinamicamente impossibile. Oggi la catalisi riveste un ruolo fondamentale in tutti i processi chimici industriali, dato che oltre il 90% delle specie prodotte industrialmente coinvolge un processo catalitico. Per illustrare il comportamento di un catalizzatore è utile far riferimento a una reazione generica: [80] A + B⫺ ⫺M + N 䉳 䉴 Al sistema si aggiunge un’opportuna sostanza C che, per esempio, sia in grado di interagire chimicamente con uno dei due reagenti, in modo che la reazione possa procedere per stadi, e sia ripristinata tal quale alla fine della reazione: 274 [81] A + C⫺ ⫺X [82] X + B⫺ ⫺ M+ N+ C 䉳 䉳 䉴 䉴 La sostanza C, caratterizzata dal comportamento così descritto, è chiamata catalizzatore. Da un punto di vista chimico-fisico il suo intervento nel processo provoca un’alterazione dell’andamento energetico della reazione: mentre i punti iniziale e finale rimangono inalterati, la reazione procede seguendo un diverso cammino rispetto al processo condotto in assenza di catalizzatore. Questo cammino prevede la presenza di un minimo di energia in corrispondenza della formazione del prodotto di interazione X tra catalizzatore e reagente. In termini generali, il catalizzatore può essere presente nella stessa fase dei reagenti, e in tal caso si parla di catalisi omogenea, oppure in una fase diversa, nel qual caso si parla di catalisi eterogenea. Esempi di catalisi omogenea sono rappresentati dalla catalisi acido-base (nel senso di Brönsted-Lowry), da quella coinvolgente composti organometallici o da quella basata sull’aggiunta di sostanze chelanti in grado di solubilizzare opportuni metalli. Relativamente alla catalisi eterogenea, il cui uso è preferito nelle applicazioni industriali per la facilità di recupero del catalizzatore a fine reazione, esempi classici sono la catalisi metallica (a base di polveri, filamenti o film metallici supportati su particelle porose) e quella coinvolgente ossidi metallici o sistemi acido-base (tipicamente acidi di Lewis). Poiché la trattazione della catalisi omogenea non presenta particolarità rispetto a quanto sinora esaminato, in quanto basta introdurre nelle espressioni della velocità di reazione la concentrazione del catalizzatore, nel seguito l’attenzione sarà focalizzata solo sui processi catalitici eterogenei. In essi, l’azione catalitica è indotta dall’interazione, generalmente di natura chimica, tra la superficie del catalizzatore solido e i reagenti contenuti nella fase fluida. Risulta quindi evidente che l’azione catalitica di una superficie dipende dalla sua capacità di adsorbire i reagenti. Una reazione catalitica eterogenea è un classico processo che avviene mediante una serie di stadi: a) diffusione dei reagenti dalla fase fluida alla superficie del catalizzatore; b) adsorbimento dei reagenti sulla superficie; c) reazione chimica superficiale; d ) desorbimento dei prodotti dalla superficie; e) diffusione dei prodotti dalla superficie alla fase fluida. Sono pertanto presenti sia stadi di natura fisica (il primo e l’ultimo) sia stadi di natura chimica (i tre intermedi). Se il catalizzatore è realizzato disperdendo l’elemento attivo sulla superficie che si sviluppa all’interno di una particella porosa, i processi diffusionali possono essere ulteriormente suddivisi in diffusione esterna (il trasporto di materia tra il cuore della fase fluida e la superficie esterna della particella) e diffusione interna (il trasporto di materia nei pori della particella catalitica). Gli stadi citati sono consecutivi e se uno di loro è molto più lento degli altri determinerà la velocità del processo globale. Solo nel caso in cui gli stadi di natura chimica siano particolarmente rapidi, lo stadio lento coincide con uno degli stadi di natura diffusionale. Solitamente questi ultimi sono più rapidi e lo stadio lento del processo coincide spesso con uno di natura chimica. In termini generali, la trattazione di un sistema che coinvolge un così elevato numero di stadi presenta alcune complessità matematiche. Pertanto, per ottenere espressioni della velocità di reazione in forma chiusa si fa generalmente uso dei metodi di semplificazione degli schemi cinetici complessi descritti in precedenza, quali l’approssimazione dello stadio lento e quella dell’intermedio stazionario. Prima di procedere, è opportuno fare una precisazione. Se l’individuazione dello stadio lento del processo è basata su informazioni chimicofisiche quali l’abbondanza relativa delle specie intermedie o i ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE rapporti di velocità di reazione, è possibile ottenere da dati puramente cinetici, ossia dall’espressione della velocità di reazione, informazioni sul meccanismo di reazione. In assenza di tali indicazioni, questo procedimento non è lecito e quindi non esiste alcun nesso fisico tra l’espressione matematica della velocità di reazione e il reale meccanismo della stessa. È infatti frequente il caso in cui differenti espressioni cinetiche, ricavate sulla base di diversi stadi lenti della reazione, siano in grado di interpretare gli andamenti sperimentali con accuratezza comparabile. In questo caso, la discriminazione tra i diversi possibili meccanismi richiede informazioni sperimentali di tipo chimico-fisico, quali l’energia di attivazione di un processo di desorbimento, o il rispetto del vincolo di energia di attivazione positiva, o il fatto che siano in gioco valori dei fattori di frequenza inferiori a quelli determinati mediante la teoria collisionale, dato che essi rappresentano un massimo teorico. È da sottolineare che la scelta di un’espressione cinetica che rispetti il reale meccanismo della reazione consente poi delle ragionevoli estrapolazioni anche al di fuori del semplice intervallo di parametri di temperatura, pressione e concentrazione impiegato per la stima dei parametri. Schema cinetico di Langmuir-Hinshelwood Si fa riferimento specificatamente agli stadi chimici considerando una generica reazione chimica reversibile come la [81]. In prima ipotesi, è possibile ritenere che tutte le specie coinvolte si adsorbano sulla superficie, occupando ciascuna un sito della superficie catalitica. Tale adsorbimento, che descrive le interazioni di tipo chimico tra reagenti e superfici, viene detto di Langmuir, e la sua velocità è fornita dalla seguente espressione: [83] riad = kiad Ciϑv − kiadϑi i = A, B, M, N dove con ÿi e ÿv sono state indicate, rispettivamente, la frazione di siti superficiali occupati dalla specie i-esima (ossia A, B, M o N nell’esempio in esame) e la frazione di siti liberi. Ovviamente deve verificarsi la conservazione dei siti superficiali, espressa dalla relazione seguente: [84] 1= ϑv + ∑ i ϑi È ragionevole ritenere che la reazione superficiale coinvolga le specie adsorbite sulla superficie, per cui: ϑ ϑ rs = ks ϑ Aϑ B − M N Ks Se si assume che lo stadio lento coincida con la reazione superficiale, è possibile supporre che tutti gli stadi di adsorbimento e desorbimento siano in condizioni prossime a quelle di equilibrio (ossia riad ⬇0). Risulta così possibile ricavare dalla [83] la frazione di siti occupati in funzione delle concentrazioni in fase fluida e della frazione dei siti liberi: kiad [86] ϑi = ad Ciϑv = bC i iϑv ki [85] Sostituendo queste espressioni nella [84] è possibile ricavare anche la ÿv. Infine, sostituendo nella [85] le espressioni dei siti liberi e di quelli occupati dalle singole specie adsorbite si ricava l’espressione della velocità di reazione: [87] r = rs = C C ks bAbBC AC B 1 − M N KC AC B (1 + b C A VOLUME V / STRUMENTI A + bBC B + bM C M + bN C N ) 2 dove la costante di equilibrio K è riferita alla reazione globale poiché: [88] Ks = K bM bN bAbB Dalla [87] si vede che è possibile giustificare teoricamente espressioni razionali della velocità di reazione e conseguentemente ordini di reazione frazionari o negativi in espressioni cinetiche tipo legge di potenza. Si vede inoltre che nel fenomeno di adsorbimento tutte le specie competono, in base al valore della loro costante di equilibrio di adsorbimento, nel ricoprimento dei siti superficiali disponibili. Ovviamente l’espressione precedentemente ricavata dipende sia dalla scelta effettuata sullo stadio lento della reazione sia dall’espressione considerata per il processo di adsorbimento. Se per esempio si fosse assunto quale stadio lento del processo l’adsorbimento del reagente A, applicando la procedura illustrata si sarebbe ottenuta le seguente espressione cinetica: [89] r≈ ( k AC AC B 1 − C M C N KC AC B ) 1 + bA (C A K ) + bBC B + bM C M + bN C N Inoltre, esistono espressioni alternative alla semplice espressione di Langmuir con adsorbimento su di un singolo sito superficiale [83]. Per esempio, possono essere considerati processi di adsorbimento nei quali intervengono due siti superficiali, coinvolgendo o meno un processo dissociativo [90] ad A + 2σ ⫺ ⫺A [91] ad ad AB + 2σ ⫺ ⫺A + B 䉳 䉴 䉳 䉴 la cui velocità risulta essere, rispettivamente: [92] rAad = k Aad C Aϑ v2 − k Aadϑ A ad ad ad [93] rAB = k AB C ABϑ v2 − k AB ϑ Aϑ B In questi casi si parla di meccanismi cinetici di tipo dualsite. Esistono anche importanti esempi di processi che seguono l’isoterma di adsorbimento tipo Elövich-Temking, dove la dipendenza dai siti superficiali occupati dalla specie è di tipo esponenziale −hϑ −g ϑ [94] ri ad = kiad C Ae i i − kiad e i i Un tipico esempio è costituito dal processo di adsorbimento di azoto su ferro nei processi di sintesi dell’ammoniaca (N2⫹3H2⫺ ⫺2NH3). In questo specifico caso, impiegando la [94] per l’adsorbimento di azoto e ipotizzando quest’ultimo quale stadio lento, è facile ricavare la seguente espressione della cinetica di reazione, la cui validità è stata verificata ampiamente mediante un uso intensivo nella progettazione dei reattori α 2 CH3 1 C NH3 ad 2 [95] r = r = k1CN 2 1 − 2 K C N C H3 CN 2 2 2 dove k1⫽kNad2(kឈNad2k ⲐkNad2 )a e a⫽gN2Ⲑ(gN2⫹hN2). La [95] è nota sotto il nome di cinetica di Temking-Pyzev e in essa il valore di a è compreso tra 0,5 e 0,65. Dato che i reagenti sono impiegati in fase gassosa e il processo è condotto ad alte pressioni, solitamente nell’espressione [95] si ricorre all’impiego delle fugacità anziché delle concentrazioni per tener conto delle non idealità del comportamento del gas. Un caso ulteriore è quello in cui la reazione coinvolga sia una specie adsorbita sul catalizzatore sia una ancora in fase fluida. Si parla allora di meccanismi tipo Eley-Rideal: 䉳 䉴 275 CINETICA E CATALISI [96] Aad + B⫺ ⫺➤ M + N 䉴 per i quali, assumendo come stadio lento la reazione superficiale, [97] rs = ksϑ AC B è immediato ricavare la seguente espressione cinetica, dove il denominatore contiene solo i contributi delle specie che si adsorbono sul catalizzatore (nel caso specifico non esiste specie B adsorbita): [98] r ≈ rs = ks bAC AC B 1 + bAC A + bM C M + bN C N [100] Ci ( x ) = Efficienza dei catalizzatori La velocità di una reazione catalitica è influenzata, oltre che dalla natura chimica della reazione, anche da fenomeni fisici di trasporto di materia e di calore. Infatti i componenti della miscela fluida, prima di reagire, debbono diffondere dal cuore della miscela alla superficie della particella e poi all’interno della stessa tramite la rete di pori presente. Il cammino inverso deve essere poi percorso dai prodotti della reazione. A causa dei processi diffusivi intraparticellari e del conseguente consumo dei reagenti dovuto alla reazione chimica, all’interno della particella si instaura un profilo di concentrazione il cui valor medio può differire anche notevolmente da quello esistente in corrispondenza della sua superficie. Una descrizione di tale profilo può essere ottenuta integrando l’equazione di bilancio materiale all’interno della particella che, in condizioni stazionarie, assume la forma seguente: [99] ca la superficie di catalizzatore per unità di volume di particella. Il coefficiente di diffusione efficace Dieff contiene al suo interno i contributi della porosità della particella catalitica, della non linearità dello sviluppo dei suoi pori (la cosiddetta tortuosità) e ovviamente del meccanismo di diffusione che vi si instaura, sia esso di tipo molecolare o alla Knudsen. Se, per semplicità, si considera un’espressione cinetica irreversibile del prim’ordine (vi rs⫽⫺ksCi), e si assume che la particella sia di forma sferica con raggio Rp, la [99] ammette la seguente soluzione analitica: Dieff ∇2Ci + Svνi rs = 0 che contempla sia il contributo della diffusione nei pori sia quello della reazione chimica superficiale. Il termine Sv indi- Cis senh(φ X ) Xsenh(φ ) dove con X, Cis e / sono stati indicati, rispettivamente, la generica coordinata adimensionale (X⫽xⲐRp), la concentrazione del reagente in corrispondenza della superficie esterna della particella e il modulo di Thiele. Quest’ultimo è un numero adimensionale che esprime l’importanza relativa dei fenomeni diffusivi rispetto a quelli reattivi, definito come [101] φ = Rp Sv ks Dieff Tanto più / è piccolo e tanto più è facile il trasporto dei reagenti all’interno della particella catalitica o equivalentemente la reazione chimica può essere considerata lenta rispetto ai processi diffusivi. Pertanto, come mostrato in fig. 8, il profilo di concentrazione in particella diviene sostanzialmente piatto con concentrazione equivalente a quella esterna. Al contrario, all’aumentare del valore di /, il profilo di concentrazione mostra sensibili variazioni rispetto al valore della concentrazione esterna alla particella. Per tener conto di questi fattori in termini integrali, riducendo quindi a un’unica relazione funzionale il comportamento della particella catalitica per l’effetto combinato degli eventi 1,0 fig. 8. Andamento della concentrazione del reagente lungo il raggio di una particella catalitica sferica al variare del modulo di Thiele /. 0,9 0,8 0,1 1 0,7 2 Ci(X)/Cis 0,6 / 0,5 5 0,4 10 0,3 0,2 20 0,1 0,0 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 x/Rp 276 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE chimici e del trasporto di materia intraparticellare, si definisce un termine, detto ‘efficienza del catalizzatore’ h, che esprime il rapporto tra la velocità di reazione media in particella e quella che si avrebbe se nella particella fossero assenti fenomeni di tipo diffusivo e quindi tutta la reazione avesse luogo alla concentrazione superficiale: Vp 1 r (C ) dv V p ∫0 s i [102] η = rs (Cis ) che, per il caso in esame, fornisce [103] η = 1 3φ −1 3φ 2 tanh(3φ ) il cui andamento è illustrato in fig. 9; efficienze di particella pressoché unitarie si riscontrano solo per piccoli valori del modulo di Thiele. Per cinetiche complesse, come per esempio quelle trattate in precedenza, o per particelle di forma diversa da quella sferica, è oltremodo improbabile riuscire a ottenere delle soluzioni analitiche e pertanto è necessario procedere a integrazioni numeriche. In termini pratici è però utile ricorrere a equazioni che esprimano in modo compatto l’efficienza della particella catalitica in funzione di un gruppo adimensionale tipo il modulo di Thiele. Le equazioni [101] e [103] sono state così generalizzate per tener conto della non sfericità e della non linearità della espressione cinetica: [104] φ '' = Vp Sv rs (Cis ) Sp Cis Dieff 1 φ '' −1 [105] η = 2 φ'' tanhφ '' dove Vp e Sp indicano, rispettivamente, il volume e la superficie esterna della particella, mentre la costante cinetica di pseudoprim’ordine può essere stimata dal rapporto tra la velocità di reazione e la concentrazione del reagente principale in condizioni esterne (ks⬇rs(Cis)ⲐCis). Reazioni gas-liquido Nei sistemi gas-liquido, solitamente, solo alcuni dei prodotti di reazione e dei reagenti sono distribuiti tra le due fasi, mentre nella stragrande maggioranza dei processi la reazione chimica avviene in fase liquida. Pertanto, le espressioni cinetiche da impiegarsi sono analoghe a quelle derivate per i sistemi omogenei. Dato che però almeno la concentrazione di una specie reagente è influenzata dal trasporto di materia attraverso l’interfaccia, oltre alla cinetica della reazione chimica, è importante descrivere correttamente la quantità di materia scambiata attraverso l’interfaccia stessa. Ciò equivale alla conoscenza di due fattori: il flusso di materia tra le fasi e l’estensione dell’interfaccia. La reazione, se è particolarmente veloce, si localizza all’interno del film interfasico, ma generalmente ciò avviene più nei processi di assorbimento (per esempio, assorbimento di CO2 in soluzioni alcaline) che in veri e propri processi volti allo svolgimento di una reazione chimica, quali per esempio un’ossidazione, un’idrogenazione o una alogenazione. In definitiva, si può concludere che in questi sistemi gli aspetti cinetici sono fortemente influenzati dagli aspetti inerenti il trasporto di materia. Facendo le debite proporzioni, la trattazione delle reazioni gas-liquido può essere estesa anche alle reazioni coinvolgenti due fasi liquide. Un modo conveniente per stimare il flusso di materia interfasico ricorre alla teoria del doppio film, in base alla quale si assume che le resistenze al trasferimento siano localizzate sia nel film liquido sia in quello gassoso, assumendo inoltre che le concentrazioni in corrispondenza dell’interfaccia rispettino l’equilibrio termodinamico. Sotto tali condizioni, l’espressione del flusso di materia tra le fasi assume la forma [106] ( Ji = kcov,i CiG − Ki CiL ) ov kc,i e Ki sono, rispettivamente, il coefficiente globale di dove trasferimento di materia e la costante di equilibrio di ripartizione; CiG e CiL indicano invece le concentrazioni nelle due fasi del reagente interessato al trasferimento. Il coefficiente globale di scambio materiale, in accordo con la teoria del doppio film, assume quindi la seguente espressione: [107] 1 1 K = G + iL ov kc,i kc,i E kc,i G e k L sono i coefficienti di scambio materiale relativi dove kc,i c,i alle due fasi in contatto ed E è il fattore di esaltazione che tiene conto degli effetti delle reazioni veloci sul trasferimento di materia. Esso può essere stimato a correlazioni basate sul 123 11ricorrendo modulo di Hatta MH⫽冪DiLkrCBLⲐkL,i, dove DiL è il coefficiente di diffusione in fase liquida della specie migrante, kr è la costante di velocità di reazione tra la specie gassosa e il reagente B in fase liquida, e infine kL,i è il coefficiente di trasferimento di materia in fase liquida. Nel caso limite in cui il reagente in fase liquida sia in largo eccesso rispetto a quello trasferito dalla fase gassosa, la reazione può essere considerata di pseudoprim’ordine e conseguentemente il fattore di esaltazione può essere stimato come E⫽MH ⲐtanhMH. L’equazione della velocità di reazione viene infine espressa ricorrendo alle concentrazioni della fase nella quale la reazione stessa avviene (v. par. 5.1.8). Reazioni non catalitiche gas-solido 10,000 h 1,000 1// 0,100 0,010 0,001 0,01 0,10 1,00 10,00 fig. 9. Andamento dell’efficienza h di una particella catalitica sferica in funzione del modulo di Thiele / per una reazione irreversibile del prim’ordine. VOLUME V / STRUMENTI / 100,00 Le reazioni non catalitiche dove uno o più reagenti in fase gassosa sono posti in contatto con altri reagenti in fase solida sono assai frequenti nella pratica industriale. Esempi significativi sono l’arrostimento di vari minerali, quali la pirite, la blenda e la galena, la combustione del carbone, la rigenerazione di catalizzatori disattivati per formazione di depositi carboniosi e la riduzione di minerale ferroso. Anche in questi sistemi è sempre presente almeno un’interfaccia di separazione tra le fasi, anche se solitamente le interfacce presenti sono almeno due: la prima tra la fase gassosa e il prodotto solido di reazione e la seconda tra il prodotto di reazione e il reagente solido originario. La reazione avviene sostanzialmente all’interfaccia tra il prodotto di reazione e il reagente solido. Pertanto il reagente gassoso deve diffondere prima attraverso la fase 277 CINETICA E CATALISI gassosa stessa in contatto con la particella solida (diffusione esterna), poi attraverso il prodotto solido della reazione (diffusione interna) sino al raggiungimento dell’interfaccia di reazione, ove ha luogo la reazione vera e propria. Solitamente, dato che la diffusione nei solidi è particolarmente lenta, la diffusione interna è lo stadio cineticamente limitante il processo, ma esistono casi in cui lo stadio lento è costituito dalla reazione superficiale. Comunque, dato che le dimensioni della particella e gli spessori dei vari strati evolvono nel tempo, esiste la possibilità che lo stadio lento del processo cambi nel tempo. Un modello semplice che è spesso impiegato per descrivere la cinetica di queste reazioni è quello indicato come ‘modello a nucleo restringente’ (shrinking core), in cui il reagente solido è confinato in un nucleo centrale di dimensioni crescenti nel tempo. Quindi, se si considera come riferimento una particella sferica di raggio Rp, inizialmente costituita dal reagente solido B, che reagisca con il reagente gassoso A per formare i prodotti solido N e gassoso M tramite la reazione [108] A( g ) + ν B( s ) ⫺ ⫺➤ M( g ) + N( s ) 䉴 le velocità dei singoli stadi coinvolti, ossia diffusione esterna, diffusione interna attraverso lo strato reagito e reazione superficiale (assunta per semplicità del prim’ordine rispetto al reagente gassoso e di ordine zero rispetto a quello solido), espresse in termini di portata molare così da comprendere la superficie dell’interfaccia di competenza, assumono le forme seguenti: [109] FAG = 4 πRp2 kcG, A (C AG − C AS ) S [110] FA = 4πRp xDAeff Rp − x (C AS − C iA) [111] FAi = 4 πx 2 ksC Ai dove x, k c,G A, DAeff e ks sono, rispettivamente, il raggio corrispondente all’interfaccia di reazione, il coefficiente di trasferimento di materia in fase gassosa del reagente gassoso, il suo coefficiente di diffusione efficace nello strato solido reagito e la costante cinetica della reazione superficiale; inoltre, CAG, CAS e CAi sono, rispettivamente le concentrazioni del reagente gassoso nel cuore della fase gas, all’interfaccia tra il gas e il prodotto solido e all’interfaccia di reazione. Pertanto, la velocità di trasformazione della particella per effetto dei tre contributi precedenti assume la forma seguente: −1 Re − x 1 1 ov G + + [112] FA = CA eff 2 G 2 π π π R k R xD x k 4 4 4 p c, A p A s Infine, la velocità di consumo del reagente A [112] può essere messa in relazione con quella del reagente solido B tramite la stechiometria della reazione: 3 2 d 4 πx 4 πx dx = = −ν FAov dt 3VB VB dt dove ṼB è il volume molare del reagente solido. Risulta quindi evidente che la velocità di trasformazione di una particella solida dipende dalle sue dimensioni originarie, dalle proprietà di trasporto del reagente gassoso e dalla cinetica della reazione superficiale. L’equazione [113] può essere integrata così da ottenere l’evoluzione, x, della conversione della particella nel tempo: [113] [114] ξ + Rp kcG, A 1− 3(1− ξ )2/3 + 2(1− ξ ) + 2 DAeff + 278 3kc,GA 3kG CGνV 1− (1− ξ )1/3 = c, A A B t ks Rp In conclusione, anche questo esempio mostra come nelle reazioni eterogenee la cinetica della reazione sia, almeno in linea di principio, influenzata dai fenomeni di trasporto. 5.1.10 Nuove tendenze nella stima delle costanti cinetiche Allo stato attuale delle cose, si può sicuramente affermare che è possibile determinare la costante cinetica di ogni reazione con un elevato livello di accuratezza usando i metodi della termodinamica statistica e della meccanica quantistica. In particolare, quest’ultima può essere impiegata per determinare la superficie di energia potenziale nella reazione in esame e poi il valore della costante può essere stimato o ricorrendo alla teoria dello stato di transizione sopra illustrata o a metodi di dinamica molecolare. Questa prospettiva è affiorata già nella prima metà del 20° secolo con l’avvento della meccanica quantistica, ma importanti risultati quantitativi per qualsivoglia sistema reagente sono stati raggiunti solo con i progressi dei mezzi di calcolo concretizzatisi verso il termine dello stesso secolo. Oggi questi metodi consentono, per le reazioni in fase gassosa, accuratezze nella determinazione della costante cinetica comparabili con quelle sperimentali, se non addirittura migliori. Ciò è particolarmente vero quando la reazione in esame faccia parte di un sistema complesso di reazioni dove sovente è difficile isolare sperimentalmente il contributo di ciascun atto reattivo. Ovviamente, in questa sede non potranno essere esaminati i dettagli dei metodi che impiegano la meccanica quantistica. Nella sostanza, i metodi di stima delle costanti cinetiche implicano la conoscenza dell’evoluzione dell’energia potenziale del sistema reagente nonché la valutazione delle frequenze vibrazionali e rotazionali dei legami chimici coinvolti nella reazione. Il primo passo da compiere è quindi la determinazione della superficie di energia potenziale: il cammino di minima energia individua ciò che comunemente viene chiamato coordinata di reazione. Questo calcolo viene effettuato mediante un criterio di approssimazione che sta alla base di tutti gli approcci di chimica computazionale, ossia l’approssimazione di BornOppenheimer, per la quale, nel calcolo dell’energia di una molecola, risulta lecito separare i moti degli elettroni da quelli dei nuclei, a causa della grande differenza esistente tra le loro masse. È pertanto possibile calcolare l’energia dell’insieme degli elettroni della molecola per le diverse configurazioni ipotizzabili dei nuclei. Nella sostanza, i programmi di calcolo oggi disponibili esaminano un insieme di configurazioni del sistema reagente intermedie tra quelle dei reagenti di partenza e quelle dei prodotti finali, valutando per ciascuna di esse il valore dell’energia col fine ultimo di identificare lo stato di transizione. Ciò premesso, si può osservare che l’energia totale di una molecola è costituita da una serie di termini quali l’energia cinetica di ciascun elettrone, l’energia potenziale elettrostatica dovuta all’interazione attrattiva tra elettroni e nuclei e repulsiva tra ciascuna coppia di elettroni e di nuclei e, infine, l’energia dovuta ai moti di traslazione, rotazione e vibrazione delle molecole. Questi ultimi due termini, in virtù dell’approssimazione citata, possono essere trattati separatamente dai primi due. I vari metodi di calcolo si basano appunto su differenti approssimazioni introdotte nella valutazione dei termini predetti. Un’importante categoria di metodi valuta gli orbitali molecolari come una combinazione lineare degli orbitali atomici ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE ricorrendo a funzioni d’onda monolettroniche e risolvendo il sistema di equazioni non lineari che ne deriva tramite un approccio detto autoconsistente (metodi LCAO-SCF, Linear Combination of Atomic Orbitals-Self Consistent Field). L’errore introdotto dall’uso di funzioni d’onda monoelettroniche viene poi corretto tramite un approccio di tipo perturbativo (metodi Moller-Plesset MP2, MP3, MP4, ecc., dove la cifra indica l’ordine dell’approssimazione introdotta). Questi metodi consentono stime accurate sia dell’energia di una molecola sia della variazione di energia associata a una reazione chimica. Risultano però computazionalmente onerosi, per cui la loro applicazione è sostanzialmente limitata a sistemi in fase gassosa comprendenti pochi atomi. Per ovviare a ciò, sono disponibili metodi semiempirici, quali quelli basati sulla teoria del funzionale di densità (DFT, Density Functional Theory), nel quale il calcolo della distribuzione della densità elettronica permette stime accurate dell’energia con oneri computazionali inferiori a quelli dei metodi tipo MP. La semplificazione qui è nella scelta di opportuni insiemi di funzioni di base che hanno insite le proprietà degli atomi in esame. Pertanto, il primo passo da compiere nell’uso dei metodi DFT è quello di scegliere le funzioni di base più opportune confrontando le stime dell’energia di formazione di alcune molecole campione con i corrispondenti dati sperimentali. Negli ultimi trenta anni tutti questi metodi sono stati sviluppati in programmi di calcolo sofisticati, tra i quali possono essere citati: AMPAC e Gaussian. Essi sono inoltre accompagnati da interfacce grafiche di ottimo livello che consentono un’eccellente visualizzazione grafica dei risultati delle simulazioni. In definitiva è così possibile calcolare l’energia potenziale, e di conseguenza le geometrie di equilibrio, quelle dello stato di transizione, e le frequenze di vibrazione. Una volta note queste informazioni, l’applicazione di metodi quali quello dello stato di transizione permette di ricavare il valore cercato della costante di velocità di reazione. Ovviamente, i parametri così stimati possono avere valenza qualitativa o quantitativa in funzione del livello della teoria impiegata. In linea di principio, le procedure di calcolo sopra citate possono essere applicate sia alle reazioni in fase gassosa sia a quelle su di una superficie solida. Mentre per le reazioni in fase gassosa sono possibili stime molto buone, stime analoghe per reazioni superficiali costituiscono un compito più difficoltoso, in primo luogo perché è numericamente impossibile considerare esplicitamente il grande numero di atomi che sono necessari per riprodurre la struttura e le proprietà di una superficie. Per affrontare questo problema sono però disponibili due approcci. Il primo consiste nel considerare una cella unitaria che comprenda un numero di atomi sufficiente a riprodurre la struttura elementare della superficie e successivamente imporre delle condizioni al contorno della stessa di tipo periodico. Soluzioni di questo problema possono essere ottenute ricorrendo alla teoria del funzionale di densità per risolvere le equazioni della meccanica quantistica, e impiegando onde piane quali funzioni d’onda base per gli elettroni. Il vantaggio di questo metodo consiste nel fatto che un grande numero di atomi può essere studiato con un formalismo sostanzialmente corretto. Il problema principale è invece dovuto alle molte semplificazioni necessarie per ottenere un problema trattabile numericamente, che abbassano sostanzialmente la qualità dei risultati ottenuti. Un approccio alternativo consiste nel rappresentare la superficie tramite un insieme di atomi di dimensioni finite (cluster) e poi risolvere il problema VOLUME V / STRUMENTI considerando il cluster così individuato alla stregua di una molecola isolata. Quest’approccio corrisponde a tagliare una porzione della superficie dal reticolo completo. I legami liberi (dangling bonds) che si originano con questa procedura sono poi solitamente saturati da atomi di idrogeno che hanno la funzione di rappresentare il legame originariamente presente con il resto del cristallo di dimensioni infinite. Il vantaggio principale di quest’approccio è che l’accuratezza del metodo teorico quantomeccanico può essere bilanciata tramite le dimensioni del cluster, potendo così ricorrere a soluzioni raffinate se si impiegano cluster di non elevate dimensioni. Il problema è però che sovente sono necessari cluster di grandi dimensioni per riprodurre correttamente le proprietà elettroniche della superficie. Sviluppo e analisi di schemi cinetici complessi La disponibilità di programmi per la stima di costanti cinetiche molto affidabili e, tutto sommato, computazionalmente non troppo onerosi per le attuali potenzialità di calcolo apre nuove vie per la definizione e l’analisi di schemi cinetici complessi, costituiti nella loro interezza da reazioni elementari. In termini generali, per definire nella sua interezza uno schema cinetico, allorché complesso, si può far riferimento all’approccio sistematico illustrato nel diagramma di flusso riportato in fig. 10. Come primo passo, debbono essere individuate tutte le specie chimiche (sia neutre, sia radicaliche e ioniche) che probabilmente sono presenti nel sistema reagente, sia in fase fluida sia adsorbite su un’eventuale superficie solida. Questa individuazione deve essere guidata dalle conoscenze chimiche esistenti sul sistema in esame e su sistemi analoghi studiati in precedenza. Successivamente, debbono essere proposte tutte le possibili reazioni elementari coinvolgenti le specie precedentemente individuate. Infine, deve essere fornita una stima della costante di velocità di reazione per ognuna di esse. Per semplificare il tutto e ottenere schemi cinetici che contengano solo le specie e le reazioni più significative è utile poi ricorrere alla cosiddetta analisi di sensitività, ossia a una tecnica in grado di fornire l’importanza relativa di ciascuna reazione, così da identificare i cammini di reazione statisticamente più rilevanti. Occorre però precisare che le semplificazioni introdotte dall’analisi di sensitività limitano poi generalmente il campo di applicazione dello schema cinetico ridotto a un ben preciso intervallo di temperatura, di pressione e di composizione del sistema reagente. 5.1.11 Conclusioni e prospettive Alla luce di quanto esposto, i presupposti teorici alla base dello studio della cinetica delle reazioni chimiche sono oggi ben consolidati e permettono la definizione di schemi cinetici complessi come quelli che si incontrano, per esempio, nei processi di combustione degli idrocarburi, nella produzione di materiali avanzati per sintesi da reagenti gassosi e nei processi catalitici eterogenei. Le teorie sono inoltre affiancate da metodi sperimentali sempre più efficaci che permettono l’individuazione quantitativa di specie chimiche che, pur se presenti in piccola quantità, possono avere un ruolo estremamente importante nel condizionare la cinetica del processo, a causa della loro alta reattività. Pertanto, diventano reperibili nella letteratura scientifica schemi cinetici basati su reazioni elementari in grado di spiegare anche i comportamenti apparentemente anomali di un sistema reagente. Il grande sviluppo dei metodi di 279 CINETICA E CATALISI identificazione di tutte le specie chimiche eventualmente presenti simulazioni del reattore (cinetica ⫹ fluidodinamica) identificazione sistematica di tutte le reazioni possibili analisi di sensitività n⫽1 sì n⫽n⫹1 analisi della reazione n n⫽NTOT n⫽n⫹1 no sì la costante cinetica della reazione n è nota? no stima della costante cinetica (TST, VTST, RRKM, ...) scelta del metodo quantomeccanico e del set di funzioni di base identificazione (se esiste) e analisi delle frequenze dello stato di transizione ottimizzazione energetica della struttura geometrica di reagenti e prodotti analisi delle frequenze di reagenti e prodotti MP2, MP4, G2, ... (ab initio) B3LYP, B3PW91, ... (DFT) fig. 10. Diagramma di flusso delle operazioni che devono essere compiute per definire uno schema cinetico complesso. calcolo permette poi di introdurre questi schemi cinetici in modelli di reattori così da poter prevedere con grande dettaglio il loro comportamento. In prospettiva sarà necessario estendere sempre più l’applicazione dei metodi della cinetica chimica non solo allo studio delle trasformazioni coinvolgenti organismi biologici, ma anche alla previsione sia delle reazioni nell’alta atmosfera, per le loro implicazioni di carattere ambientale, sia di quelle coinvolgenti particolari minerali nel profondo della crosta terrestre per la verifica di teorie sulla genesi dei combustibili fossili o sulla loro immobilizzazione in giacimenti profondi. Carrà S., Zanderighi L. (1977) Reattività chimica: aspetti cinetici, in: Enciclopedia della chimica, Milano, ISEDI, 6v. Moore W.J. (1990) Chimica fisica, Padova, Piccin. Moore J.W., Pearson R.G. (1981) Kinetics and mechanism, New York, John Wiley. 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Ai ai bi Ci Dieff DiL dA, dB E Ej Fi F, Fcent fi fattore di frequenza della costante cinetica, unità dipendenti dall’ordine di reazione generica specie i-esima attività della specie i-esima costante di adsorbimento della specie i-esima concentrazione della specie i-esima coefficiente di diffusione efficace in mezzi porosi coefficiente di diffusione in fase liquida diametri molecolari delle specie A e B assimilate a sfere rigide fattore di esaltazione nello scambio materiale interfasico energia di attivazione della reazione j-esima portata molare = flusso per superficie fattori di Troe fugacità della specie i-esima ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE gi h hi Ki Kj kj ks ka kc,i kB Ji MH mj mA, mB NA NC NR oij oj P P1/2 p Q R Ri Rp rj rij rs Si Sp Sv T Ṽi Vp VR X x W(A, B) Z(A, B) parametro isoterma di adsorbimento ElövichTemking costante di Planck parametro isoterma di adsorbimento ElövichTemkin costante termodinamica di equilibrio di fase (fattore di ripartizione) per la specie i-esima costante termodinamica di equilibrio della reazione j-esima costante di velocità della reazione j-esima, unità dipendenti dall’ordine di reazione costante di velocità della reazione superficiale, unità dipendenti dall’ordine di reazione costante cinetica pseudoprim’ordine per reazioni monomolecolari coefficiente di scambio materiale costante di Boltzmann flusso di materia interfasico modulo di Hatta esponente della temperatura nel fattore di frequenza masse delle specie A e B collidenti numero di Avogadro numero di specie chimiche coinvolte nello schema cinetico numero di reazioni coinvolte nello schema cinetico ordine di reazione della specie i-esima nella reazione j-esima ordine di reazione globale della reazione j-esima pressione pressione limite di falloff per le reazioni monomolecolari esponente di Troe portata volumetrica di alimentazione al reattore costante universale dei gas produzione specifica della specie i-esima raggio di particella velocità della j-esima reazione velocità di formazione della specie i-esima dalla j-esima reazione velocità della reazione superficiale selettività rispetto al componente i-esimo superficie esterna della particella di catalizzatore superficie di catalizzatore per unità di volume di particella temperatura termodinamica volume molare della specie i-esima volume di particella volume occupato dalla miscela reagente nel reattore coordinata spaziale adimensionale coordinata spaziale generica o posizione dell’interfaccia probabilità che una collisione bimolecolare dia luogo alla reazione numero di collisioni bimolecolari nell’unità di tempo e di volume VOLUME V / STRUMENTI Lettere greche a esponente equazione cinetica di Tömking-Pyzev variazione di energia libera associata alla reazione DGj j-esima variazione di energia libera standard associata alla DGj° reazione j-esima variazione di entalpia associata alla reazione DHj j-esima variazione di entropia associata alla reazione DSj j-esima DV* variazione di volume molare tra stato attivato e stato normale del reagente e energia della collisione / modulo di Thiele coefficiente di attività della specie i-esima gi h efficienza del catalizzatore resa assoluta nel componente i-esimo hi resa relativa nel componente i-esimo hir m massa ridotta delle due molecole collidenti coefficiente stechiometrico della specie i-esima vij nella reazione j-esima frazione di siti superficiali occupati dalla specie iÿi esima frazione di siti superficiali liberi ÿv s sezione d’urto tra due molecole collidenti tempo di residenza medio dei reagenti nel reattore tR conversione del reagente i-esimo xi Apici eq F 0 max ⬆ * id ad L G S ov grandezza in condizioni di equilibrio termodinamico grandezza di una corrente di alimentazione grandezza in condizioni iniziali grandezza nel punto di massimo della funzione grandezza relativa allo stato di transizione reagente nel suo stato attivato condizioni di soluzione ideale condizioni di adsorbimento o specie adsorbite grandezza in fase liquida grandezza in fase gassosa grandezza in corrispondenza di una superficie grandezza globale Pedici i j specie chimica i-esima reazione j-esima Maurizio Masi Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica ‘Giulio Natta’ Politecnico di Milano Milano, Italia 281