La CTU in tema di affidamento dei figli: tra la valutazione e la promozione delle capacità. Arbitrato negoziazione assistita mediazione nel diritto di famiglia Civitanova Marche, 27 marzo 2015 Giovanni B. Camerini Neuropsichiatria infantile e Psichiatra CTU, mediazione, coordinamento genitoriale, negoziazione assistita… • Quali sono gli elementi di mediazione introducibili in una CTU? • Quali sono i limiti delle prescrizioni (paternalismo giuridico vs. consenso informato)? • Che cosa può seguire alla CTU? • E’ lecito l’affidamento al servizio sociale? • Negoziazione assistita e disciplina dei tempi di visita La CTU: criteri di valutazione Dal Protocollo di Milano: • Nella valutazione delle capacità genitoriali, per regolare la frequentazione del minore con entrambi i genitori o eventualmente per escludere dall’affidamento uno o entrambi i genitori, l’esperto dovrà tener conto dei criteri minimi relativi alle capacità genitoriali, che riguardano essenzialmente la funzione di cura e protezione, la funzione riflessiva, la funzione empatica/affettiva, la funzione organizzativa (scolastica, sociale e culturale), e il criterio dell’accesso all’altro genitore. Il “criterio dell’accesso” Il CTU dovrà: • affrontare e gestire il conflitto con l’altro genitore tenendo conto delle rispettive e peculiari strutture personologiche – valutando anche la loro capacità di negoziazione; • promuovere il ruolo dell’altro genitore favorendo la sua partecipazione alla vita del figlio, cooperando attivamente nella genitorialità (cogenitorialità/criterio dell’accesso) e salvaguardando i legami generazionali anche con la famiglia allargata. CTU come “fotografia” o CTU “trasformativa”? Sistemi rigidi e sistemi flessibili Le “prescrizioni terapeutiche” • Inopportunità delle “prescrizioni” di mediazione/di terapia da parte del CTU ( consenso informato). • Coordinamento genitoriale in luogo della vigilanza da parte dei Servizi ? monitoraggio del progetto educativo scaturito dalla CTU necessità di mantenere aperta la causa civile/rinnovo della CTU a distanza di tempo. Principio di legalità e principio di beneficità • Mirando al “bene”, e dunque a mete e obiettivi posti dal principio di beneficità, il giudice perde di vista il principio di legalità, ed abdica alla sua funzione di garante che assicura la tutela giurisdizionale dei diritti. • Il suo ruolo rischia in tal modo di risolversi in quello di un’autorità dotata di poteri imperativi e discrezionali che, consentendo e cooperando con i servizi sociosanitari, attribuisce efficacia autoritativa ad interventi e terapie progettate e proposte da quest’ultimo sulla base di accertamenti effettuati per finalità di benessere fuori del processo, e dunque al di fuori del contraddittorio con la parte interessata, e per lo più attraverso una cognizione solo sommaria dei fatti. Paternalismo giuridico Consenso informato / Diritto di contraddittorio Tavola dei conflitti valutare terzietà curare empatia alleanza raccogliere/dare informazioni assenza di interesse riservatezza avalutatività Soluzione?... valutazione: Demandata a consulenti esterni o al servizio ma nel rispetto del contraddittorio indagine: MAI demandata al servizio che prende in carico cura: MAI demandata al servizio che svolge indagini Il caso Lombardo • Coppia di fatto, la madre si trasferisce in altra città ed ostacola per anni i diritti di visita del padre. • La figlia sviluppa reazioni di evitamento e di paura non giustificate dai comportamenti paterni. • Tra i 5 ed i 6 anni della bambina il Tribunale dispone “percorso di sostegno psicologico” sia per la madre sia per la bambina e visite in “spazio neutro”. I motivi di reclamo: • ll ricorrente sostiene che il giudice aveva lasciato ai servizi sociali di T. il compito di organizzare a Roma meeting tra i due genitori e gli incontri padre-figlia e monitorare i loro progressi. L'unico elemento nuovo è stata la realizzazione di un programma di sostegno psicologico per la bambina… • Il richiedente non ha mai vissuto in una relazione stabile con la figlia. Questa situazione potrebbe essere dovuta principalmente alla mancanza di cura, l'attenzione e l'imparzialità delle autorità nazionali. • Invocata la violazione dell’art. 8 della Convenzione EDU. Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013, Lombardo c/ Italia • Come la Corte ha ripetutamente affermato, se l'articolo 8 è essenzialmente quello di proteggere l'individuo da interferenze arbitrarie da parte delle autorità pubbliche, esso non si limita a costringere lo Stato ad astenersi da tale interferenze: nonostante questo impegno meramente negativo, ci possono essere obblighi positivi inerenti ad un rispetto effettivo della vita privata o familiare. • Essi possono comportare l'adozione di misure idonee al rispetto della vita familiare nelle relazioni tra gli individui, tra cui la creazione di un arsenale adeguato ed efficace per garantire i diritti legittimi delle persone interessate. • Si ricorda inoltre che gli obblighi positivi non si limitano a garantire che il bambino può raggiungere il suo genitore o avere contatti con lui, ma anche tutte le misure preparatorie per raggiungere questo obiettivo. • Le misure, per essere adeguate a far incontrare il genitore e il bambino, devono essere messe in atto rapidamente, in quanto il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili per i rapporti tra il bambino e il genitore che non vive con lui. • La Corte ribadisce che il fatto che gli sforzi delle autorità non abbiano avuto successo non porta automaticamente alla conclusione che lo Stato sia venuto meno agli obblighi positivi, derivanti dall'articolo 8 della Convenzione. • Il punto decisivo è quindi se le autorità nazionali hanno preso a facilitare le visite e adottare tutte le misure necessarie che potevano essere ragionevolmente richieste. • La Corte ritiene che le violazioni individuate sembrano tanto più grave data l'età della bambina e il contesto familiare , e il flusso del tempo ha avuto un impatto negativo sulla possibilità del richiedente di rinnovare un rapporto con la figlia. • La Corte rileva che, anche se il ricorrente aveva chiesto al giudice di applicare le sue decisioni a più riprese a partire da quando la bambina aveva solo due anni, il tribunale si è limitato ad assistere al fallimento dei suoi precedente decreti. • Il Tribunale rileva, inoltre, che il comportamento del procedimento dinanzi al giudice appare piuttosto come una serie di richieste automatiche e stereotipate, come il dovere di informazione e di monitoraggio delegato ai servizi sociali ordinando loro di rispettare il diritto di visitare il richiedente. Essi hanno permesso di consolidare una situazione creata in dispregio delle decisioni giudiziarie, anche se il passare del tempo da solo ha avuto un impatto maggiore sul rapporto del padre con sua figlia. • In particolare, la mediazione dei servizi sociali avrebbe dovuto utilizzarsi per incoraggiare le parti a cooperare e si sarebbe dovuto, secondo i decreti del giudice, organizzare tutte le riunioni tra il ricorrente e la figlia. Ma i giudici non hanno adottato misure idonee a creare le condizioni future per l'esercizio effettivo del diritto del ricorrente. • La Corte ritiene che le autorità nazionali non siano riuscite a compiere sforzi adeguati ed efficaci per far rispettare i diritti di visita del richiedente, e che hanno violato il diritto al rispetto della vita familiare garantito dall'articolo 8 della Convenzione. L’affidamento al servizio sociale • Una lettura costituzionalmente orientata del sistema dovrebbe portare ad escludere dal novero dei provvedimenti che il giudice può assumere quello dell’affidamento ai servizi, che ripropone la superata commistione tra amministrazione e giurisdizione; tra interventi di protezione, che fanno capo ai servizi e sono basati sul consenso informato, ed interventi di tutela giudiziaria, che dovrebbero essere regolati e limitati dal principio di legalità. • Limitare la responsabilità genitoriale in modo non definito, dando un incarico pure non definito (affidamento) al servizio sociale, significa da un lato comprimere la sfera giuridica degli interessati in termini non chiari e definiti; e dall'altro comporta una delega in bianco alla discrezionalità amministrativa autorizzata così a comprimere ad libitum i diritti relazionali delle persone interessate, adulti e figli minori. Tutto ciò in violazione del diritto umano riconosciuto dall'art 8 della CEDU al rispetto della vita privata e familiare. • Solo in pochi provvedimenti di affidamento al servizio sociale è dato leggere indicazioni abbastanza specifiche sull'esercizio della responsabilità genitoriale, con indicazione di quali poteri residuino ai genitori e quali spettino al servizio. • Se l’affidamento ai servizi sociali significa semplicemente che una famiglia o un minore devono essere “sostenuti”, di ciò non dovrebbe occuparsi il giudice della persona e delle relazioni, se non nell'unica forma possibile: quella dell'ammonizione ai genitori di porre rimedio a certe criticità (ai sensi dell'art 709 ter cpc) perché in caso contrario il Tribunale adotterà i provvedimenti opportuni a tutela dei diritti dei figli. In tema di negoziazione: la disciplina dei tempi di visita Ordine degli Psicologi – Consiglio Nazionale Dal verbale di audizione Commissione Giustizia Senato Roma, 8 novembre 2011 “Esistono diversi studi in ambito internazionale che hanno indagato sul reale beneficio dell’affidamento ad entrambi i genitori e in particolare delle modalità di frequentazione e dei modelli abitativi ad esso coerenti: la pariteticità delle responsabilità e la residenza alternata”. Dal Protocollo di Milano: Ogni considerazione concernente il miglior affidamento e luogo di abitazione del minore deve essere fondata e sostenuta sulla base dalle ricerche scientifiche più aggiornate, che indicano che il minore sviluppa un legame di attaccamento verso entrambe le figure genitoriali e trae vantaggio, in termini evolutivi, dal mantenimento di una relazione continuativa ed equilibrata in termini di tempo e suddivisione degli impegni educativi con entrambi i genitori. Le ricerche internazionali • I bambini che vivono in residenza alternata mostrano un comportamento più adeguato alle norme scolastiche, un livello migliore di autostima ed una percezione di maggiore soddisfazione rispetto alle loro relazioni familiari (Bauserman, 2002). • Il coinvolgimento paterno (inteso come tempo di coabitazione, impegno e responsabilità) ha influenze positive sullo sviluppo della prole migliorando lo sviluppo cognitivo, riducendo i problemi definiti di ordine “psicologico” nelle giovani donne, diminuendo la delinquenza giovanile e riducendo la frequenza di problemi connotati come “comportamentali” (Sarkadi et al., 2008). • E’ di recente pubblicazione un testo in cui la prof.ssa tedesca Hildegunde Suenderhauf ha selezionato gli unici 50 studi sulle modalità di affido nei minori pubblicati su riviste internazionali con meccanismo di revisione “peer in review” tra il 1977 e il 2014 e ne ha analizzato le conclusioni. Solo due studi (4%) hanno fornito risultati negativi per la custodia condivisa (joint custody), undici o non hanno mostrato influenze oppure hanno mostrato alcuni effetti negativi neutralizzati da altri positivi (gruppo di studi detto neutrale o misto). Trentasette (74%) hanno prodotto inequivocabili risultati positivi per la custodia condivisa. • Sulla rivista dell’Associazione degli Psicologi Americani (APA) è stato pubblicato un articolo consistente in una revisione meta-analitica dei più autorevoli studi mondiali sul tema (Warshak, 2014) e che ha ricevuto l’endorsement di 110 scienziati internazionali. L’articolo conclude: “In generale i risultati degli studi rivisitati in questo documento sono favorevoli ai piani genitoriali che bilanciano il tempo dei piccoli bambini tra le due case nel modo più egualitario possibile. La ricerca sui pernottamenti presso i padri favorisce l’idea di permettere che i minori sotto i 4 anni siano curati alla notte da ognuno dei genitori piuttosto che spendere ogni notte nella stessa casa”. Esperienze in altri Paesi • In alcuni Paesi (Svezia, Belgio, Australia, California, Canada) l’affido materialmente condiviso (physical joint custody) è ormai la prassi, comportando anche un abbassamento delle separazioni in ambito giudiziale. • In Germania dal 1998, in California e in Canada, il giudice deve motivare perché non concede tempi paritetici ai genitori. Grazie per l’attenzione [email protected] www.giovannibattistacamerini.com