EVENTO VALIDO PER LA FORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUA IL CTU NELL'AMBITO DEL PROCESSO CIVILE. PROFILI PROCESSUALI DELLA CONSULENZA TECNICA D'UFFICIO Relatore: Dott.ssa Simona Lo Iacono Magistrato dirigente presso il Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola Luogo: Aula Falcone-Borsellino presso la Sezione distaccata del Tribunale di Avola Giorno: Giovedì 25 novembre 2010 Ora: dalle 16:00 alle 19:00 EVENTO ACCREDITATO AI FINI DEI CREDITI FORMATIVI Dott.ssa Simona Lo Iacono LA CONSULENZA TECNICA Profili generali L’art. 61 c.p.c. disciplina la consulenza tecnica , anche se lo stesso non si riferisce alla consulenza ma al consulente . Dispone : l’art. 61 Quando è necessario , il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo , da uno o più consulenti tecnici di particolare competenza tecnica . La scelta dei consulenti deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice . Nel previgente codice di procedura civile si faceva menzione della << perizia >> e la sostituzione della << perizia >> con la << consulenza tecnica >> non è stata una scelta casuale ma dettata da ragioni sistematiche , che vedeva invero la dottrina divisa , sembrando che l’espressione << consulente >> meglio designasse un ausiliario del giudice , sottraendolo , almeno nella impostazione dogmatica , a quel ruolo di coautore del giudizio che poteva derivare da una sopravvalutazione dell’importanza della perizia , quasi una sorta di fonte di prova sulle regole in parallelo con la testimonianza quale fonte di prova sui fatti. Al di là delle impostazioni generali e per principio , ed al di là della ricorrente e corretta affermazione che la consulenza tecnica non è una prova ma un mezzo di prova , non di rado una CTU , se correttamente disposta in quanto realmente necessaria per la comprensione << tecnica >> di fatti , ha un peso preponderante nell’esito della causa . Ricorrente , comunque , è l’affermazione che la consulenza non sia un mezzo di prova vero e proprio ma un mezzo istruttorio ( cfr. , tra altre , Cass. civ. 6.5.2002 : << La consulenza tecnica è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) … >> )e che , pertanto , la parte , che ha un interesse all’espletamento di una CTU , non formula al riguardo una precisa richiesta istruttoria ma solo una << sollecitazione >> al giudice affinché si avvalga dei suoi poteri officiosi : << In materia di procedimento civile, la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all'acquisizione, da parte del giudice del merito, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra quindi nel potere discrezionale di tale giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti, sicché ove una richiesta di tale genere venga formulata dalla parte essa non costituisce una richiesta istruttoria in senso tecnico ma una mera sollecitazione rivolta al giudice perché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo; ne consegue che una tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, anche se formulata solamente in sede di precisazione delle conclusioni, ne' generica, poiché è sempre il giudice che, avvalendosi dei suoi poteri, delimita l'ambito dell'indagine da affidare al c.t.u. >> ; Cass. civ. N. 5422 del 15.4.2002 Sebbene il codice collochi il CTU tra gli ausiliari del giudice , tuttavia poi disciplina la consulenza tecnica nell’istruzione probatoria ( art. 191 e ss. ) , con ciò mostrando una qualche titubanza sulla reale funzione della consulenza tecnica che si riverbera anche sulla giurisprudenza . Da un lato il CTU può , nell’ambito della consulenza, procedere a veri e propri accertamenti di fatto , come ad esempio constatazione di luoghi, mere descrizioni , misurazioni, rilievi ) , e talvolta è lo stesso quesito che gli è stato posto ad esigere che non si limiti solo a valutare secondo scienza ma ad accertare fatti secondo scienza , come il nesso causale tra un fatto ed una malattia, l’accertamento della paternità in base ad una consulenza tecnica ematologia . Al riguardo , si usa distinguere tra consulente tecnico deducente e percipiente : << Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l'incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone l'avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente. In questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente all'accertamento >>; Cass. civ. sez. U n. 9522 del 4.11.1996. Sebbene l’art. 61 c.p.c. faccia riferimento ad uno o più consulenti , l’art. 191 , comma 2 , c.p.c. prescrive che << possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità e quando la legge espressamente lo dispone >> . Di regola ci si avvale di più consulenti quando la questione è particolarmente complessa e richiede la conoscenza di più cognizioni tecniche o quando la mole di lavoro è notevole ed è opportuno che il lavoro sia svolto da più persone . Sebbene il numero pari possa creare qualche problema in casi di disaccordo tra i CTU, non è tuttavia richiesto il numero dispari poiché quella del CTU non è una pronuncia ( che ha come suo presupposto logico , nell’impasse della parità, che qualcuno prevalga è ciò è garantito dal numero dispari ) ma un parere che ben può essere dato nella piena trasparenza delle diverse posizioni che eventualmente dovessero insorgere tra i nominati CTU . PROFILI PROBLEMATICI E RICORRENTI LA CTU esplorativa Quando una parte richiede al giudice che disponga una CTU l’ obiezione più frequente è che la stessa ha carattere esplorativo non avendo la parte fornito alcun elemento tale per suffragare il suo assunto e confidando nella CTU per rimediare ad un difetto di impostazione sia in termini di allegazione che di richieste probatorie. Il carattere esplorativo o meno va valutato in relazione alla finalità propria della consulenza tecnica d'ufficio che è quella di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze . Quindi, << il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un'attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. Ai sopraindicati limiti è consentito derogare unicamente quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, ed è consentito al c.t.u. anche acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere dalle medesime provati >> ; Cass. civ. n. 5422 del 15.4.2002 . Rinnovazione della consulenza tecnica Talvolta la parte insoddisfatta della CTU non si limita a che siano chiesti dei chiarimenti al CTU ma richiede una rinnovazione della CTU stessa . Sul punto si registrano due orientamenti . Un primo orientamento ritiene che qualora la parte richieda la rinnovazione delle indagini tecniche specificando le ragioni di detta richiesta il giudice è sì libero di disporla o meno, ma nel caso in cui non la disponga, a differenza del caso contrario, è tenuto a motivare sul punto. Secondo altro orientamento , in tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto. La rinnovazione delle indagini è diversa dalla sostituzione del CTU che può avvenire solo per gravi motivi ( art. 197 c.p.c.) . Qualora siano state rinnovate le indagini e coesistano due consulenze tecniche tra loro contrastanti si è ritenuto che occorre una puntuale motivazione qualora il giudice ritenga di aderire alla prima consulenza e non invece quando condivida le conclusioni della seconda qualora questa, di fatto, abbia tenuto presente, confutandole , le argomentazioni dell’altra. Le ammissioni del CT di parte Probabilmente la componente tecnica e scientifica del confronto tra il CTU ed i Consulenti di parte talvolta favorisce delle parziali ammissioni dei CT di parte su singoli aspetti in fatto della contesa. Tuttavia , in sede di valutazione processuale della espletata CTU il difensore della stessa parte, come spesso accade, ben può sconfessare il <<suo >> CTP continuando a contestare quei fatti che il CTP aveva dato per pacifici . E’ stato ritenuto che le dichiarazioni rese dal consulente tecnico nominato dalla parte ai sensi dell'art. 201 cod. proc. civ., ammissive di fatti sfavorevoli alla stessa, sono prive di valore confessorio, non essendo vincolanti per la parte rappresentata. Infatti << le ammissioni del consulente tecnico di parte non hanno l'efficacia della confessione, la quale, per il suo contenuto dispositivo, deve provenire, come richiede l'art. 2730 cod. civ., dalla parte >>. Le ammissioni della parte al CTU Questione diversa è se nell’ambito dei chiarimenti che il CTU ha chiesto alla parte ( 194 c.p.c. ) questa abbia fatto dichiarazioni a sé sfavorevoli . Si è ritenuto che tale dichiarazione integrasse gli estremi di una confessione stragiudiziale fatta ad un terzo e quindi liberamente apprezzata dal giudice . : << L'affermazione della parte o, se questa è una società, del suo legale rappresentante, di fatti a sè sfavorevoli resa al consulente tecnico d'ufficio, considerato come terzo al di fuori del processo, integra una confessione stragiudiziale liberamente apprezzabile dal giudice, ai sensi dell'art. 2735, primo comma, cod. civ., con apprezzamento che, se congruamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità>> ; Cass. civ. n. 18987 dell’11.12.2003 . Il valore probatorio dei fatti accertati dal CTU Nessun problema si pone quando si tratta di una consulenza tecnica << percipiente >> poiché il CTU è chiamato proprio ad accertare un fatto . Nelle CTU << deducenti >> talvolta il CTU , nell’ambito delle operazioni peritali , accerta dei fatti di cui lascia chiara traccia nella relazione, fatti che fino al deposito della relazione non avevano trovato ingresso nella causa non essendo né pacifici né essendo stati oggetto di prova . Può la consulenza costituire prova di tali fatti ? La giurisprudenza tende a distinguere tra i fatti fondanti le domande o le eccezioni delle parti e i fatti che rispetto ai primi hanno un carattere accessorio : << La consulenza tecnica pur non costituendo, nel vigente codice di rito un mezzo di prova, non essendo diretta ad acclarare la verità o meno di determinati fatti, può assumere il valore di oggettiva fonte di convincimento ove trattisi di fatti rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza e non di circostanze o situazioni storiche che, in quanto poste a fondamento della domanda o dell'eccezione, debbono essere provate dalle parti >> ; Cass. civ. n. 8395 del 20.6.2000. << il consulente tecnico d'ufficio, nello svolgimento delle indagini che è stato autorizzato a compiere da solo, è abilitato ad assumere informazioni da terzi e ad acquisire, anche di sua iniziativa, ogni elemento necessario per rispondere ai quesiti, ancorché risultante da documenti non prodotti in causa, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti o situazioni che, in quanto posti direttamente a fondamento delle domande e delle eccezioni delle parti, debbono essere provati da queste. Tali elementi possono essere utilizzati dal giudice per la formazione del proprio convincimento, se riferiti nella relazione di consulenza con indicazione della fonte cui sono stati attinti, in modo da consentire nel processo il controllo sull'attendibilità dei medesimi >>; Cass. civ. n. 2543 del 23.3.1988. Chiarimenti e informazioni chiesti dal CTU IL CTU , se autorizzato , può domandare chiarimenti alle parti ed assumere informazioni da terzi . Più volte il CTU , sebbene non sia stato autorizzato , comunque chiede alle parti dei chiarimenti o assume informazioni da terzi . Costante è l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui per l’espletamento di tali attività il CTU non ha bisogno di alcuna preventiva autorizzazione. Invero di << autorizzazione >> parla il già citato art. 194 , ultimo comma, c.p.c. , e quindi la sostanza dell’orientamento di cui si è riferito è che la consulenza non è affetta da alcuna nullità anche se contenga o comunque prenda in considerazione i chiarimenti che le parti hanno fornito al CTU o le informazioni assunte da terzi . Costanti , inoltre , sono le seguenti affermazioni : a) che i chiarimenti e le informazioni debbono vertere sui fatti accessori e non sui fatti principali; b) che lo sconfinamento da tali ambiti comporta la nullità di tali acquisizioni ; c) che deve essere indicata la fonte in modo da consentire al giudice un eventuale controllo ; d) che detti elementi concorrono con le altre risultanze di causa al convincimento del giudice . Significativa la seguente massima : << Il consulente tecnico, nell'espletamento del mandato ricevuto, può chiedere informazioni a terzi ed alle parti, per l'accertamento dei fatti collegati con l'oggetto dell'incarico, senza bisogno di una preventiva autorizzazione del giudice e queste informazioni, quando ne siano indicate le fonti, in modo da permettere il controllo delle parti, possono concorrere con le altre risultanze di causa alla formazione del convincimento del giudice; il c.t.u., nella verbalizzazione di siffatte informazioni, in quanto ausiliario del giudice, ha la qualità di pubblico ufficiale e, pertanto, l'atto da lui redatto, il quale attesta che a lui sono state rese le succitate informazioni fa fede fino a querela di falso (Nella specie, la S.C. ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata che aveva valutato l'informazione assunta dal c.t.u. dalla parte, dalla quale risultava che quest'ultima era risultata affetta da ulcera duodenale da una data anteriore a quella indicata ed asseritamente ascritta dalla parte alle condizioni del luogo di lavoro) >>; Cass. civ. N. 15411 del 10.8.2004 . La produzione di documenti A meno che la consulenza tecnica non sia stata disposta d’ufficio prima dello scadere del termine per la formulazione delle richieste istruttorie è da ritenere , essendo preclusa la produzione di ulteriori documenti dopo tale sbarramento , che le parti non possano dare al CTU alcun documento che non siano quelli già ritualmente prodotti . Tuttavia , in riferimento alla CTU afferenti ad un esame contabile , l’art. 198 c.p.c. dispone che << il consulente sente le parti e , previo consenso di tutte , può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa . Di essi , tuttavia senza il consenso di tutte le parti non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all’art. 195 >> . Si tratta di una norma relativa alle consulenze contabili e non generalizzabile . Si tenga anche presente che l’art. 121 del codice della proprietà industriale all’ultimo comma dispone che << Nella materia di cui al presente codice il consulente tecnico d'ufficio può ricevere i documenti inerenti ai quesiti posti dal giudice anche se non ancora prodotti in causa rendendolo noti a tutte le parti >> . Anche in questo caso si tratta di una norma che si applica solo alle cause di tipo << industrialistico >>. Non vi è ragione di estendere dette regole al di fuori delle materie cui si riferiscono , tanto più che , in base alle scansioni del codice di rito , la produzione dei documenti è soggetta a rigidi sbarramenti . Tuttavia , poiché sia nelle consulenze contabili che in quelle afferenti le materie della proprietà intellettuale non vi è una rituale produzione del documento ( l’art. 121 menzionato dice che il CTU può <<ricevere >> i documenti e l’art. 195 c.p.c. che il CTU può << esaminare >> i documenti e i registri ) si potrebbe ritenere che anche nei giudizi ordinari , qualora entrambe le parti , in particolare i loro difensori e non i CT di fiducia , abbiano, durante la consulenza, dato il concorde assenso alla utilizzazione di un documento, questo non sarà un documento << prodotto >> ma un elemento della consulenza , al pari di altri elementi acquisiti dal CTU , come le informazioni da terzi . Dunque , prove atipiche che il giudice, in concorso con altri elementi , potrà liberamente e prudentemente apprezzare. In base alla regola della relatività delle nullità nell’ambito delle consulenze tecniche , si è ritenuto che qualora la parte consegni un documento al CTU e questo lo utilizzi l’eccezione, pena la sanatoria della utilizzazione del documento , va proposta nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione. Va evidenziato, infine , il disposto dell’art. 2711 del codice civile che conferisce al giudice il potere d’ufficio di ordinare la comunicazione integrale dei libri, delle scritture contabili e della corrispondenza nelle controversie relative allo scioglimento delle società, alla comunione dei beni e alla successione per causa di morte . Continua detto articolo che << negli altri casi il giudice può ordinare , anche d’ufficio , che si esibiscano i libri per estrarre le registrazioni concernenti la controversia in corso . Può ordinare altresì l’esibizione di singole scritture contabili , lettere, telegrammi o fatture concernenti la controversia stessa >> . Se tale norma configura un potere del giudice e sempre che tale potere non venga utilizzato per rimediare alle carenze della parte , tale potere potrebbe essere strumentale e funzionale ad una compiuta consulenza che per rispondere al quesito necessiti di alcuni documenti ( quelli indicati nell’art. 2711 c.c. ) individuati, però, solo durante le operazioni peritali. Oppure documenti non prodotti in quanto ragionevolmente ritenuti irrilevanti ma che poi , per la dinamica sviluppatasi all’interno della consulenza tecnica , possono assumere una certa valenza . In tal caso la parte interessata o lo stesso CTU potrebbero sollecitare il giudice ad avvalersi di tale potere . LE IRREGOLARITA’ DELLA CTU Consulenza eccedente i limiti del mandato Quando il CTU esorbiti dai limiti del mandato procedendo ad attività che non erano necessarie ai fini del quesito posto o anche formulando conclusioni ulteriori rispetto a quelle attinenti all’oggetto della consulenza non si verifica una nullità ma tali elementi, possono comunque costituire oggetto di libero apprezzamento da parte del giudice . Infatti << nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova. Ne consegue che il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico - riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato - con le altre risultanze del processo. In particolare, il giudice del merito può trarre elementi di convincimento anche dalla parte della consulenza d'ufficio eccedente i limiti del mandato, ma non sostanzialmente estranea all'oggetto dell'indagine in funzione della quale è stata disposta >>. Omessa verbalizzazione delle operazioni peritali L’art. 195 c.p.c. dispone che : Delle indagini del consulente si forma processo verbale quando sono compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta . Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice , il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti . La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa . Quando il consulente compie le sue indagini in presenza del giudice istruttore ( ipotesi invero assai rara ) si redige il processo verbale . Nell’ipotesi in cui , invece , molto più frequente , il CTU è stato autorizzato a compiere le operazioni senza l’intervento del giudice il consulente si limita a redigere una relazione scritta che deve essere consegnata in cancelleria nel termine ( che ha carattere ordinatorio) fissato dal giudice . Sebbene, e opportunamente , sia invalsa la prassi da parte dei CTU di redigere un processo verbale delle operazioni svolte, lo stesso non è tuttavia necessario . L’impedimento del CT di parte Il CTU di regola preferisce fissare l’inizio delle operazioni peritali all’udienza in cui gli viene conferito l’incarico ciò esonerandolo dal comunicare alle parti l’inizio delle operazioni stesse. Tuttavia non sempre per la data fissata dal CTU , tanto più se a breve distanza dall’incarico , i CT di parte sono liberi da impegni . In genere CTU e CTP trovano sempre un ragionevole accordo sui tempi delle operazioni peritali ma se il CTU procede secondo la <<sua>> agenda ed ignora gli impegni degli altri potrebbe mettere la parte in condizioni di non dare un effettivo apporto alla consulenza . Al riguardo va rilevato un rigoroso orientamento secondo cui l’impedimento del CT di parte è causa di nullità della consulenza tecnica solo se si è trattato di un impedimento riconducibile ad un evento eccezionale ( Cass. civ. n. 2589 del 20.2.2003 : << In tema di consulenza tecnica, rientra nella discrezionalità del giudice istruttore stabilire se la mancata partecipazione del consulente tecnico di parte alle operazioni peritali sia stata determinata da un impedimento riconducibile ad eventi eccezionali e, in ogni caso, l'eventuale nullità della consulenza derivante dalla sua mancata partecipazione a dette operazioni ha carattere relativo e, conseguentemente, deve essere eccepita, a pena di decadenza, nella prima udienza successiva al deposito della relazione >>) . L’omesso avviso dell’inizio delle operazioni peritali L’art. 90 delle disposizioni di attuazione recita : Il consulente tecnico che, a norma dell’art. 194 c.p.c. è autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice , deve dare comunicazioni alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni , con dichiarazione inserita nel processo verbale d’udienza o con biglietto a mezzo del cancelliere. Il consulente non può ricevere altri scritti difensionali oltre quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall’art. 194 del codice . In ogni caso deve comunicare alle parti avverse copia degli scritti difensionali . E’ necessario , quindi , come peraltro spesso avviene, che l’inizio delle operazioni peritali sia già fissato dal CTU nella stessa udienza in cui gli viene conferito l’incarico . Se ciò non avviene le parti ( quindi i loro difensori ) debbono essere avvertite del giorno , dell’ora e del luogo dell’inizio delle operazioni , e ciò con biglietto di cancelleria . Eguale comunicazione va effettuata al consulente tecnico di parte ( art. 91 disp. Att. c.p.c. ) . Un primo rilievo è che di fatto è sempre il CTU che comunica, a mezzo di lettera raccomandata , alle parti ed ai CT di fiducia l’inizio delle operazioni peritali e sebbene ciò costituisca una irregolarità di fatto garantisce che le parti sono messe nella reale ed effettiva condizione di conoscere quando iniziano le operazioni peritali e non si verifica alcuna lesione del diritto al contraddittorio . L’avviso è necessario solo per l’inizio delle operazioni peritali e non per le operazioni successive . Peraltro la nullità è relativa e resta quindi sanata se non viene eccepita nella prima istanza o difesa successiva , anche se si è trattato di una udienza di rinvio proprio per consentire l’esame della relazione . In realtà le operazioni successive vengono comunicate dal CTU durante la prima operazione e quindi alle parti o ai CT di fiducia presenti . Nessun obbligo ha il CTU di avvisare le parti assenti delle ulteriori operazioni e ciò perché << ai sensi degli artt. 194, secondo comma, cod. proc. civ. e 90 primo comma disp. att. cod. proc. civ., alle parti va data comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre l'obbligo di comunicazione non riguarda le indagini successive, incombendo alle parti l'onere di informarsi sul prosieguo di queste al fine di parteciparvi >> . Nel caso in cui è il CTU a non indicare , durante la prima operazione peritale , il giorno e l’ora del prosieguo delle operazioni stesse , << egli ha l'obbligo di avvertire nuovamente le parti e l'inosservanza di tale obbligo può dar luogo a nullità della consulenza (peraltro relativa e quindi sanabile se non dedotta nella prima difesa o udienza successiva), ma solo se quella inosservanza abbia effettivamente comportato, con riguardo alle circostanze del caso concreto, un pregiudizio del diritto di difesa >>103. Qualora il giudice chieda al CTU dei chiarimenti in forma scritta il consulente non è tenuto a comunicare alle parti alcuna ulteriore operazione peritale se si limita ad esplicitare la già depositata relazione senza acquisire ulteriori e nuovi dati o elementi di valutazione Carattere relativo delle nullità Uniforme è l’orientamento giurisprudenziale di ritenere che tutte le nullità relative all’espletamento della consulenza tecnica hanno carattere relativo e quindi restano sanate se non rilevate nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione ( art. 157 c.p.c.). Chiara , sul punto , la seguente massima proprio in relazione alla sua affermazione generalizzante : Tutte le nullità relative all'espletamento della consulenza tecnica hanno carattere relativo e devono essere fatte valere nella prima udienza successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate (nella specie, la S.C. ha ritenuto sanata la nullità conseguente all'omessa comunicazione dell'inizio delle operazioni per non essere stata eccepita all'udienza successiva alla comunicazione del provvedimento di liquidazione del compenso al CTU ne' in quelle seguenti); Cass. civ. n. 10870 dell’1.10.1999. LO SVOLGIMENTO DELLE OPERAZIONI PERITALI E I TERMINI DI DEPOSITO DELLA RELAZIONE alla luce della novella del 2009 La Legge numero 69 del 18 Giugno 2009, Disposizioni per lo Sviluppo Economico, la Semplificazione, la Competitività, nonché in materia di Processo Civile, in vigore dal 4 Luglio 2009, ha introdotto, tra le altre, alcune modifiche al Codice di Procedura Civile negli articoli 191 e 195, che trattano dell'incarico e dello svolgimento della Consulenza Tecnica. Da una prima lettura delle novità introdotte con la riforma del processo civile del 2009 la prima impressione che se ne trae è che l’intenzione del legislatore sia stato quello di razionalizzare e di ridurre i tempi di svolgimento delle attività relative alla consulenza tecnica di ufficio. Le nuove norme, infatti, allo scopo di accelerare l’iter della consulenza tecnica hanno anticipato la formulazione dei quesiti da sottoporre all’esperto prevedendo che il giudice a ciò provveda con la stessa ordinanza che ammette la consulenza tecnica di ufficio. Ricostruendo le linee della riforma, è stato affermato come il nostro legislatore abbia inteso realizzare una sorte di “miniprocedimentalizzazione” dell’istituto della consulenza tecnica di ufficio, incentrando le trasformazioni essenzialmente sulla disciplina degli artt. 191 e 195 C.p.c. che, quali norme intese a regolarne lo svolgimento, possano garantire una efficace accelerazione dell’iter della consulenza tecnica. La novità più rilevante (nonostante sia prassi da tempo già utilizzata da alcuni Giudici) riguarda lo svolgimento delle operazioni peritali, in quanto, ex art. 195 c.p.c., il Giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse. La relazione deve essere depositata in Cancelleria nel termine che il giudice fissa. Con le trasformazioni della disciplina dell’art. 195, comma 3 si prevede che l’elaborato peritale debba essere trasmesso alle parti prima di essere depositato in Cancelleria e ciò per consentire a queste di trasmettere a loro volta all’esperto osservazioni e note scritte delle quali l’esperto dovrà fornire espressa e sintetica risposta contestualmente al deposito della relazione. Si ritiene a tal fine che l’esperto, solo all’esito della compiuta esplicazione del contraddittorio, potrà provvedere al deposito in cancelleria della relazione, delle osservazioni delle parti e di una sintetica valutazione delle stesse. Il CTU, quindi, dovrà far conoscere alle parti la risposta motivata ai quesiti entro un primo termine fissato dal Giudice; queste (attraverso i CTP eventualmente nominati) dovranno entro un secondo termine, di regola estremamente breve, comunicare al CTU le proprie osservazioni e controdeduzioni; infine, il CTU dovrà depositare, entro l'ultimo termine stabilito, la relazione finale, contenente anche le risposte alle osservazioni delle parti. Per comprendere tale innovazione negli aspetti procedurali della C.T.U. è importante evidenziare come – prima delle modifiche di cui all’art. 195 c.p.c. - le memorie di osservazione alla ctu avevano di regola lo scopo di richiamare il CTU a chiarimenti ovvero di sollecitare una rinnovazione o un supplemento di ctu, con la conseguenza che spesso si rendevano necessari uno o più rinvii per l’audizione del consulente del giudice con l’effettuazione di onerosi supplementi. Negli altri casi, quando le memorie rappresentavano semplici argomentazioni critiche, senza finalità ulteriori sullo svolgimento dell’istruttoria, queste potevano essere ricomprese nelle memorie conclusionali o nella discussione orale della causa, senza bisogno di un termine apposito. Recependo le indicazioni contenute nel parere dell’Associazione Nazionale Magistrati, le commissioni riunite del Senato – in sede di esame del Pdl S1082, nel testo trasmesso dalla Camera – hanno ulteriormente modificato il testo dell’art. 195, che ora così dispone: “La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all'udienza di cui all'articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse”. Con le modifiche richiamate è stato previsto un termine interno alle operazioni peritali e utilizzando una utile prassi già sperimentata in alcuni Tribunali è stato consentito ai consulenti di parte di svolgere le loro osservazioni nel corso delle operazioni peritali al fine di garantire il contraddittorio con le parti ed evitando un inutile passaggio in udienza. Nel verbale di giuramento, dunque, il giudice deve indicare al consulente d’ufficio: - un primo termine, entro il quale costui deve inviare alle parti una relazione provvisoria, per il loro esame; - un secondo termine per far pervenire al consulente d’ufficio le (eventuali) memorie critiche dei consulenti di parte; - un terzo termine, con scadenza anticipata rispetto all’udienza di rinvio (di modo che sia le parti, sia il giudice, possano prenderne visione per tempo), entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione conclusiva; questa dovrà necessariamente contenere le osservazioni delle parti e la sintetica “risposta” del consulente d’ufficio alle stesse. Questo meccanismo consente di anticipare le discussioni che normalmente si aprivano all’udienza successiva al deposito e che spesso comportavano ulteriore attività istruttoria; inoltre, riconduce le osservazioni dei consulenti di parte nell’ambito suo proprio, e cioè nel contraddittorio con l’ausiliario tecnico del giudice. Va, in ogni caso, riferito come il termine stabilito per il deposito della relazione viene qualificato come meramente ordinatorio sulla scorta del rilievo della mancata previsione dello stesso “a pena di decadenza” e pertanto, in mancanza di una espressa declaratoria di perentorietà sembra dunque doversi ritenere che tutti i tre i termini, previsti dall’art. 195, comma 3, per come riformato, siano da considerarsi ordinatori restando comunque ferma la necessità che, in caso di proroga del termine per l’invio della relazione alle parti richiesta dal consulente e autorizzata dal G.I., saranno conseguentemente prorogati a catena tutti i termini previsti dall’art. 195, III comma, c.p.c. E’ di tutta evidenza che la concessione dei termini previsti dal riformato art. 195 c.p.c. è finalizzata a consentire alle parti, attraverso i propri consulenti nominati, il compiuto esercizio del contraddittorio sulle risultanze peritali e pertanto la mancata concessione del termine per formulare osservazioni dovrebbe integrare una ipotesi di nullità o inutilizzabilità della stessa relazione di consulenza tecnica. A ciò aggiungasi come il mancato svolgimento di tale attività da parte del C.T.U. in contraddittorio con i consulenti di parte dovrebbe giustificare la eventuale richiesta delle parti perché siano disposte a cura dell’esperto ulteriori indagini suppletive o comunque di chiamare lo stesso a chiarimenti. E’ stato ritenuto pertanto che l’ intervento sulla disciplina del comma III dell’art 195 c.p.c. operato dal legislatore della riforma del 2009 è finalizzato a realizzare un effetto assai significativo di valorizzazione del ruolo dei consulenti di parte, dal momento che la loro formazione della prova scientifica potrà trasformarsi da occasionale o eventuale a fisiologica nella formazione dei complessivi risultati posti a disposizione del giudice, con la conseguenza che la dialettica fra l’esperto nominato (C.T.U.) e i consulenti di parte può consentire al giudice maggiori possibilità di verifica e di controllo dei risultati forniti dall’esperto sia sotto il profilo della coerenza logica della complessiva elaborazione sia della affidabilità delle informazioni sotto il profilo tecnico scientifico. Dott.ssa Simona Lo Iacono