SOCIETA’ DI COMODO E INTERPELLO DISAPPLICATIVO a cura del dott. Giovanni Barbato SOCIETA' di COMODO • Le società di comodo sono state introdotte nell'ordinamento tributario per penalizzare il cosiddetto "abuso della persona giuridica". Lo ha specificato bene la circolare delle Entrate n. 5/E/2007, con la quale è stato affermato che «la richiamata disciplina intende penalizzare quelle società che, al di là dell'oggetto sociale dichiarato, sono state costituite per gestire il patrimonio nell'interesse dei soci, anziché esercitare una effettiva attività commerciale». Una società è definita società di comodo, ex art. 30 della legge 724/1994, quando non supera il test di operatività riguardo alla redditività e all’aumento di rimanenze effettive, confrontate con un dato che emerge dal calcolo di ricavi ipotetici, computati applicando agli asset determinate percentuali previste dalla norma stessa. Se i ricavi effettivi sono superiori ai ricavi virtuali, il test di operatività si considera superato. Nel caso il test non venga superato, la società è dichiarata di comodo e subisce tre conseguenze (già previste dalla normativa previgente): 1) deve dichiarare un reddito minimo, computato applicando agli asset delle percentuali, seppur più ridotte rispetto a quelle utilizzate per il calcolo dei ricavi virtuali; 2) vi sono limitazioni al riporto delle perdite pregresse; 3) vi sono limitazioni al riporto del credito Iva. A partire dal 2012 la dichiarazione di società di comodo prevede una quarta conseguenza: l’aliquota Ires per queste società è stata portata al 38%. • La normativa è stata introdotta dall'art. 30, L. 724/1994, sostituita dall'art. 3, co. 37-45, L. 662/1996, modificata dall'art. 35, co. 15 e 16, D.L. 4.7.2006, n. 223, dall'art. 1, co. 109-118, L. 27.12.2006, n. 296 e, da ultimo, dall'art. 1, co. 128, L. 24.12.2007, n. 244. A partire dall'esercizio in corso al 4.7.2006, sono stati ridefiniti i parametri in base ai quali la società è considerata di comodo (= non operativa) e ridefinita la misura del reddito minimo. Non è più consentito, a partire dal medesimo esercizio, fornire, in sede di accertamento la prova contraria dell'esistenza di oggettive situazioni che non hanno consentito il conseguimento di ricavi, di incrementi di rimanenze e di proventi, ma è necessario presentare preventivamente un interpello disapplicativo (vedi sotto). Nuove ipotesi di configurazione di società di comodo in caso di società in perdita fiscale, nonché una maggiorazione dell'aliquota Ires del 10,50%, sono state previste dall'art. 2, co. 36-quinquies e segg., D.L. 13.8.2011, n. 138. NOVITA IN MATERIA DI SOCIETÀ DI COMODO D.L. 138/11 Nuova fattispecie di Società non operativa: Perdita fiscale reiterata Applicazione aliquota Ires al 38% NUOVA IPOTESI D.L. 138/11 • Tre esercizi di perdite fiscali consecutive Dal quarto anno, dopo il triennio di perdite La società è considerata di comodo Reddito minimo Limiti all’utilizzo Del credito Iva Irriportabilità delle Valore della Perdite se non Produzione minimo In presenza di Ai fini Irap Redditi effettivi NUOVA IPOTESI D.L. 138/11 • Società in perdita sistemica: perdita è reiterata per soli due anni ed il terzo è in utile, ma con un risultato positivo inferiore a quello che si sarebbe determinato con il test di redditività • Situazione uguale al triennio di perdita fiscale reiterata: dall’anno successivo la società è non operativa Si consideri al riguardo il seguente esempio: Alfa S.r.l. è una società con esercizio coincidente con l'anno solare; dal 2009 al 2011 inclusi (cd. "periodo di osservazione") presenta delle perdite fiscali; nel 2012 sarà (1)non operativa. Esempio n. 1 Il secondo caso è stato introdotto dall'art. D.L. 138/2011,2, co. 36-undecies secondo cui "il comma 36-decies trova applicazione anche qualora, nell'arco temporale di cui al medesimo comma, le società e gli enti siano per due periodi d'imposta in perdita fiscale ed in uno abbiano dichiarato un reddito inferiore all'ammontare determinato ai sensi dell'articolo 1994 del . 724 nlegge30, comma 3, della citata ". E' bene osservare che tale situazione, è sostanzialmente diversa dalla precedente: qui infatti viene previsto un periodo di osservazione triennale in cui un soggetto presenti (anche non consecutivamente) due periodi in perdita fiscale e un periodo con un reddito inferiore alla soglia minima determinata applicando le disposizioni sulle "società di comodo" di cui all'art. 30, L. 724/1994. Esempio n. 2 Società soggette alla disciplina • L'art. 30, L. 724/1994 si applica a tutte le società commerciali di persone e di capitali assoggettate a tassazione in Italia. Sono quindi comprese S.n.c., S.a.s., S.p.a., S.a.p.a., soggetti equiparati ex art. 5, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e le società di ogni tipo non residenti con stabile organizzazione in Italia. • La disciplina si applica a prescindere dall'applicazione della contabilità semplificata o ordinaria. • Sono escluse le società cooperative, società consortili e di mutua assicurazione e enti commerciali e non commerciali residenti (C.M. 26 febbraio 1997, n. 48; 4 maggio 2007, n. 25/E) LE DISPOSIZIONI NON SI APPLICANO (ART. 30 L. 724/1994) • 1) ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali; • 2) ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta; • 3) alle società in amministrazione controllata o straordinaria; • 4) alle società ed enti che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché alle stesse società ed enti quotati ed alle società da essi controllate, anche indirettamente; • 5) alle società esercenti pubblici servizi di trasporto; • 6) alle società con un numero di soci non inferiore a 50; LE DISPOSIZIONI NON SI APPLICANO (ART. 30 L. 724/1994) • 6-bis) alle società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità; • 6-ter) alle società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa ed in concordato preventivo; • 6-quater) alle società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione (raggruppamento A del conto economico) superiore al totale attivo dello stato patrimoniale; • 6-quinquies) alle società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20 per cento del capitale sociale; • 6-sexies) alle società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore SOCIETÀ NON OPERATIVE Le nuove cause di esclusione con i chiarimenti della cir. 9/08 1) Numero di soci non inferiore a 50 (e non più non inferiore a 100) La causa di esclusione deve manifestarsi per la maggior parte del periodo d’imposta 2) Due esercizi precedenti dipendenti mai inferiore a 10 unità Non si tratta di dato medio, bensi’ in ciascuno dei giorni del biennio precedente non deve esservi un numero dipendenti inferiori a dieci 3) Valore della produzione > totale attivo stato patrimoniale Il test va eseguito nell’esercizio di riferimento e non anche in quelli precedenti SOCIETÀ NON OPERATIVE Le nuove cause di esclusione con i chiarimenti della circ. 9/08 4) Società partecipate per almeno il 20 % da enti pubblici Partecipazione deve sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta 5) Fallimenti, liquidazioni giudiziarie, liquidazione amministrativa e concordato preventivo coatta 6) Congruità e coerenza rispetto agli studi di settore La congruità per adeguamento deve avvenire al valore puntuale, determinato considerando anche gli indici di normalità economica Non vale per le società soggette a parametri. Nell’esercizio di riferimento e non nel triennio SOCIETÀ NON OPERATIVE Le nuove cause di esclusione con i chiarimenti della circ. 9/08 Cause che permettono disapplicazione senza interpello • Società in liquidazione che in Unico si impegnano a chiudere la liquidazione entro il termine di presentazione dichiarazione successiva (impegno in Unico 2009 entro il 30.9.2010). • Società in procedura concorsuale: la causa di esclusione opera anche dall’esercizio precedente • Società sottoposte a sequestro penale o confisca o siano stati nominati amministratori giudiziari • Società che locano immobili a enti pubblici o in regime di equo canone. Disapplicazione parziale limitata agli immobili SOCIETÀ NON OPERATIVE Le nuove cause di esclusione con i chiarimenti della circ. 9/08 Altre cause che permettono disapplicazione senza interpello 5) Società che detengono partecipazioni in società operative o escluse dall’articolo 30 ( anche tramite interpello) o società collegate cui si applica la disciplina art. 168. Disapplicazione parziale limitata limitata alle partecipazioni 6) Società che hanno ottenuto la disapplicazione tramite interpello se non sono cambiati i motivi Disapplicazione parziale: gli assets esclusi comportano che vanno esclusi anche i componenti economici ad essi correlati: es. immobile locato a ente pubblico > esclusi gli affitti dal test di operatività Validità gia dal 2007 di tutte le nuove cause di esclusione • Tali soggetti non devono presentare interpello disapplicativo: l'esclusione dalla disciplina delle società di comodo opera in modo automatico. CAUSE di DISAPPLICAZIONE • • • • • A fianco alle cause di esclusione in precedenza elencate sono presenti ulteriori cause di disapplicazione introdotte dal Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2008, n. 23681 (l'art. 1, co. 128, lett. f), L. 24 dicembre 2007, n. 244 ha inserito il co. 4-ter nell'art. 30 della L. 724/1994, il quale prevede che con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate possano essere individuate situazioni oggettive, in presenza delle quali è consentito disapplicare la disciplina delle società non operative, senza la previa presentazione dell'istanza d'interpello ex art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600). società in stato di liquidazione, purché assumano in sede di dichiarazione dei redditi l'impegno a richiedere la cancellazione dal registro delle imprese entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi successiva; società in stato di fallimento, assoggettate a liquidazione giudiziarie e liquidazione coatta amministrativa, società in concordato preventivo e in amministrazione straordinaria. La causa opera in relazione a tutti i periodi d'imposta precedenti all'inizio delle procedure concorsuali, i cui termini di presentazione della dichiarazione dei redditi scadono successivamente all'inizio delle procedure; società sottoposte a sequestro penale o a confisca (ex artt. , L. 31 maggio 1965, n. 575nonies e 2-sexies2- e nei casi in cui il tribunale in sede civile abbia disposto la nomina di un amministratore giudiziario); società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in locazione ad enti pubblici ovvero locati a canone vincolato ex L. 9 dicembre 1998, n. 431. REDDITO MINIMO Qualora la media triennale dei ricavi effettivi risulti inferiore alla media triennale presunta calcolata con i criteri sopra indicati, il reddito delle società considerate di comodo non potrà essere inferiore alla somma delle seguenti quantità: • 1,50% del valore delle quote, azioni o obbligazioni, ecc.; • 4,75% del valore degli immobili (terreni e fabbricati) e delle navi posseduti. Ai sensi dell'art. 30, co. 3, lett. b), L. 724/1994, come modif. dall'art. 1, co. 109, lett. f), L. 296/2006, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 4.7.2006, la percentuale è ridotta al 3% in relazione alle immobilizzazioni costituite da beni immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti; a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2007 la percentuale è ridotta al 4% per gli immobili classificati in A/10 e allo 0,90% per tutti gli immobili ubicati in comuni con meno di 1.000 abitanti; • 12% del valore delle altre immobilizzazioni (anche se in leasing). SOCIETA' in PERDITA • le società e gli enti ai quali è applicabile la disciplina delle società di comodo sono considerati non operativi a decorrere dal quarto periodo d'imposta se nei tre precedenti hanno presentato dichiarazioni in perdita fiscale, oppure due dichiarazioni in perdita e una con un reddito inferiore a quello minimo previsto dalla L. 724/1990. E' ammessa la presentazione di interpello disapplicativo • La disposizione si applica dal periodo successivo a quello in corso al 17.9.2011 e della stessa di deve tener conto nel versamento degli acconti per tale esercizio (esercizio solare 2012, se ricorrono le condizioni negli esercizi 2009, 2010 e 2011). ALIQUOTA IRES: • per le società non operative l'aliquota Ires è maggiorata del 10,5% e passa quindi al 38% dagli esercizi successivi a quello in corso al 17.9.2011. La maggiorazione si applica anche ai redditi attribuiti per trasparenza ai soggetti Ires e alle società partecipanti al consolidato nazionale. La società in trasparenza fiscale ai sensi degli artt. 115 e 116 o partecipanti al consolidato nazionale determinano e versano autonomamente la maggiorazione d'imposta del 10,50%. INTERPELLO DISAPPLICATIVO • in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi di importo, nonché del reddito almeno pari a quello presunto, la società interessata può richiedere all'Agenzia delle Entrate la disapplicazione delle disposizioni antielusive ai sensi dell'art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 600/1973 (cd. interpello disapplicativo). Analoga disapplicazione deve essere richiesta nell'ipotesi di "periodo di non normale svolgimento dell'attività " che, prima del D.L. 223/2006, operava come causa di esclusione automatica dalla normativa sulle società di comodo. • Non erano tenute a presentare interpello disapplicativo le società non operative nel periodo d'imposta in corso al 4.7.2006 o al 31.12.2007, che deliberassero lo scioglimento o la trasformazione in società semplice; in tale ipotesi le citate società: • potevano avvalersi della cd. disciplina sullo scioglimento agevolato di cui al co. 111 e segg., dell'art. 1, L. 296/2006; • non aveva applicazione alle stesse la disciplina di cui all'art. 30, L. 724/1994 per il periodo d'imposta in corso al 4.7.2006 o al 31.12.2007 ed eventualmente per quello anteriore allo scioglimento o alla trasformazione. • Si noti che, secondo l'Agenzia delle Entrate, l'istanza di disapplicazione della disciplina in materia di società non operative rientra tra quelle "obbligatorie "; se il contribuente non vi ha provveduto, in sede di controllo l'ufficio potrà irrogare (oltre alle sanzioni "ordinarie") la sanzione amministrativa ex art. 11, co. 1, lett. a), D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, per omessa comunicazione, compresa tra euro 258 ed euro 2.065 (cfr. C.M. 14 giugno 2010, n. 32). MODALITA' di PRESENTAZIONE dell'ISTANZA di INTERPELLO • l'istanza di interpello deve essere spedita al direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate competente per territorio a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno. L'istanza deve riportare, a pena di inammissibilità : • i dati identificativi del contribuente e del suo legale rappresentante; • l'indicazione dell'eventuale domiciliatario presso cui sono effettuate le comunicazioni; • la sottoscrizione del contribuente e del suo legale rappresentante. L'istanza deve: • descrivere compiutamente il caso concreto; • indicare le oggettive situazioni che hanno impedito alla società di superare il test di operatività o di conseguire un reddito almeno pari a quello minimo presunto (ad esempio, crisi del settore, liquidazione volontaria salvo eccezioni, ecc. - si vedano al riguardo la C.M. 26.2.1997, n. 48/E e la C.M. 13.3.2007, n. 14/E); • essere corredata degli atti e dei documenti necessari alla corretta individuazione e qualificazione del caso concreto; • essere presentata, avendo l'interpello carattere preventivo, in tempo utile perché si possa ottenere risposta prima del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi (si veda al riguardo la C.M. 15.3.2007, n. 14/E). Prova contraria da fornire • La formulazione del co. 4-bis, art. 30, L. 724/1994, è molto chiara nel riconoscere che la prova contraria del contribuente possa riguardare sia la condizione di non operatività (individuata in base al confronto con i ricavi, gli incrementi di rimanenze ed i proventi), sia il reddito minimo (è da ritenere anche l'imponibile minimo Irap che a questo è strettamente legato) e le operazioni rilevanti ai fini Iva. • Per quanto riguarda la condizione di società non operativa, il soggetto potrà evidenziare le circostanze che hanno impedito il raggiungimento della soglia minima di componenti presuntivi e che, quindi, giustificano la minor entità di componenti positivi dichiarati e risultanti dalla contabilità. • Tuttavia, anche in mancanza di una simile prova contraria, il soggetto (considerato non operativo) può tuttavia contestare le ulteriori presunzioni poste dalla normativa, evidenziando ulteriori condizioni che hanno impedito il raggiungimento dell'imponibile minimo o del livello minimo di operazioni Iva (così anche la C.M. 2 febbraio 2007, 5/E). • Per quanto riguarda la determinazione del reddito minimo, in particolare, avranno un ruolo significativo le circostanze relative ai componenti negativi, in grado di dimostrare la "non fittizietà " del reddito effettivamente dichiarato dal contribuente. • E' dubbio se nel caso delle società in perdita siano proponibili in sede di interpello le dette "oggettive situazioni", siano proponibili in sede di interpello le dette "oggettive situazioni", in quanto la qualificazione come società di comodo prescinde dal mancato superamento del test di operatività. Pur in mancanza di indicazioni normative, appare presumibile che le motivazioni che le società in perdita possono porre a base delle loro istanze debbano riguardare, ad esempio, la economicità del comportamento imprenditoriale, da valutare tenendo conto della complessiva situazione contrattuale e aziendale, e la presenza di situazioni particolari che potrebbero aver causato i risultati negativi". • Nell'istanza di interpello disapplicativo per le società in perdita sistematica, vanno evidenziate, sposando la tesi della Circolare n. 25/IR/2011, le situazioni particolari alla base dei risultati negativi (perdite nel triennio) dimostrando inoltre come le stesse siano indipendenti dalla volontà del contribuente. Interpello disapplicativo società in perdita Circolare Irdcec n. 25/IR del 31 ottobre 2011 “… le motivazioni che le società in perdita possono porre a base delle loro istanze debbano riguardare, ad esempio, la economicità del comportamento imprenditoriale, da valutare tenendo conto della complessiva situazione contrattuale e aziendale, e la presenza di situazioni particolare che potrebbero aver causato i risultati negativi. Sono state, al riguardo, prospettate le situazioni delle imprese che producono redditi a formazione pluriennale (ad esempio quelle di costruzione immobiliare), per le quali a tre anni di perdita può far seguito un quarto esercizio nel quale sono dichiarati i ricavi relativi all’attività svolta nel predente triennio.” • • • Il direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate deve comunicare il provvedimento di accoglimento (o di rigetto) dell'istanza entro 90 giorni dalla data di sua presentazione a mezzo raccomandata, fax o posta elettronica. Inoltre, se l'istanza non riporta i dati sopra evidenziati, l'Agenzia può richiedere ulteriori elementi istruttori; tale richiesta sospende il termine per l'emanazione del provvedimento del direttore regionale. Avverso il rigetto dell'istanza non è ammesso ricorso (C.M. 2.2.2007, n. 5/E e C.M. 3.3.2009, n. 7/E) in quanto la risposta dell'Agenzia delle Entrate non è vincolante per il contribuente. L'accoglimento dell'istanza consente invece al contribuente di dichiarare, ai fini Ires (o Irpef) il reddito effettivamente conseguito. La presentazione dell'istanza di interpello non precludono la possibilità di riproporre la questione relativa all'operatività della società o dell'ente di fronte ai giudici tributari mediante impugnazione dell'eventuale avviso di accertamento emesso a seguito del rigetto dell'istanza stessa da parte del direttore regionale. La mancata presentazione dell'interpello disapplicativo preclude invece tale impugnazione. • Secondo l'Agenzia delle Entrate il provvedimento di diniego alla disapplicazione è un atto non impugnabile (cfr. C.M. 14 giugno 2010, n. 32); tuttavia, la Corte di Cassazione con sentenza 15 aprile 2011, n. 8663 ha diversamente sancito che lo stesso è da considerare alla stregua di un provvedimento di diniego di un'agevolazione e che, pertanto, lo stesso risulta autonomamente impugnabile in sede di contenzioso tributario. • La Circolare n. 25/IR/2011 del Cndcec afferma la necessità di impugnare il provvedimento che nega la disapplicazione della disciplina sulle società non operative, pena l'impossibilità di far valere le proprie ragioni in sede di ricorso avverso il successivo avviso di accertamento Esito dell'istanza di interpello Il Direttore dell'Agenzia delle Entrate deve provvedere, entro i successivi 90 giorni a rispondere all'istante. In caso di: • esito positivo dell'istanza, la società, considerata a tutti gli effetti "operativa", non sarà tenuta all'applicazione della disciplina delle società di comodo. In pratica, la società non dovrà effettuare la verifica di operatività e calcolare le imposte sui valori minimi richiesti normativamente e non subirà altresì le limitazioni proprie delle società di comodo (Ires maggiorata al 38%, limiti alla compensazione/rimborso dei crediti Iva ed utilizzo/riporto delle perdite); • esito negativo dell'istanza, alla società, dal 2012, risulterà applicabile la disciplina di cui all'art. 30, L. 724/1994 e, pertanto, sarà tenuta a dichiarare i valori minimi richiesti normativamente ai fini Ires/Irap, verserà l'Ires con aliquota maggiorata al 38%, subendo, inoltre, le limitazioni proprie delle società di comodo (limiti alla compensazione/rimborso dei crediti Iva e riporto delle perdite). Si noti, inoltre, che già in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi per il 2011 (Mod. Unico 2012) la società sarà tenuta al versamento degli acconti 2012 con l'aliquota Ires del 38% (in luogo del 27,5%), fatta salva la possibilità di utilizzare il metodo previsionale ACCOGLIMENTO PARZIALE dell'ISTANZA • sussiste la possibilità di ottenere una parziale disapplicazione delle norme sulle società di comodo. In particolare, è possibile ottenere la disapplicazione ai soli fini Irap e Iva allorquando il contribuente, pur non avendo superato il test di operatività, abbia conseguito un reddito effettivo superiore a quello minimo, in quanto lo stesso contribuente è comunque considerato non operativo. Parimenti, la disapplicazione ai soli fini delle imposte sui redditi può essere concessa nel caso in cui il contribuente non abbia superato il test di operatività e abbia un reddito effettivo inferiore a quello minimo, qualora il mancato raggiungimento del reddito minimo non sia dovuto a minori ricavi (ad esempio, per crisi settoriale) ma a costi di carattere straordinario (C.M. 5/E/2007). • Con la sentenza 17010/2012 la Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sulla impugnabilità dell’“interpello disapplicativo” di cui all’articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973, fornendo delle argomentazioni diverse da quelle contenute nella sentenza 8663/2011 • • • • • Dopo aver richiamato quanto disposto dalla sentenza 8663/2011, la Corte ha precisato di doversi discostare dalla stessa nei limiti e nei sensi di seguito precisati. In primo luogo, la Corte ritiene di non condividere la tesi secondo cui la risposta negativa all’interpello in esame si qualificherebbe come diniego di agevolazione fiscale, con la naturale conseguenza dell’onere di impugnazione, in mancanza della quale l’atto diviene intangibile. Sul piano strettamente tecnico va, infatti, esclusa l’equiparazione tra “agevolazione fiscale” e “disapplicazione di norma antielusiva”, rispondendo a ratio e finalità completamente diverse. In secondo luogo, non è invocabile nel caso in esame la norma di chiusura di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 19, in quanto né nella legge né nel relativo regolamento di attuazione (né, peraltro, nella prassi costante dell’Amministrazione finanziaria) si prevede l’autonoma impugnabilità del provvedimento in esame. Di qui il primo punto fermo della vicenda: il provvedimento di disapplicazione non può essere ritenuto obbligatoriamente impugnabile, dovendosi escludere, per ovvie ragioni di certezza dei rapporti giuridici e di tutela del diritto di difesa, che possa essere introdotta per via interpretativa una decadenza del contribuente dal diritto di contestare una pretesa tributaria, decadenza inevitabilmente conseguente alla sola omessa impugnazione di uno degli atti tassativamente elencati nell’articolo 19. • • • Ciò posto, la Corte di cassazione, ancorandosi a un orientamento consolidato e basato sui principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pubblica amministrazione, ha tuttavia ritenuto che la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili di cui all’articolo 19 non comporta che l’impugnazione di atti diversi da quelli ivi specificamente indicati sia in ogni caso da ritenere inammissibile. E ciò in quanto sorge in capo al contribuente, già al momento di ricezione della notizia, l’interesse ex articolo 100 cpc a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, a invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva. L’unica rilevante differenza rispetto agli atti elencati nell’articolo 19 è che la mancata impugnazione di atti non tassativamente ivi elencati non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità da parte del contribuente di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento allorché la stessa si traduca in un atto impositivo espressamente menzionato nell’articolo 19. Mancata presentazione dell'istanza di interpello • La mancata presentazione dell'istanza di interpello disapplicativo non preclude alcuna difesa in sede di ricorso contro l'eventuale successivo avviso di accertamento. • L'Agenzia delle Entrate ha infatti ammesso, discostandosi dai precedenti orientamenti, che avverso l'eventuale avviso di accertamento può essere proposto ricorso anche se il contribuente non ha presentato istanza di interpello disapplicativo, dimostrando quindi in tale sede la sussistenza delle esimenti (Crf. C.M. n. 32/2010): " (...) deve pertanto considerarsi superata l'indicazione, contenuta da ultimo nella citata Circolare n. 7/E del 2009, con riferimento specifico alle istanze di interpello disapplicativo della disciplina delle società non operative, secondo cui "In assenza di presentazione dell'istanza, il ricorso è inammissibile considerato che la disapplicazione non è ammessa in assenza della relativa istanza, che non può essere proposta per la prima volta in sede contenziosa col ricorso avverso l'avviso di accertamento e di irrogazione delle sanzioni amministrative". ACCERTAMENTO INDUTTIVO • per i soggetti societari "di comodo" che non si sono adeguati al reddito "minimo" e che non hanno presentato interpello disapplicativo, ovvero l'hanno presentato ma gli è stato respinto e non si sono adeguati, è prevista l'applicazione dell'accertamento induttivo ai sensi dell'art. 41bis, D.P.R. 600/1973 mediante notifica di accertamento parziale. Spett.le Agenzia delle Entrate Direttore regionale per _____________________ per il tramite di: Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di _____________________ Oggetto: istanza di disapplicazione per l'esercizio 2012 delle disposizioni dell'art. 2, co. 36-decies e segg., D.L. 138/2011, ai sensi dell'art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 600/1973 La società ____________, con sede in ________________ telefax __________, pec ______________, in persona del suo legale rappresentante _____________, premesso a) che in tutte le dichiarazioni dei redditi relative agli esercizi 2009, 2010, 2011 (allegate in copia) la scrivente ha evidenziato una perdita fiscale, con ciò verificandosi l'ipotesi indicata dall'art. 2, co. 36-decies, D.L. 138/2011; b) che, pertanto, con riferimento all'esercizio 2012, la società è considerata in perdita sistematica e dunque "non operativa"; c) che la scrivente non rientra in alcuna delle cause di esclusione dalla disciplina, né nelle ipotesi di disapplicazione previste dal provvedimento 11 giugno 2012 del Direttore dell'Agenzia delle Entrate; d) che si sono verificate situazioni oggettive che hanno impedito alla scrivente di evidenziare un reddito fiscale in taluno dei tre esercizi sopra richiamati; fa istanza a Codesto Spettabile Direttore regionale affinché disponga, con riferimento all'esercizio 2012, la disapplicazione delle disposizioni in materia di società in perdita sistematica, ai fini dell'Ires, dell'Iva e dell'Irap, ai sensi dell'art. 30, co. 4-bis, L. 724/1994 e dell'art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 600/1973, richiamati dal citato art. 2, co. 36-decies, D.L. 138/2011; sulla base delle seguenti situazioni oggettive riferite all'esercizio sociale chiuso al 31 dicembre 2011 PREMESSA La società svolge attività di gestione immobiliare, concedendo in locazione a terzi gli immobili posseduti (si allega prospetto contenente l'elenco degli immobili, con i dati relativi a quelli locati). La società, per finanziare l'acquisizione di taluni immobili da destinare alla locazione, ha in passato stipulato contratti di locazione finanziaria (si allega copia dei contratti di locazione finanziaria in essere nell'esercizio 2011). La società ha già ottenuto, nell'anno 20xx, l'accoglimento dell'istanza di disapplicazione con riferimento al test di operatività di cui all'art. 30, L. 724/1994, con il riconoscimento dell'esistenza di situazioni oggettive che impediscono il conseguimento di ricavi almeno pari a quelli minimi di legge. Detta disapplicazione è tuttora valida non essendo mutate le condizioni che la giustificavano. SITUAZIONE OGGETTIVA AFFERENTE l'ESERCIZIO 2011 Nell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2011, la perdita fiscale ed il mancato conseguimento di un margine operativo lordo (mol) positivo sono stati esclusivamente determinati da una situazione oggettiva costituita dall'esistenza di taluni contratti di leasing con i quali la società ha finanziato gli investimenti immobiliari. I canoni di locazione finanziaria, applicando i principi contabili italiani, sono stati imputati a conto economico e dedotti fiscalmente ai sensi dell'art. 102, co. 7, D.P.R. 917/1986. Tale modalità di contabilizzazione del costo dell'investimento genera, rispetto ad un acquisto diretto (ovvero rispetto all'iscrizione in bilancio del leasing con metodo finanziario), una contrazione del risultato, sia civilistico che fiscale, provocando la perdita fiscale e il mol negativo. A conferma di ciò si fa presente che la società, nel citato esercizio 2011, qualora avesse invece contabilizzato il leasing con il metodo finanziario previsto dallo Ias 17, avrebbe conseguito, come si evince dal prospetto di seguito riportato, un margine operativo lordo (mol) positivo, che avrebbe determinato l'insorgenza della causa di disapplicazione automatica prevista dalla lett. f), provvedimento 11 giugno 2012; ciò in quanto si sarebbero imputati nel conto economico, anziché i canoni alla voce B8 (rilevante per il mol), quote di ammortamento alla voce B10 e interessi passivi alla voce C17, voci entrambe irrilevanti per il calcolo del mol. VALENZE PRESUNTIVE ED ULTIMI PERCORSI DI PRASSI E GIURISPRUDENZA SULLE INDAGINI FINANZIARIE a cura del dott. Giovanni Barbato Le nuove indagini finanziarie I “NUOVI”ACCERTAMENTI BANCARI ALLA LUCE DELLA FINANZIARIA 2005 Il riferimento normativo (legge 311/2004) è costituito dai commi 402, 403, 404 che apportano delle modifiche ai due articoli “principe” in materia di poteri istruttori: art. 32 DPR 600/73 e art. 51 DPR 633/72. La novella legislativa cerca di soddisfare alcune carenze del passato in materia di accertamenti bancari, scegliendo, come strategia di base, quella di aumentare i poteri affidati agli organismi di controllo. • Il legislatore è intervenuto sotto tre punti di vista: contenutistico; procedurale; accertativo. Le nuove indagini finanziarie MODIFICHE CONTENUTISTICHE Finanziaria 2005 Duplice ampliamento contenutistico delle regole in materia di accertamenti bancari Ampliamento delle categorie di operatori cui è possibile indirizzare la richiesta di dati e notizie Ampliamento delle tipologie di richieste, molto più variegate rispetto al passato Le nuove indagini finanziarie • La Finanziaria 2005 amplia notevolmente le tipologie di soggetti a cui le richieste possono essere indirizzate: non solo banche e Poste italiane, ma anche: • intermediari finanziari, • organismi di investimento collettivo, • società di gestione del risparmio, • società fiduciarie. Le nuove indagini finanziarie • Con riferimento al contenuto delle informazioni viene finalmente superato il limite derivante dalla nozione di “conti intrattenuti”: gli organismi di controllo possono chiedere, previa autorizzazione delle autorità competenti, “dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto e operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con il loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi”. La nuova formulazione normativa è, a chiare lettere, onnicomprensiva: potranno essere richiesti dati in merito a tutte le operazioni dirette e indirette realizzate ad uno sportello bancario, le operazioni di investimento realizzate attraverso fiduciarie o organismi di investimento e risparmio, le operazioni sulle cassette di sicurezza. Tra i conti acquisibili rientrano quelli intestati, cointestati e comunque nella disponibilità del contribuente. A tale fine la circolare n. 32 /2006 chiarisce come : sono confermate le istruzioni contenute nella cir. 116/1996 in merito alla possibilità di acquisire i conti sui quali il contribuente può operare per effetto di un mandato; non è però più necessaria una doppia richiesta all’intermediario e non è prevista una specifica autorizzazione. 50 Le nuove indagini finanziarie MODIFICHE PROCEDURALI Finanziaria 2005 Duplice novità procedurale in materia di accertamenti bancari La via telematica diventa la via esclusiva per la richiesta di dati Cambiamento ( riduzione) dei termini temporali per l’evasione della richiesta (30 giorni) • Le indagini finanziarie rilevano sotto un profilo procedurale per: • la modalità di richiesta dati: la via telematica diventa la via “esclusiva”. Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate con provvedimento 68538 del 28.04.2006 ha fissato la decorrenza delle nuove disposizioni al 1° settembre 2006. • la riduzione dei termini temporali: le risposte devono pervenire entro un termine fissato dagli uffici che non può essere, comunque, inferiore a 30 giorni (prima erano 60) e che può essere prorogato su richiesta per un periodo di 20 giorni (prima era di 30). Fino al 1° gennaio 2006 il Fisco può chiedere tutte le informazioni contenute nell’archivio unico informatico antiriciclaggio registrate nel 2005, vale a dire solo sulle operazioni fuori conto poste in essere per importi superiori a 12.500 euro (in precedenza 10.329,1 euro pari a 20 milioni di lire). Dal 1° gennaio 2006 gli intermediari finanziari devono rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate mediante versamento in conto corrente postale per importo unitario inferiore a 1.500 euro. Dal 1° settembre 2006 gli accertamenti on line sono estesi a tutte le altre operazioni fuori conto. MODALITÀ PROCEDURALI • redazione della bozza di richiesta d’indagine finanziaria a cura dei funzionari/militari interessati; • approvazione della bozza di richiesta d’indagine finanziaria da parte del responsabile dell’Ufficio o Comando; • invio della richiesta di autorizzazione al competente ente sovraordinato, competente per l’autorizzazione; • rilascio dell’autorizzazione dell’ente sovraordinato; • trasmissione, a cura dell’Ufficio/Reparto operante, della richiesta d’indagine finanziaria, completa degli estremi dell’autorizzazione, agli operatori finanziari selezionati, previa sottoscrizione da parte dell’responsabile/ufficiale dotato di firma digitale; • gestione delle risposte e monitoraggio delle richieste e delle risposte. L’AUTORIZZAZIONE dell’organo sovraordinato all’ufficio o comando procedente direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate direttore regionale dell’Agenzia delle entrate comandante regionale del Corpo della Guardia di Finanza L’AUTORIZZAZIONE dell’organo sovraordinato all’ufficio o comando procedente Requisiti di legittimità Gli organi competenti al rilascio dell’autorizzazione devono valutare Requisiti di merito Circolare 32/E VIZI DELL’AUTORIZZAZIONE • L’autorizzazione, qual atto preparatorio allo svolgimento della fase endoprocedimentale dell’istruttoria, non assume rilevanza esterna, autonoma ai fini della sua immediata impugnabilità in quanto non immediatamente né certamente lesiva sotto il profilo tributario della posizione giuridica del contribuente interessato che non ha ancora subito o potrebbe addirittura non subire alcun atto impositivo CONSIGLIO DI STATO - SENTENZE N. 264 DEL 19.04.1995 E N. 982 DEL 26.09.1995 l’autorizzazione si inserisce all’apice di un sub-procedimento interno, il quale, attraverso le determinazioni del competente ufficio finanziario, sfocerà nell’avviso di accertamento in rettifica, il quale costituisce provvedimento impugnabile; solo in tale momento il contribuente potrà ottenere copia anche dell’autorizzazione all’accesso ai dati bancari e potrà così controllare la legittimità e sindacare l’atto di accertamento; l’impedimento all’accesso stabilito dal legislatore per atti strumentali non è assoluto ma solo temporaneo, in quanto esiste una specie di rinvio al termine del provvedimento tributario, con una impugnabilità non diretta ma derivata attraverso il ricorso avverso l’avviso di accertamento; CONSIGLIO DI STATO - SENTENZE N.264 DEL 19.04.1995 E N.982 DEL 26.09.1995 l’atto autorizzativo è strumentale al procedimento tributario ed il contribuente trova la possibilità di difesa contro l’atto conclusivo dell’accertamento, avvalendosi della possibilità dell’impugnativa qualora tale atto sia affetto da vizi propri e in tale sede il contribuente potrà conoscere anche gli atti preparatori; tutta l’attività di accesso, ispezione e verifica è strettamente finalizzata all’emanazione del provvedimento finale e cioè dell’avviso dia accertamento e il potere di verifica fiscale rimane strumentale al procedimento tributario anche se nel corso e in occasione di esso si evidenzia una notizia criminis la cui legalità e fondatezza sarà controllata in un diverso procedimento. ACCESSO In materia tributaria l’accesso viene differito alla notificazione dell’avviso di accertamento e al contribuente è preclusa la possibilità di conoscere preventivamente gli elementi in possesso dell’Amministrazione Finanziaria. Nel sistema generale l’atto di autorizzazione, ritenuto viziato, è sindacabile ma lo è in un momento diverso da quello relativo agli atti autonomamente impugnabili Commiss. Trib. Prov. Calabria Cosenza Sentenza n. 778 del 18 novembre 2010 L’autorizzazione della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate a consentire all’Ufficio periferico ad effettuare le indagini finanziarie è atto amministrativo presupposto che deve far parte della documentazione che l’Ufficio deve produrre nel caso di contenzioso, a pena di carenza di motivazione Commiss. Trib. Reg. Puglia Bari Sez. IX Sentenza 25-11-2010, n. 137 E’ assolutamente necessario che, prima di procedere all'acquisizione dei dati presso le banche o le Poste Italiane Spa, l'Ufficio si sia munito dell'autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero del comandante regionale del Corpo della Guardia di Finanza L'inesistenza di tale autorizzazione, dunque, inficia il procedimento di acquisizione dei dati e travolge irrimediabilmente tutti gli atti conseguenti ed in particolare gli accertamenti basati su quei dati illegittimamente acquisiti. Né a dimostrare che la suddetta autorizzazione sia stata effettivamente data può valere, nel caso di specie, la certificazione esibita dall'Ufficio in sede contenziosa poiché la stessa non equivale all'autorizzazione, la cui mancata esibizione neanche in sede d'appello non solo non trova giustificazione alcuna ma non consente a questo giudice di conoscerne la corretta provenienza Corte di cassazione – Sez.V – Sentenza 4 maggio 2010, n. 10675 Il provvedimento autorizzatorio non è soggetto a obbligo di motivazione e non deve necessariamente essere esibito al contribuente sottoposto al nominato accertamento. L'eventuale illegittimità dello stesso può essere fatta valere, innanzi al giudice tributario, solo ove abbia concretamente pregiudicato il risultato fiscale del procedimento e, quindi, l'intero accertamento tributario subito Modifiche “accertative” Finanziaria 2005 Maggiore “operatività” delle presunzioni in materia di accertamenti bancari Gli addebitamenti (ingiustificati in sede di contraddittorio) sono considerati elementi positivi di reddito non dichiarati. Tale “regola presuntiva” viene estesa esplicitamente dalla Finanziaria 2005 anche ai professionisti (prima era valida solo per le imprese) 64 Versamenti- accrediti risultanti dai conti bancari e anche quelli rilevati dai conti finanziari o da operazioni “fuori conto” si presumono come ricavi ovvero compensi da porre a base delle rettifiche e degli accertamenti di tipo analitico, analitico-induttivo, induttivo e sintetico Onere del contribuente dimostrare che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine I prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei rapporti o operazioni si presumono come ricavi ovvero compensi da porre a base delle rettifiche e degli accertamenti di tipo analitico, analitico-induttivo, induttivo e sintetico Onere del contribuente dimostrare, semprechè non risulti dalle scritture contabili, l’effettivo beneficiario Gli accertamenti finanziari ONERE DELLA PROVA La presunzione introdotta dagli artt. 32/600 e 51/633 in materia di indagini finanziarie è: - legale vincolante per il giudice - relativa ammette la prova contraria ed opera in modo asimmetrico tra IVA ed Imposte dirette La presunzione non opera con riguardo ai conti intestati esclusivamente a persone diverse: in tal caso l’Ufficio deve: a) opporre b) provare in giudizio che l’intestazione è fittizia/superata in relazione al caso concreto Per l’Agenzia delle entrate, la soggezione anche dei lavoratori autonomi alla regola presuntiva • Intende attestare che i prelevamenti per i quali non si può (illegalmente, come ad esempio, per l’eventuale pagamento di tangenti) o non si vuole (per mero spirito evasivo, come per il pagamento di retribuzioni “fuori busta” o di acquisti in nero) fornire detta indicazione sono da considerare costi in nero che hanno ragionevolmente generato compensi non contabilizzati • Per Agenzia regola assume anche una chiara valenza rigoristica e deterrente per avvisare e indurre i professionisti, non meno che gli imprenditori, a prestare particolare attenzione a una coerente rispondenza tra movimenti, compresi i prelievi in conto corrente, e registrazioni (sul registro dei compensi e delle spese o sui registri Iva sostitutivi) • eventuali prelievi non annotati e per i quali non si possa o non si voglia disporre di documentazione giustificativa dei pagamenti, non risulta per nulla illogico che vengano reputati quali compensi. RATIO DELLE INDICAZIONI DI PRASSI • L’invito che arriva da parte dell’amministrazione finanziaria è quello di un utilizzo dei dati acquisiti che porti alla ricostruzione attendibile della capacità contributiva del contribuente, capacità che ben potrebbe essere rappresentata dall’analisi delle movimentazioni di natura finanziaria. LE POSSIBILI DIFESE DEL CONTRIBUENTE TRANSITO NELLE SCRITTURE CONTABILI INDICAZIONE DEL BENEFICIARIO NON RILEVANZA REDDITUALE/IVA DELLE OPERAZIONI PRELIEVI GIUSTIFICATI DALL’ORDINARIO TENORE DI VITA IRRAGIONEVOLEZZA DELLA RICOSTRUZIONE PRESUNTIVA RICONOSCIMENTO DEI COSTI RELATIVI ALLA PRODUZIONE DEI RICAVI CONTESTATI NON RETROATTIVITA’ DELLA NORMA (PROFESSIONISTI) VALENZA PRESUNTIVA DEI RISCONTRI SUI CONTI DI TERZI EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE SULLE INDAGINI FINANZIARIE Gli accertamenti finanziari VALENZA PROBATORIA Cass. Sentenza n. 16062 del 2010 E’ stato ribadito che alla presunzione di legge va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale. E’ stato ritenuto inoltre che il contribuente non può fondatamente sostenere che si sarebbe dovuto tener conto di tutte le fatture registrate nel periodo anche se non ne fosse stata indicata né documentata la specifica riferibilità ai movimenti bancari rilevati, perché ciò avrebbe significato che la presunzione avrebbe dovuto essere stata vinta attraverso il ricorso non già ad un fatto ma ad un’altra presunzione, consistente nel normale afflusso (id quod plerumque accidit) degli incassi, registrati in contabilità e oggetto di dichiarazione fiscale, sul conto corrente dell’imprenditore. Gli accertamenti finanziari VALENZA PROBATORIA Sentenza n. 18809 del 2010 Afferma che il giudice di merito per superare la presunzione che legittima l’accertamento effettuato a seguito dei controlli bancari deve fornire un idoneo supporto argomentativo effettivamente relazionato a specifica e concreta emergenza probatoria e non a limitarsi ad effettuare un rinvio meramente adesivo e acritico, e perciò idoneo (v. Cass. Nn. 2668 del 2006, 24580 del 2005, 11488 del 2004, 2196 del 2003, 18296 del 2002, 4510 del 2000), alla motivazione della decisione di primo grado. Gli accertamenti finanziari L’AN NELL’ACC.TO BANCARIO Sentenza n. 23852 del 11.11.2009 La presunzione opera pertanto sul quantum debeatur e non già sull’accertamento dell’an che deve trovare la sua giustificazione, come sopra visto, in altre norme. La CTR cade pertanto in errore normativo nel momento in cui confonde i due piani delle condizioni che giustificano l’accertamento e la determinazione del quantum (il reddito o i ricavi). Infatti il soggetto accertato è indiscussamente una lavoratrice dipendente e in base alla sola disponibilità dei c.c. le si attribuisce la qualità di lavoratrice autonoma, senza dimostrare se aliunde fosse legittimo l’accertamento a suo carico.. Idem sentenza Cass. 3 marzo 2010 n. 5051 Corte di cassazione - Sezione tributaria Sentenza 17 agosto 2009 n. 18339 Decisione: il giudice d’appello ha violato il principio contenuto nell’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, il quale impone di considerare ricavi sia le operazioni attive che quelle passive nel caso di acquisizione di informazioni relative ai conti correnti bancari: fino a prova contraria. Principio: le movimentazioni finanziarie devono essere giustificate analiticamente. “Spetta al contribuente provare che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili, qualora intenda vincere la presunzione di ricavi dei versamenti e dei prelevamenti” Corte di cassazione - Sezione tributaria - Sentenza 5 febbraio 2009 n. 2752 Caso: A seguito di indagini finanziarie condotte dalla Guardia di finanza nei confronti di un gioielliere e dell’emersione di ingenti versamenti di somme nei conti correnti bancari accertati che non trovavano corrispondenza in contabilità, l’ufficio delle Entrate rettificava la dichiarazione accertando ricavi non dichiarati . Difesa: Eccependo la legalità dell’accertamento delle movimentazioni bancarie, eseguito dalla Guardia di finanza, per mancanza dell’invito al contraddittorio in fase precontenziosa e producendo ricevute di numerose giocate al lotto effettuate nello stesso anno, il contribuente adiva la Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il ricorso, poi confermato dalla CRT. •Contro tale decisione ricorreva l’A.F.. A giudizio dell’ufficio, la Guardia di finanza, nell’acquisire le giustificazioni dei versamenti bancari contestati, aveva prodotto un prospetto delle giocate effettuate che avevano dato luogo a vincite, riportando gli estremi dell’agenzia, della giocata e della vincita, tralasciando di indicare, però, per ciascuna giocata vincente, il nome di colui che aveva riscosso gli importi delle vincite. Inoltre, sempre secondo l’ufficio, la Commissione tributaria regionale non aveva verificato la corrispondenza delle giocate, indicate dal contribuente, con i versamenti effettuati sul conto corrente bancario, oggetto di contestazione la Suprema Corte ritiene non sufficiente l’esibizione di ricevute che attestavano la vincita al gioco. È evidente che vi è la (legittima) preoccupazione di parte erariale volta a evitare l’aggiramento dell’obbligo di fornire indicazioni circa la provenienza dei versamenti mediante l’esibizione di vincite al gioco non nominative che potrebbero soccorrere ogni insufficienza probatoria da parte del contribuente. Si ritiene che il principio espresso dai giudici con la sentenza in commento vada opportunamente ponderato, e verificato di volta in volta, onde evitare di giungere a conseguenze prive di qualunque fondamento, anche giuridico. Appare condivisibile che non si possa affermare, sempre e comunque, che delle ricevute di vincita al gioco (al portatore) siano sufficienti per giustificare dei versamenti, ma appare altrettanto importante rimarcare che, se sussistono degli elementi che possano fondatamente ricondurre i versamenti alle vincite, l’onere di prova contraria può ritenersi assolto. Si pensi alla data dei versamenti e a quelle delle ricevute che attestano le vincite, alla coincidenza degli importi dei due eventi eccetera. Qualora non si volesse aderire a tale tesi, le conseguenze sarebbero abbastanza singolari e, per certi versi, imbarazzanti, perché occorrerebbe chiedersi come, in concreto, il contribuente possa dimostrare che le ricevute delle vincite siano proprio riconducibili a se medesimo, posto che non sono nominative e, soprattutto, la prova testimoniale nel processo tributario non è ammessa. Commissione tributaria regionale di Bologna - sentenza n. 72 depositata l'8 luglio 2009 Principio: • “Il versamento non giustificato sul conto corrente è prova di evasione fiscale ma lo è anche il mancato prelevamento di somme di denaro”. •Fatto. Gli organi verificatori avevano rilevato che in corrispondenza di versamenti in contanti (anche cospicui) sul conto cassa dell'attività professionale, non erano stati effettuati prelievi dal conto corrente del contribuente. •Il giudice della Ctp di Bologna si è spinto oltre il dato normativo. Ha ritenuto valido e corretto l'accertamento posto in essere dall'ufficio finanziario, riconoscendo la duplice valenza probatoria delle indagini bancarie. In primis realizzando la presunzione semplice i cui effetti sono espressamente regolati dalla norma. In secundis riconoscendo la natura di elemento indiziario, utilizzabile assieme ad altri, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d), del dpr n. 600/1973 al mancato prelevamento delle somme Sentenza n. 158/07 della Ctp di Bologna La presunzione “prelievi non giustificati = ricavi o compensi in nero” può essere vinta dal contribuente mediante la mera indicazione delle generalità del beneficiario del prelievo “…In mancanza della registrazione contabile, il contribuente può indicare le generalità del beneficiario. A questo proposito si deve tenere conto che, in tema di prelievi, il meccanismo presuntivo prelievi = compensi viene vinto alla semplice condizione che il contribuente si limiti a fornire le generalità del beneficiario della somma; in altre parole, la prova contraria idonea per vincere la presunzione è qui rappresentata dalla mera indicazione del nominativo dell’accipiens. La norma è inequivocabile: basta l’indicazione del beneficiario: e null’altro.” ESTENSIONE DELLE INDAGINI ALLE POSIZIONI DI TERZI SOGGETTI RISPETTO AL CONTRIBUENTE ISPEZIONATO Conti del contribuente sottoposto a verifica Conti di terzi L’estensione delle indagini ai conti “terzi” e l’applicazione delle presunzioni è ammessa se viene soddisfatto il seguente requisito: raccolta di prove gravi, precise e concordanti tramite le quali sia possibile riferire i conti “terzi” al contribuente sottoposto a controllo Ne consegue che, nel caso di conti terzi, viene meno l’automatica operatività delle presunzioni bancarie POSIZIONE ANGENZIA ENTRATE CIRCOLARE 32/E/2006 • Applicabilità delle indagini finanziarie anche relativamente ai rapporti intestati e alle operazioni effettuate esclusivamente da soggetti terzi a condizione che l’ufficio accertatore dimostri che la titolarità dei rapporti come delle operazioni è fittizia o superata in relazione alle circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie rilevate dalla documentazione bancaria acquisita. • Gli uffici devono acquisire la prova effettiva, anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti, che si sia realizzato il possesso di redditi per interposta persona e che, di conseguenza, detti redditi sono da imputare all’interponente anche se i redditi risultano formalmente dichiarati dall’interposto. Indagini finanziarie su conti di terzi Corte di Cassazione Sent. n. 17397 del 23.07.2010 In particolare, in relazione al secondo motivo, la presunzione di riferibilità dei conti dei familiari della legale rappresentante alla gestione sociale occulta non è stata ritenuta sulla base del solo fatto della ristrettezza della base familiare stessa, ma dalle ulteriori circostanze che i titolari dei conti non disponevano di mezzi propri che potessero giustificare spostamenti di così cospicue somme di denaro. Una volta ritenuta, su base presuntiva qualificata, la riferibilità dei conti dei familiari alla società, prende vigore la presunzione di cui all'art. 32 cit. a carico della società medesima, la quale è quindi onerata di prova circa la estraneità delle movimentazioni bancarie alla gestione sociale. Nella specie, la società nulla ha provato, né offerto di provare elementi a proprio favore, trincerandosi dietro affermazioni astratte tra cui quella secondo cui le valutazioni espresse nei PVC della Guardia di Finanza non sono assistiti da fede pubblica privilegiata, trascurando che non di fede privilegiata si tratta, ma di fatti costituenti presunzioni che rendono legittimo l'accertamento, determinando la inversione dell'onere della prova a carico del contribuente; prova, come si è detto, non data né offerta. Indagini finanziarie su conti di terzi Corte di Cassazione Ord. n. 19493 del 13.09.2010 …. L'estensione delle indagini bancarie anche a soggetti terzi rispetto alla società non può ritenersi illegittima in quanto tutti detti soggetti hanno riferimento nella società o quale amministratore e soci o quale congiunto di questi e, quindi, in una società, come nella specie, la cui compagine sociale e la cui amministrazione è riferibile ad un unico ristretto gruppo familiare ben si può ritenere che l'esistenza di tali vincoli sia sufficiente a giustificare la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari intestati a tali soggetti, salva naturalmente la facoltà di questi di provare la diversa origine di tali entrate (Cass. n. 1728 del 1999, 8683 del 2002, 13391 del 2003; 4357 del 2007, 6743 del 2007, 27032 del 2007, 19362 del 2008). Inoltre, diversamente da quanto sostenuto dalla società contribuente, la verifica può estendersi anche ai conti dei congiunti degli amministratori della società contribuente, essendo il rapporto familiare sufficiente a giustificare - salvo prova contraria - la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate sui conti bancari degli indicati soggetti (Cass. n. 18868 del 2007). Indagini finanziarie su conti di terzi Corte di Cassazione Sent. n. 20197 del 24.09.2010 È invero consolidato nella giurisprudenza di questa corte il principio che ai sensi dell'art. 51 primo comma del Dpr 633/1973, l'utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata, in caso di società di capitali, ai conti formalmente intestati all'ente, ma riguarda anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori generali, allorché risulti provata dall'Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell'intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all'ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati. Nella specie, risulta che i conti posti a base dell'accertamento erano formalmente intestati a soci e dipendenti della società, e che, invitati a fornire chiarimenti sulle causali delle movimentazioni rilevate, i soci intestatari dei rapporti esaminati si erano rifiutati di rispondere, e che due dipendenti avevano addirittura dichiarato di non essere a conoscenza della esistenza dei conti correnti bancari a loro intestati. Indagini finanziarie su conti di terzi Corte di Cassazione Sent. n. 21318 del 15.10.2010 Deve in proposito richiamarsi il principio, già affermato da questa Corte in subiecta materia, secondo cui il rapporto di coniugio o di parentela, ovvero la qualifica di amministratore, determinano un legame talmente stretto da realizzare una sostanziale identità di soggetti, tale da giustificare automaticamente, salvo prova contraria, l'utilizzazione dei dati raccolti (Cass., 1° aprile 2003, n. 4987; Cass, 5 ottobre 2007, n. 20860; Cass., 7 settembre 2007, n. 18868). Sotto tale profilo deve richiamarsi il condivisibile principio, già affermato da questa Corte in materia di società, ma estensibile all' imprenditore individuale (Cass., 21 dicembre 2007, n. 27032), secondo cui, sempre in materia di accertamenti bancari, decisivo rilievo ai fini indiziari può avere la mancata risposta della società contribuente ai chiarimenti richiesti dall'Ufficio circa i c/c bancari intestati a persone fisiche riconducibili alla società in ragione degli strettissimi rapporti con essa intercorrenti. Indagini finanziarie su conti di terzi LE VERIFICHE SUI CONTI DI TERZI Sentenza n. 20862 del 8.10.2010 È infatti assodato che in una società di capitali a base ristretta possono essere presi in considerazione i dati tratti dai conti bancari dei soci, ed anche dei congiunti di costoro, purché emergano dall'esame comparato dei dati elementi presuntivi ulteriori che facciano ritenere la riferibilità dei conti alla gestione sociale. In sostanza, grava sulla Amministrazione l'onere di esporre fatti costituenti presunzioni gravi precise e concordanti circa la asserita "confusione" patrimoniale tra soci, congiunti degli stessi e la società. Nella specie, con asserzione che non trova smentita nella motivazione della sentenza l'Ufficio ha riferito che nei conti in riferimento emergevano movimentazioni di denaro non giustificabili in relazione alla natura privata dei conti stessi. Idem sentenza Cass. 24 settembre 2010 n. 20197 Corte di cassazione - Sezione tributaria Sentenza 21 gennaio 2009 n. 1452 Caso: l'amministrazione finanziaria comunicava al contribuente di avere accertato dei proventi complessivi di importo superiore per l'anno in contestazione, sulla scorta della verifica svolta dalla Guardia di finanza nei riguardi della stessa società, e dei movimenti sui conti correnti intrattenuti con istituti di credito dal socio e amministratore unico della società, dal padre di questi, anch'egli socio e già coamministratore, e dalla madre, pure socia. Decisione: in tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, n. 7, e il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, autorizzano l'Ufficio finanziario a procedere all'accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente Principio •Il fisco può acquisire dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a conti di terzi, sulla base di elementi indiziari tra i quali può assumere rilievo decisivo la mancata risposta del contribuente alla richiesta di chiarimenti rivoltagli dall'Ufficio in ordine ai medesimi conti, e senza che l'utilizzabilità dei dati dagli stessi risultanti trovi ostacolo nel divieto di doppia presunzione, attenendo quest'ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un'altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame. •In sede di rettifica e di accertamento d'ufficio delle imposte sui redditi con metodo induttivo e sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37, le indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente devono ritenersi legittime, essendo il rapporto familiare sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari degli indicati soggetti. Corte di cassazione - Sezione tributaria - Sentenza 19 marzo 2009 n. 6617 Caso: indagini bancarie nei confronti di un contribuente che si difende deducendo che i conti bancari erano gestiti da un terzo (ragioniere e poi coniuge del contribuente stesso) per molteplici società da lui rappresentate. Decisione: per gli accertamenti nei confronti dei soggetti con obbligo di contabilità, di considerare direttamente come ricavi i prelevamenti e in generale consente di porre a base degli accertamenti i dati e gli elementi risultanti dai conti. Al fine di superare tale presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R 600/1973, art. 32 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività d'impresa), non è sufficiente al contribuente dimostrare genericamente di avere fatto affluire su un proprio conto corrente bancario, nell'esercizio della propria professione, somme affidategli da terzi in amministrazione, ma è necessario che egli fornisca la prova analitica della inerenza alla sua attività di maneggio di denaro altrui di ogni singola movimentazione del conto Principio • Per la Cassazione è erroneo il convincimento della C.T.R. sull'onere gravante a carico della amministrazione finanziaria di provare il coinvolgimento del TERZO nelle operazioni finanziarie del contribuente, come pure di provare l'esistenza di una capacità di spesa compatibile con l'ammontare dei suoi movimenti bancari. Corte di cassazione - Sezione tributaria - Sentenza 14 novembre 2008 n. 27186 •Tema. Estensione indagini finanziarie a posizione di terzi •Principio affermato. Non è possibile in modo pressoché automatico addebitare al contribuente sottoposto a un controllo fiscale gli esiti delle presunzioni scaturenti dalle indagini finanziarie su conti non intestati a tale contribuente ma a terzi. Al contrario, perché ciò avvenga è necessario che l’Amministrazione fornisca elementi probatori in tal senso e volti, quindi, a dimostrare sulla base di quali indizi si ritenga che determinate operazioni transitate su conti di terzi, per le quali non viene fornita alcuna giustificazione, debbano essere invece riferite e ricondotte al contribuente controllato. Corte di cassazione - Sezione tributaria - Sentenza 3 aprile 2009 n. 8127 Contesto: viene delimitato l’ambito di operatività dell’“intestazione fiduciaria”, sottraendo da questo istituto tutti i casi in cui, anche per motivi commerciali, ci si intesti il conto bancario di fatto gestito da un parente,. Decisione: colui che si intesta un conto corrente ne risponde sempre personalmente verso gli illeciti fatti ai terzi, anche se completamente ignaro delle operazioni scorrette Principio •Qualora un soggetto acconsenta, su richiesta dell’altro, di intestarsi un conto corrente in via fiduciaria, cioè con l’intesa che le somme che su di esso transitino sono di pertinenza dell’altro soggetto, che costui avrà in concreto la gestione del conto e che essa sarà, però, utilizzata per lo svolgimento di un’attività lecita di detto soggetto, l’intestatario del conto (fiduciario) è tenuto, per il fatto stesso di apparire verso i terzi come intestatario del conto ed a maggior ragione per il fatto di non averne la concreta gestione, a esercitare la necessaria vigilanza sul rispetto da parte di quel soggetto alla finalizzazione dell’utilizzo del conto corrente esclusivamente all’esercizio dell’attività, conforme agli accordi presi. Ne consegue che qualora l’intestatario ometta di esercitare tale vigilanza, disinteressandosi completamente della gestione del conto (astenendosi di controllare gli estratti conto e rimettendoli senza leggerli all’altro soggetto, firmando assegni in bianco che venivano riempiti dal medesimo e non preoccupandosi neppure di conoscere quale fosse l’importo accreditato), e l’altro soggetto utilizzi il conto corrente per realizzare un illecito in danno di terzi, l’intestatario del conto corrente può rispondere sul piano causale a titolo di imprudenza e negligenza ai sensi dell’art. 2043 codice civile, del danno cagionato ai terzi per effetto dell’illecito IMPORTANTE Corte di cassazione - Sezione tributaria Ordinanza 8 ottobre-14 novembre 2008 n. 27186 •Vicenda. Il fatto oggetto di contenzioso muove dal recupero a tassazione nei confronti di una Srl, a titolo di maggiori ricavi, delle operazioni finanziarie "non giustificate" rilevate sui conti intestati alla società e sui conti intestati ai soci. •Principio affermato. In altri termini, non è in base alla sola previsione del richiamato articolo 51, che possono attribuirsi alla società i movimenti rilevati sul conto dei soci se l'ufficio, sul quale incombe l'onere di provare la fondatezza della maggiore pretesa impositiva, non introduce nel giudizio elementi concreti che collegano quel conto alla società, elementi ovviamente "diversi e ulteriori" rispetto alla sola relazione (familiare o di altro tipo) tra l'intestatario del conto (il socio) e la contribuente (la società).