SOCIETA’ DI COMODO E
INTERPELLO DISAPPLICATIVO
a cura del dott. Giovanni Barbato
SOCIETA' di COMODO
• Le società di comodo sono state introdotte
nell'ordinamento tributario per penalizzare il cosiddetto
"abuso della persona giuridica". Lo ha specificato bene
la circolare delle Entrate n. 5/E/2007, con la quale è
stato affermato che «la richiamata disciplina intende
penalizzare quelle società che, al di là dell'oggetto
sociale dichiarato, sono state costituite per gestire il
patrimonio nell'interesse dei soci, anziché esercitare una
effettiva attività commerciale».
Una società è definita società di comodo, ex art. 30 della legge 724/1994,
quando non supera il test di operatività riguardo alla redditività e all’aumento di
rimanenze effettive, confrontate con un dato che emerge dal calcolo di ricavi
ipotetici, computati applicando agli asset determinate percentuali previste dalla
norma stessa. Se i ricavi effettivi sono superiori ai ricavi virtuali, il test di
operatività si considera superato. Nel caso il test non venga superato, la
società è dichiarata di comodo e subisce tre conseguenze (già previste dalla
normativa previgente):
1) deve dichiarare un reddito minimo, computato applicando agli asset delle
percentuali, seppur più ridotte rispetto a quelle utilizzate per il calcolo dei ricavi
virtuali;
2) vi sono limitazioni al riporto delle perdite pregresse;
3) vi sono limitazioni al riporto del credito Iva.
A partire dal 2012 la dichiarazione di società di comodo prevede una quarta
conseguenza: l’aliquota Ires per queste società è stata portata al 38%.
•
La normativa è stata introdotta dall'art. 30, L. 724/1994, sostituita dall'art.
3, co. 37-45, L. 662/1996, modificata dall'art. 35, co. 15 e 16, D.L. 4.7.2006,
n. 223, dall'art. 1, co. 109-118, L. 27.12.2006, n. 296 e, da ultimo, dall'art. 1,
co. 128, L. 24.12.2007, n. 244. A partire dall'esercizio in corso al 4.7.2006,
sono stati ridefiniti i parametri in base ai quali la società è considerata di
comodo (= non operativa) e ridefinita la misura del reddito minimo. Non è
più consentito, a partire dal medesimo esercizio, fornire, in sede di
accertamento la prova contraria dell'esistenza di oggettive situazioni che
non hanno consentito il conseguimento di ricavi, di incrementi di rimanenze
e di proventi, ma è necessario presentare preventivamente un interpello
disapplicativo (vedi sotto). Nuove ipotesi di configurazione di società di
comodo in caso di società in perdita fiscale, nonché una maggiorazione
dell'aliquota Ires del 10,50%, sono state previste dall'art. 2, co. 36-quinquies
e segg., D.L. 13.8.2011, n. 138.
NOVITA IN MATERIA DI SOCIETÀ DI
COMODO D.L. 138/11
Nuova fattispecie di
Società non operativa:
Perdita fiscale reiterata
Applicazione aliquota Ires
al 38%
NUOVA IPOTESI D.L. 138/11
• Tre esercizi di perdite fiscali consecutive
Dal quarto anno, dopo il triennio di perdite
La società è considerata di comodo
Reddito minimo
Limiti all’utilizzo
Del credito
Iva
Irriportabilità delle
Valore della
Perdite se non
Produzione minimo
In presenza di
Ai fini Irap
Redditi effettivi
NUOVA IPOTESI D.L. 138/11
• Società in perdita sistemica: perdita è reiterata per soli due
anni ed il terzo è in utile, ma con un risultato positivo
inferiore a quello che si sarebbe determinato con il test di
redditività
• Situazione uguale al triennio di perdita fiscale reiterata:
dall’anno successivo la società è non operativa
Si consideri al riguardo il seguente esempio: Alfa S.r.l. è una società con
esercizio coincidente con l'anno solare; dal 2009 al 2011 inclusi (cd. "periodo di
osservazione") presenta delle perdite fiscali; nel 2012 sarà (1)non operativa.
Esempio n. 1
Il secondo caso è stato introdotto dall'art. D.L. 138/2011,2, co. 36-undecies
secondo cui "il comma 36-decies trova applicazione anche qualora, nell'arco
temporale di cui al medesimo comma, le società e gli enti siano per due
periodi d'imposta in perdita fiscale ed in uno abbiano dichiarato un reddito
inferiore all'ammontare determinato ai sensi dell'articolo 1994 del . 724
nlegge30,
comma
3,
della
citata
".
E' bene osservare che tale situazione, è sostanzialmente diversa dalla
precedente: qui infatti viene previsto un periodo di osservazione triennale in cui
un soggetto presenti (anche non consecutivamente) due periodi in perdita
fiscale e un periodo con un reddito inferiore alla soglia minima determinata
applicando le disposizioni sulle "società di comodo" di cui all'art. 30, L.
724/1994.
Esempio n. 2
Società soggette alla disciplina
• L'art. 30, L. 724/1994 si applica a tutte le società commerciali di
persone e di capitali assoggettate a tassazione in Italia. Sono quindi
comprese S.n.c., S.a.s., S.p.a., S.a.p.a., soggetti equiparati ex art. 5,
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e le società di ogni tipo non
residenti con stabile organizzazione in Italia.
• La disciplina si applica a prescindere dall'applicazione della
contabilità semplificata o ordinaria.
• Sono escluse le società cooperative, società consortili e di mutua
assicurazione e enti commerciali e non commerciali residenti (C.M.
26 febbraio 1997, n. 48; 4 maggio 2007, n. 25/E)
LE DISPOSIZIONI NON SI APPLICANO
(ART. 30 L. 724/1994)
• 1) ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto
obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali;
• 2) ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta;
• 3) alle società in amministrazione controllata o straordinaria;
• 4) alle società ed enti che controllano società ed enti i cui
titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri,
nonché alle stesse società ed enti quotati ed alle società da
essi controllate, anche indirettamente;
• 5) alle società esercenti pubblici servizi di trasporto;
• 6) alle società con un numero di soci non inferiore a 50;
LE DISPOSIZIONI NON SI APPLICANO
(ART. 30 L. 724/1994)
• 6-bis) alle società che nei due esercizi precedenti hanno
avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità;
• 6-ter) alle società in stato di fallimento, assoggettate a
procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta
amministrativa ed in concordato preventivo;
• 6-quater) alle società che presentano un ammontare
complessivo del valore della produzione (raggruppamento A
del conto economico) superiore al totale attivo dello stato
patrimoniale;
• 6-quinquies) alle società partecipate da enti pubblici almeno
nella misura del 20 per cento del capitale sociale;
• 6-sexies) alle società che risultano congrue e coerenti ai fini
degli studi di settore
SOCIETÀ NON OPERATIVE
Le nuove cause di esclusione con i
chiarimenti della cir. 9/08
1) Numero di soci non inferiore a 50
(e non più non inferiore a 100)
La causa di esclusione deve manifestarsi per la maggior parte del
periodo d’imposta
2) Due esercizi precedenti dipendenti mai inferiore a 10 unità
Non si tratta di dato medio, bensi’ in ciascuno dei giorni del biennio
precedente non deve esservi un numero dipendenti inferiori a dieci
3) Valore della produzione > totale attivo stato patrimoniale
Il test va eseguito nell’esercizio di riferimento e non anche in quelli
precedenti
SOCIETÀ NON OPERATIVE
Le nuove cause di esclusione con
i chiarimenti della circ. 9/08
4) Società partecipate per almeno il 20 % da enti pubblici
Partecipazione deve sussistere per la maggior parte del periodo
d’imposta
5) Fallimenti, liquidazioni giudiziarie, liquidazione
amministrativa e concordato preventivo
coatta
6) Congruità e coerenza rispetto agli studi di settore
La congruità per adeguamento deve avvenire al valore puntuale,
determinato considerando anche gli indici di normalità economica
Non vale per le società soggette a parametri. Nell’esercizio di
riferimento e non nel triennio
SOCIETÀ NON OPERATIVE
Le nuove cause di esclusione con i chiarimenti
della circ. 9/08
Cause che permettono disapplicazione senza interpello
•
Società in liquidazione che in Unico si impegnano a chiudere la
liquidazione entro il termine di presentazione dichiarazione
successiva (impegno in Unico 2009 entro il 30.9.2010).
•
Società in procedura concorsuale: la causa di esclusione opera
anche dall’esercizio precedente
•
Società sottoposte a sequestro penale o confisca o siano stati
nominati amministratori giudiziari
•
Società che locano immobili a enti pubblici o in regime di equo
canone. Disapplicazione parziale limitata agli immobili
SOCIETÀ NON OPERATIVE
Le nuove cause di esclusione con i chiarimenti
della circ. 9/08
Altre cause che permettono disapplicazione senza interpello
5) Società che detengono partecipazioni in società operative o escluse
dall’articolo 30 ( anche tramite interpello) o società collegate cui si
applica la disciplina art. 168. Disapplicazione parziale limitata limitata
alle partecipazioni
6) Società che hanno ottenuto la disapplicazione tramite interpello se
non sono cambiati i motivi
Disapplicazione parziale: gli assets esclusi comportano che
vanno esclusi anche i componenti economici ad essi correlati:
es. immobile locato a ente pubblico > esclusi gli affitti dal test
di operatività Validità gia dal 2007 di tutte le nuove cause di
esclusione
• Tali soggetti non devono presentare
interpello disapplicativo:
l'esclusione dalla disciplina delle società di
comodo opera in modo automatico.
CAUSE di DISAPPLICAZIONE
•
•
•
•
•
A fianco alle cause di esclusione in precedenza elencate sono presenti ulteriori cause
di disapplicazione introdotte dal Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle
Entrate 14 febbraio 2008, n. 23681 (l'art. 1, co. 128, lett. f), L. 24 dicembre 2007, n.
244 ha inserito il co. 4-ter nell'art. 30 della L. 724/1994, il quale prevede che con
Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate possano essere individuate
situazioni oggettive, in presenza delle quali è consentito disapplicare la disciplina
delle società non operative, senza la previa presentazione dell'istanza d'interpello ex
art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600).
società in stato di liquidazione, purché assumano in sede di dichiarazione dei redditi
l'impegno a richiedere la cancellazione dal registro delle imprese entro il termine di
presentazione della dichiarazione dei redditi successiva;
società in stato di fallimento, assoggettate a liquidazione giudiziarie e liquidazione
coatta amministrativa, società in concordato preventivo e in amministrazione
straordinaria. La causa opera in relazione a tutti i periodi d'imposta precedenti
all'inizio delle procedure concorsuali, i cui termini di presentazione della dichiarazione
dei redditi scadono successivamente all'inizio delle procedure;
società sottoposte a sequestro penale o a confisca (ex artt. , L. 31 maggio 1965, n.
575nonies e 2-sexies2- e nei casi in cui il tribunale in sede civile abbia disposto la
nomina di un amministratore giudiziario);
società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in
locazione ad enti pubblici ovvero locati a canone vincolato ex L. 9 dicembre 1998, n.
431.
REDDITO MINIMO
Qualora la media triennale dei ricavi effettivi risulti inferiore alla media triennale
presunta calcolata con i criteri sopra indicati, il reddito delle società considerate
di comodo non potrà essere inferiore alla somma delle seguenti quantità:
• 1,50% del valore delle quote, azioni o obbligazioni, ecc.;
• 4,75% del valore degli immobili (terreni e fabbricati) e delle navi posseduti.
Ai sensi dell'art. 30, co. 3, lett. b), L. 724/1994, come modif. dall'art. 1, co.
109, lett. f), L. 296/2006, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al
4.7.2006, la percentuale è ridotta al 3% in relazione alle immobilizzazioni
costituite da beni immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati
nell'esercizio e nei due precedenti; a decorrere dall'esercizio successivo a
quello in corso al 31.12.2007 la percentuale è ridotta al 4% per gli immobili
classificati in A/10 e allo 0,90% per tutti gli immobili ubicati in comuni con
meno di 1.000 abitanti;
• 12% del valore delle altre immobilizzazioni (anche se in leasing).
SOCIETA' in PERDITA
• le società e gli enti ai quali è applicabile la disciplina delle società di
comodo sono considerati non operativi a decorrere dal quarto
periodo d'imposta se nei tre precedenti hanno presentato
dichiarazioni in perdita fiscale, oppure due dichiarazioni in perdita e
una con un reddito inferiore a quello minimo previsto dalla L.
724/1990. E' ammessa la presentazione di interpello disapplicativo
• La disposizione si applica dal periodo successivo a quello in corso
al 17.9.2011 e della stessa di deve tener conto nel versamento degli
acconti per tale esercizio (esercizio solare 2012, se ricorrono le
condizioni negli esercizi 2009, 2010 e 2011).
ALIQUOTA IRES:
• per le società non operative l'aliquota Ires è
maggiorata del 10,5% e passa quindi al 38%
dagli esercizi successivi a quello in corso al
17.9.2011. La maggiorazione si applica anche ai
redditi attribuiti per trasparenza ai soggetti Ires e
alle società partecipanti al consolidato
nazionale. La società in trasparenza fiscale ai
sensi degli artt. 115 e 116 o partecipanti al
consolidato nazionale determinano e versano
autonomamente la maggiorazione d'imposta
del 10,50%.
INTERPELLO
DISAPPLICATIVO
• in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il
conseguimento di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi di
importo, nonché del reddito almeno pari a quello presunto, la società
interessata può richiedere all'Agenzia delle Entrate la
disapplicazione delle disposizioni antielusive ai sensi dell'art. 37-bis,
co. 8, D.P.R. 600/1973 (cd. interpello disapplicativo). Analoga
disapplicazione deve essere richiesta nell'ipotesi di "periodo di non
normale svolgimento dell'attività " che, prima del D.L. 223/2006,
operava come causa di esclusione automatica dalla normativa sulle
società di comodo.
• Non erano tenute a presentare interpello disapplicativo
le società non operative nel periodo d'imposta in corso al
4.7.2006 o al 31.12.2007, che deliberassero lo
scioglimento o la trasformazione in società semplice; in
tale ipotesi le citate società:
• potevano avvalersi della cd. disciplina sullo scioglimento
agevolato di cui al co. 111 e segg., dell'art. 1, L.
296/2006;
• non aveva applicazione alle stesse la disciplina di cui
all'art. 30, L. 724/1994 per il periodo d'imposta in corso
al 4.7.2006 o al 31.12.2007 ed eventualmente per quello
anteriore allo scioglimento o alla trasformazione.
• Si noti che, secondo l'Agenzia delle Entrate, l'istanza di
disapplicazione della disciplina in materia di società non
operative rientra tra quelle "obbligatorie "; se il
contribuente non vi ha provveduto, in sede di controllo
l'ufficio potrà irrogare (oltre alle sanzioni "ordinarie") la
sanzione amministrativa ex art. 11, co. 1, lett. a), D.Lgs.
18 dicembre 1997, n. 471, per omessa comunicazione,
compresa tra euro 258 ed euro 2.065 (cfr. C.M. 14
giugno 2010, n. 32).
MODALITA' di PRESENTAZIONE
dell'ISTANZA di INTERPELLO
• l'istanza di interpello deve essere spedita al direttore regionale
dell'Agenzia delle Entrate competente per territorio a mezzo
raccomandata con ricevuta di ritorno.
L'istanza deve riportare, a pena di inammissibilità :
• i dati identificativi del contribuente e del suo legale rappresentante;
• l'indicazione dell'eventuale domiciliatario presso cui sono effettuate
le comunicazioni;
• la sottoscrizione del contribuente e del suo legale rappresentante.
L'istanza deve:
• descrivere compiutamente il caso concreto;
• indicare le oggettive situazioni che hanno impedito alla società di superare il
test di operatività o di conseguire un reddito almeno pari a quello minimo
presunto (ad esempio, crisi del settore, liquidazione volontaria salvo
eccezioni, ecc. - si vedano al riguardo la C.M. 26.2.1997, n. 48/E e la C.M.
13.3.2007, n. 14/E);
• essere corredata degli atti e dei documenti necessari alla corretta
individuazione e qualificazione del caso concreto;
• essere presentata, avendo l'interpello carattere preventivo, in tempo utile
perché si possa ottenere risposta prima del termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi (si veda al riguardo la C.M. 15.3.2007, n. 14/E).
Prova contraria da fornire
•
La formulazione del co. 4-bis, art. 30, L. 724/1994, è molto chiara nel
riconoscere che la prova contraria del contribuente possa riguardare sia la
condizione di non operatività (individuata in base al confronto con i ricavi, gli
incrementi di rimanenze ed i proventi), sia il reddito minimo (è da ritenere
anche l'imponibile minimo Irap che a questo è strettamente legato) e le
operazioni rilevanti ai fini Iva.
•
Per quanto riguarda la condizione di società non operativa, il soggetto potrà
evidenziare le circostanze che hanno impedito il raggiungimento della soglia
minima di componenti presuntivi e che, quindi, giustificano la minor entità di
componenti positivi dichiarati e risultanti dalla contabilità.
•
Tuttavia, anche in mancanza di una simile prova contraria, il soggetto
(considerato non operativo) può tuttavia contestare le ulteriori presunzioni
poste dalla normativa, evidenziando ulteriori condizioni che hanno impedito
il raggiungimento dell'imponibile minimo o del livello minimo di operazioni
Iva (così anche la C.M. 2 febbraio 2007, 5/E).
•
Per quanto riguarda la determinazione del reddito minimo, in particolare,
avranno un ruolo significativo le circostanze relative ai componenti negativi,
in grado di dimostrare la "non fittizietà " del reddito effettivamente dichiarato
dal contribuente.
•
E' dubbio se nel caso delle società in perdita siano proponibili in sede di
interpello le dette "oggettive situazioni", siano proponibili in sede di
interpello le dette "oggettive situazioni", in quanto la qualificazione come
società di comodo prescinde dal mancato superamento del test di
operatività. Pur in mancanza di indicazioni normative, appare presumibile
che le motivazioni che le società in perdita possono porre a base delle loro
istanze debbano riguardare, ad esempio, la economicità del comportamento
imprenditoriale, da valutare tenendo conto della complessiva situazione
contrattuale e aziendale, e la presenza di situazioni particolari che
potrebbero aver causato i risultati negativi".
•
Nell'istanza di interpello disapplicativo per le società in perdita sistematica,
vanno evidenziate, sposando la tesi della Circolare n. 25/IR/2011, le
situazioni particolari alla base dei risultati negativi (perdite nel triennio)
dimostrando inoltre come le stesse siano indipendenti dalla volontà del
contribuente.
Interpello disapplicativo società in perdita
Circolare Irdcec n. 25/IR del 31 ottobre 2011
“… le motivazioni che le società in perdita possono porre a base delle loro
istanze debbano riguardare, ad esempio, la economicità del comportamento
imprenditoriale, da valutare tenendo conto della complessiva situazione
contrattuale e aziendale, e la presenza di situazioni particolare che
potrebbero aver causato i risultati negativi.
Sono state, al riguardo, prospettate le situazioni delle imprese che
producono redditi a formazione pluriennale (ad esempio quelle di
costruzione immobiliare), per le quali a tre anni di perdita può far seguito un
quarto esercizio nel quale sono dichiarati i ricavi relativi all’attività svolta nel
predente triennio.”
•
•
•
Il direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate deve comunicare il
provvedimento di accoglimento (o di rigetto) dell'istanza entro 90 giorni dalla
data di sua presentazione a mezzo raccomandata, fax o posta elettronica.
Inoltre, se l'istanza non riporta i dati sopra evidenziati, l'Agenzia può
richiedere ulteriori elementi istruttori; tale richiesta sospende il termine per
l'emanazione del provvedimento del direttore regionale.
Avverso il rigetto dell'istanza non è ammesso ricorso (C.M. 2.2.2007, n. 5/E
e C.M. 3.3.2009, n. 7/E) in quanto la risposta dell'Agenzia delle Entrate non
è vincolante per il contribuente. L'accoglimento dell'istanza consente invece
al contribuente di dichiarare, ai fini Ires (o Irpef) il reddito effettivamente
conseguito.
La presentazione dell'istanza di interpello non precludono la possibilità di
riproporre la questione relativa all'operatività della società o dell'ente di
fronte ai giudici tributari mediante impugnazione dell'eventuale avviso di
accertamento emesso a seguito del rigetto dell'istanza stessa da parte del
direttore regionale. La mancata presentazione dell'interpello disapplicativo
preclude invece tale impugnazione.
• Secondo l'Agenzia delle Entrate il provvedimento di diniego alla
disapplicazione è un atto non impugnabile (cfr. C.M. 14 giugno
2010, n. 32); tuttavia, la Corte di Cassazione con sentenza 15
aprile 2011, n. 8663 ha diversamente sancito che lo stesso è da
considerare alla stregua di un provvedimento di diniego di
un'agevolazione e che, pertanto, lo stesso risulta autonomamente
impugnabile in sede di contenzioso tributario.
• La Circolare n. 25/IR/2011 del Cndcec afferma la necessità di
impugnare il provvedimento che nega la disapplicazione della
disciplina sulle società non operative, pena l'impossibilità di far
valere le proprie ragioni in sede di ricorso avverso il successivo
avviso di accertamento
Esito dell'istanza di interpello
Il Direttore dell'Agenzia delle Entrate deve provvedere, entro i
successivi 90 giorni a rispondere all'istante. In caso di:
• esito positivo dell'istanza, la società, considerata a tutti gli effetti
"operativa", non sarà tenuta all'applicazione della disciplina delle
società di comodo. In pratica, la società non dovrà effettuare la
verifica di operatività e calcolare le imposte sui valori minimi richiesti
normativamente e non subirà altresì le limitazioni proprie delle
società di comodo (Ires maggiorata al 38%, limiti alla
compensazione/rimborso dei crediti Iva ed utilizzo/riporto delle
perdite);
• esito negativo dell'istanza, alla società, dal 2012,
risulterà applicabile la disciplina di cui all'art. 30, L.
724/1994 e, pertanto, sarà tenuta a dichiarare i valori
minimi richiesti normativamente ai fini Ires/Irap, verserà
l'Ires con aliquota maggiorata al 38%, subendo, inoltre,
le limitazioni proprie delle società di comodo (limiti alla
compensazione/rimborso dei crediti Iva e riporto delle
perdite). Si noti, inoltre, che già in sede di presentazione
della dichiarazione dei redditi per il 2011 (Mod. Unico
2012) la società sarà tenuta al versamento degli acconti
2012 con l'aliquota Ires del 38% (in luogo del 27,5%),
fatta salva la possibilità di utilizzare il metodo
previsionale
ACCOGLIMENTO PARZIALE
dell'ISTANZA
•
sussiste la possibilità di ottenere una parziale disapplicazione delle norme
sulle società di comodo. In particolare, è possibile ottenere la
disapplicazione ai soli fini Irap e Iva allorquando il contribuente, pur non
avendo superato il test di operatività, abbia conseguito un reddito effettivo
superiore a quello minimo, in quanto lo stesso contribuente è comunque
considerato non operativo. Parimenti, la disapplicazione ai soli fini delle
imposte sui redditi può essere concessa nel caso in cui il contribuente non
abbia superato il test di operatività e abbia un reddito effettivo inferiore a
quello minimo, qualora il mancato raggiungimento del reddito minimo non
sia dovuto a minori ricavi (ad esempio, per crisi settoriale) ma a costi di
carattere straordinario (C.M. 5/E/2007).
• Con la sentenza 17010/2012 la Corte di
cassazione è tornata a pronunciarsi sulla
impugnabilità dell’“interpello disapplicativo” di cui
all’articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973,
fornendo delle argomentazioni diverse da quelle
contenute nella sentenza 8663/2011
•
•
•
•
•
Dopo aver richiamato quanto disposto dalla sentenza 8663/2011, la Corte
ha precisato di doversi discostare dalla stessa nei limiti e nei sensi di
seguito precisati.
In primo luogo, la Corte ritiene di non condividere la tesi secondo cui la
risposta negativa all’interpello in esame si qualificherebbe come diniego di
agevolazione fiscale, con la naturale conseguenza dell’onere di
impugnazione, in mancanza della quale l’atto diviene intangibile.
Sul piano strettamente tecnico va, infatti, esclusa l’equiparazione tra
“agevolazione fiscale” e “disapplicazione di norma antielusiva”, rispondendo
a ratio e finalità completamente diverse.
In secondo luogo, non è invocabile nel caso in esame la norma di chiusura
di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 19, in quanto né nella legge né
nel relativo regolamento di attuazione (né, peraltro, nella prassi costante
dell’Amministrazione finanziaria) si prevede l’autonoma impugnabilità del
provvedimento in esame.
Di qui il primo punto fermo della vicenda: il provvedimento di
disapplicazione non può essere ritenuto obbligatoriamente
impugnabile, dovendosi escludere, per ovvie ragioni di certezza dei
rapporti giuridici e di tutela del diritto di difesa, che possa essere introdotta
per via interpretativa una decadenza del contribuente dal diritto di
contestare una pretesa tributaria, decadenza inevitabilmente conseguente
alla sola omessa impugnazione di uno degli atti tassativamente elencati
nell’articolo 19.
•
•
•
Ciò posto, la Corte di cassazione, ancorandosi a un orientamento
consolidato e basato sui principi costituzionali di tutela del contribuente e di
buon andamento della Pubblica amministrazione, ha tuttavia ritenuto che la
natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili di cui all’articolo 19
non comporta che l’impugnazione di atti diversi da quelli ivi specificamente
indicati sia in ogni caso da ritenere inammissibile.
E ciò in quanto sorge in capo al contribuente, già al momento di ricezione
della notizia, l’interesse ex articolo 100 cpc a chiarire, con pronuncia idonea
ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla
stessa e, quindi, a invocare una tutela giurisdizionale di controllo della
legittimità sostanziale della pretesa impositiva.
L’unica rilevante differenza rispetto agli atti elencati nell’articolo 19 è che la
mancata impugnazione di atti non tassativamente ivi elencati non determina
alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità da parte del
contribuente di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento
allorché la stessa si traduca in un atto impositivo espressamente
menzionato nell’articolo 19.
Mancata presentazione dell'istanza
di interpello
•
La mancata presentazione dell'istanza di interpello disapplicativo non
preclude alcuna difesa in sede di ricorso contro l'eventuale successivo
avviso di accertamento.
•
L'Agenzia delle Entrate ha infatti ammesso, discostandosi dai precedenti
orientamenti, che avverso l'eventuale avviso di accertamento può essere
proposto ricorso anche se il contribuente non ha presentato istanza di
interpello disapplicativo, dimostrando quindi in tale sede la sussistenza delle
esimenti (Crf. C.M. n. 32/2010): " (...) deve pertanto considerarsi superata
l'indicazione, contenuta da ultimo nella citata Circolare n. 7/E del 2009, con
riferimento specifico alle istanze di interpello disapplicativo della disciplina
delle società non operative, secondo cui "In assenza di presentazione
dell'istanza, il ricorso è inammissibile considerato che la disapplicazione
non è ammessa in assenza della relativa istanza, che non può essere
proposta per la prima volta in sede contenziosa col ricorso avverso l'avviso
di accertamento e di irrogazione delle sanzioni amministrative".
ACCERTAMENTO INDUTTIVO
• per i soggetti societari "di comodo" che non si
sono adeguati al reddito "minimo" e che non
hanno presentato interpello disapplicativo,
ovvero l'hanno presentato ma gli è stato respinto
e non si sono adeguati, è prevista l'applicazione
dell'accertamento induttivo ai sensi dell'art. 41bis, D.P.R. 600/1973 mediante notifica di
accertamento parziale.
Spett.le
Agenzia delle Entrate
Direttore regionale per _____________________
per il tramite di:
Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di _____________________
Oggetto: istanza di disapplicazione per l'esercizio 2012 delle disposizioni dell'art. 2, co.
36-decies e segg., D.L. 138/2011, ai sensi dell'art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 600/1973
La società ____________, con sede in ________________ telefax __________,
pec ______________, in persona del suo legale rappresentante _____________,
premesso
a) che in tutte le dichiarazioni dei redditi relative agli esercizi 2009, 2010, 2011 (allegate
in copia) la scrivente ha evidenziato una perdita fiscale, con ciò verificandosi l'ipotesi
indicata dall'art. 2, co. 36-decies, D.L. 138/2011;
b) che, pertanto, con riferimento all'esercizio 2012, la società è considerata in perdita
sistematica e dunque "non operativa";
c) che la scrivente non rientra in alcuna delle cause di esclusione dalla disciplina, né nelle
ipotesi di disapplicazione previste dal provvedimento 11 giugno 2012 del Direttore
dell'Agenzia delle Entrate;
d) che si sono verificate situazioni oggettive che hanno impedito alla scrivente di
evidenziare un reddito fiscale in taluno dei tre esercizi sopra richiamati;
fa istanza a Codesto Spettabile Direttore regionale affinché disponga, con riferimento
all'esercizio 2012, la disapplicazione delle disposizioni in materia di società in perdita
sistematica, ai fini dell'Ires, dell'Iva e dell'Irap, ai sensi dell'art. 30, co. 4-bis, L. 724/1994
e dell'art. 37-bis, co. 8, D.P.R. 600/1973, richiamati dal citato art. 2, co. 36-decies, D.L.
138/2011; sulla base delle seguenti
situazioni oggettive riferite all'esercizio sociale chiuso al 31 dicembre 2011
PREMESSA
La società svolge attività di gestione immobiliare, concedendo in locazione a terzi gli
immobili posseduti (si allega prospetto contenente l'elenco degli immobili, con i dati
relativi a quelli locati).
La società, per finanziare l'acquisizione di taluni immobili da destinare alla locazione, ha
in passato stipulato contratti di locazione finanziaria (si allega copia dei contratti di
locazione finanziaria in essere nell'esercizio 2011).
La società ha già ottenuto, nell'anno 20xx, l'accoglimento dell'istanza di disapplicazione
con riferimento al test di operatività di cui all'art. 30, L. 724/1994, con il riconoscimento
dell'esistenza di situazioni oggettive che impediscono il conseguimento di ricavi almeno
pari a quelli minimi di legge. Detta disapplicazione è tuttora valida non essendo mutate le
condizioni che la giustificavano.
SITUAZIONE OGGETTIVA AFFERENTE l'ESERCIZIO 2011
Nell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2011, la perdita fiscale ed il mancato conseguimento
di un margine operativo lordo (mol) positivo sono stati esclusivamente determinati da una
situazione oggettiva costituita dall'esistenza di taluni contratti di leasing con i quali la
società ha finanziato gli investimenti immobiliari.
I canoni di locazione finanziaria, applicando i principi contabili italiani, sono stati imputati
a conto economico e dedotti fiscalmente ai sensi dell'art. 102, co. 7, D.P.R. 917/1986.
Tale modalità di contabilizzazione del costo dell'investimento genera, rispetto ad un
acquisto diretto (ovvero rispetto all'iscrizione in bilancio del leasing con metodo
finanziario), una contrazione del risultato, sia civilistico che fiscale, provocando la perdita
fiscale e il mol negativo.
A conferma di ciò si fa presente che la società, nel citato esercizio 2011, qualora avesse
invece contabilizzato il leasing con il metodo finanziario previsto dallo Ias 17, avrebbe
conseguito, come si evince dal prospetto di seguito riportato, un margine operativo lordo
(mol) positivo, che avrebbe determinato l'insorgenza della causa di disapplicazione
automatica prevista dalla lett. f), provvedimento 11 giugno 2012; ciò in quanto si
sarebbero imputati nel conto economico, anziché i canoni alla voce B8 (rilevante per il
mol), quote di ammortamento alla voce B10 e interessi passivi alla voce C17, voci
entrambe irrilevanti per il calcolo del mol.
VALENZE PRESUNTIVE ED ULTIMI
PERCORSI DI PRASSI E
GIURISPRUDENZA SULLE
INDAGINI FINANZIARIE
a cura del dott. Giovanni Barbato
Le nuove indagini finanziarie
I “NUOVI”ACCERTAMENTI BANCARI
ALLA LUCE DELLA FINANZIARIA 2005
Il riferimento normativo (legge 311/2004) è costituito dai commi 402,
403, 404 che apportano delle modifiche ai due articoli “principe” in
materia di poteri istruttori: art. 32 DPR 600/73 e art. 51 DPR 633/72.
La novella legislativa cerca di soddisfare alcune carenze del
passato in materia di accertamenti bancari, scegliendo, come
strategia di base, quella di aumentare i poteri affidati agli organismi
di controllo.
• Il legislatore è intervenuto sotto tre punti di vista:
contenutistico;
procedurale;
accertativo.
Le nuove indagini finanziarie
MODIFICHE CONTENUTISTICHE
Finanziaria 2005
Duplice ampliamento
contenutistico delle
regole in materia di
accertamenti bancari
Ampliamento delle
categorie di operatori cui
è possibile indirizzare la
richiesta di dati e notizie
Ampliamento delle
tipologie di richieste,
molto più variegate
rispetto al passato
Le nuove indagini finanziarie
• La Finanziaria 2005 amplia notevolmente le tipologie di soggetti
a cui le richieste possono essere indirizzate: non solo banche e
Poste italiane, ma anche:
•
intermediari finanziari,
• organismi di investimento collettivo,
• società di gestione del risparmio,
•
società fiduciarie.
Le nuove indagini finanziarie
• Con riferimento al contenuto delle informazioni viene finalmente
superato il limite derivante dalla nozione di “conti intrattenuti”: gli
organismi di controllo possono chiedere, previa autorizzazione
delle autorità competenti, “dati, notizie e documenti relativi a
qualsiasi rapporto intrattenuto e operazione effettuata, ivi
compresi i servizi prestati, con il loro clienti, nonché alle
garanzie prestate da terzi”. La nuova formulazione normativa è, a
chiare lettere, onnicomprensiva: potranno essere richiesti dati in
merito a tutte le operazioni dirette e indirette realizzate ad uno
sportello bancario, le operazioni di investimento realizzate
attraverso fiduciarie o organismi di investimento e risparmio, le
operazioni sulle cassette di sicurezza.
Tra i conti acquisibili rientrano quelli intestati, cointestati e
comunque nella disponibilità del contribuente. A tale fine
la circolare n. 32 /2006 chiarisce come :
sono confermate le istruzioni contenute nella cir. 116/1996
in merito alla possibilità di acquisire i conti sui quali il
contribuente può operare per effetto di un mandato;
non è però più necessaria una doppia richiesta
all’intermediario e non è prevista una specifica
autorizzazione.
50
Le nuove indagini finanziarie
MODIFICHE PROCEDURALI
Finanziaria 2005
Duplice novità procedurale in
materia di accertamenti bancari
La via telematica diventa la via
esclusiva per la richiesta di dati
Cambiamento ( riduzione) dei
termini temporali per l’evasione
della richiesta (30 giorni)
• Le indagini finanziarie rilevano sotto un profilo
procedurale per:
• la modalità di richiesta dati: la via telematica diventa la
via “esclusiva”. Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate con
provvedimento 68538 del 28.04.2006 ha fissato la
decorrenza delle nuove disposizioni al 1° settembre
2006.
• la riduzione dei termini temporali: le risposte devono
pervenire entro un termine fissato dagli uffici che non può
essere, comunque, inferiore a 30 giorni (prima erano 60)
e che può essere prorogato su richiesta per un periodo di
20 giorni (prima era di 30).
Fino al 1° gennaio 2006 il Fisco può chiedere tutte le
informazioni contenute nell’archivio unico informatico
antiriciclaggio registrate nel 2005, vale a dire solo sulle
operazioni fuori conto poste in essere per importi
superiori a 12.500 euro (in precedenza 10.329,1 euro
pari a 20 milioni di lire).
Dal 1° gennaio 2006 gli intermediari finanziari devono
rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi di ogni
soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o
effettui, per conto proprio o a nome di terzi, qualsiasi
operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle
effettuate mediante versamento in conto corrente
postale per importo unitario inferiore a 1.500 euro.
Dal 1° settembre 2006 gli accertamenti on line sono
estesi a tutte le altre operazioni fuori conto.
MODALITÀ PROCEDURALI
• redazione della bozza di richiesta d’indagine finanziaria a cura dei
funzionari/militari interessati;
• approvazione della bozza di richiesta d’indagine finanziaria da parte
del responsabile dell’Ufficio o Comando;
• invio della richiesta di autorizzazione al competente ente
sovraordinato, competente per l’autorizzazione;
• rilascio dell’autorizzazione dell’ente sovraordinato;
• trasmissione, a cura dell’Ufficio/Reparto operante, della richiesta
d’indagine finanziaria, completa degli estremi dell’autorizzazione,
agli operatori finanziari selezionati, previa sottoscrizione da parte
dell’responsabile/ufficiale dotato di firma digitale;
• gestione delle risposte e monitoraggio delle richieste e delle risposte.
L’AUTORIZZAZIONE dell’organo sovraordinato
all’ufficio o comando procedente
direttore centrale dell’accertamento
dell’Agenzia delle entrate
direttore regionale dell’Agenzia delle
entrate
comandante regionale del Corpo della
Guardia di Finanza
L’AUTORIZZAZIONE dell’organo
sovraordinato all’ufficio o comando
procedente
Requisiti di
legittimità
Gli organi
competenti al
rilascio
dell’autorizzazione
devono valutare
Requisiti di merito
Circolare 32/E
VIZI DELL’AUTORIZZAZIONE
• L’autorizzazione, qual atto preparatorio allo svolgimento
della fase endoprocedimentale dell’istruttoria, non
assume rilevanza esterna, autonoma ai fini della sua
immediata impugnabilità in quanto non immediatamente
né certamente lesiva sotto il profilo tributario della
posizione giuridica del contribuente interessato che non
ha ancora subito o potrebbe addirittura non subire alcun
atto impositivo
CONSIGLIO DI STATO - SENTENZE N. 264 DEL 19.04.1995
E N. 982 DEL 26.09.1995
l’autorizzazione si inserisce all’apice di un sub-procedimento interno, il
quale, attraverso le determinazioni del competente ufficio finanziario,
sfocerà nell’avviso di accertamento in rettifica, il quale costituisce
provvedimento impugnabile; solo in tale momento il contribuente potrà
ottenere copia anche dell’autorizzazione all’accesso ai dati bancari e
potrà così controllare la legittimità e sindacare l’atto di accertamento;
l’impedimento all’accesso stabilito dal legislatore per atti strumentali non
è assoluto ma solo temporaneo, in quanto esiste una specie di rinvio al
termine del provvedimento tributario, con una impugnabilità non diretta
ma derivata attraverso il ricorso avverso l’avviso di accertamento;
CONSIGLIO DI STATO - SENTENZE N.264 DEL
19.04.1995 E N.982 DEL 26.09.1995
l’atto autorizzativo è strumentale al procedimento tributario ed il
contribuente trova la possibilità di difesa contro l’atto conclusivo
dell’accertamento, avvalendosi della possibilità dell’impugnativa
qualora tale atto sia affetto da vizi propri e in tale sede il
contribuente potrà conoscere anche gli atti preparatori;
tutta l’attività di accesso, ispezione e verifica è strettamente
finalizzata all’emanazione del provvedimento finale e cioè
dell’avviso dia accertamento e il potere di verifica fiscale rimane
strumentale al procedimento tributario anche se nel corso e in
occasione di esso si evidenzia una notizia criminis la cui legalità e
fondatezza sarà controllata in un diverso procedimento.
ACCESSO
In materia tributaria l’accesso viene differito alla
notificazione dell’avviso di accertamento e al
contribuente è preclusa la possibilità di conoscere
preventivamente
gli
elementi
in
possesso
dell’Amministrazione Finanziaria.
Nel sistema generale l’atto di autorizzazione, ritenuto
viziato, è sindacabile ma lo è in un momento diverso da
quello relativo agli atti autonomamente impugnabili
Commiss. Trib. Prov. Calabria Cosenza
Sentenza n. 778 del 18 novembre 2010
L’autorizzazione della Direzione Regionale dell’Agenzia delle
Entrate a consentire all’Ufficio periferico ad effettuare le
indagini finanziarie è atto amministrativo presupposto che
deve far parte della documentazione che l’Ufficio deve
produrre nel caso di contenzioso, a pena di carenza di
motivazione
Commiss. Trib. Reg. Puglia Bari Sez. IX
Sentenza 25-11-2010, n. 137
E’ assolutamente necessario che, prima di procedere all'acquisizione dei
dati presso le banche o le Poste Italiane Spa, l'Ufficio si sia munito
dell'autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia
delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero del
comandante regionale del Corpo della Guardia di Finanza
L'inesistenza di tale autorizzazione, dunque, inficia il procedimento di
acquisizione dei dati e travolge irrimediabilmente tutti gli atti conseguenti
ed in particolare gli accertamenti basati su quei dati illegittimamente
acquisiti.
Né a dimostrare che la suddetta autorizzazione sia stata effettivamente
data può valere, nel caso di specie, la certificazione esibita dall'Ufficio in
sede contenziosa poiché la stessa non equivale all'autorizzazione, la cui
mancata esibizione neanche in sede d'appello non solo non trova
giustificazione alcuna ma non consente a questo giudice di conoscerne
la corretta provenienza
Corte di cassazione – Sez.V –
Sentenza 4 maggio 2010, n. 10675
Il provvedimento autorizzatorio non è soggetto a obbligo
di motivazione e non deve necessariamente essere
esibito al contribuente sottoposto al nominato
accertamento.
L'eventuale illegittimità dello stesso può essere fatta
valere, innanzi al giudice tributario, solo ove abbia
concretamente pregiudicato il risultato fiscale del
procedimento e, quindi, l'intero accertamento tributario
subito
Modifiche “accertative”
Finanziaria 2005
Maggiore “operatività” delle
presunzioni in materia di
accertamenti bancari
Gli addebitamenti (ingiustificati in sede di contraddittorio) sono
considerati elementi positivi di reddito non dichiarati.
Tale “regola presuntiva” viene estesa esplicitamente dalla Finanziaria
2005 anche ai professionisti (prima era valida solo per le imprese)
64
Versamenti- accrediti
risultanti dai conti bancari e
anche quelli rilevati dai
conti finanziari o da
operazioni “fuori conto”
si presumono come ricavi
ovvero compensi da porre a
base delle rettifiche e degli
accertamenti di tipo analitico,
analitico-induttivo, induttivo e
sintetico
Onere del contribuente
dimostrare che ne ha tenuto
conto per la determinazione
del reddito soggetto ad imposta
o che non hanno rilevanza allo
stesso fine
I prelevamenti o gli
importi riscossi
nell'ambito dei
rapporti o
operazioni
si presumono come ricavi
ovvero compensi da porre
a base delle rettifiche e degli
accertamenti di tipo
analitico, analitico-induttivo,
induttivo e sintetico
Onere del contribuente
dimostrare, semprechè non
risulti dalle scritture contabili,
l’effettivo beneficiario
Gli accertamenti finanziari
ONERE DELLA PROVA
La presunzione introdotta dagli artt. 32/600 e 51/633 in materia di
indagini finanziarie è:
- legale vincolante per il giudice
- relativa
ammette la prova contraria
ed opera in modo asimmetrico tra IVA ed Imposte dirette
La presunzione non opera con riguardo ai conti intestati
esclusivamente a persone diverse: in tal caso l’Ufficio deve:
a) opporre
b) provare in giudizio
che l’intestazione è fittizia/superata in relazione al caso concreto
Per l’Agenzia delle entrate, la
soggezione anche dei lavoratori
autonomi alla regola presuntiva
• Intende attestare che i prelevamenti per i quali non si può
(illegalmente, come ad esempio, per l’eventuale pagamento di
tangenti) o non si vuole (per mero spirito evasivo, come per il
pagamento di retribuzioni “fuori busta” o di acquisti in nero) fornire
detta indicazione sono da considerare costi in nero che hanno
ragionevolmente generato compensi non contabilizzati
• Per Agenzia regola assume anche una chiara valenza rigoristica e
deterrente per avvisare e indurre i professionisti, non meno che gli
imprenditori, a prestare particolare attenzione a una coerente
rispondenza tra movimenti, compresi i prelievi in conto corrente, e
registrazioni (sul registro dei compensi e delle spese o sui registri Iva
sostitutivi)
•
eventuali prelievi non annotati e per i quali non si possa o non
si voglia disporre di documentazione giustificativa dei
pagamenti, non risulta per nulla illogico che vengano reputati
quali compensi.
RATIO DELLE INDICAZIONI DI PRASSI
• L’invito che arriva da parte dell’amministrazione
finanziaria è quello di un utilizzo dei dati acquisiti che
porti alla ricostruzione attendibile della capacità
contributiva del contribuente, capacità che ben
potrebbe essere rappresentata dall’analisi delle
movimentazioni di natura finanziaria.
LE POSSIBILI DIFESE DEL CONTRIBUENTE
TRANSITO NELLE SCRITTURE CONTABILI
INDICAZIONE DEL BENEFICIARIO
NON RILEVANZA REDDITUALE/IVA DELLE OPERAZIONI
PRELIEVI GIUSTIFICATI DALL’ORDINARIO TENORE DI VITA
IRRAGIONEVOLEZZA DELLA RICOSTRUZIONE PRESUNTIVA
RICONOSCIMENTO DEI COSTI RELATIVI ALLA PRODUZIONE
DEI RICAVI CONTESTATI
NON RETROATTIVITA’ DELLA NORMA (PROFESSIONISTI)
VALENZA PRESUNTIVA DEI RISCONTRI SUI CONTI DI TERZI
EVOLUZIONE
GIURISPRUDENZIALE
SULLE
INDAGINI FINANZIARIE
Gli accertamenti finanziari
VALENZA PROBATORIA
Cass. Sentenza n. 16062 del 2010
E’ stato ribadito che alla presunzione di legge va contrapposta una
prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera
affermazione di carattere generale. E’ stato ritenuto inoltre che il
contribuente non può fondatamente sostenere che si sarebbe
dovuto tener conto di tutte le fatture registrate nel periodo anche se
non ne fosse stata indicata né documentata la specifica riferibilità ai
movimenti bancari rilevati, perché ciò avrebbe significato che la
presunzione avrebbe dovuto essere stata vinta attraverso il ricorso
non già ad un fatto ma ad un’altra presunzione, consistente nel
normale afflusso (id quod plerumque accidit) degli incassi, registrati
in contabilità e oggetto di dichiarazione fiscale, sul conto corrente
dell’imprenditore.
Gli accertamenti finanziari
VALENZA PROBATORIA
Sentenza n. 18809 del 2010
Afferma che il giudice di merito per superare la presunzione che
legittima l’accertamento effettuato a seguito dei controlli bancari
deve fornire un idoneo supporto argomentativo effettivamente
relazionato a specifica e concreta emergenza probatoria e non a
limitarsi ad effettuare un rinvio meramente adesivo e acritico, e
perciò idoneo (v. Cass. Nn. 2668 del 2006, 24580 del 2005, 11488
del 2004, 2196 del 2003, 18296 del 2002, 4510 del 2000), alla
motivazione della decisione di primo grado.
Gli accertamenti finanziari
L’AN NELL’ACC.TO BANCARIO
Sentenza n. 23852 del 11.11.2009
La presunzione opera pertanto sul quantum debeatur e non già
sull’accertamento dell’an che deve trovare la sua giustificazione, come
sopra visto, in altre norme. La CTR cade pertanto in errore normativo
nel momento in cui confonde i due piani delle condizioni che
giustificano l’accertamento e la determinazione del quantum (il reddito
o i ricavi). Infatti il soggetto accertato è indiscussamente una
lavoratrice dipendente e in base alla sola disponibilità dei c.c. le si
attribuisce la qualità di lavoratrice autonoma, senza dimostrare se
aliunde fosse legittimo l’accertamento a suo carico..
Idem sentenza Cass. 3 marzo 2010 n. 5051
Corte di cassazione - Sezione tributaria Sentenza 17 agosto 2009 n. 18339
Decisione: il giudice d’appello ha violato il principio contenuto nell’art. 32
del D.P.R. n. 600/1973, il quale impone di considerare ricavi sia le
operazioni attive che quelle passive nel caso di acquisizione di
informazioni relative ai conti correnti bancari: fino a prova contraria.
Principio: le movimentazioni finanziarie devono essere giustificate
analiticamente. “Spetta al contribuente provare che i versamenti sono
registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare
determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili, qualora
intenda vincere la presunzione di ricavi dei versamenti e dei
prelevamenti”
Corte di cassazione - Sezione tributaria
- Sentenza 5 febbraio 2009 n. 2752
Caso: A seguito di indagini finanziarie condotte dalla Guardia di finanza
nei confronti di un gioielliere e dell’emersione di ingenti versamenti di
somme nei conti correnti bancari accertati che non trovavano
corrispondenza in contabilità, l’ufficio delle Entrate rettificava la
dichiarazione accertando ricavi non dichiarati .
Difesa: Eccependo la legalità dell’accertamento delle movimentazioni
bancarie, eseguito dalla Guardia
di
finanza,
per
mancanza
dell’invito
al contraddittorio in fase precontenziosa e producendo
ricevute di numerose giocate al lotto effettuate nello stesso anno, il
contribuente adiva la Commissione tributaria provinciale, che accoglieva
il ricorso, poi confermato dalla CRT.
•Contro tale decisione ricorreva l’A.F.. A giudizio dell’ufficio, la Guardia di
finanza, nell’acquisire le giustificazioni dei versamenti bancari contestati,
aveva prodotto un prospetto delle giocate effettuate che avevano dato
luogo a vincite, riportando gli estremi dell’agenzia, della giocata e
della vincita, tralasciando di indicare, però, per ciascuna giocata
vincente, il nome di colui che aveva riscosso gli importi delle vincite.
Inoltre, sempre secondo l’ufficio, la Commissione tributaria regionale non
aveva verificato la corrispondenza delle giocate, indicate dal contribuente,
con i versamenti effettuati sul conto corrente bancario, oggetto di
contestazione
la Suprema Corte ritiene non sufficiente l’esibizione di ricevute che
attestavano la vincita al gioco. È evidente che vi è la (legittima)
preoccupazione di parte erariale volta a evitare l’aggiramento dell’obbligo di
fornire indicazioni circa la provenienza dei versamenti mediante l’esibizione
di vincite al gioco non nominative che potrebbero soccorrere ogni
insufficienza probatoria da parte del contribuente.
Si ritiene che il principio espresso dai giudici con la sentenza in commento
vada opportunamente ponderato, e verificato di volta in volta, onde evitare
di giungere a conseguenze prive di qualunque fondamento, anche giuridico.
Appare condivisibile che non si possa affermare, sempre e comunque, che
delle ricevute di vincita al gioco (al portatore) siano sufficienti per
giustificare dei versamenti, ma appare altrettanto importante rimarcare che,
se sussistono degli elementi che possano fondatamente ricondurre i
versamenti alle vincite, l’onere di prova contraria può ritenersi assolto.
Si pensi alla data dei versamenti e a quelle delle ricevute che
attestano le vincite, alla coincidenza degli importi dei due eventi eccetera.
Qualora non si volesse aderire a tale tesi, le conseguenze sarebbero
abbastanza singolari e, per certi versi, imbarazzanti, perché occorrerebbe
chiedersi come, in concreto, il contribuente possa dimostrare che le ricevute
delle vincite siano proprio riconducibili a se medesimo, posto che non sono
nominative e, soprattutto, la prova testimoniale nel processo tributario non
è ammessa.
Commissione tributaria regionale di
Bologna - sentenza n. 72 depositata l'8
luglio 2009
Principio:
• “Il versamento non giustificato sul conto corrente è prova di
evasione fiscale ma lo è anche il mancato prelevamento di
somme di denaro”.
•Fatto. Gli organi verificatori avevano rilevato che in
corrispondenza di versamenti in contanti (anche cospicui)
sul conto cassa dell'attività professionale, non erano stati
effettuati prelievi dal conto corrente del contribuente.
•Il giudice della Ctp di Bologna si è spinto oltre il dato
normativo. Ha ritenuto valido e corretto l'accertamento posto
in essere dall'ufficio finanziario, riconoscendo la duplice
valenza probatoria delle indagini bancarie. In primis
realizzando la presunzione semplice i cui effetti sono
espressamente regolati dalla norma. In secundis
riconoscendo la natura di elemento indiziario, utilizzabile
assieme ad altri, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d), del
dpr n. 600/1973 al mancato prelevamento delle somme
Sentenza n. 158/07 della Ctp di Bologna
La presunzione “prelievi non giustificati = ricavi o compensi in
nero” può essere vinta dal contribuente mediante la mera
indicazione delle generalità del beneficiario del prelievo
“…In mancanza della registrazione contabile, il contribuente può indicare le
generalità del beneficiario. A questo proposito si deve tenere conto che, in
tema di prelievi, il meccanismo presuntivo prelievi = compensi viene vinto
alla semplice condizione che il contribuente si limiti a fornire le generalità
del beneficiario della somma; in altre parole, la prova contraria idonea per
vincere la presunzione è qui rappresentata dalla mera indicazione del
nominativo dell’accipiens. La norma è inequivocabile: basta l’indicazione
del beneficiario: e null’altro.”
ESTENSIONE DELLE INDAGINI
ALLE POSIZIONI DI TERZI
SOGGETTI RISPETTO AL
CONTRIBUENTE ISPEZIONATO
Conti del contribuente
sottoposto a verifica
Conti di terzi
L’estensione delle indagini ai conti “terzi” e
l’applicazione delle presunzioni è ammessa se
viene soddisfatto il seguente requisito:
raccolta di prove gravi, precise e concordanti
tramite le quali sia possibile riferire i conti “terzi”
al contribuente sottoposto a controllo
Ne consegue che, nel caso di conti
terzi, viene meno l’automatica
operatività delle presunzioni
bancarie
POSIZIONE ANGENZIA ENTRATE
CIRCOLARE 32/E/2006
• Applicabilità delle indagini finanziarie anche relativamente ai rapporti
intestati e alle operazioni effettuate esclusivamente da soggetti terzi a
condizione che l’ufficio accertatore dimostri che la titolarità dei rapporti
come delle operazioni è fittizia o superata in relazione alle circostanze
del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente
medesimo delle posizioni creditorie e debitorie rilevate dalla
documentazione bancaria acquisita.
• Gli uffici devono acquisire la prova effettiva, anche mediante
presunzioni gravi, precise e concordanti, che si sia realizzato il
possesso di redditi per interposta persona e che, di conseguenza, detti
redditi sono da imputare all’interponente anche se i redditi risultano
formalmente dichiarati dall’interposto.
Indagini finanziarie su conti di terzi
Corte di Cassazione
Sent. n. 17397 del 23.07.2010
In particolare, in relazione al secondo motivo, la presunzione di riferibilità dei
conti dei familiari della legale rappresentante alla gestione sociale
occulta non è stata ritenuta sulla base del solo fatto della ristrettezza della base
familiare stessa, ma dalle ulteriori circostanze che i titolari dei conti non
disponevano di mezzi propri che potessero giustificare spostamenti di
così cospicue somme di denaro. Una volta ritenuta, su base presuntiva
qualificata, la riferibilità dei conti dei familiari alla società, prende vigore la
presunzione di cui all'art. 32 cit. a carico della società medesima, la quale è quindi
onerata di prova circa la estraneità delle movimentazioni bancarie alla gestione
sociale. Nella specie, la società nulla ha provato, né offerto di provare
elementi a proprio favore, trincerandosi dietro affermazioni astratte tra
cui quella secondo cui le valutazioni espresse nei PVC della Guardia di
Finanza non sono assistiti da fede pubblica privilegiata, trascurando che
non di fede privilegiata si tratta, ma di fatti costituenti presunzioni che rendono
legittimo l'accertamento, determinando la inversione dell'onere della prova a carico
del contribuente; prova, come si è detto, non data né offerta.
Indagini finanziarie su conti di terzi
Corte di Cassazione
Ord. n. 19493 del 13.09.2010
…. L'estensione delle indagini bancarie anche a soggetti terzi rispetto alla società
non può ritenersi illegittima in quanto tutti detti soggetti hanno
riferimento nella società o quale amministratore e soci o quale congiunto
di questi e, quindi, in una società, come nella specie, la cui compagine
sociale e la cui amministrazione è riferibile ad un unico ristretto gruppo
familiare ben si può ritenere che l'esistenza di tali vincoli sia sufficiente a
giustificare la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni
riscontrate su conti correnti bancari intestati a tali soggetti, salva
naturalmente la facoltà di questi di provare la diversa origine di tali
entrate (Cass. n. 1728 del 1999, 8683 del 2002, 13391 del 2003; 4357 del 2007,
6743 del 2007, 27032 del 2007, 19362 del 2008). Inoltre, diversamente da quanto
sostenuto dalla società contribuente, la verifica può estendersi anche ai conti dei
congiunti degli amministratori della società contribuente, essendo il rapporto
familiare sufficiente a giustificare - salvo prova contraria - la riferibilità al
contribuente accertato delle operazioni riscontrate sui conti bancari degli indicati
soggetti (Cass. n. 18868 del 2007).
Indagini finanziarie su conti di terzi
Corte di Cassazione
Sent. n. 20197 del 24.09.2010
È invero consolidato nella giurisprudenza di questa corte il principio che ai
sensi dell'art. 51 primo comma del Dpr 633/1973, l'utilizzazione dei dati
risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli
istituti di credito non può ritenersi limitata, in caso di società di
capitali, ai conti formalmente intestati all'ente, ma riguarda anche
quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori
generali, allorché risulti provata dall'Amministrazione finanziaria,
anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell'intestazione o,
comunque, la sostanziale riferibilità all'ente dei conti medesimi o di alcuni
loro singoli dati.
Nella specie, risulta che i conti posti a base dell'accertamento erano
formalmente intestati a soci e dipendenti della società, e che,
invitati a fornire chiarimenti sulle causali delle movimentazioni rilevate, i
soci intestatari dei rapporti esaminati si erano rifiutati di rispondere, e
che due dipendenti avevano addirittura dichiarato di non essere a
conoscenza della esistenza dei conti correnti bancari a loro
intestati.
Indagini finanziarie su conti di terzi
Corte di Cassazione
Sent. n. 21318 del 15.10.2010
Deve in proposito richiamarsi il principio, già affermato da questa Corte in
subiecta materia, secondo cui il rapporto di coniugio o di parentela,
ovvero la qualifica di amministratore, determinano un legame
talmente stretto da realizzare una sostanziale identità di soggetti,
tale da giustificare automaticamente, salvo prova contraria,
l'utilizzazione dei dati raccolti (Cass., 1° aprile 2003, n. 4987; Cass, 5
ottobre 2007, n. 20860; Cass., 7 settembre 2007, n. 18868).
Sotto tale profilo deve richiamarsi il condivisibile principio, già affermato da
questa Corte in materia di società, ma estensibile all' imprenditore
individuale (Cass., 21 dicembre 2007, n. 27032), secondo cui, sempre in
materia di accertamenti bancari, decisivo rilievo ai fini indiziari può
avere la mancata risposta della società contribuente ai chiarimenti
richiesti dall'Ufficio circa i c/c bancari intestati a persone fisiche
riconducibili alla società in ragione degli strettissimi rapporti con
essa intercorrenti.
Indagini finanziarie su conti di terzi
LE VERIFICHE SUI CONTI DI TERZI
Sentenza n. 20862 del 8.10.2010
È infatti assodato che in una società di capitali a base ristretta
possono essere presi in considerazione i dati tratti dai conti bancari
dei soci, ed anche dei congiunti di costoro, purché emergano
dall'esame comparato dei dati elementi presuntivi ulteriori che
facciano ritenere la riferibilità dei conti alla gestione sociale.
In sostanza, grava sulla Amministrazione l'onere di esporre fatti
costituenti presunzioni gravi precise e concordanti circa la asserita
"confusione" patrimoniale tra soci, congiunti degli stessi e la società.
Nella specie, con asserzione che non trova smentita nella
motivazione della sentenza l'Ufficio ha riferito che nei conti in
riferimento emergevano movimentazioni di denaro non giustificabili
in relazione alla natura privata dei conti stessi.
Idem sentenza Cass. 24 settembre 2010 n. 20197
Corte di cassazione - Sezione tributaria Sentenza 21 gennaio 2009 n. 1452
Caso: l'amministrazione finanziaria comunicava al contribuente di avere
accertato dei proventi complessivi di importo superiore per l'anno in
contestazione, sulla scorta della verifica svolta dalla Guardia di finanza
nei riguardi della stessa società, e dei movimenti sui conti correnti
intrattenuti con istituti di credito dal socio e amministratore unico della
società, dal padre di questi, anch'egli socio e già coamministratore, e
dalla madre, pure socia.
Decisione: in tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, art. 32, n. 7, e il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51,
autorizzano l'Ufficio finanziario a procedere all'accertamento fiscale
anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a
terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del
contribuente
Principio
•Il fisco può acquisire dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi
a conti di terzi, sulla base di elementi indiziari tra i quali può assumere
rilievo decisivo la mancata risposta del contribuente alla richiesta di
chiarimenti rivoltagli dall'Ufficio in ordine ai medesimi conti, e senza che
l'utilizzabilità dei dati dagli stessi risultanti trovi ostacolo nel divieto di doppia
presunzione, attenendo quest'ultimo alla correlazione tra una presunzione
semplice ed un'altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una
presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame.
•In sede di rettifica e di accertamento d'ufficio delle imposte sui redditi
con metodo induttivo e sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37, le
indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica
ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente devono
ritenersi legittime, essendo il rapporto familiare sufficiente a giustificare,
salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle
operazioni riscontrate sui conti correnti bancari degli indicati soggetti.
Corte di cassazione - Sezione tributaria
- Sentenza 19 marzo 2009 n. 6617
Caso: indagini bancarie nei confronti di un contribuente che si difende
deducendo che i conti bancari erano gestiti da un terzo (ragioniere e poi
coniuge del contribuente stesso) per molteplici società da lui
rappresentate.
Decisione: per gli accertamenti nei confronti dei soggetti con obbligo di
contabilità, di considerare direttamente come ricavi i prelevamenti e in
generale consente di porre a base degli accertamenti i dati e gli elementi
risultanti dai conti. Al fine di superare tale presunzione posta a carico
del contribuente dal D.P.R 600/1973, art. 32 (in virtù della quale i
prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno
imputati a ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività d'impresa), non è
sufficiente al contribuente dimostrare genericamente di avere fatto
affluire su un proprio conto corrente bancario, nell'esercizio della
propria professione, somme affidategli da terzi in amministrazione,
ma è necessario che egli fornisca la prova analitica della inerenza alla
sua attività di maneggio di denaro altrui di ogni singola
movimentazione del conto
Principio
• Per la Cassazione è erroneo il convincimento della
C.T.R.
sull'onere
gravante
a
carico
della
amministrazione finanziaria di provare il coinvolgimento
del TERZO nelle operazioni finanziarie del contribuente,
come pure di provare l'esistenza di una capacità di
spesa compatibile con l'ammontare dei suoi movimenti
bancari.
Corte di cassazione - Sezione
tributaria - Sentenza 14 novembre
2008 n. 27186
•Tema. Estensione indagini finanziarie a posizione di terzi
•Principio affermato. Non è possibile in modo pressoché automatico
addebitare al contribuente sottoposto a un controllo fiscale gli esiti delle
presunzioni scaturenti dalle indagini finanziarie su conti non intestati a tale
contribuente ma a terzi. Al contrario, perché ciò avvenga è necessario che
l’Amministrazione fornisca elementi probatori in tal senso e volti,
quindi, a dimostrare sulla base di quali indizi si ritenga che determinate
operazioni transitate su conti di terzi, per le quali non viene fornita alcuna
giustificazione, debbano essere invece riferite e ricondotte al contribuente
controllato.
Corte di cassazione - Sezione tributaria
- Sentenza 3 aprile 2009 n. 8127
Contesto: viene delimitato l’ambito di operatività dell’“intestazione
fiduciaria”, sottraendo da questo istituto tutti i casi in cui, anche per motivi
commerciali, ci si intesti il conto bancario di fatto gestito da un parente,.
Decisione: colui che si intesta un conto corrente ne risponde
sempre personalmente verso gli illeciti fatti ai terzi, anche se
completamente ignaro delle operazioni scorrette
Principio
•Qualora un soggetto acconsenta, su richiesta dell’altro, di intestarsi un conto
corrente in via fiduciaria, cioè con l’intesa che le somme che su di esso transitino
sono di pertinenza dell’altro soggetto, che costui avrà in concreto la gestione del
conto e che essa sarà, però, utilizzata per lo svolgimento di un’attività lecita di detto
soggetto, l’intestatario del conto (fiduciario) è tenuto, per il fatto stesso di apparire
verso i terzi come intestatario del conto ed a maggior ragione per il fatto di non
averne la concreta gestione, a esercitare la necessaria vigilanza sul rispetto da
parte di quel soggetto alla finalizzazione dell’utilizzo del conto corrente
esclusivamente all’esercizio dell’attività, conforme agli accordi presi. Ne consegue
che qualora l’intestatario ometta di esercitare tale vigilanza, disinteressandosi
completamente della gestione del conto (astenendosi di controllare gli estratti conto
e rimettendoli senza leggerli all’altro soggetto, firmando assegni in bianco che
venivano riempiti dal medesimo e non preoccupandosi neppure di conoscere quale
fosse l’importo accreditato), e l’altro soggetto utilizzi il conto corrente per
realizzare un illecito in danno di terzi, l’intestatario del conto corrente può
rispondere sul piano causale a titolo di imprudenza e negligenza ai sensi dell’art.
2043 codice civile, del danno cagionato ai terzi per effetto dell’illecito
IMPORTANTE
Corte di cassazione - Sezione tributaria Ordinanza 8 ottobre-14 novembre 2008 n. 27186
•Vicenda. Il fatto oggetto di contenzioso muove dal recupero a tassazione
nei confronti di una Srl, a titolo di maggiori ricavi, delle operazioni
finanziarie "non giustificate" rilevate sui conti intestati alla società e sui
conti intestati ai soci.
•Principio affermato. In altri termini, non è in base alla sola previsione del
richiamato articolo 51, che possono attribuirsi alla società i movimenti
rilevati sul conto dei soci se l'ufficio, sul quale incombe l'onere di provare
la fondatezza della maggiore pretesa impositiva, non introduce nel
giudizio elementi concreti che collegano quel conto alla società,
elementi ovviamente "diversi e ulteriori" rispetto alla sola relazione
(familiare o di altro tipo) tra l'intestatario del conto (il socio) e la
contribuente (la società).
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