UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIRURGICHE, MICROCHIRURGICHE E MEDICHE (Direttore Prof. GV. Campus) U.O.C. DI CHIRURGIA GENERALE I – PATOLOGIA CHIRURGICA (Direttore Prof. M. Trignano) LE SEQUELE FUNZIONALI NELLA CHIRURGIA ONCOLOGICA DEL RETTO Relatore Prof. Fabrizio Scognamillo Correlatore: Dott. Carlo Pala Tesi di laurea di Eleonora Parziale Anno Accademico 2014 – 2015 INDICE Introduzione 5 I tumori del colon-retto: dimensioni del problema 7 La chirurgia del cancro colo-rettale: evoluzione e attualità 16 Le sequele funzionali della chirurgia oncologica del retto 32 - Sequele defecatorie 34 - Sequele urogenitali 51 La nostra esperienza 57 - Materiali e Methodi 57 - Risulltati 60 - Discussione 66 Conclusioni 69 Bibliografia selezionata 71 INTRODUZIONE L’intervento di resezione anteriore del retto (RAR) reso diffuso dagli sforzi di Dixon negli anni ’40 del 900 e successivamente modificato da Knight e Griffen nel 1980 con l’utilizzo della doppia suturatrice, rappresenta oggi l’intervento di scelta per le neoplasie del retto basse e ultrabasse. Grazie infatti all’utilizzo di trattamenti neoadiuvanti è possibile oggi eseguire anastomosi colo-anali e colorettali ultrabasse anche per carcinomi situati a pochi centimetri dall’orifizio anale nel pieno rispetto dei criteri di radicalità oncologica. L’introduzione del concetto di Total Mesorectal Excision (TME), cioè la necessità di asportare in blocco il retto con il tessuto cellulare peri-rettale e la fascia mesorettale integra, ha determinato miglioramenti sul versante della radicalità e sopravvivenza, ma ha aumentato il rischio di lesioni neurologiche. Infatti, nonostante il ricorso alla Nerve Sparing Technique (NST), si è osservato comunque un aumento di problemi 5 funzionali conseguenti agli interventi di salvataggio degli sfinteri. Lo scopo di questa tesi è valutare la frequenza, l’entità e la tipologia dei disturbi funzionali del pavimento pelvico dopo chirurgia per tumori del retto basso nell’esperienza dell’Unita Operativa di Patologia Chirurgica dell’Università degli Studi di Sassari. 6 I TUMORI DEL COLON-RETTO: DIMENSIONI DEL PROBLEMA Il cancro colo-rettale (CCR) costituisce la neoplasia più frequente dell’apparato digerente, globalmente occupa per incidenza il terzo posto tra le malattie neoplastiche e si colloca come seconda causa di morte per cancro in entrambi i sessi. Nel 2012 sono stati stimati più di 1.300.000 nuovi casi di cancro colo-rettale nella popolazione mondiale. Sono stati stimati nel sesso maschile 746.000 casi , il 10% di tutti i casi di tumore , classificandosi al terzo posto dopo il carcinoma della prostata e del polmone, e 641.000 casi nel sesso femminile, al secondo posto dopo il carcinoma mammario. Circa il 55% dei casi si verificano nei Paesi industrializzati. L’incidenza più elevata si riscontra in Australia e Nuova Zelanda, mentre la più bassa in Africa Occidentale (Figure 1 e 2). La mortalità è più alta nei Paesi meno sviluppati ( 614.000 morti, 8.5% del totale), riflettendo il basso indice di sopravvivenza in queste regioni (Figure 3 e 4). L’indice di mortalità in entrambi i sessi è più 7 elevato nel Centro ed Est Europa (2,03/100.000 negli uomini, 11,7/100.000 nelle donne) e il più basso in Africa Occidentale (3.5/100.000 e 3/100.000 rispettivamente). Figura 1. Distribuzione dei nuovi casi di tumore colo-rettale nel mondo: maschi. 8 Figura 2. Distribuzione dei nuovi casi di tumore colo-rettale nel mondo: femmine. Figura 3. Distribuzione dei decessi nel mondo: maschi. 9 Figura 4. Distribuzione dei decessi nel mondo: femmine. Per quanto riguarda i dati nazionali riportati dall’AIRTUM il carcinoma del colon-retto è in assoluto il tumore con maggiore insorgenza, con quasi 52.000 diagnosi stimate nel 2014. Tra gli uomini si trova al terzo posto, preceduto da prostata e polmone (14% di tutti i nuovi tumori) e tra le donne al secondo posto (13% di tutti i nuovi tumori), preceduto dal tumore della mammella. La diffusione dei fattori di rischio, la precocità diagnostica e l’aumento dell’età media della popolazione sono alla base della progressiva crescita di incidenza di questo tumore negli ultimi decenni in Italia. Il trend temporale per gli uomini è passato da un andamento in lieve crescita (+1% l’anno) tra la metà degli anni ’90 e l’inizio degli anni duemila, ad un marcato incremento tra il 2004 e il 2007, con successiva 10 riduzione, effetti potenzialmente associati all’attivazione dei programmi di screening organizzati. Tra le donne l’aumento (+0,6%/anno) appare omogeneo. I confronti geografici nazionali mostrano un gradiente, che si sta tuttavia attenuando, dal Nord-Centro verso il Sud, sia nei maschi che nelle femmine, coerentemente con la diversa presenza dei fattori di rischio (Figura 5). Figura 5. Incidenza del cancro colo-rettale in Italia nelle regioni del nord, centro e sud. 11 I dati di mortalità riferiti al 2011 in Italia riportano 19.077 decessi per carcinoma del colon-retto (di cui il 54% negli uomini), collocando questa neoplasia al secondo posto in termini di mortalità in entrambi i sessi (10% nei maschi, 12% nelle femmine), anche se, negli ultimi anni, si sta registrando un moderato calo (Figura 6). Figura 6. Andamenti temporali dell’incidenza e della mortalità del cancro del colon e del retto in Italia. 12 Il carcinoma del colon-retto presenta una prognosi favorevole progressivamente in aumento negli ultimi anni: dal 50% a 5 anni dei primi anni ’90 al 64% del 2005-2007 nei maschi e dal 51% al 63% nelle femmine. Sono quasi 300.000 i pazienti con pregressa diagnosi di carcinoma del colon retto in Italia (51% maschi), pari al 13,2% di tutti i pazienti oncologici. In considerazione della stabile lieve tendenza al decremento della mortalità, osservata da ormai lungo periodo, sono soprattutto l’incidenza (con la sempre maggiore tendenza alla diagnosi precoce unitamente alla diffusione dei programmi di screening di questi ultimi anni) e la sostanziale buona sopravvivenza in trend positivo a condizionare sia i “numeri” delle persone che convivono con questo tipo di diagnosi, sia la loro distribuzione lungo la storia clinica, con evidenti diverse esigenze assistenziali e di sostegno nel follow-up. La maggior parte di queste persone si concentra nell’età più avanzata, con una proporzione oltre i 75 anni di età di 2.722 casi ogni 100.000 abitanti, più che doppia rispetto alla fascia 60-74 anni e di 8,5 volte maggiore di quella 45-59. Il picco di insorgenza del tumore colorettale si colloca tra la V-VII decade di vita, ad una età media di 67 anni per gli uomini e 69 per le donne. È necessario sottolineare che in soggetti che presentano delle sindromi genetiche predisponenti o malattie infiammatorie croniche intestinali l’età di insorgenza si abbassa. 13 Uno studio condotto dalla Unità Operativa Complessa di Patologia Chirurgica dell’A.O.U. di Sassari, con la collaborazione dell’istituto di Chimica Biomolecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ed il Servizio di Epidemiologia dell’ASL N° 1 di Sassari, sulla base di dati estrapolati dal Registro dei tumori della provincia di Sassari per il periodo 1992 – 2010, ha evidenziato un’incidenza standardizzata di 43.9/100000 negli uomini e di 31.1/100000 nelle donne. Il numero globale dei casi era 4284 e il rapporto maschi – femmine 1:0,77. Il rischio cumulativo di ammalarsi nel corso della vita era 4,09% per i maschi e 2,44% nelle femmine. La mortalità, invece, è risultata in questo studio uguale a 25/100000 maschi e 19.7/100000 donne. Il numero globali delle morti era 1.869 (1032 maschi – 863 femmine). Il tasso di mortalità cresceva in maniera rilevante dopo la sesta decade di vita ed il rischio di morte era 1,44% per i maschi e 0,85% per le donne. Un’ aspetto rilevante che è stato evidenziato in questo studio è il fatto che nel nord Sardegna, al contrario di quanto accade nel resto del paese, la mortalità è in leggero aumento (Figura 7). Questo, probabilmente, riflette la carenza di un sistema di screening organizzato nell’area e negli anni coperti dallo studio. Effettivamente, lo screening organizzato promosso dalla ASL n° 1 di Sassari è iniziato ufficialmente 14 solo negli ultimi mesi del 2014 e siamo in attesa di verificare il suo impatto sull’incidenza dei tumori colo-rettali nei prossimi anni. Figura 7. Trends di incidenza e mortalità del cancro colo-rettale nel nord Sardegna negli anni 1992 – 2010. 15 LA CHIRURGIA DEL CANCRO COLO-RETTALE: EVOLUZIONE E ATTUALITA’ Negli ultimi 250 anni, il trattamento del cancro del retto è cambiato in modo rilevante. Fino a un recente passato veniva considerata una malattia incurabile, ma la terapia combinata ha consentito di ridurre la mortalità dal 100% a meno del 4% per il cancro rettale localmente avanzato. Questa notevole riduzione è avvenuta parallelamente al progresso delle tecniche chirurgiche, basate su una crescente conoscenza dell’anatomia e della storia naturale del cancro rettale. I disturbi del retto sono conosciuti e trattati da diversi millenni. Sia il Papiro di Ebers che il Papiro Beatty Medical espongono dettagliatamente procedimenti e cure a livello del retto. Lo storico greco del quinto secolo Erodoto commentava l’ampia conoscenza sul retto. Fu soltanto nel diciottesimo secolo, quando Giovanni Morgagni propose la resezione del retto, che la cura del cancro rettale fu presa in 16 considerazione. Nel 1739 si accredita a Jean Faget, in Francia, il primo tentativo di resezione rettale. Questi primi tentativi non ebbero successo. Jacques Lis-Franc, nel 1826, eseguì la prima escissione di un tumore rettale con successo, tuttavia i primi risultati furono piuttosto deludenti in quanto era comune l’insorgenza di sepsi, i pazienti sopportavano dolori tremendi e spesso non sopravvivevano all’emorragia. Quelli che riuscivano a sopravvivere morivano comunque per recidiva della malattia. L’introduzione dell’anestesia e dell’asepsi portò a diverse procedure precedentemente ritenute impossibili. L’ultima metà del diciannovesimo secolo vide l’esplosione di nuove tecniche chirurgiche per il trattamento del carcinoma rettale. Hochenegg sviluppò una tecnica di “pull through” (estrazione del tumore per via transanale);; rovesciando l’ano e il retto, asportava il tumore e completava con un’anastomosi retto-anale. Arthur Trehern Norton ripristinò la continuità intestinale, dopo la rimozione di un tumore rettale per via transvaginale. Nel 1884, non in grado di rimuovere un tumore rettale con approccio sacrale, Vincent Czerny mise il paziente supino e completò la procedura per via addominale. Era il primo tentativo combinato di resezione addominale e perineale. Purtroppo il paziente non sopravvisse. 17 In Inghilterra William Ernest Miles, mentre riesaminava i suoi pazienti, evidenziò il problema della elevata frequenza delle recidive dopo asportazione del tumore. Miles eseguì 57 resezioni perineali e in 54 pazienti (95%) si verificò una recidiva, nella maggioranza dei casi entro i primi sei mesi. Durante le dissezioni post-mortem si rese conto della necessità di una escissione anale e rettale più radicale. Definì meglio la via di diffusione linfatica peri-rettale, confutando l’anatomia tradizionale dei vasi linfatici rettali, precedentemente descritta da Dimitri Gerota nel 1895. Pubblicò i suoi risultati su Lancet nel 1908 raccomandando una più estesa linfoadenectomia, in modo da prevenire la ricomparsa del tumore. Nel suo articolo di riferimento identificò tre vie di diffusione linfatica – verso il basso, laterale e verso l’alto. Miles escogitò una procedura per rimuovere il retto e la “zona di diffusione verso l’alto” con una resezione “anatomicamente corretta”. Il cancro retto-sigmoideo e i linfonodi collegati venivano rimossi en bloc tramite un approccio combinato addominale e perineale. La procedura di Miles seguiva cinque principi: 1) confezionamento di una colostomia addominale, 2) resezione del retto sigmoideo e il suo rifornimento di sangue, 3) resezione del mesoretto, 4) rimozione dei linfonodi oltre la biforcazione dell’arteria iliaca comune, 18 5) ampia resezione perineale con rimozione del muscolo elevatore dell’ano. Miles coniò la sua procedura come “resezione addomino- perineale radicale” (APR). Nell’articolo su Lancet del 1908 Miles riportò 12 procedure. Calcolò un 42% di tasso di mortalità (cinque morti) con sette sopravvissuti senza tumore a un anno. Dopo la II Guerra Mondiale, con l’avvento delle trasfusioni di sangue e miglioramenti in anestesia, Miles diminuì il tasso di mortalità dal 36% al 9%. Di quelli sopravvissuti all’intervento, solo 13 decessi furono attribuiti ad una ricomparsa della malattia, con un tasso di recidiva complessivo del 29.5%. Questa significativa riduzione di recidive e di mortalità intra-operatoria era sufficiente affinchè la APR radicale diventasse la cura standard per il cancro del retto. Nonostante i migliori risultati oncologici, molti chirurghi percepirono la procedura di Miles come troppo radicale e invalidante, in quanto si accompagnava ad una colostomia permanente, disfunzioni genito-urinarie e implicazioni psicosociali. Cuthbert Dukes dimostrò che Miles aveva sopravvalutato la diffusione linfatica verso il basso e lateralmente. Osservò che la maggior parte dei linfonodi metastatici erano paralleli o prossimali al livello del tumore primitivo. In molti furono concordi nella possibilità di evitare una resezione radicale. 19 Henri Hartmann, nel 1923, descrisse la resezione di due tumori rettali alti con confezionamento di una colostomia terminale, lasciando il retto distale in sede. Con minore perdita di sangue rispetto all’ APR, Hartmann affermò: “entrambi i casi erano tranquilli, come una appendicite di nessun interesse”. Sebbene il decorso finale di questi pazienti sia sconosciuto, i chirurghi facevano pressione per procedure meno radicali e salva-sfinteri. Nel 1948, Claude Dixon, cattedra chirurgica alla Mayo Clinic, rimosse lesioni del retto localizzate da 20cm a 6cm dalla linea dentata con una procedura in due fasi. Delle 426 procedure, soltanto 122 campioni presentavano un coinvolgimento linfonodale. Non c’era differenza statistica in termini di mortalità tra i campioni da 16 a 20 cm, 11-15 cm e 6-10 cm. I risultati di Dixon spostarono ulteriormente l’attenzione dalla APR a procedure salva-sfinteri. La resezione anteriore divenne così lo standard di cura per i tumori rettali del retto medio e alto. Alan Parks pubblicò nel 1982 la tecnica di “ anastomosi perianali” del colon e dell’ano. Tale procedura consentiva di asportare completamente anche i tumori rettali più bassi senza la necessità di una colostomia permanente. La procedura di Parks permetteva la conservazione dello sfintere persino in tumori posizionati nelle vicinanze della linea dentata, senza compromettere i risultati oncologici. 20 Settantasei pazienti furono sottoposti a resezione rettale con il ripristino della continuità intestinale. Ventuno su 32 pazienti erano in vita a tre anni e 12 su 19 pazienti erano in vita a cinque anni. Questi risultati erano paragonabili in termini di radicalità oncologica alla APR e più del 50% dei pazienti affermava di non presentare alterazione funzionali dopo il ripristino. Dieci pazienti svilupparono una sepsi, ma non ci furono decessi. La preoccupazione per la sepsi e per le deiscenze anastomotiche, specialmente in zone irradiate, portarono molti a ritenere opportuno il confezionamento di una ileostomia di protezione. Con i buoni risultati oncologici, l’obiettivo divenne il ripristino della continuità intestinale nella maggior parte dei casi. Tuttavia, le anastomosi colo-anali basse erano spesso accompagnate da aumentata frequenza delle evacuazioni, soiling ed incontinenza nel periodo postoperatorio, dovute alla perdita del serbatoio rettale. Per ripristinare la funzione di serbatoio rettale furono ideati due metodi apprezzabili di ricostruzione : J-pouch e colo-plastica. Eseguita per la prima volta nel 1986, la ricostruzione con J-pouch dimostrò miglioramenti a breve e lungo termine rispetto alle anastomosi dirette, in termini di sequele funzionali della chirurgia rettale, con diminuzione di frequenza, urgenza e incontinenza. Inoltre, con una migliore perfusione della J-pouch, si ridusse l’incidenza delle deiscenze 21 anastomotiche. Un’altra utile tecnica di ricostruzione con pouch, per pazienti con pelvi piccole, malattia diverticolare o inadeguata lunghezza del colon, è la colo-plastica. Descritta da Fazio nel 2000, la pouch coloplastica si esegue con una procedura analoga alla stricturoplastica Heineke-Mikulicz. Le suturatrici meccaniche hanno svolto (e continuano a svolgere) un ruolo importante nel progresso delle tecniche chirurgiche del cancro rettale. La prima suturatrice sofisticata fu usata a Budapest nel 1908 da Humer Hultl per una gastrectomia. Mark Ravitch, un chirurgo pediatrico americano, scoprì l’utilizzo diffuso delle suturatrici chirurgiche durante il suo viaggio in URSS nel 1958. Ravitch apportò diverse modifiche alle suturatrici russe, includendo il precaricamento, la presterilizzazione, le cartucce monouso ed una linea (ondeggiante-sfalsata) di graffette. Nel 1977 la US Surgical Corporation pubblicizzò il successo dell’utilizzo della suturatrice meccanica per le anastomosi termino-terminali (EEA). La suturatrice rivoluzionò la chirurgia accelerando molte procedure. Gli anni ’80 portarono rinnovato interesse nei confronti dei margini circonferenziali. Alcuni studi rivelarono la positività dei margini in più di un quarto di pazienti e l’85% di questi sviluppava una recidiva locale. Per tale ragione Richard Heald asportò il tumore e il mesoretto en bloc sino al livello dei muscoli elevatori sotto visione diretta. Definì la 22 sua tecnica “escissione totale del mesoretto”. La tecnica di Heald portò a una riduzione dei margini laterali positivi e dei tassi di ricomparsa locale – il tasso di recidiva più basso mai riscontrato. La ricomparsa a cinque e dieci anni era 3 e 4%, rispettivamente. La sopravvivenza senza malattia era 80% e 78% a cinque e dieci anni. La TME relegò la APR ad una minoranza di pazienti, rivoluzionando di nuovo la chirurgia rettale. Poiché, rispetto al passato, i tassi di recidiva diminuivano e quelli di sopravvivenza senza malattia aumentavano, si pose maggiore attenzione alla qualità della vita dopo chirurgia rettale. I chirurghi giapponesi Tsuchiya, Hojo e Moriya focalizzarono l’attenzione sulla “conservazione dei nervi autonomici” diminuendo drasticamente le disfunzioni sessuali ed urinarie postoperatorie. Le loro nuove tecniche di resezione permettevano una facile identificazione e isolamento dei nervi ipogastrici, del plesso ipogastrico inferiore e dei nervi splancnici riducendo le disfunzioni urogenitali dal 50% al 10%. Warren Enker, un chirurgo americano, unì la tecnica giapponese conservativa dei nervi con la TME, con conseguente conservazione di quasi il 90% della funzione urogenitale, senza compromissione del risultato oncologico. La chirurgia salva-sfinteri stava diventando lo standard di cura, ma quale margine distale era accettabile e “sicuro” per mantenere la radicalità oncologica? Nel 1951 Goligher, Dukes e Bussey stabilirono 23 un “margine sicuro” di cinque cm. Nel 1953, Quer raccomandava un margine distale di 2.5 cm. Wilson dimostrò che non vi era nessuna differenza in termini di sopravvivenza a lungo termine tra margini distali di 2 e 3 cm per pazienti sottoposti a resezioni anteriori basse (LAR). Pollett e Nichols raccolsero 334 campioni di cancro rettale con differenti margini distali ( <2 cm, 2-5 cm e >5 cm ). Questi tre gruppi vennero confrontati per sopravvivenza e recidiva. Le analisi non trovarono differenza di sopravvivenza a cinque anni. Fu identificato un totale di 23 pazienti con ripresa di malattia, uniformemente distribuito sui diversi gruppi (6.2-7.8%). Conclusero che sopravvivenza e recidiva non si modificavano con margini distali inferiori a due cm. Negli anni ’90 la radioterapia postoperatoria combinata con la chemioterapia era lo standard di cura per pazienti con cancro rettale localmente avanzato. Tuttavia le complicanze delle radiazioni, specialmente l’enterite del piccolo intestino, imponevano un limite per la dose. Da allora, molti trials hanno dimostrato il beneficio della radioterapia preoperatoria combinata con la chemioterapia. Harvey Moore analizzò pazienti sottoposti a LAR dopo terapia neoadiuvante. I pazienti furono distinti in due gruppi in base ai margini distali di resezione: <1 cm e >1 cm. Non trovò nessuna differenza tra i gruppi in termini di recidiva e sopravvivenza. Il gruppo di lavoro di Moore 24 concluse che margini distali inferiori a 1 cm dopo terapia neoadiuvante non compromettevano il risultato oncologico. Sebbene l’incidenza di ricaduta loco-regionale dopo resezione sia stata drasticamente ridotta, grazie al miglioramento della tecnica chirurgica e all’ utilizzo di terapia neoadiuvante, i tassi di fallimento locale sono tuttora significativi. Isolate recidive a livello anastomotico possono essere gestite con una re-resezione o APR di salvataggio. In alcuni centri, è stato dimostrato che la radiazione intraoperatoria ha migliorato il controllo locale. Il coinvolgimento di strutture viscerali anteriori e posteriori della pelvi (es. vescica, prostata, vagina) possono essere gestite con “exenteratio” della pelvi con resezione en bloc. La “exenteratio” pelvica fu descritta la prima volta nel 1948 da Brunschwig, il quale riportò un’alta mortalità e scarsa sopravvivenza. Da allora molti studi hanno rivelato tassi di sopravvivenza a 5 anni che variano dal 19 al 49%. Il coinvolgimento del sacro, valutabile con la RM, richiede una procedura più radicale: la resezione addomino-sacrale (ASR). Watenebo et al. hanno descritto la procedura in due fasi, a distanza di 48 ore, con “exenteratio” pelvica, seguita da devascolarizzazione pelvica e laminectomia sacrale. Alla fine il tumore viene resecato en bloc con i visceri addominali contigui e il sacro. Questa procedura ha un 32% di 25 sopravvivenza a cinque anni e dovrebbe essere intrapresa solo dopo valutazione preoperatoria e preparazione meticolosa. Il futuro della chirurgia del cancro rettale è ancora più promettente. Tecniche minimamente invasive come la laparoscopia e la robotica hanno portato a incomparabili risultati in termini di diminuzione della perdita di sangue intra-operatoria e riduzione dei tempi di ricovero. Il trial UK Medical Research Council (MRC) ha messo a confronto la chirurgia convenzionale con quella laparoscopica riportando risultati interessanti. Con un tasso di conversione del 34% l’incidenza delle complicanze era analoga nelle due metodiche (il 14% in open contro il 16% in laparoscopia). Non è stata notata alcuna differenza in termini di sopravvivenza complessiva a tre anni e di tassi di recidiva. Sebbene ci sia una maggior positività dei margini circonferenziali nel gruppo della resezione anteriore laparoscopica, non è stata rispecchiata da un’aumentata incidenza di recidiva locale. La validità della procedura è stata confermata in studi successivi. Sono state indagate altre procedure meno invasive, specialmente per pazienti non idonei alla chirurgia maggiore. Promette bene l’escissione locale (LE) che utilizza un approccio trans anale. I pazienti con lesioni T1 e T2 senza prova di coinvolgimento linfonodale, basso 26 grado istologico, meno del 40% di interessamento della parete rettale e lesioni a meno di 10 cm dal margine anale sono i candidati ottimali. Con nuove tecniche come la microchirurgia endoscopica transanale (TEM), l’approccio trans-anale può essere usato per lesioni fino a 24 cm dal margine anale. La lesione viene escissa con margini di 1-2 cm sotto il grasso peri-rettale. Nastro et al. hanno segnalato tassi di ricomparsa locale del 10% e 25% rispettivamente per lesioni T1 e T2 . Questi tassi erano superiori alle attese, ma sono migliorati in studi successivi. In ogni caso, l’utilizzo della TEM in pazienti con cancro T2 è ancora argomento di dibattito. L'approccio terapeutico al carcinoma del retto rimane ancora oggi essenzialmente chirurgico. Si determina il tipo di intervento in base all’intendimento perseguito, curativo o palliativo, e in base alla localizzazione ed allo stadio del tumore. Al fine di eseguire un intervento curativo sul piano oncologico (R0), la demolizione deve comprendere il segmento intestinale sede della neoplasia, con margini di sicurezza di almeno 2 cm, secondo le più recenti Linee Guida, a valle del pezzo asportato e di 6-7 cm nel segmento a monte; il relativo mesentere con le stazioni di drenaggio linfatico distrettuale, e l’escissione totale del mesoretto (TME, Figure 8 e 9). 27 Figura 8. Pezzo anatomico di RAR del retto eseguita con tecnica TME Figura 9. Il pezzo dell’immagine precedente aperto per evidenziare la posizione della neoplasia. 28 A condizionare la scelta tra un intervento conservativo o demolitivo è il margine di resezione distale, in quanto assume fondamentale importanza la conservazione della funzionalità sfinteriale. Attualmente, c'è sufficiente unanimità nel definire i 2 cm come limite minimo accettabile di margine libero, distalmente al margine inferiore della neoplasia, tranne nei casi radiochemiotrattati, che possono usufruire di un margine anche centimetrico in caso di risposta completa o quasi completa al trattamento neoadiuvante. Sulla base di queste acquisizioni, la chirurgia radicale del retto extraperitoneale deve attuare, ove possibile, una resezione con conservazione degli sfinteri, con una sezione distale che cada in tessuto sano. I tumori che si localizzano a livello della giunzione sigmoidorettale, del retto alto o del retto medio vengono trattati con l’intervento di resezione anteriore del retto che prevede l’exeresi della metà distale del colon discendente, del sigma e di un'ampia porzione di retto e quindi il confezionamento di un'anastomosi colo-rettale bassa. Per tumori che si posizionano a livello del III inferiore del retto, che non si estendono nell’ultimo centimetro distale, viene eseguita la resezione anteriore bassa. Quando il tumore si estende nell'ultimo cm distale viene fatta, se possibile, una resezione anteriore ultrabassa, in cui il retto viene asportato in toto con sezione a livello della giunzione anorettale. La 29 ricostruzione della continuità digestiva può essere diretta, oppure mediata dal confezionamento di una J-pouch utilizzando il colon prossimale. La costruzione di una neo ampolla si correla con un beneficio in termini funzionali nei soli primi 12-18 mesi postoperatori. Quando la neoplasia si localizza a meno di 4-5 cm dal margine anale o, meglio, quando vi è un interessamento da parte del tumore dell'apparato sfinteriale o dei muscoli del pavimento pelvico o l’integrità anatomo-funzionale degli sfinteri è già compromessa, viene eseguita l’amputazione addomino-perineale secondo Miles. La MET, invece, permette di trattare lesioni neoplastiche benigne non asportabili endoscopicamente e adenocarcinomi al I stadio (pT1N0M0), bene o moderatamente differenziati, come abbiamo menzionato in precedenza. La MET, inoltre, può essere indicata come chirurgia palliativa in cui l’intervento di amputazione addominoperineale è controindicato per le condizioni generali scadenti del paziente o come alternativa davanti al rifiuto del paziente stesso di sottoporsi a chirurgia radicale. L’escissione locale va ritenuta un trattamento adeguato qualora ricorrano le seguenti condizioni: le dimensioni del tumore non superano i 3 cm, il grading istologico è di I-II grado, è un carcinoma in situ o con infiltrazione confinata agli strati iniziali della sottomucosa (T1 sm1 e 30 sm2), non vi è invasione linfatica o vascolare, l’escissione è ritenuta completa sia dal chirurgo che dall’anatomo-patologo, l’asportazione è stata eseguita fino al grasso peri-rettale, la distanza del tumore rispetto al margine anale consente una escissione transanale tecnicamente fattibile, il margine di escissione chirurgico è circonferenzialmente negativo. Questo tipo di approccio ottiene, in questi casi selezionati, ottimi risultati. Riassumendo, i cardini della chirurgia del carcinoma rettale al momento attuale includono: l’escissione totale del mesoretto, nota come total mesorectal excision (TME), nei limiti del possibile la conservazione della innervazione simpatica e parasimpatica (NST), il margine di sezione distale libero da neoplasia, nelle forme localmente avanzate (T3-T4 e/o con metastasi linfonodali regionali) l’uso delle terapie neoadiuvanti, confezionamento di ileostomia in pazienti a rischio di deiscenza anastomotica. 31 LE SEQUELE FUNZIONALI DELLA CHIRURGIA ONCOLOGICA DEL RETTO Vengono sottoposti a chirurgia conservativa dello sfintere fino all’80% dei pazienti con tumore del retto. È ampiamente accertato che fino al 90% di tali pazienti va incontro, dopo la chirurgia, ad un cambiamento delle abitudini intestinali, urinarie e/o sessuali. I sintomi riportati dopo un intervento sul retto variano ampiamente: da episodi giornalieri di incontinenza fecale e urinaria a defecazione ostruita e stipsi. Ulteriori sintomi riscontrati sono tenesmo, dolore rettale e perineale, urgency, perdita della capacità di discriminare tra feci solide e liquide, soiling, impotenza e/o dispareunia. Questo ampio spettro di sintomi rientra nella così detta Sindrome da Resezione Anteriore del retto, ancora lontana da una definizione univoca e da una precisa conoscenza dei suoi meccanismi causali. Attualmente non c’è ancora consenso sul fatto che le disfunzioni urinarie e sessuali debbano essere incluse o meno nella sindrome, 32 piuttosto che essere considerate come complicazioni post-operatorie indipendenti. La conseguenza inevitabile di tali incongruità è la mancanza di strumenti validati (come ad esempio questionari) per determinare la reale incidenza e gravità della sindrome. In generale sembra che i pazienti si possano dividere in due gruppi: quelli con urgenza o incontinenza fecale e quelli con disturbi della evacuazione (sebbene i sintomi spesso si sovrappongano). Una definizione pragmatica della sindrome da resezione anteriore è: “alterata funzione intestinale dopo una resezione rettale, a scapito della qualità della vita”. Per quanto riguarda la qualità della vita i problemi di incontinenza portano ad evitare certe attività, come viaggi a lunga distanza, oppure ancora più drammaticamente limitano il tempo disponibile al di fuori del proprio domicilio. Le disfunzioni intestinali, urinarie e sessuali che fanno seguito alla chirurgia rettale possono quindi avere un impatto negativo sulla funzionalità fisica, psicologica, sociale ed emotiva del paziente, così come sul suo benessere generale. 33 Sequele defecatorie L’incontinenza fecale si verifica frequentemente dopo il trattamento del cancro del retto, colpendo quasi la metà dei pazienti con normali funzioni preoperatorie. In passato si pensava che i sintomi della resezione anteriore fossero transitori, per la maggior parte risolvibili entro 12 mesi dopo l’intervento chirurgico. Attualmente, studi a lungo termine riportano la persistenza della sintomatologia fino a 15 anni dopo la resezione, con prevalenza di incontinenza fecale, che varia dallo 071%, e disturbi nell’evacuazione dal 12-74% . Questi risultati a lungo termine suggeriscono che la resezione anteriore comporti disturbi permanenti, piuttosto che irritabilità neorettale passeggera nel periodo postoperatorio. Storicamente l’evidenza suggeriva che i pazienti sottoposti ad amputazione addomino-perineale con confezionamento di una stomia definitiva, avessero una qualità della vita peggiore rispetto a quelli sottoposti a resezione anteriore del retto. Alcuni dati recenti, invece, suggeriscono che l’intervento di Miles e la colostomia permanente sia preferibile, in termini di qualità della vita, in pazienti ad altissimo rischio, per i quali sono prevedibile complicanze postoperatorie. Questa conclusione potrebbe parzialmente essere attribuibile ai sintomi della sindrome della resezione anteriore, ma non si può fornire una 34 conclusione definitiva a causa della scarsità di studi a riguardo. Inoltre gli studi disponibili registrano soltanto la qualità della vita entro i primi 12 mesi dopo l’intervento, periodo nel quale i sintomi funzionali sono più evidenti, prima di stabilizzarsi a lungo termine. Altri studi che esaminano pazienti non chirurgici con incontinenza fecale o con stipsi, hanno mostrato una diminuzione significativa negli indicatori della qualità della vita e della salute mentale, paragonati a popolazioni senza questi sintomi. I sintomi della resezione anteriore del retto (ARS) includono un elevato numero di evacuazioni al giorno (frequency), impossibilità a rimandare l’evacuazione (urgency), tenesmo, soiling, incontinenza fecale e in un numero inferiore di casi sintomi da ostruzione. Ziv et al. hanno classificato la sindrome in lieve, moderata e grave in relazione alla frequenza ed intensità delle manifestazioni elencate: Lieve: da quattro a sei evacuazioni al giorno o flatulenza, Moderata: come ‘lieve’ ma incontinenza con perdite liquide, Grave: sette o più evacuazioni al giorno o incontinenza di feci solide. In seguito a resezione anteriore bassa, quasi tutti i pazienti soffrono di frequente attività intestinale e soiling. Questi sintomi migliorano col tempo e la maggior parte dei pazienti può godere di una 35 vita quotidiana quasi normale entro il sesto mese postoperatorio. I sintomi del miglioramento clinico dipendono dal recupero della funzionalità del serbatoio e dalla sensibilità del neo-retto. Perciò dopo il sesto mese può essere corretto valutare i pazienti con continenza alterata. Il passo seguente è valutare la severità della malattia. Lo “strumento” per la funzione intestinale del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC) è un convalidato questionario di 18 voci, che si riferisce in modo particolare alla valutazione della funzione intestinale dopo un’operazione salva-sfinteri. Si può calcolare un punteggio totale e l’analisi fattoriale identifica 14 elementi che si riducono in tre sottolivelli (gruppi): frequenza, regime dietetico e perdite fecali (soiling). La valutazione della qualità della vita (QOL) è l’ultimo, ma non il meno importante, passo che si dovrebbe affrontare per determinare l’impatto delle conseguenze della resezione anteriore sul benessere psicosociale dell’ individuo. L’Organizzazione Europea per la Ricerca e la Cura del Cancro (EORTC) ha definito un altro questionario specifico per valutare la qualità della vita per la chirurgia del cancro del colo-retto. Vengono esaminati l’immagine del corpo, le prospettive future, le funzioni sessuali, i problemi di minzione, le disfunzioni gastrointestinali (sintomi legati al tratto intestinale) e i problemi di defecazione. Quando riferiti a 36 pazienti sottoposti a operazioni salva-sfinteri, i problemi di defecazione sono correlati ai più bassi punteggi del livello della qualità della vita e la J-pouch colica mostra i risultati peggiori. Nonostante la considerevole ricerca sui meccanismi che conducono ad una alterata funzione intestinale dopo resezione rettale, non è ancora stata stabilita una causa definitiva. Perciò l’eziopatogenesi della sindrome della resezione anteriore va considerata multifattoriale. La continenza fecale alterata nelle operazioni salva-sfintere è di solito provocata sia dalla dismotilità colica, sia dalla disfunzione del serbatoio neo-rettale e da danni allo sfintere anale, o dalla combinazione di questi fattori. Esiste un diverso numero di conclusioni che includono danni alla anatomia e alla funzione degli sfinteri anali, come conseguenza diretta di una lesione di tipo meccanico o di una lesione neurologica o insita a livello anastomotico. Questi effetti potrebbero essere favoriti da una scarsa capacità rettale, da un’alterata funzionalità o disordini del riflesso retto-anale inibitorio, da una scarsa lunghezza del colon discendente, da una alterata compliance neo-rettale e da dettagli tecnici che riguardano la ricostruzione neo-rettale, comprendenti l’ischemia anastomotica e lo stiramento del mesentere. Inoltre è stato segnalato che l’incontinenza fecale dopo trattamento del cancro del retto può essere causata dal danneggiamento dei muscoli 37 del pavimento pelvico ed in particolare da una variazione dell’angolo anorettale per compromissione dell’innervazione del muscolo elevatore dell’ano. In un individuo sano, il complesso sfinteriale consiste negli sfinteri interni ed esterni strutturalmente e funzionalmente intatti. L’integrità anatomica degli sfinteri può essere valutata tramite l’ecografia endoanale, mentre la loro funzionalità viene valutata tramite la manometria. Lo sfintere anale interno è un muscolo liscio involontario che generalmente rimane in uno stato di contrazione tonica per mantenere il canale anale chiuso. La contrazione è garantita dal sistema nervoso parasimpatico attraverso i nervi pelvici splancnici. Lo sfintere anale esterno è sotto controllo volontario ed è innervato bilateralmente dalla prima branca del nervo pudendo, il nervo emorroidario inferiore, che termina nei plessi nervosi intramurali (Figura 10). 38 Figura 10. Innervazione del retto e dello sfintere anale Il danno neurologico o strutturale dello sfintere anale interno può sfociare in incontinenza passiva (fuoriuscita inconscia del contenuto rettale), mentre il danno allo sfintere anale esterno più spesso provoca 39 urgency e stimolo cosciente dell’imminente fuoriuscita del contenuto fecale (aldilà del controllo volontario). Molti studi hanno indagato sulla funzione dello sfintere anale, prima e dopo la resezione del retto. Un risultato comune è la riduzione della pressione rettale media a riposo dopo resezione, che riflette la disfunzione dello sfintere anale interno, non recuperabile nel tempo. Sono state riportate anche riduzioni della pressione di contrazione massima, che riflettono la disfunzione dello sfintere esterno. Tra le ipotesi più accreditate è che nel 18% dei casi lo sfintere interno sia direttamente danneggiato dall’ uso delle suturatrici meccaniche, mentre l’innervazione venga danneggiata durante le mobilizzazione del retto. A questo riguardo, Ho et al., hanno confrontato l’impatto dell’intervento di RAR, con e senza suturatrice meccanica, sull’integrità dello sfintere e la pressione ano-rettale di alcuni pazienti. In questo studio, a sei mesi dall’operazione, i pazienti sottoposti ad una anastomosi con suturatrice meccanica hanno dimostrato una significativa riduzione stabile delle pressioni endoanali, con una più alta incidenza di lesioni sfinteriche visibili eco-endoscopicamente. Non è stato documentato un danno strutturale dello sfintere esterno e una sua funzione ridotta sarebbe da attribuire alla lesione del plesso nervoso intramurale. 40 Il danno indotto dall’inserimento della suturatrice meccanica a carico della ricca rete di terminazioni nervose del canale anale, sensibili al dolore, alla temperatura e al contatto, sarebbe in grado di spiegare la perdita della capacità di discriminare tra feci e gas. L’ampolla rettale funge da serbatoio per le feci. Si deduce che la resezione del retto causi la perdita di tale funzione. Durante la resezione anteriore vengono rimosse quantità variabili di retto e il contributo del moncone rettale residuo, dal punto di vista funzionale, è ancora poco chiaro. L’escissione totale del mesoretto può eliminare le connessioni tra il moncone del retto e i nervi estrinseci autonomi che derivano dal plesso pelvico, risultando in una denervazione del moncone rettale residuo. Allo stesso tempo anche il colon discendente, usato per la costruzione del neo-retto, può diventare un tratto denervato, poiché sia i nervi ascendenti dal plesso pelvico, che quelli discendenti dal plesso mesenterico inferiore, possono essere stati resecati con le arterie coesistenti. Il ridotto volume del serbatoio neorettale, risultante dall’escissione rettale e dalla costruzione di un’anastomosi convenzionale colo-rettale termino-terminale o colo-anale, si presume sia la causa di urgency e incontinenza fecale. La proporzione di pazienti che soffrono di questa sindrome sembra aumentare man mano che il livello dell’ anastomosi si avvicina allo sfintere anale. Urgenza e perdita fecale sono molto più 41 comuni in pazienti che hanno un’anastomosi a 3 cm dall’orifizio anale, rispetto a pazienti la cui anastomosi è a 6 cm. Tale evidenza ha portato allo sviluppo di ricostruzioni alternative. Queste includono la costruzione di un’anastomosi termino-laterale, la pouch colica o colo-pouch e la colo-plastica trasversale. Paragonata all’anastomosi diretta, la colo-pouch causa una frequenza di evacuazioni più bassa, fino a 12 mesi dopo la resezione, tuttavia la frequenza nel gruppo con anastomosi diretta si riduce a quella del gruppo pouch entro i 24 mesi. Analogo risultato si è ottenuto anche quando la colo-pouch era stata confezionata con configurazione termino-laterale. L’effetto del volume neo-rettale sulla funzione rimane dubbio e non è stato mostrato nessun ovvio beneficio a lungo termine di qualsiasi tecnica ricostruttiva particolare. I pazienti che hanno avuto una deiscenza anastomotica mostrano una capacità rettale ridotta, più problemi di evacuazione e tendenza a una maggior urgenza e incontinenza fecale rispetto ai controlli. Oltre alla capacità rettale, la compliance (cambiamento della pressione endoluminale in relazione alla variazione del volume fecale) è fondamentale per la funzione normale del retto. Si vuole sottolineare la possibilità che nel neo-retto, rispetto ad un retto fisiologico, possano svilupparsi valori pressori aumentati a parità di volume fecale. Alte 42 pressioni nel neo-retto provocano un ridotto gradiente di pressione anoneorettale e quando ciò accade, in particolare nei casi di una disfunzione sfinterica anale, può verificarsi un episodio di incontinenza. Così, un retto ipo-compliante potrebbe essere associato ad urgency, frequenza e incontinenza fecale. Non c’è prova che sostenga la superiorità, in termini di compliance, di una qualsiasi tecnica ricostruttiva particolare. D’altro canto, il tempo di transito colico è più breve nei pazienti che hanno subito un intervento salva-sfinteri rispetto ai controlli. È possibile che l’operazione stessa elimini il rallentamento fisiologico del colon garantito da un’attività segmentaria. La manometria può rilevare la riduzione dell’attività contrattile segmentaria e un aumentata quantità di contrazioni e di complessi motori migranti. Studi sperimentali sui topi indicano che la mobilizzazione del colon sinistro e la legatura dei vasi abbiano come risultato una rilevante distruzione delle innervazioni simpatiche e di conseguenza un aumento della motilità del colon distale. Una motilità colica alterata e una riduzione della lunghezza dell’intestino crasso possono portare, quindi, a una diminuzione della funzione di assorbimento colico e al raggiungimento di feci liquide nel canale anale. Inoltre, in uno studio su 60 pazienti dopo resezione anteriore, in 26 pazienti furono notate piccole onde irregolari (chiamate onde spastiche) nell’area del neo-retto; la presenza di queste onde era associata a sintomi 43 quali soiling , urgency ed evacuazioni frequenti. La causa e l’origine di queste onde spastiche restano non identificate. La prova di qualsiasi effetto della radioterapia o chemioradioterapia preoperatorie sulla funzione anorettale risulta contraddittoria con i pochi dati prospettici attuali. Se la radioterapia avesse un reale effetto sulla funzione anorettale, ci si aspetterebbe che la funzione si deteriori col tempo, piuttosto che stabilizzarsi a 1-2 anni dopo il trattamento, come osservato. I dati del trial Dutch TME, che ha valutato pazienti tra il 1996 e il 1999, indicano che, a 5 anni dopo l’intervento chirurgico, la frequenza e la gravità dell’incontinenza fecale sono peggiori nei pazienti che hanno subito un ciclo breve di radioterapia preoperatoria, rispetto a quelli sottoposti solo ad intervento chirurgico. Questo risultato può essere spiegato dal fatto che le radiazioni, oltre alla fibrosi del retto, inducono un danno vascolare dei cuscinetti emorroidari che contribuiscono al meccanismo della continenza a riposo. In un altro studio, gli indici dei problemi intestinali complessivi a 2 anni sono simili fra pazienti sottoposti a un ciclo breve di radioterapia preoperatoria e quelli sottoposti a radio-chemioterapia selettiva postoperatoria;; c’è una più alta frequenza di incontinenza fecale nel gruppo della radioterapia neoadiuvante, ma per la maggior parte di questi pazienti, la gravità del 44 disturbo è bassa. Resta tuttavia l’evidenza che l’eco-endoscopia nei pazienti irradiati mostra maggiori alterazioni degli sfinteri anali. La radioterapia postoperatoria, dopo resezione anteriore, causa una serie di disfunzioni ano-rettali a lungo termine, principalmente a seguito di un indebolimento dello sfintere anale e riduzione della compliance rettale, dovuti alla fibrosi del plesso mioenterico indotta dalle radiazioni. Sono necessarie ulteriori ricerche per stabilire il reale impatto sul retto dei moderni trattamenti non chirurgici ed è opportuno un bilanciamento tra benefici e conseguenze di tali trattamenti. Per proteggere lo sfintere anale dal campo di radiazione ad alta dose, la tecnica conosciuta come 3D radioterapia conformazionale (3DXRT) è stata applicata nella radioterapia preoperatoria di pazienti ritenuti candidati a chirurgia sphincter-preserving. Effettuare l’esclusione dello sfintere usando il trattamento 3DXRT comporta una riduzione dell’80% della dose media ripartita sullo sfintere anale (da 33 a 6 Gy). In questo modo la radioterapia sfintero-conservativa potrebbe migliorare l’esito funzionale dei pazienti sottoposti a LAR. Gli strumenti diagnostici comunemente utilizzati per la valutazione della gravità e della eziologia delle sequele defecatorie, che conseguono ad una chirurgia rettale, sono la defecografia, l’ecografia endoanale e la manometria anorettale. 45 La defecografia può rilevare le caratteristiche morfologiche del disturbo. Tipici risultati strettamente associati ad incontinenza sono: 1) scarso volume del neo-retto; 2) tratto di evacuazione basso; 3) ampio angolo ano-rettale posteriore (>110°); 4) persistenza di contrasto baritato nel canale anale a riposo. Ovviamente, la J-pouch colica mostra un volume più ampio rispetto all’anastomosi diretta e un angolo anorettale più ottuso. L’ecografia endoanale è il “gold standard” per valutare l’integrità degli sfinteri anali, con una sensibilità e specificità che raggiungono quasi il 100%. Per queste ragioni l’eco-endoscopia ha una posizione basilare nel work-up diagnostico morfologico della ARS, confermando o escludendo danni agli sfinteri anali. La manometria anorettale è di estrema importanza perché può identificare debolezza funzionale dello sfintere, scarsa compliance rettale e alterazione della sensibilità rettale, dando informazioni sulla pressione anale a riposo, sulla pressione di contrazione massima volontaria (squeeze), sul riflesso retto-anale inibitorio, sulla soglia percettiva volumetrica di massa fecale, sulla soglia di urgenza a defecare e sul monitoraggio della compliance rettale. Grazie a queste caratteristiche intrinseche, la manometria ano-rettale è in grado di indicare quali sono i meccanismi che alterano la continenza. 46 Esiti spesso presenti in pazienti sottoposti a resezione anteriore del retto sono la riduzione della pressione anale a riposo, espressione di danno allo sfintere anale interno, e/o della pressione di massima contrazione volontaria (squeeze), espressione di disfunzione dello sfintere esterno. Il riflesso retto-anale inibitorio (RAIR) può venir meno dopo resezione anteriore, ma si rigenera, nella maggior parte dei casi, entro la fine del secondo anno postoperatorio. La rigenerazione dei nervi autonomi intramurali attraverso la rima anastomotica potrebbe spiegare la ricomparsa del riflesso retto-anale inibitorio. Non si comprende bene l’influenza della perdita del RAIR sui sintomi della sindrome della resezione anteriore perché soltanto il 33% dei pazienti con incontinenza non ha il RAIR e solo il 25% di quelli con assenza di RAIR soffre di incontinenza fecale. Infine, basse soglie per la percezione di perdite, bassa capacità del neoretto e compliance alterata sono i tipici referti manometrici in pazienti con incapacità a ritardare la defecazione. La fisiopatologia multifattoriale della ARS condiziona la terapia, il cui scopo principale è il ripristino o il miglioramento della continenza. Attualmente mancano ancora criteri standard per la gestione dei pazienti con problemi di incontinenza fecale. Il trattamento è empirico e basato 47 sulla sintomatologia. Possono essere quindi prescritte una serie di misure conservative, come particolari regimi dietetici privi di fibre, terapia farmacologica, biofeedback, irrigazione rettale e neuromodulazione con stimolazione del nervo sacrale. La loperamide è il farmaco di scelta per l’incontinenza fecale, in quanto, oltre ad essere un agente anti-diarroico, determina un aumento del tono dello sfintere anale, portando a un miglioramento della sintomatologia in pazienti con e senza diarrea. La combinazione di loperamide e di esercizi muscolari per il pavimento pelvico migliora il tasso di risposta positiva all’incontinenza fecale. Tuttavia, non è disponibile nessun trial ben condotto sull’impiego di questo farmaco per la ARS e quindi i suoi benefici si basano più su postulati teorici ed esperienze sporadiche. La ginnastica dei muscoli del pavimento pelvico è considerata il trattamento di prima linea per l’incontinenza urinaria, ma può apportare miglioramenti anche per l’incontinenza fecale. Tale trattamento produce risultati limitati in pazienti nei quali l’innervazione è stata danneggiata durante l’intervento chirurgico. Il biofeedback è il trattamento adottato regolarmente per la stipsi e l’incontinenza fecale. Una review retrospettiva di 513 pazienti non chirurgici con incontinenza fecale, documenta un miglioramento della qualità della vita in più del 70% dei casi trattati con biofeedback. Un 48 altro studio recente ha mostrato un miglioramento dei sintomi, con riduzione della dissinergia del pavimento pelvico e una diminuita frequenza delle evacuazioni, utilizzando il medesimo trattamento. Studi a lungo termine hanno segnalato un beneficio dell’irrigazione rettale in termini di incontinenza e disfunzione evacuativa. La stimolazione del nervo sacrale, in cui gli elettrodi sono inseriti attraverso il forame sacrale sotto anestesia generale, può essere efficace sia per l’incontinenza fecale che per quella urinaria e nel migliorare la capacità di rinviare la defecazione. Inizialmente si ipotizzò che il meccanismo d’azione della stimolazione del nervo sacrale avesse come unico risultato l’aumento della pressione dello sfintere anale a riposo e in contrazione; tuttavia, sembrerebbe anche in grado di diminuire l’attività motoria colica anterograda e di aumentare l’attività retrograda. Certamente, il mezzo più efficace per curare le sequele postoperatorie è quello di prevenirle, considerando con attenzione tutte le misure necessarie, quali la tecnica nerve-sparing, l’educazione del paziente e la durata e dose di irradiazione pelvica. Molte sequele funzionali potrebbero essere prevenute ponendo particolare attenzione alla conservazione dei nervi durante l’intervento. Specialmente durante un’eccessiva perdita di sangue 49 intra-operatoria, i nervi sono particolarmente a rischio a causa della diatermo-coagulazione e dei numerosi punti di sutura per assicurare l’emostasi. Per evitare un eccessivo sanguinamento e il danno accidentale dei nervi è importante rispettare i piani dell’anatomia chirurgica e ridurre l’uso della dissezione smussa. Dall’altro canto è difficile prevenire le disfunzioni intestinali indotte dalla radioterapia, poiché tale metodica risulta essenziale per ridurre il rischio di recidiva locale. Tuttavia attualmente sono in fase di sviluppo nuove tecniche di imaging in grado di permettere un trattamento su misura per il singolo paziente. La stimolazione percutanea del nervo tibiale è una tecnica di neuromodulazione minimamente invasiva in cui viene posizionato un ago nella caviglia, adiacente al nervo tibiale posteriore. Simile alla stimolazione del nervo sacrale, la stimolazione del nervo tibiale agisce per via retrograda sui nervi pelvici. Tale metodica è un trattamento ben consolidato per l’incontinenza urinaria; tuttavia, la sua efficacia per l’incontinenza fecale è limitata. Uno studio in pazienti con incontinenza fecale, sottoposti ad un ciclo di stimolazione percutanea del nervo tibiale, ha mostrato un significativo miglioramento degli episodi di incontinenza fecale. Un altro studio miglioramento della qualità della vita. 50 prospettico segnala un Gli agenti volumizzanti intra-anali sono stati utilizzati con successo variabile come trattamento per l’incontinenza fecale passiva, associata a debolezza dello sfintere anale interno. Gli studi su animali hanno mostrato maggiore contrattilità dello sfintere anale esterno dopo plicatura chirurgica e diretta iniezione di cellule staminali mesenchimali derivate. I risultati in questo campo sono incoraggianti, anche se ulteriori approfondimenti sono necessari per confermarli. Sequele urogenitali I disturbi sessuali e urologici sono relativamente comuni dopo chirurgia rettale. Lo stretto rapporto nella pelvi tra il retto e i plessi ipogastrici e splancnici determina il reale rischio di lesioni neurogene, specialmente quando il coinvolgimento circonferenziale può richiedere una dissezione più ampia. Generalmente, in seguito a chirurgia del retto, viene più danneggiata la funzione sessuale rispetto a quella urinaria. L’incidenza di disfunzione sessuale aumenta con l’avanzare dell’età del paziente ed è più elevata dopo resezione addomino-perineale piuttosto che dopo RAR. Le disfunzioni uro-genitali sono conseguenti a lesioni del sistema parasimpatico, simpatico o del nervo pudendo. Il parasimpatico decorre 51 lungo i nervi erigentes, i quali attraversando i forami sacrali giungono al plesso ipogastrico inferiore situato al davanti e lateralmente al retto, subito al di sopra della fascia endopelvica che ricopre il muscolo elevatore dell’ano. Lesioni del plesso ipogastrico inferiore possono avvenire durante la linfoadenectomia pelvica o durante la mobilizzazione del retto basso. Il simpatico decorre nei nervi presacrali che a livello della biforcazione aortica formano il plesso ipogastrico superiore da cui originano i due nervi ipogastrici. Essi decorrono medialmente all’uretere fino al plesso ipogastrico inferiore dove si anastomizzano con le fibre del parasimpatico. Lesioni del plesso ipogastrico superiore possono avvenire durante la legatura dell’arteria mesenterica inferiore e durante una linfoadenectomia alta. Delle donne che sono sessualmente attive prima dell’intervento chirurgico, il 46-86% rimane sessualmente attiva anche dopo. Altri studi hanno dimostrato che, mentre dopo chirurgia salva-sfinteri il 55-58% delle donne rimangono sessualmente attive, solo il 10-39% lo rimane dopo una resezione addomino-perineale. Nelle donne la più comune disfunzione sessuale post-operatoria è la dispareunia. Le potenziali disfunzioni sessuali maschili includono la disfunzione erettile per alterazione della rete nervosa parasimpatica, impotenza, difficoltà 52 nell'eiaculazione per danni alla componente simpatica e dolore in sede perineale con disfunzione erettile per lesioni del nervo pudendo. Sebbene la radioterapia giochi un ruolo importante, il danno nervoso durante l’atto chirurgico rimane la causa più comune. Nella review di Nagpal e Bennett, il tasso di disfunzione sessuale di nuova insorgenza è stimato essere il 23-69% . Si noti come, sia l’impotenza che la disfunzione eiaculatoria, siano più frequenti con resezione addominoperineale piuttosto che con la chirurgia sphincter-preserving. In un recente studio Nishizawa et al. hanno riportato un tasso di impotenza dell’80% e problemi eiaculatori dell’82%, in pazienti sessualmente attivi prima dell’intervento. Entrambi calano al 76% e al 67% rispettivamente dopo un anno. Storicamente era diffusamente accettato che la chirurgia laparoscopica comportasse risultati peggiori rispetto alla chirurgia laparotomica sul piano delle alterazioni funzionali di tipo urogenitale. Si è ipotizzato, infatti, che la laparoscopia non permettesse ai chirurghi di evidenziare con altrettanta precisione della tecnica open i piani di dissezione. Mc Glone et al. hanno, invece, dimostrato che la TME in laparoscopia mostra numerosi vantaggi per quanto riguarda gli esiti sessuali, particolarmente nelle donne, ma nessuna differenza per i sintomi connessi alla sfera urologica. In mani esperte, la chirurgia rettale 53 laparoscopica è efficace quanto la chirurgia open. A riguardo alcuni autori sostengono che possa offrire una migliore visuale dei plessi nervosi pelvici, rispetto alla laparotomia. La chirurgia robotica, attualmente in fase precoce, indubbiamente diventerà più popolare nel prossimo futuro. Luca et al., in una coorte di 74 pazienti, sostengono che la chirurgia robotica permetta una più precisa manipolazione e dissezione chirurgica, con il vantaggio di una visuale ingrandita e tridimensionale del plesso ipogastrico inferiore. La radioterapia comporta effetti negativi sulla funzione sessuale sia negli uomini che nelle donne. Meta-analisi di ampi studi multicentrici hanno evidenziato come l’attività sessuale sia del 18% più bassa nelle donne sottoposte a radioterapia, rispetto a quelle trattate con la sola chirurgia e, negli uomini, si riscontra disfunzione eiaculatoria tra il 3944% rispetto al 29-32% dei pazienti non irradiati. Le disfunzioni urologiche includono problemi come la ritenzione urinaria, le perdite urinarie, l’incontinenza da stress, la perdita della sensibilità vescicale, la disuria, e le infezioni croniche. Una disfunzione vescicale è stata segnalata nel 7-68% dei pazienti dopo resezione anteriore per cancro del retto basso; tuttavia, l’incidenza è generalmente considerata intorno al 30%. Similmente alle disfunzioni sessuali, la 54 maggior parte della difficoltà di svuotamento vescicale è da ricondurre a danni di origine neurogena ed in particolare della branca parasimpatica. La vescica neurologica può insorgere in circa il 50% degli uomini dopo resezione addomino-perineale, ma le difficoltà di svuotamento si risolvono in genere dopo 3-6 mesi dalla chirurgia. Oltre ai problemi neurologici, i danni meccanici possono alterare l’angolazione del collo vescicale durante l’intervento chirurgico. L’incontinenza urinaria da stress può derivare proprio da un alterato supporto dell’uretra e del collo della vescica indotto da un danno dei legamenti vescicali pubo-uretrali, del piano degli elevatori e del tessuto connettivo. Tali elementi possono compensarsi l’un l’altro in caso di malfunzionamento, ma nelle donne in post-menopausa molte di queste strutture anatomiche risultano indebolite dalla mancanza di estrogeni. È chiaro che ulteriori lesioni anatomiche di vescica, uretra, pavimento pelvico e innervazione dei muscoli elevatori dell’ano durante una RAR, possono ulteriormente favorire la comparsa di incontinenza urinaria. Analogamente la presenza di ipertrofia prostatica benigna nel sesso maschile contribuisce alle alterazioni urinarie indotte dalla chirurgia. Per quanto riguarda il trattamento conservativo delle sequele urinarie dopo chirurgia rettale non si discosta di molto da quello 55 utilizzato per le sequele defecatorie, che abbiamo descritto in precedenza. 56 LA NOSTRA ESPERIENZA Materiali e metodi Il nostro studio si è svolto retrospettivamente in pazienti sottoposti a chirurgia elettiva per tumori del retto con tecnica di RAR o MET nell’U.O.C. di Patologia Chirurgica dell’Università degli Studi di Sassari dal 01/01/2010 al 31/12/2014. Il numero complessivo dei pazienti esaminati è stato 89. Di questi, 10 pazienti erano deceduti, 33 pazienti non sono risultati rintracciabili per essere valutati ai fini dello studio e 5 non si sono presentati alla valutazione clinica nonostante avessero risposto positivamente al nostro invito telefonico. Quindi, il numero complessivo di pazienti che hanno effettivamente partecipato allo studio si è ridotto a 41. I dati demografici, clinici, chirurgici ed anatomopatologici pre- e postoperatori sono stati ricavati dalle cartelle cliniche dei pazienti e da altri sistemi di archiviazione nell’UOC di Patologia Chirurgica. Questi dati sono stati implementati da altri ottenuti dalla collaborazione degli 57 istituti oncologici della ASL n° 1 di Sassari e della AOU di Sassari e da dati e referti clinici in possesso dei pazienti. In questo modo è stato quantificato il numero di individui deceduti e di quelli per i quali non erano disponibili recapiti attendibili per poter essere rintracciati. Successivamente, tutti i restanti 46 pazienti sono stati contattati telefonicamente ed invitati per una valutazione clinica presso gli ambulatori dell’U.O.C. di Patologia Chirurgica. La valutazione consisteva nel completamento di una scheda raccolta dati attraverso notizie ricavate dall’anamnesi e, ove necessario, dall’esame obbiettivo dei pazienti. Le informazioni contenute nella scheda per la raccolta dati utilizzata per lo studio sono illustrate in seguito. Il follow up medio dei pazienti era di 36 mesi (range 64-8 mesi) SCHEDA RACCOLTA DATI Nome……………………………Cognome…………………Età……….Sesso……. Telefono:………………………… Diagnosi preoperatoria: …………………………………………………………….. Pregressi trattamenti pelvici:………………………………………………………… Terapia neoadiuvante?................................................................................................. Tipo di intervento:…………………………………………………………………… Diagnosi postoperatoria:…………………………………………………………….. Posizione del tumore: Retto alto (>11 cm)………….., Retto medio (7-10)……..…, Retto basso (<7 cm)…………. Terapia adiuvante?...................................................................................................... 58 Condizione funzionale preoperatoria: Disfunzione defecatoria:……………………………………………………………… Urgency:……………………………………………………………………………… Discriminazione feci/gas:……………………………………………………………. Incontinenza feci liquide:……………………………………………………………. Incontinenza feci solide:……………………………………………………………… Fragmentazione:……………………………………………………………………… Soiling:……………………………………………………………………………….. Defecazione ostruita…………………………………………………………………. Disfunzione urinaria:…………………………………………………………………. Disfunzione sessuale:…………………………………………………………………. Valutazione clinica preoperatoria:…………………………………………………... Pressione anale a riposo:…………………………………………………………….. Pressione massimale:………………………………………………………………… Sensibilità:……………………………………………………………………………. Condizione funzionale postoperatoria: Disfunzione defecatoria:……………………………………………………………... Urgency:……………………………………………………………………………… Discriminazione feci/gas:……………………………………………………………. Incontinenza feci liquide:…………………………………………………………….. Incontinenza feci solide:……………………………………………………………… Fragmentazione:……………………………………………………………………… Soiling:……………………………………………………………………………….. Defecazione ostruita…………………………………………………………………. Disfunzione urinaria:…………………………………………………………………. Disfunzione sessuale:…………………………………………………………………. Valutazione clinica postoperatoria:…………………………………………………... Pressione anale a riposo:……………………………………………………………… Pressione massimale:………………………………………………………………… Sensibilità:……………………………………………………………………………. Trattamento postoperatorio:…………………………………………………………. ………………………………………………………………………………………… 59 Risultati Tra i 41 pazienti valutati 24 erano maschi e 17 femmine;; l’età media era 67 (range 31 – 88) anni. Undici dei pazienti sono stati sottoposti a Microchirurgia Endoscopica Transanale (MET), 6 a RAR del retto open senza ileostomia reale o virtuale, 10 a RAR open con confezionamento di una ghost ileostomy, 9 a RAR open con confezionamento di una ileostomia temporanea, e 5 a RAR Videolaparoscopica (VLP) senza ileostomia reale o virtuale (Figura 11). MET RAR RAR + ghost ileostomy RAR + ileostomia RAR VL 12% 27% 22% 15% 24% Figura 11. Distribuzione dei tipi di intervento nella nostra casistica. 60 In un paziente la ghost ileostomy è stata convertita in ileostomia reale dopo deiscenza anastomotica. In un paziente in cui era stata eseguita una RAR nel 2011, è stata confezionata una colostomia definitiva nel 2013 a causa delle sequele funzionali, altamente invalidanti, dovute al primo intervento. In 19 pazienti (46%) il tumore era situato a più di 11 cm dal margine anale, in 16 pazienti (39%) tra 7 e 10 cm ed in 6 (15%) a meno di 7 cm (Figura 12). Figura 12. Distribuzione del numero di pazienti in relazione all’altezza del tumore. 61 Otto pazienti (20%) sono stati sottoposti a terapia neo-adiuvante: 4 a chemioterapia, 2 a radioterapia e 2 a RCT. Tredici pazienti (32%) sono stati sottoposti a terapia adiuvante: 11 a chemioterapia e 2 a RCT. Per quanto riguarda la funzionalità pre-operatoria il 90% dei pazienti non aveva alcuna alterazione dal punto di vista defecatorio, urinario e sessuale prima dell’intervento, mentre 1 paziente riferiva stipsi, 1 defecazione ostruita, 1 disfunzione sessuale e 1 disfunzione urinaria (Figura 13). Figura 13. Percentuale di alterazioni preoperatorie. Dopo l’intervento ventuno pazienti (51%) riferivano una disfunzione defecatoria: 6 (15%) una frequenza delle evacuazioni 62 maggiore di 4 volte al giorno e 15 (37%) alvo alterno, nella maggior parte dei casi in terapia con lattulosio. Quindici pazienti riferivano urgency, definita come impossibilità a (37%) rimandare l’evacuazione, 9 pazienti (22%) riferivano di non riuscire a discriminare tra feci e gas, 6 pazienti (15%) riferivano incontinenza per feci solide, 3 pazienti (7%) riferivano incontinenza per feci liquide, 9 pazienti (22%) riferivano fragmentazione delle feci, 10 pazienti (24%) riferivano soiling, 7 pazienti (17%) riferivano una disfunzione dal punto di vista urinario (Figure 14 e 15). Tra quest’ultimi, 5 pazienti riferivano incontinenza urinaria e 2 stranguria, ma 4 di loro avevano comorbidità quali l’ipertrofia prostatica benigna, l’Alzheimer e prolasso vescicale, tali da non far ritenere una sicura correlazione del disturbo con l’intervento di resezione anteriore del retto. Undici pazienti (27%), di cui 9 maschi e 2 femmine, riferivano una disfunzione sessuale, 22 (54%) riferivano di non aver avuto nessun cambiamento nella loro vita sessuale da prima a dopo l’intervento e in 8 pazienti (19%) non è stato possibile rilevare il dato. Complessivamente cinque dei 41 pazienti (12%) presentavano l’insieme dei sintomi caratteristici della sindrome da resezione anteriore e quindi una diminuzione significativa della qualità della vita. 63 Figura 14. Distribuzione globale delle sequele postoperatorie Figura 15. Percentuale dell’incidenza delle singole sequele postoperatorie 64 Il confronto dei dati clinico-funzionali in relazione alla localizzazione della neoplasia dal margine anale mostra come le sequele funzionali siano, in percentuale, più frequenti nei pazienti che hanno eseguito una resezione anteriore bassa e ultrabassa. In particolare è da evidenziare che, nei pazienti che avevano la neoformazione a livello del retto medio-basso, il 22% riferisce incontinenza fecale e il 32% soiling, contro il 5% e il 16% rispettivamente, dei pazienti con la neoplasia a livello del retto alto (Figura 16). Figura 16. Percentuale dell’incidenza delle sequele in relazione all’altezza del tumore Mettendo a confronto le sequele funzionali in base al tipo di intervento a cui sono stati sottoposti i 41 pazienti rientrati nello studio, si evidenzia che 18 pazienti sottoposti a RAR presentavano una 65 disfunzione defecatoria intesa come aumento del numero delle evacuazioni maggiore di 4 al giorno o alvo alterno cronico. Esaminando gli 8 pazienti che hanno eseguito terapia neoadiuvante risulta che i quattro pazienti che hanno fatto solo RT o RCT presentano tutti disfunzione defecatoria e disfunzione sessuale, mentre i 2 pazienti che hanno eseguito solo RT hanno incontinenza fecale. Confrontando i dati dei pazienti a cui è stata confezionata una ileostomia temporanea con quelli senza, non si rilevano grandi differenze in termini di sequele funzionali e analogamente non sono da evidenziare variazioni rilevanti tra i pazienti operati per via laparotomica rispetto a quelli operati in videolaparoscopia. Discussione Le alterazioni della funzionalità defecatoria, urinaria e sessuale, nei pazienti sottoposti a intervento chirurgico con preservazione dell’apparato sfinteriale per cancro del retto, sono legate a numerosi parametri che concorrono nella determinazione del risultato clinico. 66 L’aumento della frequenza delle evacuazioni permanente è da considerare una conseguenza della ridotta compliance del neo-retto per resezione dell’ampolla rettale, della riduzione dell’attività segmentaria del colon per distruzione dell’innervazione simpatica, della RT e Chemioterapia pre e post operatoria per fibrosi del retto e danno vascolare. A tali fattori si devono aggiungere le conseguenze dovute all’inserimento della suturatrice meccanica e della mobilizzazione del retto. La suturatrice meccanica può essere responsabile del danno dello sfintere interno con conseguenti episodi di incontinenza fecale involontaria e del danno delle terminazioni nervose del canale anale che porterebbero alla perdita di discriminazione tra feci e gas. Inoltre la mobilizzazione e la dissezione del retto, se non eseguite in maniera adeguata, provocano lesioni all’innervazione sfinteriale che in concomitanza ai possibili disordini del riflesso retto-anale inibitorio, comporta episodi di incontinenza, ma soprattutto stimolo cosciente dell’imminente fuoriuscita del contenuto fecale (urgency) per alterazione dello sfintere esterno. Le lesioni dei plessi nervosi sono allo stesso modo la causa delle sequele uro-genitali. I dati relativi alle sequele funzionali post-chirurgiche, ricavati dal campione preso in considerazione in questo studio, risultano in linea con i dati della letteratura evidenziando che più l’anastomosi risulta in 67 prossimità dell’apparato sfinteriale, maggiore è l’incidenza di incontinenza fecale, urgency e soiling (22%, 40% e 32% ripettivamente). Interessante è il dato che anche in pazienti sottoposti ad interventi minimamente invasivi, come la MET, possono verificarsi alterazioni funzionali defecatorie post-chirurgiche, presumibilmente dovute all’elevato calibro (4cm) del rettoscopio operatorio utilizzato per la metodica. 68 CONCLUSIONI La chirurgia per cancro del retto, negli ultimi anni, è progressivamente passata dall’essere una chirurgia altamente demolitiva (amputazione addomino-perineale secondo Miles) ad essere una chirurgia sempre più conservativa anche per neoplasie situate a livello del retto basso. La resezione anteriore e la MET consentono un risultato, sul piano oncologico, pari a quello della amputazione addominoperineale, con ovvi vantaggi dal punto di vista anatomo-funzionale. Tuttavia, pur migliorando generalmente la qualità della vita per l’assenza della stomia, tali interventi comportano, come confermato anche da questo studio, una considerevole incidenza di sequele funzionali post-operatorie. Le più rilevanti disfunzioni nella nostra esperienza sono di tipo prevalentemente defecatorio; in particolare, l’alvo alterno, l’urgency e il soiling sono le alterazioni più riscontrate, soprattutto in pazienti con tumore del retto medio-basso. Importanti 69 alterazioni, tali da rientrare nella definizione di Sindrome da Resezione Anteriore del retto e compromettere significativamente la qualità della vita, tuttavia, si sono verificate solo in 5 pazienti. Le sequele funzionali possono essere prevenute tramite una valutazione manometrica ed endoscopica preoperatoria e un atteggiamento intraoperatorio adeguato, nel rispetto delle norme della tecniche nerve sparing e total mesorectal excision. Possono, inoltre, essere significativamente migliorate con l’applicazione di terapie non invasive, quali la ginnastica del pavimento pelvico, l’elettrostimolazione e il biofeedback. Quindi si suggerisce un follow up del paziente operato per tumore del retto non solo sul piano oncologico, ma anche sul piano chirurgico, mediante l’utilizzo di questionari analoghi a quello qui presentato per la raccolta dati. Ciò consentirebbe di valutare la presenza delle disfunzioni e classificare l’entità della sintomatologia riferita dal paziente al fine di proporre o meno un eventuale trattamento. Inoltre, estendendo tale metodologia su un numero crescente di pazienti, sarà possibile ottenere dati sempre più significativi per quantificare la reale incidenza di queste alterazioni. 70 BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA 1. Globocan 2008, http://globocan.iarc.fr, 2012. 2. Grande E, Inghelmann R, Francisci S, Verdecchia A, Micheli A, Baili P, Capocaccia R, De Angelis R. Regional estimates of colorectal burden in Italy.Tumori 2007; 93: 352-9. 3. Béjar LM, Gili M, Infantes B, Marcott PF. Incidence of colorectal cancer and influence of dietary habits in fifteen European countries f om 1971 to 2002. Gac Sanit 2012; 26: 69-73. 4. Zavoral M, Suchanek S, Zavada F, Dusek L, Muzik J, Seifert B, Fric P. Colorectal cancer screening in Europe. World J Gastroenterol 2009; 15: 5907-15. 5. Haggar FA, Boushey RP. Colorectal cancer epidemiology: incidence, mortality, survival, and risk factors. Clin Colon Rectal Surg 2009; 4: 191-7. 6. Logan RF, Patnick J, Nickerson C et al. 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Paliogiannis il cui aiuto è stato essenziale per condurre questo lavoro con il corretto approccio metodologico. Grazie per la sua disponibilità, pazienza e per avermi insegnato e trasmesso la passione per la ricerca. Grazie a tutto lo staff dell’Istituto di Patologia Chirurgica per la collaborazione e in particolare grazie al Dott. Attene e Delogu per avermi aiutata con le interviste ai pazienti. 76