Il Movimento di Cooperazione Educativa
sostenitore e divulgatore dei valori della <<pedagogia popolare>>.
di Barbara Romeo
1. Il MCE, un’associazione di maestri uniti per il rinnovamento della scuola in senso democratico
2. Le tecniche di vita “vitali” per l’attuazione di una <<pedagogia popolare>>
3. Lo strumento di comunicazione e coesione: la rivista
4. Esistenzialismo, scientificità e utopia politica
5. La comunità di amici : una grande famiglia
6 . L’utopia politica supera ben presto la pratica didattica
7. Conclusioni: l’attualità della didattica MCE oggi
8. Bibliografia
1. Il MCE, un’associazione di maestri uniti per il rinnovamento della scuola in senso democratico
Nel febbraio del 1957 nasce il Movimento di Cooperazione Educativa (M.C.E.) come evoluzione della Cooperativa
della Tipografia a Scuola (C.T.S.) nata il 4 novembre del 1952 per opera di Giuseppe Tamagnini[1], Aldo Pettini[2] e
Raffaele Laporta[3].
Ciò che accomunò questi maestri fu la voglia di cercare validi strumenti didattici che potessero rappresentare
un’alternativa alla didattica imposta dal sistema scolastico italiano ancora ancorato ai presupposti della riforma Gentile del
1923[4]; la ricerca di tali alternative didattiche portò Giuseppe Tamagnini, nel 1951, a conoscere la pedagogia frenetiana, e
dopo una lunga corrispondenza con Célestin Freinet decise di diffondere, tramite dibattiti e riunioni, le tematiche
principali di tale pedagogia che erano le <<tecniche di vita>>[5] e di conseguenza l’attuazione di una pedagogia popolare; il
2 giugno del 1951 Tamagnini incontrò Aldo Pettini, sostenitore anch’esso delle tecniche Freinet, e insieme decisero di
creare un’associazione aperta a tutti quegli insegnanti che erano interessati a rinnovare democraticamente la scuola e che
si impegnavano a sperimentare tali tecniche per poterle adattare alla realtà scolastica italiana.
La nascita della CTS avvenne subito dopo il Convegno di Rimini ( 2 giugno 1951).
I punti sui quali si strutturò la nuova organizzazione furono : 1) Organizzazione cooperativa fra gli insegnanti per
l’applicazione delle nuove tecniche didattiche della moderna pedagogia ; 2) Invitare gli insegnanti a studiare la possibilità di
dotare la propria classe della Tipografia a scuola ; 3) Organizzare corrispondenza interscolastica il più ampiamente
possibile ; 4) Raccolta di materiale vario e invio di uno schedario delle materie creato dalla Commissione
dell’organizzazione ; 5) Preparare un Congresso della nuova organizzazione con l’invito a comunicare a più insegnanti
possibili tale data[6].
Il primo Congresso della CTS, organizzato da Pettini, si tenne il 29 giugno 1951 a Firenze ; vi erano numerosi
insegnanti e direttori didattici ; si riaffermava l’importanza delle tecniche Freinet, funzionali alla nuova pedagogia definita
attiva, perché incentrata sull’esperienza diretta e sull’utilizzazione di materiali conosciuti dai bambini, e l’importanza della
cooperazione degli insegnanti per lo scambio di idee e esperienze fatte nelle diverse realtà scolastica.
Comunque, i tre punti sui quali gli insegnanti presenti al congresso puntavano l’accento, erano : l’esigenza di un
insegnamento individualizzato ; unità e organicità di insegnamento che portasse alla socialità ; esperienza diretta e
concreta per il necessario rapporto tra scuola-ambiente.
In una circolare del 7 novembre del 1951 Tamagnini annunciava la costituzione formale della CTS ; egli si rivolgeva
a tutti coloro che si interessavano attivamente di scuola, quindi non a <<pedagogisti da tavolino>>[7], ma a insegnanti che
operavano concretamente tutti i giorni nella scuola ; egli in questa circolare spiegherà anche perché era stato Freinet ad
essere scelto ; secondo Tamagnini in Italia per colmare quel vuoto pedagogico che non aveva reso possibile, fino ad allora,
un concreto e positivo sviluppo della struttura scolastica era vitale l’utilizzo delle sue tecniche in quanto solo lui sarebbe
riuscito a far realizzare il vero rinnovamento didattico tanto aspirato tramite l’utilizzo di strumenti che vengono utilizzati
direttamente del bambino all’insegna di un nuovo rapporto tra allievo e maestro.
Tale organizzazione nacque dall’intraprendenza di pochi uomini di scuola che, non interessandosi dei possibili
risvolti e delle conseguenze politiche (si trattava di posizioni scomode e anche controcorrente), agirono spinti solo da un
profondo interesse per la scuola in una ispirazione di fondo comunque liberale e democratica, e riuscirono così a creare
un’importante associazione che con il tempo fu capace di cambiare notevolmente l’idea dell’azione educativa rendendola
concreta, attiva e funzionale soltanto allo sviluppo del bambino cercando, così, di migliorare l’intera struttura scolastica.
Il Movimento di Cooperazione Educativa è un’associazione di insegnanti e quindi uomini di scuola che cercano,
tramite l’attuazione sia delle <<tecniche di vita>> sia di un clima cooperativo, di rinnovare in senso democratico il sistema
scolastico italiano garantendo così, alla società, l’inserimento di cittadini corredati di personalità critiche, creative e
autonome :
<<E’, dunque, con grande fatica ed in termini incostanti che nasce una pedagogia popolare cioè non una pura
scelta politica di riscatto sociale sul piano dell’alfabetizzazione e dell’istruzione quantitativa, né una elaborazione
pedagogica accademica di sinistra che, fondandosi sui presupposti teorici del marxismo e di sue varianti (compresa in parte
quella gramsciana), pretende di dettare le regole di una presunta pedagogia alternativa, ma all’opposto una elaborazione
che parte dalla prassi, che è corpo del corpo, cioè pensiero che muta con il corpo sociale, che si fa vita, la quale è nuova e
alternativa nella globalità ed è interconnessa nel suo processo-prodotto>> [8].
1
Le parole di Bruno Ciari[9] esprimono al meglio l’impostazione sia didattica sia politica portata avanti dal MCE ;
l’impostazione didattica scaturisce da una profonda insoddisfazione, dei promotori del Movimento nei confronti del
sistema scolastico italiano dei primi anni ’50 ancora caratterizzato da programmi scolastici rigidi e gerarchici, all’interno dei
quali il maestro era totalmente ignaro dei bisogni del bambino, e da un ancora totalizzante monopolio ecclesiastico ; in
risposta a tale immobilismo didattico il MCE propone un’alternativa che è quella dell’attuazione di una pedagogia popolare
caratterizzata da strumenti didattici che, tenendo conto del nesso esistente tra scuola e società, rispettando l’individualità
del bambino cercano di liberare la sua intelligenza per lo sviluppo di personalità autonome e indipendenti.
L’impostazione politica di fondo del Movimento emerge nel momento in cui tra le pagine della rivista si parla, oltre
che di democratizzazione dell’insegnamento, della scuola e di conseguenza della società, di una scuola statale a tempo
pieno ; il fine della pedagogia popolare sta nel soddisfare i bisogni e le richieste dell’alunno ; i mezzi sono l’insieme di tutte
quelle tecniche, quali la tipografia o il testo libero, le quali consentono la realizzazione di una pedagogia dell’unità e del
dinamismo che lega il bambino all’ambiente sociale.
Ed è proprio con l’utilizzo delle tecniche Freinet che si può creare una pedagogia cooperativa caratterizzata da un
crescente dinamismo creativo ; in una scuola che segua i principi della pedagogia popolare il bambino lavora in
cooperazione sia con gli insegnanti sia con gli altri compagni, ciò gli consente di diventare membro cosciente di un
collettivo dove la sua individualità è protesa verso la conquista di un valore supremo che è la coscienza sociale ; la
coscienza sociale comporta lo sviluppo di alcune capacità, come il senso di responsabilità, lo spirito critico, lo spirito di
iniziativa e lo sviluppo della solidarietà.
Le <<tecniche di vita>> sono gli strumenti utilizzati dai maestri aderenti al MCE ; la didattica MCE ha come
modello di riferimento la pedagogia frenetiana, che dal 1952 al 1957 viene dalla CTS sperimentata e che dal 1957 viene
adottata definitivamente dal Movimento in quanto essa risulta essere valida per la reale e concreta possibilità di attuare
una pedagogia popolare.
[1] Giuseppe Tamagnini (1910). Allievo di Giuseppe Lombardo Radice e insegnante di tirocinio all’istituto magistrale di Fano, membro
del Partito socialista svizzero, giungeva alla scuola con un forte bagaglio intellettuale e morale, nato, oltre che dagli insegnamenti di
Lombardo Radice, anche da un duro tirocinio personale vissuto di formazione intellettuale, morale e di lavoro manuale.
[2] Aldo Pettini, anch’egli insegnante, fu membro e collaboratore del Movimento, insieme a Tamagnini, fin dall’inizio. Contribuì alla
nascita della CTS e del <<Bollettino>>, entrando subito a far parte del Consiglio del MCE. Aldo Pettini si diplomò maestro nel 1940,
laureandosi, poi, nel 1947 in pedagogia all’Università di Firenze.
[3] Raffaele Laporta (1916). Nato a Pescara nel 1916, intraprese gli studi di legge per poi diventare insegnante di filosofia e storia e poi
pedagogia nelle scuole secondarie superiori. Insegnerà quindi pedagogia all’Università.
[4] G. Gentile (1875-1944), con la riforma Gentile del 1923 vi è una subordinazione della pedagogia e della didattica alla filosofia ; infatti,
ora, tutto l’apparato scolastico, di ogni ordine e grado, è funzionale alla dimensione filosofica. Per idealismo gentiliano si intende la
teoria secondo la quale filosofia e pedagogia siano due termini che abbiano tra di loro un rapporto di tipo dialettico, nel senso che l’una è
contenuta nell’altra. Si può quindi parlare di unità dialettica tra filosofia e pedagogia la quale non esclude la differenziazione tra i due
termini. Tale concezione pedagogica di Gentile influenzò notevolmente l’intera istituzione scolastica italiana, in quanto fu proprio lui nel
1923 a elaborare la nuova riforma della scuola.
[5] Le tecniche create e utilizzate da Freinet sono : la Tipografia, il Testo libero, la Corrispondenza interscolastica e lo Schedario vivente.
[6] Convegno di Rimini, in <<Bollettino>>, a. I, n.1, giugno 1951, pp.1-5.
[7] Pettini Aldo, Origini e sviluppo della Cooperazione educativa in Italia. Dalla CTS al MCE, Milano, EMME Edizioni, 1980, p.6.
[8] Rizzi Rinaldo, La pedagogia popolare in Italia da Ciari al MCE, oggi, in <<Scuola e città>>, a. XLIII, n.3, marzo 1991, p.100.
[9] Bruno Ciari (1923-1970). Si formò a Firenze nella scuola di Ernesto Codignola. Insegnò nelle scuole elementari dopo la liberazione,
dove fu anche, come comunista, assessore alla pubblica istruzione tra il 1952 e il 1960. Collaborò ai CEMEA e alla CTS. Nasceva intanto il
suo interesse per il rinnovamento scolastico ed educativo nel campo metodologico e didattico. Collaborò soprattutto a tre riviste :
<<Scuola e città>> ; <<Cooperazione educativa>> ; <<Riforma della scuola>>. Analizzando la sua opera Le nuove tecniche didattiche (
Roma, Editori riuniti, 1961) emergono i fondamenti della sua concezione educativa ; la prima esigenza per lui è quella di partire dal
bambino. L’alunno non può essere considerato in maniera astratta e schematica, e ciò che deve interessare è il modo in cui i bisogni sono
socialmente condizionati. La scuola deve essere l’ambiente di vita il quale darà vita ad una comunità organica di ragazzi, così il bambino
sarà aiutato ad aprirsi e a comunicare.
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2. Le tecniche di vita “vitali” per l’attuazione di una <<pedagogia popolare>>
La pedagogia frenetiana fa capo alla figura di Célestin Freinet[1] maestro elementare di una scuola a Bar-sur-Loup.
Alla base del processo educativo, secondo Freinet, vi deve essere uno stretto rapporto con il mondo circostante,
conosciuto dal bambino ; questo rapporto si esplica mediante l’azione e una continua sperimentazione, dove la pratica
precede la regola.
Il maestro in Freinet occupa un posto centrale, è lui che fa la scuola, che la migliora suggerendo strategie e
tecniche all’insegna della laicità ; il suo compito è quello di abituare il bambino a procedere per tentativi ed errori. Il
maestro assume il ruolo di collaboratore e coordinatore che guida il bambino nella utilizzazione di determinati strumenti
necessari per la formazione globale dell’alunno.
Nell’ambito della pedagogia frenetiana, adottata dal MCE, la differenziazione tra tecniche e metodi è di vitale
importanza ; tale differenziazione viene sottolineata da Bruno Ciari il quale afferma che essendo il metodo una realtà
chiusa in se stessa, che non consente quell’apertura dinamica necessaria per l’attuazione di una pedagogia popolare, non
risponde alle esigenze di una scuola che deve tenere conto dello stretto rapporto esistente con la società e le sue
innumerevoli sfumature; ciò che invece rispetta i sempre diversi bisogni sociali è la tecnica. La tecnica, grazie alla sua
flessibilità, ha la caratteristica sia di aderire alla realtà quotidiana del bambino sia di essere funzionale alla realtà sociale ;
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ma la caratteristica che differenzia in modo totale le tecniche dai metodi è la loro funzione sociale; infatti nelle tecniche
usate dal MCE si attuano una serie di valori umani quali l’autonomia , il senso critica e il senso di responsabilità, che il
bambino non ha naturalmente, ma che possono essere assimilati mediante la realizzazione di rapporti sociali ; tali tecniche
hanno come valore implicito quello della democrazia ; una scuola è democratica nel momento in cui rispetti le individualità
(la conoscenza profonda delle potenzialità, dei limiti e dei bisogni del bambino è il punto di partenza della didattica MCE) e
liberi l’intelligenza. Quindi una scuola che adotti le <<tecniche di vita>> e che per questo si dice popolare deve, come primo
scopo, liberare intellettualmente e socialmente il bambino allontanandolo il più possibile dal conformismo e
l’omologazione sociale.
L’approccio pedagogico elaborato da Freinet è caratterizzato dall’attuazione di una serie di strumenti chiamati
<<tecniche di vita>> che sono : la tipografia, il testo libero, lo schedario vivente e la corrispondenza interscolastica.
La Tipografia è un vero e proprio complesso tipografico tramite il quale i bambini, con l’aiuto del maestro che in
questo ambiente non occupa un ruolo autoritario ma è per lo più un coordinatore di attività didattiche, stampano testi da
loro scritti che vengono denominati testi liberi, che a loro volta costituiscono la seconda delle <<tecniche di vita>>. Il testo
libero è una sorta di diario scritto dai bambini grazie al quale il maestro può comprendere sia le esigenze di ogni alunno, sia
la loro vera natura ; alcuni di questi testi vengono riuniti nel <<giornalino di classe>> che viene in un primo tempo
strutturato dalla classe, in un secondo tempo stampato e poi, tramite la Corrispondenza interscolastica, terza tecnica
Freinet, viene spedito ad altre scuole per agevolare lo scambio di informazioni tra classi di regioni diverse.
La quarta tecnica è lo schedario vivente ; quest’ultima è creata dai bambini, i quali spinti dai loro interessi
riuniscono e schedano nozioni storiche, geografiche e letterarie creando, così, uno strumento estendibile, flessibile e
perennemente passibile di aggiornamento.
Lo schedario scolastico risponde a tre necessità : 1) completa il materiale scolastico ; 2) consente l’applicazione di
un insegnamento individualizzato con l’utilizzo di materiale autocorrettivo per tutto l insegnamento ; 3) permette di non
ricorrere, da parte del maestro, alla stampa costosa[2].
Il lavoro dello schedario è il risultato del lavoro cooperativo degli insegnanti che mettendo a disposizione degli
alunni, per le loro ricerche, documenti (storici, di attualità, geografici) che possono con il tempo completati e approfonditi ;
lo schedario è un vero lavoro cooperativo in quanto nel momento in cui una scheda viene creata nella classe verrà, poi,
sottoposta al giudizio di molte altre scuole e solo dopo vari suggerimenti potrà essere pubblicata e diffusa.
L’insegnante per poter sviluppare in maniera adeguata le tecniche Freinet in una scuola del popolo, dovrà evolvere
il proprio ruolo ed elevarlo a <<sperimentalista democratico>>[3], il quale essendo portatore di molti contenuti scientifici li
inserirà nella realtà scolastica quotidiana ; ciò può essere concretamente attuato con l’utilizzo delle tecniche Freinet, le
quali, secondo il pensiero di Aldo Visalberghi[4], essendo aperte alla sperimentazione e alla continua revisione
promuoveranno, specialmente nelle scuole rurali, attività espressive, comunicative, manuali ed artistiche liberando, così,
gli allievi dalla posizione subalterna nella quale sono stati posti dal <<pedagogismo delle scuole modello>>[5].
Secondo Freinet il maestro riuscirà a conferire valore, personalità e dignità al bambino solo se lo vedrà come
realmente esso è cioè figlio del popolo ; la vera pedagogia popolare oltre a venire dal basso deve esprimere la continuità
naturale della vita familiare, del paese nel rispetto delle tradizioni e conoscenza profonda dell’ambiente ; il maestro deve
offrire tutti quegli strumenti che consentano oltre la soddisfacimento dei bisogni dell’alunno anche di contribuire alla sua
istruzione ed elevazione.
La liberazione dell’allievo è agevolata dal suo inserimento nel clima cooperativo che si crea all’interno della classecomunità , nella quale il lavoro di ognuno si completa con il lavoro degli altri; la cooperazione risulta essere l’elemento
portante della didattica Freinet ; infatti la stessa strutturazione delle tecniche esige una serie di rapporti cooperativi che si
devono instaurare tra gli alunni, tra l’insegnante e la sua classe-comunità e tra gli insegnanti stessi.
I presupposti della pedagogia popolare di Freinet e le sue <<tecniche di vita>> vengono sperimentati e poi adottati
definitivamente nel 1957 dal Movimento di Cooperazione Educativa ; nello statuto legale del MCE, febbraio 1957, viene
sottolineato che tale pedagogia frenetiana sarà un modello di riferimento per tutti quei maestri interessati a rinnovare
democraticamente la scuola, ma essa dovrà essere adattata alla società italiana e quindi non adottata in modo assoluto e
dogmatico.
E’ importante, per meglio capire la natura della CTS e del MCE, porre in rilievo come la didattica frenetiana venne
utilizzata da Tamagnini e dai tanti insegnanti che hanno contribuito all’evoluzione del Movimento.
Molti insegnanti italiani all’inizio della loro nuova esperienza didattica manifestarono un certo scetticismo nato
dalla forte difficoltà ad abbandonare i familiari metodi educativi. Per quanto riguarda la Tipografia la paura principale era
data dal fatto che si sarebbe potuta creare molta confusione e l’aula si sarebbe potuta tramutare in una sala di ricreazione ;
lo scetticismo verteva sulla considerazione che gli alunni di solito più esuberanti degli altri avrebbero potuto sfruttare tale
occasione per creare confusione. Invece con la messa in atto della Tipografia si notò che anche gli elementi considerati
peggiori esercitavano tale attività con molta serietà ed impegno. I bambini, infatti, sapendo che il loro lavoro, una volta
stampato, veniva inviato ad altre scuole cercavano di fare il meglio e si dedicavano totalmente alla buona stesura dei testi.
All’interno della classe, con il tempo, si veniva a creare un forte nesso tra libertà e disciplina in quanto il bambino, da solo,
arrivava alla consapevolezza del bisogno di ordine che stava alla base del lavoro produttivo.
Giuseppe Tamagnini cerca di aiutare gli insegnanti MCE, nel superamento di tali ostacoli, parlando di <<didattica
operativa>>[6]; essa è basata sulla consapevolezza dell’importanza dell’azione che ha un suo valore specifico ; ogni
procedimento didattico deve rispettare alcuni principi che sono : individualizzazione, socializzazione, operatività,
motivazione, concretezza, unità e organicità.
L’individualizzazione ha un proprio settore che è quello dell’esercitazione ; essa ha una sua motivazione sociale in
quanto rappresenta lo sforzo dell’individuo alla conquista di abilità pratiche indispensabili per l’inserimento attivo nella
comunità sociale. All’interno di una comunità operante i membri operano in funzione di fini comuni ; il concetto
di operatività presuppone il concetto di funzionalità le attività che l’individuo svolge devono tendere al raggiungimento di
3
risultati pratici per il soddisfacimento di un bisogno.
Il principio di motivazione, che poi rappresenta l’elemento più importante della didattica operativa, si snoda su
due fronti : quello dell’insegnante che deve agire consapevolmente ed avere consapevolezza del fine e quello dell’alunno
che deve, gradualmente, riuscire ad acquisire tale consapevolezza.
Secondo Tamagnini e i suoi collaboratori l’azione educativa deve rispondere a una doppia motivazione : 1)
soggettiva : deve partire dalle esigenze reali e concrete del bambino ; 2) oggettiva : la capacità del bambino che deve
giungere ad un fine intenzionale precedentemente ipotizzato.
Nelle classi MCE l’organizzazione didattica è basilare, infatti, tutto il materiale didattico è coordinato in
modo organico ; perché possa esistere una comunità operante il coordinamento delle attività è funzionale al
raggiungimento delle finalità scolastiche ; nella classe la vita degli alunni viene gradualmente pianificata in modo tale che
ogni componente contribuisce attivamente all’opera organizzativa.
L’ultimo principio è quello della concretezza che si deve manifestare in ogni momento dell’attività scolastica,
infatti, il bambino deve affrontare eventi e problemi conosciuti nella sua realtà sociale
E’ sul rispetto di questi semplici principi che gli insegnanti CTS prima e MCE poi, basano la loro metodologia
fornendo un diverso valore educativo alle tecniche Freinet ; partendo sia dall’idea secondo la quale l’educazione è un
processo di socializzazione, sia dalla consapevolezza che il punto di partenza dell’educatore è l’educando, si arriva allo
scopo dell’educazione che è la formazione della coscienza democratica nell’alunno.
[1] Célestin Freinet (1896-1966). Nel 1957 Célestin Freinet in un Congresso a Nantes del I.C.E.M. (Institut Cooperatif de l’École Moderne)
costituisce, poi nel 1958 a Bruxelles, la F.I.M.E.M. (Federation Internationale des Mouvements d’École Moderne - pedagogie Freinet). Le
notizie sono tratte da <<école>>, a. VIII, n.44, novembre 1996, p. 12.
[2] Freinet Élise e Célestin, Nascita di una pedagogia popolare, Firenze, La Nuova Italia, 1955, p.76.
[3] Visalberghi Aldo, Freinet, o della concretezza illuminata, in Catarsi Enzo, Freinet e la <<pedagogia popolare>> in Italia, Milano, La
Nuova Italia, MCE, 1999, p.73.
[4] Aldo Visalberghi. Professore all’Istituto Magistrale di Aosta, frequentò per molti anni la Casa MCE di Frontale, collaborando
attivamente alle attività del Movimento, conosciuto tramite Gianna Bonis. Docente universitario e pedagogista è stato anche
condirettore di <<Scuola e Città>>.
[5] Cives Giacomo, Educarsi a cooperare. I pedagogisti laico-democratici, la <<scuola di Firenze>> nel MCE (dal 1950 a oggi), in Catarsi
Enzo, Freinet e la <<pedagogia popolare>> in Italia, Milano, La Nuova Italia, MCE, 1999, p.73.
[6] Tamagnini Giuseppe, Didattica operativa, Frontale, Edizioni MCE, 1965.
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3.
Lo strumento di comunicazione e coesione : la rivista
Ciò che differenziò tale Movimento da altre associazioni laiche che si interessavano di scuola fu che quest’ultima
aveva come punto di forza il <<Bollettino>> ; il <<Bollettino>> poi <<Cooperazione educativa>> rappresentava il centro
vitale del MCE ; esso aveva la funzione di diffondere e mantenere inalterate tutte le informazioni scaturite dagli incontri tra
insegnanti durante i numerosi convegni che si tenevano ; tale strumento dava anche la possibilità a chi era interessato di
mettere in pratica, all’interno del proprio ambito scolastico, la didattica emersa.
L’articolo, pubblicato nell’ottobre del 1953 su <<Cooperazione educativa>>[1], che più rappresenta l’importanza
data alla collaborazione, dai membri MCE, sia su un piano didattico sia un su un piano affettivo è una lettera scritta da
Giuseppe Tamagnini per il terzo anniversario della costituzione della CTS. In questa lettera Tamagnini afferma che dopo i
primi anni di sperimentazione delle tecniche Freinet si è arrivati, con l’esperienza didattica, alla consapevolezza che tali
tecniche rispondano alle esigenze di ogni scuola sempre, però, applicate nello spirito cooperativo.
Tale consapevolezza nasce sia dalla effettiva messa in atto di queste tecniche in diverse classi italiane e sia dal
senso critico e obbiettivo che ha accompagnato l’attività didattica degli insegnanti. Tamagnini sottolinea molto la necessità
che anche altri colleghi partecipino attivamente alla vita del Movimento facendo pervenire, alla rivista, lettere che con la
descrizione delle proprie esperienze didattiche possano contribuire al miglioramento della scuola ; il contributo, dei lettori,
potrà essere dato sia dall’esposizione dei programmi di lavoro, che intendono svolgere nel corso dell’anno, sia
dall’esposizione di eventuali dubbi, consigli o suggerimenti.
Ben presto il <<Bollettino>> divenne uno strumento importantissimo per numerosi insegnanti che fino ad allora
non riuscivano ad uscire dalla loro piccola realtà scolastica ; solo adesso potevano scoprire e venire a conoscenza di nuove
realtà e aggiornarsi su diverse tematiche ; esso diventò quindi uno strumento che riuscì ad accomunare questo nuovo
gruppo di studiosi e uomini di scuola che fin lì non riuscivano a trovare punti di riferimento e una struttura di base che li
potesse mettere in contatto ; solo così presero coscienza di essere una vera associazione che poteva contribuire a cambiare
la realtà scolastica italiana.
La grande forza della <<rivista>> stava sia nella sua strutturazione per rubriche, sia nel presentarsi come una
specie di diario personale di ogni maestro. Infatti tutti gli articoli, pubblicati nel <<Bollettino>> e dal dicembre del 1952 in
<<Cooperazione educativa>>, erano nello stesso tempo una cronaca di esperienze educative vissute dagli insegnanti CTS e
una esposizione di problemi incontrati nella sperimentazione della didattica Freinet ; tali problemi e quesiti posti dai
maestri trovavano, il più delle volte, risposta sulle pagine della <<rivista>> per voce di coloro che avendo incontrato
ostacoli analoghi si premuravano di aiutare con le loro esperienze tutti quegli insegnanti che chiedevano delucidazioni.
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La strutturazione interna della rivista <<Cooperazione educativa>> rispecchia le finalità e i temi cari al Movimento
quali : la diffusione delle tematiche emerse in convegni e congressi, l’esposizione delle singole esperienze didattiche vissute
dagli insegnanti, l’importanza data a discussioni che tocchino tutti gli aspetti della realtà scolastica e il continuo
aggiornamento, per i <<colleghi>>, su date e temi di discussione di convegni e riunioni. Tale strutturazione è costituita da
una serie di rubriche che si succedono in un ordine ben preciso.
Nel momento in cui la rivista viene pubblicata da La Nuova Italia nel 1958 cambia leggermente veste, diventa, ora,
più elegante, l’attenzione è rivolta ai particolari che riguardano l’estetica della copertina e dell’impaginazione. Mentre la
struttura interna rimane quasi inalterata, essa poggia sempre le sue basi sulle lettere inviate dai <<colleghi>> e <<amici>> e
tramite esse si creano dei veri e propri dibattiti e discussioni che si susseguono di numero in numero. Nella rivista ampio
spazio è dato alle segnalazioni di date e temi da discutere nei Convegni, Congressi o stage. In questo modo chiunque voglia
partecipare a tali Convegni potrà, da solo creando un gruppo di lavoro, approfondire il tema di discussione deciso
precedentemente da coloro che hanno organizzato la riunione.
Come abbiamo detto la rivista <<Cooperazione educativa>> all indomani del 1958 è suddivisa per rubriche.
C’è <<l’Editoriale>> che è quasi sempre una cronaca dei Congressi e delle varie riunioni MCE a livello nazionale che
si succedevano, specialmente nei primi anni, di mese in mese. Il più delle volte, nell’editoriale veniva delineato il tema da
discutere per il Congresso che si doveva ancora tenere ; in questo modo potevano costituirsi dei veri e propri gruppi di
lavoro che avevano il compito di spiegare e dimostrare l’utilizzo delle tecniche di base praticate nel MCE.
Dalla lettura degli editoriali emerge che non solo l’aspetto politico o di politica interna al MCE diventa oggetto di
discussione di Convegni o Congressi MCE, ma che gran parte dell’attenzione era, comunque, rivolta ai nuovi problemi
pedagogico-didattici.
Nella rubrica <<Esperienze didattiche>> l’interesse è rivolto alla sperimentazione delle tecniche Freinet adattate
alle esigenze delle singole classi. Questi articoli, scritti da insegnanti di più parti d’Italia, vengono proposti in forma di
racconto quasi fossero pagine di diario di maestri che annotano giorno per giorno le loro esperienze scolastiche.
L’essenza di questi articoli sta nella consapevolezza, da parte dei membri MCE, di dover rendere partecipi più
colleghi possibili delle proprie esperienze didattiche, solo in questo modo sarà possibile imparare ad educare e ad
educarsi.
Nella terza rubrica <<Problemi e discussioni>> si espongono articoli, inviati alla redazione della rivista, nei quali
vengono esposti temi, sia a livello didattico sia a livello politico, aperti ad ogni eventuale dibattito. Tutti gli insegnanti, o
comunque tutti coloro che avevano a cuore i problemi della scuola, trovavano in questa rubrica lo spazio per poter esporre
sia le loro perplessità sia le loro analisi critiche inerenti la realtà scolastica.
La maggior parte delle volte questi articoli davano vita a veri e propri dibattiti che si succedevano di mese in
mese. Ed è proprio grazie anche a questa rubrica che la rivista fornisce la possibilità a tutti coloro che vogliono di dar vita a
dibattiti che possono toccare ogni singolo aspetto della scuola da quello didattico a quello politico.
<<Vita del Movimento>>, <<Notiziario>> e <<Segnalazioni>> sono le ultime tre rubriche dove vengono elencati
tutti gli appuntamenti importanti nei quali sarebbe indispensabile la presenza massiccia dei membri MCE. In special modo
la rubrica <<Vita del Movimento>> tiene aggiornati i lettori su tutte le attività o Convegni ai quali sarebbe meglio
partecipare.
Fu proprio tramite questo continuo scambio di informazioni che si iniziarono ad instaurare rapporti cooperativi tra
gli insegnanti ; gli insegnanti oltre a trovarsi insieme in occasione dei numerosi Convegni, altro elemento portante del
Movimento per rafforzare la coesione tra i membri, si <<incontravano>> tra le pagine della rivista e tramite quest’ultima,
oltre a scambiarsi informazioni, iniziarono a conoscersi e ad instaurare legami di amicizia. L’amicizia, il rispetto e
l’entusiasmo divennero, in breve tempo, la forza del MCE.
L’essenza della rivista e come essa è strutturata fa sì che il Movimento riesca ad attuare il suo primo principio che
è quello democratico consentendo a chiunque di dar vita a discussioni ed intervenendo ad esse contribuire al processo di
rinnovamento e trasformazione e del Movimento stesso, il quale non perderà mai di vista le esigenze e i bisogni dei suoi
<<amici>> e <<colleghi>>.
[1] Tamagnini Giuseppe, Carissimi amici, in <<Cooperazione Educativa>>, a. II, n.12, ott. 1953, p.1.
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4. Esistenzialismo, scientificità e utopia politica
Essendo la CTS poi MCE caratterizzata sia da una profonda apertura dinamica sia da un profondo rispetto per i
cambiamenti storici e i bisogni sociali si possono distinguere tre fasi attraversate dal MCE ; tale classificazione dei vari
periodi della storia del MCE fatta da Fiorenzo Alfieri[1] , nata dalla diretta osservazione delle vicende del MCE e dal suo
essere stato membro del Movimento, si distinguono tre fasi : fase <<<esistenziale>> 1952-1964 ; fase della <<fiammata
scientifica>> 1964-1967 ; fase del <<radicalismo politico>> 1968-1969.
Ognuno di questi periodi storici è strettamente correlato a quello precedente ; infatti tutte le trasformazioni e i
cambiamenti strutturali avvenuti per esempio nella fase <<esistenziale>> del MCE crearono le basi per quegli avvenimenti
che, analizzati globalmente, daranno vita al successivo periodo che sarà quello della <<fiammata scientifica>>.
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Nel periodo dell’esperienza <<esistenziale>> (1952-1964) le due tematiche che emergono sono : la sentita
necessità di Giuseppe Tamagnini di agevolare rapporti fraterni tra i maestri che, tra le pagine della rivista, si definivano
amici ; e il grande e importante passaggio dalla CTS al MCE come conseguenza di uno sviluppo quantitativo e qualitativo
dell’associazione.
Nel periodo della <<fiammata scientifica>> (1964-1967) i due elementi caratterizzanti sono sia un’iniziale
allontanamento didattico del Movimento italiano da quello dell’ école modernedi Célestin Freinet con relativa
sopravvalutazione della teoria sulla pratica didattica, sia un’iniziale allontanamento della prima generazione con la seconda
generazione di aderenti al Movimento.
Il Movimento contava sempre più aderenti e questo portò alla nascita di due diversi gruppi, uno denominato dei
<<vecchi>> che rappresentava sia tutti coloro che avevano dato vita al MCE, sia tutti coloro che non intendevano
abbandonare l’impostazione didattica originaria, secondo la quale la prassi doveva necessariamente precedere la teoria, e
l’altro denominato dei <<nuovi>>, i quali iniziarono a prestare sempre più attenzione all’aspetto teorico della didattica
avvicinandosi, in un crescendo, alle nuove teorie della psicologia dell’età evolutiva[2], della nuova linguistica, e della nuova
matematica. Si crearono numerosi <<gruppi di lavoro>> regionali che si interessavano a mutare ed ampliare il contenuto
delle diverse discipline scolastiche per adattarle meglio alla realtà del bambino ; ciò, che, però, determinò la profonda
frattura tra i due gruppi fu che i <<vecchi>> cercando, anche loro, di adeguare le discipline scolastiche agli interessi degli
scolari e facendo anch’essi parte dei <<gruppi di lavoro>> non si allontanarono mai dalla concreta realtà scolastica e quindi
non attuarono un profondo distacco tra prassi e teoria.
I <<nuovi>>, invece, furono fautori di tale distacco determinando la sopravvalutazione dell’aspetto teorico della
didattica a discapito di quello pratico ; sulle pagine della rivista nei loro articoli i <<nuovi>> esponevano le loro perplessità
sia sulla validità delle tecniche stesse, sia sull’organizzazione del Movimento che non riusciva, nei corsi organizzati, a far
comprendere pienamente lo spirito delle tecniche Freinet spingendoli, così, a cercare da soli la loro strada
La nascita dei numerosi <<gruppi di lavoro>> che operavano regionalmente determinò una ramificazione del
Movimento difficile da organizzare, e di conseguenza ogni <<gruppo>> sviluppò un proprio linguaggio che rese ancora più
difficile il dialogo e la cooperazione con la prima generazione.
Il periodo del <<radicalismo politico>> (1967-1968), concomitante con l’esplosione della Contestazione, è
caratterizzato dalla totale mancanza di dialogo tra le due generazioni come vera e propria cronicizzazione di quel primo
allontanamento tra i due gruppi iniziato nel periodo precedente, e dalla inevitabile frattura con la prima generazione che
portò all’espulsione di Giuseppe Tamagnini.
Le due fasi storiche, attraversate dal Movimento italiano, che meglio ne evidenziano l’originalità e quindi il suo
differenziarsi da altre associazioni laiche che si interessarono di scuola sono la fase esistenziale per lo speciale e unico
rapporto che si venne a creare tra i membri MCE e la fase del radicalismo politico per il ruolo politico assunto dal
Movimento che si schierò attivamente accanto al Movimento studentesco e ai sindacati.
[1] Alfieri Fiorenzo Il mestiere di maestro, Milano EMME Edizioni 1974.
[2] Jean Piaget, esponente della psicologia dell’età evolutiva individua quattro stadi evolutivi che sono : sensomotorio( dalla nascita ai 18
mesi) ; preoperatorio( dai 18 mesi ai 7 anni) ; delle operazioni concrete(dai 7 ai 12 anni) delle operazioni formali(a partire dai 12 anni).
Ognuna di queste fasi è caratterizzata da alcune potenzialità che il bambino, nella sua relazione con l’ambiente, sviluppa facendo in
modo che da un pensiero egocentrico, tipico della prima fase, arriva alla formazione di un pensiero logico, reversibile e operatorio, non
più legato alla realtà concreta ma capace di operare su realtà teoriche e quindi formali.
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5. La comunità di amici : una grande famiglia
La fase <<esistenziale>> (1952-1964) attraversata dal Movimento italiano fu segnata da due eventi importanti : la
nascita della casa-vacanze a frontale e il sorgere del Movimento di Cooperazione Educativa.
L’aspetto didattico che caratterizza la fase <<esistenziale>> è quello di uno speciale rapporto umano dove sia gli
alunni sia l’insegnante <<esistono>>.
Insegnanti e alunni vivono in una classe-comunità che non seleziona e giudica ed utilizzano la cooperazione come
strumento per la valorizzazione di maestri, alunni e genitori.
Raffaele Laporta in un articolo del gennaio del 1964[1] cerca di spiegare il vero valore della cooperazione
educativa, che, poi, altro non è che la possibilità data al maestro di divenire collaboratore e vivificatore delle idee che
applica e non soltanto esecutore. La cooperazione della quale parla Laporta ha, nel rispetto delle necessità scolastiche, tre
nuove esigenze : estendere l’azione cooperativa alla comunità scolastica, specificare la sua posizione nella scuola media,
ridiscutere la sua funzionalità all’interno del Movimento stesso. Esiste un denominatore comune a queste tre esigenze che
è quello di una riflessione approfondita su ciò che è stato fatto finora nelle classi MCE per poter, finalmente, giungere ad
una linea educativa centrata sulla pratica globale della tecniche Freinet, infatti non si può più ridurre la cooperazione, la
sperimentazione e le tecniche di vita alla sola esperienza del singolo maestro che poi, in alcune occasioni, quali convegni,
dibattiti e congressi, esporrà i suoi risultati.
La cooperazione nascendo, dallo sforzo organizzativo di una comunità più ampia della classe, dovrà cercare,
tramite una continua autocritica e riflessione su se stessa, di individuare mezzi e strumenti per potere essere funzionale ad
una comunità scolastica superiore alla classe ; un primo passo potrà essere, sempre secondo Laporta, rappresentato da
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una estensione della tipografia di classe a tipografia che stampa il giornale di tutta la comunità, o di una corrispondenza
con coetanei lontani analizzata, ora, psicologicamente e sociologicamente sia per la rivelazione di interessi comuni ai
ragazzi sia per la conoscenza dei limiti e delle potenzialità intellettuali intrinseche all’alunno.
Questo articolo è interessante non solo per l’esposizione delle tre esigenze che vogliono rendere più globale il
discorso sulla cooperazione, ma soprattutto per l’emergere di una sentita necessità di evolvere ed estendere il discorso
Freinet verso una realtà più ampia
Vi era da parte degli insegnanti una profonda conoscenza del mondo del bambino e un forte rispetto per la
personalità infantile ; da ciò nasceva il primo scopo dell’atto educativo, tipico dei maestri MCE, e cioè quello della
liberazione e sviluppo della personalità del bambino. Tale sviluppo era reso possibile dalla creazione di un ambiente
autonomo che si distaccava completamente da quello imposto dalla cultura ufficiale. Il nuovo ambiente era elaborato
giornalmente con l’utilizzo di elementi conosciuti dal bambino nella sua quotidianità. L’atto educativo era inteso come
<< “caldo” rapporto umano >>[2]
Questo insieme di elementi caratterizzavano la classe-comunità, voluta dagli insegnanti MCE. Ed è proprio in
questa prima fase che si sente l’esigenza, oltre alla sperimentazione, di diffondere e comunicare a più insegnanti possibili le
esperienze vissute, all’insegna di uno sviluppo quantitativo oltre che qualitativo.
Giuseppe Tamagnini, per primo, intuì l’importanza di agevolare la nascita di rapporti affettivi tra i maestri ; ciò
avrebbe consentito l’evoluzione della CTS da organizzazione di insegnanti che avrebbero, sì, sperimentato le tecniche
Freinet, ma in modo isolato ed autonomo, ad una organizzazione di insegnanti che uniti dall’amicizia e dal rispetto
reciproco avrebbero conferito a quest’ultima una forza tale da resistere alle difficoltà ed agli ostacoli mossi dall’esterno.
Secondo Giuseppe Tamagnini è proprio la comunità di amici che costituisce l’essenza vitale del Movimento ; esso
esiste grazie al continuo interessamento dei colleghi che contribuiscono alla sua evoluzione con l’attività didattica, sempre
e comunque, resa pubblica e soggetta a suggerimenti. Si viene così a creare una ragnatela di relazioni professionali, i
colleghi sono comunque insegnanti che hanno studiato precedentemente le tecniche Freinet, e affettive, i colleghi sono
anche amici, che estendendosi in Italia e all’estero fanno si che il Movimento possa attuare il suo fine e cioè quello dello
sviluppo di una scuola popolare :
<<La nostra non è una delle solite associazioni i cui rapporti restano su un piano più o meno impersonale, ma è una
comunità di amici che può reggersi e operare solo sulla base di una effettiva collaborazione in cui tutti si sentano impegnati
e responsabili : vi prego pertanto di non considerare queste espressioni come un discorsetto d’occasione per l’inizio
dell’anno scolastico, ma come una lettera personale diretta a ognuno di voi - se non fosse per lo spazio farei seguire qui
l’elenco di tutti i vostri nomi - in cui chiedo il vostro parere e il vostro consiglio, in cui vi prego di farmi conoscere le vostre
prospettive di lavoro, le condizioni in cui esse si svolgono, le difficoltà, i dubbi, le incertezze, ecc. ; in cui vi prego e vi
impegno personalmente ad una risposta >>[3].
Fu proprio a Frontale, nella casa di Tamagnini ristrutturata per accogliere gruppi di quindici insegnanti, che con
l’organizzazione di stages estivi a carattere didattico gli insegnanti, che ne presero parte, vennero travolti da un clima
familiare e amichevole che difficilmente non scatenò, in loro, sia l’entusiasmo per la sperimentazione delle tecniche
(questi stages erano organizzati per chiarire punti diversi della pedagogia popolare), sia l’entusiasmo di ognuno che si
sentiva parte attiva, integrante e vitale della CTS.
Le giornate vissute a Frontale erano caratterizzate dalla libera discussione e dal rispetto reciproco, ognuno poteva
liberamente esporre le sue idee dando vita, così, a dibattiti e discussioni ; coloro che partecipavano agli incontri estivi
affermavano che lì si viveva secondo i principi democratici, c’era il rispetto delle regole del vivere comune e, cosa più
importante, imparavano a lavorare insieme ; l’ideale democratico costituiva il fine e il mezzo dell’educazione, e solo tramite
esso si poteva educare e ci si poteva formare per educare.
Per tutti gli insegnanti che parteciparono alle attività estive Frontale fu la loro occasione per uscire dalla
monotonia del lavoro scolastico e poter finalmente, in un ambiente fraterno e sincero, sia confrontarsi con colleghi di più
parti d’Italia sia discutere su ciò che era e doveva diventare la scuola.
Il rapporto con Célestin Freinet e il Movimento francese fu anch’esso vitale per il Movimento italiano che, almeno
fino al 1965, riteneva importantissimo il legame fraterno con i colleghi francesi.
Freinet, nelle sue innumerevoli lettere spedite a Tamagnini e poi pubblicate sulla rivista <<Cooperazione
educativa>>, richiede a tutti i membri MCE uno sforzo continuo sia per una ricerca permanente e sia per un continuo
miglioramento degli strumenti e delle tecniche utilizzate quali la tipografia o la corrispondenza interscolastica. Un lavoro
che non dovrà mai perdere di vista la quotidianità. Infatti, Freinet afferma che è nella capacità di adattamento e di
rigenerazione continua della didattica che si misura la qualità di un movimento pedagogico che ha come scopo quello di
liberare la cultura, non solo pedagogica, dai limiti imposti da una cultura essenzialmente classista e chiusa ai nuovi bisogni
sociali.
Célestin Freinet chiarisce l’importanza della cooperazione sia all’interno del rapporto educativo sia all’interno del
rapporto tra gli insegnanti, anche e soprattutto da un punto di vista umano. Il movimento italiano nel suo percorso rimarrà
legato al movimento francese da un tipo di legame flessibile che consentirà un reciproco confronto e sostenimento anche
nei momenti più difficili. Freinet non sarà solo un punto di riferimento lontano e distaccato ma una guida che sarà sempre
pronta al confronto diretto e allo scambio reciproco di informazioni e impressioni
Tra il 1952 e il 1964 gli insegnanti MCE incontrarono molte difficoltà nell’inserire le <<tecniche di vita>> all’interno
della scuola tradizionale ; ciò a causa di un malfunzionamento della scuola stessa, la quale basava il proprio sistema
educativo su programmi scolastici decisi solo ed esclusivamente da un corpo insegnante non legato da un sentimento
cooperativo.
I maestri MCE dovettero lottare ed impegnarsi molto, spinti dall’entusiasmo nato dal fatto che ognuno si sentiva
parte attiva ed importante del Movimento, per l’attuazione di una metodologia didattica alternativa a quella tradizionale.
Tutto questo entusiasmo per le attività della Cooperativa della Tipografia a Scuola fece sì che un sempre maggiore
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numero di insegnanti si unì all’organizzazione che in pochi anni, precisamente dal 1957, si trasformò in Movimento di
Cooperazione Educativa ; ora il Movimento aveva un proprio statuto legalmente riconosciuto e un suo Consiglio Direttivo
composto in primisda Giuseppe Tamagnini, Aldo Pettini, Bruno Ciari e Anna Fantini.
Con la costituzione legale del MCE (10-11 febbraio 1957 Firenze) Tamagnini sottolinea l’impegno del Movimento
per lo sviluppo di una didattica cooperativa che si sviluppi di pari passo con la ricerca pedagogica. Ed è proprio in questo
momento che l’educazione acquista valenza esistenziale ; la pedagogia, come disciplina, non è una teoria astratta ma è
strettamente legata alla vita dell’alunno e dell’insegnante, cresce e si evolve nel rispetto della natura dell’individuo e dei
suoi bisogni.
Fu proprio in questo anno che la rivista <<Cooperazione educativa>> passò alla casa editrice La Nuova Italia ;
questo fu un passaggio necessario per poter rispondere alla sempre più crescente richiesta, da parte dei lettori, di copie
della rivista.
L’ampliamento quantitativo e qualitativo del MCE consentì a quest’ultimo sia di sperimentare ad ampio raggio le
tecniche di vita e di conseguenza riaffermare la loro validità non solo a livello di scuola elementare, ma anche a livello della
scuola superiore, sia di misurarsi con le diverse e nuove esigenze di coloro che entrando a far parte del Movimento dopo il
1965 faticarono a instaurare rapporti cooperativi con il Consiglio direttivo.
Se da una parte la nascita effettiva del Movimento di Cooperazione Educativa fu una grande conquista, anche
inaspettata, dei pochi <<amici>> che iniziarono questa avventura didattica, d’altra parte numerose furono le difficoltà
incontrate in questo ambito. Infatti una grande organizzazione, basata sulla libera discussione e sulla continua analisi di
ogni esperienza didattica dovrà, inevitabilmente, fare i conti con perplessità e quesiti posti da chi non riusciva ad attuare
pienamente le nuove tecniche ; ciò determinò una serie di fratture interne al movimento, latenti in questo periodo, che
portarono successivamente ad uno scollamento di quest’ultimo.
Analizzando gli ultimi anni di questa fase emerge chiaramente che i rapporti affettivi che costituivano la forza
vitale della CTS e del MCE erano, in qualche modo, prerogativa del gruppo promotore, che successivamente sarà
denominato dei <<vecchi>> ; l’amicizia, l’affetto e il rispetto totale, se era sempre stato presente tra Giuseppe Tamagnini,
Aldo Pettini, Anna Fantini, Bruno Ciari e tanti altri, non era invece presente tra i <<nuovi>> aderenti, e ciò fu una delle
cause che determinò l’allontanamento radicale dei <<vecchi>> tra il 1968 e il 1969.
[1] Laporta Raffaele Sulla cooperazione educativa, in <<Cooperazione educativa>>, a. XIII, n.1, gennaio 1964, pp. 27-28.
[2] Alfieri Fiorenzo, Il mestiere di maestro, Milano EMME Edizioni, 1974, p.146.
[3] Tamagnini Giuseppe Carissimi amici, in <<Cooperazione educativa>>, a. II, n.12, ottobre 1953, p.1.
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6 . L’utopia politica supera ben presto la pratica didattica
Tra il 1968 e il 1969 i contrasti iniziati nel periodo della <<fiammata scientifica>> si estesero ad un ulteriore ambito
che fu quello politico.
In questi due anni i due gruppi erano rappresentanti di due diversi modi di intendere il ruolo sociale e politico del
Movimento.
Nello statuto legale del MCE del 1957 veniva rivendicato il principio delle <<lotte parallele>> secondo il quale il
Movimento non si sarebbe mai schierato con nessun partito politico e non avrebbe mai accettato sovvenzioni provenienti
da sindacati e partiti politici ; tale linea di condotta venne adottata per non incorrere in nessun tipo di strumentalizzazione,
in modo tale che il MCE sarebbe sempre stato libero di operare al rinnovamento democratico della scuola e della società,
con i suoi strumenti, in modo totalmente autonomo e libero.
La vera scuola democratica doveva essere condotta come comunità ; i suoi caratteri distintivi secondo Raffaele
Laporta[1], erano essenzialmente tre : 1) che fosse aperta a tutti ; 2) che riuscisse a mettere in grado ognuno di diventare
elemento funzionale della società e una personalità autonoma ; 3) che fosse in grado di formare personalità autonome e
critiche.
A tali caratteri distintivi si associava inevitabilmente che tale tipo di scuola era la scuola di Stato ; la scuola di Stato
a differenza di quella privata doveva essere di interesse pubblico e non particolaristico, doveva nascere da un dovere
sociale e non da un diritto individuale ; perché essa potesse assolvere al suo compito, dovrebbe essere stata capace di
liberarsi da ogni tipo di autoritarismo e burocratizzazione che avrebbe portato poi all’isolamento dell’insegnante.
Fino al 1968 il MCE interessandosi della società nella sua globalità e parlando di democratizzazione della scuola e
dell’insegnamento assunse un proprio ruolo politico che attirava a sé simpatie, da parte dei partiti politici di sinistra, e
antipatie, da parte dei partiti politici cattolici ; ciò che, però, differenziò il ruolo politico assunto dai <<vecchi>> e quello
assunto dai <<giovani>> fu che il primo accettando la realtà sociale e politica esterna la studiava e la assimilava per poter,
poi, capire quali potenzialità dovessero essere sviluppate nel bambino per poterlo porre in condizioni di, una volta inserito
nella società, contrastarla e viverla criticamente e creativamente, a differenza dei <<giovani>> che la rinnegavano e la
combattevano con le sole parole.
Dal 1952 al 1968 educazione e democrazia nella didattica MCE sono stati due termini strettamente correlati tra
loro che interagendo con l’ambiente sociale subiscono un processo continuo di rinnovamento ed evoluzione ; il luogo dove
questi due termini si incontrano e dove avviene il processo di rinnovamento è la scuola, una scuola che, ovviamente, segua
le tecniche Freinet.
L’educazione secondo il MCE è un processo e come tale ha un punto di partenza che è l’educando e una meta che
si esplica nella formazione della coscienza democratica dell’alunno ; partendo da questa idea di educazione si possono
individuare tutti quegli aspetti didattici tramite i quali gli insegnanti MCE, cercano di sviluppare abiti democratici nei loro
alunni.
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Di primaria importanza vi è il perfezionamento dello strumento linguistico tramite l’autocorrezione e l’esercizio ; si
deve fornire a tutti la capacità di discussione e comprensione, solo così sarà possibile la liberazione dell’individuo e la sua
trasformazione in un cittadino a tutti gli effetti ; didatticamente, nelle classi MCE, il perfezionamento della lingua avviene
tramite la comunicazione di esperienze vissute dall’alunno.
Ampio spazio è anche dato alle tecniche espressive le quali favoriscono lo sviluppo di comportamenti creativi ; lo
sviluppo della creatività, o comunque di un atteggiamento attivo, fa sì che l’individuo non accetti passivamente l’ambiente
ma lo trasformi secondo il suo modo di pensare, diventando così un elemento decisivo per l’intero progresso sociale ;
l’entusiasmo, dei maestri MCE, per la tecnica espressiva scaturisce dal fatto che finalmente si può costruire quello speciale
rapporto tra maestro e bambino, basilare per l’evolversi della classe in una classe-comunità ; ciò è possibile, solo ed
esclusivamente, con il rispetto dei bisogni di ogni alunno che scaturiscono da composizioni artistiche spontanee, le quali
grazie alla loro semplicità forniscono numerosi indizi su come il bambino si relaziona alla scuola e alla società.
Le ricerche di tipo scientifico su fenomeni naturali, invece, sono ritenute importanti per l’acquisizione dell’abito
scientifico il quale consente lo sviluppo delle capacità di osservare, scegliere, valutare e criticare non solo tali fenomeni, ma
anche rapporti di interazione del mondo naturale.
Anche l’organizzazione della classe ha una sua valenza educativa ; sotto la guida dell’insegnante il bambino sarà
aiutato ad organizzare il lavoro della classe-comunità arrivando, così, alla consapevolezza di sé e degli altri mediante un
processo di trasformazione dell’ambiente naturale.
Infine vi è l’esplorazione ambientale elemento basilare della didattica MCE ; il maestro partendo dalla conoscenza
e dal rispetto dell’ambiente conosciuto dal bambino gli fornisce la materia tramite la quale egli scoprirà le categorie spaziotempo ; studiare l’ambiente, per gli insegnanti MCE, non è la realtà vista dall’esterno , ma la possibilità di imparare da fatti
e avvenimenti dei quali il bambino è protagonista.
Il 1968, periodo di grandi cambiamenti sociali e politici, periodo di lotte e conflitti con le strutture sociali vigenti,
vide la nascita del Movimento studentesco, e una serie di cambiamenti strutturali all’interno del Movimento di
Cooperazione Educativa. Essendo il MCE un Movimento strettamente legato alla realtà scolastica concreta, inevitabilmente
si ritrovò a fare i conti con la voglia di cambiamento portata avanti dai numerosi uomini di scuola che la costituivano.
La fase del <<radicalismo politico>>, scatenatosi negli ultimi mesi del 1967, rappresenta quel particolare
momento, vissuto dal MCE, nel quale le forze giovani del Movimento chiedono che si attui un processo di politicizzazione
che possa far esprimere l’intenzionalità politica rimasta, per tutti gli anni precedenti, latente nelle file del Movimento ; ora
la mancanza di dialogo era totale, perché da una parte vi erano coloro che non volevano cedere alle richieste dei
<<nuovi>>, ora chiamati giovani, di trasformare il Movimento di Cooperazione Educativa in un movimento interessato più
alla politica, che in poco tempo divenne <<utopia>> politica, che alla didattica, volendo mantenere la linea delle lotte
parallele, dall’altra parte vi erano coloro che, dopo aver stretto rapporti con il Movimento studentesco e le organizzazioni
operaie, esigevano una radicale trasformazione dello Statuto del MCE per conferirgli un attivo ruolo politico nella società :
<<Quando undici anni fa fu stipulata la dichiarazione di finalità del Movimento, i suoi estensori ebbero chiaro che
le finalità stesse non sarebbero state attuate pienamente se all’opera di rinnovamento educativo non si fosse
accompagnata una parallela trasformazione organica delle strutture che attualmente condizionano le scelte e la durata dei
corsi di studi. Tuttavia essi vollero sollevare il Movimento dall’occuparsi di quest’ultimo compito e ne indicarono il campo
d’azione nel rinnovamento dell’opera educativa svolta da ciascuno insegnante. A distanza di undici anni è lecito domandarsi
se è ancora possibile porre questo limite alla nostra attività, qualora essa voglia veramente perseguire il rinnovamento
della vita scolastica italiana. Ci sembra infatti che più di una spiacevole esperienza, di cui molti di noi siano stati
protagonisti, renda necessario un ripensamento critico sulle finalità che ci siamo posti>>[2] .
Nell’anno cruciale della Contestazione (1968) la prima generazione non riuscì a trovare punti d’accordo con la
seconda generazione e ciò determinò l’espulsione di Giuseppe Tamagnini, il quale si oppose con tutte le sue forze alla
nuova linea politica assunta dal Movimento che rendeva quest’ultimo uno strumento nelle mani di partiti e gruppi politici
che avevano capito l’importanza dello strumento didattico per l’attuazione della <<rivoluzione sociale>>.
Dalle stesse pagine della rivista emerge chiaramente la svolta politica del MCE, ciò emerge sia nell’uso massiccio di
parole quali lotta, rivoluzione, capitalista, padrone, ecc., sia negli stessi contenuti degli articoli; i contenuti degli articoli non
vertevano quasi più sulle esperienze didattiche vissute dai maestri, ma erano per lo più cronache di Convegni e riunioni
nell’ambito dei quali si discuteva sia delle difficoltà incontrate dai maestri nelle loro attività sindacale, sia dalle difficoltà
incontrate dai maestri nella loro attività didattiche nel momento in cui venivano ostacolati dal Direttore scolastico
considerato, il più delle volte, <<capitalista>> o <<padrone>>.
La rottura tra la prima generazione e la seconda avvenne in seguito al rifiuto totale dei <<nuovi>> della politica di
base del MCE che consisteva in una totalizzante apertura verso tutti coloro che volevano aderire al Movimento, per cui non
bisognava attuare mai e poi mai nessuna discriminazione ideologica.
Tale apertura ideologica avrebbe conferito alla pedagogia una posizione autonoma e non subordinata a nessun
tipo di condizionamento.
Ciò che determinò la svolta politica del Movimento fu un importante incontro svoltosi a Lignan in Valle d’Aosta
nella piena estate del 1968 ; nelle <<quattro giornate di Lignan>> vennero focalizzati alcuni punti importanti per il
rinnovamento politico del Movimento. Innanzitutto si doveva partire da un’analisi socio-economica della funzione della
scuola. Tale indagine avrebbe poi portato alla formazione di una coscienza politica dell’intero corpo insegnante.
Le conseguenze delle <<quattro giornate di Lignan>> furono : allontanamento e rottura del MCE con dei
promotori del Movimento, in special modo Giuseppe Tamagnini e Bruno Ciari, ; crisi della strategia delle <<lotte parallele>>
nata dalla convinzione che sindacati e partiti politici non si interessavano dell’effettivo cambiamento della scuola ;
necessaria analisi socio-economica della funzione della scuola.
Nell’assemblea straordinaria del 1969 il tema ricorrente fu quello della selezione ; vennero individuati alcuni punti
che la scuola moderna doveva rispettare : 1) potenziamento della capacità di comunicazione per un’autonoma
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partecipazione popolare nella società ; 2) promozione di azioni politiche, all’interno del sistema didattico, per il rifiuto di
schemi culturali e di comportamenti imposti ; 3) corretto sviluppo delle capacità logiche ; 4) studio delle scienze e della
storia per poter estrapolare valori alternativi alla cultura attuale ; 5) sviluppo della creatività come sviluppo delle capacità
logiche, mentali e comunicative.
I lettori di <<Cooperazione educativa>> vennero invitati a partecipare ai corsi estivi organizzati a Lignan (Nus, Val
d’Aosta) ; le giornate di Lignan inizialmente erano destinate all’approfondimento teorico dell’insegnamento della
matematica e delle scienze, analizzate sulla base di relazioni di esperienze, per la definizione del programma delle attività
didattiche ; tale corso iniziò con propositi tutt’altro che rivoluzionari, ma ben presto dalla discussione inerente l’attività
didattica si passò all’analisi della società, per l’inserimento di tali attività, e ciò causò l’emergere di tutte le contraddizioni
esistenti nella società moderna.
In occasione di questi primi stages estivi non emersero spinte rivoluzionarie, infatti parole come lotta e rivoluzione
ancora non comparivano, ma se tali incontri furono organizzati per affrontare argomenti matematico-scientifici alla fine
rappresentarono il luogo entro il quale iniziarono a germogliare i primi malcontenti e le prime strategie di lotta politica.
Se si vanno ad analizzare le relazioni e i documenti di Lignan emerge chiaramente che si era venuta a creare quella
coscienza di classe, fra gli insegnanti, tanto voluta dalle forze giovani del Movimento ; infatti si arrivò alla conclusione che
l’impegno politico non si poteva esaurire nell’attività didattica ; venne chiesto agli insegnanti, in quanto membri del MCE,
di uscire allo scoperto e di prendere coscienza della loro funzione all’interno della scuola sia per cercare nuove forme di
lotta sia per contestare e rifiutare il ruolo impostogli dalla società ; la tanto sospirata coscienza di classe poteva essere
conquistata tramite la lotta per far rispettare la legge in scuole impostate tradizionalmente e il prendere iniziative non
vietate dalla legge, ma che si scontrano con l’abituale modo do fare scuola.
Le rivendicazioni concernevano sia il diritto degli insegnanti di intervenire nella formazione delle classi sia il diritto
alla libertà d’insegnamento.
Nel punto 5 del documento di Lignan[3] vennero indicati tutti gli strumenti e i mezzi che gli insegnanti dovevano
possedere per portare avanti tutte queste iniziative ; lo strumento più importante era sicuramente quello della
cooperazione effettiva tra gli insegnanti e i vari organi collegiali ; si chiedeva, oltre che di cercare contatti con i colleghi per
opporsi a ogni tipo di impostazione autoritaria, di fare dei consigli di classe e dei collegi dei professori momenti di
partecipazione all’elaborazione dei problemi scolastici.
La scuola doveva trasformarsi in centro culturale aperto a tutti e quindi in un vero e proprio servizio sociale ;
l’insegnante doveva, per raggiungere il suo obiettivo, coinvolgere nell’azione rivoluzionaria tutte le persone che
direttamente interagivano con la scuola come per esempio famiglie, studenti, partiti, sindacati e leghe operaie.
Le varie iniziative proposte a Lignan riguardavano soprattutto la nuova formazione dell’insegnante, il quale
doveva essere preparato non solo tecnicamente ma anche socialmente e culturalmente ; ciò che si doveva poi combattere
era l’isolamento dei maestri, i quali dovevano promuovere assemblee per conquistare una funzione decisionale sui temi
della scuola ricercando contatti e collegamenti operativi con altre forze sociali.
A differenza del Movimento italiano che non riuscì, a causa della scissione interna dove i <<vecchi>>
rappresentanti vennero allontanati, a rimanere intatto, il Movimento francese non perse la sua identità, ma riuscì a
riproporre la figura di Freinet nel suo aspetto rivoluzionario ; fu proprio con l’utilizzo della figura di Célestin Freinet, messa
a disposizione di studenti e operai, che Elise Freinet[4] sottolineò la portata rivoluzionaria del Movimento, fin dalla sua
costituzione risalente al 1926, ribadendo che il passato non sarà negato :
<<Più che mai faremo delle nostre scuole dei cantieri viventi di lavoro in unione con il popolo. Più che mai apriremo
le nostre scuole ad insegnanti da iniziare, a genitori da sensibilizzare, ad artigiani, operai, contadini che possano recarci i
diversi aspetti dell’ambiente sociale, ad ingegneri e tecnici suscettibili di aprirci gli orizzonti di una civilizzazione polivalente.
Più che mai continueremo a promuovere il rinnovamento dell’educazione, nato nella piccola scuola di Bar-sur-Loup nel 1920
e che anima oggi il vasto movimento internazionale della Scuola Moderna che opera per il suo perfezionamento e la sua
divulgazione fra le masse magistrali. Più che mai ci dedicheremo a completare un’educazione della personalità del bambino
nella quale la sensibilità e l’immaginazione saranno fattori decisivi di una cultura che già sotto i nostri occhi prende l’avvio
nelle nostre umili scuole : la poesia e l’arte vi porteranno gli echi di forze ignorate che si rivelano, finora soffocate, ma che
porteranno molto lontano il messaggio di un nuovo modo di vedere e di sentire>>[5]
La risposta del Movimento francese, alle richieste di quello studentesco, fu una riconferma delle proprie scelte
ideologiche e operative adattate al nuovo contesto, ma anche la promessa di un continuo rinnovamento dell’educazione in
senso creativo e cooperativo.
La pedagogia della quale parla Elise Freinet era una pedagogia dell’azione rivolta agli uomini del popolo e nata
dall’insegnamento di Célestin Freinet, il quale per primo, fin dall’inizio dell’attività didattica, cercò in tutti i modi di creare
una nuova forma di educazione da elargire a tutto il popolo, trovando il suo campo vitale nella grande fraternità e umanità
di lavoro.
Accanto alla rivoluzione politica e sociale, in atto nel paese, si allineò una rivoluzione pedagogica, la quale solo
analizzando la situazione della scuola pubblica si rese conto dei problemi sociali esistenti ; l’impegno rivoluzionario venne
ritenuto valido in base alla risoluzione di questi ultimi problemi, i quali potranno essere risolti solo con l’allargamento e
l’approfondimento della didattica operativa usata fino ad adesso ; si prese coscienza del fatto che l’attività didattica che
sembrava, fino al giorno prima, funzionale al soddisfacimento dei bisogni sociali ora non lo era più, ma necessitava di un
totale rinnovamento da attuare nel breve tempo possibile.
Il Movimento francese trovandosi proiettato dagli avvenimenti nel vasto movimento sociale ed umano diventava
consapevole della necessità di approfondire l’attivismo pedagogico e sociale, in modo tale che il corpo insegnante poteva
portare maggiore aiuto dove lo esigeva l’azione sociale, culturale e politica ; uno dei compiti di questa nuova classe sociale
in azione fu quello di denunciare le false gerarchie culturali, intellettuali e amministrative.
L’azione educativa, per poter essere chiamata rivoluzionaria, doveva estendersi a tutte quelle realtà sociali che
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interagivano con la scuola ; essa doveva, quindi, dimostrare, in ogni sua attività, il rispetto per le nuove esigenze sociali e
politiche del paese ; tale azione educativa-politica cercava di creare un filo conduttore che potesse unire la scuola con i
genitori, con gli insegnanti e con le nuove forze rivoluzionarie.
Il Movimento francese orientò la propria azione educativa verso le diverse sfere della società che potevano,
tramite un processo di sensibilizzazione, concorrere alla rivoluzione sociale e pedagogica ; i primi gruppi ai quali esso si
rivolse furono gli studenti universitari che occupavano gli atenei ; l’approccio iniziale non fu facile in quanto essi,
preoccupati dei loro problemi, non riuscirono, almeno all’inizio, ad instaurare un dialogo profondo, ma nel momento in cui
captarono la fratellanza di pensiero che li univa al Movimento <<dell’ Ecole moderne>> iniziarono a stabilire contatti
fruttuosi che permisero di pensare ed agire in comune per la risoluzione dei problemi dell’educazione in una concezione
unitaria della personalità.
L’essere riusciti ad instaurare questa serie di dialoghi che coinvolsero diverse fasce sociali rappresentò, in un
periodo dove la maggior parte dei gruppi politici e sociali non riuscivano a creare niente di concreto, una tappa molto
importante per il Movimento francese che, finalmente, poté far conoscere le tecniche Freinet a tutti coloro che ignoravano
la sua pedagogia popolare e far sì che quest’ultimo risultasse concretamente funzionale ai nuovi e rivoluzionari bisogni
sociali.
La mancanza di cooperazione e dialogo all’interno del Movimento italiano, in questo delicato momento storico,
fece sì che esso non riuscì a portare avanti su uno stesso livello l’attività politica e l’attività didattica a differenza del
Movimento francese che, senza tanti traumi, riuscì a mantenere la sua struttura originaria e nello stesso tempo a
contribuire attivamente al rinnovamento sociale.
[1] Laporta Raffaele La comunità scolastica, Firenze, L Nuova Italia, 1963, p.77.
[2] Di Pietro Gianfranco, Proposte al MCE, in <<Cooperazione educativa>>, a. XVII, n.5, maggio 1968, p. 20.
[3] Sulle indicazioni del punto 5 del documento di Lignan, in <<Cooperazione educativa>>, a. XVII, n.12, dicembre 1968, pp.
14-15.
[4] Élise Freinet collega e moglie di Célestin Freinet.
[5] Freinet Elise, Il nostro Movimento nell’attuale rivoluzione, in <<Cooperazione educativa>>, a. XVII, n.8-9, agostosettembre 1968, p. 17.
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7. Conclusioni: l’attualità della didattica MCE oggi
Per capire come oggi il MCE si pone sia nei confronti delle sue radici, sia nei confronti dei nuovi bisogni sociali è
interessante prendere in considerazione un convegno tenutosi a Torino nell’aprile del 1997 dal titolo L’educazione oggi : i
fili e i nodi-Sulle tracce di Freinet.
Tale convegno vide riuniti parte di coloro che attivamente contribuirono, sia con il loro lavoro sia con i loro
pensieri, alla nascita e alla vita della CTS e del MCE, e molti altri, tra maestri, pedagogisti, docenti universitari, uomini
politici, che conoscendo il grande merito di Freinet nell’attuazione di una <<pedagogia popolare>> vi parteciparono con
grande trasporto emotivo.
Leggendo sia gli atti del convegno, sia i saggi, che collocano la figura di Freinet nell’ambito dell’esperienza del
Movimento di Cooperazione Educativa, si può comprendere la posizione assunta sia dalla <<pedagogia popolare>>, sia dal
MCE nell’odierno sistema educativo.
In occasione di tale evento, che nacque sia per commemorare la figura di Célestin Freinet sia per ricondurlo al
profondo legame che lo unì e lo unirà sempre al MCE, emerse l’esigenza di creare nuovamente, come era stato già fatto in
precedenza con il <<Bollettino informazioni>>, un punto di incontro ed un unico recapito che potesse mettere in contatto
maestri, sindacalisti, politici e docenti universitari da sempre impegnati nell’attuazione della <<pedagogia popolare>>.
L’esito del Convegno portò a due considerazioni. La prima dimostrò che il legame Freinet-MCE e ciò che esso riuscì
a conquistare nel tempo a livello didattico dovrà essere messo a disposizione delle nuove generazioni di maestri che ne
sono all’oscuro, e in secondo luogo che il filone Freinet-MCE dovrà riconquistare anche il ruolo di raccoglitore e ricercatore
di esperienze inerenti il mestiere di educatore ; in qualche modo esso dovrà tornare ad essere quello <<cooperativa>> che
nella fase <<esistenziale>> (1952-1964) sperimentava le nuove tecniche didattiche e raccoglieva, tramite le pagine del
<<Bollettino>> prime e <<Cooperazione educativa>> dopo, commenti e critiche dei tanti maestri impegnati nel
rinnovamento didattico ed educativo della scuola.
La proposta di Célestin Freinet di un modello di scuola popolare, moderna e democratica strutturata sulla base del
lavoro cooperativo trova terreno fertile anche oggi ; ed è con le parole di Giuseppe Tamagnini, intervenuto a tale convegno
del 1997, che si evidenzia lo stretto rapporto ancora esistente tra il MCE e le sue, ritrovate, radici frenetiane
<<Io, amici, non ho altro da aggiungere, non mi resta che rivolgere un pensiero riconoscente a Célestin Freinet. Dal
suo insegnamento traggo due massime che ritengo ne riassumano l’essenza : 1. Per conoscere il bambino dobbiamo
concedergli la parola ed imparare ad ascoltarlo. 2. Il concetto di cooperazione dovremmo considerarlo categoria universale
in cui risolvere tutti i rapporti sociali, in primo luogo ogni atto che voglia essere educativo>>[1].
Il sistema scolastico autoritario e dogmatico, che egli ha sempre combattuto, si ripete troppo spesso nella scuola
contemporanea ancora caratterizzata da una imposizione di programmi, di contenuti e di sistemi di valutazione che non
rispettano la natura e le esigenze di ogni singolo alunno.
Si potrà parlare di scuola <<moderna>> solo quando essa si presenterà come comunità cooperativa e come
laboratorio che utilizzi tecniche e tecnologie nuove per la riproduzione di cultura il cui promotore è il bambino. il bene
comune.
Il computer ed internet, gestiti da maestri che conoscono e apprezzano profondamente il pensiero di Freinet,
possono essere inseriti nella scuola ; essi dovranno essere un completamento del programma didattico che prima di tutto
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rispetti il bisogno di comunicazione reale del bambino con i suoi coetanei.
Secondo il parere di Aldo Visalberghi l’impiego precoce del computer può però azzerare i processi di progressiva
conquista della scrittura e della lettura che non è più costruita, ma solo scoperta[2]
La soluzione proposta da Aldo Visalberghi, profondo conoscitore ed estimatore di Freinet, consiste nel dare il
tempo e lo spazio necessario al bambino di sviluppare la sua operatività concreta ; così facendo sia l’intelletto, sia le sue
capacità creative saranno abbastanza consolidate da non soccombere alle tante informazioni trasmesse dai nuovi mezzi di
comunicazione.
Anche la televisione, che oggi rappresenta uno dei passatempi preferiti dai bambini, deve essere presa in
considerazione dalla scuola ; come Freinet inseriva nella sua opera didattica la diversificata realtà vissuta dal bambino, così,
oggi, non si può marginalizzare la televisione, la quale dà, comunque, conoscenza, realizzando esperienze.
Quindi come Freinet rispettava la diversificata realtà quotidiana del bambino costellata anche da numerosi
strumenti, oggi la scuola ha il dovere di conoscere, analizzare e rielaborare i nuovi e tanti livelli di informazione per poi
collocarli in un sistema educativo che non può assolutamente emarginare nessun strumento in mano ai bambini.
Il MCE nacque sulla scia del Movimento francese : esso possedeva realmente le potenzialità e gli strumenti per
rinnovare la scuola italiana, ma la sua attività didattica fu sempre limitata a poche scuole isolate all’interno delle quali era
pressoché assente il sostegno degli altri insegnanti che non aderivano alle tecniche Freinet e avevano una visione
conservatrice della scuola e della didattica.
Fu proprio la difficoltà ad instaurare realmente la cooperazione che determinò i grandi conflitti interni al
Movimento che si potenziarono nel momento in cui il dialogo e i rapporto cooperativi vennero a mancare anche all’interno
di quest’ultimo ; tutto ciò determinò una serie di nuove problematiche, non prettamente didattiche, che rallentarono il
processo di inserimento della didattica MCE all’interno della scuola italiana.
Anche se il Movimento di Cooperazione Educativa non riuscì ad attuare una globale pedagogia popolare, ebbe
tuttavia il grande merito sia di diffondere le tecniche Freinet all’interno del sistema scolastico italiano (e ciò consentì anche
in chi non le accettò pienamente di guardare il bambino e la scuola in un’ottica diversa da quella classista e autoritaria
tipica della scuola tradizionale), sia di diventare, in breve tempo e tramite le pagine della rivista, un importante punto
d’incontro per insegnanti elementari e di scuola superiore, ma anche studiosi di problemi scolastici in genere, che tramite il
porsi domande e il ricevere risposte trovarono terreno fertile per ampliare il proprio bagaglio intellettuale, pedagogico e
didattico.
Un ulteriore svolta del Movimento si ebbe all’inizio degli anni ’80 ; tale svolta fu ritenuta necessaria nel momento
in cui il MCE si ritrovò a fare i conti con la difficoltà di relazione con l’esterno ; ciò determinò una ricomposizione interna
che portò il Movimento italiano a ricucire i rapporti con il suo passato.
Il Movimento di Cooperazione Educativa si ritrovò, in qualche modo, a discutere sulla nuova dimensione di una
pedagogia che privilegi il bambino rispetto alla disciplina recuperando, così, la globalità dei processi percettivi e
formativi[3]. Risulta evidente che vi fu, in questo periodo, un ritorno alle radici del MCE ; infatti anche la prima generazione
di aderenti utilizzò tale idea di pedagogia come punto di partenza per la propria opera di rinnovamento scolastico e
didattico.
Dagli interventi dei tanti personaggi che furono i protagonisti del Convegno di Torino si comprende che,
effettivamente, la maggior parte di coloro che contribuirono dalla nascita fino ad oggi alla vita della rivista, pubblicando i
propri articoli, furono anche coloro che, poi, sia nel loro piccolo sia ad ampio raggio, rinnovarono e rinnovano realmente, in
varia misura, la scuola italiana ; la rivista e il Movimento grazie ad una strutturazione basata sul rispetto e sulla libertà
riuscirono, oltre che ad attirare in sé maestri realmente interessati al risanamento della scuola, sia a far emergere le
potenzialità di ogni suo componente sia a far capire che la collaborazione e la cooperazione sono i due elementi portanti di
ogni possibile rinnovamento.
[1] Tamagnini Giuseppe, Il Movimento di Cooperazione Educativa ritrova le sue radici, in Catarsi Enzo, Freinet e la <<pedagogia
popolare>> in Italia, Milano, La Nuova Italia, Movimento di Cooperazione educativa, 1999, p.177.
[2] Visalberghi Aldo, Freinet, o della concretezza illuminata, in Catarsi Enzo, Freinet e la <<pedagogia popolare>> in Italia, Milano, La
Nuova Italia, Movimento di Cooperazione educativa, 1999, p.163.
[3] Rizzi Rinaldo, Freinet, la pedagogia popolare e la ricerca-azione in Italia, Catarsi Enzo,Freinet e la <<pedagogia popolare>> in
Italia, Milano, La Nuova Italia, MCE, 1999
--------------------------------------------------------------------------------------------------------8. Bibliografia
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Alfieri Fiorenzo, Il mestiere di maestro, Milano EMME Edizioni 1974.
Catarsi Enzo, Freinet e la <<pedagogia popolare>> in Italia, Milano, La Nuova Italia, MCE, 1999.
Ciari Bruno, Le nuove tecniche didattiche , Roma, Editori riuniti, 1961.
Convegno di Rimini, in <<Bollettino>>, a. I, n.1, giugno 1951, pp. 1-5.
Di Pietro Gianfranco, Proposte al MCE, in <<Cooperazione educativa>>>, a. XVII, n.5, maggio 1968, pp.20-23.
Freinet Elise e Célestin, Nascita di una pedagogia popolare, Firenze, La Nuova Italia, 1955.
Freinet Elise, Il nostro Movimento nell’attuale rivoluzione, in <<Cooperazione educativa>>, a. XVII, n.8-9, agostosettembre 1968, pp.14-18.
Laporta Raffaele, La comunità scolastica, Firenze, L Nuova Italia, 1963.
Laporta Raffaele, La difficile scommessa, Firenze, La Nuova Italia, 1963.
Laporta Raffaele, Sulla cooperazione educativa, in <<Cooperazione educativa>>, a. XIII, n.1, gennaio 1964, pp. 27-32.
Laporta Raffaele, Mele Ortensia, Rizzi Rinaldo, Alle origini del MCE, Chieti, Università Curtis, 1994.
Pettini Aldo, Origini e sviluppo della Cooperazione educativa in Italia. Dalla CTS al MCE, Milano, EMME Edizioni, 1980.
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Rizzi Rinaldo, Le radici di un movimento. Itinerario di quarant’anni di vita, in <<Educazione e scuola>>, a. VII, n. 25,
gennaio-marzo 1988, pp. 60-70.
Rizzi Rinaldo, La pedagogia popolare in Italia da Ciari al MCE, oggi, in <<Scuola e città>>, a. XLIII, n.3, marzo 1991, pp.
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Sulle indicazioni del punto 5 del documento di Lignan, in <<Cooperazione educativa>>, a. XVII, n.12, dicembre 1968,
pp. 13-15.
Tamagnini Giuseppe, Carissimi amici, in <<Cooperazione Educativa>>, a. II, n.12, ott. 1953, p.1.
Tamagnini Giuseppe, Didattica operativa, Frontale, Edizioni MCE, 1965.
Tamagnini Giuseppe, La preistoria della CTS, in <<Cooperazione educativa>>, a. XXX, n. 11-12, novembre-dicembre
1981, pp.5-10.
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