A03 20 Mario Vincenzo Russo Chimica analitica generale Copyright © MMVI ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 88–548–0868–7 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: novembre 2006 PREFAZIONE La Chimica Analitica richiede la conoscenza di concetti di termodinamica, di spettroscopia, di elettrochimica, di chimica generale, chimica organica e praticamente da tutti i campi della chimica-fisica. Questo testo è rivolto agli studenti di Chimica e Chimica Industriale, di Chimica e Tecnologia Farmaceutiche e di Scienze e Tecnologie Alimentari con poche conoscenze di chimica-fisica, inizia con una rapida introduzione per inquadrare qualche concetto sull’equilibrio chimico, sull’attività, sullo stato solido e delle soluzioni. Si è cercato di evitare il più possibile la ripetizione di quanto lo studente deve già conoscere dagli studi precedenti. Nella trattazione degli argomenti fondamentali, acidi e basi, ossidanti e riducenti, complessi, solubilità, ecc.., si è fatto uso di diagrammi e calcoli, che costituiscono un mezzo efficace di espressione e di lavoro. Non si troverà eccessiva una certa insistenza nel trattamento matematico, peraltro molto semplice, dedicato al calcolo degli equilibri e dei diagrammi. Si osserverà che nel testo, salvo qualche riferimento, si ignorano le tecniche strumentali di analisi. Questo non va considerato come sottovalutazione delle tecniche strumentali, la cui importanza aumenta di giorno in giorno e diventa indispensabile in ogni campo dell’analitica. Proprio per la sua indiscutibile rilevanza, è necessario trattare, in modo adeguato, in corsi a se stanti, la chimica analitica strumentale. In questo testo di analitica generale, l’autore ha ritenuto opportuno, limitare lo studio agli argomenti di carattere fondamentale e formativo, che costistuiscono la base culturale indispensabile di ogni chimico analitico o di chi vuole affrontare temi di chimica analitica, indipendentemente dalle tecniche strumentali che dovrà utilizzare. Il chimico analitico, come qualsiasi altro sperimentatore, deve avere costantemente presente che ogni operazione empirica 5 6 Prefazione è, in qualche modo, una “materializzazione della teoria” e, d’altra parete, deve “sentire” , con la sensibilità che gli proviene da una adeguata preparazione teorica, fino a che punto il sistema reale consenta di ritenere valide le ipotesi sulle quali è stata costruita la teoria. Prof. Mario Vincenzo Russo CAPITOLO I I SOLVENTI L’acqua L’acqua è il solvente più comune e poiché gran parte delle reazioni analitiche si svolgono in fase acquosa è di fondamentale importanza comprendere le proprietà delle soluzioni acquose alla luce della struttura dell’acqua stessa, di confrontarle con quelle in altro solventi e di comprendere il fenomeno della solubilità. E’ noto che l’acqua possiede delle caratteristiche particolari e singolari: allo stato solido ha un peso specifico minore che allo stato liquido; riscaldata al di sopra del punto di fusione diminuisce di volume fino a raggiungere il massimo valore di densità a 4°C, mentre al di sopra di questo valore si espande come qualunque altro liquido. Il calore specifico dell’acqua è maggiore di quello di qualunque altro liquido, e per quanto la molecola dell’acqua sia di piccole dimensioni ed abbia un basso peso molecolare, l’acqua ha una temperatura di fusione e di ebollizione particolarmente elevate. Più che il valore assoluto di tali grandezze è importante confrontale con quelle relative agli idruri degli elementi che si trovano adiacenti all’ossigeno nel sistema periodico e cioè l’acido fluoridrico e l’ammoniaca (vedi Tab I-1). È molto significativo il confronto della temperatura di ebollizione dei composti idrogenati degli elementi del VI e del IV gruppo, riportato in Fig. I-1. 7 8 Capitolo I Tabella I-1. Caratteristiche di NH3, H2O, HF Peso Molecolare (PM) Punto di fusione (°C) Punto di ebollizione (°C) Calore di vaporizzazione (cal/g) Costante dielettrica (a 0°C) NH3 17 -78 -33 327 19,6 H 2O 18 0 100 540 88,0 HF 20 -83 20 360 83,6 °C 100 • H2O H2Te • 0 H2Se • •SnH 4 H2 S • SiH4 -100 •GeH 4 • CH4• -200 10 20 30 40 50 60 Numero di elettroni per molecola Figura I-1. Temperatura di ebollizione di alcuni idruri degli elementi del IV e VI gruppo. Si osserva per questi composti un andamento del tutto similare, e cioè la temperatura di ebollizione aumenta al crescere del numero degli elettroni per molecola. Se, prendendo come riferimento l’idrogeno solforato, si estrapolasse il grafico per ricavare il valore del punto di ebollizione dell’acqua, si otterebbe un valore pari a circa (-110°C), molto diverso dal valore reale osservato (+100°C). La proprietà che più nettamente E I solventi 9 differenzia l’acqua dagli altri solventi è la sua costante dielettrica; il significato ed il valore di questo parametro appare evidente dalla legge di Coulomb: q ×q F = 1 22 D×d La forza (F) che si esercita tra due cariche q1 e q2 alla distanza d è tanto più elevata quanto più piccola è la costante dielettrica (D); e cioè il lavoro per separare due cariche uguali ad una distanza d, nell’acqua è circa 1/80 del lavoro eseguito nell’aria, 1/2,27 nel benzene, 1/20 nell’acetone e 1/24 nell’alcool etilico. I reciproci dei valori indicati rappresentano i valori delle costanti dielettriche. L’acqua ha quindi un valore di costante dielettrica più elevata di quella dei solventi organici, generalmente compreso fra 2 e 10. Questo valore elevato dimostra che la forza che si stabilisce fra gli ioni in soluzione acquosa è molto debole, e che di conseguenza gli ioni hanno in questo solvente una particolare libertà. Nella Tab. I-2 sono riportati i valore della costante dielettrica di alcuni solventi a 25°C. La costante dielettrica diminuisce all’aumentare della temperatura e ciò equivale a dire che il lavoro necessario per allontanare le particelle cariche, l’una dall’altra, é maggiore a temperatura più elevata. Molte proprietà, particolari, dell’acqua sono dovute alle interazioni che si stabiliscono tra di esse; e tali interazioni sono comprensibili dall’esame della struttura molecolare. È noto che la formazione di una molecola di acqua avviene perché si formano due legami covalenti (s-p) fra l’idrogeno (1s1) e l’ossigeno (1s22s22p4) e che la molecola dell’acqua ha una struttura tetraedrica: due coppie di elettroni “solitari”, (che non partecipano alla formazione del legame), e due coppie di elettroni di legame che occupano, infatti, i quattro orbitali orientati verso gli spigoli di un tetraedro Fig. I-2. 10 Capitolo I Tabella I-2. Costante dielettrica di alcuni solventi a 25°C Composto Diossano Benzene Nitrobenzene Etere di etilico Acetato di etile Acetone Alcool etilico Alcool metilico Acqua Acido cianidrico Tetracloruro di carbonio Cloroformio n-Esano Formula C4H8O2 C6H6 C6H5NO2 C4H10O C4H8O2 C3H6O C2H5OH CH3OH H2O HCN CCl4 CHCl3 C6H14 Costante 2,213 2,27 34,8 4,23 6,02 20,7 24,3 32,6 80,4 107 2,2 4,8 1,9 Poiché la stereochimica di una molecola é determinata dalle coppie di elettroni di legame e dalle coppie di elettroni solitari, l’angolo di legame H-Ô-H nell’H2O risulta di 104°45’ invece del teorico 109°47’. Ciò può comprendersi in base alle interazioni elettrostatiche che si stabiliscono fra le varie coppie di elettroni. I due orbitali delle coppie di elettroni solitari sono più vicini al nucleo dell’atomo da cui provengono ed esercitano l’uno su l’altro una elevata repulsione; gli orbitali dovuti agli elettroni di legame sono invece orientati fra i due atomi e la loro mutua repulsione é comparativamente più bassa. La diminuzione dell’angolo di legame di circa 5° é dovuta proprio alla diversa interazione elettrostatica fra gli elettroni dei vari orbitali. In conseguenza di queste caratteristiche strutturali la molecola può essere rappresentata con differenti schemi. Nello schema a il cerchio aperto corrisponde al nucleo dell’ossigeno ed i cerchi chiusi agli atomi d’idrogeno e le distanze riportate indicano le distanze di legame O-H (0,97 Å) e H-H (1,54 Å). In b, c, d, ed e è mostrata la molecola dell’acqua E I solventi 11 secondo gli schemi a nube carica, a biglie e a bastoncini secondo differenti orientamenti; in f si ha lo schema della molecola dell’acqua con gli elettroni rappresentati con punti ed in g ed h il diagramma con gli orbitali che mettono in evidenza la struttura tetraedrica della molecola dell’acqua. Figura I-2 Molecole Polari È noto che le molecole nelle quali i centri delle cariche positive e negative occupano posizioni differenti formano dei dipoli elettrici e che le molecole in cui é presente un dipolo viene indicata come molecola polare. La molecola dell’acqua è, quindi, una molecola polare: in essa infatti l’atomo d’idrogeno e d’ossigeno differiscono per il valore di elettronegatività e c’è, pertanto, uno spostamento degli elettroni nei legami verso il più elettronegativo (atomo di 12 Capitolo I ossigeno): ne consegue che il legame O-H è, quindi, polare. Inoltre, come, si può osservare dalla Fig. I-2 (g e h), la carica negativa dovuta alle coppie di elettroni solitari è localizzata molto al di sopra del nucleo dell’ossigeno. Per far risultare questa caratteristica la molecola dell’acqua può essere rappresentata anche con uno dei seguenti schemi: in Fig. I-3 a le frecce piccole mostrano lo spostamento delle cariche elettroniche nella molecola e le frecce lunghe rappresentano il momento risultante dell’intera molecola; nello schema b in modo semplificato viene messa in evidenza la natura polare della molecola dell’acqua . - + H H a b Figura I-3 Una misura quantitativa della polarità di un composto è fornita dal momento dipolare (m). Se si considera un dipolo costituito da 2 cariche opposte di grandezza a separate dalla distanza d, si definisce come momento dipolare il prodotto di d per q: m = d ×q che viene espresso in unità Debye. Se q è la carica di un protone o di un elettrone e d è 1 Angstrom ( = 10-8 cm) il prodotto risultante corrisponde a 4,8 Debye. Poiché la carica di un elettrone è di circa 4,8×10-8 ues (unità elettrostatiche) si ha: 13 I solventi E 1 Debye = 10-8×10-10 = 10-18 ues cm Un legame è quindi polare se è costituito da atomi che hanno un differente valore di elettronegatività e conseguentemente è polare la molecola in cui è presente questo tipo di legame; sono polari, quindi, la molecole dell’acqua (1,84 Debye), dell’acido cloridrico (1,08 Debye), dell’acido cianidrico (2,95 Debye), della glicocolla (15 Debye) ecc.. Una molecola, nella quale i singoli legami sono polari, può risultare non polare se i loro legami sono disposti simmetricamente, come nel benzene (C6H6), nel tetracloruro di carbonio (CCl4), nell’anidride carbonica (C02), nel diossano ecc…. Se si esaminano i momenti dipolari di alcuni idruri come NH3 CH4 HF H2O 1,91 1,84 1,30 0 si osserva che il momento dipolare decresce al diminuisce del carattere di non metallo (decremento dell’elettronegatività): per l’acido fluoridrico si ha un momento dipolare elevato, sia per la grande elettronegatività del fluoro che attrae elettroni, sia per la presenza di tre coppie di elettroni liberi, che contribuiscono appunto al valore del momento dipolare; nel metano invece il momento dipolare è uguale a zero per la simmetria tetraedrica della molecola. Il momento dipolare, espresso in Debye, di alcuni solventi è riportato in Tab. I-3. Tabella I-3. Momenti dipolari di alcuni solventi più comuni Nitrobenzene Acqua Etanolo Fenolo Acido acetico 4,18 1,84 1,70 1,70 1,70 Ammoniaca liquida Cloroformio Benzene Carbonio tetracloruro Acetone 1,46 1,15 0 0 2,90 È da tenere presente che il momento dipolare dell’acqua è abbastanza elevato ma non elevatissimo. 14 Capitolo I Interazione fra molecole di acqua La più semplice organizzazione delle molecole di acqua si osserva nel vapore acqueo ad elevata temperatura e a basse pressioni: le molecole in queste condizioni sono sufficientemente distanti le une dalle altre, si muovono disordinatamente e non si esercita fra loro alcuna forza. In queste condizioni l’acqua si comporta come un gas ideale e non esibisce alcuna caratteristica particolare. Se però il sistema viene raffreddato o compresso, le molecole si muovono con minore libertà e vengono a verificarsi numerose interazioni. E’ noto che quando le molecole di un composto vengono fatte avvicinare, si stabiliscono deboli attrazioni provocate dalla reciproca distorsione delle relative nubi elettroniche. Queste possono essere forze di dispersione, così dette perché legate alla dispersione della luce da parte di un mezzo e sono di tipo aspecifico perché si hanno per qualsiasi tipo di gas o vapore (forze di London); forze attrattive si hanno anche per molecole che hanno campi elettrici esterni permanenti (momenti dipolari) o indotti in molecole che possiedono nubi elettroniche orientabili sotto l’azione di un campo elettrico. Questi tre tipi di forze di interazione molecolare, che provocano un effetto attrattivo e che sono genericamente chiamate forze di Van der Waals, aumentano con il numero di elettroni nella molecola, ed è questa la ragione per cui si osserva un costante incremento della temperatura di ebollizione fra i composti di una serie omologa o fra composti simili di elementi di uno stesso gruppo (vedi idruri elementi del IV e del VI gruppo in Fig. I-1). Queste forze attrattive diventano repulsive quando le molecole si avvicinano a tal punto da aversi sovrapposizione delle orbite elettroniche. Nel caso dell’acqua tali forze attrattive sono di entità maggiore, rispetto a due molecole non polari, proprio in conseguenza dell’interazione additiva che si stabilisce fra i dipoli e che spiega perché le molecole di vapore acqueo siano più facilmente condensabili rispetto alle molecole di I solventi 15 sostanze non polari come l’azoto. Pur tenendo conto di ciò, non e però possibile interpretare esclusivamente in base a queste interazioni le particolari proprietà dell’acqua. Utili informazioni si ricavano dallo studio dell’acqua allo stato solido. Dall’esame mediante diffrazione con raggi X si ricava che ogni molecola di acqua è circondata da altre quattro molecole di acqua e che la distanza fra due atomi di ossigeno contigui è di 2,75 Å. Queste unità tetraedriche, mettendo in comune i relativi spigoli, danno luogo alla caratteristica struttura a simmetria esagonale, che si osserva nei cristalli di neve e che viene riportata in Fig. I-5. Il reticolo cristallino del ghiaccio ha quindi grosse cavità e presenta una struttura aperta: ciò spiega la bassa densità del ghiaccio; se esso fosse costituito da microsfere del diametro di 2,76 Å, impaccate insieme, un grammo di ghiaccio dovrebbe occupare un volume di 0,5 mL. Poiché il suo volume specifico è di circa 1,09 mL/g, cioè circa il doppio, le molecole presentano una bassa densità di impaccamento. La struttura del ghiaccio è simili a quella della tridimite, una delle forme di silice meno densa, costituita da tetraedri di SiO4 legati mediante atomi di ossigeno. Le forze responsabili della stabilità del reticolo del ghiaccio sono indicate come “legami idrogeno” o “ponti idrogeno”. Essi sono indicati in Fig. I-4 con delle linee tratteggiate. Nel legame idrogeno si osserva che ogni idrogeno carico positivamente viene attratto elettrostaticamente da un ossigeno carico negativamente. Ne risulta, pertanto, un legame relativamente debole, in cui i piccoli atomi di idrogeno funzionano come un ponte fra due atomi di ossigeno fortemente elettronegativi. Il legame idrogeno è più intenso delle forze di London o di quelle fra dipolo e dipolo ma molto più debole di un legame covalente. Dal punto di vista quantitativo le forze di London, sono dell’ordine di grandezza di poche unità di kilocalorie, mentre un legame covalente responsabile invece della formazione di una entità molecolare è dell’ordine di grandezza di decine di kilocalorie. Il legame idrogeno è, come il legame covalente, 16 Capitolo I limitato solo ad alcune direzioni ed i ponti idrogeno sono dei legami lineari: a ciò si deve la struttura aperta del ghiaccio. Quando il ghiaccio fonde i legami idrogeno si piegano ed alcuni di essi si rompono: la struttura aperta viene deformata per dar luogo alla temperatura di 4°C ad una struttura meno aperta, alla quale prendono parte un numero inferiore di legami idrogeno. Se si innalza ulteriormente la temperatura, la densità del liquido diminuisce, e un numero crescente di legami idrogeno viene spezzato: ciò nonostante un notevole numero di legami rimane inalterato con formazione di aggregati generalmente indicati come (H2O)n. In realtà non si può attribuire all’acqua una composizione ben definita poiché in essa sono presenti alle varie temperature sia il monomero, che il dimero, che il trimero, che altre forme polimeriche complesse. L’esistenza dei legami idrogeno spiega i caratteristici valori osservati per l’acqua: l’elevato calore specifico, l’altro punto di fusione, l’alto punto di ebollizione, la bassa tensione di vapore, il grande calore di fusione e di evaporazione. Il legame idrogeno che si osserva nell’acqua è fra i più forti che si conosce ed è pari a circa 6 kcal/mole. Alla temperatura di ebollizione l’acqua è prevalentemente in uno stato associato ed è stato calcolato che circa 2/3 del calore di evaporazione dell’acqua, al suo punto di ebollizione, è utilizzato per spezzare i legami idrogeno che esistono a quella temperatura. L’esistenza di legami idrogeno in un composto chimico può essere desunto dal valore della temperatura di ebollizione particolarmente alto rispetto a quello di composti di composizione simile, dal valore della costante dielettrica, dal calore di sublimazione o di evaporazione, da anormalità nello spettro del liquido e da esperienze di diffrazione. Legami idrogeno vengono formati da molte sostanze come ad esempio ammoniaca, acido fluoridrico, alcoli, molti acidi, molti idrossidi e nelle proteine ecc.. Ad esempio l’acido formico (HCOOH), l’acido acetico (CH3COOH) hanno una temperatura di ebollizione particolare elevata ed il loro peso molecolare in soluzione è circa doppio di quello che sarebbe da attendersi in base alla formula riportata. 17 I solventi E Ciò si deve al fatto che in solventi non polari, l’acido formico o l’acido acetico, mediante legami idrogeno forma un dimero con la seguente formula in cui le linee tratteggiate indicano la formazione di un legame idrogeno: 1,63 A 1,07A H O C C H O O H H O H H H H H H •• •O • H •O• • • H •• O• • •• O •• H ••O•• H H H H • •O• • H O •O• •• H H H H • O• • • H H ••O• • Figura I-4. Si osservi che in questa struttura la lunghezza dell’OH nel legame idrogeno è maggiore della lunghezza del legame OH in un legame covalente e ciò indica che il legame idrogeno è assai più debole del corrispondente legame covalente. Come si è detto i legami idrogeno nell’acqua sono particolarmente forti. Le molecole dell’ammoniaca e dell’acido fluoridrico, per quanto 18 Capitolo I contengano lo stesso numero di elettroni delle molecole di acqua non danno luogo a complesse strutture spaziali analoghe a quelle che si osservano nel ghiaccio. Ciò dipende dal fatto che nella molecola di ammoniaca vi sono tre idrogeni che possono formare legami con altre molecole, ma solo una coppia di elettroni solitari e nell’acido fluoridrico vi sono invece tre coppie di elettroni solitari, ma solo un idrogeno: le sue molecole si associano quindi per formare anelli e catene ma non reticoli: (-----H-F-----H-F-----H-F-----H-F-----)n I legami idrogeno si osservano in tutti quei composti in cui l’atomo d’idrogeno viene a trovarsi fra due atomi elettronegativi, di solito azoto, ossigeno, fluoro e il successo dell’idrogeno nel formare tale legame è dovuto anche alla sua piccola dimensione e alla mancanza di orbite elettroniche, per cui è possibile alla carica positiva del nucleo d’idrogeno di avvicinarsi alle cariche negative degli altri atomi. Gli altri atomi elettropositivi, come litio o sodio, non formano ponti perché la repulsione fra le loro orbite elettroniche e quelle degli atomi elettronegativi è molto forte. Gli esempi finora considerati riguardano legami fra molecole differenti, ma vi sono casi in cui i legami idrogeno hanno luogo fra gruppi della stessa molecola: si parla in questo caso di legami idrogeno intramolecolari. Ad esempio nell’acido o-idrossi benzoico o nell’aldeide salicilica la presenza di un gruppo carbossilico o aldeidico ed ossidrilico vicini porta alla formazione di un legame idrogeno fra questi gruppi. I solventi 19 Figura I-5. L’esistenza di legami idrogeno intramolecolari non porta a valori anomali delle varie proprietà come si osserva nei composti in cui si hanno legami idrogeno intermolecolari. Gran parte delle reazioni che avvengono in soluzione acquosa ed i vari processi biochimici, dalle strutture delle proteine alla formazione di sudicio sulla pelle o sui tessuti, sono processi dovuti, essenzialmente, alla formazione di legami idrogeno. Relazione fra momento dipolare e costante dielettrica L’esistenza di legami idrogeno fra le molecole di acqua spiega un’altra particolarità: si osserva che l’acqua ha una elevata costante dielettrica, maggiore di quella dei liquidi non polari, come C6H6 o CCl4, per quanto non abbia un momento dipolare molto alto. Ciò può spiegarsi tenendo conto che il 20 Capitolo I momento dipolare di una molecola è una proprietà che dipende dalla coesistenza di un gran numero di molecole, ed è quindi particolarmente alto a causa dei legami idrogeno esistenti. La relazione fra costante dielettrica e momento dipolare può ricavarsi seguendo il comportamento di un condensatore, cioè di una capacità elettrica. Questa è costituita da due armature o placche parallele, isolate, collegate ad una batteria come in Fig. I-5. Quando queste sono collegate ad una batteria gli elettroni vengono “aspirati” da una placca, che acquista, di conseguenza, una carica positiva e “compressi” all’altra placca, che acquista una carica negativa. Il flusso di elettroni che si verifica da una placca all’altra, in un tempo brevissimo si arresta, per l’accumulo della carica sulle placche che si oppone ad un ulteriore trasferimento di elettroni. Maggiore è la tensione applicata dalla batteria sulle armature più elevata è la carica su di esse e, quindi, si definisce come capacità di un condensatore il rapporto fra la carica delle placche e la tensione applicata. Una particella carica come uno ione posto fra le placche di un condensatore è quindi soggetta ad un campo elettrico e l’intensità di tale campo è proporzionale alla carica per unità di superficie. La capacità di un condensatore aumenta quando lo spazio fra le placche è riempito con un liquido e se questo è polare si osserva quanto indicato in Fig. I-6 + + + + + + + + + + + + + + + + + a b Figura I-6. + + + + + + + + + + I solventi 21 Prima che il condensatore venga caricato i dipoli si muovono in modo disordinato (6 a), ma, come il condensatore è caricato i dipoli tendono ad orientarsi (6 b) e tendono a formare strati di cariche positive e negative. Questo allineamento diminuisce il campo elettrico fra le placche, poichè le cariche distribuite su di esse tendono ad essere neutralizzate dalle cariche alla superficie del liquido, ma la batteria riporta il campo elettrico al suo valore originale trasferendo un numero più elevato di cariche sulle placche. La capacità di un condensatore aumenta, quindi, riempiendo lo spazio fra le placche con un liquido polare e tanto maggiore è il momento dipolare delle molecole che costituiscono il liquido tanto più elevato è l’incremento di carica e tanto più grande è la capacità del condensatore. In base alla legge di Coulomb la forza che agisce su di uno ione fra le placche di un condensatore è direttamente proporzionale alla carica per area unitaria delle armature ed inversamente proporzionale alla costante dielettrica del liquido. Maggiore è la costante dielettrica, più elevata è la carica per mantenere una data forza su di uno ione. Se si indica con l’unità la costante dielettrica dello spazio vuoto, la costante dielettrica di un liquido è data da: cos t . dielettrica liquido = capacità cond . con Liq . capacità cond . Vuoto La capacità di un condensatore pieno con acqua è circa 80 volte maggiore di quella di un condensatore vuoto. Anche i liquidi non polari hanno costante dielettrica maggiore dell'unità: ciò è dovuto al fatto che il campo elettrico induce un temporaneo spostamento di cariche nella loro molecola e di conseguenza il centro delle cariche positive ed il centro delle cariche negative non coincidono. La molecola risulta quindi polarizzata dal campo elettrico ed ha un momento dipolare indotto. Anche nel caso dei liquidi polari si ha un momento 22 Capitolo I dipolare indotto ma la sua entità è piccola rispetto al momento dipolare permanente. Le costanti dielettriche dei liquidi non polari (vedi Tab. I-2) sono comunque molto basse, circa il doppio di quanto si osserva nel vuoto. Le costanti dielettriche dei liquidi le cui molecole sono legate da legami idrogeno sono particolarmente elevate: i legami idrogeno legano infatti le molecole formando aggregati di grandi dimensioni che hanno un momento dipolare molto più elevato di quello di una semplice molecola. Questo è particolarmente vero per l’acqua che contiene una rete tridimensionale di molecole, per l’acido fluoridrico e l’acido cianidrico costituite da lunghe catene di molecole. Nell’ammoniaca il legame idrogeno non può formare grandi aggregati e la costante dielettrica dell’ammoniaca, allo stato liquido, è notevolmente più bassa rispetto a quella dell’acqua e dell’acido fluoridrico. Ionizzazione dell’acqua Accurate misure eseguite da F. Kohlrausch e A. Heydweiller dimostrarono che l’acqua, anche dopo la più rigorosa purificazione, mostra una conducibilità di circa 4 x 10-8 Ω-1 cm-1 a 18°C. Tale conducibilità non poteva essere spiegata che ammettendo una dissociazione elettrolitica molto piccola dell’acqua, presenza di ioni idrossonio (H3O+) e ioni ossidrile (OH-), che si formano nella reazione di dissociazione: 2 H 2 O ¡ê H 3O + + OH in conseguenza dello spostamento di un protone da una molecola all’altra H •• O• • H H • •• O• ( H H H •• O + )+( H • •• O • •• ) - H (1) I solventi 23 In acqua e in tutte le soluzioni acquose, si stabilisce un equilibrio fra le molecole di acqua indissociate e ioni H+ e OHidradati. Note le mobilità degli ioni idrogeno e ossidrile, Kohlrausch poté calcolare le seguenti concentrazioni: [H+] = [OH-] = 0.8 x 10-7 eq L-1 a 18 °C [H+] = [OH-] = 1.0 x 10-7 eq L-1 a 25°C Col termine di ione idrossonio si intende definire lo ione idrogeno idratato e cioè H+(aq); in realtà, tenendo conto della complessa struttura dell’acqua e dell’esistenza di varie forme polimeriche, mentre è da escludere in soluzione l’esistenza di protoni liberi, H+, l’idratazione del protone dà luogo a specie ioniche come H3O+, H5O2+, H7O3+, H9O4+ ecc… La rappresentazione dello ione idrogeno idratato come H3O+ costituisce quindi un’approssimazione semplificata e così pure quando il comportamento in soluzione viene descritto in termini di H+ si deve sempre considerare come H+(aq). La debole conducibilità dell’acqua è dovuta al movimento degli ioni sotto l’azione di un campo elettrico e per spiegare la notevole velocità di migrazione di questi ioni, nonostante la loro piccola concentrazione, si ammette che il movimento delle cariche avvenga prevalentemente mediante trasferimento di protoni, cioè come avviene la ionizzazione descritta nella reazione (1). Il trasferimento del protone richiede solo 1×10-14 secondi ed esso può aver luogo solo se ci sono molecole idonee ad accettarlo. Se la ionizzazione è possibile mediante un semplice e rapido trasferimento di protoni e se, inoltre, il legame acquaprotone è forte, ci possiamo chiedere perché solo una frazione minima delle molecole di acqua si ionizza?. Ci sono, in realtà, diverse spiegazioni: innanzitutto il legame O-H, nello ione idrossonio, per quanto sia abbastanza forte, è più debole di quello che si osserva nelle molecole di acqua in quanto la carica positiva risulta distribuita su tre atomi di idrogeno fra i quali si 24 Capitolo I manifesta un’azione repulsiva. È da tenere conto, inoltre, che è necessario del lavoro per separare un protone, carico positivamente da uno ione ossidrile, carico negativamente, e che anche le molecole di acqua in vicinanza degli ioni non sono libere di muoversi, ma sono soggette ad orientamenti specifici dovuti all’attrazione delle cariche ioniche sui dipoli costituiti dalle molecole di acqua. Per quanto gli ioni idrossonio e gli ioni ossidrili abbiano dimensioni della stessa grandezza delle molecole di acqua viciniori come indicato in Fig. I-7. H H H O O H O H +• • O H H H H H O H O • • O •• H H H O H H O H (b) (a) • H H Figura I-7. a) Orientamento dei singoli dipoli dell’acqua intorno allo ione idrossonio. La carica positiva di questo permette alle molecole di acqua di avvicinarsi molto. b) Disposizione di molecole di acqua intorno ad una di esse. Alcune molecole di acqua (probabilmente tre) circondano lo ione idrossonio occupando la sfera di idratazione E I solventi 25 primaria e anche per lo ione ossidrile è stato dimostrato che vi sono sei molecole di acqua nella sua sfera di idratazione. Alcune molecole risultano quindi “bloccate” nella sfera di idratazione primaria ed il loro stato è simile a quello delle molecole di acqua che vengono a trovarsi in un condensatore carico. Poiché i sistemi chimici tendono, come qualunque altro sistema neutrale ad acquistare il maggiore grado di libertà, questo processo di “bloccaggio” di molecole di acqua risulta un processo energeticamente sfavorito. La ionizzazione dell’acqua è infatti così debole che in un litro d’acqua, a temperatura ambiente, ci sono solo 1×10-7 moli di ciascuno ione. CAPITOLO II SOLUZIONI E SOLUTI Col termine di soluzione si intende una miscela omogenea di due o più sostanze. Perché si possa realizzare la dissoluzione di una sostanza in un’altra è necessario che si verifichino fra le due specie delle interazioni, che possono essere previste ed interpretate, analizzando le caratteristiche delle specie in esame e dei legami che in esse sono presenti. Il processo di solubilizzazione di un solido è molto simile al processo di fusione: in quanto mediante energia termica, che viene fornita ad un dato sistema, vengono superate le forze responsabili della stabilità di un cristallo, ed analogamente nel processo di soluzione l’ordinata distribuzione delle interazioni che si vengono a stabilire fra il solvente e il soluto. È, pertanto, di fondamentale importanza conoscere la struttura di un solido. Solidi Le strutture dei solidi possono essere classificate secondo i seguenti tipi fondamentali: ▪ solido molecolare: le unità strutturali di cui è costituito il cristallo sono molecole; le forze esistenti fra le varie molecole possono essere forze di Van der Waals (come ad es. iodio, canfora ecc..) o legami idrogeno (come ad es. acido borico); ▪ solido ionico: se le unità strutturali sono particelle cariche e cioè ioni come nel cloruro di sodio (Na+ Cl-), nel cloruro di potassio (K+ Cl-); ▪ solido metallico: se gli atomi sono tenuti insieme da elettroni esterni particolarmente mobili (rame, ferro, argento ecc.); ▪ cristallo di valenza: il cristallo può essere considerato come 27 28 b Capitolo II una macromolecola nella quale gli atomi sono tenuti insieme da legami covalenti (SiO2: quarzo; C: diamante ecc.). Gli esempi riportati in questa classificazione possono essere considerati come dei casi limite, poiché un gran numero di solidi presentano delle proprietà che non sono specifiche di una delle classi sopra indicate. Ad esempio i cristalli di ioduro di cadmio hanno proprietà intermedie fra quelle dei cristalli ionici e quelle dei solidi molecolari ed i cristalli di pirite hanno proprietà intermedie fra quelle dei composti ionici e quelle dei solidi metallici. La diversa struttura dei solidi e l’entità differente delle forze esistenti fra le particelle responsabili dell’ordinata struttura dei cristalli spiega perché i solidi mostrano proprietà così diverse fra loro. Consideriamo ad esempio la loro temperatura di fusione. Quando un solido viene riscaldato, l’energia cinetica delle particelle che lo costituiscono cresce, e questo incremento di energia si manifesta mediante un aumento delle vibrazioni delle particelle, che costituiscono la struttura reticolare. Quando l’ampiezza delle vibrazioni diventa sufficientemente ampia, le forze che mantengono le particelle nella loro posizione sono vinte, e gli ioni o gli atomi si muovono liberamente: si ottiene la fusione. Se dei solidi appartengono alla stessa categoria si può affermare che i rispettivi punti di fusione rappresentano un indice della maggiore attrazione intermolecolare o interionica e conseguentemente esso fornisce anche un’indicazione sulla corrispondente solubilità. Nel caso dei cristalli molecolari si hanno bassi punti di fusione come ad esempio per l’argon (-189°C), per il tetracloruro di stagno (-30°C), per il ghiaccio (0°C), per l’acido acetico (16,6°C), per lo iodio (113,5°C) e per il cloruro mercurico (277°C). Questi bassi punti di fusione costituiscono una indicazione significativa delle forze deboli che esistono nei cristalli molecolari. Soluzioni e soluti 29 Figura II-1. Struttura cristallina del cloruro di sodio. In (a) sono presenti i centri degli ioni ed in (b) sono riportati gli ioni in scala rispetto alle loro dimensioni. Nei cristalli ionici come ad esempio nel cloruro di sodio ogni ione sodio è circondato da sei ioni cloruro perfettamente equidistanti ed ogni ione cloruro, analogamente, è circondato da sei ioni sodio. Non vi sono molecole di cloruro di sodio in questo composto in fase solida e la sua struttura è cubica come indicato in Fig. II-1. Le unità base di un cristallo di cloruro di sodio sono costituite, pertanto, da unità cariche e cioè dagli ioni sodio (Na+) e dagli ioni cloruro (Cl-). La più diretta evidenza dell’esistenza di ioni sodio e cloruro nei cristalli si ha dalle misure di diffrazione con i raggi X. Esso fornisce una densità elettronica o numero medio di elettroni di 9,98 nella posizione reticolare corrispondente allo ione sodio; questi valori sono vicini ai teorici 10 e 18 (numero di elettroni dei relativi ioni). Tutte le proprietà del cloruro di sodio e degli altri solidi ionici sono consistenti con la presenza di ioni; ad esempio l’apprezzabile conducibilità in vicinanza della temperatura di fusione ed un valore ancora più elevato allo stato fuso. Le forze del legame ionico sono molto forti e di conseguenza la temperatura di fusione del cloruro di sodio è 30 b Capitolo II molto elevata (circa 800°C), mentre la sua tensione di vapore è molto piccola, specialmente se confrontata con quella dei solidi molecolari. I cristalli della maggior parte dei sali sono costituiti da ioni: il cloruro di argento ha una struttura simile a quella del cloruro di sodio. Esso ha una simmetria cubica con sei ioni cloruro intorno allo ione argento e sei ioni argento intorno allo ione cloruro. Il fluoruro di calcio ha invece un numero di ioni negativi doppio degli ioni positivi e forma cristalli di struttura diversa, come indicato in Fig. II-2b. Il biossido di titanio (rutilio) ed il cloruro di cesio (Fig. II-2a, e c) sono altri esempi tipici di cristalli ionici. Questi esempi evidenziano che le formule chimiche, per un composto ionico, non indicano le loro molecole bensì il semplice rapporto secondo cui gli atomi sono fra loro combinati. Figura II-2. Struttura di alcuni composti ionici. (a) cloruro di cesio (CsCl); (b) fluorite (CaF2); (c) rutilio (TiO2). Ioni poliatomici come gli ioni SO4-2, CO3-2 si riscontrano in molti cristalli. La calcite, che è una forma cristallina del carbonato di calcio, ha un reticolo che può considerarsi come derivato da quello del cloruro di sodio, ma che ha subito una Soluzioni e soluti 31 distorsione per contenere gli ioni carbonato con struttura triangolare planare. Nella Fig. II-3 viene presentata la struttura cristallina della calcite e del cloruro di sodio, orientati nello stesso modo: la struttura della calcite risulta più allargata rispetto a quella del cloruro sodico per poter alloggiare gli ioni carbonato. Figura II-3. Struttura cristallina di (a) calcite: O = Ca+2; ∆ = CO3-2; (b) cloruro di sodio (orientato allo stesso modo). Alcuni cristalli contengono anioni impaccati strettamente intorno allo ione metallico e tali anioni possono essere ioni complessi. Ad esempio le unità strutturali, dell’esacloroplatinato di potassio (K2PtCl6), sono gli ioni K+ e PtCl6-2 (vedi Fig. II-4) e dell’esacianoferrato di potassio, ioni K+ e ioni Fe(CN)6-4. 32 b Capitolo II Figura II-4. Struttura cristallina di K2PtCl6. K+= O; PtCl6-2 = ottaedri. Soluzioni Le soluzioni si ottengono in seguito alla dispersione di una sostanza in un’altra con formazione di una miscela omogenea. Alcune coppie di composti risultano fra di loro miscibili in tutte le proporzioni, mentre altre coppie sono praticamente immiscibili. È evidente che affinché si possa verificare la dissoluzione di una specie chimica in un’altra è indispensabile che si stabiliscono delle interazione fra le molecole o le particelle, che costituiscono i singoli composti e che la forza dell’interazione deve superare le forze che stabilizzano un liquido o un solido. Prendiamo in esame il solvente più comune l’acqua, tenendo presente che le considerazioni fatte su di essa possono essere estese a qualunque altro mezzo purché si considerino la sua struttura e le sue proprietà (costante dielettrica, momento dipolare ecc…). L’acqua è stata descritta come un sistema ad elevata densità, ma con una organizzazione meno regolare di quella del ghiaccio. Le molecole in fase liquida hanno, infatti, 33 Soluzioni e soluti una notevole libertà di movimento per quanto siano ad ogni istante legate ad altre molecole di acqua mediante legami idrogeno. Qualunque molecola può inserirsi in questa struttura in diversi modi. Se una molecola ha dimensioni piccole e forza opportuna può disciogliersi nell’acqua in quanto essa si dispone nei “fori” esistenti nella struttura di questa e cioè negli spazi intermolecolari. È questo il caso di sostanze gassose come l’azoto, il metano, l’argon ecc.. che presentano in acqua solubilità. Molecole di dimensioni maggiori possono invece passare in soluzione solamente se sono in grado di modificare l’organizzazione strutturale del liquido. Molecole di composti non polari come il tetracloruro di carbonio, l’etano, lo iodio ecc.. risultano poco solubili, poiché hanno una scarsa interazione con le molecole di acqua, ma se prendiamo in esame molecole di composti polari ed in particolare di quelle che contengono atomi di azoto, ossigeno, fluoro ecc.. osserviamo che in genere esse presentano una solubilità elevata. La solubilità dell’acetone e dell’alcool etilico in acqua, che sono con questa miscibili in tutte le proporzioni è appunto spiegabile con la formazione di questi legami (legame idrogeno): H CH3 •• O •• H H H H O• ••• •• O •• H3C H H C •• C=O •• CH3 H H •• O •• H H H •• O •• •• •• O H Se prendiamo in esame un solido e lo poniamo in contatto con l’acqua si può verificare, se esso contiene ioni o centri di carica elettrica, un sufficiente turbamento elettrico che può provocare la rottura dei legami idrogeno. I dipoli costituiti 34 b Capitolo II dall’acqua vengono attratti verso questi ioni e se queste attrazioni sono sufficienti a vincere le attrazioni interioniche o intermolecolari del composto solido, le particelle che costituiscono queste sostanze saranno allontanate dalla posizione che inizialmente occupavano nel cristallo e la sostanza si solubilizza. Si disciolgono, quindi, in acqua tutte le sostanze in cui le attrazioni interioniche o intermolecolari all’interno del reticolo risultano inferiori alle attrazioni esercitate dalle molecole dell’acqua. Si osserva, come regola generale, che un aumento di temperatura provoca un aumento di solubilità: ciò dipende dal fatto che le forze elettrostatiche che si esercitano fra ioni o molecole in un cristallo vengono indebolite da un aumento di energia cinetica di queste particelle, permettendo quindi alle forze attrattive delle molecole di solvente di essere più efficaci nella demolizione del reticolo cristallino. Il processo di dissoluzione di un reticolo ionico può essere interpretato nel seguente modo: le molecole di acqua in conseguenza del loro momento dipolare si dispongono con i loro centri negativi verso gli ioni positivi, e con i centri positivi verso gli ioni negativi alla superficie del cristallo. Le forze dipolari delle molecole orientate indeboliscono l’attrazione che si esercita all’interno del cristallo, cosicché alcuni ioni passano in soluzione ed essi possono muoversi trasportando un certo numero di molecole di acqua: si hanno, cioè, degli ioni idrati o acquo-ioni rappresentati nella Fig. II-5. Idratazione degli ioni La reazione di dissoluzione di un sale ionico può quindi genericamente rappresentarsi come segue: M + X − + ( x + y ) • H 2 O M ( H 2 O) +x + X ( H 2 O) − y Quando un sale anidro si scioglie in acqua i suoi ioni si idratano: l’idratazione dà luogo ad una piccola contrazione di volume ed Soluzioni e soluti 35 ad uno sviluppo di energia sotto forma di calore. Figura II -5. Rappresentazione di ioni idrati. Si verifica una contrazione poiché in conseguenza dell’interazione fra gli ioni e i dipoli, costituiti dalle molecole di acqua, queste si avvicinano molto allo ione entrando nella sua sfera di idratazione. Ne consegue che il volume di una soluzione di un sale è di solito inferiore alla somma dei volumi dell’acqua e del sale impiegati per la preparazione del sale stesso. Ad esempio 1000,0 mL di una soluzione al 2% di solfato di zinco vengono preparate mescolando 5,45 mL di ZnSO4 solido con 1000,4 mL di acqua. L’interazione fra lo ione e l’acqua provoca anche uno sviluppo di energia e quindi lo stato energetico degli ioni idratati è minore di quella degli ioni anidri che sono quindi più stabili. Le molecole di acqua e gli ioni in soluzione sono in costante movimento e poiché l’interazione fra essi è debole il numero di molecole d’acqua vicine a uno ione metallico è di solito variabile. Si può parlare comunque di numero di idratazione o di numero medio di molecole di acqua legate a ioni metallici. I cationi di piccole dimensioni e di elevata carica esercitano la maggiore attrazione sulle molecole di acqua ed hanno quindi il maggior numero di idratazione. Così ad esempio il numero di idratazione dello ione litio, Li+, il cui raggio ionico è 0,68 Å è circa 4, mentre lo ione potassio, K+, il 36 b Capitolo II cui raggio 1,33 Å è solo 2. Lo ione Mg+2 (raggio ionico 0,65 Å) ha un numero di idratazione maggiore, circa 10, per la sua doppia carica, quello dello ione fluoro( F-) è fra 2 e 4 e quello dei grossi ioni alogenati è circa 1. I composti ionici esibiscono, generalmente, una maggiore solubilità in solventi che hanno una elevata costante dielettrica ed il valore di questa costituisce una indicazione della capacità di un solvente a separare le cariche. Perché una sostanza possa essere solubile in acqua è necessario che essa sia in grado di indebolire i legami idrogeno in modo che le particelle di soluto possano penetrare negli spazi intermolecolari del solvente. Quando le molecole dell’acqua sono sottoposte al campo elettrostatico di uno ione, c’è tendenza per il dipolo a subire modificazioni in direzione del campo, il che porta ad una perdita di energia potenziale da parte della molecola del solvente: i dipoli dell’acqua vengono attratti elettrostaticamente dagli ioni con conseguente indebolimento del legame idrogeno nel solvente, e penetrazione da parte dello ione negli spazi intermolecolari del solvente. D’altra parte le forze di legame fra molecole polari di acqua impediscono l’ingresso di molecole non polari negli spazi intermolecolari del solvente. L’acqua scioglie, quindi, composti ionici come il cloruro di sodio, il solfato di potassio ecc.., ma non scioglie sostanze come le paraffine, i grassi ecc.., che non sono né ioniche né polari. L’acqua scioglie l’ammoniaca in quanto entrambe le sostanze sono fortemente polari, ma non scioglie un gas non polare come il metano. Come criterio, di carattere generale, si può affermare che danno luogo ad una soluzione omogenea composti che hanno strutture simili: ad esempio una paraffina o i grassi si sciolgono in benzina essendo entrambi idrocarburi (o sostanze apolari) e l’acqua scioglie gli zuccheri (carboidrati) in cui l’idrogeno e l’ossigeno si trovano nello stesso rapporto che nell’acqua (sostanze polari). Per quanto riguarda la solubilità di liquidi polari è da tenere presente che, in conseguenza della loro struttura associata, questi liquidi possono sciogliere molecole polari solo se le molecole di solvente possono formare legami 37 Soluzioni e soluti idrogeno con le molecole di soluto. Il nitrobenzene, C6H5NO2, ha un momento dipolare della stessa entità dell’acqua, ma si scioglie in minima parte in essa perché non forma con questa legami idrogeno. Il fenolo, che ha una costante dielettrica minore, è circa 40 volte più solubile, in quanto si formano legami fra i gruppi idrossilici del fenolo e gli atomi di ossigeno delle molecole di acqua. Acidi anidri e basi sono sostanze molecolari che sono in grado di formare legami idrogeno con l’acqua. L’interazione fra l’acqua e le molecole di soluto è seguita da uno spostamento del protone della molecola dell’acido a quella dell’acqua o dell’acqua alla molecola della base. La ionizzazione dell’acido cloridrico, dell’ammoniaca e dell’acido formico è di seguito riportata: H •• ••Cl •• ( • ••O • H •• ••Cl •• •• H + - ) +( ) •• H O H H H H H N •• H • O •• • ( H H ) ++ ( N H H H • •••O •• - ) H •• O• • H H C •• O •• H •••O• •• ( H H O •• C ••• O •• • - ) +( H H + •• O H ) L’acqua agisce come accettore di protoni nella prima e nella terza reazione e come datore di protoni nella seconda reazione. L’eccellente potere solvente dell’acqua per molti sali e 38 b Capitolo II l’esistenza degli ioni in soluzione sono conseguenza della elevata costante dielettrica dell’acqua che indebolisce l’attrazione interionica e favorisce la formazione di ioni idratati che avviene con sviluppo di energia. Un’altra complessa forma di solubilità viene esibita da alcuni particolari composti organici le cui molecole sono contemporaneamente parzialmente polari e parzialmente apolari, cioè contengono sia gruppi polari che non polari. Si può prendere come esempio di sostanze di questo tipo il n-ottanolo, che è costituito da una catena di idrocarburo con un gruppo ossidrile ad un estremo. Quest’ultima parte è solubile, in quanto penetra nella struttura dell’acqua formando legami idrogeno con il solvente (gruppo idrofilo), mentre l’altra estremità della molecola è invece non polare, non può quindi formare legami idrogeno, ed è perciò insolubile in acqua (gruppo idrofobo). Molecole di questa natura, poste in acqua, vengono spinte alla superficie dove si orientano in modo da disporre la parte solubile nell’acqua e la parte insolubile al di sopra della superficie. Molecole di idrocarburi con gruppi polari -CH2OH, -COOH, -NH2 ecc.. possono formare film unimolecolari alla superficie dell’acqua. L’uso dei cosiddetti “agenti bagnanti” è basato sulla variazione della tensione superficiale in conseguenza della formazione di tale film. CAPITOLO III STRUTTURA E SOLUBILITÀ DEI COMPOSTI IONICI È stato evidenziato che alcuni composti ionici sono particolarmente solubili in acqua e che la loro solubilità è dovuta all’interazione degli ioni del reticolo con i dipoli costituiti dalle molecole di acqua. Le osservazioni fatte sulla loro solubilità non possono, però, essere generalizzate in quanto i composti ionici possono differire notevolmente per il valore di solubilità e molti di essi sono praticamente insolubili. La solubilità di un composto non può, pertanto, essere correlata solo in funzione della interazione di un solido con le molecole di solvente, ma in funzione, anche, della natura del solido stesso. Il fenomeno della solubilità è, in realtà, un fenomeno molto complesso come si può dedurre, osservando che molti composti ionici sono praticamente insolubili in acqua e che tale comportamento non può attribuirsi solo ad una differente struttura. In alcuni casi, anche se questa è praticamente identica, (esempio: NaCl ed AgCl) si possono, infatti, osservare notevoli differenze di solubilità. Si deve tenere conto, inoltre, di un fatto apparentemente “strano” che, ioni incolori presenti in una soluzione possono dar luogo ad un precipitato intensamente colorato e che questo passando in soluzione dà nuovamente luogo agli ioni incolori. Per comprendere questi fenomeni è necessario considerare le forze che si esercitano fra gli ioni in un reticolo e fra uno ione e le molecole di acqua. Gli ioni esercitano fra loro delle forze di attrazione o di repulsione, che sono direttamente proporzionali al prodotto delle cariche ioniche ed inversamente proporzionali al quadrato della loro distanza ed alla costante dielettrica del mezzo in cui sono immersi. Alcune considerazioni sulla legge di Coulomb permettono di ottenere alcuni elementi chiarificatori; altre informazioni, invece, si 39 40 Capitolo III ò possono dedurre esaminando la struttura elettronica dei ioni. Prendiamo in esame innanzitutto le interazioni fra gli ioni in fase gassosa e, quindi, nei cristalli ed in soluzione. Stabilizzazione degli ioni nelle molecole in fase gassosa ed in fase solida Consideriamo la formazione del cloruro di sodio: gli atomi, in fase gassosa, del sodio e del cloro si combinano per trasferimento di elettroni secondo la seguente reazione: Na Na+ + e- e- + Cl Cl----------------------------Na + Cl Na+ + ClIl lavoro necessario ad allontanare un elettrone da un atomo viene definito come potenziale di ionizzazione (P.I.); tale valore è per il sodio di 118 Kcal/mole. Parte dell’energia impiegata nella ionizzazione degli atomi di sodio è recuperata nella reazione di addizione degli elettroni agli atomi di cloro, e cioè dalla elettroaffinità (EA) del cloro, che è di 86 Kcal/gatomo. C’è, quindi, un deficit di energia di (118-86) 32 Kcal/mole di NaCl che si forma. Una miscela costituita da ioni sodio e ioni cloruro isolati non è, quindi, stabile ed in fase gassosa dovrebbero invece aversi gli atomi dei due elementi. Nella miscela gassosa, invece, non si osservano né atomi di sodio né atomi di cloro, in quanto questi si associano e per fenomeno si ha emissione di energia. La più semplice associazione di ioni può avvenire mediante coppie Na+ Cl-, convenzionalmente dette molecole, anche se in realtà sono composte da ioni. L’energia liberata nella formazione di una coppia può essere calcolata mediante la legge Struttura e solubilità dei composti ionici 41 di Coulomb: q(−q) E= (1) d dove q e -q sono le cariche degli ioni sodio e cloruro e d è la distanza di equilibrio fra i loro nuclei nella molecola (Fig. III1a). L’energia corrispondente è di 133 Kcal/mole e cioè maggiore di quella necessaria a stabilizzare gli ioni Na+ e Cl- ed impedire la conversione in atomi. 2,36 A q+ qq- (a) 2,59 A q+ 2,59√ √2 A qq+ (b) Figura III-1. Molecole di cloruro di sodio: (a) monomera, (b)dimera in fase gassosa In realtà ha però luogo una ulteriore associazione del cloruro di sodio in molecole doppie o dimere; infatti a 750°C il vapore è per il 35% costituito dalla forma dimera (Na+Cl-)2. La più semplice sistemazione degli ioni è in tal caso in un quadrato come indicato nella Fig. III-1b. Mediante la legge di Coulomb si può calcolare l’energia sviluppata nella formazione di una molecola dimera 42 Capitolo III ò stabilità Na++Clo + e- AE = -86.5 PI = 118.4 Na+ + Cl- ioni isolati -130 Nao +Clo -177 (Na++Cl-) (Na++Cl-)2 -184.7 Na+ Cl- cristallo energia Figura III-2. Relazione energetica per la combinazione fra sodio (23,0 g) e cloro (35.5 g) [E ]dim ero = 4 q(−q) [ (− q)(− q) + qq ] = −2 × 1,293 q 2 (2) d d d 2 d 2 Il primo termine si riferisce all’attrazione tra le cariche opposte, il secondo ed il terzo termine alla repulsione tra le cariche uguali. Confrontando la (1) e la (2) si può dimostrare che l’energia ceduta nel secondo caso è per il 29,3% più elevata, se d e uguale. E’ logico aspettarsi che una quantità di energia ancora maggiore venga liberata quando un gran numero di ioni si uniscono per dar luogo alla formazione di un cristallo. La quantità di energia liberata nel formare un cristallo contenente N Struttura e solubilità dei composti ionici 43 gruppi unitari di ioni è, per estensione della legge di Coulomb: 2 (3) [E ]cristalli = − NAq d dove A, costante di Madelung, dipende solo dalla disposizione geometrica degli ioni nel reticolo e non dalla natura degli ioni: essa ha un valore di 1,76267 per reticoli del tipo cloruro di cesio (cubico a corpo concentrato), 1,74756 per reticoli del tipo di cloruro di sodio, KI, PbS (cubico a facce centrate), 5,03878 per reticoli del tipo fluorite e 4,816 per reticoli del tipo rutilio. Nella formazione di un cristallo di cloruro di sodio si ha, quindi, la liberazione di una quantità di energia per il 74,8% maggiore di quanto si osserva nella formazione del monomero con lo stesso valore di d. La fase solida cristallina è quindi la forma stabile del cloruro di sodio a temperatura ambiente. Le reazioni energetiche indicate e relative alla combinazione del sodio e del cloro sono schematizzate nel diagramma riportato in Fig.III-2. I numeri indicano le variazioni di energia per la combinazione di una mole di sodio (23,0 g) ed un g-atomo di cloro (35,5 g). I valori positivi indicano l’energia assorbita dal sistema, mentre i valori negativi indicano l’energia ceduta dal sistema. Energia reticolare La forza della coesione degli ioni in un cristallo è data dal valore dell’energia reticolare; che definisce il calore di formazione di un reticolo cristallino risultante dalla combinazione dei propri ioni in fase gassosa. Si deve tenere conto del fatto che la risultante delle forze attrattive e repulsive fra gli ioni porta ad una posizione di equilibrio degli stessi nel reticolo cristallino a cui corrisponde la minima energia potenziale. Assumendo che a distanza infinita l’energia potenziale degli ioni sia eguale a zero, l’energia potenziale minima è numericamente eguale all’energia reticolare del cristallo. Con 44 Capitolo III tale termine si intende, quindi, la diminuzione di energia e quindi l’aumento di stabilità relativo all’avvicinamento degli ioni gassosi da distanza infinita alla posizione che essi occupano in un reticolo cristallino. Nel caso del cloruro di sodio: Na + ( g ) + Cl - ( g ) NaCl ( cristallo ) la variazione di energia e cioè l’entalpia ∆Hcrist. é negativa (-184,7 Kcal/mole) e quindi l’energia reticolare U è uguale a -∆Hcrist.. In altre parole possiamo affermare: che l’energia reticolare è uguale all’energia di dissociazione di un cristallo nei suoi ioni in fase gassosa e che occorre, nel caso dell’esempio citato, fornire una quantità di calore pari a 184,7 Kcal/mole per demolire una mole di NaCl nei suoi ioni in fase gassosa, secondo la reazione inversa a quella di formazione di NaCl(*): U= ∆H crist = ∆H dissol crist Tanto maggiore è il valore di U, tanto più elevata è l’energia necessaria per demolire un reticolo cristallino nei suoi ioni in fase gassosa.L’energia reticolare può essere calcolata tenendo conto delle forze attrattive e repulsive fra gli ioni nella formazione di un reticolo cristallino. Consideriamo un cristallo costituito da cationi di valenza zc ed anioni di valenza za ad una distanza interionica r. L’energia reticolare U, si può calcolare, mediante la seguente espressione: Nz z Ae 2 B U =− c a + n (4) r r in cui A è la costante di Madelung, N il numero di Avogadro, e è la carica dell’elettrone, B ed n sono delle costanti empiriche. Il primo termine rappresenta l’energia potenziale elettrostatica che per ioni di carica opposta è negativa poiché il prodotto (zc×za) è negativo: esso indica l’effetto attrattivo. Il secondo termine tiene conto dell’effetto repulsivo dovuto alla polarizzazione e ad altre interazioni, B è un fattore empirico. L’energia di repulsione diminuisce rapidamente con l’aumentare della distanza: il valore n risulta quindi abbastanza elevato (sperimentalmente si è Struttura e solubilità dei composti ionici 45 determinato per n un valore fra 9 e 12 secondo il tipo di ioni in un reticolo). Una interpretazione grafica dell’energia reticolare in funzione della distanza interionica è riportata in Fig. III-3. Allo stato di equilibrio l’energia ha un valore minimo nella curva e poiché le forze attrattive e repulsive si bilanciano ne consegue che Nz z Ae 2 nB ∂ U =0=− c a − n+1 (5) r ∂r r ricavando il valore di B da questa equazione e sostituendo nella (4) si ha l’equazione di Born-Lande, utilizzabile per il calcolo dell’energia reticolare di un composto ionico Nz z Ae 2 1 (1 − ) (6) U =− c a r n Distanza Corrisponde al primo termine (attrazione) equazione 4 Corrisponde al secondo termine (repulsione) equazione 4 Energia potenziale Corrisponde all’energia reticolare ed è la somma algebrica dei due termini (equazione 4) Figura III-3. Energia reticolare di un cristallo ionico in funzione della distanza interionica. 46 ò Capitolo III Questa equazione è stata migliorata da Born e Mayer nella forma Nz c z a Ae 2 ρ U =− (1 − ) (7) r r in cui ρ è una costante, che caratterizza le forze di repulsione fra i gusci elettronici degli ioni; essa ha le dimensioni di una lunghezza e per la maggior parte dei cristalli è praticamente costante, 0,345Å. Le equazioni (6) e (7) possono applicarsi solo a quei cristalli che sono stati studiati mediante raggi X, tecnica che permette di ricavare il valore di r, distanza interionica e di A costante di Madelung. Tale limitazione può però essere superata come proposto da Kapustinskii. Se si indica con v il numero di ioni nella formula stechiometrica, ne consegue che il loro numero in una mole del composto è Nv, l’equazione (7) può riscriversi nella seguente forma: A Nv Nz c z a e 2 ρ U =− (1 − ) r r ( Nv / 2) 2 e sostituendo il coefficiente strutturale per uno ione, α = A / (1/2 v), si ha ρ av Nz c z a e 2 (1 − ) (8) U =− 2 r r La costante di Madelung, A, è ora proporzionale al numero di ioni in una molecola. Per quanto α non sia lo stesso per i differenti tipi di strutture, Kapustinskii ha osservato che passando da un tipo di struttura ad un altro, la variazione di α era eguale alla variazione di ρ per differenti numeri di coordinazione. (*) La convenzione sui segni è tale per cui il termine ∆H, variazione di entalpia, è positiva quando viene assorbito calore ed è negativa quando viene ceduto calore. Per quanto riguarda l’energia reticolare e l’affinità elettronica il loro segno è positivo se si ha sviluppo di calore. Il simbolo U impiegato per indicare l’energia reticolare non deve essere confuso con il medesimo simbolo talvolta impiegato per designare l’energia interna. Struttura e solubilità dei composti ionici 47 Ogni cristallo può quindi essere convertito in un reticolo del tipo del cloruro di sodio (con numero di coordinazione 6) senza variazioni del valore dell’energia reticolare se i coefficienti α ed r vengono simultaneamente modificati da fornire i valori corrispondenti al reticolo del cloruro di sodio. Facendo le seguenti sostituzioni: (somma dei raggi ionici per numero r= rc + ra di coordinazione 6: questi valori sono noti per la maggior parte degli ioni) α = A/½ v = 1,74756 (valore costante di Madelung per il reticolo del cloruro di sodio) ρ = 0,345 Å (vedi sopra) (prodotto di costanti fondamentali) Ne2 = 332,0 Kcal Å Si ha l’equazione di Kapustinkii che permette di calcolare l’energia reticolare di un cristallo anche se è nota la sua struttura, assumendo che esso possegga il reticolo del cloruro di sodio e cioè una disposizione ottaedrica di ioni intorno allo ione di carica opposta ed appropriati valori dei raggi ionici. − 290∑n z c z a 0,345 U= (1 − ) kcal (9) − rc + ra rc + ra Energia reticolare da misure termochimiche La determinazione sperimentale diretta dell’energia reticolare presenta notevoli difficoltà ed essendo questa grandezza legata ad altri valori più facilmente determinabili, l’energia reticolare viene calcolata effettuando un ciclo di reazioni termochimiche, che viene indicato come ciclo di Born-Haber. In questo ciclo un sale MX si assume che venga sottoposto alle seguenti trasformazioni rappresentate in Fig. III-4. 48 Capitolo III ò MX(s) ∆Η4 (iv) ∆Η1 U + 2RT* ∆Ηf M(s) + 1/2X2(g) M+(g) + -I -S ∆Η3 X-(g) E ∆Η2 M(g) X(g) Figura III-4. Ciclo di Born-Haber relativo alla formazione di un composto MX a) La prima operazione consiste nella demolizione di una mole di un cristallo MX nei suoi ioni M+ ed X- in fase gassosa. Questa reazione porta ad un aumento di entalpia, ∆H1, eguale al valore dell’energia reticolare U. b) La seconda operazione consiste nella conversione degli ioni negli atomi degli elementi M ed X. Tale conversione avviene per M+ mediante acquisto di un elettrone e per X- mediante perdita di un elettrone. La variazione di entalpia di questa reazione, ∆H2, è data da (E-I) dove E è l’affinità elettronica dell’atomo X ed I il potenziale di ionizzazione dell’atomo metallico. c) Nella terza fase il metallo (in fase gassosa) è condensato allo stato solido e l’atomo X si combina con un altro atomo X per formare una molecola X2. La variazione di entalpia, ∆H3, corrispondente alla somma dell’entalpia di sublimazione del metallo cambiata di segno, -S, e della metà dell’entalpia di dissociazione della specie molecolare X2 anch’essa presa con il segno meno, -1/2D. * Per scopi pratici la quantità 2RT può essere trascurata essendo solo 1,2 Kcal mole-1 a 25°C 49 Struttura e solubilità dei composti ionici d) La fase finale corrisponde all’interazione del metallo solido con le molecole gassose X2 per formare il sale MX. La corrispondente variazione di entalpia, ∆H4, è l’entalpia di formazione del sale cristallino MX, che indichiamo con ∆Hf e che corrisponde al calore di formazione di un composto dagli elementi allo stato standard. Tutte le quantità energetiche del ciclo si riferiscono alla temperatura di 298°K. Applicando la legge di Hess si ha: ∆H1+∆H2+∆H3+∆H4=0 ossia U+E–I–S–1/2D+∆Hf =0 Da questa equazione si può ricavare una qualunque delle 6 quantità, se sono note tutte le altre 5. Nel caso dell’energia reticolare si ha quindi U=-∆Hf+1/2D+S+I–E (10) I valori numerici per il cloruro di sodio sono: ∆Hf calore di formazione NaCl(s) Na(s)+1/2Cl2(g) → NaCl(s) ∆H (kcal) +98,2 ½D energia legame Cl2 ½Cl2(g) → Cl(g) +29,0 S energia sublimazione Na Na(s) → Na(g) +26,0 + I energia di ionizzazione Na Na(g) → Na (g)+e +118,0 E affinità elettronica Cl(g)+ e → Cl-(g) +86,5 Sostituendo questi valori nella (10) si calcola l’energia reticolare del cloruro di sodio: UNaCl = 184,7 Kcal mole-1 Come precedentemente indicato l’energia ceduta nella formazione di questo reticolo addizionata all’energia che viene 50 ò Capitolo III ceduta per l’acquisto di un elettrone da un atomo di cloro è assai maggiore di quella necessaria ad atomizzare gli elementi e a ionizzare il sodio. E’ importante mettere in evidenza che il fattore determinante la formazione di un composto ionico è l'energia reticolare, più che la così detta tendenza di un atomo ad acquistare una data configurazione elettronica. Si può vedere dall’equazione di Kapustinkii che l’energia reticolare aumenta di circa 3 volte passando da un composto M+X- ad uno M+2X-2 ed anche di più se si considera che rM+> rM+2. Considerazioni sull’energia reticolare Mediante l’equazione di Kapustinkii (9) o quella di Born-Mayer (7) o seguendo il ciclo di Born-Haber è possibile ricavare valori dell’energia reticolare. I valori ricavati mediante questo ciclo (10) sono valori sperimentali e sono indipendenti da qualunque considerazione sulle forze coesive presenti in un cristallo: questi sono in buono accordo con quelli calcolati dalle equazioni (7) e (9) dimostrando la validità dell’impostazione seguita. Secondo le equazioni di Kapustinkii e di Born-Mayer, si assume invece che le forze coesive siano completamente elettrostatiche; ne consegue che quando un composto è sicuramente ionico il ciclo può essere usato per calcolare i valori di affinità elettronica, la cui misura diretta è difficoltosa o anche per calcolare l’entalpia di formazione di un qualunque composto e stabilire la possibilità di esistenza e la stabilità di un dato composto. Dall’esame delle equazioni che permettono il calcolo dell’energia reticolare si evidenzia che i fattori determinanti l’energia reticolare sono, essenzialmente, la carica ionica e la distanza internucleare. Tanto maggiore è, quindi, la carica degli ioni e tanto minore è la distanza internucleare, tanto maggiore è il valore dell’energia reticolare. Struttura e solubilità dei composti ionici 51 Tabella III-1. Relazione tra dimensione e carica degli ioni ed energia reticolare Somma in Å dei raggi ra + rc Energia reticolare (Kcal/mole) Osservazioni KF 2,67 -193 Sali con anioni di differenti dimensioni KCl KBr KI LiCl 3,14 3,29 3,52 2,57 -168 -162 -152 -202 NaCl KCl RbCl SrO 2,81 3,14 3,27 2,57 -184 -168 -163 -784 Composti Sali con cationi di differenti dimensioni Sali di differente carica Nella Tab. III-1 sono riportate le energie reticolari di una serie di sali. Si può osservare che i sali costituiti da ioni di piccole dimensioni e di carica elevata come KF e LiCl, hanno energie reticolari molto grandi. L’ossido di stronzio ed il cloruro di litio hanno la stessa distanza internucleare ma a causa della doppia carica degli ioni stronzio e ossigeno, l’energia reticolare di questo composto è circa quattro volte maggiore di quella del cloruro di litio. L’ossido di stronzio è più duro ed ha un punto di fusione (2430°C) assai più elevato del cloruro di litio (614°C) a causa della maggiore coesione dei suoi ioni nel reticolo cristallino; esso è inoltre assai meno solubile in acqua del cloruro di sodio. La durezza, l’elevata temperatura di fusione e la bassa solubilità in acqua sono spesso conseguenze dell’elevato valore dell’energia reticolare. Si può, quindi, comprendere perché i composti ionici presentano temperature di fusione molto più elevate dei composti con legami covalenti. Per poter fondere un composto ionico si deve fornire energia per vincere le forze coulombiane di attrazione fra gli ioni. Nei composti covalenti, invece, non c’è interazione di forze coulombiane in quanto in 52 ò Capitolo III essi non vi sono ioni singoli. Per fondere i composti covalenti è necessario solo vincere le forze di Van der Waals o i legami idrogeno, che sono molto più deboli delle forze coulombiane. Le stesse considerazioni sono valide per le temperature di ebollizione. Solubilità dei sali ionici Dalle osservazioni fatte si potrebbe supporre che a causa dell’elevata energia reticolare i cristalli ionici debbano essere poco solubili. In realtà ciò è vero nel caso di solventi non polari come il benzene, mentre invece nei solventi polari possono presentare una notevole solubilità. Ciò dipende dall’ effetto predominante dell’attrazione elettrostatica fra i dipoli del composto e le molecole polari del solvente. Come è stato detto, più volte, l’acqua è un eccellente solvente per le sostanze polari, ed anche per molecole covalenti come HCl o HBr non solo per l’elevato valore del momento dipolare (1,84), ma, anche, per la capacità di stabilizzare gli ioni in soluzione mediante la formazione di ioni idratati. Quando un cristallo ionico si scioglie in acqua, si può avere assorbimento di calore, con raffreddamento della soluzione, (nel caso del nitrato di ammonio), o meno frequentemente, sviluppo di calore, con riscaldamento della soluzione (nel caso dell’idrossido di sodio e di calcio o del solfato anidro di sodio). Potremo considerare che il processo di dissoluzione di un cristallo è rappresentabile con la seguente equazione M+ X- (s) + H2O → M+ (aq) + X- (aq) che comporta una variazione di energia ∆E1 = ∆Hsoluzione e che avvenga in due stadi: 1) decomposizione del cristallo nei singoli ioni in fase gassosa M+X- (s) → M+ (g) + X- (g) Struttura e solubilità dei composti ionici 53 con una variazione di energia ∆E2 eguale all’energia reticolare col segno cambiato (-U). 2) idratazione degli ioni gassosi, che passano in soluzione M+ (g) + X- (g) + H2O → M+ (aq) + X- (aq) con una variazione di energia ( ∆E3 = ∆H idr M + + ∆H idr X − ), corrispondente all’energia di idratazione. Per un solvente diverso dall’acqua si parla in generale di energia di solvatazione. Questi processi possono essere combinati in un ciclo di Born-Haber ∆E1 M + X- ∆E2 M+(aq) +X- (aq) ∆E3 M+(g) +X- (g) da cui si ha ∆E1 = ∆E 2 + ∆E3 e sostituendo i valori corrispondenti alla variazione di energia, si ottiene: ∆H soluzione = [∆H idr M + + ∆H idr X - ] − U (11) Il calore di soluzione di un composto risulta, quindi, dalla differenza di due diverse energie, l’energia reticolare del solido e la somma delle energie di solvatazione degli ioni in fase gassosa. Un composto è tanto più stabile quanto maggiore è l’energia ceduta nella sua formazione, e cioè la sua energia reticolare; e risulta tanto più solubile quanto più elevata è la somma delle energie di idratazione. Nel caso del cloruro di sodio ad una elevata energia reticolare (U = 184,7 Kcal/mole) si contrappone la somma delle energie di idratazione degli ioni Cl- 54 ò Capitolo III e Na+, che è pari a -2,2 Kcal mole-1. Le energie reticolari e quelle di solvatazione sono dello stesso ordine di grandezza ed in genere, quindi, i calori di soluzione sono abbastanza piccoli. Il procedimento con cui si esegue, di norma, la ricristallizzazione di una sostanza, consiste nella dissoluzione in un solvente bollente, nel quale i cristalli si depositano per raffreddamento, indica che il processo di dissoluzione è in genere endotermico. La dissoluzione è accompagnata però da un aumento di entropia per cui la variazione di energia libera è negativa nonostante che la variazione di entalpia sia positiva. Poiché il calore di soluzione è dato dalla differenza fra l’energia reticolare e quella di solvatazione degli ioni gassosi, è utile considerare i fattori che determinano questa energia. L’energia di solvatazione di uno ione di carica ze, il cui raggio è r in un mezzo la cui costante dielettrica è ε, è data dalla seguente espressione: z 2e 2 l (1 − ) H solvatazione = 2r ε L’energia reticolare non dipende dalla costante dielettrica, mentre l’energia di solvatazione è tanto più elevata quanto più alta è la polarità e ,quindi, la costante dielettrica del solvente. Le dimensioni ioniche sono di fondamentale importanza nel determinare l’energia reticolare di solvatazione. Dall’equazione (4) si osserva che il valore dell’energia reticolare decresce aumentando la distanza interionica e cioè la somma dei raggi ionici relativi. L’effetto dei raggi ionici sull’energia di solvatazione è più complicato. Uno ione di piccole dimensioni, che ha maggiore densità di carica, ha una interazione attrattiva coulombiana con le molecole d’acqua di maggiore entità rispetto ad uno ione di dimensioni maggiori con la medesima carica.. * Si considera sempre la stessa convenzione riguardo al segno: il segno positivo indica che il calore è stato assorbito dal sistema. 55 Struttura e solubilità dei composti ionici Tuttavia uno ione di dimensioni maggiori può coordinare più molecole di acqua formando un numero maggiore di legami dipolari. La dimensione di uno ione,inoltre, può costituire un fattore favorevole o sfavorevole per la solvatazione. Prendiamo in esame i calori di soluzione di alcuni alogenuri riportati nella Tab. III-2. A parte il fluoruro, tutti gli alogenuri di litio si sciolgono con sviluppo di calore e tale sviluppo aumenta nella serie F>Cl>Br>I. Poiché il calore di solvatazione dello ione litio porta un contributo costante e poiché i calori di soluzione degli ioni alogenici diminuiscono passando dallo ione fluoruro allo ioduro, questa tendenza non può essere spiegata soltanto in funzione del calore di solvatazione. Si tenga presente che le energie reticolari degli alogenuri alcalini sono quasi inversamente proporzionali alla somma dei raggi ionici del catione e dell’anione ma poiché il raggio dello ione litio è piccolo (0,6 Å) rispetto a quello degli alogenuri, l’energia reticolare varia notevolmente con la dimensione dell’anione. L’energia di solvatazione dello ione litio, Li+ (g), è abbastanza grande (121 Kcal mole-1) e fornisce un contributo importante al calore di solvatazione totale degli ioni gassosi così che nella serie LiF, LiCl, LiBr, e LiI l’energia reticolare diminuisce più rapidamente di quanto il calore di solvatazione aumenti con il raggio dell’anione. Ne consegue che i calori di soluzione di questi alogenuri diventano più esotermici. Tabella III-2. Calore di soluzione di alcuni alogenuri di metalli alcalini in Kcal mole-1 LiF +0,9 NaF +0,6 CsF -8,4 LiCl -8,6 NaCl +1,1 CsCl +4,3 LiBr -11,7 NaBr +0,2 CsBr +6,3 LiI -14,3 NaI -1,2 CsI +8,2 L’effetto opposto si osserva negli alogenuri di cesio dove 56 ò Capitolo III il catione è grande (1,69 Å) così che l’energia reticolare è meno sensibile a variazioni di raggio anionico. Inoltre, il calore di solvatazione dello ione cesio,Cs+(g), è relativamente piccolo (62 Kcal mole-1) e la somma per i due ioni è più sensibile alla natura dell’anione. Nella serie CsF, CsCl, CsBr e CsI l’energia reticolare ed il processo di dissoluzione diventa progressivamente più endotermico come aumenta la dimensione dello ione alogenuro. Nel caso dello ione sodio che è di dimensione intermedia si ha una situazione in cui i due effetti sono più o meno egualmente bilanciati; ne risulta che i calori di soluzione degli alogenuri di sodio anidri sono piccoli e praticamente non dipendono dall’anione. I sali contenenti cationi di metalli alcalino-terrosi sono meno solubili di quelli contenti cationi di metalli alcalini e molti sali come MgO, BaSO4, CaC2O4, PbS ecc.. risultano praticamente insolubili. Le energie reticolari di questi composti, che contengono ioni bivalenti sono, infatti, molto elevate e non passano quindi in soluzione. Alcuni composti però con ioni di eguale carica come MgSO4, FeSO4 e ZnSO4 sono invece molto solubili, ciò dipende dal fatto che i cationi di questi sali sono piccoli e fortemente idratati, così che l’energia di idratazione controbilancia l’energia reticolare. Legami parzialmente covalenti o polarizzati L’influenza delle dimensioni e della carica, per quanto grande, non è sufficiente per spiegare le notevoli variazioni dell’energia reticolare che si riscontrano in composti a struttura simile. È necessario, pertanto, esaminare la struttura elettronica dei cationi dei differenti sali. Le regolarità finora descritte si osservano con cationi che hanno la struttura elettronica dei gas nobili, ma il comportamento è molto diverso quando i cationi non presentano questa struttura. E’ interessante confrontare le energie reticolari degli alogenuri di argento e dei metalli alcalini. Il cloruro di sodio e il cloruro di argento hanno lo stesso Struttura e solubilità dei composti ionici 57 tipo di reticolo cristallino e le distanze internucleari sono circa eguali, cioè 2,18 Å per NaCl e 2,77 Å per AgCl, ma l’argento con un involucro esterno di 18 elettroni non ha la struttura del gas nobile. Le energie reticolari sono 184 e 216, rispettivamente, cosicché l’energia reticolare del cloruro di argento risulta maggiore di circa il 32. Elevate energie reticolari si osservano negli altri alogenuri dell’argento (AgBr-AgI) e per gli alogenuri contenenti ioni Cu+ (involucro esterno di 18 elettroni) e Tl+ (involucro esterno di 18+2 elettroni). La minore solubilità di questi composti è dovuta sia ad una elevata energia reticolare che ad una minore tendenza all’idratazione di questi ioni rispetto ai corrispondenti metalli alcalini. Per interpretare le anomali energie reticolari degli alogenuri di argento sono state introdotte due ipotesi. Secondo la prima, gli elettroni degli ioni nel cloruro di argento, per esempio, non sono completamente localizzati intorno al nucleo del cloro, ma possono trascorrere gran parte del loro tempo intorno al nucleo dell’argento. Poiché questi elettroni sono, in parte, in comune tra i due ioni, il legame tra di essi risulta parzialmente covalente per quanto prevalentemente ionico. Questo legame parzialmente covalente è più forte del semplice legame ionico nel cloruro di sodio, e l’energia reticolare del cloruro di argento è, quindi, maggiore (più negativa). Secondo la seconda interpretazione, lo ione argento polarizza lo ione cloruro, o, in altre parole, il nucleo dello ione argento determina una distorsione nel movimento degli elettroni, intorno al nucleo del cloro, cosicché questi trascorrono più tempo nella direzione dello ione argento che non in quello dello ione cloro. La caratterizzazione di questi tipi di legame viene presentata in Fig. III-5. Entrambi le interpretazioni considerano, quindi, una distorsione delle strutture elettroniche descritte. Non si può dire quale delle due sia errata, poiché entrambe portano alle stesse conclusioni sul comportamento dei composti ionici. L’esistenza dei legami parzialmente covalenti o polarizzati può essere dedotto in base ad osservazioni diverse. 58 ò Capitolo III Figura III-5. (a) ione isolato; (b) legame parzialmente covalente; (c) legame ionico polarizzato È già stata citata l’elevata energia reticolare degli alogenuri di argento, paragonadola con quella dei composti in cui i legami sono prevalentemente ionici ed è stata, anche, menzionata la loro scarsa solubilità come una conseguenza frequente, ma non necessaria, dell’elevata energia reticolare e dell’esistenza di legami parzialmente covalenti. Anche il colore di un composto può costituire una utile indicazione; un composto ha una certa colorazione poiché alcune radiazioni della luce bianca che lo investono sono assorbite. Per esempio, un cristallo di CuSO4·5H2O è blu perché sottrae dalla luce bianca principalmente la luce rossa e violetta. La luce è energia, e le radiazioni che vengono assorbite provocano temporanee trasformazioni nella struttura elettronica degli ioni di cui è costituito il cristallo. Gli elettroni esterni di alcuni ioni sono legati meno fortemente e la luce visibile è sufficiente a provocare determinate trasformazioni elettroniche. Struttura e solubilità dei composti ionici 59 Poiché gli elettroni degli ioni, che hanno la struttura dei gas nobili, sono legati fortemente, solidi come NaCl o CaO, che sono costituiti da tali ioni, sono incolori. Esistono, invece, solidi che sono colorati pur essendo formati da ioni incolori, per es. AgI, CdS e PbO che sono di colore giallo, HgI2 che è rosso, e PbS e HgS che sono neri. I cationi di questi solidi non hanno la struttura dei gas nobili, e gli anioni hanno elettroni che sono facilmente polarizzati o distorti dai cationi con cui si legano, per questo sono in grado di assorbire energia luminosa. L’entità della polarizzazione degli elettroni intorno ad un nucleo e della loro partecipazione ad un legame covalente dipende dalle forze con cui il nucleo trattiene gli elettroni, e dall’azione esercitata su di essi dagli altri ioni. In generale, si può dire che la struttura elettronica degli anioni che viene deformata e cioè polarizzata dai cationi vicini, poiché gli anioni possiedono un maggiore numero di elettroni meno tenacemente legati rispetto al nucleo dei cationi. Per la valutazione di un legame in un composto è utile tenere presente alcune regole pratiche. a) Il carattere covalente di un legame tra cationi ed anioni aumenta al crescere delle dimensioni dell’anione e al diminuire delle dimensioni del catione Ad esempio lo ione ioduro è di dimensioni maggiori ed è più polarizzabile dello ione cloruro, quindi il legame Ag+-I- ha un carattere più covalente del legame Ag+-Cl-. Ciò può mettersi in evidenza attraverso numerose osservazioni: entrambi gli alogenuri di argento hanno una energia reticolare molto elevata, ma è maggiore quella dello ioduro. Lo ioduro di argento è giallo, mentre il cloruro è bianco ed il primo è molto meno solubile del secondo. Gli elettroni di valenza dello ioduro sono più lontani dal nucleo di quelli del cloruro e possono quindi più facilmente essere messi in comune con gli altri ioni. Altro tipico esempio è il comportamento dello ione solfuro, molto più polarizzabile dello ione ossigeno; ne consegue,pertanto, che i solfuri risultano, frequentemente, meno solubili dei corrispondenti ossidi, e di solito sono colorati più intensamente. b) Il carattere covalente, di un legame catione-anione, aumenta 60 ò Capitolo III al crescere della carica ionica Lo ione O-2 è più polarizzabile dello ione F- e, quindi, i legami, nei fluoruri metallici, hanno un carattere più ionico dei rispettivi ossidi. Gli ossidi, infatti, sono talvolta colorati (ad es. HgO è rosso) mentre il fluoruro corrispondente HgF2 è incolore. I due anioni hanno lo stesso numero di elettroni, ma lo ione ossigeno ha una carica positiva in meno sul suo nucleo e, quindi, un controllo minore sugli elettroni. Lo ione solfuro è più polarizzabile dello ione cloruro e molti solfuri sono colorati a differenza dei corrispondenti cloruri. L’influenza della carica ionica può desumersi esaminando il potere polarizzante dello ione Mg+2 e Li+. Entrambi hanno all’incirca la stessa dimensione, ma il magnesio che ha una carica doppia esercita un’azione maggiore sugli elettroni dello ione OH-; ne consegue che Mg(OH)2 è meno solubile dell’idrossido di litio (LiOH), inoltre, il legame nel primo caso è parzialmente covalente. c) Il carattere covalente di un legame fra catione ed anione è maggiore per i cationi che non hanno la struttura dei gas nobili È già stato messo in evidenza il comportamento di AgCl e di NaCl. Gli elettroni dell’ottetto del sodio Na+ penetrano vicino al nucleo e sono, quindi, trattenuti saldamente. Il guscio elettronico dovuto ai 18 elettroni dello ione argento, Ag+, è legato nell’atomo in modo meno saldo e gli elettroni sono più facilmente polarizzati dagli anioni. Questi cationi non solo polarizzano gli anioni ma sono essi stessi polarizzati. Questo effetto è più pronunciato quando il catione ha una piccola carica come Ag+. E’ da tenere presente che se il catione è facilmente polarizzabile, la prima regola non è applicabile. Ad esempio nella serie Zn+2, Cd+2, Hg+2 si può osservare che il piccolo ione zinco ha il maggiore poter polarizzante, ma che lo ione Hg+2 di grandi dimensioni è di per se polarizzabile come lo ione cloro. Tutti e tre questi ioni formano legami, con carattere covalente, ma tale caratteristica nel mercurio è più marcata. Ciò si riflette anche nelle caratteristiche dei solfuri: il ZnS è bianco e moderatamente solubile, il CdS è giallo ed è Struttura e solubilità dei composti ionici 61 meno solubile, il HgS che è nero ed è, in pratica, il solfuro meno solubile. Utilizzazione dei valori di energia reticolare e dell’energia di idratazione in Chimica Analitica. È possibile interpretare alla luce dei concetti espressi nei paragrafi precedenti le sequenze dei vari gruppi analitici nei procedimenti di analisi qualitativa. I cationi del primo gruppo analitico precipitano come cloruri insolubili. La ragione della insolubilità del cloruro di argento è già stata discussa; per i cationi Pb+2 e Hg+2 si deve tenere conto del fatto che essi hanno notevoli dimensioni, non hanno struttura tipica dei gas nobili e sono, inoltre, debolmente idratati ma molto polarizzati: essi sono, quindi, più attratti dagli ioni cloruro che dalle molecole di acqua e danno luogo ai rispettivi cloruri poco solubili. I cationi del secondo gruppo analitico precipitano come solfuri in soluzione acida (0,01-0,3 M in HCl). CAPITOLO IV L’EQUILIBRIO CHIMICO Le reazioni utilizzate in chimica analitica sono, generalmente, scelte fra quelle che raggiungono rapidamente l’equilibrio e vanno a decorso completo, cioè presentano alla fine un equilibrio fortemente spostato a favore dei prodotti della reazione considerata. Altre volte è necessario condizionare gli equilibri del sistema, mantenendo a valori prefissati il grado di acidità, il potere ossidante, il potere riducente ecc.. Conoscere la natura degli equilibri implicati nel processo permette di calcolare la concentrazione all’equilibrio di determinate specie chimiche e, perfino, di conoscere se alcune specie chimiche possono o meno esistere nelle condizioni sperimentali impiegate. Il concetto di equilibrio chimico o di un sistema in generale è abbastanza intuitivo. Infatti, se un sistema chimico è stabile nel tempo, nel senso che conserva, inalterate, in ogni suo punto le sue proprietà fisiche e la sua composizione chimica, si dice che è in uno stato di equilibrio. Lo studio termodinamico e cinetico dei sistemi, sia chimici che fisici, permette di definire le condizioni operative che determinano lo stabilirsi di uno stato di equilibrio. Concetto cinetico dell’equilibrio Consideriamo una, generica, reazione bimolecolare, allo stato gassoso, A+B→C+D in sostanza la velocità della reazione dipende solo da due 63 64 Capitolo IV fattori: - dal numero totale delle collisioni fra le specie reagenti, A e B nell’ unità di tempo; - dalla frazione di collisioni efficaci al fine della reazione. Se il numero delle collisioni raddoppia, ovviamente, anche la velocità della reazione si raddoppierà. Se ad un dato momento la concentrazione di A, cioè il numero di molecole di A per un dato volume, si raddoppia, la probabilità delle collisione raddoppierà e di conseguenza la velocità di reazione raddoppierà. Lo stesso effetto si ottiene se, mantenendo A costante, si raddoppia la concentrazione di B. Si può, quindi, concludere che la velocità della reazione (v1) può essere espressa dall’equazione: (1) v1= k1[A][B] dove k1, è la costante di velocità e [A] e [B] sono rispettivamente le concentrazioni molari di A e B. La relazione (1) non è altro che l’espressione del postulato di Guldberg e Waage : “in un sistema omogeneo, la velocità di una reazione chimica è proporzionale alle masse attive delle sostanze reagenti”, considerando la concentrazione molare di una sostanza in soluzione o in fase gassosa una misura della “massa attiva”. È, anche, noto che moltissime reazioni sono reversibili, cioè il loro decorso non è completo, ed oltre ai prodotti finali delle reazioni si trovano quantità più o meno apprezzabili dei reagenti. Sia A+BC+D una reazione reversibile. Poiché anche alla reazione inversa si possono estendere ed applicare gli stessi concetti sviluppati in precedenza, cioè possiamo indicare con (v2) la velocità della reazione inversa che sarà data dall’equazione: (2) v2= k2[C][D] Se all’inizio il sistema contiene soltanto A e B, la L'equilibrio chimico I I 65 reazione procederà verso destra e la velocità (v1) diminuirà, mano a mano che le concentrazioni di A e B decrescono. Contemporaneamente, la velocità (v2) della reazione inversa, inizialmente nulla per l’assenza di C e D, comincerà a crescere, gradualmente, mano a mano che i prodotti della reazione (C e D) si accumuleranno. Quindi, prima o poi le due reazioni, diretta e inversa, procederanno alla stessa velocità. Da quel momento le concentrazioni di A, B, C, D rimarranno costanti e il sistema avrà raggiunto lo stato di equilibrio. In queste condizioni si avrà che v1= v2 e quindi: k1[A][B] = k2[C][D] (3) da cui, si ottiene che K= k1 [ C ] × [ D ] = k2 [ A ] × [ B ] (4) dove K è la costante di equilibrio e la relazione (4) esprime la legge dell’equilibrio chimico o dell’azione di massa. Estendendo i concetti espressi ad una reazione generica a A+ b B+ c C+……. l L+ m M+ n N+….. si ricava in modo analogo che [ L ]l × [ M ] m × [ N ] n K= [ A] a × [ B ]b × [ C ]c (5) La legge dell’equilibrio chimico afferma che, indipendentemente dalle concentrazioni iniziali di A, B, C ecc. e L, M, N, ecc., una volta raggiunto l’equilibrio, le concentrazioni devono avere valori tali da soddisfare la (5). Se è noto il valore di K, date le concentrazioni iniziali delle sostanze interessate al processo è possibile calcolare la composizione all’equilibrio. È ovvio che anche l’inverso del rapporto della relazione (5) è una costante, tuttavia, per convenzione universalmente accettata, prende il nome di costante di equilibrio il rapporto in cui 66 Capitolo IV compaiono al numeratore le concentrazioni dei prodotti della reazione. Questa convenzione ha il vantaggio pratico che permette di collegare direttamente il valore numerico di K con la tendenza della reazione a decorrere completamente; un valore grande di K indica, infatti, che all’equilibrio, i prodotti di partenza sono presenti a concentrazioni molto basse rispetto ai prodotti finali e quindi la reazione si è spostata di molto verso destra. E’ chiaro, da quanto detto, che all’equilibrio, anche se non si hanno più variazioni di concentrazione, le due reazioni opposte continuano a procedere a velocità costante, si ha cioè un equilibrio dinamico. La natura dinamica dell’equilibrio chimico, che per tanto tempo è rimasta una pura ipotesi, è oggi dimostrabile facilmente con delle semplici esperienze, se si hanno molecole marcate con isotopi radioattivi. Per esempio, se al sistema all’equilibrio H2 + I2 2 HI si introduce una minima quantità di I131, radioattivo, dopo un breve tempo, si nota che la radioattività è distribuita uniformemente fra I2 e HI. È importante tenere presente che la legge dell’equilibrio non dà alcun ragguaglio circa la velocità delle reazioni; non c’è alcuna relazione fra valore della costante e velocità dei processi. È di fondamentale importanza, inoltre, il fatto che le caratteristiche dell’equilibrio non dipendono dal particolare meccanismo dei processi, attraverso i quali esso è stato raggiunto. Indipendentemente dalle complicazioni della cinetica reale delle eventuali reazioni intermedie, che portano il sistema all’equilibrio, si può scrivere l’espressione della costante di equilibrio semplicemente in base alla stechiometria della equazione chimica globale secondo la quale dai reagenti di partenza si raggiungono i prodotti finali. L'equilibrio chimico 67 Considerazioni termodinamiche sull’equilibrio chimico Il trattamento precedente, basato su una visione cinetica dell’equilibrio della reazione chimica, ha permesso di giungere in modo semplice e diretto alla formulazione della legge dell’equilibrio chimico. Tuttavia, basandosi su considerazioni termodinamiche, si può arrivare allo stesso risultato col vantaggio di giungere ad un equilibrio chimico di natura assai più fondamentale, che permette di inserirlo più agevolmente nel quadro, ben più vasto, dell’equilibrio chimico-fisico in generale. Si può osservare che ogni fenomeno fisico o chimico che decorra spontaneamente è sempre in qualche modo associato ad una diminuzione di qualche forma di energia potenziale. Questo principio è del tutto generale, e in un generico sistema che non sia in equilibrio, si avrà spontaneamente il trasferimento di energia o di materia finché, complessivamente, il sistema non avrà raggiunto uno stato minimo d’energia. Ogni reazione chimica può essere vista come una manifestazione di questo principio. Un sistema materiale può essere considerato, da un punto di vista termodinamico, una riserva di energia potenziale, il cui ammontare è dovuto al contributo di tutti i componenti che lo costituiscono. Ogni componente è caratterizzato da un suo particolare contenuto energetico (potenziale chimico). E’ utile ed interessante l’idea introdotta da G.N. Lewis. Egli, infatti, paragona qualsiasi equilibrio all’equilibrio termico. Quest’ultimo si ottiene quando tutte le zone di un sistema raggiungono la stessa temperatura. Questa condizione è realizzata, spontaneamente, in qualsiasi corpo mediante il trasferimento di calore dai punti più caldi verso i punti più freddi e quando tutto il corpo ha raggiunto la stessa temperatura uniforme, il potenziale termico è lo stesso ogni suo punto. La temperatura, quindi, può considerarsi il fattore di livello, il potenziale, dell’energia termica. Il calore, infatti, ha la naturale tendenza ad abbassare il suo potenziale trasferendosi dai corpi a temperatura più elevata a quelli a temperatura più bassa (II° principio della termodinamica). 68 Capitolo IV Analogamente una massa tende ad abbassare la sua energia potenziale meccanica diminuendo il suo potenziale in un campo gravitazionale (altezza). Un gas tende ad espandersi per diminuire il suo potenziale chimico. Una carica elettrica tende a diminuire il suo potenziale (tensione), trasferendosi da corpi più carichi a corpi meno carichi, ecc.. Anche il trasferimento di materia da una fase all’altra risponde, in sostanza, agli stessi principi. La regola delle fasi, infatti, non è altro che l’espressione di questo principio, quando afferma che in un sistema all’equilibrio il potenziale chimico di ciascun componente è lo stesso in tutte le fasi. Se il sistema non è in equilibrio, i potenziali chimici dei diversi componenti non sono uguali in tutte le fasi e si manifesta, quindi, una tendenza spontanea, per ogni componente, di passare dalla fase in cui il potenziale è più alto a quella dove è più basso. Analoghe considerazioni servono ad interpretare il decorso delle reazioni chimiche e tutto un insieme di processi che sono alla base di molte operazioni di fondamentale interesse analitico, quali la distillazione di miscele di liquidi, le estrazioni con solventi, le varie tecniche cromatografiche ed altri processi che fanno capo, o sono paragonabili, alla ripartizione di un soluto fra due fasi. Per procedere ad uno studio più dettagliato dell’equilibrio chimico, da un punto di vista termodinamico, è necessario ricordare alcune definizioni. L’energia libera (G), è definita dalla funzione: G = H – TS (6) dove H è il contenuto di calore o entalpia del sistema, T è la temperatura assoluta ed S è l’entropia del sistema. In una trasformazione isoterma finita, a pressione costante, la variazione di energia libera del sistema è data da ∆GP,T = ∆H – T ∆S (7) Nella relazione (7) ogni termine ha un significato fisico ben L'equilibrio chimico 69 preciso. Il termine ∆H corrisponde alla variazione di energia totale subita dal sistema in seguito alla reazione chimica, esso corrisponde alla così detta “totalità termica” a pressione costante, cioè alla quantità massima di calore che il sistema assorbe o perde (se ∆H < 0) in un decorso completamente irreversibile a pressione e a temperatura costante. ∆G è la parte di tale energia che può essere trasformata in lavoro in un decorso reversibile ed è misurabile dal massimo lavoro netto ottenibile. T∆S è la parte di energia totale che può essere trasformata direttamente in lavoro, ma che il sistema assorbe o cede all’ambiente, sotto forma di calore, in un decorso reversibile (energia vincolata). Quindi l’espressione (7) assume il seguente significato fisico: Energia Totale = Energia libera + Energia vincolata In un sistema a più componenti, l’energia libera totale risulta dalla somma dei contributi dovuti ai singoli componenti: G G = ∑ ni ( ) P ,T ,n1 ,n2 ,... = ni ei (8) ni G il termine ei = ( )P ,T ,n1 ,n2 ,... è l’energia libera parziale molare ni del componente i e rappresenta il potenziale chimico (ei) del componente i nelle condizioni del sistema; ni è il numero delle moli di i presenti nel sistema, quindi, il prodotto ni×ei rappresenta l’aliquota di energia libera totale del sistema, dovuta al componente i. Se consideriamo un sistema gassoso ideale, possiamo esprimere il potenziale chimico di ogni componente in funzione della sua pressione parziale (pi) mediante l’equazione: ei = e°i+ RT ln pi (9) dove e°i è una costante dipendente soltanto dalla natura del gas e dalla temperatura. Consideriamo, ora, un sistema chimico del tutto generico 70 Capitolo IV a A + b B + … m M + n N +… (10) che abbia raggiunto lo stato di equilibrio ad una data temperatura e ad una data pressione. In tali condizioni il sistema non è più in grado di fornire lavoro e la sua composizione resta costante. Si possono enunciare le condizioni di equilibrio in termini termodinamici dicendo: in un sistema all’equilibrio, a pressione e a temperatura costante, l’energia libera resta costante. (∂G)T,P = 0 (11) Ciò significa che, in condizioni di equilibrio, un eventuale avanzamento infinitesimo della reazione, a T e P costante, non comporterebbe una variazione di energia libera. Se in una infinitesima trasformazione si avesse la scomparsa di dnA moli di A, dnB moli di B, ecc e una formazione di dnM moli di M, dnN moli di N ecc.. la variazione di energia libera corrispondente sarebbe nulla e si potrebbe esprimere con l’equazione: (∂G)T,P = (eMdnM + eN dnN + ..)-(eAdnA + eBdnB +..) = 0 (12) Le quantità dnA, dnB, dnM, dnN .., coinvolte nella reazione chimica indicata, devono essere proporzionali ai coefficienti stechiometrici a, b, m, n, per cui l’equazione (12) si può trascrivere: (meM + neN +..) – (aeA + beB + ..) = (∂G)P,T = 0 (13) l’equazione (13) ci permette di enunciare la condizione termodinamica di equilibrio dicendo che: in un sistema all’equilibrio la somma dei potenziali chimici dei reagenti è uguale a quella dei prodotti. Supponendo che il sistema in esame (10) sia un sistema gassoso ideale, introducendo nella (13) i singoli valori dei potenziali chimici dati dalla (9), si ricava: I L'equilibrio chimico I 71 m(e°M + RT ln pM) + n(e°N + RT ln pN) +.. − a(e°A + RT ln pA)+ – b (e°B + RT ln pB) -….= 0 da cui si ha p Mm × p Nn × ..... RT ln a = (aeA0 + beB0 + ....) (meM0 + neN0 + ....) = cos t b p A × p B × ..... poiché, a temperatura costante, RT è costante, si avrà pure: m pM × p Nn × ..... = cos t = K p p aA × p Bb × ..... (14) Ovviamente il potenziale chimico di un gas può essere espresso anche in funzione della sua concentrazione e = e°c+ R T ln c (15) per cui, sostituendo nella (13) la (15) anziché la (9) o semplicemente ricorrendo alla legge dei gas ideali (p=n/vRT=cRT), si può facilmente esprimere la costante di equilibrio in funzione delle concentrazioni dei singoli componenti [ M ] m × [ N ] n × .... = Kc [ A ] a × [ B ] b × .... (16) Conclusioni analoghe valgono anche per le soluzioni a comportamento ideale. La variazione di energia libera nelle reazioni chimiche In una reazione chimica spontanea, il sistema subisce una diminuzione di energia libera, (∂G), misurabile dal lavoro 72 Capitolo IV netto massimo ottenibile dal processo, qualora esso proceda per via reversibile isoterma. Per esempio, se la reazione può essere realizzata in una pila galvanica, la variazione di energia libera, ∆G, viene misurata dal lavoro elettrico (EnF) ottenibile dalla pila quando sia fatta “lavorare” in condizioni isoterme contro una resistenza infinita, in modo da garantire un decorso reversibile ed infinitesimo del processo. Si ha in tal caso: -∆GT,P = EnF (17) Consideriamo ancora la generica reazione reversibile: a A + b B+ … m M + n N + …. Immaginiamo, in un dato istante (to), un sistema composto da quantità grandissime ed arbitrarie dei reagenti A, B, ... ecc. e dei prodotti M, N, … ecc.. L’energia libera complessiva del sistema, al tempo to, può essere data come somma dei contributi dei singoli componenti ed espressa, quindi, in funzione dei rispettivi potenziali chimici (energia libera parziale molare [IV-8]). Se nA, nB ecc. sono le moli dei rispettivi componenti che formano il sistema, si avrà, a P e T costante: G T,P = nA eA + nB eB + ….+ nM eM + nN eN + ….. Ora immaginiamo che, in un tempo dt, a moli di A, b moli di B ecc.. reagiscano per dare m moli di M, n moli di N ecc.., ammettendo che a, b,… m, n,… ecc.. siano quantità trascurabili rispetto a nA, nB ecc.. in modo che la reazione non comporti una variazione sensibili della composizione (decorso infinitesimo della reazione). La variazione di energia libera subita dall’intero sistema sarà dato da ∆GT,P = (meM + neN + ..) – (aeA + beB + …) (18) Sostituendo nella (18) l’espressione (e = e° + RT ln c) per i potenziali chimici di ogni componente e raccogliendo L'equilibrio chimico I I 73 separatamente i termini costanti e le variabili, si ricava: ∆GP ,T = ∆GP0 ,T [ M ] m × [ N ] n × .... + RT ln [ A ] a × [ B ] b × .... (19) dove ∆G°P,T = (m e°M + n e°N+..) – (a e°A + b e°B+) e le concentrazioni possono assumere qualsiasi valore arbitrario. ∆G° è la variazione di energia libera standard, e corrisponde al particolare valore assunto ∆GP,T quando le concentrazioni iniziali arbitrarie sono tutte unitarie (1 mole per litro). Quando il sistema raggiunge l’equilibrio [ M ] m × [ N ] n × .... =K [ A ] a × [ B ] b × .... (20) da questo momento il lavoro che si può ottenere è nullo, (∆G P,T = 0), per cui, si deduce: ∆G°P,T = - RT ln K (21) La relazione (19), impiegando l’equazione (21), può essere trascritta: [ M ] m × [ N ] n × .... ∆GP ,T = RT ln K + RT ln (22) [ A ] a × [ B ] b × .... La relazione (22) è molto utile, perché mostra direttamente che un sistema può fornire tanto più lavoro (-∆G) quanto più le concentrazioni arbitrarie di partenza sono lontane da quelle imposte dall’equilibrio. Questa equazione è nota come equazione isoterma ed è stata ricavata per la prima volta da J. H. Vant Hoff nel 1886. La sua importanza è dovuta al fatto che essa costituisce la risposta che la termodinamica dà al problema riguardante le condizioni che determinano le possibilità di decorso di un processo chimico e la direzione della trasformazione. Dalla (22) si vede che il segno di ∆G è 74 Capitolo IV determinato dai valori relativi di K e dal rapporto delle concentrazioni. A seconda che sia K≈ [ M ]m × [ N ]n × .... [ A]a × [ B]b × .... si ha 0 ≈ ∆GP,T: se è ∆GP,T < 0, la reazione procede spontaneamente da sinistra a destra, se ∆GP,T = 0, il sistema è allo stato di equilibrio, se ∆GP,T > 0, la reazione procede nel verso contrario a quello previsto, cioè da destra a sinistra. Concentrazioni ed attività Le forze interioniche esistenti in una soluzione possono sensibilmente alterare il comportamento di un catione e di un anione. La legge dell’equilibrio può essere considerata una legge limite nel senso che essa è valida in soluzioni molto diluite, cioè la concentrazione degli elettroliti è molto piccola: quando si verifica questa condizione l’attività di uno ione è eguale alla sua concentrazione. A concentrazione apprezzabile di elettroliti l’influenza delle atmosfere ioniche è tale, invece, da rendere l’azione di uno ione meno efficace nell’influenzare lo stato di equilibrio. Tale comportamento viene espresso dalla seguente relazione, che lega l’attività (ai) di uno ione i alla sua concentrazione Ci (in moli/litro) ai = fi Ci f è un numero adimensionale denominato coefficiente di attività. In soluzioni molto diluite f→1 e quindi ai = Ci, mentre in soluzioni più concentrate esso si discosta notevolmente dall’unità. L’entità di questo coefficiente dipende dalla concentrazione degli elettroliti e dalla loro carica, mentre è praticamente indipendente dalla natura dell’elettrolita. L’effetto di questi due fattori può essere espresso dalla forza ionica (µ); con tale termine si indica la semisomma dei prodotti delle L'equilibrio chimico 75 concentrazioni molari, m, dei singoli ioni per la loro carica elevata al quadrato e cioè 1 µ = ( m1 z12 + m1 z 22 + m1 z 32 + ....) 2 Il calcolo della forza ionica viene illustrato nel seguente esempio. Esempio: Calcolare la forza ionica: a) di una soluzione 0,03 M di cloruro di potassio b) di una soluzione 0,01 M di cloruro di bario c) di una soluzione che contiene per litro 0,01 moli di nitrato di sodio e 0,0067 moli di nitrato di calcio. Gli elettroliti nei 3 casi indicati sono forti e quindi completamente ionizzati; le forze ioniche sono nei tre casi: µ= ½([K+]×12+[Cl-]×12) = ½(0,03+0,03) = 0,03 M µ= ½([Ba+2]×22+[Cl-]×12)= ½(0,04+0,02) = 0,03 M µ= ½ ([Na+]×12+ [NO3-] × [Ca+2]×22) = =½ (0,01 × 1+ 0,0234 ×1 + 0,0067 × 4) = 0,03 M La forza ionica è un parametro importante per definire il comportamento di una soluzione in quanto un qualunque equilibrio risulta egualmente influenzato in soluzioni aventi la stessa forza ionica, qualunque sia la natura dei sali in esse disciolti. Ad esempio il grado di dissociazione di una soluzione di acido acetico nelle tre soluzioni dell’esempio risulta lo stesso, avendo esse la stessa forza ionica. Debye e Huckel hanno derivato un’espressione teorica per il calcolo dei coefficienti di attività considerando l’effetto di attrazione coulombiana degli ioni che influisce sul movimento di questi e l’agitazione termica Azi2 µ lg f i = 1 + Bαi µ in cui A e B sono due costanti il cui valore è rispettivamente 76 Capitolo IV 0,5085 e 0,3281×108 a 25°C; zi è la carica dello ione i ed αi il diametro effettivo dello ione idratato in Angstrom. In forma approssimata il coefficiente di attività può essere calcolato mediante la seguente espressione − log f i = 0 ,5 z i2 µ Nella Tab. (1) sono riportati i coefficienti di attività dei più comuni ioni calcolati mediante l’equazione di Debye e Hukel. È da tenere presente che la determinazione sperimentale dei coefficienti di attività dei singoli ioni non è possibile e che tutti i metodi sperimentali forniscono solo un coefficiente di attività medio per gli ioni positivi e negativi presenti in soluzione in quanto l’attività di uno ione è variamente influenzato dallo ione di carica opposta presente in soluzione. L’equazione di DebyeHukel è utile per il calcolo dei coefficienti di attività a concentrazione ionica moderata ma non è applicabile per soluzioni a forza ionica maggiore di 0,1 M. Per quanto riguarda l’attività di una specie chimica è da tenere presente quanto segue: - Ioni molecolari: l’attività approssimativamente è eguale alla concentrazione in moli/litro. In generale nel calcolo delle relazioni di equilibrio si trascurano i coefficienti di attività; l’errore che si fa nella maggior parte dei casi non è tale da portare a conclusioni erronee. Per i non-elettroliti l’attività è proporzionale alla concentrazione ma poiché il fattore di proporzionalità non è noto, l’attività viene considerata convenzionalmente eguale alla concentrazione. Composti solidi o liquidi in equilibrio con la soluzione: l’attività è esattamente unitaria. - Gas in equilibrio con la soluzione: l’attività è la pressione parziale del gas nell’atmosfera. - Solvente di una soluzione diluita: l’attività è eguale alla frazione molare ed è approssimativamente eguale all’unità. - Miscele di liquidi: l’attività di un composto è approssimativamente eguale alla frazione molare L'equilibrio chimico I 77 I Tabella IV-1 Coefficienti di attività di ioni a 25°C Ione H+ Li+, C6H5COONa+,IO3-,HSO3-, HCO3H2PO4-, H2AsO4OH-, F-, SCN-, HS-ClO3ClO4-,MnO4K+, Cl-, Br-, I- CN-NO3-, NO2Rb+,Cs+,Ag+, NH4+ Mg+2, Be+2 Ca+2,Cu+2,Zn+2,Sn+2, Mn+2, Ni+2,Co+2,Fe+2 Sr+2,Ba+2,Cd+2, Hg+2, S-2 Pb+2, CO3-2, SO3-2, C2O4-2 Hg2+2, SO4-2, S2O3-2, CrO4-2, HPO4-2 Al+3, Fe+3, Cr+3, La+3,Ce+3 PO4-3, Fe(CN)6-3 Zr+4, Ce+4, Sn+4 Fe(CN)6-4 Dimensione ionica α (Å) 9 6 4-4,5 Coefficienti di attività a forza ionica 0,001 0,005 0,01 0,05 0,1 0,967 0,965 0,964 0,933 0,929 0,928 0,914 0,907 0,902 0,86 0,84 0,82 0,83 0,80 0,78 3,5 0,964 0,926 0,900 0,81 0,76 3 0,964 0,925 0,899 0,80 0,76 2,5 8 6 0,964 0,872 0,870 0,924 0,755 0,749 0,898 0,690 0,675 0,80 0,52 0,48 0,75 0,45 0,40 5 4,5 4 0,868 0,868 0,867 0,744 0,742 0,740 0,670 0,665 0,660 0,46 0,46 0,44 0,38 0,37 0,36 9 4 11 5 0,738 0,725 0,588 0,57 0,540 0,50 0,35 0,31 0,440 0,400 0,255 0,20 0,24 0,16 0,10 0,048 0,18 0,09 0,06 0,02 CAPITOLO V PROTOLITI Le sostanze, pure o in soluzione, che conducono la corrente elettrica con trasporto di materia sono definite elettroliti. Questi furono classificati da Arrhenius (1887) in acidi, basi e sali. Acidi erano definiti gli elettroliti il cui catione è lo ione idrogeno (H+) e basi erano definiti gli elettroliti il cui anione è lo ione idrossido (OH-). Sali sono gli elettroliti costituiti da un catione basico e da un anione acido. Questa definizione di acido-base non tiene conto del fatto che lo ione idrogeno è sempre solvatato nei sistemi condensati e che il protone libero non esiste in concentrazione misurabile in nessun solvente. In acqua, ad esempio, esso è completamente idratato e per brevità viene indicato come H3O+, ione idrossonio o idronio, ma in realtà deve intendersi come H(H2O)n+ con n variabile. Anche in altri solventi lo ione idrogeno non esiste libero ma solvatato (in metanolo come CH3OH2+, in ammoniaca liquida come NH4+ ecc.). Ne risulta che se la definizione di acido e di base deve basarsi sull’esistenza di ioni realmente presenti in soluzione, bisognerebbe dare una particolare definizione per ogni solvente. Nel 1923 Brønsted e Lowry, indipendentemente, svilupparono una definizione di acido e base, che eliminava le improprietà della classificazione di Arrhenius. Tale definizione è di validità generale e gli equilibri in soluzione vengono oggi esaminati ed interpretati alla luce della teoria di Brønsted (*). Teoria protonica di Brønsted e Lowry La definizione di Brønsted si basa sullo schema (1) Acido Base + H+ secondo il quale acido si definisce una sostanza che può cedere 79 80 Capitolo V (donare) un protone formando una base, e base è una sostanza che può accettare (acquistare) un protone formando un acido. L’acido e la base nella reazione (1) sono chiamati corrispondenti o coniugati e formano una coppia acido-base. Poiché, lo ione idrogeno è identico al nucleo carico positivamente dell’atomo d’idrogeno, il protone, la funzione acido-base si esplica attraverso una cessione e un acquisto di protoni, e Brønsted denominò, quindi, le basi e gli acidi: protoliti. Secondo la definizione di Brønsted un acido è una specie molecolare o ionica che è sempre carica di una unità positiva in più della base corrispondente. Nella teoria protonica i protoliti, acidi e basi, possono essere molecole neutre, cationi e anioni. Vengono riportati, di seguito, alcuni esempi di acidi e basi corrispondenti (2): AcidoBase + Protone HCl Cl-+ H+ HNO3 NO3- + H+ H3PO4 H2PO4- + H+ H2PO4- HPO4-2 + H+ NH4+ NH3 + H+ Fe(H2O)6+3Fe(H2O)5OH+2+H+ Specie come H2PO4- e HCO3- possono agire sia come acidi che come basi e si definiscono elettroliti anfoteri. Reazioni secondo lo schema (2) sono puramente formali. Si è, infatti, già detto che i protoni liberi non esistono in quantità apprezzabile in nessun sistema condensato e che un protone può essere ceduto soltanto se l’acido è in presenza di un’altra (*) Per quanto si riconosce sia al danese Brønsted che all’inglese Lowry l’originalità della definizione, la teoria va comunemente sotto il nome di Brønsted in onore del chimico danese che ha trattato in modo completo l’argomento. Protoliti 81 molecola o di uno ione capace di accettarlo. Poiché, questo ultimo è per definizione una base, e indispensabile che le due coppie acido-base reagiscano in modo simultaneo affinché si realizzi la relazione acido-base. Ogni equilibrio acido-base è, quindi, in realtà il risultato di un trasferimento del protone, tra due coppie acido-base. Acido1 Base1 + H+ Base2 + H+ Acido2 Acido1 + Base2 Acido2 + Base1 (3) La reazione (3) si chiama reazione di protolisi o di protopia ed il relativo equilibrio, equilibrio di protolisi. E’ evidente che un acido può protolizzarsi, cioè dissociarsi in un solvente solo se questo può accettare protoni, se è una base; e una base può protolizzarsi in un solvente, se questo si comporta da acido. L’acqua ha la proprietà di protolizzare gli acidi e le basi, di conseguenza essa può agire da base e da acido. L’acqua agisce secondo lo schema: - come acido H2O H+ + OH- come base H2O + H+ H3O+ Queste equazioni sono schematiche; molecole singole di H2O esistono in numero relativamente piccolo in fase liquida e la maggior parte delle molecole di acqua è unita tramite legami idrogeno per formare agglomerati di forma e grandezza molto differenti. Sicuramente anche gli ioni semplici H3O+ e OH- sono legati ad un numero variabile di molecole di acqua e, in generale, dovrebbero scriversi come H3O+ (H2O)n e OH-(H2O)m. Nella stessa soluzione m e n assumono valori variabili e per semplicità si continua a scrivere H3O+, H+ e OH- intendendo tacitamente che essi rappresentano gli ioni idrati. Reazioni spesso classificate con differenti denominazioni (ad es. dissociazione, idrolisi, neutralizzazione) sono in effetti delle reazioni di protolisi rappresentabili con lo schema (3), come viene indicato nei seguenti esempi: 82 Reazione ionizzazione di HCN idrolisi di NH4Cl Capitolo V Acido1+Base2Base1+Acido2 HCN+H2OCN-+H3O+ NH4++H2ONH3+H3O+ neutralizzazione di HCl H O++OH-H O+H O 3 2 2 con NaOH È importante richiamare l’attenzione sul differente criterio con cui alcune di queste reazioni vengono interpretate in base alla teoria protonica. Una soluzione acquosa di cloruro di ammonio esibisce reazione acida perché questo elettrolita contiene l’ammonio, che è un acido; ed ha reazione acida una soluzione di solfato di alluminio, poiché è presente lo ione Al(H2O)6+3, che è anche esso un acido; questi acidi sono più forti delle basi Cl- e SO4-2. Forza dei protoliti La forza di un acido è misurata dalla sua tendenza ad agire come tale, cioè a cedere protoni ed analogamente la forza di una base viene misurata dalla sua tendenza ad acquistare protoni. Dalla definizione di Brønsted segue che la forza di un acido è inversamente proporzionale alla forza della base corrispondente, e viceversa. Per un acido, datore di protoni (Acido Base + H+) vale l’equazione di equilibrio: a H + a Base Ka = (4) a Acido dove a indica l’attività e Ka è la costante acida della coppia Acido-Base. Tale valore fornisce la misura della forza dell’acido. Come si è fatto già osservare, la dissociazione di un acido non può essere considerata come un processo isolato, che possa avvenire cioè senza che una base, di un’altra coppia Protoliti 83 acido-base accetti il suo protone. L’acido può esplicare la sua funzione solo in presenza di una base e di conseguenza l’equilibrio (4) non può realizzarsi in quanto il protone non esiste libero in nessun sistema condensato. Se l’acido è in presenza di una base si ha invece un trasferimento dei protoni rappresentato dall’equazione (3). Applicando ad esse la legge di azione di massa si ha a Acido 2 a Acido 1 a a e K a2 = K a = Acido 2 Base 1 ; in cui K a1 = a Base 2 a Base 1 a Base 2 a Acido 1 dove Ka, costante di protolisi, ed è uguale al rapporto delle costanti acide Ka1/Ka2. Il valore di K dipende, ovviamente, sia dalla tendenza dell’acido1 a cedere protoni che da quella della base2 ad acquistarli, e, pertanto, non può essere preso come misura della forza del solo acido1 e della base2. Se si prende una coppia acido-base come riferimento e si pone per convenzione eguale a 1 la sua costante acida, si ha a Acido 1 a Acido 2 K a1 = =1 a Base 1 a Base 2 Se la coppia acido-base di riferimento è l’acqua, cioè H3O+H2O, con K = 1, si ha: a H O+ a Base1 a H O + a Acido 1 3 3 (5) K a1 = =1 da cui K a1 = a Base 1 a H 2O a Acido1 Le costanti, comunemente, impiegate si riferiscono ai valori ottenuti in soluzione acquosa in base alla (5) e cioè prendendo come coppia acido-base di riferimento l’acqua; se i protoliti vengono sciolti in un altro solvente si otterranno dei valori diversi essendo riferiti ad una differente coppia acidobase. Costante acida dell’acqua La presenza di ioni in acqua pura, che viene indicata dalla 84 Capitolo V sua conducibilità elettrica, anche se piccola, è dovuta alla reazione di autoprotolisi H2O + H2O H3O+ + OH- (6) che consiste nel trasferimento di un protone da una molecola d’acqua ad un’altra. In acqua pura la concentrazione di H3O+ è eguale a quella di OH-. Applicando alla (6) la legge d’azione di massa si ha a H O + aOH K= 32 a H 2O dove K è la costante di protolisi che può, anche, scriversi: a H O+ aH O K H O + 3 = K H 2O 2 3 a H 2O aOH - (7) Dalla definizione di KH3O+=1 segue che KH2O è la costante acida dell’acqua (costante di dissociazione elettrolitica). In soluzione diluita, dove aH2O=1, la (7) dà a H O+ × aOH − = K H 2O = K w (8) 3 Il prodotto aH3O+×aOH- è stato chiamato prodotto ionico dell’acqua e viene comunemente indicato come Kw. In soluzioni diluite la costante acida KH2O è uguale al prodotto ionico Kw. In acqua pura, dove l’unica reazione è quella di autoprotolisi, aH+= aOH- e quindi aH+= aOH-= K w L’eguaglianza aH+= aOH- definisce le condizioni di neutralità di una soluzione acquosa. Alla temperatura di 25°C Kw = 1×10-14; si ha neutralità per pH = 7 (pH = -log [H+]), la soluzione è detta acida se pH < 7, mentre se pH > 7 è detta alcalina. Il prodotto ionico varia con la temperatura e a 100°C il suo valore (Kw)è circa 10-12 e si ha quindi neutralità quando il pH = 6. Protoliti 85 Equilibri protolitici in acqua L’acqua per il suo carattere anfotero protolizza sia acidi che basi. Una coppia, acido-base, in acqua dà origine agli equilibri Acido + H2O H3O+ + Base (9) (10) Base + H2O OH- + Acido Avendo scelto come riferimento la coppia H3O+-H2O la costante di protolisi della (9) è identica alla costante acida, Ka, della coppia acido-base. a H O + a Base a + a Base Ka = H (11) Ka = 3 o anche a H 2O a Acido a Acido Un equilibrio acido-base può venire definito in funzione della costante basica; se la legge di azione di massa si applica alla (10) si ha: a −a K b = OH Acido a H 2O a Base se si moltiplicano entrambi i termini per Ka si ha: a H O + a Base a − a Acido 3 × OH = K a Kb = K w a H 2O a Acido a H 2O a Base Le due costanti (Ka e Kb) sono quindi legate al prodotto ionico dell’acqua. Questa relazione indica che è, quindi, sufficiente avere un’unica tavola di costanti acide o di costanti basiche, essendo le une direttamente ricavabili dalle altre. Applicando all’acido fluoridrico di cui è noto che Ka = 6,7 10-4 aH O+ a F − Ka = 3 = 6 ,7 × 10 −4 HF +H2O H3O+ + Fa HF si ha aOH − a HF = 1,5 × 10 -11 = Kb aF − Questa costante si riferisce all’equilibrio ed è quindi nel senso 86 Capitolo V tradizionale, F- + H2O OH- + HF anche se la denominazione è superflua, una reazione d’idrolisi, la relazione fra costante di idrolisi Ki e le costanti acida e basica è: Kw K i = K b( F − ) = K a( HF ) Costanti miste È da considerare che in soluzione acquosa la grandezza H+ è facilmente misurabile e che [acido] e [base] si possono calcolare in modo semplice. Un equilibrio può venire quindi espresso mediante una costante mista, definita dall’espressione: a + × [ base ] Ka = H (12) [ acido ] dove [ ] indica la concentrazione. Dividendo (12) per (11) si ha f k a = K a acido f base in cui il simbolo f indica il coefficiente di attività. Esiste un terzo tipo di costante, che può servire a caratterizzare un equilibrio: la costante stechiometrica, Ks, definita da [ H 3O + ][ base ] f acido (13) Ks = = K a × a H 2O × [ acido ] f base f H O + 3 Negli ultimi decenni si è abbandonata l’idea di misurare costanti acide Ka in favore di Ks che possono essere considerate vere nel senso termodinamico se vengono determinate e applicate in mezzo ionico costante, cioè in soluzioni a forza ionica costante, dove aH2O e i fattori di attività sono costanti. Ovviamente le costanti stechiometriche sono valide soltanto nel mezzo ionico dove vengono determinate, ma il metodo offre la possibilità di studiare in modo semplice anche sistemi complicati da parecchi equilibri protolitici. In definitiva tale classificazione è valida per qualunque equilibrio che può Protoliti 87 essere definito in funzione delle seguenti costanti: - costanti termodinamiche o costanti di attività: tutti i termini delle equazioni di equilibro sono espressi in attività e si riferiscono quindi a forza ionica zero (µ = 0). Se si impiegano i valori di concentrazione si devono considerare i coefficienti di attività; tali fattori correttivi sono di norma alquanto elevati e non possono essere trascurati; - costanti stechiometriche o costanti di concentrazione: tutti i termini delle equazioni di equilibrio sono espressi in concentrazione e cioè in moli per litro. Una costante stechiometrica è valida solo ad una data forza ionica; se un esperimento è condotto ad una differente forza ionica è necessario apportare una correzione; questa è però generalmente piccola e viene di solito trascurata nei calcoli analitici; - costanti miste: tutti i termini delle equazioni di equilibrio sono espressi in concentrazione al di fuori dello ione idrogeno e dello ione ossidrile che sono espressi, in attività. Tali costanti vengono di solito impiegate nei sistemi acido-base; infatti i valori di pH e pOH vengono oggi determinati quasi esclusivamente mediante metodi potenziometrici. Fattori che determinano la forza dei protoliti Negli acidi il protone è legato al resto della molecola e cioè alla base corrispondente con un forte legame covalente e tutti gli acidi cristallizzano quindi con reticolo molecolare. Di conseguenza gli acidi, non possono mai dissociarsi come i composti tipicamente ionici (sali) e per la maggior parte dei casi la loro protolisi è incompleta. Nessun acido è forte nel vero senso della parola, ma in un dato solvente si usa chiamare forte un acido che in soluzione diluita sia praticamente tutto dissociato. Analogamente una base è forte se è completamente protolizzata in soluzione diluita. La protolisi di un acido e di una base è, quindi, strettamente legata alla natura del solvente che influisce tra 88 Capitolo V l’altro con la sua costante dielettrica e il suo carattere acido e basico. La costante dielettrica regola l’attrazione tra gli ioni di cariche opposte per cui si ha che la forza di un acido carico positivamente aumenta con il diminuire della costante dielettrica, mentre per un acido indissociato o di carica negativa diminuisce. Per una base al diminuire della costante dielettrica la forza aumenta, se è carica negativamente, ma diminuisce se ha carica zero o positiva. La natura protolitica del solvente però è determinante per la partecipazione al trasferimento di protoni. In soluzione acquosa, le cui coppie acido-base (H3O+H2O e H2O-OH-) hanno valori di costanti acide kH3O+= 55,5 e kH2O = 10-15,7, gli acidi più forti di H3O+ si protolizzano completamente e sono ritenuti forti se la soluzione non è molto concentrata. La quantità di molecole di acqua è tanto elevata che tutti i protoni disponibili dell’acido sono preda dell’acqua e formano H3O+. Le soluzioni di acidi forti si presentano come fossero dello stesso acido, H3O+ e si parla quindi di effetto livellante dell’acqua. Tra gli acidi forti si ricordano HCl, HBr, HI, HClO4; HNO3 e H2SO4, ma non HSO4-. In un solvente meno basico dell’acqua questi acidi hanno forza molto differente tra loro e si valuta che HI sia il più forte di tutti. L’acqua ha un effetto livellante anche per le basi più forti di OH-. In soluzioni diluite queste basi prendono protoni dall’acido H2O per formare OH-. La correlazione della forza di un acido con la sua struttura è un problema complesso ma è possibile ricavare delle regolarità confrontando acidi con caratteristiche simili: - acidi poliprotici: questi acidi possono dissociarsi cedendo più di un protone come H2SO4, H3PO4 ecc., cioè: H2SO4 + H2O H3O+ + HSO4HSO4- + H2O H3O+ + SO4-2 Il primo stadio della ionizzazione di H2SO4 è praticamente completo, mentre il secondo avviene solo parzialmente; ciò avviene in quanto un protone può meno facilmente essere allontanato da una specie carica negativamente in conseguenza della forza attrattiva coulombiana fra una carica positiva ed una Protoliti 89 negativa. Nel caso di H3PO4 la tendenza a dissociarsi è appunto H3PO4 > H2PO4- > HPO4-2 - Ossiacidi: la loro forza aumenta con il numero di ossidazione dell’atomo centrale. Ad es.: HClO4 > HClO3 > HClO2 > HClO H2SO4 > H2SO3 HNO3 > HNO2 Tale comportamento può spiegarsi tenendo presente che tanto maggiore è il numero di ossidazione dell’atomo centrale tanto maggiore è la sua effettiva carica positiva; ne consegue che l’atomo centrale più positivo attrae con i suoi elettroni di legame più intensamente l’ossigeno che l’idrogeno. La densità elettronica viene quindi ad allontanarsi dall’atomo di idrogeno rendendo più facile l’allontanamento del protone. La regola di Pauling e Ricci permette di ricavare in modo approssimato la forza di un acido. Se un ossiacido viene scritto nella forma XOn (OH)n; dal valore di n, numero di atomi di ossigeno nella molecola che non sono compresi nel gruppo OH, si può desumere la forza approssimata dell’acido. Se n è fra 2 e 3, l’acido è molto forte, con un Ka>10; se n è 1 l’acido è relativamente forte Ka eguale a circa 10-2-10-3, e se n = 0 l’acido è molto debole, Ka è dell’ordine di 10-8. Tale effetto si comprende anche intuitivamente: nel caso di un acido come HClO la forza del legame fra H+ e ClO- è quella di un legame di valenza O-H. Nel caso dell’acido cloroso, HClO2, la forza fra H+ ed uno, qualunque, dei due ossigeni è minore di quella del legame di valenza O-H, in quanto l’attrazione totale per il protone viene suddivisa fra due atomi di ossigeno, e di conseguenza il protone è più facilmente dissociabile. Tanto maggiore è il numero degli atomi di ossigeno non ossidrilici, tanto più diffusa è la carica sull’anione, tanto minore è l’affinità per il protone e tanto più forte è l’acido: 90 Capitolo V XO3 (OH)n XO2(OH)n XO (OH)n ClO3 (OH) NO2 (OH) NO (OH) MnO3(OH) ClO2 (OH) ClO(OH) SO2 (OH) CO(OH)2 SO(OH)2 AsO(OH)3 pKa 3,3 2,0 3,9 1,9 2,3 X(OH)n pKa ClOH 7,9 BrOH 9,7 IOH 10,0 B(OH)3 9,2 As(OH)3 9,2 Per acidi contenenti ossigeno ed il cui atomo centrale ha lo stesso numero di ossidazione, la forza dell’acido diminuisce con l’aumentare delle dimensioni dell’atomo centrale; si ha infatti HClO4 > HBrO4 > HIO4 H2SO4 > H2SeO4 > H2TeO4 H3PO4 > H3AsO4 Tanto più piccolo è l’atomo centrale, tanto maggiore è la densità di carica e cioè il rapporto carica volume e quindi più facilmente attrae elettroni dall’elettronegativo atomo di ossigeno. Per quanto riguarda gli idracidi dei gruppi VI e VII la forza è nell’ordine H2Te > H2Se > H2S > H2O HI > HBr > HCl > HF La percentuale di carattere ionico in questi composti è nell’ordine inverso alla loro forza. Se si esaminano le basi coniugate di questi acidi si osserva che le densità di carica sono nell’ordine F- > Cl- > Br- > IO-2 > S-2 > Se-2 > Te-2 in quanto aumentano in questo ordine le dimensioni dei relativi ioni. Maggiore è la densità di carica della base coniugata, maggiore è la sua affinità per il protone e quindi più debole è il suo acido coniugato; si ha inoltre che tanto maggiore è lo ione e tanto più stabile esso è, in quanto la carica è distribuita su un volume maggiore. Ne consegue che HF è l’idracido più debole poiché essendo F- il più piccolo degli alogeni ha la maggiore densità di carica ed attrae quindi in modo maggiore il protone. 91 Protoliti Ioni metallici idratati come acidi Il legame fra molecole di acqua e ioni è talvolta così forte che un protone può essere allontanato da una molecola di acqua dalla sfera d’idratazione: lo ione idratato si comporta come un donatore di protoni e cioè come acido. Ad esempio la protolisi dello ione mercurio (II) è rappresentata dalla seguente equazione: Hg(H2O)n+2 + H2O Hg(H2O)n-1 OH+ + H3O+ Ovvero più semplicemente Hg+2 + H2O HgOH+ + H+ La forza dell’acido (ione metallico) è misurata dalla costante di acidità [ HgOH + ] [ H + ] Ka = = 2 × 10 −4 +2 [ Hg ] Lo ione mercurio è quindi un acido più forte dell’acido acetico. Nella Tab. V-1 sono riportati i valori della costante acida di diversi cationi idrati. Tabella V-1 Ione Equilibrio di protolisi Potenziale ionico* 3 3 4,5 2,2 5,5 6,0 2,7 2,9 2,7 - Tl+3 Tl+3+H2O=TlOH+2+H+ +3 Bi Bi+3+H2O=BiOH+2+H+ Fe+3 Fe+3+H2O=FeOH+2+H+ +2 Sn Sn+2+H2O=SnOH++H Cr+3 Cr+3+H2O=CrOH+2+H+ +3 Al Al+3+H2O=AlOH+2+H+ Fe+2 Fe+2+H2O=FeOH++H+ Ni+2 Ni+2+H2O=NiOH++H+ +2 Zn Zn+2+H2O=ZnOH++H+ Ag+ Ag++H2O=AgOH+H+ *col termine potenziale ionico s’intende il rapporto della rispetto al raggio (in Å). Ka 7×10-2 2,6×10-2 6,7×10-3 1×10-4 1,6×10-4 1,1×10-4 5×10-9 5×10-10 2,5×10-10 ~10-11 carica ionica 92 Capitolo V La facilità con cui un protone può essere ceduto dipende dall’entità del legame catione-ossigeno: se il legame è forte un protone può essere ceduto, mentre se è debole, il legame ossigeno-idrogeno è più difficile a spezzarsi. Se si assume che il legame fra catione ed ossigeno sia puramente elettrostatico, è da aspettarsi che gli ioni piccoli con carica elevata diano luogo a cationi idratati che sono acidi di elevata forza. Gli ioni riportati nella tabella hanno potenziali ionici comparativamente grandi. Gli ioni alcalini ed alcalini terrosi (Ca+2, Ba+2 e Sr+2) hanno bassi valori di potenziale ionico e si comportano da acidi estremamente deboli. I dati della tabella mostrano che la forza degli acidi aumenta con la carica del catione. Gli ioni trivalenti sono acidi più forti dei bivalenti mentre quelli monovalenti (Ag+) sono acidi debolissimi. È anche importante la struttura elettronica del catione: gli ioni con struttura eguale a quella dei gas inerti hanno un carattere acido minore degli altri cationi di eguale carica. Gli equilibri protolitici di cationi idratati, riportati in tabella, costituiscono solo una generica rappresentazione degli equilibri realmente esistenti in soluzione. Un esame di dati più accurati, ottenuti nell’ultimo decennio, dimostrano che l’idrolisi di cationi metallici è caratterizzata da fenomeni di polimerizzazione prima che l’idrossido del catione precipiti. Ad esempio se ad una soluzione di sali di Al+3 si aggiunge NaOH non si forma un precipitato persistente fino a che il rapporto Base/Al+3 è inferiore a 2,5. Questo fatto ha suggerito la formula Al2(OH)5+ per le specie esistenti in soluzione ma recentemente è stato messo in evidenza la formazione di una molecola molto più grande e precisamente Al13(OH)32+7. Le tappe intermedie che portano alla formazione di questo complesso, non possono essere messe in evidenza con facilità. Lo ione Al+3 non costituisce un’eccezione; ad esempio Bi+3 polimerizza in Bi6(OH)12+6, Fe+3 in Fe2(OH)2+4, Pb+2 in Pb4(OH)4+4 ecc.. Sembra che prima della precipitazione dell’idrossido si formano in soluzione i frammenti che poi costituiranno il mosaico dei cristalli. È stato dimostrato infatti che alcuni sali basici Th+4, per es. ThOSO4 allo stato solido è 93 Protoliti costituito da catene Th(O)2Th(O)2Th. In soluzione è stata dimostrata l’esistenza di complessi Th[Th(OH)3]n dove n va da 1 all’infinito. Sono interessanti le regolarità relative ad alcuni acidi organici e precisamente ad una serie di acidi monocarbossilici. CH3COOH Ka=1,8 10-5 pKa=4,75 CH2OHCOOH Ka=1,5 10-4 pKa=3,83 CH2ClCOOH CH2NH3+COOH Ka=1,4 10-3 Ka=4,5 10-3 pKa=2,87 pKa=2,35 Come indicato dai valori di Ka lo ione glicinio è il più forte di tutti perché contiene un gruppo carico positivo che esercita un’azione repulsiva sul protone. Un’azione simile, ma di minore entità è esercitata dal cloro nell’acido monocloroacetico; l’attrazione del cloro per gli elettroni spinge la coppia di elettroni del legame O-H lontano dall’idrogeno per cui questo può staccarsi dall’atomo di ossigeno con minore energia. La sostituzione di un maggior numero di idrogeni con atomi di cloro nell’acido acetico provoca una diminuzione ulteriore della forza attrattiva dell’idrogeno nel legame e si hanno quindi acidi più forti con costanti di ionizzazione maggiori (CHCl2COOH: pKa=1,25). L’acido tricloroacetico è pressoché completamente ionizzato e la sua costante non può essere determinata con accuratezza. La sostituzione di CH3 con CF3 o CCl3 aumenta l’acidità di 4 unità; CHCl2, NO2, C=C di 3 unità; CN, SCN, F, Cl, NH3+, I, CONH2, OH, OCH3 di una unità. L’influenza di un gruppo sulla reattività di un carbossile dipende dalla distanza e dalla posizione come si osserva nel seguente esempio: Ac. Benzoico Ac. p-clorobenzoico Ac. m-clorobenzoico Ac. o-clorobenzoico Ka= 7,3 10-5 Ka= 9,3 10-5 Ka= 1,55 10-4 Ka= 1,32 10-3 94 Capitolo V Acidi e basi in solventi non acquosi Una reazione di ionizzazione è influenzata dalla costante dielettrica o dal potere solvatante del solvente, e cioè dalla sua acidità o basicità. Gli alcool ad esempio si avvicinano all’acqua come costituzione in quanto mediante i gruppi OH sono in grado di formare legami idrogeno, ma hanno una costante dielettrica assai inferiore. Ne consegue che costanti di acidità degli acidi in soluzione alcolica sono da 10 a 100 volte più piccole che in acqua (acqua D = 80; etanolo D = 25). Un solvente si definisce come protonico o protogenico se ha nella sua molecola dell’idrogeno e se può fungere da datore di protoni (acido); si definisce come aprotico se non può fornire protoni (idrocarburi e alogeno derivati): anfiprotico se può comportarsi da donatore ed accettore di protoni. In conseguenza di queste varietà di solventi ne consegue che se un acido, anziché essere messo in acqua, è posto in un solvente che abbia proprietà basiche maggiori dell’acqua, l’acido subirà una ionizzazione maggiore. In ammoniaca liquida l’acido acetico e l’acido benzoico sono forti come l’acido nitrico, cloridrico o l’acido perclorico. Le reazioni CH3COOH + NH3 CH3COO- + NH4+ + NH4+ HCl + NH3 Clprocedono con eguale entità. L’ammoniaca ha cioè nei riguardi di questi acidi un effetto livellante in quanto in essa tutti e cinque gli acidi sono egualmente forti. L’acqua ha invece un’azione livellante solo per gli acidi: HClO4, HCl, HNO3, in quanto l’acqua ha caratteristiche basiche inferiori a quella dell’ammoniaca. L’acido acetico anidro è meno basico dell’acqua, e solo gli acidi più forti reagiscono con esso in modo apprezzabile ad esempio HClO4 + CH3COOH CH3COOH2+ + ClO4Pertanto in questo solvente è possibile apprezzare differenze di forza fra acidi che sono egualmente forti in acqua: HClO4 è il 95 Protoliti più forte, seguito nell’ordine da HBr, H2SO4, HCl e HNO3. L’HF e H2SO4 puri sono solventi fortemente acidi, quindi con proprietà basiche assai deboli. Tutti gli acidi in essi sono debolmente dissociati, mentre esercitano un effetto livellante sulle basi; essi inoltre mettono in evidenza proprietà basiche in sostanze che sono normalmente degli acidi: H2SO4 + CH3COOH CH3COOH2+ + HSO4base2 acido2 base1 acido1 Teoria elettronica degli acidi e delle basi di Lewis Lewis ha sviluppato un concetto più generale di acido e di base, definendo un acido come un accettore di elettroni e cioè di una coppia di elettroni non scambiati ed una base come un datore di elettroni. L’acquisto e la cessione della coppia di elettroni consiste quindi nella formazione di un legame covalente coordinato fra l’acido e la base, come illustrato negli esempi seguenti: Acido H + F •• • F •B •• F • •• ••O • • •• •• ••O S • • ••• •• •O • •• Base Prodotto di reazione •• •• • •• •O • • H •• H + [ ••O •• H] - + H • ••N• • H • •• H + • •• ••O H •• • H F • • F •• B •• F • •• ••O • • •• •• ••O S • • ••• •• •O • •• H • ••N•• H • •• H • •• ••O H •• • H 96 Capitolo V La definizione di Lewis è di carattere prevalentemente formale; essa trova più larga applicazione in chimica organica, mentre gli equilibri analitici sono più facilmente interpretabili secondo la teoria di Brønsted. Il potenziale di acidità Le reazioni acido-base presentano una notevole analogia con le reazioni di ossido-riduzione (Capitolo IX). Mentre nelle reazioni del primo tipo è in gioco un trasferimento di protoni fra un acido e una base, in quelle del secondo tipo è in gioco un trasferimento di elettroni fra una specie riducente e una specie ossidante. In ambedue i tipi di reazioni si possono identificare coppie coniugate: HA1 → H+ + A1Rid1 → Ox1 + n e (1a) (2a) Come un acido non può cedere il protone se non è presente una base di un altro sistema coniugato, così un riducente non può cedere l’elettrone, o gli elettroni, se non è disponibile una specie ossidante appartenente ad un’altra coppia coniugata: HA1+ A2- ↔ HA2 + A1Rid1 + Ox2 ↔ Rid2 + Ox1 (3a) (4a) Messi a contatto, i due sistemi di ossido-riduzione reagiscono fra di loro, alterando le attività delle singole specie in soluzione, finché le due coppie coniugate raggiungono lo stesso potenziale elettrochimico. E’ possibile valutare il potere ossidante o riducente delle diverse coppie redox, e quindi calcolare le variazioni di energia libera in reazioni del tipo (4a) dal potenziale di ossido-riduzione standard. Il potenziale di ossidazione di una coppia redox (es. 2a) viene dato in linea di principio dall’equazione: Protoliti ERid1,Ox1 = E° Rid1, Ox1 + (RT/ n F) ln aOx1/aRid1 97 (5a) dove n è la differenza del numero di elettroni fra i due stati Ox1 e Rid1. Poiché in pratica non esiste la possibilità di misurare il potenziale di un singolo elettrodo, né, d’altra parte, un processo del tipo (2a) può decorrere da solo, si realizza un elemento galvanico accoppiando un elettrodo di platino liscio immerso nel sistema in esame, contenente le specie Rid1 e Ox1 con l’elettrodo standard ad idrogeno. Si ottiene così la pila: Pt │ Rid1, Ox1 ║ H+ (aH+ = 1) │ Pt (H2 1 atm) (6a) La f.e.m. che si misura si riferisce a processi del tipo: Rid1 + n H+ ↔ Ox1 + n/2 H2 (7a) Poiché si attribuisce all’elettrodo standard ad idrogeno il potenziale zero, la f.e.m. misurata, corretta eventualmente per il potenziale di diffusione, corrispondente, convenzionalmente, al potenziale dell’elettrodo immerso nella soluzione redox in esame. Quanto più negativo risulta il potenziale elettronico di tale elettrodo, tanto più evidente appare il carattere riducente del sistema Rid1-Ox1. In una rappresentazione modellistica della pila (6a), poco aderente alla realtà, ma efficace per immaginare la relazione fra responso potenziometrico e comportamento chimico dei sistemi in gioco, si può considerare ciascuno dei due elettrodi di platino come una sonda in grado di rivelare la pressione o la tendenza degli elettroni a staccarsi rispettivamente dai substrati H2 e Rid1. In altri termini è come se in ogni soluzione esistesse una certa concentrazione, magari molto piccola, ma ben definita e misurabile, di elettroni liberi. Per quanto ne sappiamo sulla struttura della materia è del tutto ingiustificato parlare di elettroni liberi in soluzione, si parlerà, convenzionalmente, di attività, o meglio di tendenza al trasferimento degli elettroni. Rammentando quanto è stato detto circa lo stato del protone in 98 Capitolo V soluzione, possiamo a questo punto introdurre il concetto di potenziale di acidità, in tutto analogo al concetto di potenziale di ossido-riduzione. Il potenziale di acidità serve a definire quantitativamente la tendenza al trasferimento del protone da un sistema acido-base ad un altro. Il lavoro reversibile di trasferimento, ∆G, di un protone da un sistema ad un sistema standard di riferimento, arbitrario, può, evidentemente, essere assunto a misura dell’acidità di una soluzione, indipendentemente dal solvente: - ∆Gi = FEi = RT ln (aH+)i (8a) Nella relazione (8a), Ei, è il potenziale di acidità di una generica soluzione, i , dove il protone assume un’attività (aH+)i. E’ chiaro che (aH+)i e quindi -∆Gi, dipende dalla scelta dello stato standard di H+. In pratica E è dato dalla f.e.m. di una pila formata da due elettrodi ad idrogeno, uno, elettrodo di misura immerso nella soluzione in esame e l’altro, elettrodo di riferimento, immerso in una soluzione contenente protoni ad attività unitaria (elettrodo standard a idrogeno). Pt,H2 (1 atm) sol. in esame║ H+ (aH+= 1)│ Pt,H2(1 atm) (9a) Si può giungere agli stessi risultati impiegando un elettrodo di riferimento a calomelano (KCl sat.) e in molti casi l’elettrodo ad idrogeno può essere sostituito dall’elettrodo a vetro. Se l’elettrodo di misura è immerso in una soluzione contente un acido HA, il suo potenziale può essere espresso in funzione della costante di ionizzazione: aH+ aAKa = -------------aHA (10a) 99 Protoliti il potenziale di un generico elettrodo ad idrogeno è infatti: RT E = ------- ln aH+ F sostituendo ad aH+ il valore ricavato dalla (10a) si ha: aHA RT E = E°’ac + ------- ln -------F aH+ (11a) (12a) dove : E°’ac = RT/F ln Ka La costante E°’ac si chiama potenziale di acidità standard della coppia acido-base HA-A-. In pratica, le difficoltà introdotte con l’uso di solventi differenti, l’incerto contributo del potenziale di diffusione e dei coefficienti di attività, rendono poco agevole esprimere il rapporto acido/base in termini di attività. All’uso della relazione (12a) si preferisce, pertanto, l’impiego della analoga equazione espressa in termini di concentrazione: RT [HA] E = E°ac + ------- ln --------F [A-] (13a) dove E°ac rappresenta il potenziale normale di acidità della coppia coniugata HA,A-. E°ac assume quindi un significato puramente empirico e corrisponde alla differenza fra un elettrodo di platino platinato, saturo con idrogeno alla pressione di una atmosfera e immerso in una soluzione acquosa in cui [H3O+] = 1, (elettrodo normale ad idrogeno) e un analogo elettrodo di platino, pure saturo di idrogeno ad una atmosfera, immerso in una soluzione in cui [HA] = [A-]. 100 Capitolo V Un valore elevato del potenziale di acidità corrisponde ad una forte tendenza del sistema a cedere protoni e quindi ad una forte acidità; viceversa un potenziale basso indica una forte tendenza a trattenere i protoni e quindi una forte basicità. Nella tabella seguente sono riportati alcuni valori di E°ac e di –log aH+ per alcune coppie di acido-base. Potenziali normali di acidità di alcune coppie coniugate a 18°C Coppia coniugata HCl ↔ ClC2H5OH2+↔ C2H5OH H3PO4↔H2PO4HF↔FH2CO3↔HCO3NH4+↔NH3 H2O↔OHCH3OH↔CH30- E°ac (volt) ~0.5 + 0.216 + 0.103 - 0.275 - 0.377 - 0.541 - 0.92 ~ - 1.0 - log aH+ - 8.4 - 3.7 - 1.8 4.75 6.50 9.35 15.8 ~ 17 CAPITOLO VI EQUILIBRI PROTOLITICI Gli equilibri che si stabiliscono in soluzione acquosa possono essere ricondotti ad equazioni e a schemi risolutivi molto semplici. L’impiego delle relative formule è valido se si ammette che si realizza un equilibrio unico e che le forze interioniche che sono in realtà sempre apprezzabili siano di entità trascurabile; tali condizioni non si verificano in realtà quasi mai e ne consegue, pertanto, che la valutazione di un equilibrio può essere sensibilmente influenzata da queste approssimazioni. Si tenga presente però che in molti casi i problemi relativi agli equilibri, apparentemente molto complessi, possono essere risolti in forma semplice perché possono essere apportate semplificazioni senza che queste diminuiscano l’accuratezza del calcolo. Questo capitolo è dedicato al calcolo degli equilibri protolitici e alla considerazione dei vari casi che possono presentarsi. I criteri di massima utilizzati nella trattazione degli equilibri acido-base possono comunque essere estesi a qualunque tipo di equilibrio (redox, precipitazione ecc.). Quando si deve risolvere un problema, in cui prendono parte più equilibri (nella realtà è il caso più generale) è opportuno seguire i seguenti criteri: a) scrivere l’equazioni chimiche relative a tutte le reazioni che si ritiene possano verificarsi; b) scrivere le relazioni di equilibrio applicando la legge di azione di massa; c) scrivere l’espressione relativa al bilancio delle masse per le varie specie. Queste espressioni algebriche forniscono una relazione fra le concentrazioni delle specie in equilibrio e la concentrazione analitica (formale) delle sostanze in soluzione. Se ad esempio sciogliamo in un litro d’acqua 0,1 moli di cloruro di ammonio, il bilancio delle masse relative a questi ioni 101 102 , Capitolo VI tenendo conto dell’equilibrio seguente : NH3 + H+ NH4+ è, Bilancio Massa Azoto: 0,1= [NH3] + [NH4+] 0,1= [Cl-] Bilancio Massa Cloro: Se si solubilizza in un litro d’acqua 0,1 moli di acido acetico e 0,25 moli di acetato di calcio si ha: Bilancio Massa (acetato) 0,6 = [CH3COOH] + [CH3COO-] Bilancio Massa (calcio) 0,25 = [Ca+2] d) scrivere la relazione di elettronegatività. In ogni soluzione le concentrazioni dei cationi e degli anioni devono essere tali per cui la soluzione deve risultare neutra e tale condizione si ottiene dalla relazione di elettronegatività. Per scrivere la relazione di elettroneutralità si devono considerare tutti gli ioni presenti in soluzione. Analizziamo ad esempio una soluzione 0,2 M di NaNO3. Gli ioni presenti in soluzione sono Na+ e NO3- provenienti dal sale e H+ e OHprovenienti dall’acqua; la relazione di elettroneutralità è: Elettroneutralità: [Na+] + [H+] = [NO3-] + [OH-] Sostituendo i valori numerici si ha 0,2 + 1×10-7= 0,2 + 1×10-7 La relazione viene utilizzata anche se non sono noti i reali valori delle concentrazioni. Ad esempio per una generica soluzione di H2S la relazione di elettroneutralità è: Elettroneutralità: [H+] = [OH-] + [HS-] + 2[S-2] e) in base alle espressioni b), c) e d) contare il numero delle incognite e delle equazioni indipendenti. Se il numero delle incognite è uguale al numero delle equazioni, il problema può essere risolto mediante normali operazioni algebriche. Se il numero delle equazioni è minore del numero delle incognite, cercare di ottenere ulteriori equazioni, ma se ciò non è possibile, si deve concludere che non può ottenersi una soluzione esatta del problema. Si può, comunque, ottenere la risoluzione del problema mediante approssimazioni; f) per semplificare il calcolo e per ridurre il numero delle incognite fare delle opportune semplificazioni; g) risolvere le equazioni algebriche; Equilibri protolitici 103 h) verificare con i valori ottenuti se le approssimazioni fatte sono valide; Si raccomanda di impostare un qualunque problema analitico secondo i criteri esposti; ciò è essenziale quando si tratta di problemi complessi, per i quali è necessario apportare approssimazioni semplificatrici. Calcolo della concentrazione di ioni e di molecole di un acido monoprotico o di una base e di acidi poliprotici Si prenda in esame la soluzione di un acido debole, HA, di concentrazione molare, C. Le relazioni di equilibrio sono HA + H2O H3O+ + A[ H + ][ A- ] Ka [ HA ] (1) K w = [ H + ][ OH − ] (2) dal bilancio delle masse (B.M:) e dal principio di ettroneutralità (EN.) si ottiene: (3) B.M. : C = [HA] + [A-] + EN. : [H ] = [A ] + [OH ] (4) Le relazioni (3) e (4) contengono quattro concentrazioni incognite: esse possono essere cambiate mediante addizione o sottrazione per eliminare una di queste (ad es. A-): B.M. – EN.: C – [H+] = [HA] - [OH-] (5) [HA] = C - [H+] + [OH-] e ricavando [A-] dalla relazione di EN. si ha: [A-] = [H+] - [OH-] (6) Le quattro equazioni (1), (2), (5) e (6) permettono il calcolo delle quattro incognite: [H+], [OH-], [HA] e [A-]. Combinando tali equazioni in modo da esprimerle in funzione di[H+],si ha: 104 Capitolo VI , Ka = [ H + ] ([ H + ] − K w [ H + ]) [ H + ]3 − K w [ H + ] = C[ H + ] − [ H + ]2 + K w C − [H + ] + K w[H + ] e da questa [H+]3 + Ka [H+]2 – (C Ka + Kw) [H+] - KwKa=0 (7) Nessuna approssimazione è stata eseguita per ricavare questa equazione, pertanto data la difficoltà di risolvere un’equazione cubica è opportuno valutare i singoli termini. A concentrazione ordinarie il termine (Kw x Ka) è molto piccolo rispetto agli altri termini ed anche Kw è piccolo rispetto al termine (C x Ka). Dopo queste considerazioni la relazione (7) si può scrivere nella forma seguente: [H+]3 + Ka [H+]2 – C Ka [H+] ≈ 0 e dividendo per [H+] si ha H+]2 + Ka [H+] – CKa = 0 (8) Questa equazione di secondo grado è facilmente risolvibile, ma se il grado di ionizzazione dell’acido è piccolo, e cioè [H+]<<<Ka, si ha la seguente espressione: [ H + ] = K aC (9) + in pratica si utilizza la relazione (9), se [H ] è inferiore al 10% di C, cioè [H+] < 0,1 C. Alcuni esempi potrebbero chiarire l’uso delle diverse formule. Esempio 1. Calcolare la concentrazione degli ioni e delle molecole presenti in una soluzione 0,1 M di acido formico. L’equilibrio è HCOOH + H2O H3O+ + HCOO- Equilibri protolitici 105 [ H 3O + ][ HCOO − ] = 1,8 × 10 −4 [ HCOOH ] se [OH ] è trascurabile, [H+]=[HCOO-] e dal bilancio delle masse (B.M.) si ha [HCOOH]=0,1-[HCOO-]=0,1-[H+] Sostituendo nella espressione della costante di equilibrio si ottiene [ H + ]2 1,8 × 10 −4 = 0 ,1 − [ H + ] non si può prevedere se potrà essere utilizzata l’equazione approssimata (9) per la risoluzione del problema; si consiglia di verificare successivamente la validità. Per ora applichiamo la (9) e si ottiene Ka = [ H + ] = 0 ,1 × 1,8 × 10 −4 = 4 ,2 × 10 −3 M Il valore ottenuto è inferiore al 10% di 0,1 e viene quindi considerata soddisfacente l’approssimazione. I risultati sono pertanto = 4,2 10-3 M [H+] = [HCOO-] [HCOOH] = 0,1 – 0,0042 = 0,096 M + -12 = 2,4 10 M [OH ] = Kw / [H ] Si può notare che la concentrazione dello ione ossidrile è trascurabile rispetto a quella degli altri ioni. Esempio 2. Calcolare la concentrazione degli ioni e delle molecole in una soluzione di acido monocloroacetico 0,01 M. CH2ClCOOH + H2O CH2ClCOO- + H3O+ [ H 3O + ][ CH 2 ClCOO − ] Ka = = 1,4 × 10 -3 [ CH 2 ClCOOH ] Se utilizziamo l’equazione approssimata si ha [ H + ] = 0 ,01 × 1,4 × 10 −3 = 3 ,7 × 10 −3 M questo valore risulta più elevato del 10% di 0,01 ed è necessario, pertanto, impiegare la (8) e risolvere l’equazione di secondo grado: 106 , Capitolo VI [H+]2 + 1,4×10-3 [H+] – 1,4×10-5 = 0 [H+] = 3,1×10-3 M Possiamo ottenere lo stesso risultato applicando la formula risolutiva dell’equazione di II grado o mediante approssimazioni successive. Infatti applicando la (9) è stato ottenuto che: [H+]1= 3,7×10-3 M questo valore può essere inserito nell’equazione dell’equilibrio al denominatore, ottenendo [ H + ] 22 −3 K a = 1,4 × 10 = 0 ,01 − 0 ,0037 da cui [ H + ] 2 = 1,4 × 10 −3 × 0 ,063 = 3 ,0 × 10 -3 M inserendo [H+]2 nell’espressione della costante, al denominatore, si ha [ H + ]32 1,4 × 10 −3 = 0 ,01 − 0 ,003 da cui [ H + ]3 = 1,4 × 10 -3 × 0 ,007 = 3 ,1 × 10 -3 M I valori di [H+]2 e [H+]3 differiscono sulla seconda cifra significativa e sono quindi sufficientemente approssimati per fini analitici. Le concentrazioni sono pertanto [H+] = [CH2ClCOO-] [CH2ClCOOH] = 0,01-0,0031 = 0,0069 M [OH-] = Kw/[H+]3 = 3,2×10-12 M Esempio 3. Calcolare la concentrazione idrogenionica di una soluzione 10-7 M di HCl. La reazione di ionizzazione è HCl + H2O → H3O+ + ClDalla reazione di elettroneutralità si ha [H+] = [Cl-] + [OH-] essendo [Cl-] = 10-7 e sostituendo tale valore nella relazione del Equilibri protolitici 107 prodotto ionico dell’acqua otteniamo Kw=1×10-14 = [OH-] × (10-7+[OH-]) E risolvendo l’equazione di secondo grado si ottiene: [H+] = 1,6×10-7 M Esempio 4. Calcolare il pH di una soluzione 0,02 M di benzoato di sodio. La reazione di ionizzazione dello ione benzoato è C6H5COO- + H2O C6H5COOH + OH[ C H COOH ][ OH − ] K w 1 × 10 −14 Kb = 6 5 = = = 1,6 × 10 −10 − −5 K [ C6 H 5 COO ] 6 ,3 × 10 a questa reazione può essere indicata anche come reazione d’idrolisi dello benzoato: [C6H5COOH] = [OH-] [0,02 – OH-] = [C6H5COO-] [ OH - ] 2 [ OH - ] 2 K b = 1,6 × 10 −10 = = 0 ,02 0 ,02 − [ OH ] -6 [OH ] =1,8×10 pOH = 5,75 pH = 8,25 Con il termine di grado di ionizzazione (α) viene definita la frazione di elettrolita che si ionizza. La relazione che lega α con la costante di dissociazione in base alla legge di Ostwald è: HA + H2O H+ + ACα Cα C(1-α) Ka = [ H + ][ A − ] C 2 × α 2 C × α 2 = = [ HA] 1-α C (1 − α ) (10) se α è inferiore a 0,1 (10% di ionizzazione) si ha la forma approssimata 108 , Capitolo VI Ka (11) C Il grado di ionizzazione di un protolita può essere espresso in funzione della costante di dissociazione e della concentrazione idrogenionica. Se consideriamo un acido HA si ha: α~ α= Concentrazione di HA che si dissocia Concentrazione totale di HA = [ A− ] [ A− ] = [HA][ A− ] [H + ][ A − ] + [ A− ] Ka Dividendo tutti i termini per [A-] si ottiene: Ka α= Ka + [ H + ] (12) Esempio 5. Calcolare il grado di ionizzazione di una soluzione di acido propionico 0,03 M. L’esercizio può essere risolto calcolando [H+] (=C×α) o mediante le equazioni (10) e (11). L’equilibrio dell’acido HPr + H2O H+ + PrC 2 ×α 2 0,03 × α 2 −5 Ka = = 1,3 × 10 = ≈ 0,03 × α 2 1−α C (1 − α ) -2 α = 2,1×10 = 2,1% l’impiego della (11) è corretta poiché α < 0,1. Esempio 6. Calcolare il grado di ionizzazione dell’acido cianidrico (Ka = 4 10-10) a pH=7. Il valore di α si può calcolare mediante la relazione (12) 4 × 10 −10 α= = 4 × 10 −3 e cioè 0,4% −10 −7 4 × 10 + 1 × 10 Questo esempio indica che un acido debole anche a diluizione spinta è poco dissociato, poiché la concentrazione idrogenionica dell’acqua è tale da avere influenza preponderante Equilibri protolitici 109 sull’equilibrio. Nel caso di un acido poliprotico si stabiliscono una serie di equilibri che vanno considerati secondo i criteri indicati di seguito. Nel caso di un acido diprotico (H2A) si ottiene la seguente espressione per il calcolo della concentrazione idrogenionica in funzione delle costanti di dissociazione Ka1 e Ka2 e della concentrazione analitica C. [H+]4+Ka1[H+]3+(Ka1Ka2-CKa1-Kw)[H+]2-Ka1(2CKa2+Kw)[H+](13) Ka1Ka2Kw = 0 Il grado dell’equazione risolutiva come nel caso dell’acido monoprotico è di una unità maggiore del numero delle costanti di equilibrio. La (13) è un’equazione di 4° grado, ma apportando delle semplificazioni, opportune, i problemi relativi ad acidi poliprotici si possono risolvere senza difficoltà come è riportato negli esempi seguenti. Esempio 7. Calcolare la concentrazione degli ioni e delle molecole in una soluzione 0,1M di H2S. Gli equilibri dell’H2S sono [ H + ][ HS - ] K a1 = = 1 × 10 −7 H2S+H2OH++HS[ H2S ] HS-+H2OH++S-2 K a2 = [ H + ][ S 2- ] = 1,3 × 10 -13 − [ HS ] Bilanciando le masse si ottiene B.M.: C = [H2S] + [HS-] + [S-2] e dalla relazione di elettroneutralità EN.: [H+] = [OH-] + [HS-] + 2[S-2] Il numero delle incognite è maggiore del numero delle equazioni, ma il problema può essere risolto introducendo qualche semplificazione. Se la soluzione è acida, [OH-] può essere trascurata; dal valore molto piccolo di Ka2 si deduce che pochi ioni HS- si dissociano a S-2, pertanto la [S-2] risulterà molto piccola rispetto alla [HS-]. Si ha quindi che: [H+] = [HS-] C = [H2S]+[HS-] ed essendo 110 , Capitolo VI si ha che: [H2S] = C-[H+] sostituendo questi valori si ottiene che [ H + ]2 [ H + ]2 K a1 = 1 × 10 −7 = ≈ 0 ,1 0 ,1 − [ H + ] + -4 da cui [H ] =1 10 ≈[HS ] e [H2S]=0,1-0,0001≈0,1 M il valore di [S-2] è ricavato dalla Ka2: [ H + ][ S −2 ] 1 × 10 -4 [ S −2 ] = ⇒ [ S −2 ] = 1,3 × 10 −13 M −4 [ HS ] 1 × 10 Ora inserendo questi valori nelle relazioni del bilancio delle masse e di elettroneutralità si può verificare la validità delle approssimazioni apportate. K a2 = Esempio 8. Calcolare la concentrazione delle varie specie ioniche in una soluzione 0,1 M di acido tartarico (H2A) le cui costanti di dissociazione sono Ka1= 9,6×10-4 e Ka2 = 2,8×10-5. Poiché le due costanti differiscono di poco il problema deve essere risolto impiegando la (13) o mediante approssimazioni successive. Trascurando per ora la seconda dissociazione si può assumere che [H+]1 = [HA-]1 [ H + ] 1 = ( 9 ,6 × 10 −4 × 0 ,1 ) = 9 ,8 × 10 −3 [A-2]1=2,8×10-5 considerando la relazione di elettroneutralità: [H+]=[HA-]+2[A-2] ponendo: [H+]2= 9,8×10-3+2,8×10-5= 9,83×10-3 (14) [HA-]2= 9,8×10-3–2,8×10-5= 9,77×10-3 (la differenza tra [H+]2 e [HA-] è eguale a 2A-2 secondo la (14)), si ricava dalla Ka2 un nuovo valore di [A-2]: [A-2]2 = 2,78×10-5 Equilibri protolitici 111 questo valore è in pratica uguale a quello ottenuto nella prima approssimazione; e quindi si ha: [H+] = 9,83×10-3 M; [HA-] = 9,77×10-3 M; [A-2] = 2,78×10-5 M Dal bilancio di massa si calcola la concentrazione dell’acido indissociato: [H2A] = C – [HA-] – [A-2] = 0,1 – 9,77 10-3 – 2,78 10-5 = 9,0 10-2 M Esempio 9. Calcolare la concentrazione di tutte le specie presenti in una soluzione di acido ossalico 0,1 M in cui Ka1=5,4×10-2 e Ka2=5,4×10-5. Poiché Ka1 è relativamente grande, [H+] non può essere calcolato con l’equazione approssimata, ma è necessario risolvere l’equazione di secondo grado [H+ ] = − K a1 ± K a21 − 4 K a1C = 5 ,15 × 10 −2 2 dal valore di Ka2 si risale al valore di [C2O4-2]: Ka2≈[C2O4-2]=5,4×10-5 M Dalla relazione di elettroneutralità si ricava [HC2O4-]: [HC2O4-] = [H+]–2 [C2O4-2] [HC2O4-] = 5,15×10-2-1,08×10-4= 5,14×10-2 M [H2C2O4] si ottiene dall’espressione relativa al bilancio di massa [H2C2O4] =C-[HC2O4-]-[C2O4-2] = 0,1-5,14×10-2-5,4×10-5 = 4,86×10-2 M Basi poliprotiche Esempi di basi poliprotiche sono le basi coniugate degli acidi poliprotici quali CO3-2, PO4-3, HPO4-2, S-2, AsO4-3, HAsO4-2. Basi poliprotiche sono l’etilendiammina (NH2CH2CH2NH2) e le poliammine. Il calcolo della concentrazione delle varie specie 112 Capitolo VI , all’equilibrio per queste basi poliprotiche è analogo a quello dei corrispondenti acidi con una sola differenza; poiché la sola fonte di uno ione come il carbonato o il fosfato è il sale, si ha in soluzione un’altra specie cioè il corrispondente catione. Per una soluzione di un sale come Na2A le specie all’equilibrio sono pertanto: Na+, A-2, HA-, H2A e OH-, che provengono dalle seguenti reazioni A-2 + H2O HA- + OH- Kb1 - Kb2 HA + H2O H2A + OH All’equilibrio si possono scrivere le seguenti relazioni: Kw=[H+]×[OH-] [ HA− ][ OH − ] K b1 = [ A −2 ] [ H 2 A ][ OH - ] [ HA- ] B.M.: K b2 = Kw=Kb1×Ka2 Kw=Kb2×Ka1 Cb = [A-2] + [HA-] + [H2A] Cb = [Na+] [Na+] + [H+] = 2[A-2] + [HA-] + [OH-] EN.: Risolvendo queste equazioni simultaneamente si ottengono espressioni simili a quelle ottenute per gli acidi poliprotici ed a considerazioni analoghe, come si può osservare negli esempi successivi. Esempio 10. Calcolare il pH di una soluzione 0,1 M di Na2S. Per H2S si ha Ka1=1×10-7 e Ka2=1,3×10-13. Il valore di Kb1 si ricava da Kw = Ka2 Kb1. K 1 × 10 −14 K b1 = w = = 0 ,077 K a 2 1,3 × 10 −13 Come si può notare il valore di Kb1 è elevato pertanto il calcolo di [OH-] deve essere eseguito risolvendo l’equazione di secondo grado Equilibri protolitici 113 [OH-]2 + Kb1 [OH-] –Kb1 Cb = 0 [OH-] = 0,057 M il valore di pH corrispondente è 12,76. Esempio 11. Calcolare il pH, la concentrazione di tutte le specie in soluzione ed il grado di ionizzazione dello ione carbonato come base, in una soluzione 0,2 M di Na2CO3. Le costanti di dissociazione sono Ka1=4,3×10-7 e Ka2 = 4,75×10-11. Gli equilibri sono: -2 CO3 + H2O HCO3- + OH[ HCO3− ][ OH - ] K w 1 × 10 −14 K b( CO − 2 ) = = = = 2 ,1 × 10 −4 K a 2 4 ,75 × 10 −11 [ CO3−2 ] HCO3- + H2O H2CO3 + OH[ H 2 CO3 ][OH - ] K w 1 × 10 - 14 K b ( HCO − ) = = = = 2,1 × 10 - 8 - 7 3 K a1 4,3 × 10 [ HCO3 ] Il valore della seconda costante di dissociazione (Kb2= 2,1×10-8) è molto più piccola della prima pertanto può essere trascurata. Possiamo scrivere quindi che [HCO3-] ≈ [OH-] [CO3-2] = 0,2 – [OH-] ≈ O,2 M [ OH - ] 2 K b1 ≈ = 2 ,1 × 10 -4 0 ,2 da cui si ha [OH-] = 6,5 10 –3 M ≈ [HCO3-] [CO3-2] = 0,2 – 0,0065 ≈ 0,2 M pH = 14 – pOH = 11,82 La concentrazione dell’acido molecolare (H2CO3) è in pratica eguale alla seconda costante [H2CO3] =Kb2 = 2,3×10-8 M Il grado di ionizzazione (α) è dato dal rapporto fra la concentrazione totale delle specie protonante e la concentrazione analitica dello ione carbonato: 114 , Capitolo VI [HCO3− ] +[H2CO3] 6,5×10−3 + 2,3×10−8 α= = 3,2×10−2 ⇒ 3,2% = 0,2 0,2 Effetto dello ione in comune La dissociazione di un elettrolita viene retrocessa, ma non annullata, aumentando la concentrazione di uno dei prodotti della dissociazione. Se ad esempio si aggiunge acido cloridrico (HCl) ad una soluzione di acido acetico, di cloruro di ammonio o di fosfato mono-acido le relative reazioni di dissociazione CH3COOH CH3COO- + H+ NH4+ H+ + NH3 H2PO4- H+ + HPO4-2 Vengono retrocesse per la presenza dello ione H+; la dissociazione di questi elettroliti viene egualmente retrocessa aggiungendo alle soluzioni rispettivamente ioni acetato, ammoniaca e HPO4-2. La dissociazione di una base viene analogamente retrocessa aggiungendo alla soluzione di questa una base forte come l’idrossido di sodio. Esaminiamo ora una serie di casi d’interesse analitico, nei quali viene utilizzato l’effetto dovuto allo ione in comune. Miscele di protoliti di forza differente Se abbiamo una miscela di acidi (o basi) forti o deboli si può prevedere che essendo la dissociazione dell’elettrolita debole repressa, la concentrazione dello ione idrogeno e dello ione ossidrile e determinata quasi esclusivamente dalla concentrazione dell’acido o dalla base forte, come si evidenzia nei casi seguenti: Esempio 12. Calcolare la concentrazione delle varie specie presenti in una soluzione che è 0,05 M in H2S e 0,3 M in HCl. Stabilire criteri per la titolabilità di queste miscele. Equilibri protolitici 115 Gli equilibri di dissociazione sono: H2S H+ + HSHS- H+ + S-2 [ H + ][ HS − ] K a1 = = 1 × 10 −7 [ H2S ] [ H + ][ S -2 ] = 1,3 × 10 -13 − [ HS ] Poiché gli ioni idrogeno provengono quasi esclusivamente dall’acido forte, [H+] può essere considerato eguale alla concentrazione analitica di HCl, quindi [H+] ≈[Cl-] = 0,3 M Sostituendo questa concentrazione nell’espressione di Ka1 e Ka2 si ha 0 ,3[ HS - ] K a1 = 1 × 10 −7 = ⇒ [ HS − ] = 1,7 × 10 -8 M 0 ,05 K a2 = K a 2 = 1,3 × 10 -13 0 ,3[ S -2 ] = 1,7 × 10 -8 ⇒ [ S −2 ] = 7 ,4 × 10 −21 M ⇒ [OH-]=3,3×10-14 M Kw=1×10-14=0,3[OH-] Per verificare l’attendibilità dei risultati ottenuti, utilizziamo le relazioni del bilancio delle masse e di elettroneutralità B.M.: 0,05 = [H2S] + [HS-] + [S-2] [H+] = [Cl-] + [HS-] + 2 [S-2] + [OH-] EN.: Sostituendo abbiamo che [H2S] = 0,05 – 1,7 10-8 – 7,4 10-21 ≈ 0,05 M [H+] = 0,3 + 1,7 10-8 +2 × 7,4×10-21+ 3,3×10-14 ≈ 0,3 M La concentrazione di [H2S] e di [H+] risultano in pratica eguali a 0,05 M e 0,3 M, confermando l’ipotesi fatta. La determinazione di un acido mediante titolazione (alcalimetria) dipende dalla possibilità di poter apprezzare il punto equivalente o mediante indicatori o mediante metodi strumentali. Nel caso di un acido forte in soluzione non molto 116 , Capitolo VI diluita la titolazione è completa nell’intervallo di pH 5 e 9. In questo caso utilizzando un indicatore il cui intervallo di viraggio è in campo acido (metilarancio, verde di bromocresolo) è possibile determinare il contenuto di acido forte. La determinazione di H2S per via alcalimetrica non è possibile in quanto Ka1C<10-8 che è il limite utilizzato per una titolazione in ambiente acquoso. Esempio 13. Calcolare la concentrazione delle varie specie presenti in una soluzione 0,1 M in Na2CO3 e 0,01 M in NaOH. Gli equilibri relativi sono: CO3-2 + H2O HCO3- + OH[ HCO3− ][ OH − ] K b1 = = 2 ,1 × 10 −4 −2 [ CO3 ] HCO3- + H2O H2CO3 + OH[ H 2 CO3 ][ OH - ] Kb2 = = 2 ,3 × 10 -8 [ HCO3 ] A prima vista si può osservare che la piccola concentrazione della base forte OH- non è in grado di reprimere completamente la dissociazione della base CO3-2, che risulta anche essa abbastanza forte. Dal bilancio delle masse per lo ione carbonato (si trascura H2CO3) si ha: [CO3-2] = 0,10-[HCO3-] e in base alla prima reazione di dissociazione avremo [OH-]= 0,01+[HCO3-] Sostituendo nella Kb1 si ha: 0 ,01 + [ HCO3− ] K b1 = 2 ,1 × 10 -4 = [ HCO3- ] 0 ,1 − [ HCO3- ] risolvendo l’equazione di secondo grado si ha: [HCO3-]=1,76×10-3 M e da questo sostituendo [CO3-2] =9,8×10-2 M [OH-] =1,76×10-2 M -8 [H+] = 8,5×10-13 M [H2CO3] = 3,45×10 M Soluzioni Tampone Equilibri protolitici 117 Le miscele tampone sono soluzioni che hanno la capacità di mantenere approssimativamente costante il loro pH per aggiunte di piccole quantità di acido o base forte. Esse possono essere costituite da una miscela di un acido debole e da un suo sale molto dissociato (fornisce la base coniugata dell’acido), o da un catione (un acido debole come NH4+) e dalla base coniugata (NH3) o da due anioni come H2PO4- e HPO4-2 che si comportano rispettivamente da acido e base. Il loro impiego trova una larga applicazione in molti settori della chimica, della biochimica ecc. ed in modo particolare nelle determinazioni analitiche, in quanto controllando la concentrazione idrogenionica di una soluzione, indirettamente si regola la concentrazione di alcuni ioni utilizzati in reazioni di precipitazione o complessazione (OH-, S-2, CrO4-2, CO3-2, Ca+2, Mg+2 ecc.). Gli equilibri che si stabiliscono in una soluzione tampone sono facilmente interpretabili ed il calcolo della concentrazione idrogenionica fornita da una soluzione tampone può essere eseguito in modo semplice. Si consideri una soluzione 0,1 M in acido acetico e 0,05 M in acetato di sodio. La reazione di equilibrio dell’acido acetico è CH3COOH CH3COO- + H+ [ CH 3COO − ][ H + ] Ka = [ CH 3 COOH ] Poiché l’ac. acetico è un elettrolita debole e la sua dissociazione è ulteriormente repressa dalla presenza di uno ione in comune, si può scrivere in prima approssimazione, e [CH3COOH]≈0,1 M [CH3COO-] ≈ 0,05 M sostituendo nella relazione di equilibrio si ottiene: 0 ,1 [ H + ] = 1,8 × 10 −5 = 3 ,6 × 10 −5 0 ,05 -5 pH=-log(3,6×10 ) = 4,44 L’espressione comunemente impiegata per il calcolo della concentrazione idrogenionica di una soluzione tampone, costituita da un acido debole HA, e dalla base coniugata A- è 118 , Capitolo VI pertanto la seguente: [ HA ] [ H + ] = Ka (14) [ A− ] se la soluzione è costituita da una base debole B e dal suo acido BH, essa è K [ BH ] [H+ ] = w (15) Kb [ B − ] Queste espressioni sono valide nei limiti delle approssimazioni fatte. Si può ricavare un’espressione di validità generale sulla base dei criteri descritti sino ad ora. Si consideri,ora, una miscela di a moli di acido HA e di b moli della base coniugata A- sotto forma del sale completamente dissociato MeA. Si hanno le seguenti relazioni: B.M.: a + b = [A-] + [HA] [H+] + [Me+] = [A-] + [OH-] EN.: Poiché il sale è completamente dissociato [Me+] = b e dalla relazione di elettroneutralità si ottiene: e [HA] = [OH-] + a - [H+] [A-] = [H+] + b - [OH-] Da cui si ha: a − [ H + ] + [OH − ] [H + ] = K a (16) b + [ H + ] − [OH - ] Questa equazione è stata derivata senza alcuna approssimazione; se [H+] e [OH-] sono trascurabili rispetto alla concentrazione dell’acido e della base , dalla (16) si riottiene la (14). Verifichiamo l’impiego di queste formule con un esempio. Esempio 14. Calcolare la concentrazione idrogenionica di una soluzione 0,01 M di acido monocloroacetico (CH2ClCOOH) e 0,01 M di monocloroacetato di sodio (CH2ClCOONa). Ka=1,4×10-3. Applicando l’equazione (14) si ottiene: 0 ,01 [ H + ] = 1,4 × 10 −3 = 1,4 × 10 -3 M 0 ,01 119 Equilibri protolitici Le concentrazioni analitiche della miscela sono relativamente piccole, ed è consigliabile eseguire il calcolo applicando l’equazione (16); risolvendo l’equazione di secondo grado 0 ,01 − [ H + ] = 1,1 × 10 -3 M [ H + ] = 1,4 × 10 -3 + 0 ,01 + [ H ] Questa soluzione è ovviamente più corretta della precedente, anche se i valori risultano abbastanza simili. Capacità tamponante (indice tampone) Con il termine di capacità tamponante o indice tampone di una soluzione, si definisce la variazione di pH della soluzione per aggiunta di un acido o di una base forte; essa viene espressa matematicamente come la derivata della quantità di acido o di base aggiunta rispetto al pH: ∂C ( equiv. / litro ) β= ∂pH ( unità di pH Tanto maggiore è il valore di β tanto maggiore è la capacità tamponante. Cerchiamo di chiarire il suo significato pratico. Prendiamo in esame un acido HA, la cui costante di dissociazione è 1 10-5, il quale viene mescolato in rapporti diversi con una sua base coniugata (NaA) in modo da ottenere tre soluzioni con la seguente composizione: 1) 0,01 M HA e 0,0001 M A- pH = 3,57 2) 0,01 M HA e 0,01 M A- pH = 5,0 3) 0,0001 M HA e 0,01 M A- pH = 7,0 Per aggiunta di 0,5 mL di base forte 0,01 M a 100 mL di queste soluzioni, variano le relative concentrazioni dell’acido e della base coniugata. Il loro pH è di seguito calcolato: [H+ ] = 99 ,5 × 10 −2 − [ H + ] K a = 2 ,52 × 10 -4 −2 + 1,5 × 10 + [ H ] ⇒ pH = 3 ,6 120 , Capitolo VI 99 ,5 K a = 0 ,99 × 10 −5 ⇒ pH = 5 ,00 100 ,5 0 ,5 [H+ ] = K a = 5 × 10 -8 ⇒ pH = 7 ,30 100 ,5 Questo calcolo mostra che per l’aggiunta della stessa quantità di base il pH del primo tampone varia di 0,03 unità, quello del secondo non è influenzato affatto e quello del terzo varia di 0,3 unità. Le tre soluzioni hanno quindi una differente “capacità tamponante” o “potere tampone”. Diagrammando la capacità tamponante, β, di una soluzione 0,1 M di acido acetico in funzione del pH si ottiene il grafico di Fig. VI-1. Il valore minimo corrisponde alle soluzioni contenenti solo acido acetico ed acetato di sodio ed il valore massimo alla soluzione contenete una miscela equimolecolare di questi due composti. In base a queste osservazioni si conclude che il potere tamponante di una soluzione dipende dalle concentrazioni dell’acido (base) e della base (acido) coniugata e dal relativo rapporto. Il massimo potere tamponante si ha in quelle miscele in cui la concentrazione molare dell’acido è eguale a quella della base. L’intervallo di pH in cui una miscela esercita un’azione tampone è all’incirca calcolabile dalla relazione pH = pKa ±1 [H+ ] = Preparazione di soluzione tampone Soluzioni tampone possono essere preparate nei seguenti modi: a) mescolando un acido debole e la sua base coniugata. b) mescolando un acido debole in eccesso con una limitata quantità di base forte c) mescolando la base coniugata in eccesso con una limitata quantità di acido d) preparando una soluzione di un anfolita (vedi anfoliti) 121 Equilibri protolitici β 0.075 0.050 0.025 0.000 0 2 4 6 8 10 12 pH Figura VI-1. Capacità tamponante di una soluzione 0,1 M di acido acetico in funzione del pH. L’intervallo di pH in cui un dato tampone può essere impiegato dipende dal pK dell’acido o della base; alcuni sistemi che forniscono i tamponi più comunemente impiegati sono di seguito riportati: 122 Capitolo VI Acido Ftalico Formico Acetico Ftalato acido H2PO4(C2H4OH)3NH+ H3BO3 NH4+ HCO3HPO4-2 Base coniugata pKa Ftalato acido Formiato Acetato Ftalato HPO4-2 Trietanolamina Borato NH3 CO3-2 PO4-3 2,95 3,76 4,76 5,41 7,20 7,77 9,24 9,24 10,33 12 pH Intervallo 2,2 – 4.0 2,8 – 4,6 3,7 – 5,8 4,0 – 6,2 5,8 – 8,0 7,0 – 8,5 7,0 – 9,2 8,8 – 9,2 9,2 – 11,9 11,0 – 12,0 Per pH < 2 e >12 si impiegano rispettivamente soluzioni di acido forte (HCl, HClO4, ecc.) e di base forte (OH-); queste soluzioni contengono una notevole concentrazione di H+ e di OH- così che l’aggiunta di piccole quantità di acido o di base provocano solo piccole variazioni delle concentrazioni iniziali. La preparazione di alcune miscele tampone viene illustrata negli esempi seguenti: Esempio 15. Calcolare il volume di soluzione 0,5 M di NH3 da mescolare con 10 g di NH4Cl per avere una soluzione finale che abbia pH = 9,24. Essendo il pKa per l’ammoniaca eguale a 9,24 è necessario mescolare NH3 e NH4Cl in quantità equimolecolari. Essendo 10 = 0 ,187 moli = 187 mmoli NH 4 Cl Il volume di NH3 0,5 M da aggiungere è n 0 ,0187 M1 = M 2 = = 374 mL V 0 ,5 Esempio 16. Calcolare il pH di un tampone preparato mescolando 20 mL 0,50 M di acido acetico e 10 mL 0,40 M di Equilibri protolitici 123 idrossido di sodio. Consideriamo la reazione di neutralizzazione per determinare le specie all’equilibrio: Moli iniz. Moli equil. CH3COOH + NaOH CH3COONa + H2O 0,01 0,004 0,006 --0,004 Sostituendo questi valori nell’equilibrio dell’acido si ottiene: 6 ] + −5 V [ H ] = 1,8 × 10 = 2 ,7 × 10 −5 ⇒ pH= 4,57 4 [ ] V si voti che il volume finale della soluzione è V (30×10-3 L). [ Equilibri in soluzione acquose contenenti diversi protoliti I casi descritti, finora, si riferiscono ad equilibri relativi ad un solo protolita; nell’uso pratico è frequente il caso di soluzioni contenenti più acidi e basi. I criteri descritti permettono di risolvere problemi di questo genere; vengono comunque presentati alcuni casi che possono presentare qualche difficoltà nella loro risoluzione. Soluzioni contenenti due acidi o due basi deboli Se uno degli acidi è più forte ed è in concentrazione maggiore, la concentrazione idrogenionica della soluzione è determinata da questo acido. Esaminiamo ora una soluzione che contiene due acidi HX ed HY, le cui concentrazioni sono Cx e Cy. Gli equilibri rispettivi sono: HX H+ + X- Kx = [ H + ][ X − ] [ HX ] 124 Capitolo VI , HY H+ + Y- Ky = [ H + ][ Y - ] [ HY ] Le relazioni di elettroneutralità e di bilancio delle masse sono: EN.: B.M.: B.M.: [H+] = [OH-] + [X-] + [Y-] Cx = [HX] + [X-] Cy = [HY] + [Y-] Combinando la relazione del bilancio delle masse con le costanti di dissociazione si ha [X ]= [Y ] = K x ( C x - [ X - ]) [H+ ] K y ( C y - [ Y - ]) [H+ ] sostituendo nella relazione di elettroneutralità si ha Kw K x ( C x - [ X - ]) K y ( C y - [ Y ]) + [H ] = + + [H+ ] [H+ ] [H+ ] [ H + ] = K w + K x ( C x − [ X − ] + K y ( C y − [ Y − ]) questa relazione è di scarsa utilità in quanto in essa sono incluse le concentrazioni degli anioni che non sono note, ma se consideriamo soluzioni di acidi deboli (quindi poco dissociati) e non troppo diluite essa viene semplificata nel modo seguente: [ H + ] = K w + K xC x + K yC y (17) Questa espressione è del tutto analoga a quella utilizzata per il calcolo della concentrazione idrogenionica di un acido monoprotico [ H + ] = KC . Esempio 17. Calcolare il pH di una miscela che è 0,05 M in acido acetico (Ka=1,8×10-5) e 0,01 M in acido benzoico (Ka=6,3×10 –5). Equilibri protolitici 125 Applicando la (17) si ha [ H + ] = 1× 10−14 + 0 ,05 × 1,8 × 10−5 + 0 ,01× 6 ,3 × 10 −5 = 1,24 × 10−3 pH= 2,91 Sali di acidi e basi deboli Soluzioni di questi sali si possono preparare combinando quantità equivalenti di un acido debole HA e della base debole B. Il sale contiene il catione acido BH+ coniugato a B e l’anione A- coniugato ad HA; si formano i seguenti equilibri: BH+ B + H+ [ B ][ H + ] K a = K BH + = [ BH + ] A- + H2O HA + OHK [ HA ][ OH − ] Kb = w = K HA [ A− ] Se Ka>Kb (o KBH+ KHA>Kw) la soluzione risulta acida; se si verifica il contrario la soluzione risulta alcalina. Consideriamo le reazioni relative al bilancio di massa e all’elettroneutralità si ha, indicando con C la concentrazione del sale: C = [BH+] + [B] = [HA] + [A-] [BH+] + [H+] = [OH-] + [A-] Da queste ultime si ha: + [BH ] = [OH-] + [A-] – [H+] e sostituendo il valore di [BH+] nella relazione del bilancio delle masse si ha [B] = [HA] + [H+] – [OH-] facendo le seguenti approssimazioni: e [B] ≈ [HA] [BH+]≈[A-] 126 Capitolo VI , si può calcolare la concentrazione idrogenionica della soluzione moltiplicando le due costanti: K HB K BH + = [ B ][ H + ][ A − ][ H + ] = [ H + ]2 + [ BH ][ HA } e cioè [ H + ] = K HA K BH + (18) Nelle approssimazioni fatte si assume che entrambe le reazioni di protonizzazione (idrolisi) procedano nella medesima entità e che non vi sia quindi ne eccesso di [H+] ne di [OH-]. Tali approssimazioni sono comunque valide se la differenza fra [H+] ed [OH-] è piccola, rispetto alle altre concentrazioni. Se la concentrazione del sale non è inferiore a 0,01 M e se i valori di Ka e Kb sono compresi nell’intervallo 10-3-10-8, le approssimazioni sono valide. Una trattazione più rigorosa può essere fatta senza apportare alcuna approssimazione; si ottiene però un’equazione di 4° grado, risolvibile con difficoltà: [H+]4 + [H+]3 (C + KHA + KBH+) + [H+]2 (KBH+ + KHA – Kw) – [H+] ( C KHA KBH+ + Kw KHA+ Kw KHA + Kw KBH+) – Kw KBH+ (19) KHA = 0 Esempio 18. Calcolare il pH e l’entità delle reazioni di protolisi degli ioni di una soluzione di formiato di ammonio 0,001 M. Applicando la relazione (18) si ha: [ H + ] = K NH + K HCOOH = 10 −9 ,24 × 10 −3 ,76 = 3 ,2 × 10 −7 4 pH= 6,50 Il grado di protolisi per gli ioni NH4+ e HCOO-, tenendo conto che le reazioni che hanno luogo sono le seguenti: Equilibri protolitici 127 NH4+ + H2O NH3 + H3O+ e HCOO- + H2O HCOOH + OHEsso può essere calcolato, applicando, con la formula seguente: α NH = + 4 K NH + [ B] 5,7 × 10 −10 4 = = = 1,8 × 10 − 3 [ BH + ][ B ] K NH + + [ H + ] 5,7 × 10 −10 + 3,2 × 10 − 7 4 = 0,18% α HCOO = − [ HA] 3,2 ×10−7 H+ = = = 1,76 ×10−3 [ HA] + [ A− ] K HCOOH + [ H + ] 1,8 ×10− 4 + 3,2 ×10−7 = 0,176% Sali di basi deboli e di acidi diprotici deboli Sali di questo tipo (BH)2A, come ossalato di ammonio, carbonato di ammonio e solfato di ammonio hanno un notevole impiego analitico. Le loro soluzioni contengono le specie B, BH+, A-, HA-, H2A, H+ ed OH-. Applicando le relazioni relative al bilancio delle masse e dell’elettroneutralità le concentrazioni di queste specie sono fra loro correlate: B.M.: (B) B.M.: (A) EN.: 2C = [B] + [BH+] C = [A-2] + [HA-] + [H2A] [BH+] + [H+] = [OH-] + [HA-] + 2 [A-2] Trascurando in prima approssimazione [H+] e [OH-] ed assumendo che la concentrazione di H2A formatasi sia piccola si ottiene la seguente equazione di secondo grado: [H+]2 – Ka [H+] – 2 K2 Ka = 0 La soluzione di questa equazione è la seguente: 2 K K [ H ] = a + a + 2K 2 Ka (20) 2 2 Quando l’anione è una base molto forte, il termine 2K2 Ka della (20) diventa piccolo e quindi trascurabile rispetto a (Ka/2)2 128 Capitolo VI , e la (20) si riduce alla semplice espressione [H+] = Ka. Esempio 19. Calcolare il pH e le concentrazioni delle varie specie in una soluzione 0,1 M di solfuro di ammonio. Le costanti di equilibrio sono: [ NH 3 ][ H + ] Ka = = 5 ,7 × 10 −10 [ NH 4+ ] K1 = K2 = [ H + ][ S −2 ] = 1,3 × 10 −13 − [ HS ] [ H + ][ HS − ] = 1 × 10 −7 [ H2S ] Applicando la (20) si ha 2 [H] = 5 ,7 × 10 −18 5 ,7 × 10 −10 + 2 × 1,3 × 10 −13 × 5 ,7 × 10 −10 = 5 ,7 × 10 −10 M + 2 2 dalla K2 si ha: 2 ,3 × 10 −4 K2 [ S −2 ] = = [ H + ] [ HS − ] e dalla K1 [ H + ] [ H2S ] = K2 [ HS − ] Dai piccoli valori di questi rapporti si deduce che gran parte del solfuro è presente nella forma di ione HS-. Se si considera [HS-] = 0,1 M, da questi rapporti si ottiene che 5 ,7 × 10 −3 = [S-2] = 2,3×10-5 M e [H2S] = 5,7×10-4 M Anfoliti Con il termine di anfoliti si intendono quelle sostanze che possono acquistare che cedere protoni. Un tipico anfolita è l’acqua che può fungere da accettore o da donatore di protoni: Equilibri protolitici 129 H+ + OH- H2O + H+ H3O+ I più comuni anfoliti sono gli anioni degli acidi poliprotici come lo ione bicarbonato (HCO3-), H2PO4-, HC4H4O6- (tartrato acido), e gli amminoacidi. Un anfolita come HCO3- può reagire secondo gli equilibri seguenti: (1) HCO3- + H+ H2CO3 e HCO3- H+ + CO3-2 Si consideri una soluzione di molarità C di un anfolita del tipo NaHA. Le concentrazioni di Na+, H+, HA-, A-2, OH- ed H2A sono collegate dalle consuete relazioni: B.M.: C = [Na+] = [H2A] + [HA-] + [A-2] [H+] + [Na+] = [OH-] + [HA-] + 2 [A-2] EN.: [ H + ][ A -2 ] [ H + ][ HA − ] K a2 = [ H2 A] [ HA − ] Sottraendo la relazione del bilancio delle masse da quella di elettroneutralità si ottiene: [H+] = [OH-] + [A-2] – [H2A] [H+] + [H2A] = [OH-] + [A-2] K a1 = Kw K a 2 [ HA ] [ H + ][ HA ] = + + K a1 [H ] [H+] Ka1[H+]2+[H+]2[HA-] = KwKa1+Ka2Ka1[HA-] [H+]+ K a1 K a 2 [ HA − ] + K w K a1 K a1 + [ HA − ] Questa equazione è stata ricavata senza alcuna approssimazione. Se si ipotizza che le reazioni per cui da HA- si hanno A-2 e H2A, si formino in piccola entità, si può sostituire ad HA- la concentrazione analitica C e si ha di conseguenza K a1 K a 2 C + K w K a1 [H+ ] = (21) K a1 + C [H+ ] = 130 Capitolo VI Se, Ka1<< C e Ka2C>> Kw, si ha [ H ] = K a1 K a 2 (22) il calcolo della concentrazione idrogenionica di un qualunque sale acido di un acido poliprotico viene eseguito mediante le espressioni (21) e (22). Nella relazione (22) si può osservare che il pH non dipende dalla concentrazione dell’anfolita. + Esempio 20. Calcolare il pH di una soluzione 0,01 M di NaHS. Applichiamo la relazione (21) si ha: [ H+ ] = 1×10−7 ×1,3×10-13 ×1×10−2 + 1×10−14 ×1×10−7 = 3,4×10−10 M −2 -7 1×10 + 1×10 pH=9,47 Applicando la (22) si ha: [ H + ] ≈ 1 × 10 −7 × 1,3 × 10 −13 = 1,1 × 10 −10 pH = 9,94 La differenza dei valori di pH è abbastanza evidente, con la relazione (21) questo valore è più rigoroso. Gli amminoacidi, i peptidi e le proteine sono anfoliti presenti nelle cellule degli organi viventi; di regola le loro funzioni basiche o acide sono deboli ed il loro comportamento viene evidenziato dall’azione degli acidi o delle basi forti. Il calcolo della concentrazione idrogenionica di un amminoacido di semplice costituzione e simile a quella dei sali acidi. Ad esempio lo ione glicinio +NH3CH2COOH ha due gruppi acidi NH3+ (simile allo ione ammonio) e COOH; quest’ultimo cede il protone più facilmente del primo. Le reazioni di dissociazione sono: + NH3CH2COOH +NH3CH2COO- + H+ Ka1 = 4,5 10-3 Equilibri protolitici 131 + NH3CH2COO- NH2CH2COO- + H+ Ka2 = 1,7 10-10 La glicina o glicocolla è quindi l’anfolita intermedio (+NH3CH2COO-). La molecola come tale nel suo insieme è neutra ma contiene cariche positive e negative separate ed ha un momento dipolare pari a circa 15 Debye: tali sostanze prendono il nome di ioni dipolari o zwitterioni. Esempio 21. Calcolare il pH di una soluzione di glicina. Applicando la (21) si ha 1×10−2 ×4,5×10−3 ×1,7 ×10−10 +1×10−14 ×4,5×10−3 [H ] = =7,28×10−7 −2 −3 1×10 + 4,5×10 + pH=6,14 Applicando la (22) si ha: [ H + ] ≈ 4 ,5 × 10 −3 × 1,7 × 10 −10 = 8 ,7 × 10 −7 pH=6,06 La concentrazione idrogenionica per cui si ha [H2A] = [A-2] e cioè nel caso della glicina [+NH3CH2COO-] = [NH2CH2COO-] definisce il punto isoelettrico di un amminoacido e corrisponde ad una soluzione che contiene eguali concentrazioni di ioni carichi positivamente e negativamente. In soluzione più acida la glicocolla è essenzialmente sotto forma di acido ed in soluzione alcalina sotto forma di ione glicinato; sotto l’azione di un campo elettrico nel primo caso migra al catodo in quanto ha una carica netta positiva e nel secondo caso all’anodo poiché predomina la carica negativa. Viene definito come punto isoelettrico lo stato di uno ione dipolare che sottoposto all’azione di un campo elettrico non migra né al catodo né all’anodo. Per la glicina e per gli altri amminoacidi contenenti solo due gruppi ionizzabili il punto 132 Capitolo VI isoionico coincide con il punto isoelettrico. Il punto isoelettrico di un anfolita corrisponde a quello stato in cui l’anfolita esibisce un’attività chimica minima; esso esiste in soluzione o in uno stato do pseudo soluzione in condizioni di massima indissociazione. A questo punto l’anfolita possiede una solubilità minima ed un valore minimo delle proprietà collegate (viscosità, rigonfiamento ecc.). Il principale fattore che determina il punto isoelettrico di un anfolita è quindi il pH della soluzione con cui l’anfolita è in equilibrio. ESERCIZI 1) Calcolare la concentrazione in ioni idrogeno di una soluzione 0,1 M di HCNO (Ka=2×10-4). Quale è il grado di ionizzazione dell’acido cianico in questa soluzione? 2) 0,1 moli di idrossido di sodio solido sono disciolti in 1 litro di una soluzione 0,125 M di acido acetico (Ka=1,85×10-5). Qual è la concentrazione idrogenionica della soluzione? 3) Si desidera portare la concentrazione idrogenionica di una soluzione 0,05 M di HCN (Ka=2,1×10-9) al valore di 3,5×10-8 aggiungendo KCN: quale deve essere la concentrazione di ioni CN- nella soluzione? 4) Calcolare la concentrazione di ioni PO4-3 in una soluzione 0,1 M di H3PO4 (K1=7,5×10-3; K2=6,3×10-8 e K3=3,6×10-13). 5) Calcolare la concentrazione di S-2 in una soluzione 0,1 M di Na2S e calcolare il grado di idrolisi dello ione S-2 (K1=9×10-8; K2=1,2×10-13). 6) Calcolare la concentrazione delle specie ioniche presenti in una soluzione 0,1 M di NaHCO3 (K1=3,5×10-7; K2=7×10-11). 7) Calcolare la concentrazione in ioni solfito, ioni idrogeno, ioni potassio in acido solforoso di una soluzione 0,1 M di K2SO3. (K1=1,3×10-2 e K2=5,6×10-8 per H2SO3). 8) 28 mL di una soluzione di H3PO4 0,265 M vengono mescolati con 34 mL di una soluzione di Na2HPO4 0,29 M. Calcolare la concentrazione idrogenionica della miscela e le concentrazioni delle varie specie.(K1=7,5×10-3; K2 = 6,3×10-8; Equilibri protolitici 133 K3 = 3,6×10-13). 9) Una soluzione di NH3 è 0,02 M. Quanto cloruro di ammonio si deve aggiungere per diminuire il pH di una unità (Kb=1,8×10-5). 10) Un acido diprotico ha le seguenti costanti di ionizzazione: K1=10-5; K2=10-9. Calcolare il pH di una soluzione 0,1 M in HA- e A-2. 11) L’acido aspartico avente nella molecola 2 gruppi carbossilici e un gruppo amminico ha le seguenti costanti: pKa1= 2,08, pKa2 =3,94 e pKa3 = 9,28. Calcolare il pH di una soluzione 10- 2 M di acido aspartico ed il pH al punto isoelettrico. 12) Una soluzione è 0,01 M in acido formico (Ka=2,1×10-4) e 0,025 M in acido cianidrico (Ka=4×10-10). A 40 mL di questa soluzione vengono aggiunti 10 mL di idrossido di sodio 0,05 M. Calcolare il pH della soluzione. 13) Calcolare il pH delle soluzioni sotto elencate e quello risultante dopo aver aggiunto ad ognuna delle soluzioni 20 mL di HCl 0,1 M: a) 300 mL 0,1 M acido benzoico; b) 300 mL 0,01 M acido benzoico con 3,6 g benzoato sodico; c) 300 mL 0,05 ammoniaca. (Ka=6,6×10-5; Kb=1,8×10-5). 14) Calcolare la variazione di pH di una soluzione tampone contenente in un litro 0,1 moli di NH3 (Kb=1,8×10-5) e 0,1 moli di NH4Cl cui si aggiunge : a) 0,02 moli di HCl gas; b) 0,02 moli di NaOH solido. CAPITOLO VII RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEGLI EQUILIBRI ACIDO-BASE In varie occasioni, nello studio di equilibri acido-base o nella risoluzione di problemi numerici relativi a tali equilibri, può rivelarsi assai utile e pratico ricorrere a rappresentazioni grafiche dei sistemi e a metodi grafici di calcolo. Questo procedimento non è cosi accurato quanto quello numerico, ma offre il grande vantaggio di fornire una rappresentazione comune per gli equilibri acido-base ed in casi complicati dà la possibilità d'individuare in modo immediato le specie trascurabili e che hanno scarso rilievo. I vantaggi che possono offrire le rappresentazioni grafiche derivano dal fatto che i diagrammi che se ne ricavano riescono assai spesso a rendere in modo molto efficace una visione complessiva del sistema e mettere in evidenza immediatamente, per esempio, come si sposti la composizione al variare del pH, quali siano le specie presenti in concentrazione analiticamente rilevanti e quali si possono trascurare tranquillamente, quali siano le approssimazioni accettabili, quali specie siano tra loro incompatibili, ecc.. Negli equilibri protolitici il rapporto fra le concentrazioni delle diverse specie presenti in soluzione è determinato da una sola variabile che viene indicata come “variabile principale” e che è il pH. Un dato sistema viene quindi rappresentato mediante un diagramma in cui si riporta sulle coordinate cartesiane, lg C, logaritmo della concentrazione delle varie specie presenti, in funzione della variabile principale e cioè il pH. Un diagramma logaritmico di questo tipo si costruisce in modo molto semplice perché è costituito essenzialmente da linee rette. Quando si vuole evidenziare la formazione graduale di una certa specie conviene costruire un “diagramma di 135 136 Capitolo VII distribuzione” in cui si riportano sulle ordinate il % delle varie specie presenti e sulle ascisse il pH. In questo modo si pone in evidenza come una data molecola si distribuisce tra le varie specie al variare della variabile principale. Nella costruzione e nell’impiego di questi diagrammi, assumiamo che i coefficienti di attività siano costanti ed inclusi nelle costanti di equilibrio impiegate, si ricordi che tale assunzione è lecita finché si tratta di soluzioni diluite o si operi in un mezzo ionico costante. Diagrammi logaritmici Prendiamo in esame alcuni equilibri acido-base. Nel caso dell’acqua si ha: [H+] [OH-] = 1 10-14 e in forma logaritmica essendo lg [H+] = - pH si ha: log [OH-] = pH – 14 Riportando log [OH-] in funzione del pH si ha una retta di inclinazione +1 e riportando lg [H+] in funzione del pH una retta di inclinazione –1. Le due rette si intersecano in un punto che ha le coordinatene eguali a 7. Dal grafico (Fig. VII-1) si possono ricavare immediatamente le relative concentrazioni di H+ e OH- in una soluzione ad un dato valore di pH. Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 137 0 -2 [H+] [OH-] -4 -6 Log C -8 -10 -12 -14 0 2 4 6 8 10 12 14 pH Figura VII-1. Variazione de log[H+] in soluzione acquosa. Consideriamo una soluzione 5 10-4 M in HClO4. L’acido perclorico è un acido forte, totalmente dissociato, e si ha pertanto log C = log 5 10-4 = - 3,30 tracciando la parallela all’ascissa per questo valore si ha pH = 3,30 e pOH = 10,70 come indicato in Fig. VII-1 (linea tratteggiata). Acidi monoprotici deboli Indichiamo con C la concentrazione analitica totale di un acido monoprotico, e con HA ed A- rispettivamente le concentrazioni dell’acido e della base coniugata, si ha: 138 Capitolo VII C = [HA] + [A-] (1) Se Ka è la costante relativa all’equilibrio HA – A-, [H+] [A-] Ka = ------------[HA] (2) si hanno le seguenti relazioni sostituendo i valori della relazione (1) nella relazione (2), C [H+] [HA] = -----------Ka + [H+] C Ka [A-] = ------------[H+] + Ka queste equazioni mostrano che le concentrazioni di tutte le specie presenti nella soluzione sono funzione solo del pH. Quando [H+] >> Ka si ha: log [HA] = log C (linea retta di pendenza 0) (3) log [A-] = log [C] – pKa + pH (linea retta di pendenza + 1) Quando, invece, [H+] << Ka si ha: log [HA] = log C + pKa – pH (linea retta di pendenza – 1) (4) log [A-] = lg (linea retta di pendenza 0) Nota la concentrazione dell’acido (esempio della Fig. VII-2, si tratta dell’acido acetico, 1×10-2 M e pKa = 4,75) si osserva che le due rette relative al log [HA] e al log [A-] si 139 Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base intersecano nel punto contrassegnato in figura con S, le cui coordinate sono pH = pKa per l’ascissa, e lg C per l’ordinata. Alla sinistra di questo punto (finche pH < pKa – 1) si possono considerare valide le approssimazioni di cui alla (3), mentre per pH > pKa + 1 sono valide le approssimazioni di cui alla (4). Log C 0 -1 S -2 T -3 -4 SI [HAc] D -5 [Ac-] -6 [H+] [OH-] B -7 -8 -9 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 pH Figura VII-2. Diagramma logaritmico: soluzione di acido acetico 10-2 M. Nell’intervallo pH = pKa ± 1 l’approssimazione: [H+] trascurabile rispetto a Ka, non è lecita; in questa regione il diagramma è quindi costituito da due tratti curvilinei che s’intersecano nel punto, che ha le coordinate: pH = pKa log [A-] = log [HA] = log C – log 2 Infatti quando [H+] = Ka, si ha pertanto che pH = pKa [A-] = [HA] = C/2 140 Capitolo VII le due linee si intersecano per log [HA] = log [A-] = log C – log 2 = log C – 0,3 Tale punto, contrassegnato con T, la cui ordinata è di 0,3 unità al di sotto di quella del punto precedente, ha per ascissa il pH di una soluzione tampone, costituita da HA ed A- nel rapporto di 1:1. La Fig. VII-2, come indicato, è il diagramma logaritmico relativo all’acido acetico per C =1×10-2 M; da considerare però, ed è questo uno dei principali vantaggi di questi grafici, che esso è di carattere generale ed è valido per un qualsiasi acido monoprotico ad una qualunque concentrazione. È sufficiente, infatti, spostare il grafico lungo l’asse delle ascisse per un acido con costante diversa (a destra se minore, a sinistra se maggiore dell’acido acetico) o lungo l’asse delle ordinate per un valore diverso di C. Dal diagramma logaritmico è possibile ricavare immediatamente le concentrazioni di HA ed A- in funzione del pH per una certa concentrazione e si può determinare sia il pH di una soluzione contenente il solo acido, sia quello di una soluzione contenente il suo sale. Dalla relazione di bilanciamento del protone(*) [H+] = [OH-] + [A-] si osserva che seguendo la retta rappresentante [H+] nell’esempio sopra riportato, essa interseca la retta di inclinazione +1, rappresentante la concentrazione dello ione A-, per il valore pH = 3,37. (*) È una modificazione della relazione di elettroneutralità, che si ricava eguagliando la somma dei termini relativi alle concentrazioni delle specie che risultano dalla cessione di protoni e di quelle dovute all’acquisto di protoni. Nel caso di una soluzione di acido cloridrico per ogni Cl- si ha la cessione di un H+ e anche per ogni OH- formato dall’acqua si ha la cessione di un H+, per cui la reazione di bilanciamento del protone è [H+] = [Cl-] + [OH-] identica alla relazione di elettroneutralità. Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 141 L’intersezione con la linea dell’OH- avviene in una zona assai più lontana; ciò equivale a dire che [OH-] è assolutamente trascurabile rispetto ad [A-]. Nel caso che si debba determinare il pH di una soluzione 0,05 M di acetato di sodio, ottenuta sciogliendo acetato sodico o titolando acido acetico con idrossido di sodio fino al punto equivalente, nel qual caso i protoliti presenti sono H2O e A-, la relazione del bilanciamento del protone è [H+] = [HA] + [OH-] Come si osserva dal diagramma nella regione in cui predomina [A-], [H+] è trascurabile rispetto ad [HA] ed il valore del pH è fornito dal punto di intersezione della retta [OH-] con quella di [HA], la cui ascissa corrisponde a pH = 8,37. E’ facile ottenere anche da una considerazione geometrica il pH corrispondente a questo punto. Esso è l’ascissa del punto di intersezione di una linea d’inclinazione –1, che rappresenta la specie [HA], che passa (idealmente prolungata) per il punto contrassegnato con la crocetta, di coordinate 4,75 e –2,0. La retta d’inclinazione +1 passa per il punto S’ di coordinate 12,0 e 2,0. Si individua così un triangolo isoscele SBS’: si ottiene pertanto per l’ascissa del punto B: ½ (4,74 + 12,0) = 8,35. Con considerazioni analoghe si ricava la relazione corrispondente al punto D, rappresenta il pH della soluzione di acido puro. L’ascissa di questo punto è : pH = ½ (4,74 + 2,0) = 3,35 ( [ H + ] = Ka ×C ) Nel caso di una soluzione di Na2HPO4, se questo sale fosse dissociato solo in 2Na+ e HPO4-2 senza ulteriore reazione, la relazione di bilanciamento del protone sarebbe [H+] = [OH-]; tenendo conto però della formazione delle varie specie PO4-3 e OH- (cessione di protoni) e H2PO4-, H3PO4 e H+ (acquisto di protoni) si ha: 142 Capitolo VII [H+] + 2 [H3PO4] + [H2PO4-] = [PO4-3] + [OH-]. In Fig. VII-3 viene riportato il diagramma per una base debole, ammoniaca ( pKb = 4,74) in concentrazione 1 10-2 M. log C = -2 pKa = 14 – 4,74 = 9,26 e In questo caso, come detto, il diagramma si può immaginare che sia stato ottenuto da quello di Fig. VII-2 per spostamento orizzontale delle rette rappresentanti l’acido e la base fino a portare il punto S in corrispondenza del valore di ascissa pari a 9,26. Log C 0 -1 pKa = 9.25 -2 -3 -4 -5 X [H+] [NH3] -6 [NH4+] [OH-] -7 -8 -9 0 1 2 3 4 5 6 7 pH 8 9 10 11 12 Figura VII-3. Diagramma logaritmico per una soluzione 1 10-2 M di NH3. Possiamo ora riassumere i criteri descritti per tracciare un diagramma logaritmico. Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 143 a) Segnare le ascisse e le ordinate con tratti eguali per unità di lg C e di pH. b) Localizzare il punto S, avente come ascissa pH = pKa e come ordinata lg C, cioè il logaritmo della concentrazione analitica C dell’acido. c) Tracciare una linea orizzontale per questo punto, lasciando un tratto pari ad una unità di pH prima e dopo il punto S. d) Disegnare le rette di inclinazione +1 e –1, lasciando una unità di pH a destra e a sinistra del punto S. e) Segnare sotto il punto, S, un nuovo punto avente la stessa ascissa (pH = pK) ed una ordinata inferiore di 0,3 unità di lg C e prolungare attraverso questo punto le rette di cui al punto d) fino a congiungere i tratti orizzontali di cui al punto c). f) Indicare la curva “orizzontale-discendente” con HA e quella “ascendente-orizzontale” con A-. g) Tracciare le rette corrispondenti ad [H+] e [OH-], rispettivamente, di inclinazione –1 e +1, che debbono incontrarsi a pH = 7. Vengono riportati i diagrammi relativi ad alcuni sistemi. Acido diprotico Per costruire il diagramma logaritmico relativo ad un acido diprotico, bisogna considerare le tre condizioni di equilibrio. Ka1 = [H+] [HA-] [H2A]-1 (5) Ka2 = [H+] [A-2] [HA-] –1 (6) Kw = [H+] [OH-] (7) ed il bilancio delle masse, relativo alla concentrazione totale, C: C = [H2A] + [HA-] + [A-2] (8) 144 Capitolo VII Da queste equazioni è facile esprimere tutte le specie presenti in funzione solo di pH e delle costanti Ka1 e Ka2. C (9) [H2A] = -------------------------------------- = C D-1 1 + Ka1 [H+]-1 + Ka1 Ka2 [H+]-2 dove : D = 1 + Ka1 [H+]-1 + Ka1 Ka2 [H+]-2 C Ka1 [H+] -1 [HA ] = -------------------------- = C Ka1 [H+]-1 D-1 D - (10) C Ka1 Ka2 [H+]-2 [A-2] = ---------------------------- = C Ka1 Ka2 [H+]-2 D-1 (*) (11) D Le equazioni (9), (10) e (11) mostrano che, anche, gli equilibri relativi ad un acido diprotico possono essere rappresentati in forma semplice mediante un diagramma logaritmico. (*) Le specie H2A, HA- e A-2 vengono espresse tramite la (5) e la (6) in funzione di C, H+, Ka1 e Ka2. [HA-] = Ka1 [H2A] [H+]-1 [A-2] = Ka2 [HA-] [H+] –1 = Ka1 Ka2 [H2A] [H+]-2 e poi sostituendo nella (8) si ha: C = [H2A] + [H2A] Ka1 [H+]-1+ Ka1 Ka2 [H2A] [H+]-2 C = [H2A] ( 1 + Ka1 [H+] -1 + Ka1 Ka2 [H+] –2 C [H 2 A] = = CD-1 + −1 1 + K a1[ H ] + K a1 K a 2 [ H + ] − 2 in modo simile si ricavano le equazioni relative alle specie [HA-] ed [A-2], rispettivamente espressioni (10) e (11). Prendiamo ad esempio il diagramma relativo ad un acido in 145 Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base concentrazione 1 10-2 M i cui valori delle costanti sono: pKa1 = 4; pKa2 = 8; lg C = -2. Quindi ci riferiremo (Fig. VII-4) ai punti del diagramma: S1 = (-2; 4) ed S2 = (-2; 8). Alla sinistra del punto S1, e precisamente per pH < pKa1, si ottengono le equazioni: log[H2A] = logC linea retta di pendenza 0 log[HA-]=log C – pKa1 + pH “ “ +1 log[A-2]=lo C – (pKa1 + pKa2) + 2 pH “ “ +2 tra i punti S1 e S2, per pKa1 +1< pH < pKa2 –1 log[H2A]= log C + pKa1 – pH linea retta di pendenza –1 log[HA-]=logC “ “ 0 log[A-2]=logC–pKa2 + pH “ “ +1 a destra del punto , S2, per pH> pKa2 +1 log[H2A]=logC+(pKa1+pKa2)–2pH linea retta di pendenza –2 log[HA-]=logC+pKa2–pH “ “ -1 log[A-2]=logC “ “ 0 Anche questo diagramma dati i valori sufficientemente distanti delle costanti viene facilmente costruito tracciando le rette che soddisfano queste equazioni e, per punti, i tratti curvilinei negli intervalli: pH = pKa1 ±1 e per pH = pKa2 ±1. Tali curve s’incontrano nei punti che corrispondono alle soluzioni tampone nel rapporto 1:1 e sono spostate di 0,3 unità al di sotto dei punti S1 e S2. In Fig. VII- 4 sono anche tracciate le rette relative all’equilibrio Kw = [H+] [OH-] 146 Capitolo VII In questo caso, oltre ai punti P e R, che forniscono il pH dell’acido e del sale, come nel caso dell’acido monoprotico, è interessante considerare il punto Q, la cui ascissa fornisce il pH del sale acido. Infatti il bilancio del protone è dato in questo caso da: [H2A] + [H+] = [A-2] + [OH-] ed in forma semplificata: [H2A] ≈ [A-2] 0 [H+ ] -2 [S1 ] [HA ] [S2 ] [H2 A ] - -4 [HA ] P1 P P2 Q R [HA- ] Q2 Q1 -6 [A-- ] [OH ] Log C -8 [H2 A ] N [A-- ] -10 CH A = 0.01M 2 pK1 = 4.0 pK2 = 8.0 -12 -14 0 2 4 6 pH 8 10 12 14 Figura VII-4. Diagramma logaritmico relativo alla variazione delle specie di un acido diprotico, H2A, al variare del pH. L’ascissa del punto Q in cui s’incontrano le rette rappresentanti H2A e A-2, fornisce il pH della soluzione di HA-. Notiamo che il triangolo: S1QS2 è isoscele e l’ascissa del punto Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 147 Q soddisfa la condizione: pH = ½ (pKa1 +pKa2) Osserviamo che, a differenza delle altre, l’ascissa di questo punto resta fissa quando il diagramma viene spostato lungo l’asse delle ordinate, e cioè se si fa variare la concentrazione totale. I punti P, Q e R, tutti intersezioni di rette di pendenza +1 (base) e –1 (acido) corrispondono ai seguenti punti della curva di titolazione: P: pHH2A ⇒ HA- + H+ Q: pHHA- ⇒ H2A + A-2 R: pHA-2 ⇒ OH- + HACiascuno di questi punti è caratterizzato da un certo errore che è facile ottenere dal diagramma, perché fornito dall’espressione: ct (10∆ 10-∆) in cui ∆ = pH – pH. Acido triprotico È facile estendere il ragionamento esposto per un acido diprotico al caso di un acido triprotico. Le equazioni che forniscono le concentrazioni delle specie presenti sono: [H3A] = C ( 1+ Ka1 [H+]-1+ Ka1 Ka2 [H+]-2+ Ka1 Ka2 Ka3 [H+]-3) = C D-1 [H2A-] = C Ka1 [H+]-1 D-1 [HA-2] = C Ka1 Ka2 [H+]-2 D-1 [A-3] = C Ka1 Ka2 Ka3 [H+]–3 D-1 In Fig. VII-5 viene riportato il diagramma relativo 148 Capitolo VII all’acido fosforico: lg C = -1; pKa1 = 2,23; pKa2 = 7,21; pKa3 = 12,32. pKa1 = 2.23 0 -1 S1 X pKa2 = 7.21 S2 X [H2PO4-] -2 -3 Log C -4 pKa3 = 12. 32 [HPO4- -] [PO4- - -] S3 X A + [H ] [H3 PO4] D [HO-] -5 -6 B -7 C -- [HPO4 ] [H2 PO4-] -8 -9 1 2 3 4 5 6 7 8 pH 9 10 11 12 13 FiguraVII-5. Diagramma logaritmico relativo all’acido fosforico 0,01 M. In questo caso i punti del diagramma sono tre: S1 (-1; 2,23); S2 (-1; 7,21); S3 ( -1; 12,32). Per ciascuno di essi vale un ragionamento analogo a quelli già eseguiti; ad es. per pH < 1,23: linea retta di pendenza 0 log[H3PO4]=log C “ “ +1 log [H2PO4-] = log C – pKa1 + pH -2 “ +2 log [HPO4 ] = log C – ( pKa1 + pKa2) + 2 pH “ “ +3 log [PO4-3] = log C – ( pKa1 + pKa2 + pKa3) + 3 pH Le ascisse dei punti A, B, C, e D forniscono nell’ordine, il pH delle soluzioni: H3PO4 0,1 M; H2PO4- 0,1 M; HPO4-2 0,1 M; PO4-3 0,1 M. 149 Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base Miscele di acidi monoprotici Il diagramma logaritmico relativo alla miscela costituita da due acidi deboli monoprotici si ottiene per sovrapposizione dei diagrammi dei singoli acidi. L’esempio riportato in Fig VII6 si riferisce ad una miscela di un acido HA1 di concentrazione 0,01 M (pKa1 = 4,0) e di un acido HA2 di concentrazione 0,1 M (pKa2 = 7,0). pK1 = 4.0 C1 = 0.01 M pK2 = 7.0 C2 = 0.10 M 0 pK2 X [HA2 ] -2 pK1 X [HA1] [A2-] [A1 -] P [OH- ] - -4 Log C -6 [A1 ] [A2-] Q [HA2 ] [H+ ] N [HA1 ] -8 -10 -12 0 2 4 6 pH 8 10 12 14 Figura VII-6. Diagramma logaritmico per una miscela di due acidi deboli con pKa1 = 4,0 e pKa2 = 7,0 e C1 = 0,01 M e C2 = 0,1 M. La figura fornisce, per ogni valore di pH il logaritmo delle concentrazioni delle specie presenti. Volendo, inoltre, determinare il pH relativo alla miscela è sufficiente scrivere il 150 Capitolo VII bilanciamento del protone: [H+] = [A1-] + [A2-] + [OH-] (12) Poiché le rette rappresentanti [A2 ] e l’[OH ] sono spostate molto in basso rispetto a quella dell’[A1-] è lecito semplificare la (12) in: [H+] = [A1-]. In Fig. VII-7 è riportato il diagramma per una soluzione di due acidi aventi forza e concentrazione poco diverse e precisamente:HCOOH 0,05 M, pKa=3,75 ed HAc 0,01 M pKa = 4,75. Volendo, anche in questo caso, determinare il pH, conviene al solito scrivere il bilanciamento del protone: [H+] = [HCOO-] + [Ac-] + [OH-]. pKa = 3.75 0 -1 pKa = 4.75 [HAc] [Ac- ] X X [HCOO-] -2 -3 Log C [HAc] -4 [OH-] -5 [H+] -6 [HCOOH] -7 -8 -9 1 2 3 4 5 6 7 8 pH 9 10 11 12 13 Figura VII-7. trascurabile rispetto alle altre [OH-] è,certamente, concentrazioni. Però la breve distanza che, invece, intercorre tra le due rette rappresentanti [HCOO-] ed [Ac-], indica che trascurare quest’ultima, costistuisce un’approssimazione troppo Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 151 spinta. Conviene, quindi, introdurre una correzione. L’equazione: log [Ac-] = log C – pKa + pH fornisce a pH = 2 i seguenti valori di –3,75 e –3,05 rispettivamente per l’acetato ed il formiato. Ciò significa che la retta rappresentante il formiato è spostata di 0,7 unità in alto rispetto a quella dell’acetato: è quindi possibile scrivere: log [HCOO-] = log [Ac-] + 0,7; [Ac-] = [HCOO-] 10-0,7 [HCOO-] + [HCOO-] 10-0,7 = [HCOO-] (1 + 10-0,7) = [HCOO-] 1,2 Sul diagramma logaritmico, la linea che tiene conto della presenza delle due basi è spostata di 0,08 unità in alto rispetto a quella del formiato. L’ascissa del punto d’incontro di tale linea con quella dell’H+ fornirà il pH corretto. Tale valore sarà di 0,08 unità inferiore a quello precedentemente ottenuto. Un’altra, interessante, applicazione dei diagrammi logaritmici è quella relativa a soluzioni di sali di ammonio. Il diagramma può sempre ottenersi per sovrapposizione di quello relativo alla semicoppia NH4+-NH3 e dell’altro relativo alla semicoppia acido-base costituente l’anione. In Fig. VII-8 viene mostrato il diagramma dell’acetato di ammonio 0,1M. 152 Capitolo VII Log C pKa= 4.75 + HAc NH4 0 -1 X pKa= 2.25 NH4+ X -2 [HAc] [NH3]′= [HAc]′ -3 -4 -5 [Ac-] [NH4+] [Ac-] S [NH4Ac] + [H ] -6 -7 [OH-] [NH3] -8 -9 1 2 3 4 5 6 7 pH 8 9 10 11 12 13 Figura VII-8. Diagramma logaritmico relativo ad NH4Ac 0,1 M. La posizione delle rette presenti in figura rende lecito scrivere il bilanciamento del protone nella forma semplificata: [HAc] = [NH3]. L’ascissa di tale punto d’intersezione fornisce il pH della soluzione e questo valore è indipendente dalla concentrazione del sale. Diagrammi di distribuzione L’altro modo di rappresentazione grafica degli equilibri protolitici è costituito dai diagrammi di distribuzione. Ne vengono presentati e discussi alcuni relativi ad un acido monoprotico e poliprotico. Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 153 Diagramma di distribuzione per un acido monoprotico Anche in questo tipo di diagramma in ascissa viene riportato il pH, che è la variabile principale, e sulle ordinate la frazione di concentrazione totale di acido presente in forma dissociata o indissociata. Questo diagramma ci permette di ricavare ad un dato pH la concentrazione delle varie specie presenti in soluzione. Sia HA un acido debole, ad esempio acido acetico, e siano Ka e C rispettivamente la costante di dissociazione e la concentrazione. Dal bilancio delle masse [HA] + [A-] = C e dall’espressione della costante di equilibrio [H+] [A-] = Ka [HA], si ricava l’espressione del grado di ionizzazione, αA-, definito come la frazione di concentrazione dell’acido presente in soluzione come anione: [A-] Ka [A-] αA- = ----------= ----------------- = -----------------C [A-] + [HA] [H+] + Ka Il grafico che si ottiene riportando αA- in funzione del pH, è la curva di dissociazione dell’acido. Se si riporta la frazione indissociata [HA] [H+] αHA = ---------- = ------------C [H+] + Ka in funzione del pH e si ottiene un grafico che viene indicato come curva di formazione. Le curve di dissociazione e di formazione, sono simmetriche ed una può ricavarsi dall’altra per rotazione di 180° rispetto ad una parallela all’asse delle ascisse passante per l’ordinata 0,5 o rispetto ad una parallela all’asse delle ordinate passante per l’ascissa pH = pKa. È importante osservare che 154 Capitolo VII queste curve hanno una eguale pendenza per un qualunque acido monoprotico; una variazione di Ka provoca infatti solo lo spostamento di queste curve lungo l’asse delle ascisse. Poiché sussiste la relazione: αHA + αA- = 1, si desume che ogni retta, parallela all’asse delle ordinate, è divisa dal grafico in due segmenti, quello inferiore è uguale ad αHA e quello superiore ad αA-. Inversamente per il primo grafico. Si ha di conseguenza che noto il pH, si hanno in modo immediato le concentrazioni delle specie presenti in soluzione. α HAc 0.01 pH = 4.40 1.0 α Ac = 0.30 α Ac =0.04 pH = pKa = 4.75 0.5 α HAc = 0.96 α HAc = 0.70 3 4 5 pH Figura VII-9. Diagramma di distribuzione per l’acido acetico. 6 Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 155 Diagramma di distribuzione per un acido diprotico Prendiamo in esame il diagramma di distribuzione di un acido diprotico (H2A). Analogamente al caso di un acido monoprotico, il diagramma di distribuzione di un acido diprotico viene costruito riportando la frazione di ciascuna specie rispetto alla concentrazione totale in funzione del pH. Questi valori si indicano con α0, α1 e α2. Essi si ottengono facilmente dall’equazioni di pag. 114 e vengono qui di seguito riportate. α0 = [A-2] C-1 = Ka1 Ka2 [H+]-2 D-1 α1 = [HA-] C-1= Ka1 [H+] D-1 α2 = [H2A] C-1 = (1 + Ka1 [H+]-1 + Ka1 Ka2 [H+]-2)-1 = D-1 Osservando le equazioni relative ad α2, α1 e α0 si può facilmente constatare che α2 aumenta costantemente all’aumentare della concentrazione di H+ e tende ad 1 per valori elevati di [H+], la frazione di α0 aumenta al diminuire di [H+] e tende a 1 per [H+] = 10-14, la frazione di α1 , invece, all’aumentare del pH passa per un valore massimo e quindi diminuisce. Questo comportamento è del tutto generale: per gli acidi poliprotici la frazione dell’acido indissociato, HnA, (αn) è massima a valori di pH più bassi e diminuisce costantemente al diminuire della [H+], la frazione α0 della specie non protonata, A-n, aumenta all’aumentare del pH, tenendo a 1 per [H+] tendente a 10-14, le frazioni di ioni protonati Hn-i A-i presentano un massimo ad un determinato valore di pH, funzione delle costanti di equilibrio. Considerando una soluzione di un acido diprotico, è facile calcolare a quale valore di [H+] si raggiunge la massima concentrazione della forma HA-. Derivando rispetto alla [H+] l’equazione relativa ad α1 si ottiene: K1([H+]2+ K1 [H+] + K1K2) - K1 [H+] x (2[H+] + K1) + dα1/d[H ] = ------------------------------------------------------------([H+]2 + K1 [H+] + K1K2)2 cioè - K1 [H+]2 + K1 K2 (A) dα1/ d[H+] = ----------------------------------+ 2 + 2 ([H ] + K1 [H ] + K1K2) 156 Capitolo VII la relazione (A), si annulla per - K1 [H+]2 + K1 K2 = 0 (B) da cui [H+]2 = K1 K2 (C) Perciò il rapporto α1 =[HA-]/C assumerà il valore massimo per [H+] = √ K1 K2 Indipendentemente dalla concentrazione totale di acido C. Del resto si può notare che nessuna delle frazioni αi dipende da C. Diagramma di distribuzione per un acido triprotico Prendiamo in esame il diagramma di distribuzione di un acido triprotico. Analogamente al caso di un acido monoprotico, il diagramma di distribuzione di un acido triprotico viene costruito riportando la frazione di ciascuna specie rispetto alla concentrazione totale in funzione del pH. Questi valori si indicano con α0, α1, α2 e α3. Essi si ottengono facilmente dalle equazioni di pag. 118 e vengono qui di seguito riportati: α0 = [A-3] C-1 = Ka1 Ka2 Ka3 [H+]-3 D-1 α1 = [HA-2] C-1 = Ka1 Ka2 [H+]-2 D-1 α2 = [H2A-] C-1 = Ka1 [H+]-1 D-1 α3 = [H3A] C-1 = (1 + Ka1 [H+]-1+ Ka1 Ka2 [H+]-2 + Ka1 Ka2 Ka3 [H+]-3)–1 = D-1 Come si vede i valori di α sono funzione soltanto del pH e delle costanti di dissociazione. Viene illustrato il caso dell’acido fosforico, le costanti sono pKa1 = 2,22 pKa2 = 7,21 pKa3 = 12,32 Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 157 Dall’esame delle costanti si vede che nel presente caso, essendo Kn/Kn+1 > 104, per nessun valore di pH sono presenti tre specie in quantità superiori all’1%. Ciò ci permette di introdurre una notevole semplificazione nei calcoli, in quanto nella espressione di D è sempre lecito trascurare due termini. Infatti, essendo: Ka1 Ka2 = 10-9,44 e Ka1 Ka2 Ka3 = 10-21,76, sono trascurabili: Ka1 Ka2 Ka3 [H+] -3 per pH < 5,0 Ka1 Ka2 [H+]-2 e 1 e Ka1 Ka2 Ka3 [H+]-3 1 e Ka1 [H+]-1 per 5,0 < pH < 9,0 per pH > 9,0 Ai valori di pH = pK esistono due specie presenti in concentrazione pari al 50%. In Fig. VII-10 viene illustrato il diagramma di distribuzione relativo all’acido fosforico. In tale diagramma le varie specie presenti in soluzione vengono riportate separatamente in funzione del pH. Si nota negli intervalli già considerati il predominio di una singola specie; infatti per : α3 > 90% pH < pKa1 – 1 pKa1 + 1 < pH < pKa2 – 1 α2 > 90% pKa2 + 1 < pH < pKa3 –1 α1 > 90% α0 > 90% pKa3 + 1 < pH Si può costruire un altro tipo di diagramma di distribuzione riportando le grandezze: α3 ; α3 + α2 ed α3 + α2 +α1 in funzione del pH. Nel caso dell’acido fosforico, per quanto è stato detto già circa i campi di esistenza delle varie specie, si ha la Fig VII-11 in cui ciascuna curva è ottenuta dal contributo di una sola specie. 158 Capitolo VII Ogni parallela all’asse delle ordinate incontra una sola di queste curve ed è quindi divisa in due segmenti che cadono nel campo di due specie distinte e sono proporzionali alla concentrazione totale presente sotto quella forma. H3PO4 + H2PO4- 1.0 0.8 α3 0.6 0.4 α2 α1 H2PO4 H2PO4+ HPO4-- - HPO4 -- HPO4-+ PO4--- α3 0.2 0 0.8 0.6 α2 0.4 0.2 0 0.8 0.6 α1 0.4 0.2 0 0.8 0.6 α0 0.4 0.2 α0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 pH Figura VII-10. Frazione delle varie specie proveniente della ionizzazione dell’H3PO4 in funzione del pH 159 Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base 1.0 α2=0.873 0.8 α1=0.500 α3 0.6 α 0.4 α3 α2 α1 HPO4- - H2 PO4- PO4- - - α3=0.127 0.2 0 α3+ α2 H3PO4 1 2 α2=0.500 3 4 5 6 7 8 pH 9 10 11 12 13 Figura VII-11. Diagramma di distribuzione dell’acido fosforico ESERCIZI 1) Calcolare la ripartizione delle specie chimiche HF e F- di una soluzione 0.1 M di HF essendo pKa = 3.8 per i valori di pH: 2, 3, 4 e 6. 2) Calcolare le ripartizioni delle specie chimiche H2S, HS- e S-2 in una soluzione di H2S 0.01 M essendo pK1= 7.1 e pK2 = 13 ai seguenti valori di pH: 5, 6, 8, 9, 13, 14. 3) Costruire il diagramma logaritmico e di distribuzione per una soluzione 0.01 M di Acido tartarico essendo pK1 = 4.8 e pK2 = 8.7. 4) Costruire il diagramma logaritmico e di distribuzione per una soluzione fisiologica in cui la concentrazione di Acido carbonico sia 0.001 M ed essendo pK1= 6.46 e pK2 = 10.15 CAPITOLO VIII EQUILIBRI DI PRECIPITAZIONE Il fenomeno della formazione dei precipitati costituisce una delle operazioni analitiche di maggiore interesse, poiché sia la determinazione qualitativa di un elemento che quella quantitativa è in molti casi eseguita attraverso il fenomeno della precipitazione. Per avere una chiara visione sulla precipitazione e sul comportamento dei precipitati è necessario analizzare l’equilibrio fra un precipitato e la soluzione satura da cui esso si forma. Lo stato fisico di un precipitato ed il suo grado di purezza dipendono dal modo con cui esso è stato preparato e le condizioni operative più idonee possono essere dedotte dallo studio degli equilibri, che si stabiliscono nella soluzione in cui il precipitato si forma. Se si considera esclusivamente il principio del prodotto di solubilità è possibile predire in genere le condizioni più idonee per la formazione e la dissoluzione di un precipitato, anche se questo principio da solo non è sufficiente a risolvere tutti i problemi analitici. Ciò è spiegabile in quanto i sistemi che contengono più di una fase raggiungono lo stato di equilibrio molto lentamente e ne consegue, pertanto, che nelle reazioni di precipitazione lo stato di equilibrio può talvolta essere raggiunto solo dopo molto tempo. Inoltre, il comportamento dei precipitati è particolarmente complesso per i fenomeni di adsorbimento degli ioni presenti nella soluzione, in cui un precipitato si forma e che porta di conseguenza, spesso, alla formazione di precipitati fortemente contaminati. Poiché uno degli obbiettivi della chimica analitica consiste nella preparazione di composti di grande purezza è necessario, quindi, stabilire le condizioni di precipitazione per le quali si potrà avere una contaminazione minima, in quanto la conoscenza delle sole condizioni di equilibrio non forniscono alcun elemento per poterle determinare. Il comportamento di un 161 162 b Capitolo VIII precipitato deve essere, quindi, considerato sotto gli aspetti seguenti: - stato di equilibrio con la soluzione - velocità di formazione e di dissoluzione - proprietà adsorbenti della sua superficie. Un fenomeno, del tutto generale, che ha suscitato l’interesse di quanti si sono occupati della formazione dei precipitati, è il così detto periodo di induzione, cioè il tempo che trascorre dal momento in cui si mescolano i reagenti, al momento in cui compare un precipitato. Il periodo di induzione può variare notevolmente da sostanza a sostanza e anche sostanze che presentano una solubilità simile (AgCl, e BaSO4) possono avere, a parità di condizioni, periodi di induzione molto diversi. In sostanza, le diverse teorie proposte concordano nell’affermare che il periodo di induzione coincide con la fase di formazione dei nuclei, consistenti in aggregati di poche coppie ioniche. Questi aggregati risultano poco stabili e tendono a ridissociarsi o a crescere associandosi successivamente fra di loro per formare particelle colloidali, estremamente piccole (0,001-0,1 µm di diametro), non filtrabili con i mezzi ordinari. La velocità di formazione dei nuclei e la loro crescita dipendono notevolmente dal grado di soprasaturazione (s) della soluzione, cioè dal rapporto fra concentrazione molare di partenza (Co), soprasatura, e la concentrazione della soluzione satura (Cs): Co s = ------(1) Cs Una volta formatosi le particelle colloidali, il processo di precipitazione può seguire due strade: se a questo punto la soluzione non è più soprasatura, le particelle colloidali possono rimanere tali in uno stato di sol per un tempo indefinito, oppure possono riunirsi fra loro in aggregati colloidali più grossi filtrabili (processo di coagulazione); se la soluzione resta ancora soprasatura, le particelle colloidali possono crescere 163 Equilibri di precipitazione singolarmente organizzandosi in strutture cristalline, formando cristalli finissimi (0,1-10 µm) separabili soltanto con filtri a pori molto piccoli. A seconda del grado di soprasaturazione esistente e a seconda delle caratteristiche specifiche della sostanza, si possono formare aggregati microcristallini o i singoli cristalli possono crescere dando origine a individui cristallini ben formati, a volte di dimensioni considerevoli. Il processo come è stato descritto in Fig. VIII-1, ed è fortemente idealizzato e semplificato. In pratica tutti gli stadi indicati decorrono più o meno contemporaneamente. Variando opportunamente le condizioni sperimentali è possibile, entro certi limiti, far decorrere in modo prevalente l’uno o l’altro dei processi indicati, ottenendo così, alla fine, un precipitato a cristalli più o meno grossi o a carattere più o meno colloidale. Ioni o molecole soluzione soprasatura 0.0001-0.001µm m in Nuclei non filtrabili Particelle colloidali 0.001-0.1 µ Cristalli finissimi 0.1-10 µ Cristalli grossi >10 µ Aggregati microcristallini Soluzioni colloidali Aggregati colloidali Figura VIII-1. Rappresentazione schematica della formazione dei precipitati. 164 b Capitolo VIII Soprasaturazione e enucleazione La dispersione delle dimensioni delle particelle in un precipitato dipende dalla velocità relativa di due processi, in pratica quasi sempre contemporanei: a) formazione dei nuclei o nucleazione b) accrescimento dei nuclei. Il decorso di entrambi i processi dipendono dal grado di soprasaturazione, fino ad un certo grado di soprasaturazione, una soluzione può restare omogenea, in uno stato meta-stabile, senza che compaiano tracce di precipitato. Superato un certo grado di soprasaturazione, fortemente variabile da una sostanza all’altra, la soluzione è labile e, entro un tempo più o meno lungo (periodo di induzione), inizia spontaneamente la cristallizzazione, che procede fino a raggiungere le condizioni di saturazione. I diversi stati in cui può trovarsi un sistema sono rappresentabili chiaramente in diagrammi analoghi a quello della Fig. VIII-2. I diagrammi differiscono da sostanza a sostanza specialmente per l’ampiezza della regione meta-stabile. Se una soluzione non satura, ad una certa temperatura, rappresentabile nel diagramma dal punto A, viene raffreddata, si può osservare che pur raggiungendo il punto B, situato sulla curva di solubilità, non si ha alcuna cristallizzazione. Se il sistema è tenuto al riparo da occasionali particelle solide o da sollecitazioni meccaniche, che possano innescare la cristallizzazione, è possibile raffreddare ulteriormente la soluzione raggiungendo lo stato meta-stabile. Arrestando il raffreddamento ad un punto interno a questa regione, per es. al punto C, il sistema può essere mantenuto omogeneo per un tempo indefinito, in uno stato di soprasaturazione. Affinché i nuclei possano formarsi ad una velocità praticamente efficace è necessario raffreddare il sistema portandolo notevolmente al di là della curva di soprasaturazione corrispondente alla curva di supersolubilità, cioè, nel caso in discussione, al punto D. Un ragionamento, analogo, si può fare se, a partire da un 165 Equilibri di precipitazione punto A’, lavorando a temperatura costante, si aumenta la concentrazione delle specie che si vuole precipitare, aggiungendo gradualmente un agente precipitante: la precipitazione non inizierà in B, ma si dovrà raggiungere la curva di soprasolubilità, al punto D’; perché la nucleazione proceda a velocità sufficiente a provocare la precipitazione. Arrestandosi con l’aggiunta del reattivo in corrispondenza di C’, o comunque nella regione meta-stabile, il sistema resta omogeneo, allo stato di soprasaturazione. Se, raggiunto il punto D’, si arresta l’aggiunta di precipitato, i nuclei formatosi, crescendo, daranno origine al precipitato, riportando la concentrazione del sistema al punto di equilibrio B. Concentrazione • D' LABILE • C' curva di supersolubilità D METASTABILE • C curva di solubilità B • A • A' NON SATURO Temperatura Figura VIII-2. Curva di solubilità e di supersolubilità. I cristalli, provenienti esclusivamente dai nuclei formatisi in D’, saranno relativamente pochi e piuttosto sviluppati. Se nel corso della precipitazione si continua ad 166 Capitolo VIII aggiungere del reattivo precipitante, in modo, però, da restare con la concentrazione entro la zona meta-stabile, per evitare la formazione di nuovi nuclei, si otterrà soltanto l’accrescimento dei cristalli già formati e si avrà, pertanto, un precipitato a grana grossa. Se, per una eccessiva velocità di aggiunta o per un difetto di agitazione, in qualche punto della soluzione si dovesse superare la concentrazione D’, si formerebbero nuovi nuclei cristallini e il precipitato risulterebbe, alla fine, formato da cristalli grossi e fini, cioè meno uniformi. Naturalmente questo può accadere tanto più facilmente quanto più le due curve, di solubilità e di supersolubilità, sono vicine. La velocità di nucleazione e della crescita dei cristalli dipende, con andamento diverso, dal grado di soprasaturazione (Fig. VIII-3). Velocità di nucleazione o di crescita Nucleazione Crescita di cristalli 1 Grado di soprasaturazione α Figura VIII-3. Velocità di nucleazione e di crescita dei cristalli in funzione del grado di soprasaturazione. L’analisi di questa figura ci aiuta a capire diversi aspetti del fenomeno della precipitazione. Ad un basso grado di soprasaturazione la nucleazione è praticamente inibita del tutto; Equilibri di precipitazione 167 possono crescere solo eventuali germi cristallini già presenti. In queste condizioni, una volta innescata la cristallizzazione, si ottengono precipitati grossolani. All’aumentare di α la velocità di nucleazione cresce molto rapidamente. Quando la velocità di nucleazione risulta più elevata della velocità di crescita dei cristalli, si ottengono precipitati estremamente fini o addirittura colloidali. Lo stato colloidale e l’adsorbimento Dalla precedente descrizione schematica del meccanismo di formazione dei precipitati cristallini, in una certa fase del processo, passano attraverso lo stato colloidale, nel quale le particelle hanno un diametro di 0,001 a 0,1 µm. In questo stato il sistema mostra le ben note proprietà caratteristiche dello stato colloidale: esso appare omogeneo, le particelle, visibili soltanto all’ultramicroscopio (illuminazione laterale; effetto Tyndall), non sedimentano per azione del campo gravitazionale terrestre, ma solo mediante ultracentrifugazione. La materia allo stato, dispersione colloidale, non altera sensibilmente il punto di congelamento e il punto di ebollizione del solvente e non conferisce una pressione osmotica misurabile con osmometri ordinari. Più esattamente si può affermare che le proprietà colligative delle soluzioni sono quelle che effettivamente si dovrebbero osservare in soluzioni di molecole ad altissimo peso molecolare. Le particelle colloidali sarebbero, secondo H. Staudinger, agglomerati di 103 a 109 atomi. A volte le particelle sono vere e proprie singole macromolecole (polimeri naturali o sintetici, proteine ecc.) oppure sono semplicemente aggregati di molecole piccole o atomi elementari. I colloidi si distinguono, a seconda delle loro caratteristiche, in liofobi (o idrofobi) e liofili (o idrofili). I liofobi si presentano generalmente come dispersioni in un mezzo liquido, generalmente acqua, di sostanze inorganiche insolubili. Tali dispersioni (soli) sono generalmente instabili, tendono facilmente a flocculare, specialmente per 168 Capitolo VIII l’azione di elettroliti, con separazione del colloide in fiocchi o masse di aspetto gelatinoso, nelle quali non è possibile riconoscere forme cristalline al microscopio ordinario, nemmeno ai più forti ingrandimenti (X 2000-2500). I colloidi liofili sono assai più stabili all’azione degli elettroliti; a concentrazione sufficientemente elevate rendono le soluzioni piuttosto viscose o addirittura di consistenza gelatinosa (gel). Per aggiunta di forti quantità di sali possono precipitare in masse fioccose, colloidali e, a differenza dei colloidi idrofobi, tornano a formare un sistema omogeneo per diluizione o per allontanamento del sale mediante dialisi. A questa categoria appartengono le proteine, l’amido, l’acido silicico precipitato di fresco. Il fatto che un colloide abbia caratteristiche liofobe o liofile dipende dalla natura più o meno polare delle sostanze. Gruppi polari o ionizzabili, che possono coordinare l’acqua, rendono il colloide idrofilo, mentre gruppi non polari rendono il colloide idrofobo. Un colloide può anche trasformarsi da idrofobo a idrofilo in seguito a fenomeni di adsorbimento. Per esempio un colloide idrofobo che adsorba alla superficie delle sue particelle, delle sostanze proteiche (idrofile) assume un comportamento idrofilo, può formare soli stabili poco sensibili all’azione coagulante degli elettroliti, ecc.., per esempio, una sospensione di AgBr colloidale viene stabilizzata alla presenza di gelatina. La gelatina, in tal caso, agisce da colloide protettore. Le particelle colloidali risultano, generalmente, dotate di carica elettrica. Ciò può essere messo in evidenza in diversi modi e, particolarmente, mediante esperienze di elettroforesi. Molte delle proprietà caratteristiche dello stato colloidale sono da ascriversi, in ultima analisi, proprio all’esistenza della carica elettrica: la stabilità delle sospensioni, dovuta alla repulsione reciproca delle particelle, i fenomeni di coagulazione e di peptizzazione, l’entità e la specificità dell’adsorbimento di altre sostanze, ecc.. La carica elettrica può originarsi per diverse cause a seconda della natura del colloide. I poli-elettroliti, per esempio le proteine, i poli-acidi, quali gli acidi poli-acrilici, ecc.., acquistano la loro carica in seguito alla Equilibri di precipitazione 169 ionizzazione di gruppi dissociabili (-COOH, -OH) o alla protonazione di gruppi amminici (-RNH3+). Particelle, microcristalli o sospensioni colloidali, di natura ionica, per esempio AgCl, assumono cariche negative o positive, in seguito a fenomeni di adsorbimento. Un cristallo di AgCl, anche se nel suo complesso è elettricamente neutro, alla superficie, su scala atomica, si alternano punti a carica positiva e negativa, in corrispondenza delle posizioni degli ioni Ag+ e Cl- nel reticolo cristallino. Un cristallo di tal genere, sospeso in un mezzo liquido, esercita delle forze elettrostatiche verso ioni, eventualmente, presenti in soluzione, che vengono quindi attratti in vari punti della superficie in corrispondenza del segno elettrico. Si forma così uno strato di ioni adsorbiti che resterà più o meno saldamente associato alla fase solida. Anche solidi di natura non polare, per esempio carboni animali e vegetali, metalli allo stato colloidale, ecc.. possono essere sede di vistosi fenomeni di adsorbimento. In questi casi il meccanismo del processo è diverso, entrano in gioco principalmente le forze di Van der Waals che si manifestano in particolare in punti singolari della superficie, ai vertici, agli spigoli o in zone ricche di dislocazioni e di difetti reticolari. Molto spesso l’adsorbimento, su adsorbenti non polari, si deve a forze di natura decisamente chimica, con formazione di composti più o meno labili fra adsorbato ed adsorbente. Da questa breve esposizione, appare evidente come ciò che va genericamente sotto il nome di adsorbimento e che comunque si manifesta con un ammassamento di specie chimiche, ioni o molecole neutre, alla superficie di un solido, per cui localmente la concentrazione dell’adsorbato può assumere valori assai più elevati che in seno alla soluzione, sia un fenomeno assai complesso e determinato da fattori fisici o chimici o natura diversa e spesso assai specifici e diversi da caso a caso. Tutto ciò dovrebbe far comprendere come non esiste una teoria generale e, in pratica, si impiegano leggi di natura empirica che, di volta in volta, mettono in relazione l’entità del fenomeno (quantità di materiale adsorbito per grammo di adsorbente o per cm2 di superficie adsorbente), con l’uno o 170 Capitolo VIII b l’altro dei parametri che interessano lo studio in questione. In chimica analitica una relazione di interesse pratico è quella che permette di esprimere la quantità di sostanza adsorbita in funzione della sua concentrazione in soluzione (o pressione, se si tratta di adsorbimento di un gas). Una delle equazioni più note è quella che va sotto il nome di equazione di Freundlich: 1 x = kC n (2) m dove x è il peso dell’adsorbato, m è il peso dell’adsorbente, C la concentrazione in soluzione all’equilibrio, k e n sono parametri empirici, variabili con la natura dell’adsorbato, dell’adsorbente, del solvente e con la temperatura. L’equazione di Freundlich vale, infatti, solo ad una temperatura fissata e costante. Per questo motivo viene chiamata anche isoterma di adsorbimento. La (2) descrive, quindi, per un dato sistema, l’andamento dell’adsorbimento in funzione di C. La costante n dipende dalla natura dei processi chimico-fisici che decorrono al passaggio dalla soluzione alla superficie dell’adsorbente della specie chi si adsorbe. A seconda del sistema, n può assumere valori compresi fra 1 e 5. Il valore di k, invece, è in relazione alla quantità massima di adsorbato fissabile alla superficie. Il valore è funzione, tra l’altro della superficie specifica dell’adsorbente, cioè della superficie presentata da 1 g di adsorbente. Poiché 1/n è generalmente minore di 1, la quantità di sostanza adsorbita aumenta meno rapidamente della concentrazione e tende ad un valore limite corrispondente alla saturazione della superficie adsorbente. La Fig. VIII-4 rappresenta un generico andamento dell'isoterma di Freundlich per n = 2 e per n = 4. Dalla Fig. VIII-4 si può osservare che le prime tracce di adsorbato (piccoli valori di C) possono essere trattenute molto tenacemente e sono allontanabili con difficoltà una volta che siano state adsorbite. Ciò comporta conseguenze di grande interesse in chimica analitica: utilizzando processi di adsorbimento è possibile rimuovere dalle soluzioni tracce di Equilibri di precipitazione 171 sostanze concentrandole su opportuni adsorbenti; X m KC ¼ KC ½ C Figura VIII-4. Andamento dell’isoterma di Freundlich per n = 2 e per n = 4. una volta adsorbite le tracce di sostanze differenti è possibile ottenere delle nette separazioni lavando l’adsorbente con solventi idonei in grado di solubilizzare preferenzialmente l’una o l’altra delle sostanze adsorbite, ecc.. Su questi principi sono basate le tecniche cromatografiche di adsorbimento. D’altra parte gli stessi fenomeni di adsorbimento possono recare notevoli complicazioni dovute a indesiderate contaminazioni dei precipitati. Contaminazione dei precipitati Si parla di contaminazione di un precipitato quando esso, anziché risultare chimicamente puro, cioè costituito da una sola specie chimica, risulta accompagnato da altre sostanze. E’ 172 Capitolo VIII comprensibile come la contaminazione possa essere causa di gravi inconvenienti: un precipitato inquinato può rendere del tutto errata una determinazione gravimetrica. In analisi qualitativa l’inquinamento di un precipitato può portare ugualmente complicazioni indesiderate, alterando il quadro delle reazioni caratteristiche, provocando mascheramenti o la comparsa di reazioni attribuibili erroneamente a specie chimiche inesistenti nel campione (artefatti). L’adsorbimento è la causa principale di contaminazione dei precipitati allo stato colloidale flocculato o, comunque, con grandissimo sviluppo di superficie e le cause possono essere diverse e spesso agiscono contemporaneamente, con prevalenza dell’una o dell’altra e seconda della natura chimica del precipitato, dell’ambiente in cui viene a formarsi, dello stato cristallino o colloidale che assume. L’entità dell’adsorbimento può essere relativamente modesto, come si riscontra di solito con gli alogenuri di argento, oppure assai notevole come si può verificare con gli idrati colloidali del Fe+3 o di Al+3. Un alogenuro di argento, precipitato in eccesso di alogenuro alcalino trattiene lo ione alogenidrico adsorbito al reticolo e lo ione del metallo alcalino come controione. Se si lava il precipitato con acido nitrico diluito si può sostituire, con un vero e proprio scambio ionico, lo ione del metallo con lo ione H+: AgX x X- Na+ + H+ ↔ AgX x X- H+ + Na+ L’acido HX adsorbito è facilmente allontanabile con un opportuno riscaldamento del precipitato. La quantità di adsorbato in un precipitato cristallino può essere ridotto notevolmente sottoponendolo ad un processo di maturazione tale da permettere una ricristallizzazione, con conseguente ingrossamento dei granuli cristallini e forte diminuzione della superficie specifica e dei difetti reticolari. Gli idrati, Fe(OH)3, Al(OH)3, che precipitano sotto forma di fiocchi colloidali, conglobanti forti quantità di acqua, Equilibri di precipitazione 173 hanno una grande tendenza ad adsorbire ioni OH- e ioni di metalli pesanti come controioni. Per questo motivo nella precipitazione di Fe+3 o Al+3 come idrossidi si possono facilmente constatare contaminazioni da Cu+2, Ni+2,Co+2, ecc.. Tali contaminazioni possono attenuarsi sensibilmente in presenza di NH3 o altri agenti in grado di complessare le impurezze. A volte la contaminazione è dovuta al fatto che assieme al precipitato desiderato si separano altre sostanze per le quali è stato superato il limite della solubilità. Si parla in tal caso di precipitazione simultanea o di coprecipitazione. Per evitare questo tipo di contaminazione è necessario cercare condizioni di lavoro tali che non comportino il superamento del limite di solubilità dell’impurezza. Se c’è la possibilità di formazione di cristalli misti è indispensabile eliminare l’impurezza con opportuni metodi selettivi (precipitazioni specifiche, estrazioni, uso di resine a scambio ionico, ecc.) prima di procedere alla precipitazione del composto principale. Un’altra causa di contaminazione è dovuta alla postprecipitazione. Ciò si verifica quando i limiti di solubilità, abbia una tendenza più o meno spiccata a dare soluzioni soprasature. In tale caso la separazione del contaminante può verificarsi con un sensibile ritardo rispetto alla precipitazione del prodotto principale. Un esempio noto è rappresentato dagli ossalati di calcio e di magnesio. Entrambi i sali sono insolubili, ma, mentre l’ossalato di magnesio può dare soluzioni meta-stabili fortemente soprasature, l’ossalato di calcio, superati i limiti di solubilità, precipita rapidamente. In presenza dei due metalli è possibile quindi ottenere un precipitato di ossalato di calcio relativamente puro, lavorando rapidamente, mentre se si lascia a sé il precipitato, in contatto con la soluzione madre, soprasatura di MgC2O4, si può constatare un graduale inquinamento dovuto alla successiva cristallizzazione del sale di Mg sulla superficie delle CaC2O4. 174 Capitolo VIII b La solubilità dei precipitati Prodotto di solubilità In una soluzione satura di un elettrolita forte, in presenza di corpo di fondo, si instaura, direttamente o indirettamente, un equilibrio fra l’elettrolita solido, M+A-, e gli ioni che da esso si originano, M+ e A-: M+A- ↔ M+ + A- (3) Poiché, l’attività del sale solido alla pressione atmosferica e a temperatura costante è assunta unitaria per convenzione (stato standard), la costante di equilibrio viene espressa da: Ks = aM+ aA- (4) dove aM+ e aA- indicano rispettivamente le attività del catione e dell’anione nella soluzione satura del sale. La relazione (4) esprime il principio del prodotto di solubilità. La costante Ks assume il nome di prodotto di solubilità del sale M+A-. Con termine più appropriato si dovrebbe chiamare prodotto di attività, dato che il concetto di solubilità è sempre associato al concetto di concentrazione, mentre la (4) conserva un preciso significato solo quando viene espressa in termini di attività. La relazione (4) può essere espressa anche in funzione della concentrazione di ciascuno ione (ai = fi ci) per cui risulta: Ks= [M+] [A-] f+ f- = f± [M+] [A-] (5) dove f± è il coefficiente di attività medio. Se la soluzione satura è molto diluita e a forza ionica sufficientemente bassa, si può assumere, f± = 1, e la relazione (5) diventa: Ks = [M+] [A-] (6) Equilibri di precipitazione 175 Se la concentrazione molare della soluzione satura del sale è C, la concentrazione di M+ e di A- è rispettivamente S e S (solubilità). Sostituendo nella (6) si ricava: ⇒ S (moli/litro) = K s Ks = S × S che consente, facilmente, di calcolare la solubilità del sale in acqua pura quando sia noto il suo prodotto di solubilità, Ks. La concentrazione molare nella (6) rappresenta la concentrazione totale di quella specie in soluzione ed essa può provenire, anche, dalla presenza di altri sali presenti nella soluzione e non solo dal sale M+A-. Se alla soluzione satura si aggiunge un eccesso di M+, in modo che sia CM la concentrazione dovuta all’aggiunta, la solubilità (S) del sale si calcola con l’equazione: Ks = (CM + S) (S) (7) Se il precipitato ha una solubilità molto bassa si può spesso trascurare la concentrazione di M+ proveniente dal solido rispetto a quella introdotta con l’aggiunta e la relazione(7) si semplifica in: Ks = CM S (8) da cui si ricava la solubilità (S): Ks S = -----CM Ovviamente le stesse considerazioni valgono in eccesso di anioni. La relazione (7) interpreta immediatamente il fenomeno, spesso utilizzato in chimica analitica, della diminuzione della solubilità di un precipitato per aggiunta di sali aventi specie ioniche comuni col precipitato (effetto dello ione a comune). 176 b Capitolo VIII Effetto dell’acidità sulla solubilità Se il precipitato è un sale di un acido debole (solfuro, ossalato, acetato, ecc..), la solubilità dipende dall’acidità della soluzione. Consideriamo il caso generico del sale MA di un acido monoprotico. In soluzione si hanno contemporaneamente gli equilibri: MA(s) ↔ M+ + A- (9) e A- + H+ ↔ HA (10) Un aumento di acidità provoca lo spostamento verso destra della reazione (10), con sottrazione della specie A- e quindi uno spostamento verso destra anche della (9) con conseguente aumento di solubilità di MA. Ha interesse pratico poter calcolare la solubilità di precipitati sospesi in soluzioni con un dato valore di pH. Gli equilibri (9) e (10) sono definiti rispettivamente dalle costanti: Ks = [M+] [A-] (11) [H+] [A-] Ka = ------------[HA] (12) La concentrazione totale di A- deriva dalla parte di precipitato passata in soluzione e si ha quindi: CA = [A-] + [HA] = S (13) La frazione di A- presente come anione, calcolata in funzione di H+ e di Ka è data dalla nota funzione di distribuzione: Equilibri di precipitazione [A-] [A-] Ka α = ------- = ---------------- = -------------[A-] + [HA] [H+] + Ka CA 177 (14) Si ricava quindi: Ka [A ] = α CA = ------------- S [H+] + Ka - (15) Essendo inoltre: [M+] = S (16) sostituendo la (15) e la (16) nella (11) si ricava: Ka Ks = S2 ------------[H+] + Ka (17) da cui si ha che: Ks [H+] + Ka S = Ks --------------- = -----α Ka 2 (18) La relazione (18) permette di calcolare la solubilità di un sale, proveniente da un acido debole monoprotico, noto il valore del prodotto di solubilità, la costante di dissociazione dell’acido e la concentrazione degli ioni idrogeno, in assenza di ioni A- e M+, che non derivano dal precipitato. Appare chiaramente dall’equazione che per [H+] << Ka, la solubilità diventa indipendente da [H+]. L’andamento risulta particolarmente evidente dal diagramma illustrato in Fig. VIII-5, in cui si riporta ( – log S) in funzione del pH. La generalizzazione al caso di soluzioni che contengono 178 Capitolo VIII b un eccesso di M+ o A- è immediata: se CM è l’eccesso di M+, risulta: [M+] = S + CM (19) e restando inalterata la relazione(15) si ottiene, sostituendo in (11): Ka Ks = (S +CM)S -------------- = (S+CM) S α [H+] + Ka (20) 0 Log S -1 -2 2 4 6 8 pH Figura VIII-5. Solubilità dell’acetato di argento in funzione del pH. Analogamente, se la soluzione satura del precipitato contiene un eccesso di anione, CA-, si ha: Equilibri di precipitazione [A-] = α (S + CA-) 179 (21) e quindi: (22) Ks = S (S + CA-) α Se il precipitato anziché del tipo mono-monovalente fosse di tipo MAn, le espressioni assumerebbero le forme più generali: Ks = [M+n] [A-]n (23) ed analogamente: Ks = [M+n] αn CA-n (24) Se S è la concentrazione molare di MAn in soluzione, si ricava: [M+n] = S e [A-] = n S e quindi: Ks = S (n S)n αn (25) Se il sale provirnr da un acido diprotico vale lo stesso trattamento, salvo che la concentrazione dell’anione [A-2] è data da: [A-2] = α1 CA (26) e la frazione di α1 viene espressa dalla: Ka1 Ka2 α1 = ----------------------------------[H+]2 + [H+] Ka1 + Ka1 Ka2 (27) dove Ka1 e Ka2 sono rispettivamente la I^ e la II^ costante di 180 b Capitolo VIII dissociazione dell’acido. Esempio 1. Il fluoruro di calcio ha un prodotto di solubilità Ks=4×10-11. Calcolare la solubilità. L’equilibrio del sale poco solubile: CaF2(s) ↔ Ca+2 + 2 FKs = [Ca+2] [F-]2= 4×10-11 Indicando con S la solubilità in moli per litro del sale, si ha [Ca+2] = S; e [F-] = 2S. Sostituendo si giunge all’espressione: S (2S)2 = 4 S3 = 4×10-11 dalla quale si ricava S = 2,2×10-4 moli per litro. Pertanto in soluzione la concentrazione dello ione calcio è 2,2×10-4 M , mentre quella sello ione fluoruro è 4,4×10-4 M. Esempio 2. Calcolare la solubilità del fluoruro di calcio in HCl 0,1 M, essendo Ks=4×10-11 e Ka=6×10-4. Applichiamo la (25): Ks = [Ca+2] [F-]2 = 4 10-11 Essendo [Ca+2]= S [F-] = 2S α 6×10-4 Ka α = ------------= -------------- = 6×10-3 [H+] + Ka 0,1 + 6×10-4 sostituendo nella (25) si ha: 4×10-11 = S (2S)2 (6×10-3)2 S = 6,5×10-3 M Nella soluzione la concentrazione degli ioni sarà: e [F-] = 8,19×10-5 M [Ca+2] = 6,5×10-3 M Esempio 3. Calcolare la solubilità dell’ossalato di calcio a pH=3, sapendo che Ks=6×10-9, Ka1 =6×10-2 e Ka2=6×10-5. La reazione di equilibrio è: CaC2O4 ↔ Ca+2 + C2O4-2 181 Equilibri di precipitazione Poiché sia Ca+2 che C2O4-2 provengono dalla dissoluzione del sale poco solubile si ha: [Ca+2] = S [H2C2O4] + [HC2O4-] + [C2O4-2] = S la concentrazione degli ioni ossalato sarà data da: Ka1 Ka2 -2 [C2O4 ] = α1 S = ----------------------------------- S = 0,056 S [H+]2+ [H+] Ka1 + Ka1 Ka2 dalla (18) si ricava: Ks = S S α1 = S2 0,056 da cui: 2 × 10 −9 S= = 1,89 × 10 −4 M 0 ,056 all’equilibrio le concentrazione dei due ioni saranno: e [C2O4-2] = 1,06 10-5 M [Ca+2]= 1,89 10-4 M Se l’anione del sale poco solubile subisce un processo d’idrolisi, interviene un altro fattore di cui è necessario tener conto nei calcoli. Il caso è frequente in quanto assai spesso i precipitati sono sali di acidi deboli o debolissimi; tuttavia, se il prodotto di solubilità è abbastanza piccolo, l’effetto è trascurabile. Nell’impostazione del calcolo si deve tener conto dei seguenti equilibri: MA ↔ M+ + AA-+ H2O ↔ HA + OHH2O ↔ H+ + OH- (28) (29) (30) e dalla condizione di elettroneutralità: [M+] + [H+] = [A-] + [OH-] (31) si ricava un sistema a quattro incognite e quattro equazioni, che porta alla soluzione cercata. Generalmente, nel corso dei calcoli è possibile procedere a notevoli semplificazioni, come già visto nei paragrafi precedenti. 182 b Capitolo VIII Esempio 4. Calcolare la solubilità dell’acetato di argento in acqua pura. Confrontare il risultato con quello che si ottiene tenendo conto dell’idrolisi dello ione acetato. (Ks=4×10-3; Ka=1,75×10-5). L’equilibrio è: CH3COOAg ↔ CH3COO- + Ag+ Ks = [Ag+] [CH3COO-] = 4×10-3 trascurando la reazione d’idrolisi, la solubilità risulta: S = [Ag+] = [CH3COO-] = K s S = 6,3×10-2 M Il calcolo esatto della solubilità, che tiene conto dell’idrolisi, richiede che si considerino i seguenti equilibri simultanei: CH3COOAg ↔ CH3COO- + Ag+ Ks= [CH3COO-] [Ag+] CH3COOH ↔ CH3COO- + H+ [CH3COO-] [H+] Ka = ---------------------[CH3COOH] H2O ↔ H+ + OHKw = [H+] [OH-] È valido il bilancio di carica: [Ag+] + [H+] = [CH3COO-] + [OH-] e i bilanci di massa: [Ag+] = S [CH3COO-] + [CH3COOH] = S Si può formare un sistema di cinque equazioni a cinque Equilibri di precipitazione 183 incognite che permette una risoluzione rigorosa del problema. Apportando qualche approssimazione è possibile, tuttavia, semplificare notevolmente i calcoli. Ammettendo che si sciolga la quantità di acetato data dall’equazione risolta in precedenza, si calcola la basicità della soluzione che ne deriva per idrolisi. La reazione è la seguente: CH3COO- +H2O ↔ CH3COOH + OHLa cui costante è: Kw [CH3COOH] [OH-] Kb = -------------------------- = ------ = 5,7×10-10 Ka [CH3COO-] posto: [OH-] [CH3COOH] = x e [CH3COO-] = 6,3×10-2- x si ricava che: [OH-] = 6,0×10-6 M cioè: (pH= 8,87) [H+] = 1,6×10-9 M Applicando ora direttamente l’equazione (18): S = 4 × 10 −3 1,6 × 10 −9 + 1,75 × 10 −5 = 6 ,3 × 10 −3 M −5 1,75 × 10 si ottiene ancora S = 6,3×10-3 M. Si conclude, pertanto, che l’idrolisi dell’anione, pur alterando sensibilmente il pH dell’acqua, non comporta una variazione apprezzabile di solubilità del sale poco solubile. Ciò poteva risultare evidente dall’esame di Fig. VIII-5, che si riferisce all’acetato di argento; poiché a pH ≥ 7 la solubilità risulta indipendente dal pH e dato che ogni azione idrolitica sull’anione non può che rendere basica la soluzione, non ci si poteva attendere un effetto sulla solubilità. 184 Capitolo VIII Effetto degli agenti complessati sulla solubilità E’ noto che la presenza di agenti complessati in una soluzione influenzano più o meno marcatamente la solubilità dei precipitati. Il cloruro di argento si scioglie facilmente se si aggiunge alla sospensione ammoniaca o tiosolfato o cianuro. L’effetto dei legami in grado di fornire complessi solubili con il catione del precipitato è facilmente interpretabile. Un sale poco solubile, in una soluzione satura, partecipa all’equilibrio MA (s) ↔ M+ + A- (1a) Può subire un incremento di solubilità in seguito ad un qualsiasi processo in grado di abbassare la concentrazione di A- o di M+. Un qualsiasi legante, X, che sia in grado di dare complessi MX+, MX2+……., MXn+, sottraendo la specie M+, può spostare l’equilibrio (1a), più o meno fortemente, a seconda del prodotto di solubilità di MA e della stabilità dei complessi MXi+. Il calcolo della solubilità di MA in funzione dei complessi di X e delle varie costanti interessate, in linea di principio, è semplice; essendo valida l’equazione del prodotto di solubilità Ks = [M+] [A-] si tratta di calcolare la concentrazione di M+ nelle condizioni imposte dal complessate. Gli elementi di calcolo sono ricavabili dal capitolo X. La concentrazione di M+ presente in soluzione sotto qualsiasi forma è: CM+=[M+]+[MX+]+[MX2+]+··[MXn+]=[M+](1+α1[X]+α2[X]2+ ···αn[X]n) la frazione di M+ libero, sul totale è: 1 [M+] ------- = ------------------------------------- = αo 1+ α1 [X] + α2 [X]2 + ····αn[X]n C M+ (2a) Equilibri di precipitazione 185 da cui [M+] = αo CM+ (3a) Sostituendo nella relazione del prodotto di solubilità si ottiene: Ks = αo CM+ [A-] (essendo S = CM+ = [A-]) Si ricava che: S = √ Ks/αo Applicando alla (3a) il simbolismo introdotto nel capitolo X e considerando il complesso di una forma di reazione parassita rispetto all’equilibrio di solubilità di MA, si può esprimere il prodotto di solubilità come prodotto di solubilità condizionale, introducendo i coefficienti di concentrazione apparente (αM+): K’s = [M+]’ [L] dove [M+]’ = [M+] αM+= CM+ e α M+ = 1 + α1 [X] + α2[X]2 + ···αn [X]n (4a) la grandezza K’s = [M+] [L] αM+ = K’s αM+ è il prodotto di solubilità condizionale. Per confronto della (4a) con la (2a) risulta che il coefficiente di concentrazione apparente, αM+, è sempre maggiore di 1, per concentrazione non nulla di legante, e tanto più quanto più stabili sono i complessi MXi+, risulterà in ogni caso: K’s > Ks Succede, qualche volta, che un metallo che forma un precipitato con un dato anione, sia in grado di formare anche complessi solubili con lo stesso anione, se è presente in eccesso nella 186 b Capitolo VIII soluzione. E’ il caso degli cationi Ag+, Pb+2, Hg+2 che per aggiunta di I- precipitano come ioduri, ma si ridisciolgono in un eccesso di reattivo (I-). Consideriamo il caso generico di un precipitato MA in grado di formare con un eccesso di ioni A- una serie di complessi solubili MAì. Si ha in primo luogo la reazione di precipitazione: 1 1 + K = ------------- = ------M + A ↔ MA (s) [M+] [A-] Ks La soluzione satura contiene la specie indissociata, MA, ad una concentrazione costante, So, che si può chiamare solubilità intrinseca: (5a) [MA] = So Nella formazione della serie di complessi solubili si deve prendere in considerazione anche il primo complesso MA, determinato dalla costante di formazione K1. (soluzione) M+ + A- ↔ [MA] [MA] So (5b) K1 = ------------ = --------+ [M ] [A ] Ks Gli equilibri, successivi, sono definiti dalle costanti di formazione e sono dati da: MA + A- ↔ MA2MA2- + A- ↔ MA3-2 ………………..... MAn-1 + A- ↔ MAn -(n-1) K2 K3 ……. Kn La concentrazione del metallo in soluzione, cioè la solubilità del precipitato, è data da: S = [M+] + [MA] + [MA2-] + ····[MAn-(n-1)] (6a) Equilibri di precipitazione 187 Utilizzando la (5°) e le espressioni delle costanti Ki la (6°) si può scrivere come: Ks S= -------- + So+ So K2[A-]+SoK3K2[A-]2 + ··SoK2K3 ··Kn [A-]n-1 [A-] e, dalla relazione (5b), introducendo i simboli delle costanti globali: Ks S = ------- + Ks α1 [A-] + Ks α2 [A-]2 + Ks αn [A-]n-1 [A-] si ricava infine: (7a) S = Ks ( 1/[A-] + α1 + α2 [A-] + ····αn [A-]n-1) La solubilità espresso dalla (7a) presenta un valore minimo per una determinata concentrazione di A-, determinabile risolvendo l’equazione: dS --------- = 0 d [A-] derivando la (7a) rispetto alla [A-] si ha: (8a) dS/d[A-]= - Ks/[A-]2+α2Ks+½α3Ks[A-]+1/(n-1)Ksαn[A-]n-1 nel caso particolare che non si formino complessi successivi a MA2- la (7a) si riduce a: S = Ks (1/[A-] + α1 + α2 [A-]2) cioè, per [A-] sufficientemente elevato, la solubilità aumenta linearmente con [A-]. Il minimo di solubilità si ha per il valore di [A-] che verifica l’equazione: Ks/[A-]2 = α2 Ks da cui La solubilità minima risulta: [A-] = 1/ √α2 188 b Capitolo VIII S = Ks (√α2 + α1 + √α2) = So + 2 Ks √α2 Precipitazione e diagrammi logaritmici In base all’espressione del prodotto di solubilità possiamo predire se un precipitato potrà formarsi mescolando due soluzioni o se un precipitato potrà disciogliersi in contatto con una data soluzione. Essendo Ks = [M]a [X]b ed indicando il prodotto delle concentrazioni degli ioni, elevate ad una potenza eguale al coefficiente stechiometrico, come prodotto ionico, si possono verificare le seguenti possibilità: prodotto ionico < Ks ⇒la soluzione è insatura; non si forma alcun precipitato ovvero un precipitato può disciogliersi. prodotto ionico > Ks ⇒la soluzione è soprasatura; si forma un precipitato ovvero se esso è già presente non si discioglie. prodotto ionico = Ks ⇒la soluzione è satura; nella miscela all’equilibrio non si forma alcun precipitato, ne si discioglie un precipitato già esistente. Come gli equilibri acido-base, anche gli equilibri di precipitazione possono essere rappresentati in diagrammi, col vantaggio di avere una visione immediata e generale, anche se approssimata, delle condizioni di equilibrio esistenti nella soluzione. Si illustrano alcuni esempi semplici di questi diagrammi. Consideriamo il sale poco solubile, AgCl, per il quale il prodotto di solubilità è: Ks = [Ag+] [Cl-] = 10-9,5 Se indichiamo [Ag+] = CAg+ e logaritmi si ha: [Cl-] = CCl-, passando ai log CCl- = - log CAg+ + log Ks = pAg - pKs 189 Equilibri di precipitazione Da qui si nota che il logCCl- è una funzione lineare di pAg. Riportando in un sistema di assi cartesiani pAg sulle ascisse e log CCl- sulle ordinate (Fig. VIII-6) si osserva che il logCCl- può essere rappresentato da una retta con coefficiente angolare +1 e origine nel punto ottenuto da -pKs. Il diagramma si costruisce partendo dal punto logCCl-= 0, per cui si ha: pAg = pKs e tracciando per questo punto una retta avente coefficiente angolare = 1, ovvero per pAg = 0 per cui si ha: logCCl- = -pKs. 5 10 Log C Cl -5 -10 CrO4 pAg - Ag -- + Figura VIII-6. La retta che si ricava indica lo stato di equilibrio di precipitazione per il sistema Cl--Ag+ e dal grafico si può ricavare la concentrazione a cui si ha l’inizio della precipitazione del sale. Se fissiamo una data concentrazione di Cl- in soluzione (1×10-1 M) ed immaginiamo di aggiungere una soluzione contenente ioni Ag+, prima che il prodotto ionico raggiunga il 190 b Capitolo VIII prodotto di solubilità di AgCl (10-9,5), nella soluzione non si osserva formazione di alcun precipitato. Se supponiamo che il volume sia costante, la concentrazione di Cl- non varia; questa nel diagramma è rappresentata dalla retta tratteggiata parallela all’asse delle ascisse. L’ascissa corrispondente al punto di incontro di questa retta con la retta rappresentativa della concentrazione di Cl- indica la concentrazione di Ag+ come – log[Ag+] all’inizio della precipitazione. Se si considera log C = [Ag+] si ha logC = -pAg ed in tal caso si ha una retta di inclinazione –1, che parte dall’origine. L’intersezione di questa retta con quella di Cl-, indica le concentrazioni all’equilibrio di una soluzione satura di AgCl. Consideriamo il diagramma logaritmico di precipitazione di Ag2CrO4. Per questo sale si ha: Ks = [Ag+]2×[CrO4-2] = 10-11,7 log[CrO4-2] = log Ks – 2log[Ag+] log[CrO4-2] = log Ks + 2pAg La relazione fra il log della concentrazione di CrO4-2 in funzione di pAg è una retta di pendenza +2. Il suo punto di origine può essere trovato tenendo presente che quando log CCrO4-2 = 0, pAg = ½ pKs. Da questo grafico possiamo calcolare la concentrazione -2 di CrO4 necessaria per far precipitare Ag2CrO4 quando Ag+ è uguale a 10-4,17 M, condizione che corrisponde al punto equivalente della determinazione dei cloruri con il metodo di Mohr. Dal grafico si ricava che log [CrO4-2] = -2,2 , cioè [CrO4-2]= 1,6×10-3 M. Consideriamo ora la precipitazione di Cl-, Br- e I- come alogenuri di argento, se essi sono presenti in soluzione nel rapporto molare 1000:1:1. pKAgBr = 12,0 pKAgI = 16) (pKAgC = 9,5 e supponiamo che sia: [Br-]= 1×10-3 M [I-]= 1×10-3 M. [Cl-]= 1 M 191 Equilibri di precipitazione Dal grafico di Fig. VIII-7 si osserva che quando comincia a precipitare AgBr la concentrazione di I- è ≈10-7 M e quando comincia a precipitare AgCl la concentrazione di I- è ≈ 10-6,5 M. Quindi la separazione di I- da Cl- e Br- è possibile in una soluzione che abbia la predetta composizione. 5 10 pAg 15 Log C -5 Cl-10 B- Ag + I- Figura VIII-7. Vediamo se è possibile anche la separazione di Br- da Cl-. Il diagramma indica che AgCl comincia a precipitare quando la concentrazione di Br- è uguale a 10-2,5 M. Cioè AgCl comincia a precipitare addirittura prima che cominci a precipitare AgBr. Nel rapporto di concentrazione indicato la separazione di Br- da Cl- ovviamente non è realizzabile. L’ordine di precipitazione di un catione o di un anione mediante un reattivo opportuno, su cui 192 b Capitolo VIII è basato il principio della precipitazione frazionata, utilizzato in chimica analitica può essere desunto attraverso il calcolo, avendo come riferimento le condizioni di precipitazione simultanea. Consideriamo una soluzione in cui [CrO4-2] = 1 10-4 M e [Cl-] = 1 10-7 M. Se una soluzione è satura con Ag2CrO4 e AgCl si ha: [Ag+] [Cl-] = 10-9,52 [Ag+]2×[CrO4-2] = 10-11,7 effettuando il rapporto fra queste due espressioni ed eliminando [Ag+] si ha: 10-11,7 [CrO4-2] ------------= ------------= 10+7,34 [Cl-]2 (10-9,52)2 poiché 10-4 [CrO4-2] ------------ = ------------ = 10+10 (10-7)2 [Cl-]2 Essendo questo rapporto maggiore di 10+7,34 il cromato di argento precipiterà per primo. Esercizi 1)Ioni cloruro vengono aggiunti ad una miscela che è 0,01 M in Tl+, 0,02 M in Pb+2 e 0,03 M in Ag+. Calcolare l’ordine secondo cui ha luogo la precipitazione di questi alogenuri e se essa risulterà completa. (pKs= 3,46 per TlCl; pKs= 4,08 per PbCl2; pKs= 9,50 per AgCl). 2)Calcolare la solubilità di: a) AgCl, b) AgIO3, c) Ag2CrO4 in una soluzione 1×10-2 M di AgNO3. (I valori di pKs, rispettivamente, sono 9,66; 7,42 e 11,35). Equilibri di precipitazione 193 3)Calcolare la [Ag+] in una soluzione satura sia di AgBr che di AgCNS, i cui valori di pKs sono rispettivamente 12,28 e 12,0. 4)Quale concentrazione di Na2CO3 è necessaria per convertire 1,0 millimole di BaSO4 in BaCO3, se il volume della soluzione è di 100 mL. (Ks= 1×10-10 per BaSO4 e Ks=5,1×10-10 per BaCO3). 5)Qual è la solubilità del cianuro di argento in una soluzione il cui pH è stato portato a 3 (HCN Ka= 4×10-10, Ks= 2×10-16 per AgCN)? 6)Quale valore di pH si deve ottenere perché si abbia una soluzione di Acetato di Argento 1M (Ks= 2,3×10-3 per CH3COOAg e Ka= 1,75×10-5 per CH3COOH)? 7)Una soluzione è satura di Ca(OH)2; un campione di 50 mL viene prelevato e si trova che esso richiede per la titolazione 8,2 mL di HCl 0,14 M. Calcolare il prodotto di solubilità di Ca(OH)2. 8)Calcolare la solubilità di AgCl in HNO3 0,1 M (Ks= 1×10-10). 9)Calcolare la solubilità di MnS in acqua. (Ks= 1×10-11 per MnS, Ka1= 1×10-7 e Ka2= 1,3×10-13 per H2S). 10)Calcolare la solubilità di Ca3(PO4)2 in una soluzione il cui pH è 5. (pKs= 26,66, pKa1= 2.01, pKa2= 6,93 e pKa3= 11,99). 11)Calcolare la concentrazione di ioni alluminio in equilibrio con l’idrossido di alluminio se il pH della soluzione è 6. (Ks= 1,4×10-34 per Al(OH)3). 12)Una soluzione è 0,05 M in F- e 0,05 M in CO3-2; ad essa viene aggiunta una soluzione di cloruro di calcio. Calcolare: a)quale dei due anioni precipita per primo, b) che frazione di anione è precipitata quando incomincia a precipitare il secondo. (solubilità: CaF2 = 0,0163 g/L e CaCO3 = 0,011 g/L). 13)Calcolare la concentrazione di tutte le specie ioniche e molecolari, presenti in una soluzione che è satura con Pb(OH)2. La costante di formazione di Pb(OH)+ è 10 7,51 ed il pKs= 14,4. CAPITOLO IX REAZIONI DI OSSIDO-RIDUZIONE Reazioni di ossido-riduzione sono quelle in cui si ha una variazione del numero di ossidazione di uno o più elementi delle sostanze che partecipano ad una reazione. Le reazioni di questo genere si possono considerare come interazioni che si stabiliscono fra un agente ossidante, il quale acquista elettroni e si riduce,ed un agente riducente, che perde elettroni e si ossida. Oss1 + ne ⇒ Rid1 Fe+3 + e ⇒ Fe+2 Rid2 ⇒ Oss2 + ne Zn(s) ⇒ Zn+2 + 2e caso generale caso specifico caso generale caso specifico Il sistema ossidante e riducente sono due semi-reazioni ed ognuna di queste non rappresenta uno stato di equilibrio poiché gli elettroni liberi non esistono in soluzione. Una reazione di ossido-riduzione o redox risulta dalla somma delle due semireazioni: ⇒ Rid1 Oss1 + ne Rid2 ⇒ Oss2 + ne ----------------------------------Oss1 + Rid2 ⇒ Rid1 + Oss2 Poiché gli elettroni liberi in soluzione non possono esistere, il numero di elettroni ceduti deve essere uguale al numero degli elettroni acquistati e cioè le due semicoppie debbono essere bilanciate. Per quanto concerne l’esempio specifico la reazione della semicoppia (Fe+3-Fe+2) deve essere moltiplicata per 2 in moda da bilanciare il numero di elettroni ceduti dall’altra semicoppia, 195 196 Capitolo IX 2Fe+3 + 2e ⇒ 2 Fe+2 Zn(s) ⇒ Zn+2 + 2e ------------------------------2Fe+3 + Zn (s) ⇒ 2Fe+2 + Zn+2 Una reazione di ossido-riduzione consiste in un trasferimento di elettroni da una forma chimica ad un'altra, pertanto, in virtù dello scambio di elettroni la reazione può essere utilizzata per compiere un lavoro elettrico. Il sistema può realizzarsi separando le due semicoppie, assicurandone contestualmente il contatto elettrico e permettendo agli elettroni di fluire lungo il circuito esterno, realizzando quindi un elemento galvanico o pila. La forza elettromotrice (f.e.m.), di questo elemento, costituisce una misura della tendenza a compiersi della reazione redox; e generalmente proprio per questo un equilibrio ossido-riduttivo viene caratterizzato dal valore della f.e.m. più che dalla costante di equilibrio, per quanto questi valori siano ricavabili l’uno dall’altro. La reazione relativa ad una semicoppia redox è simile ad una coppia acido-base, secondo Broensted: B+ p+ Base protone Coppia coniugata Oss + ne BH Acido (B-/BH) Rid (Oss/Rid) Rispetto, però, alle reazioni di protolisi che si realizzano in stadi successivi, cioè di un protone alla volta, in molte reazioni redox si ha il trasferimento simultaneo di diversi elettroni. Equazione di Nernst Se un elemento galvanico opera in condizioni di reversibilità, se il sistema è lontano dallo stato di equilibrio di un infinitesimo e se ad esempio, come nel caso della reazione O Reazioni di ossido-riduzione 197 sopra indicata, si opera con un volume di soluzione così grande che la produzione di ½ mole di Zn+2, di una mole di Fe+2 e la scomparsa di una mole di Fe+3 provoca una variazione delle concentrazioni del sistema solo di una quantità infinitesima, il lavoro elettrico dell’elemento galvanico così schematizzato Zn/ [Zn+2] // [Fe+3] = [Fe+2] / Pt è dato da lavoro elettrico = nFE in cui n è il numero di elettroni trasferiti fra gli elettrodi, F è il Faraday (96500 coulomb) ed E rappresenta la f.e.m. dell’elemento galvanico. Poiché il lavoro elettrico è uguale al lavoro utile, che a sua volta è uguale alla variazione di energia libera si ha ∆G = - nFE Per una variazione di energia libera standard ∆G° = - nFE° la quantità di energia libera di una reazione (1) aA+bBcC+dD è in relazione alle attività delle specie reagenti aCc aDd ∆G = ∆G° + RT ln -------aAa aBb per cui sostituendo si ha aCc aDd - nFE = - nFE° + RT ln -----------aAa aBb (2) Questa equazione consente di calcolare l’influenza delle attività delle specie chimiche, che prendono parte alla reazione, sulla f.e.m. di una pila. 198 Capitolo IX Se le attività dei vari componenti sono unitarie e cioè allo stato standard, il rapporto delle attività è 1, e il termine logaritmico si annulla, quindi, la f.e.m. della pila è uguale ad E°. Eguagliando la relazione (1) e la (2) si ha: ∆G° = - nFE° = - RT ln Kc da cui nFE° ln Kc = -------RT Potenziale Elettrodico Il potenziale elettrodico, di una coppia redox, viene definito come la f.e.m. di una pila costituita da un elettrodo normale ad idrogeno e l’elettrodo in esame, scritto nel modo seguente Pt,H2| H+ (a=1) ||Oss1,Rid1|Pt (*) Secondo questo schema una linea verticale rappresenta la separazione fra due fasi a cui corrisponde una differenza di potenziale e di cui si tiene conto. Una doppia linea verticale rappresenta un contatto o una giunzione, la cui differenza di potenziale (potenziale di contatto o di giunzione), quando si usa questo segno non viene considerata. L’elemento galvanico come sopra schematizzato corrisponde alle reazioni in cui l’idrogeno (gas) agisce da riducente e cioè H2 → 2H+ + 2e Oss1 + e → Rid1 ------------------------------ H2 + 2 Oss1 → 2 H+ + 2 Rid1 Se una pila viene schematizzata in questo modo O Reazioni di ossido-riduzione 199 Pt | Rid1, Oss1 || H+ (a=1) | H2,Pt L’equazione redox corrispondente è l’inverso di quella riportata sopra. La f.e.m. di questa pila non è il potenziale elettrodico della semicoppia (Oss1+ ne → Rid1). Se si considera una generica reazione n2 Rid1 + n1 Oss2 n1 Rid2 + n2 Oss1 l’elemento galvanico corrispondente è Pt | Rid1,Oss1 || Oss2,Rid2 | Pt E (f.e.m.) = E destra – E sinistra = E2 - E1 Se si ottiene un valore positivo di f.e.m., la reazione ha luogo spontaneamente così come è scritta in quanto ∆G è negativo. La relazione fra il potenziale elettrodico e l’equazione di Nernst può ricavarsi considerando la f.e.m. dell’elemento galvanico (*), che è data da E = E1 - EH Poiché per definizione EH = 0,0 in base all’equazione di Nernst (2) si ha considerando (**) RT a2H+ aRid1 E (f.e.m.) = E°1 - ------- ln -----------nF aOss1 a2H2 questa equazione, essendo l’elettrodo normale ad idrogeno (aH2 = aH+= 1), diventa aRid1 RT E = E° - ------ ln ---------nF aOss1 200 Capitolo IX se le attività del sistema Rid ed Oss sono unitari, si hanno i valori di E°. I potenziali normali (E°) risultano molto utili, anche, ai fine pratici perché ci permettono di scegliere sistemi ossidanti o riducenti di forza opportuna. Dall’esame di questi valori (vedi appendice) si ricava che per coppie redox, che hanno valori positivi, la forma ossidata è un ossidante più energico dello ione idrogeno; gli agenti riducenti più efficaci sono costituiti dalla forma ridotta delle semicoppie i cui valori di E° sono negativi. Si tenga presente che non tutti i valori di E° sono determinati da misure di elementi galvanici. Se infatti la velocità con cui si raggiunge l’equilibrio è molto lenta, se la forma ossidata o ridotta prendono parte a reazioni collaterali o se si tratta di comportamenti molto reattivi, i valori di E° sono ricavati da misure termodinamiche. Gli elettrodi che si impiegano per la determinazione del potenziale di una semicoppia redox sono di vario tipo. Essi possono essere ricondotti alle seguenti classi: - Elettrodo metallo – ione metallico. Il semielemento è costituito dal metallo immerso in una soluzione dei suoi ioni. È questo il caso dell’elettrodo rame-ioni rame Cu+2 +2e Cu(s) La fase solida è indicata con (s) e l’attività dello ione rame con aCu+2. Per l’equazione di Nernst il potenziale di questo elettrodo è RT aC E = E°Cu+2/Cu - ----- ln ------2F aCu+2 poiché l’attività del rame metallico è unitaria si ha RT 1 E = E° Cu+2/Cu - ------ ln -----2F aCu+2 O Reazioni di ossido-riduzione 201 e si ottiene, a 25°C, che E = E°Cu+2/Cu + 0,0295 log a Cu+2 - Elettrodo di non metallo, gas. Un gas a pressione determinata gorgoglia intorno ad un filo o una lamina di platino, immersa in una soluzione della forma ridotta. Il platino elettrodico è stato preventivamente platinato mediante deposizione catodica di platino perché l’equilibrio si raggiunga più facilmente. Esempio di questo tipo di elettrodo è quello ad idrogeno. L’equazione relativa alla semicoppia 2 H+ (aH+ =1) + 2e H2 (g, PH2) in cui PH2 indica la pressione parziale dell’idrogeno. L’equazione di Nernst per questo elettrodo è a H+ E = E° H+/H2 + 0,06 lg --------PH2 Se la pressione parziale dell’idrogeno è tenuta costante ad 1 atm, l’elettrodo è reversibile alla sola attività dello ione idrogeno. - Elettrodo metallo-sale poco solubile. Elettrodi di questo tipo sono reversibili agli anioni. Un elettrodo ad argento-cloruro di argento si prepara elettrolizzando una soluzione di cloruro di potassio fra un anodo di argento ed un catodo di platino: si ottiene sul filo di platino un deposito di cloruro di argento. Quando un elettrodo di questo tipo è immerso in una soluzione di cloruro si ha il seguente equilibrio AgCl (s) + e Ag(s) + ClApplicando l’equazione di Nernst si ha E = E°AgCl/Ag – 0,06 lg a ClQuesto elettrodo è reversibile verso l’attività dello ione 202 Capitolo IX cloruro che appare nell’equazione. Elettrodo di ossido-riduzione. Negli elettrodi sinora descritti o la forma ridotta o quella ossidata erano un solido, un liquido o un gas. Entrambe le forme possono però essere in soluzione ed il contatto elettrico è assicurato mediante un filo di platino. Per esempio un elettrodo ad ossidoriduzione per la coppia Fe+3/Fe+2 viene realizzato disciogliendo un sale ferrico ed un sale ferroso ed immergendo nella soluzione un filo di platino. Il potenziale di questo elettrodo è determinato dalle attività di Fe+3 e Fe+2 a Fe+3 E = E° Fe+3/Fe+2 + 0,06 lg ---------a Fe+2 Fattori che influenzano il potenziale elettronico Il potenziale elettrodico di una semicoppia redox varia con una serie di fattori, che brevemente saranno descritti. Innanzitutto, come si ricava dall’equazione di Nernst, essa varia con la temperatura sia il valore di E° che il coefficiente del termine logaritmico. Il valore del potenziale elettrodico può variare: a) con le variazioni della concentrazione analitica delle specie che prendono parte alle reazioni; b) con la forza ionica della soluzione che influenza i valori dei coefficienti di attività; c) con il pH sia se la concentrazione idrogenionica entra direttamente nell’equazione della semicoppia sia per reazioni di idrolisi o di formazione di idrossido-complessi. Se consideriamo le coppie relative ai sistemi redox, quali MnO4 , BrO3- e NO3- rappresentate dalle seguenti equazioni MnO4- + 8H+ + 5e Mn+2 + 4H2O E° = 1,51 V BrO3- + 6H+ + 5e ½ Br2 + 3H2O E° = 1,52 V O 203 Reazioni di ossido-riduzione NO3- + 4H+ + 3e NO + 2H2O E° = 0.95 V Risulta, evidente, che poiché H+ compare al numeratore nella equazione di Nernst rispettivamente alla 8a, alla 6a ed alla 4a potenza, un incremento della concentrazione idrogenionica aumenta il valore del potenziale e la semicoppia, di conseguenza, è più ossidante, mentre una diminuzione della concentrazione idrogenionica la rende meno ossidante. Così, ad esempio, lo ione nitrato ossida il rame in ambiente acido ma non in ambiente neutro e lo ione MnO4- e BrO3- esercitano la loro azione ossidante tanto più efficacemente quanto più la soluzione è acida; d) per la presenza di agenti complessanti diversi dallo ione ossidrile che influenzano le concentrazioni della forma ossidata o ridotta di uno ione metallico. Se, inoltre, si modifica la natura del solvente, ad esempio per aggiunta di alcool ad una soluzione acquosa, varia sia il valore di E° sia l’attività delle specie che prendono parte alla coppia redox venendo a variare i coefficienti di attività e l’entità delle reazioni di complessazione. Potenziale Formale I potenziali normali hanno, nella maggioranza dei casi, un valore ideale: essi si riferiscono infatti ad un metallo o alle specie che prendono parte alla reazione elettrodica allo stato standard e non tengono conto, pertanto, ne della eventuale formazione di complessi ne delle variazioni dei coefficienti di attività. È entrato nell’uso pratico ed in particolare a fine analitico descrivere le semicoppie redox in funzione del potenziale formale; con tale termine si indica il potenziale ottenuto sperimentalmente per un sistema che contiene la forma ossidata e ridotta in concentrazione 1F (peso molecolareformula) in condizioni definite di acidità e di forza ionica. Esaminiamo le variazioni del potenziale elettrodico con il pH, che possono facilmente ricavarsi dall’esame di un 204 Capitolo IX diagramma potenziale – pH. Questi diagrammi forniscono un quadro generale del comportamento di un certo sistema in funzione degli equilibri che possono aver luogo variando la concentrazione idrogenionica ed offrono nello stesso tempo una visione completa della stabilità delle varie specie sotto cui un sistema può presentarsi. Se consideriamo la generica reazione di equilibrio redox: x Oss + m H+ + n e y Rid + z H2O si ha RT [Oss]x [H+]m E = E° + ------- ln ----------------nF [Rid]y [H2O]z Questa equazione può essere scritta, tenendo presente che l’attività dell’acqua può considerarsi uguale a quella dell’acqua pura ed è perciò unitaria, separando i vari termini a 25°C, nel modo seguente: m 0,0591 [Oss]x E = E° + --------- lg ---------- - 0,0591 ------ pH n n [Rid]y Si deve considerare che una qualunque reazione chimica cui corrisponde un dato potenziale può essere rappresentato mediante una retta e si possono avere tre casi: - lo stato di equilibrio è indipendente dal pH. La reazione considerata è del tipo Oss + e = Rid e come indicato in Fig. IX1a, il potenziale risulta indipendente dal pH e si ha pertanto una retta parallela all’asse delle ascisse. - lo stato di equilibrio è indipendente dal potenziale. La reazione considerata è del tipo pA+mH+=qB+nH2O e la relativa rappresentazione grafica , riportata in Fig. IX-1b, è data da una retta verticale parallela all’asse dei potenziali. - lo stato di equilibrio dipende sia dal pH che dal potenziale. La reazione considerata è del tipo xOss+mH++ne=yRid+zH2O. Sul 205 Reazioni di ossido-riduzione grafico E/pH (Fig. IX-1c) il potenziale è descritto da una retta che ha una pendenza corrispondente ad m/n in cui m è il coefficiente stechiometrico dello ione idrogeno ed n il numero di elettroni che prendono parte alla reazione redox. E E E a pH pH pH b Figura IX-1. c Consideriamo alcuni sistemi: l’equilibrio Fe+3 + e → Fe+2 il potenziale normale per questa semicoppia è 0,771 V. Il potenziale elettrodico relativo a questo sistema è E = 0,771 + 0,0591 lg [Fe+3] / [Fe+2] ed è quindi rappresentato da un grafico del tipo di Fig. IX-1a. Se esaminiamo la semicoppia MnO4- + 8 H+ + 5 e → Mn+2 + 4 H2O il cui potenziale normale è 1,516 V. Il potenziale formale è calcolato mediante la seguente espressione: 8 0,0591 E = 1,516 - ----- pH + ----------- log [MnO4-]/[Mn+2] 5 5 E = 1,516 – 0,0944 pH + 0,0118 log [MnO4-]/[Mn+2] ed è rappresentabile con una retta la cui inclinazione è di 0,0944 simile alla Fig. IX-1c. Se si considera una reazione che ha luogo senza variare il numero di ossidazione come nel caso di un idrossido ad opera di H+ è facile verificare dal valore del prodotto di solubilità il pH a cui la dissoluzione ha inizio e sul grafico E/pH si ha una retta come in Fig. IX-1b. Consideriamo il grafico E/pH relativo ad un metallo che abbia un unico stato di 206 Capitolo IX ossidazione e che dia luogo ad un idrossido poco solubile come Cd+2; gli equilibri relativi sono E°= -0,40 V (1) Cd+2 + 2e → Cd Cd(OH)2 Cd+2 + 2OH- Ks= 10-13,5 (2) L’equilibrio di ossido-riduzione (1) è descritto in Fig. IX-2 dalla retta 1, parallela all’asse delle ascisse. Se [Cd+2] = 1 M, l’inizio della precipitazione si ha quando [OH-] =10-13,5/2 =10-6,75 e pH = 7,25. L’equilibrio di precipitazione è rappresentato da una linea verticale, che parte da un valore di pH pari a 7,25 (retta 2). Il potenziale del sistema varia secondo l’equazione seguente E’= -0,4 + 0,029 log Ks/[OH-]2= E°’ -0,059 log pH in cui E°’, che ingloba il valore di E° e del Ks, a pH = 7,25 è 0,02 V (retta 3). Le rette indicano i valori del potenziale formale del sistema considerato ai differenti pH e delimitano, nello stesso tempo, le regioni in cui predomina una specie chimica. La linea di demarcazione fra due aree rappresenta la variazione del potenziale della coppia costituita dalle due specie in funzione del pH. A titolo di esempio viene riportato in Fig. IX-3 il diagramma relativo al potenziale formale del cloro costruito in base ai seguenti valori Equilibrio Potenziale (V) Cl2 + 2 e → 2Cl- 1,4 retta 1 HClO + H+ + e ↔ ½ Cl2 + H2O 1,6 - 0,059 pH retta 2 HClO + H+ + 2 e ↔ Cl- + H2O 1,5 - 0,029 pH retta 3 HClO ↔ H+ + ClO- pK = 7,3 retta 4 ClO- + 2 H+ + 2 e ↔ Cl- + H2O 1,7 - 0,059 pH retta 5 207 Reazioni di ossido-riduzione O +0.2 0 Cd++ -0.2 E•(volts) -0.4 2 1 Cd(OH)2 3 -0,6 -0.8 -1.0 Cd -1.2 0 2 4 6 8 10 pH Figura IX-2. 12 14 Dal grafico si ricava che l’acido ipocloroso a pH basso fino a pH 3,3 è un ossidante più energico del cloro; a pH > 3,3 questo si dismuta in HClO e Cl-. Si osserva, anche, che il potere ossidante dell’acido ipocloroso è più elevato rispetto a quello dell’ipoclorito. Si consideri, ora, la semicoppia H3AsO4+2H+ +2e ↔ H3AsO3 + H2O: E°=0,57V per [H+] = 1 M Il potenziale di questa semicoppia, come si osserva in Fig. IX-4, è dato dalla retta (E = 0,57-0,059 pH). Se a questo sistema si unisce la semicoppia, I°/I-, il cui potenziale normale è 0,536 e che nell’intervallo di pH, in cui le due forme sono stabili, è indipendente dal pH si può prevedere l’andamento della reazione H3AsO4 + 2 H+ + 2I- ↔ H3AsO3 + I2 + H2O 208 Capitolo IX 1.7 4 1.6 HClO 2 - 1.5 E (volts) Cl2 1.4 1 1.3 ClO • 3 1.2 Cl 1.1 - 5 1.0 0 2 4 6 8 10 12 14 pH Figura IX-3. In soluzione fortemente acida, l’H3AsO4 ossida lo ioduro, mentre in soluzione neutra o leggermente alcalina l’arsenito è ossidato dallo iodio. 0.8 E (volt) 0.6 ° - I /I H3AsO4/ H3AsO3 0.4 0.2 0 0 2 4 6 8 10 pH O Reazioni di ossido-riduzione 209 Figura IX-4 Reazioni di disproporzione Con il termine di reazione di disproporzione si intende quel processo in cui molecole o ioni uguali interagiscono fra loro per dare luogo a prodotti che differiscono sia per l’entità della carica o per il relativo peso delle specie ioniche o molecolari. Appartengono alle reazioni del primo tipo le reazioni di trasferimento di elettroni come ad esempio la disproporzione dello ione Cu+, 2 Cu+ ↔ Cu + Cu+2 Sono reazioni del secondo tipo le reazioni di trasferimento di atomi come la disproporzione dello ione ipoclorito, 3 ClO- ↔ ClO3- + 2 ClLe reazioni di trasferimento di elettroni sono in generale rapide, poiché richiedono piccoli valori di energia di attivazione; sono di solito lente le reazioni di trasferimento di atomi, che comportano la rottura di un legame covalente e che richiede una elevata energia di attivazione. Ne consegue che una reazione di disproporzione cationica raggiunge rapidamente l’equilibrio, mentre la disproporzione dell’acido solforoso ad acido solforico e zolfo può richiedere un periodo di tempo molto lungo. Esaminiamo i criteri che ci permettono di stabilire se una reazione di disproporzione può aver luogo. Si può calcolare la costante di equilibrio dell’equazione relativa e da questo valore si possono trarre delle utili informazioni. Indichiamo con 01 e 02 le cariche di due ioni, che derivano da un metallo M, e le concentrazioni in soluzione siano C1 e C2. La reazione di disproporzione può essere rappresentata da (1) n2 M01 ↔ n1 M02 + (n2 – n1) M Questa può essere considerata come la differenza delle due semicoppie n2 M01 + n2 01 e ↔ n2 M (2) 210 Capitolo IX n1 M02 + n1 02 e ↔ n1 M (3) moltiplicando rispettivamente per n2 ed n1 in quanto per il bilancio delle cariche n1 02 = n2 01. La variazione di energia libera, ∆G, relativa alla reazione di disproporzione è la differenza fra quella della (2) ∆G2 e quella della (1) ∆G1 per le quali i valori dei potenziali normali sono rispettivamente E°2 ed E°1. ∆G = - RT ln K = ∆G2 - ∆G1 = - (n2 01 E°1 F – n1 02 E°2 F) = n2 01 F ( E°1 – E°2) si ha di conseguenza K = 10 n 1× 01 × F ( E 10 − E 20 ) 2 ,3 × RT Scrivendo la costante di equilibrio relativa alla (1) in funzione delle concentrazioni e considerandola a temperatura ambiente si ha (1/0,059 = 17) C2 n1 K = ---------- = 10 17 n1 n2 (E°1 – E°2) C1 n2 Consideriamo la reazione di disproporzione del rame 2 Cu+ ↔ Cu + Cu+2 i valori delle semicoppie sono Cu+ + e ↔ Cu Cu+2 +2 e ↔ Cu [Cu+2] K = ------------= 10 17×2 (0,52-0,34) = 10 6,1 [Cu+]2 E°1= 0,52 E°2= 0,34 Reazioni di ossido-riduzione O 211 L’elevato valore della costante di equilibrio indica che lo ione rameoso si disproporziona e a causa di questa reazione lo stato di ossidazione (I) non è stabile. Esaminiamo ora la reazione di disproporzione seguente 2 Pb+2 ↔ Pb + Pb+4 dalla tabella dei potenziali redox ricaviamo E° = - 0,12 Pb+2 +2 e ↔ Pb +4 +2 Pb + 2 e ↔ Pb E°= 1,7 Si calcola il potenziale normale corrispondente alla semicoppia che risulta E°= 0,79 Pb+4 + 2 e ↔ Pb+2 Il calcolo della costante di equilibrio fornisce il valore di [Pb+4] K = --------- = 10 17×4 (-0,12-0,79) = 10 -61,9 [Pb+2]2 che indica di conseguenza che questa reazione non avrà luogo. Nel caso di una reazione di trasferimento di atomi è più conveniente considerare le variazioni di energia libera in calorie (1 volt = 23050 cal). Se la somma delle energie libere dei composti formati è maggiore di quella delle specie reagenti la reazione avrà luogo. Si consideri la reazione di disproporzione fra ioni ipoclorito (-6,5 Kcal/mole) in ioni clorato (- 0,62 Kcal/mole) e ioni cloruro (- 31,3 Kcal/mole). 3ClO3×(-6,5) -19,5 ↔ ClO3- 0,62 + 2 Cl-31,3×2 - 63,22 ∆G = - 43,7 Questo valore indica che la reazione procede da sinistra a destra. Potenziali di ossido-riduzione e solubilità Se uno ione che prende parte ad un equilibrio di ossidoriduzione può reagire con altro ione che forma con il primo un 212 Capitolo IX composto poco solubile il potenziale redox può essere sensibilmente modificato. Può risultarne che possono aver luogo reazioni non prevedibili in base ai valori di potenziale normali. Si consideri la reazione fra argento e iodio. I valori di potenziale normali delle due semicoppie sono: E° = 0,799 V Ag+ + e ↔ Ag E° = 0,535 V I2 + 2e ↔ 2 I Questi valori potrebbero far ritenere che lo iodio non sia in grado da ossidare l’argento, mentre invece questa reazione avviene facilmente in quanto ioni argento e ioduro danno luogo ad un precipitato molto poco solubile (Ks= 10-16). Il potenziale della semicoppia Ag+/Ag in soluzione [I-] = 0,1 M e facilmente calcolabile E = 0,799 + 0,059 log Ks/0,1 = -0,094 V Esso risulta talmente abbassato che l’argento elementare in soluzione di alogenuro può essere impiegato come riduttore solido. Come indicato in precedenza è possibile ricavare i valori dei potenziali di semicoppie quali E° = - 0,152 V AgI (s) + e ↔ Ag + IE° = 0,137 V CuCl (s) + e ↔ Cu + Cl ecc. L’influenza della formazione di prodotti insolubili su di un potenziale redox può desumersi considerando il potenziale della semicoppia Fe+3/Fe+2 in soluzione alcalina, ad es. in NaOH 0,01 M. Entrambi gli ioni formano idrossidi, i cui pKs sono rispettivamente 37,2 per Fe(OH)3 e 14,7 per Fe(OH)2. Il potenziale della semicoppia per [OH-]= 1×10-2 M è pertanto E =0,771 + 0,059 log 10-31,2/10-10,7= - 0,441 V relativo all’equilibrio Fe(OH)3 + e ↔ Fe(OH)2 + OHPotenziale di ossido-riduzione e formazione di complessi Analogamente a quanto esposto nel paragrafo precedente O Reazioni di ossido-riduzione 213 il valore del potenziale redox di una semicoppia può essere modificato se la specie all’equilibrio entra nella formazione di un complesso. Una variazione del potenziale porta ad una variazione nella stabilità e nella reattività delle diverse specie. Ne consegue che una reazione redox può essere completamente mascherata. Se un acquo-gruppo legato ad uno ione metallico è sostituito da molecole neutre il potenziale si sposta verso valori più negativi e cioè la forma ossidante è meno attiva; un effetto simile ma ancora più forte si ha se la sostituzione avviene ad opera di un legando con carica negativa. Si consideri ad esempio la reazione Fe+3 + I- ↔ Fe+2 + ½ I2 (s) dai valori dei potenziali EI2/I-= 0,54 EFe+3/Fe+2= 0,77 +3 si desume che lo ione Fe ossida lo ioduro a iodio. Se si aggiunge un legando come il fluoruro o l’EDTA la colorazione dello iodio scompare in quanto la semicoppia Fe+3/Fe+2 diviene riducente rispetto a quella dello iodio-ioduro (0,12 V con EDTA). Quando, ad esempio, si titola il Fe (II) con un agente ossidante, la reazione è favorita dall’aggiunta di acido fosforico e di altri leganti, che formano complessi con Fe+3 più stabili di quelli formati dallo ione Fe+2. Il calcolo del potenziale redox è notevolmente semplificato introducendo dei coefficienti di correzione α. Il potenziale di un sistema complesso contenente Fe (III) Ln e Fe(II)Ln è dato da [Fe(III)t] RT αFe(II) E = E° + ------ ln ------------ --------------[Fe(II)t] nF αFe(III) in cui Fe(III)t e Fe(II)t sono le concentrazioni totali di Fe(III) e Fe(II). Se il legante è in eccesso e la formazione del complesso praticamente completa si ha che α Fe(II)/αFe(III) = Kinst×Fe(III)L/Kinst×Fe(II)L 214 Capitolo IX Includendo i coefficienti α, costanti per una data concentrazione di legante, nella costante, si ottiene RT [Fe(III)t] E = E°’ + ------- ln ----------nF [Fe(II)t] in cui E°’ è il potenziale formale. Calcolo del Potenziale di una semicoppia dal potenziale di altre semicoppie Nella tabella dei potenziali di ossido-riduzione viene di solito riportato solo un numero limitato di semicoppie; il calcolo di qualunque semicoppia, se sono noti i valori di altre semicoppie, relative alle specie che prendono parte alla reazione in esame, può essere eseguito tenendo conto che: a) il potenziale di una reazione è una misura del lavoro per unità di carica e di conseguenza l’energia totale in elettrovolt è data dal prodotto “ Volt × numero di elettroni”; b) in una serie di reazioni la variazione finale di energia è data dalla somma algebrica delle variazioni di energia relative ad ogni reazione; c) l’espulsione di elettroni è un processo che richiede energia. Di conseguenza per il calcolo del potenziale di una semicoppia si combinano fra loro le semicoppie, di cui sono noti i valori dei potenziali, in modo che la loro somma o differenza dia la semicoppia in questione e si procede quindi al calcolo tenendo conto di quanto è stato sopraindicato. Supponiamo di dover calcolare il potenziale della semicoppia (1) Tl (s) → Tl+3 + 3 e Noti i valori delle semicoppie E° = 0,34 (2) Tl (s) → Tl+ + e + +3 Tl → Tl + 2 e E° = - 1,25 (3) O Reazioni di ossido-riduzione 215 La semicoppia (1) può considerarsi come derivata dalla somma algebrica della (2) e dalla (3). L’energia corrispondente a queste semicoppie è : 0,34×1 = 0,34 eV e -1,25×e = -2,50 eV Sommando questi valori e dividendo per il numero degli elettroni si ha il lavoro per unità di carica e cioè il potenziale delle semicoppia (1) 0,34 + (-2,50) E = -------------------- = -0,72 V 3 Esempio 1. Calcolare il potenziale normale per la semicoppia (4) MnO4-2+4H++2e↔MnO2(s)+H2O Noti i valori delle semicoppie E1° = 0,564 (5) MnO4- + e ↔ MnO4-2 MnO4- + 4 H+ + 3 e ↔ MnO2 (s) + 2 H2O E2°= 1,695 (6) Sommando alla (6) la (5) scritta però come ossidazione e non come riduzione, si ha la semicoppia in esame; il potenziale di questa reazione è (1,695×3)+(-0,564) E = ---------------------------- = 2,260 V 2 Limite del potere ossidante e riducente in ambiente acquoso Anche l’acqua può agire da ossidante o da riducente. Nella ben nota reazione dei metalli alcalini con l’acqua si ha un esempio evidente di ossidazione provocata dall’acqua: Na + H2O ↔ Na+ + OH- + ½ H2 La reazione è la risultante delle due semireazioni seguenti: (ossidazione) (1a) Na → Na+ + e (riduzione) (2a) H2O +e → OH- + ½ H2 Date le condizioni di equilibrio esistenti nell’acqua, l’agente ossidante può essere considerato, in ultima, analisi lo 216 Capitolo IX stesso ione H+: (3a) H2O ↔ H+ + OH+ (4a) H + e → ½ H2 Ai fini pratici è indifferente ammettere che l’accettore sia la specie H+ (H3O+) o la molecola neutra H2O. La (4°) rappresenta la reazione all’elettrodo a idrogeno. Il potenziale normale della coppia H+/H2 è per definizione zero. A pressione atmosferica si ha quindi: (5a) E = 2.3303 RT/F log [H+] Se in un qualsiasi modo si conferisce all’elettrodo di platino, immerso in una soluzione acquosa contenente ioni idrogeno alla concentrazione [H+], un potenziale E’< E, si ha sviluppo d’idrogeno gassoso per azione elettrolitica. Qualsiasi sistema redox atto a conferire all’elettrodo di platino un potenziale E’< E è in grado di liberare idrogeno gassoso dalla stessa soluzione. Verso gli agenti fortemente ossidanti, l’acqua svolge un’azione riducente. Il fluoro viene rapidamente ridotto dall’acqua: (6a) F2 + H2O → 2HF + ½ O2 Le due semi-reazioni che compongono la 6° sono: (ossidazione) (7a) H2O → 2H+ + ½ O2 + 2e (riduzione) (8a) F2 + 2H+ 2 e → 2HF In pratica si può attribuire all’ossidrile, sempre presente in equilibrio a cui partecipi l’acqua, il ruolo di specie riducente: (9a) 4 OH- ↔ 2H2O + O2 + 4 e Questa reazione corrisponde al processo elettrochimico in atto all’elettrodo ad ossigeno, cioè un elettrodo di platino in atmosfera di ossigeno, parzialmente immerso in una soluzione contenente ioni OH-: (10a) Pt, O2 │ OHIl potenziale standard di tale elettrodo (pO2 = 1 atm; aOH= 1) è di + 0.401 volt. Il potenziale dell’elettrodo ad ossigeno è dato quindi, in base alla (9a) per pO2 = 1 atm, aH2O = 1, dall’espressione: (11a) E = 0.401 – 2.303 RT/F log [OH-] Se a tale elettrodo viene imposto un potenziale E’> E , si ha uno sviluppo di ossigeno gassoso per decomposizione O Reazioni di ossido-riduzione 217 elettrolitica dell’acqua. Lo stesso risultato si ottiene, per via chimica, introducendo nella stessa soluzione un sistema ossidante in grado di conferire all’elettrodo di platino un potenziale più positivo di E. Da quanto detto appare evidente che nelle soluzioni acquose la forza riducente di un sistema è limitata dalla sua azione sull’acqua con il conseguente sviluppo d’idrogeno gassoso, mentre la forza degli agenti ossidanti risulta limitata dallo sviluppo di ossigeno. Tuttavia data la notevole inerzia dell’acqua, questi limiti vengono spesso abbondantemente superati. Si possono osservare, infatti, agenti fortemente riducenti o fortemente ossidanti in soluzioni acquose in grado di conservarsi per lungo tempo in uno stato di equilibrio metastabile. Tali possono essere, per esempio, le soluzioni di sali cromosi o le soluzioni di cloro. Nella Fig. IX-V viene riportato l’intervallo del potenziale di ossido-riduzione in funzione del pH, compatibile con la stabilità dell’acqua. Potenziali troppo positivi comportano uno sviluppo di O2, potenziali troppo negativi provocano, invece, sviluppo d’idrogeno gassoso. Il diagramma si può costruire facilmente, tendo presente che l’equazione dell’elettrodo ad idrogeno si può trascrivere nella forma, valida a 25°C (12a) EH2 = - 0.059 pH In un diagramma E(pH), la (12a) è l’equazione di una retta a pendenza -0.059 V/pH, passante per il punto E = 0, pH = 0. (Retta inferiore del diagramma). L’equazione (11a) relativa al potenziale dell’elettrodo ad ossigeno, può essere espressa in funzione del pH. Essendo pH + pOH = 14, con immediata sostituzione si ottiene: E02 = 0.401 + 0.059 pOH = 0.401 + 0.059 (14-pH) da cui: (13a) E02=1.23–0.059pH Tale equazione è rappresentata dalla retta superiore del diagramma. 218 Capitolo IX Figura IX- V. Campo di esistenza delle soluzioni Acquose E Sviluppo di O2 1,0 ossidanti 0,5 riducenti Soluzioni 0 -0,5 Sviluppo di H2 -1,0 0 2 4 6 8 10 12 14 pH Le due parallele definiscono una fascia, corrispondente al campo delle soluzioni stabili, la cui ampiezza è di 1.23 V. Tale valore corrisponde, a sua volta, alla minima differenza di potenziale che si deve applicare a due elettrodi di platino, a funzionamento reversibile, entrambi immersi in una soluzione acquosa a qualsiasi valore di pH, per ottenere uno sviluppo di idrogeno e di ossigeno (potenziale di decomposizione elettrolitica dell’acqua). Il potenziale di decomposizione di 1.23 V non è osservabile direttamente. Esso presuppone, infatti, un comportamento reversibile degli elettrodi. Mentre per l’elettrodo O Reazioni di ossido-riduzione 219 ad idrogeno tale condizione è praticamente realizzabile, non lo è per l’elettrodo ad ossigeno. Il valore si può calcolare per via termodinamica. ESERCIZI 1) a) Calcolare la costante di equilibrio per la reazione Sn (s) + Pb+2 = Sn+2 + Pb E°Sn+2/Sn= -0,136 E°Pb+2/Pb= -0,126 +2 b) Se 100 mL 0,100 M Pb vengono aggiunti a 0,010 moli di stagno metallico, quale è la concentrazione di piombo all’equilibrio. c) È la reazione quantitativa? 2) Calcolare il prodotto di solubilità di CuI (s) dai dati seguenti: E° = 0,153 Cu+2 + e = Cu+ +2 Cu + I + e = CuI (s) E° = 0,86 I valori dei potenziali normali delle seguenti semicoppie sono: E°= 0,77 Fe+3 + e = Fe+2 + + +3 E°= 0,18 XO2 + 4 H + 2e = X + 2H2O Calcolare la costante di equilibrio relativa ad una reazione fra queste due semicoppie e suggerire un titolante per la determinazione del ferro in una soluzione che contiene sia FeCl3 che XO2Cl. 3) Calcolare la variazione di energia libera per la reazione I2 + Cl- + 2 OH- = 2 I- + ClO- + H2O E°ClO-/Cl-= 0,89 E°I2/I-= 0,535 4) Calcolare il potenziale elettrodico di un sistema che è 0,05 M in Mn+2 e 0,10 M in MnO4- a pH 1,5; pH 0 e pH –1,0. (E°MnO4-/Mn+2=+1,51) Stabilire se ha luogo una reazione mettendo insieme in soluzione acida 1 M i seguenti sistemi a)MnO4- e Ib) Cr+2 e Cu+2 c) Sn e Sn (IV) d) H2S (1 Atm) e Fe+3 CAPITOLO X REAZIONI DI COMPLESSAZIONE Considerazioni generali e terminologia La formazione di composti di coordinazione, generalmente indicati come complessi, non costituisce nel campo delle soluzioni un tipo di reazioni particolari, bensì il caso più generale; la chimica delle soluzioni infatti può essere considerata come la chimica dei composti di coordinazione. Si definisce come reazione di complessazione quella reazione in cui uno ione semplice viene trasformato ione complesso. Si deve tenere conto che uno ione “semplice” e cioè uno ione “nudo” esiste solo in fase gassosa a temperatura elevata e che quando esso è in soluzione è solvatato e cioè circondato da un dato numero di molecole di solvente. Quando per semplicità si indica uno ione in soluzione acquosa con il suo simbolo e la sua carica, si deve tenere conto che esso è in realtà sempre accompagnato da un certo numero di molecole di acqua per cui anche nel caso di uno ione elementare, sarebbe più opportuno parlare di ione idratato e cioè di acquo-complesso. Ciò è quanto mai vero se si considera che l’energia di idratazione di molti ioni metallici è dell’ordine di grandezza di parecchie centinaia di calorie. Se questo ione si trova in presenza di una certa concentrazione di ioni di carica opposta, o di molecole neutre che abbiano almeno una coppia di elettroni solitari e che possono quindi comportarsi da datori di elettroni, e cioè da legandi e che genericamente indichiamo con il simbolo L, si ha la sostituzione di una o più molecole di acqua nella sfera di coordinazione, secondo la reazione seguente: M(H2O) + L = M(H2O) n-1L +H2O Formalmente gli acquo-ioni puri sono meno comuni di quanto ci 221 222 Capitolo X si possa aspettare e solo gli ioni dei metalli alcalini ed alcalinoterrosi possono essere presenti come tali. Qualunque anione presente in soluzione compete infatti con le molecole d’acqua tendendo a sostituirsi ad esse, e questa tendenza alla sostituzione dipende dalla natura e dalla struttura delle diverse specie chimiche. Tipici leganti sono gli alogenuri (F-, Cl-, Br-, I-), le basi azotate (ammoniaca, piridina ecc.), gli ioni OH- e sostanze organiche che hanno gruppi -OH, -COOH o altri gruppi funzionali che contengono azoto, zolfo, fosforo ecc.. Caratteristica peculiare di questi legandi è quella di avere una o più coppie di elettroni solitari. Un legando può legarsi allo ione metallico mediante un’unica posizione ed in tale caso viene indicato come monodentato. L’acqua, l’ammoniaca e gli alogenuri sono esempi di legandi monodentati. Molecole organiche o ioni contenenti due o più gruppi donatori sono in grado di sostituire due o più molecole di acqua o gruppi unidentati e vengono denominati multi o poli-dentati (bi, tri, tetra, ecc. dentati). Un legando multi-dentato può legarsi al metallo con 2 o con più denti e per effetto della complessazione si hanno strutture ad anello; quelli con 5 o 6 termini risultano più stabili. Composti di questo tipo vengono denominati chelati ed i relativi reattivi poli-dentati agenti chelanti. I chelati sono formati da reattivi uni-dentati aventi gli stessi gruppi funzionali. Complessi che contengono due o più ioni centrali sono definiti polinucleari. Essi si formano quando il legando agisce da ponte fra gli ioni centrali. Idrosso complessi polinucleari si formano in soluzione acquosa di molti sali metallici. Ad esempio il primo stadio delle precipitazioni degli idrossidi metallici avviene sempre attraverso la formazione di complessi poli nucleari: Al(H2O)6+3 + OH- = Al(H2O)5OH+2 + H2O 2 Al(H2O)5 OH+2 = [(H2O)4 Al(OH)2Al(H2O)4]+4 + 2H2O La reazione di complessazione che porta alla formazione di Reazioni di complessazione 223 ponti con OH- e la eliminazione di H2O prende il nome di olazione. Aspetti teorici sulla formazione dei complessi La coordinazione di un legando ad uno ione coordinante può aver luogo mediante un gruppo carico o mediante una coppia di elettroni che viene messa in comune. È opportuno considerare entrambe queste possibilità: secondo la prima si stabilisce un legame elettrostatico in conseguenza dell’attrazione fra metallo e lo ione negativo o la parte negativa di una molecola polare, mentre nel secondo caso si stabilisce un legame covalente. In realtà i legami negli ioni complessi non sono mai del tutto ionici o covalenti, ma di tipo misto; ciò nonostante è utile adottare il criterio elettrostatico per ricavare dei criteri di carattere generale per interpretare la formazione dei complessi. La forza di un legame elettrostatico fra metallo e legando dipende dalla natura di entrambi. Se il legando è un anione è funzione della carica, se è una molecola neutra l’attrazione dipende dal valore del momento dipolare. Le molecole di acqua (1,84 debye) sono legate dagli ioni sodio con una forza maggiore rispetto alle molecole di ammoniaca (1,3 debye), le molecole dell’ammoniaca possono essere polarizzate da vari cationi e la loro attrazione per gli ioni metallici viene a dipendere dalla somma dei momenti dipolari permanenti ed indotti. Ne consegue che l’attrazione di ioni come Co+3 per l’NH3 è molto elevata mentre è molto debole quelle degli ioni alcalini. Cationi tipo l’Ag+, Cd+2, Hg+2, Pb+2, che sono facilmente polarizzabili formano complessi alogenici molto stabili con lo ione ioduro e assai meno con lo ione fluoruro; ioni della prima serie degli elementi di transizione come Co+2 sono di piccole dimensioni e meno polarizzabili; il loro legame con gli alogenuri è prevalentemente ionico ed i loro complessi più stabili sono quelli con il piccolo ione fluoruro. Si deve tenere conto che la stabilità dei complessi dipende non solo dalla 224 q Capitolo X polarizzazione ma da molti fattori, come le dimensioni e la carica del metallo coordinante. Cationi di piccole dimensioni e con grande carica esercitano sui legandi la maggiore attrazione elettrostatica: questo criterio viene espresso dal valore del potenziale di ionico (definito dal rapporto tra la carica ionica e il raggio ionico). Tabella X-1. Potenziali ionici. Raggio ionico Potenziale Ione (Å) ionico + K 1,33 0,75 Na+ 0,98 1,0 + Ag 1,13 0,9 Pb+2 1,21 1,65 +2 Hg 1,10 1,8 +2 Zn 0,74 2,7 Mg+2 0,65 3,1 +3 Co 0,64 4,7 Cr+3 0,55 5,5 +3 Al 0,50 6,0 Elettroni livello esterno 8 8 18 8 18 18 8 14 11 8 C’è in generale una buona corrispondenza fra potenziale ionico e abilità a formare complessi. Infatti, ioni metallici come quelli alcalini, che hanno bassi valori di potenziale ionico formano pochi complessi, mentre formano complessi con grande facilità e di notevole stabilità ioni come Co+3 e Cr+3 che hanno un valore di potenziale ionico elevato. In base a questo criterio sembrano anomali i valori di Ag+, Pb+2 e di Mg+2 e Al+3; i primi due sono facilmente complessati a differenza degli ultimi due. Da questa osservazione si deduce che la carica e il raggio ionico soltanto non sono elementi sufficienti a desumere la capacità a formare complessi e che è opportuno considerare anche la struttura elettronica degli ioni metallici. Gli ioni che hanno la configurazione elettronica dei gas nobili formano più facilmente complessi di quanto può desumersi dai valori dei potenziali ionici. In base alle osservazioni fatte, gli Reazioni di complessazione 225 elementi in grado di formare complessi in funzione delle loro caratteristiche si possono raggruppare nel modo seguente: -cationi con configurazione dei gas nobili, -cationi con il sottolivello d occupato (18 elettroni), -ioni dei metalli di transizione con sottolivelli incompleti. Appartengono a questo gruppo ioni come quelli dei metalli alcalini, alcalino-terrosi, di alluminio ecc.. Predominano nella formazione dei complessi i fenomeni elettrostatici e sono quindi determinanti gli effetti dovuti alla carica e alle dimensioni degli atomi che si legano. Il fluoro e l’ossigeno più di qualunque altro donatore vengono in particolare legati da questi atomi. Gli ioni uni-valenti di grandi dimensioni (K, Rb, Cs) esistono in soluzione come ioni idratati e non formano complessi. La tendenza a formare complessi è maggiore per gli ioni alcalinoterrosi, ma normalmente diminuisce aumentando le dimensioni ioniche (dal Be al Ra). Boro e alluminio formano complessi molto stabili con lo ione fluoruro e lo ione ossidrile. Ioni tipici di questo gruppo sono Cu+, Ag+ e Au+. Gli ioni sono deformabili con una certa facilità e i legami nei loro complessi sono in prevalenza covalenti e gli elettroni nei legami di coordinazione che si stabiliscono sono forniti dal solo legando. La tendenza alla complessazione di questi ioni è differente rispetto a quella degli elementi del gruppo A; la carica ed il raggio dello ione metallico non costituiscono i fattori essenziali, mentre è determinante la differenza di elettronegatività dello ione metallico e dell’atomo donatore. Questo significa che la forza del legame aumenta con la facilità con cui lo ione metallico accetta elettroni e con cui il legando dona elettroni. I complessi sono tanto più stabili quanto più nobile è il metallo e meno elettronegativo è l’atomo donatore. In base a ciò si osserva che Au(I) forma complessi molto stabili e che fra i legandi lo ioduro forma complessi più stabili del fluoruro. La tendenza alla complessazione del legando dipende dall’atomo coordinante e diminuisce nell’ordine C>N>O>F. Ad esempio NH3 è coordinata più facilmente dell’acqua e CN- più facilmente di OH-. Negli elementi di questo 226 q Capitolo X gruppo si riscontrano sia le caratteristiche di quelli del gruppo (A) che quelli del gruppo (B). Il predominio delle une o delle altre dipende da tre fattori: la carica, la dimensione ed il potenziale ionico. E’ possibile, pertanto, in base a questi fattori predire la capacità complessante di vari ioni metallici. Ad esempio nella serie : Mn, Fe, Co, Ni, Cu, e Zn; il raggio ionico diminuisce ed il potenziale ionico aumenta fino al rame e in accordo la stabilità dei rispettivi complessi aumenta progressivamente fino al rame (regola di Irving e Williams). Questa regola è valida in particolare quando il legando è un atomo di azoto, carbonio o zolfo, ma è meno seguita quando l’ossigeno è l’atomo coordinante. Ciò indica che gli ultimi membri della serie (Cu+2) hanno un comportamento più simile a quelli del gruppo (B), mentre i primi membri, in particolare Mn+2 sono più simili ai metalli del gruppo (A). Per gli altri metalli di transizione si ha un comportamento simile: la stabilità aumenta passando dal primo al secondo gruppo e dalla seconda alla terza serie di transizione. Infatti, molti complessi di Pd(II) sono più stabili dei corrispondenti di Ni(II) ma meno stabili di quelli del Pt(II). Di solito legami covalenti sono favoriti da una piccola carica ionica e da grande raggio ionico. Ad esempio bassi stati di ossidazione sono stabili in soluzione di cianuro, mentre elevati stai di ossidazione sono stabili in soluzioni fortemente alcaline. Complessi Inerti e Labili La classificazione dei composti di coordinazione in complessi labili ed inerti è di natura cinetica e dipende dalla velocità con cui si raggiunge l’equilibrio. Se, ad esempio, ad una soluzione di un sale di argento si aggiunge una soluzione di ammoniaca lo ione acquo-argento si trasforma istantaneamente nello ione argento diammino; se a questa soluzione si aggiunge un acido si ottiene immediatamente lo ione Ag+. L’equilibrio della reazione è Ag (NH3)2+ = Ag+ + 2 NH3 Reazioni di complessazione 227 Molto rapido e può quindi prevedersi l’effetto che si raggiunge facendo variare una delle specie della reazione: ad esempio, un incremento della concentrazione di ammoniaca diminuisce la concentrazione di Ag+ ed aumenta quella del complesso. In pratica i complessi dell’alluminio, del manganese (II), del cobalto (II), del nichel, dello zinco e dell’argento raggiungono rapidamente l’equilibrio con i loro prodotti di dissociazione ed essi vengono per tali caratteristiche definiti labili o anche normali o ionici. Altri complessi ed in particolare quelli del cobalto (III) e del cromo (III) si dissociano molto lentamente e l’equilibrio può non raggiungersi neanche dopo un lunghissimo tempo. Ad esempio una soluzione di esammino cobalto (III), Co(NH3)6+3, in HCl 1M può conservarsi senza decomporsi quasi indefinitivamente; in questo mezzo solo 0,01% del cobalto dovrebbe rimanere complessato Il complesso è infatti relativamente debole ma permane in soluzione poiché la velocità di decomposizione è molto lenta. Complessi di questo tipo vengono definiti complessi inerti o anche complessi di penetrazione. È stato proprio lo studio dei complessi di questo tipo che ha consentito al Werner di formulare la prima teoria sui composti di coordinazione. Si deve tenere conto che il termine di stabilità di un complesso si riferisce alla sua stabilità termodinamica e cioè alla stabilità di un complesso all’equilibrio rispetto alla sua dissociazione. La classificazione di labile d inerte è invece fatta in funzione della stabilità cinetica; anche la differente velocità di formazione di una specie può venire utilizzata a fine analitico. Equilibri di complessazione La maggior parte dei complessi che trovano impiego in chimica analitica appartengono alla categoria dei complessi labili come Ag(NH3)2+, Cd(CN)4-2, Zn(OH)4-2 ecc. Nelle reazioni utilizzate si raggiunge infatti l’equilibrio, con facilità e grande rapidità, fra lo ione metallico e il legando. Con complessi 228 q Capitolo X inerti, Co(NH3)6+3 o Fe(CN)6-4, lo stato di equilibrio si raggiunge dopo un tempo molto lungo e sarebbe privo di significato applicare i concetti dell’equilibrio alla loro dissociazione o alla loro formazione. Formazione e dissociazione graduale dei complessi La definizione di stabilità di un complesso e la valutazione quantitativa di tale termine viene ad essere eseguita in funzione della conoscenza dei valori numerici delle costanti di equilibrio di dissociazione o di formazione del complesso. Uno ione complesso cede i suoi legandi in modo graduale così come cede gradualmente i propri protoni un acido poliprotico, (H3PO4, o H2S),. Gli equilibri di dissociazione dello ione argento diammino sono: Ag(NH3)2+ = Ag(NH3)+ + NH3 [Ag(NH3)+] [NH3] K2 = -------------------------= 1,3 10-4 [Ag(NH3)2+] Ag(NH3)+ = Ag+ + NH3 [NH3] [Ag+] K1 = ------------------------= 4,8 10-4 [Ag(NH3)+] Le costanti vengono indicate secondo il numero dei legandi che compaiono nel termine di sinistra. Il prodotto delle costanti di equilibrio graduali o parziali viene indicato come costante di instabilità del complesso. [Ag+] [NH3]2 Kinst = K1 K2 = --------------------- = 6,3 10-8 [Ag(NH3)2+] Reazioni di complessazione 229 Se si parte da una soluzione contenente uno ione metallico, cui si aggiunge un legando è utile considerare l’equilibrio di complessazione come formazione di complessi. Indicando, in termini generali, con M lo ione metallico coordinante e con L il legando e omettendo per semplicità molecole di acqua di idratazione e le cariche, la reazione di formazione è data da M + L = ML [ML] K1 = -----------[M] [L] Se più di un legando si lega allo ione metallico si avranno una serie di equilibri dovuti alle reazioni parziali ML + L = ML2 [ML2] K2 = -------------[ML] [L] ML2 + L = ML3 [ML3] K3 = ---------------[ML2] [L] MLn-1 + L = MLn [MLn] Kn = --------------[ML n-1] [L] Combinando le varie equazioni relative alle costanti graduali si ha: M + n L = MLn [MLn] Kf = ------------[M] [L]n 230 q Capitolo X per cui Kf = K1×K2×K3×Kn 1 Kf = --------Kinst. Nel considerare una costante di formazione globale o il suo valore reciproco, la costante di instabilità relativa ad un qualunque complesso come Ag(NH3)2+ = Ag+ + 2NH3 si deve tenere presente che questa equazione non deve essere interpretata nel senso che la concentrazione dell’ammoniaca è doppia di quella dello ione argento. Infatti, in conseguenza della dissociazione graduale dello ione complesso o parimenti degli equilibri parziali di formazione, in una soluzione 0,01 M di questo ione, la concentrazione dello ione argento è circa 1/5 di quella dell’ammoniaca e non la metà. La costante di instabilità è il prodotto delle costanti di dissociazione ed è quindi una relazione puramente algebrica che è comunque valida purché non si pongano relazioni come [NH3] = 2 [Ag+]. A titolo di esempio viene riportata in Fig.X-1 la distribuzione dei complessi amminici del rame in funzione della concentrazione di legando libero (NH3), che mette in evidenza la simultanea presenza di più specie complesse a meno che non si operi in forte eccesso di legando. 231 Reazioni di complessazione 100 Cu CuL4 Molc. % 50 CuL3 CuL 0 -6 CuL5 CuL2 -4 2 Log [NH3] 0 2 Figura X-1. Distribuzione dei diversi complessi per il sistema Cu+2-NH3. La dissociazione degli ioni complessi differisce rispetto alla dissociazione degli acidi poliprotici sotto vari aspetti. La costante relativa alla seconda ionizzazione di un acido poliprotico è di norma più piccolo della costante della prima ionizzazione. Negli ioni complessi le costanti parziali possono avere valori poco diversi e nel caso del complesso argento diammino sopra riportato, la costante relativa al secondo stadio è addirittura più elevata di quella relativa al primo stadio. Ci si può rendere conto da questo e da moltissimi altri esempi che gli equilibri relativi alla dissociazione e formazione degli ioni complessi possono essere notevolmente complicati a meno che non si verifichino condizioni per le quali è possibile fare delle semplificazioni. Viene descritto il procedimento di calcolo in quei casi in cui un complesso si forma in presenza di una notevole quantità di legando, sia quando ciò non si verifica. Nel primo caso si può assumere: che lo ione metallico risulta complessato con il più elevato numero di coordinazione; che la concentrazione dello ione metallico libero e dei complessi intermedi sia molto piccola. La concentrazione del legando libero è quindi determinata essenzialmente dall’eccesso di agente complessante e può trascurarsi il contributo dei legandi liberi provenienti dalla 232 Capitolo X q dissociazione dei complessi. L’uso di tali criteri viene presentato negli esempi seguenti. Esempio 1. Calcolare la concentrazione di Ag+ in una soluzione preparata disciogliendo 0,01 moli di AgNO3 in 1 litro di una soluzione tampone che è 2 M in NH3 ed in NH4NO3 e stabilire se si ha qualche precipitato. (in tale mezzo ionico Kinst= 9,3×10-8). Nella soluzione c’è un eccesso di legando e si può assumere che [Ag(NH3)2+] = 0,01 M e [NH3] = 2 M sostituendo nella costante di instabilità si ottiene 9,3×10-8×0,01 [Ag ] = ------------------- = 2,3×10-10 M 22 + Questa concentrazione è molto piccola, ed è tale da non permettere la precipitazione di AgOH. Infatti la concentrazione in ioni ossidrili può essere calcolata dal tampone ammoniacale e cioè 2 [OH ] = Kb ------ = 1,8×10-5 M 2 e 2,6×10-8 Ks + [Ag ] = ----------= ----------------= 1,4×10-3 M [OH-] 1,8×10-5 - Questa concentrazione è più elevata di quella fornita dalla soluzione dello ione complesso e non si ha pertanto la precipitazione di AgOH. Esaminiamo ora se le approssimazioni fatte possono essere valide. Il bilancio di massa per l’argento è Reazioni di complessazione 233 0,01 = [Ag+] + [Ag(NH3)+] + [Ag(NH3)2+] [Ag(NH3)2+] = 0,01 – [Ag+] – [Ag(NH3)+] La concentrazione di Ag+ è chiaramente trascurabile rispetto a 0,01 M. La concentrazione del complesso intermedio può essere stimata dai valori di K1 o K2 (paragrafo precedente): essa è dello stesso ordine di 7,5×10-7 M ed è quindi trascurabile rispetto a 0,01 M. Per quanto concerne l’NH3, è da considerare che la sua ionizzazione è repressa dalla elevata concentrazione di nitrato di ammonio; considerando che 0,02 moli di NH3 sono necessarie per la conversione di Ag+ in complesso, si ha [NH3] = 1,98 M che è poco diverso da 2. Esempio 2. Calcolare la solubilità del cloruro di argento in un litro di una soluzione 0,5 M di NH3. Indichiamo con S il numero di moli di AgCl che si disciolgono in un litro. Il bilancio di massa per il cloruro, argento e azoto è Cl: Ag: N: S = [Cl-] S = [Ag+] + [Ag(NH3)2+] + [Ag(NH3)+] 0,5 = [NH3] + [NH4+] + 2 [Ag(NH3)2+] = NH3 Sostituendo nelle espressioni della costante di instabilità e del prodotto di solubilità [Ag+] (0,5)2 Kinst= --------------= 6,3×10-8 S Ks = [Ag+] [Cl-] = 1,8×10-10 = [Ag+] S Si ha un sistema di 2 equazioni con 2 incognite da cui per sostituzione si ha: 234 q Capitolo X 1,8×10-10 6,3×10-8 S [Ag ] = --------------= ------------------(0,5)2 S + 1,8×10-10×(0,5)2 S2 = -------------------------6,3×10-8 da cui S = 2,7×10 –2 M Un risultato più accurato si avrebbe correggendo la concentrazione dell’ammoniaca libera (considerando quella legata). Dalla relazione del bilancio dell’azoto si ha [NH3] = 0,5 – 2 S = 0,446 M Se si pone 2S = 0,054 M. Se si impiega questo valore si ottiene S= 0,024 M corrispondente a 3,4 g di AgCl per litro. Nel caso che non si verifichino le condizioni precedentemente descritte e si desidera ottenere informazioni sulle varie specie che possono essere presenti in soluzione, si introducono i rapporti di distribuzione: α’0, α’1, α’2 e α’n, che sono i rapporti fra le concentrazioni delle specie contenenti i metalli e la concentrazione analitica CM = ([M] + [ML] + [ML2]+ …..+ [MLn]); si ha: [M] α’0 = -----------; CM [ML] α’1 = ----------- ; CM Reazioni di complessazione 235 [MLn] α’n = ---------CM Si tenga conto che α’0 + α’1 + α’2 + …….+ α’n = 1 Esprimendo le concentrazioni delle varie specie in funzione delle varie costanti di equilibrio parziali si ottengono i valori di α’ in funzione delle costanti di equilibrio e delle concentrazioni di legando all’equilibrio: [M] α’0 = ------------------------------------------------= [M]+[M][L]K1+[M][L]2K1K2+[M][L]nKn 1 = --------------------------------1+K1[L]+K1K2[L]2+Kn[L]n Kn [L]n α’n = ------------------------------------------1+ K1 [L] + K1 K2 [L]2+ …Kn [L]n Mediante queste relazioni è possibile calcolare la concentrazione di tutte le specie presenti in soluzione se sono note le costanti di formazione e se è nota la concentrazione all’equilibrio del legando. Esempio 3. Calcolare la concentrazione delle varie specie presenti in una soluzione contenente ioni rame cui è stata aggiunta ammoniaca; la concentrazione totale in rame è 1×10-2 M e quella dell’NH3 all’equilibrio è 1×10-2 M. Le costanti graduali di formazione sono logK1=4,31; logK2=3,67; 236 q Capitolo X logK3=3,04 e logK4=2,3. La concentrazione delle diverse specie si ricava calcolando i rapporti di distribuzione: α’0; α’1; α’2; α’3 e α’4. 1 α’0= ---------------------------------------------------------------- = 1+ 104,31×10-2 + 107,88×10-4 + 1011,02×10-6 + 1013,32×10-8 = 3,1 10-6 moltiplicando i valori di α per [NH3] = 10-2 si ha [Cu+2] = 3,1 10-6×10-2 = 3,1×10-8 M in modo analogo [Cu(NH3)+2]= 6,3×10-6 [Cu(NH3)3+2]= 3,2×10-3 [Cu(NH3)2+2] = 2,9×10-4 [Cu(NH3)4+2] = 6,5×10-3 Costanti condizionali L’uso di costanti diverse per descrivere l’equilibrio in una reazione fra protoliti è stato già descritto in precedenza; ad integrazione di quanto esposto si ribadisce che le costanti di equilibrio sono espresse in funzione delle attività delle specie che prendono parte all’equilibrio. Una variazione di forza ionica produce variazioni sensibili dei coefficienti di attività e le costanti espresse in funzione delle concentrazioni possono, quindi, differire da quelle termodinamiche, Tale effetto è di piccola entità se viene paragonato alle variazioni che si possono avere in seguito a reazioni collaterali concomitanti alle quali possono prendere parte le specie che partecipano ad una reazione di complessazione. Tipiche reazioni collaterali sono quelle provocate dagli ioni idrogeno, gli ioni ossidrile, soluzioni tampone, agenti mascheranti ed altri ioni metallici che competono nella reazione di complessazione considerata. Poiché 237 Reazioni di complessazione il precipuo interesse a fine analitico è quello di poter valutare se una reazione decorre o no in modo quantitativo è utile considerare per un dato sistema la costante relativa ad un dato equilibrio nelle condizioni reali in cui il sistema viene esaminato. Il valore che si ricava viene indicato come costante apparente o condizionale o effettiva; tali termini vengono usati per indicare che tale valore non è costante ma dipende dalle condizioni sperimentali. Per chiarire questo concetto si consideri la reazione di complessazione M + L = ML [ML] K = ---------[M] [L] in cui la K è la costante di formazione e cioè la costante di stabilità. Se M e L partecipano oltre che alla reazione di complessazione indicata ad altre reazioni collaterali, si ha una costante condizionale K’ [ML] K’ = --------------[M’] [L’] in cui [M’] ed [L’] rappresentano non solo la concentrazione dello ione metallico libero e del legando libero presenti in soluzione, ma di M e di L che hanno reagito con altre specie ad eccezione di ML. Indicando col termine di α il coefficiente relativo alle reazioni collaterali per il metallo ed il legando, avremo [M’] αM = ----------[M] [L’] αL = -------[L] 238 Capitolo X Se M reagisce solo con L secondo lo schema sopra riportato, α è eguale ad 1, ma se vi sono reazioni collaterali si ha αM > 1; analogamente ciò si osserva per quanto riguarda L. La relazione fra costante termodinamica e costante apparente è pertanto K K’ = ---------αM αL Se la reazione di complessazione porta alla specie MmLn la relazione è K K’ = ----------αmM αnL Se ad esempio si titola con EDTA (= H4Y) lo zinco in tampone ammoniacale, sia NH3 che OH- entrano in reazioni collaterali con Zn+2, e H+ con Y. Con Zn’ e Y’ (si omettono le cariche) si intende indicare: [Zn’] = [Zn] + [Zn(NH3)] +…..+ [Zn(NH3)4] + [Zn(OH)]+ ….+[Zn(OH)4] [Y’] = [Y] + [HY]+….+ [H3Y] + [H4Y] αM ed αL sono ovviamente funzione delle costanti delle reazioni collaterali. Essi possono venire calcolati come appresso indicato; se ad esempio A è un legando che forma vari complessi con lo ione metallico M la relazione relativa ad α è: [M’] [M] + [MA] + …..+ [MAn] αM = ------ = ------------------------------------[M] [M] note le costanti di formazione parziali K1, K2, ….Kn Reazioni di complessazione 239 αM = 1 + K1 A+ K1K2 A2 + ……+ KnAn Se B è lo ione idrogeno o catione che interferisce con il legando si ha in modo analogo [L’] αL = ------ = 1 + [B] K1 + [B]2 K2 K1 + …..+ [B]m Kn [L] Effetto del pH sugli equilibri di formazione di complessi Quanto è stato esposto nel paragrafo precedente porta a prevedere che variazioni di concentrazione idrogenionica abbiano una notevole influenza sulla formazione di ioni complessi. Molti agenti complessanti sono infatti anche delle basi di Bronsted, e gli equilibri di formazione di complessi, cui prendono parte questi leganti sono quindi influenzati da variazioni di pH. Per esempio NH3, CN-, NH2CH2CH2NH2, i vari anioni dell’EDTA e molti altri possono accettare protoni e di conseguenza la frazione di legando libero disponibile per la complessazione varia con il pH. Nel caso di un complesso amminico può aver luogo la reazione NH3 + H+ = NH4+ e di conseguenza Ka + [H+] [L’] [NH3] + [NH4+] αL = ------= ----------------------- = ----------------Ka [L] [NH3] in cui Ka è la costante di dissociazione dello ione ammonio (NH4+). Poiché K’ = K/αL si può calcolare la costante di formazione di un complesso ai diversi pH dal valore di αL. La stabilità di un complesso risulta tanto minore quanto maggiore è il valore di αL. necessario considerare l’influenza della È concentrazione idrogenionica nel calcolo della distribuzione 240 Capitolo X delle diverse specie, come è mostrato nel seguente esempio. Esempio 4. Calcolare la concentrazione di Zn+2 in una soluzione 10-4 M in Zn(NO3)2 in cui la concentrazione totale di ammoniaca non legata è 0,028 M ed il pH è 9. Le costanti graduali del sistema Zn-NH3 sono: 10 2,27; 10 2,34; 10 2,4 e 10 2,05; pKa per NH4+ è 9,26. La concentrazione di legante libero, NH3, è una frazione di quella totale di ammoniaca non legata, CL [NH3] = X CL 10-9,26 X = ---------------------= 0,36 10-9,26 + 10-9 [NH3] = 0,36×0,028 = 10-2 [ Zn +2 ] ' Poiché α0 = CM si calcola α’0: α0' = 1 1 + 102,2710−2102,27 × 102,34 × (10−2 )2 + 102,27 × 102,34 × (10−2 )3 + 102,27 × 102,34 × 102,4 × 102,05 × (10−2 )4 α’0 = 3,56 10-2 da cui [Zn+2] = 3,56 10-6 M Legandi come titolanti di ioni metallici È noto che perché una reazione possa essere impiegata a fine analitico deve soddisfare i seguenti requisiti: -deve procedere secondo un unico processo -deve essere stechiometrica -deve essere accompagnata da una sufficiente variazione di energia libera. Quando queste condizioni sono soddisfatte è possibile identificare il punto finale di una reazione con un opportuno procedimento. Nel caso dei complessi metallici questi requisiti non si osservano sia perché per alcuni sistemi (complessi inerti) 241 Reazioni di complessazione gli equilibri sono lenti sia perché anche per i complessi labili la sostituzione delle molecole di acqua di idratazione da parte del legando non procede attraverso un unico stadio bensì attraverso la formazione di una serie di complessi (MA, MA2, …..MAn) e quindi di regola si ha una sovrapposizione di questi processi. La formazione del complesso a maggiore numero di coordinazione è completa solo dopo che è stato aggiunto un eccesso di complessante. Ne consegue che il punto finale non è caratterizzato da un rapido decremento dello ione ne da un notevole incremento di legando libero. Una condizione più favorevole a questo riguardo si verifica se più gruppi legandi sono presenti in una stessa molecola. Se si considera infatti come legando una poliammina, come la tetrammina (I tren) e la esammina (II penten). N CH2 CH2 NH2 CH2 CH2 NH2 CH2 CH2 NH2 (I: ‘tren‘) pK = 10•29; 9•69; 8•56 H2N CH2 CH2 CH2 CH2 NH2 CH2 (II: ‘penten‘) pK = 10•20; 9•70; 9•14; 8•56 CH2 NH2 N CH2 CH2 N H2N CH2 CH2 Si osserva che si formano anelli a 5 o 6 atomi con un metallo e che la stechiometria della reazione è assai più semplice in quanto un catione si lega con una sola molecola di penten (e quindi si ha un solo equilibrio) e non ha coordinazione graduale di 6 molecole come avviene nella reazione tra NH3 e Ni+2. La costante di formazione del chelato è assai maggiore di quella del complesso ammoniacale 242 Capitolo X [ N ( NH 3 )] [ N1 penten] 8 K1 = = 2 × 1019 6 = 3 ,1 × 10 [ N 1 ][ NH 3 ] [ N1 ][ penten] L’entità dell’effetto chelante è espressa come differenza fra i lg delle relative costanti Effetto chelante = lg K2 – lg K1 = 10,8 In Fig. X-2 è riportata (curva A) la titolazione di una soluzione di nichel con NH3 in presenza di NH4Cl 0,1 M. Curva A: titolazione di Ni+2 con ammoniaca in presenza di 0,1 M NH4Cl. Curva B: titolazione di Ni+2 con penten in presenza di 0,1 M si NH4Cl. Curva C: titolazione di Ni+2 con penten in presenza di 0,1 M NH4Cl e 0,1 M NH3. K1 = 17 Curva A. titolazione di Ni+2 con ammoniaca in presenza di 0.1 M NH4Cl 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 Curva B. titolazione di Ni+2 con “penten” in presenza di 0.1 M NH4Cl Curva C. titolazione di Ni+2 con “penten” in presenza di 0.1 M NH4Cl e 0.1 M NH3 pNi C B A 1 2 3 4 5 6 7 Atomi di N aminico per Ni+2 .Figura X-2. Titolazione di Ni+2 con ammina. Al punto di equivalenza (6 moli di NH3 per mole di Ni+2) 243 Reazioni di complessazione la concentrazione del nichel è solo 1/5 del suo valore originario e questo punto non è caratterizzato da una notevole variazione di pNi. Questo indica che è solo parziale la formazione del complesso esammino, che viene ad aver luogo solo con un forte eccesso di ammoniaca. La curva B si riferisce alla titolazione della stessa soluzione con penten: si ha una forte variazione di pNi, che non coincide però esattamente col punto finale stechiometrico. Si osserva inoltre che il pH aumenta dopo che si è raggiunto questo punto e così anche la stabilità del complesso. Se la titolazione viene eseguita a pH costante e ad un valore sufficientemente alto, circa 9,3 (tampone 0,1 M NH3- 0,1 M NH4Cl) si ha la curva C. Il nichel è presente ora come complesso amminico e la titolazione incomincia a pNi= 6,9; per aggiunta di penten si ha la conversione in Ni-penten e si ha una forte variazione di pNi che coincide esattamente con il punto stechiometrico. Più che le poliammine, il cui impiego è limitato a quei cationi che hanno tendenza a coordinare attraverso lo’azoto basico come Cu, Bi, Co, Cd e Hg e che potendo protonizzarsi richiedono di essere usate a pH relativamente elevati, vengono adoperati acidi amminocarbossilici come l’acido nitrolotriacetico (NITA) e l’acido etilendiamminotetracetico (EDTA). H + N CH2 COOH CH2 COO COOH CH2 - NITA o H3X pK = 1•9; 2•49; 9•73 COOH H - OOC CH2 + N CH2 CH2 CH2 + N EDTA o H4Y pK = 2•0; 2•67; 6•16; 10•26 CH2 H CH2 COO - COOH Gli anioni del NITA e dell’EDTA hanno rispettivamente 4 o 6 atomi per coordinare un catione metallico in modo che si 244 Capitolo X formano anelli a 5 termini, reagendo con questo nel rapporto 1:1. I relativi chelati hanno notevole stabilità come riportato nella Tab. X-1. Tabella X-1.Costanti di stabilità di complessi formati e da NITA in soluzioni a forza ionica 0,1 a 20°C. Catione log KMY log KMX Catione logKMY H+ j=1 10,26 9,73 Hg+2 21,80 + +2 H j=2 6,16 2,49 Pb 18,04 H+ j=3 2,67 1,9 Al+3 16,13 + +3 H j=4 2,0 Fe 25,1 +2 + Mg 8,69 5,41 Ag 7,3 Ca+2 10,70 6,41 Cd+2 16,46 +2 +2 Mn 13,79 7,44 Zn 16,50 Fe+2 14,33 8,84 Cu+2 18,80 +2 +2 Ni 18,62 11,53 Co 16,31 da EDTA logKMX 11,39 15,87 5,4 9,83 10,67 12,96 10,38 Questi valori si riferiscono all’equilibrio per un metallo generico con EDTA Me+n + Y-4 ↔ MeY+n-4 [ MeY + n−4 ] K= [ M +n ][Y −4 ] La formazione di questi complessi è notevolmente influenzata dalla concentrazione idrogenionica e dalla presenza di altri legandi, così che è utile considerare le costanti condizionali in funzione dello schema che segue. Me+2 + Mz ↓ MeZm+2 (1) + + Y-4 xH ↓ HxYx-4 (2) ↔ MeY-2 ↓ HMeYMeYOHMeYNH3(3) Reazioni di complessazione 245 La reazione (1) si riferisce all’effetto complessante di un qualunque legando Z sul catione, la reazione (2) all’effetto della concentrazione idrogenionica che porta ad una diminuzione dell’anione Y-4 e la (3) alla formazione di altri chelati metallici e di idrosso-complessi in soluzione. La costante apparente può essere desunta dalla seguente relazione K app = K αM × αL in cui αM ed αL hanno il significato precedentemente descritto. Per valutare l’effetto della concentrazione idrogenionica per i complessi dell’EDTA viene ricavata l’influenza del pH calcolando αH. Le varie forme sotto cui l’EDTA può essere presente, possono essere indicate con Y’, esse sono: [Y’] = [Y-4] + [HY-3] + [H2Y-2] + [H3Y-] + [H4Y] [Y ' ] = 1 + K 1 [ H + ] + K 1 K 2 [ H + ] 2 + K 1 K 2 K 3 [ H + ]3 + Y + K1 K 2 K 3 K 4 [H + ]4 αH = K1, K2, K3 e K4 sono le costanti di stabilità dei complessi dell’EDTA e sono cioè 1 1 1 1 K 4' = K 3' = K 2' = K1 K2 K3 K4 In funzione delle tradizionali costanti di dissociazione αH può essere ricavato mediante la seguente espressione: [H+]2 [H+]3 [H+]4 [H+] αH = 1 + ---------- + ----------- + -------------- + ----------------K4 K4 K3 K4 K3 K2 K4 K3 K2 K1 K 1' = Diagrammando log αH rispetto a pH si ottiene il grafico di Fig. X-3 in base al quale si può calcolare il valore della costante condizionale: log Kapp = log K – log αH 246 Capitolo X q 18 16 14 12 10 Log αH verso pH per l’EDTA 8 Log αH 6 4 2 0 2 4 6 8 10 12 pH Figura X-3. logαH verso pH per l’EDTA Kapp è la costante condizionale ad un dato pH; tanto maggiore è il valore della costante condizionale tanto più favorevoli sono le condizioni per una titolazione. Per una titolazione accurata con EDTA 0,01-0,05 M il valore minimo della costante condizionale deve essere pari a circa 108. Gli ioni metallici che formano complessi stabili e tali per cui le costanti condizionali sono sufficientemente grandi anche in ambiente acido, possono essere titolati anche in questo mezzo; gli ioni che formano complessi più deboli debbono essere titolati in ambiente alcalino. Reazioni di complessazione 247 Esempio 5. Calcolare le costanti condizionali per i seguenti complessi dell’EDTA: CaY e NiY a pH 5,0 e stabilire se è possibile la titolazione del calcio e del nichel a questo pH. Le costanti di ionizzazione per H4Y sono pK1=2,07; pK2=2,75; pK3=6,24 e pK4=10,34. Dalla Tab. X-3 si ha KNiY= 1018,6e KCaY= 1010,7 Il valore di αH può essere ricavato dalla Figura X-4 o può essere calcolato con la relazione 10-10 10-15 10-20 10-5 αH = 1 + ------------+-------------+ -------------+ ---------- = 10 6,6 10-10,3 10-16,6 10-19,3 10-21,4 per CaY 10 10,7 Kapp= ----------= 104,1 10 6,6 per NiY 10 18,6 Kapp= ----------- = 1012 10 6,6 I valori ottenuti dimostrano che è possibile la titolazione del nichel a pH 5 dato il suo elevato valore di costante di stabilità, mentre non è titolabile il calcio. Analogamente si può calcolare il valore della costante condizionale in presenza di un legando se è nota la concentrazione di legando libero [L]. αM= 1 + K1[L] + K1K2[L]-2 + …… + Kn[L]n in cui K1, K2,……….Kn sono le costanti graduali di formazione del complesso metallico. Esempio 6. Calcolare la costante condizionale per CaY in una 248 Capitolo X soluzione contenente 0,1 M NH4+ e 0,1 M NH3 libera ed il cui pH è 9,24. I log della costante di formazione dei complessi Cd (II)-NH3 sono pK1=2,6; pK2=2,05; pK3=1,39; pK4=0,88; pK5=0,32 e di CdY 16,5. Sostituendo nell’espressione sopra riportata, per [L] = 0,1 M, si ha: αM = 1 + 10 2,6 0,1+ 10 4,65 10-2+ 10 6,04 10-3+ 10 6,92 10-4+ 10 6,6 10-5 = 10 3,4 αH = 11 (calcolato come nell’es. 4) Essendo K app = K e sostituendo si ottiene αH Kapp= 1012 Esempio 7. Ricavare la stabilità del complesso FeF+2 in funzione del pH. Lo ione fluoro forma con Fe+3 una serie di complessi dei quali il più stabile è il primo. Trascurando gli altri è possibile descrivere la stabilità di questo complesso in funzione degli equilibri che seguono. Fe+3 + F- ↔ FeF+2 [FeF+2] Kf = ---------------[Fe+3] [F-] H+ + F- ↔ HF [H+] [F-] Ka =------------[HF] Poiché Kapp= Kf /αH ed essendo αH=1+[H+]/Ka si ricava il valore di αH alle diverse concentrazioni idrogenioniche. E’ evidente che quando Ka>>[H+] la stabilità del complesso non è influenzata dal pH fino a che non diventa sensibile l’effetto di solubilità dell’idrossido di ferro. La concentrazione di Fe+3 per una concentrazione C di ferro totale (=[FeF+2]+[Fe+3]) si ricava considerando [F-]+[HF]=[Fe+3]. Essa è ricavabile da 249 Reazioni di complessazione [ Fe +3 ]= C [H+ ] (1+ ) Kf Ka La dissociazione del complesso (che produce un incremento di [Fe+3]) è tanto maggiore quanto maggiore è [H+] e quanto minore è Ka. Essendo Ka=10-3,2 la dissociazione di FeF+2 diviene apprezzabile quando [H+]>10-3,2. I complessi che hanno piccoli valori di costante di formazione, hanno un’apprezzabile dissociazione anche in ambiente alcalino, mentre quelli con costante di formazione molto elevata ( Fe(CN)6-4, Ag(CN)2-) sono poco dissociati anche a pH = 0. Queste osservazioni permettono di ricavare il campo di stabilità di un complesso in funzione del pH di una soluzione. Ad esempio il campo di esistenza del complesso Hg(CN)2 in concentrazione 0,1 M si può ricavare dai seguenti equilibri: 10 21 [Hg(CN)2] = ------------------[Hg+2] [CN-]2 10 -9,4 [H+] [CN-] = --------------[HCN] da qui si ottiene la concentrazione di Hg+2: [Hg+2] = [H+] 10-22 ( 1 + ------------) 10-9,4 Fino a pH 9,4 la concentrazione di Hg+2 è eguale a circa 10-5 (trascurabile) e a pH 1 circa il 90% di Hg(CN)2 è indissociato. Oltre alle considerazioni fatte, c’è inoltre da tenere presente che, la presenza di un legante in eccesso provoca una diminuzione dell’attività dello ione libero, e quindi il campo di stabilità di uno ione complesso risulta notevolmente incrementato. In generale si deve tenere presente che la stabilità di uno ione complesso deve essere ricavata in funzione dei due equilibri fondamentali: quello della costante di formazione del 250 Capitolo X complesso e quello relativo alla dissociazione del legante. Per i complessi ammoniacali si osserva, ad esempio, che sono meno stabili in soluzione acida, in quanto in questo ambiente l’equilibrio NH3+H+↔NH4+ è spostato verso destra. Le cobaltiammine, che sono complessi molto stabili, non vengono distrutti neanche in soluzione acida, mentre gli analoghi complessi con Fe+2, Mn+2, Zn+2, Cd+2, Cu+2 vengono distrutti. I complessi con CNS-, Cl-, NO3- non vengono invece influenzati dal pH in quanto questi anioni sono basi deboli e non hanno cioè tendenza ad accettare protoni. Influenza della formazione dei complessi sui potenziali redox Il potere ossido-riduttivo di una coppia redox, come già visto in precedenza, può essere influenzato dalla presenza di un agente complessante, se questo forma complessi di stabilità differente con la forma ossidata o ridotta. Consideriamo la coppia Fe+3 + e → Fe+2 [Fe+3] E = E° + 0,06 log ---------[Fe+2] se si aggiunge ad una soluzione di questa coppi ioni fluoruro si ha la formazione di complessi di grande stabilità con Fe+3 e meno stabili con Fe+2; ne consegue che gli ioni ferrici sono sottratti all’equilibrio e il rapporto [Fe+3]/[Fe+2] diminuisce e cosi pure il valore del potenziale E. La soluzione diviene meno ossidante ed è pertanto più riducente: gli ioni ferrici sono quindi meno ossidanti in presenza di fluoruri, mentre gli ioni ferrosi sono più riducenti. Nota la costante di formazione dei complessi si può ricavare il valore del potenziale della coppia in presenza di questo legando. Nel caso dello ione fluoro il primo complesso con Fe+3 è di gran lunga più stabile e trascurando in prima approssimazione gli altri si ha: 251 Reazioni di complessazione +3 - [FeF+2] Kf = --------------[Fe+3] [F-] +2 Fe + F ↔ FeF sostituendo si ha: [FeF+2] E = E° + 0,06 lg ------------------= Kf [Fe+2] [F-]2 [FeF+2] = E° - 0,06 lg Kf + 0,06 lg ------------[Fe+2] [F-]2 Ponendo E°’ = E°-0,06 log Kf si ha il valore del potenziale normale relativo alla semicoppia FeF+2 + e → Fe+2 + FIn alcuni casi sia la specie ossidata che quella ridotta possono formare complessi: in tal caso il potere redox della coppia dipende essenzialmente dal valore delle relative costanti di formazione. Consideriamo la coppia Co+3 + e → Co+2 per cui E° = 1,84 V Per aggiunta di ioni CN- si ha la formazione dei relativi complessi cianici Co+3 + 6 CN- ↔ Co(CN)6-3 +2 Co + 6 CN- ↔ Co(CN)6 -4 [Co(CN)6-3] Koss = -----------------[CN-]6 [Co+3] [Co(CN)6-4] Krid = -----------------[Co+2] [CN-]6 252 Capitolo X il potenziale del nuovo sistema redox Co(CN)6-3 + e ↔ Co(CN)6-4 E, essendo Krid/Koss= 10-44, [Co(CN)6-3] Krid [Co(CN)6-3] E= 1,84+0,06 lg -------------------- = - 0,83+0,06 lg -------------[Co(CN)6-4] Koss[Co(CN)6-4] Essendo quindi E°’= -0,83 il sistema e divenuto molto più riducente, poiché per la differente stabilità dei complessi che Co+3 e Co+2 formano, di cui il primo è molto più stabile del secondo, il rapporto [Co+3]/[Co+2] è assai piccolo. Influenza della formazione dei complessi sulla solubilità È stata più volte richiamata l’attenzione sul fatto che in una reazione di precipitazione quantitativa deve essere evitata l’aggiunta di un eccesso di reattivo. Infatti gran parte dei precipitati hanno una notevole tendenza a formare con un eccesso dei loro ioni complessi che provocano un incremento della solubilità. Ad esempio in Fig. X-4 è riportata la solubilità del cloruro di argento in funzione della concentrazione di cloruro di potassio. 253 Reazioni di complessazione -4.5 -5.0 -5.5 Log [AgCl] -6.0 -6.5 -7.0 -5.0 -4.0 -3.0 -2.0 Log [KCl] -1.0 Figura X-4. Solubilità del cloruro di argento (------); calcolata dal prodotto di solubilità (linea continua), valori sperimentali. La formazione di complessi è largamente utilizzata in chimica analitica per permettere la precipitazione di uno ione ed impedire quella di un altro, mediante un agente precipitante. Se consideriamo ad esempio l’uso del tartrato per impedire la precipitazione dell’idrossido di ferro in soluzione leggermente alcalina, comunemente impiegata per la precipitazione del nichel con dimetilgliossina. In questo esempio lo ione tartrato funge da agente mascherante poiché maschera , cioè impedisce la precipitazione del ferro (III). Se sono note le costanti dei relativi equilibri si può prevedere se un certo agente mascherante può consentire una data reazione. Consideriamo la solubilità dell’ossalato di calcio in una 254 q Capitolo X soluzione che ha all’equilibrio una concentrazione di ioni lattato eguale a 0,1 M. La solubilità è sufficientemente basica per cui l’ossalato solubile è presente come Oss-2 e il lattato come L-. Il calcio forma con lo ione lattato un complesso 1:1, con una costante di formazione eguale a 10 [CaL+] Kf = -------------[Ca+2] [L-] Il prodotto di solubilità apparente, e cioè la costante condizionale in tale mezzo, è dato da Ks 2 10-9 Ks app = ----------= ----------αM αM in cui [CaL+] [CaL+] + [Ca+2] αM = ------------------------ = 1 + ---------[Ca+2] [Ca+2] Poiché [CaL+] Kf [L-] = ---------[Ca+2] essendo Kf = 10 e [L-]= 0,1 M αM = 1 + Kf [L-] = 0,5 e sostituendo si ha, Reazioni di complessazione 255 2×10-8 x = 2×10 = ----------0,5 x = 1,4×10-5 (solubilità molare in 0,1 M lattato). In assenza di lattato la solubilità molare è : 4,5 10-5 M. 2 -8 ESERCIZI 1) Calcolare [Ag+] in una soluzione che è 0,2 M in KAg(CN)2 e (Ka= 4×10-10; Kf= 1020) 0,2 M in KCN. R: 5×10-20 M 2) Quanti grammi di ioduro di argento si sciolgono in 1 L di ammoniaca 10 M (Kinst Ag(NH3)2+ = 6,3×10-8, Ks= 8,3×10-17). R: 0,085 g/L. 3) Calcolare la concentrazione di Cu+2 e Cd+2 in una soluzione in cui Cu(CN)3- e Cd(CN)4-2 sono 0,05 M e che è anche 0,5 M in KCN. Stabilire se CuS o CdS precipitano quando la soluzione per aggiunta di un solfuro solubile è 0,001 M in solfuro (Kinst:Cu(CN)3- 2,6×10-9; Cd(CN)4-2 7,8×10-18; Ks: CuS 1×10-48; CdS 7×10-27). R: 1×10-29 M; 6,2×10-18 M. 4) Calcolare la solubilità del solfuro di zinco in idrossido di sodio 0,5 M, a) trascurando l’idrolisi dello ione solfuro; b) tenendo conto dell’idrolisi di questo ione. KsZnS = 8×10-25; Ka2 = 1,3×10-13. R: a) 1,2×10-5 M; b) 1,3×10-5 M. 5) Calcolare la concentrazione dello ione metallico in una soluzione contenente il complesso MY in concentrazione 10-2 R: 5×10-3 M. M. (Kf MY = 2×102). 6) Calcolare la concentrazione di Cd+2 in una soluzione contenente EDTA non complessato (= 1×10-2 M) e in cui Cdtot = 1×10-3 M a pH 3,0; 5 0; 7,0 e 9,0, log Kf= 16,46. 256 q Capitolo X 7) Calcolare la concentrazione di ioni cadmio in una soluzione che contiene per litro 0,02 M di Cd(NH3)4(NO3)2 e 3 moli di NH3. logK1’= 2,51, logK2’= 1,96, logK3’= 1,30, logK4’= 0,79. 8) Il prodotto di solubilità di AgCN è 2,6×10-19. La costante di instabilità dello ione dicianoargentato è 9,0×10-22; costante di dissociazione di HCN è 4×10-10. Calcolare la concentrazione molare di tutte le specie ioniche e molari in HCN 0,1 M saturo di AgCN. La reazione è : AgCN(s) + HCN = Ag(CN)2- + H+. 9)Il prodotto di solubilità di Zn(OH)2 è 1×10-16. Quando Zn(OH)2 in eccesso viene aggiunto ad 1 Litro di una soluzione 0,4 M di KCN ha luogo la reazione seguente: Zn(OH)2(s)+4CN=Zn(CN)4-2+2OH-. Raggiunto l’equilibrio il pH è 13. Calcolare la costante di equilibrio per la reazione: Zn(CN)4-2+Zn+2+4CN-. R: 3×10-18. INDICE Prefazione 5 Capitolo I Solventi: l’acqua Molecole polari Interazione fra molecole d’acqua Relazione fra momento dipolare e costante dielettrica Ionizzazione dell’acqua 7 11 14 19 22 Capitolo II Soluzioni e soluti Soluzioni Idratazione degli ioni 27 32 34 Capitolo III Struttura e solubilità dei composti ionici Stabilizzazione degli ioni nelle molecole in fase gassosa ed in fase solida Energia reticolare Energia reticolare da misure termochimiche Considerazioni sull’energia reticolare Solubilità dei sali ionici Legami parzialmente covalenti o polarizzabili Utilizzazione dei valori di energia reticolare e dell’energia d’idratazione in Chimica Analitica 39 40 43 47 50 52 56 61 Capitolo IV L’equilibrio chimico: concetto cinetico dell’equilibrio Considerazioni termodinamiche sull’equilibrio chimico La variazione di energia libera nelle reazioni chimiche Concentrazione ed attività 63 67 74 Capitolo V Protoliti: Teoria protonica di Bronsted e Lowry Forza dei protoliti Costante acida dell’acqua Equilibri protolitici in acqua Costanti miste Fattori che determinano la forza dei protoliti Ioni metallici idrati come acidi Acidi e basi in solventi non acquosi Teoria elettronica degli acidi e delle basi di Lewis Il potenziale di acidità 79 82 83 85 86 87 91 94 95 96 Capitolo VI Equilibri protolitici Calcolo delle concentrazioni di ioni, molecole di acidi e basi monoprotiche e di acidi poliprotici Basi poliprotiche Effetto dello ione in comune Miscele di protoliti di forza differente Soluzioni tampone Capacità tamponante Preparazione di soluzioni tampone Equi. in soluzione acquose contenenti diversi protoliti Soluzioni contenenti due acidi o due basi Sali di acidi e basi deboli Sali i basi deboli e di acidi diprotici deboli Anfoliti Esercizi 101 103 111 114 114 116 119 120 123 123 125 127 128 132 Capitolo VII Rappresentazione grafica degli equilibri acido-base Diagrammi logaritmici Acidi monoprotici deboli Acido diprotico Acido triprotico Miscele di acidi monoprotici Diagramma di distribuzione per un acido monoprotico Diagramma di distribuzione per un acido diprotico Diagramma di distribuzione per un acido triprotico Esercizi 135 136 137 143 147 149 153 155 156 159 Capitolo VIII Equilibri di precipitazione Soprasaturazione e nucleazione Lo stato colloidale e l’adsorbimento Contaminazione dei precipitati La solubilità dei precipitati: prodotto di solubilità Effetto dell’acidità sulla solubilità Effetto degli agenti complessanti sulla solubilità Precipitazione e diagrammi logaritmici Esercizi 161 164 167 171 174 176 184 188 192 Capitolo IX Reazioni di ossido-riduzione Equazione di Nernst Potenziale elettrodico Fattori che influenzano il potenziale elettronico Potenziale formale Reazioni di disproporzione Potenziali di ossido-riduzione e solubilità Potenziale di oss-riduz e formazione di complessi Calcolo del potenziale di una semicoppia dal potenziale di altre semicoppie Limite del potere ossid. e riduc. in ambiente acquoso Esercizi 195 196 198 202 203 209 211 212 214 215 219 Capitolo X Reazioni di complessazione: considerazioni generali e terminologia Aspetti teorici sulla formazione dei complessi Complessi inerti e labili Equilibri di complessazione Formazione e dissociazione graduale dei complessi Costanti condizionali Effetto del pH sugli equil. di formazione dei complessi Legandi come titolanti di ioni metallici Influenza della formazione dei complessi sui potenziali redox Influenza della formazione dei complessi sulla solubilità Esercizi 250 252 255 Indice 257 221 223 226 227 228 236 239 240 AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI Area 01 – Scienze matematiche e informatiche Area 02 – Scienze fisiche Area 03 – Scienze chimiche Area 04 – Scienze della terra Area 05 – Scienze biologiche Area 06 – Scienze mediche Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie Area 08 – Ingegneria civile e Architettura Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche Area 12 – Scienze giuridiche Area 13 – Scienze economiche e statistiche Area 14 – Scienze politiche e sociali Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su www.aracneeditrice.it Finito di stampare nel mese di ottobre del 2011 dalla « Ermes. 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