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Rivista Madonna dello Splendore n° 32 del 22 Aprile 2013
Il castello di Fumone e la prigionia di Celestino V
Fatti e misfatti tra realtà e leggenda
di Alessandra Gasparroni
Ho avuto occasione, vent’anni fa, di essere ospite per una stupenda cena al castello di
Fumone, nel frusinate. I padroni di casa, prima di far accomodare gli ospiti in una delle sale
apparecchiate sontuosamente, ci guidarono alla visita del maniero e dei suoi giardini pensili.
Questi si sviluppano sulla sommità della rocca e, ricordo, si poteva scorgere nella parte
centrale del prato una zona pietrosa che indicava la sommità del colle dove noi ci trovavamo.
L’atmosfera era stupenda così come l’ora del pomeriggio inoltrato e mi scattarono una foto che
conservo alla parete del mio studio come un bellissimo ricordo. Scendendo nel dedalo di scale
e corridoi entrammo in una piccola stanza, la cappella del castello e più avanti un cancello
stretto semiaperto si apriva su un locale angusto, anzi, disagevole, era stata la prigione di
papa Celestino V. Era impossibile muoversi all’interno e, la nostra guida, narrava delle difficoltà
quotidiane del santo Pietro da Morrone che riuscì a viverci per dieci mesi prima di morire il 19
maggio 1296.
La nostra visita proseguì con una conviviale molto raffinata e resa affascinante dall’atmosfera
che sprigionava dall’arredamento d’epoca e dalle storie castellane che i nostri ospiti ci
narravano: lotte familiari, combattimenti di spade, la storia di un bambino morto
prematuramente e conservato imbalsamato insieme ai suoi giocattoli ma soprattutto lui: il
Papa del gran rifiuto. Non riuscivo ad abbandonare quel pensiero tra una portata e l’altra; noi a
distanza di secoli mangiavamo in allegra compagnia e qualche metro al di sotto della sala che
ci ospitava si era trovato, un tempo, un uomo giusto e silenzioso, colpevole di aver cercato di
compiere le sue decisioni religiose in netto contrasto con un uomo più forte che però lo
temeva, Bonifacio VIII. Dopo tanto, quella sensazione mi è tornata alla mente, alla luce delle
recenti decisioni di Papa Benedetto XVI.
Diverse le scelte e le storie dei due pontefici anche se tutti e due, una volta promulgata la
decisione della rinuncia, vengono alloggiati in castelli: castello di Fumone e Castelgandolfo,
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l’uno nella prigione pontificia, l’altro nella residenza estiva papale, ma non sarà anche questa
una specie di prigione?
Tante furono le notizie crudeli che attorniarono la prigionia di Celestino V, cronisti coevi e
postumi hanno narrato le infamie a cui fu sottoposto il Santo eremita, a fronte di falsi
comunicati che venivano diffusi dal Papa Caetani sull’ottima assistenza offerta a colui che
aveva abdicato. La realtà si intrecciava alla leggenda, e Giovanni Pansa dedicò un intero
capitolo del secondo volume di Miti, leggende e superstizioni dell’Abruzzo a Pietro da Morrone e
alla sua tragica storia.
Molti sono i fili che legano la nostra regione e le nostre città a questo Papa e a Fumone. Le sue
spoglie mortali sono conservate nella basilica di Collemaggio a L’Aquila, la città di Teramo
venne donata insieme a Rieti, Norcia, Amiterno e l’Arx Fumonis al Pontefice Giovanni XII
dall’Imperatore di Germania Ottone I di Sassonia nel 962 con la “Donazione Ottoniana”.
I racconti e le cronache, riportate da Pansa dipinsero di colori oscuri la vicenda celestiniana,
certo utilizzata e diffusa diversamente da coloro che simpatizzavano per l’una o l’altra fazione.
Il Gregorovius scrisse che il destino di Celestino era votato al martirio e quello di Bonifacio
incline ad atti sacrileghi, ma tutto questo era dovuto alla diffusione di tetri racconti da parte
dei monaci celestini irritati per la fine del loro Santo eremita. Frutto di invenzione la storia e
relativa esposizione di un chiodo che, si diceva, sarebbe stato conficcato, per volere di
Bonifacio, nel cranio del prigioniero innocente.
Nel “manoscritto” delle scritture pertinenti alla Congregazione dei Celestini, compilato
dall’abate Ludovico Zanotto, intorno alla metà del 1600, si annotava di un dipinto antichissimo
nel sacello di Santa Maria a Maiella che descriveva invece, in
immagini, la figura di Celestino malmenata con bastone e martello
(forse per il chiodo). Nello stesso periodo, padre Lelio Marino,
abate generale della Congregazione, narrava che il padre abate
don Francesco d’Aielli, nel 1597, ebbe modo di scovare nella
chiesa della Badia di S. Spirito presso Sulmona una “scatola
rotonda alta mezo palmo in circa dipinta con coperchio. L’apri egli
e trouolla piena di reliquie minute diverse. Tra le quali un chiodo
longo mezo palmo e più, ligato con certi pezi di sangue congelato
di color pardiglio, inuolto in seta drappo di seta scolorita”. L’abate
investigatore si trovò, in seguito, al posto giusto nel momento
giusto; approfittando del momento nel quale, a L’Aquila, si
mostravano le spoglie di Celestino per la Perdonanza, provò ad
infilare il chiodo nel foro presente sul cranio del Papa e “pose il
chiodo nel buco e trouorno che vi entraua giusto fino alla testa ed
il grosso, doue appartiva e si vedeva anco come rugine, il quale
alcuni giudicorno fosse sangue restatoui attaccato. Questo chiodo
riportato al suo luogo, in memoria si conserua ancor’hoggidì e l’ho
visto tra le altre reliquie nella Chiesa della Badia di S. Spirito presso Sulmona, colligato con gli
stessi pezi di sangue come habbiamo detto”.
Si narra poi di una inumazione del corpo del Pontefice molto profonda, quasi per condannarlo
ad una damnatio memoriae, ma il tempo e la storia lo hanno completamente riabilitato agli
occhi dei (pochi) detrattori. Nel 2009, in occasione della visita di Benedetto XVI a L’Aquila per
portare una parola di conforto ai terremotati, la sosta nella disastrata basilica di Collemaggio
servì per lasciare il suo Pallio sulla teca che raccoglieva le spoglie mortali di Celestino V e
riconoscergli, definitivamente, da Papa a Papa la sua regalità. Il suo gesto, alla luce delle sue
ultime disposizioni, sembrava quasi presagire le sue proprie future decisioni.
Il 12 febbraio 2013 è iniziata la ricognizione sulle spoglie di San Pietro Celestino al termine
delle quali il suo volto in cera che ricopre il cranio avrà le sue sembianze con la ricostruzione
mediante nuovi dispositivi, e i suoi abiti saranno corredati con il Pallio papale che, questa volta,
indosserà definitivamente. Le prime notizie ricognitive riferiscono però che il foro sul cranio è
di origine naturale…
E tutte le leggende, le storie, gli aneddoti, i racconti lugubri? Fanno e faranno parte della
storia.
Le immagini sono tratte dal sito ufficiale del Castello di Fumone
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