INFERMIERI PROFESSIONALI E AZIENDA: QUALITA’, EFFICIENZA, EFFICACIA, UMANITA’ 5 I PA S V I 1 IL PUNTO DI VISTA DEL MEDICO GIORGIO SCAFFIDI « Quanto mi vuoi bene? » è la domanda fatta ed ascoltata tante volte ed alla quale non abbiamo mai avuto difficoltà a rispondere, anche se non I'abbiamo fatto sempre sinceramente. È vero allora che si può misurare anche ciò che per antonomasia sfugge ad ogni quantizzazione: un sentimento come l'amore, di per sé cieco e sordo. Dare una dimensione, un valore quantitativo o semiquantitativo a ciò che ci circonda, alle nostre azioni ed alle loro conseguenze è il modo comune e necessario che usiamo per conoscere, confrontare, valutare, validare. È il percorso seguito da una qualità che rendiamo quantità tutte le volte che sia richiesto di misurarla. Il disagio—anzitutto concettuale e teorico—incontrato e prospettato dai medici a trasferire il proprio lavoro in unità di misura confrontabili e verificabili è noto ed antico ed origina dalla primordiale difficoltà a misurare la salute: quanta se n'è persa o quanta se n'è guadagnata; come si correla con l'età, la condizione fisica o psichica, lo status socioeconomico. La salute alle soglie del 2000 non è la stessa di 50 anni fa (per non fare un confronto con i secoli scorsi); la sua unità di misura è quindi ampiamente storicizzata. Anche il processo diagnostico è farcito di numeri, di raffronti statistici, di comparazione fra modelli, per cui l'abitudine alla misura non dovrebbe cogliere di sorpresa coloro che quotidianamente manipolano analiticamente, in senso prospettico o retrospettivo, serie di dati numerici. Se però chiediamo di misurare la qualità sembra che ci vengano d'improvviso a mancare proprio gli strumenti operativi di base. Cos'è la qualità, come la si valuta dal punto di vista del medico? Non è univoca la risposta al quesito, come non è ininfluente l'osservatorio dal quale si analizza il fenomeno. Numerosi sono gli attributi della qualità: • La qualità percepita (dentro di sé). • La qualità ricevuta (dall'ambiente lavorativo: medici, infermieri, azienda). • La qualità prodotta (per ogni singola prestazione). • La qualità fornita (complessivamente al paziente, all'azienda, al proprio gruppo di lavoro, alla collettività). Ognuna di esse ha un suo valore, un suo peso specifico, una sua connotazione in positivo o in negativo. Da esse derivano soddisfazione o frustrazione, atteggiamenti di identificazione o di rivendicazione, rapporti simbiotici o conflittuali. Entrano in gioco poi la variabilità individuale, le caratteristiche psico-dinamiche, il grado di integrazione nel gruppo a fornire ulteriori elementi che scompaginano ogni tentativo di ridurre a formula i complessi rapporti medico-paziente, medico-infermiere, medico-struttura sanitaria, medico-visione o previsione o delusione di sé. L'epoca dei DRG ha reso a tutti palese che ogni prestazione ha un costo, che se ne deve ottenere un ricavo (laddove è possibile) e soprattutto che non si può più prescindere dal criterio di compatibilità fra limitatezza delle risorse e potenzialità infinita della domanda. n medico, con le sue prescrizioni diagnostiche e terapeutiche, con l'esigenza di conoscere e capire per curare correttamente, è l'indiscusso decisore di spesa ed è su di lui che—oggi più che mai—grava il compito, secondo scienza e coscienza, di armonizzare le esigenze del singolo malato con le disponibilità della collettività, di conciliare etica ed economia. Poiché, come si suol dire, la salute è un bene prezioso, al medico oggi è demandato l'onere di mettere ordine, individuare priorità, entrare nel merito dei valori, anche per evitare che la salute divenga così preziosa per alcuni da render loro impossibile il conservarla o il riconquistarla. Forse in questo gioco di parole si possono riassumere le qualità del medico e la qualità dal suo punto di vista. Curare è un impegno globale, dalle numerose sfaccettature, con tante implicazioni; è un'operazione che si svolge a 360 gradi ed in cui 1'attenzione al risvolto economico così come alla gratificazione dell'utente/cliente e di se stessi non sono immediati ed a portata di mano. Aspettative e richieste proprie ed altrui non sono sempre giustificate né possono sempre trovare soddisfazione. L'equilibrio sta nel conciliare ciò che si può fare con ciò che si deve fare e con ciò che si ritiene giusto fare, rispettando ed armonizzando le leggi dello stato e le leggi morali con i bisogni propri ed altrui. Un chiaro schema di riferimento—qui riprodotto—è stato proposto dal Prof. Sandro Spinsanti (Tab. 1), per evidenziare il percorso del mondo sanitario nel corso del tempo, quanto siano variati i suoi rapporti con mondo circostante e quanto siano mutate le stesse collocazioni professionali. La qualità in sanità è perciò probabilmente la difficile arte di fornire le migliori risposte possibili e compatibili con il livello delle conoscenze, con la speranza di vita, con le risorse disponibili di uomini e mezzi e con il rispetto delle regole etiche. No'? sembri superfluo questo richiamo pressante allo sfondo morale implicito nelle attività professionali, in questa fine di millennio che non si è ancora liberata da atrocità e malvagità e che scorge potenziali pericoli nella manipolazione selvaggia dei segni, radice stessa della vita. IL PUNTO DI VISTA DELL'INFERMIERE SILVIA SCELSI La qualità nei servizi offerti è un termine con cui ci confrontiamo da non molto tempo. La garanzia della giustezza del servizio reso è stata, fino ad ora, insita nella struttura stessa; invece con i decreti legislativi 502/92 e 517/93 hanno apportato un cambiamento essenziale. Con tali decreti vengono infatti introdotti anche nella Sanità i concetti di efficacia, efficienza e qualità, e con essi la possibilità e il dovere di verificare il raggiungimento del servizio reso e la sua qualità; con ciò assistiamo quindi all'introduzione degli indicatori di qualità. Prendono vita così la Carta dei Servizi, la VRQAI e quant'altro determini il controllo della qualità del prodotto. Questo prodotto o servizio di cui tanto si vuole verificare resta sempre la « Salute », bisogno fondamentale di ogni cittadino e di tutta la Società, sicuramente di ogni UOMO, inteso come un'unità psicofisica che si trova in equilibrio all'interno di una sua realtà sociale. A chi spetta dunque, individuare i bisogni quando l'equilibrio si rompe? A chi spetta individuare gli obiettivi da raggiungere per cercare di ripristinare un nuovo equilibrio? A chi spetta sostituirsi nelle funzioni e fino nei gesti più semplici se non alla figura dell'infermiere professionale? Tutto ciò riporta in primo piano quanta parte abbia questa Professione nel creare Salute e quanto possa fare per migliorare il prodotto dell'Azienda Sanità. La Professione, infatti, si trova in primo piano gestore di se stessa e di una migliore qualità dell'assistenza, fornita con efficacia, cioè determinando il risultato con pienezza e completezza, con efficienza, cioè sfruttando le risorse nel miglior modo e raggiungendo lo scopo nel minor tempo, e con in mano la possibilità e l'occasione, attraverso gli strumenti che possiede, di giudicare ed indicare i mezzi e le risorse per migliorare il servizio. Sia la cartella infermieristica che i protocolli d'assistenza, oltre ad essere strumenti di lavoro, di uso quotidiano, sono anche fonte di dati sul servizio reso sulla sua qualità, sull'efficacia e sull'efficienza. In essi si programmano e realizzano non solo i bisogni assistenziali del singolo, ma anche quelli di una comunità, ed è così che si può valutare il risultato raggiunto non solo nel singolo caso, ma anche nella collettività analizzata. I dati in realtà sono l'essenza della nuova azienda e della nostra società, dove chi possiede le informazioni è in grado di guidare anche le scelte. Ecco perché i dati al centro di ogni nuovo passo di ogni ricerca sono di importanza vitale nella valutazione dell'Azienda Sanità. n maggior numero di dati sull'assistenza passa attraverso i documenti prodotti dalla nostra Professione. Nel momento in cui si comprenderà questo unico ma centralissimo e primario concetto si potrà comprendere che l'assunzione dei dati e la possibilità di valutarli deve coinvolgere tutta la Professione e gli Infermieri come primo soggetto. Questa è forse la prima volta che c'è la possibilità di valutare sia la professione stessa sia il servizio fornito divenendo garanti di un bisogno essenziale: la « salute ». Salute come aspetto fondamentale da rispettare in una società moderna, dove una professione che focalizza i bisogni di prevenzione, educazione, riabilitazione cura ed interazione umana può essere quella degli Infermieri ed in Loro si paò trovare non solo un futuro alla Professione, ma anche una diversa risposta al bisogno salute, una risposta più adeguata, appunto più « efficiente », « efficace » di « qualità » e sopratutto umana. RAPPORTI TRA PROFESSIONE INFERMIERISTICA VRQ ED UMANIZZAZIONE DELLE CURE ALLA LUCE DEL PROCESSO DI AZIENDALIZZAZIONE D.A.I. MARIO ESPOSITO Il perno centrale sul quale ruotano tutti gli aspetti di questa relazione è rappresentato dal ruolo della professione infermieristica nel contesto sanitario attuale; per poter meglio identificare gli ambiti operativi specifici ed integrati nei quali l'infermiere deve collocarsi, è opportuno definire chi è l'infermiere e qual è il suo campo d'azione specifico. L'infermiere è un professionista che per garantire un'assistenza ottimale deve: —possedere specifiche conoscenze tecnico-operative; —sviluppare una capacità di relazione che ha come base l'empatia, il rispetto e la comprensione dell'altro; —interiorizzare un comportamento etico e deontologico. Solo un'azione coordinata e sinergica di questi tre elementi determina la realizzazione del prendersi cura della persona. A differenza il medico è un professionista capace di: —giungere alla diagnosi medica attraverso il sintomo; —prescrivere la terapia; —e provvedere in modo più specifico alla cura del malato. I bisogni della persona assistita e il diritto di ricevere un intervento sanitario globale ed individualizzato permettono a questi due professionisti di perseguire: —un'autonomia operativa concreta; —non sovrapponibile; —e decisamente integrata e complementare. L'infermieristica è una professione in forte ed inarrestabile evoluzione che sta vivendo le contraddizioni che ogni processo di crescita o di cambiamento determinano. Recuperare oggi il senso di « MISSION » è per la nostra professione, identificare tra i tanti significati d'assistenza quello del prendersi cura della persona attraverso l'integrazione di due fattori: —Tecnico-scientifico: percepito come capacità più praticata, più gratificante in quanto consente di ottenere risultati apparentemente più concreti. — Relazionale: avvertito come più autentico e specifico ma anche più debole. La relazione di aiuto nei confronti della persona malata, trova tra le sue sfaccettature: l'ascolto - la comunicazione - I'essere responsabile nel difendere i diritti, gli interessi e la dignità del paziente (advocacy) nell'interagire nella relazione terapeutica. Tutto ciò non riesce più ad emergere da un mansionario ormai destinato a soccombere mentre appare molto evidente nel profilo professionale 739/1994 il quale definisce: Nell'articolo 2: L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica - relazionale - educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, I'assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria. Nell'articolo 3: L'infermiere: —Partecipa all' identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività. — Identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi. — Pianifica gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico. — Garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche. —Agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali. —Per l'espletamento delle funzioni si avvale ove necessario, dell'opera del personale di supporto. — Svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero professionale. Nell'articolo 4: L'infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca. Da quanto sin qui detto si assiste oggi, nell'ambito delle funzioni infermieristiche ad un'inversione di rotta: Mentre fino a qualche decennio fa la funzione dipendente aveva un ruolo determinante nella professione, oggi abbiamo le carte in regola per gestire in maniera autonoma lo specifico infermieristico e per rivestire un ruolo determinante e sinergico con le altre professionalità nella funzione interdipendente all'interno dell'équipe assistenziale. Da una navigazione a vista ad una navigazione strumentale. L'utilizzo di nuove metodologie e strumenti, l'identificazione delle proprie responsabilità e dei propri contenuti di lavoro è una tappa indispensabile da raggiungere al più presto per il miglioramento della dimensione presente e per garantire la tensione di sviluppo futuro. Gli strumenti sono il risultato di una ricerca d'équipe, non esistono infatti modelli standard; devono corrispondere, oltre all'obiettivo perseguito anche le esigenze dei professionisti che li utilizzano. Devono scaturire da un lavoro di ricerca dove ognuno impegna la propria esperienza pratica e le proprie conoscenze; guai a farli calare dall'alto, sono destinati a fallire anche se perfetti. Non nascono dall'oggi al domani ma richiedono tempo per la preparazione, realizzazione, sperimentazione, non sono acquisiti una volta per tutte, ma devono essere soggetti a continua revisione ed aggiornamento. Inoltre acquisiscono maggior valore se vengono discussi e confrontati tra diverse équipe di assistenza con l'obiettivo di raggiungere omogeneità di comportamenti nell'ambito di una stessa istituzione. Tali strumenti permettono di uniformare e standardizzare azioni e comportamenti, permettono la continuità dell'assistenza individualizzata con risparmio di tempo ed energie a livello d'informazione. Strumenti e metodologie con un unico nodo centrale, rappresentato dai dati, costituiscono una risorsa indispensabile per utilizzare una metodologia di lavoro scientifica. Una ulteriore funzione i dati infermieristici la svolgono nel contesto interdisciplinare dove l'infermieristica trova un posto di rilievo alla luce del processo di: AZIENDALIZZAZIONE: Il processo di riordino previsto dal DL 502/517 pone le basi per la razionalizzazione del SSN attraverso meccanismi di responsabilizzazione sull'attività svolta. Uno degli elementi più forti dell'aziendalizzazione della sanità è quindi rappresentato dal concetto di responsabilizzazione sui risultati vale a dire responsabilità sulla coerenza e appropriatezza tra risultati conseguiti e risorse impiegate. Primo tra i meccanismi di responsabilizzazione è il nuovo sistema di finanziamento degli ospedali basato sul pagamento prospettico delle prestazioni rese attraverso tariffe predeterminate. In pratica lo stato finanzia le aziende sanitarie attraverso tariffe già stabilite per ogni prestazione resa, che non varia in funzione dei costi di volta in volta sostenuti dall'azienda per erogare la prestazione. In questo modo lo stato trasferisce alle aziende il rischio economico-finanziario rappresentato dall'eventuale eccedenza del costo della prestazione rispetto alla tariffa. Questo nuovo modo di intendere la gestione della spesa sanitaria dovrebbe incentivare le aziende a raggiungere obiettivi di efficacia, efficienza e qualità delle prestazioni. In generale si può affermare che la strategia dell'azienda è di rispondere ai bisogni di salute della popolazione e di conseguenza le strategie delI'azienda verranno prioritariamente decise su strumenti di analisi quali i DRG che forniscono preziose informazioni, prima non disponibili, sulla congruenza tra risorse—prodotto offerto—e domanda da soddisfare. Non è possibile peraltro trascurare la qualità e la quantità della propria capacità produttiva e decidere solo sulla base di una tariffa fissata dall'esterno e che rappresenta un valore media delle risorse assorbite. Il ruolo dell'infermiere in questa fase interdisciplinare deve fornire dati rispetto allo spessore che occupa nel DRG, nel processo di accreditamento, nella carta dei servizi dell'azienda. Quindi la principale risorsa di ogni sistema sanitario è la risorsa umana rappresentata dal personale che vi lavora; e la qualità del contributo di ogni operatore, dal più alto dirigente all'ultimo operatore nella scala gerarchica, è un fattore chiave in grado di determinare successi o fallimenti, maggiore o minore efficacia ed efficienza dei servizi. I risultati ottenuti d a lungo termine, soprattutto dal modo in cui il sistema svilupperà, motiverà, ed utilizzerà il personale. L'individuo deve assumersi l'onere di definire quale sarà il suo contributo per l'azienda, e deve confrontarlo ed integrarlo con quello degli altri operatori. Siamo 100 anni oltre la riforma più semplice di economia, nella quale la maggior parte delle persone sapeva cosa gli altri facevano al lavoro: i coltivatori, gli operai, i domestici conoscevano il lavoro nel proprio campo. Oggi nessuno sa cosa fanno gli altri nemmeno nella stessa azienda. Nell'organizzazione attuale bisogna assumersi le responsabilità di garantire l'informazione, di facilitare la comunicazione perché rappresentano un elemento vitale per l'azienda. La conoscenza è potere, motivo per cui le persone che l'hanno posseduta nel passato hanno cercato di farne un segreto, oggi il potere proviene dal trasmettere l'informazione dal condividerla per renderla produttiva. Nasce quindi la necessità di costruire un TEAM, una squadra che si muova all'unisono, dove ognuno mantiene la posizione consapevole dell'obiettivo comune e del ruolo di ogni altro giocatore; ad esempio una squadra di calcio, di pallacanestro; di un gruppo Jazz, ecc. Per concludere Un particolare aspetto nell'esercizio professionale è rappresentato dall'integrazione. In questi ultimi tempi se ne parla molto, e si ha la sensazione che solo nel pronunciarla si produce un effetto magico. Nel sistema sanitario la diversità professionale va riconosciuta tra le molteplici professioni, diverse per cultura, formazione, storia, specifico campo di azione, anche se tendono tutte verso un obiettivo comune e quindi interdipendenti. Riconoscere uno specifico in ciascuna professione richiede di rinunciare al delirio di onnipotenza, per comprendere che ogni professionista offre risposte specifiche nell'universo della sanità. Ogni professione ha il suo spazio nell'area di competenza specifica che va riconosciuta e legittimata. Perché un'attività lavorativa riceva il riconoscimento di professione, è necessario mettere in atto due principali modalità: I - Attraverso Leggi e riconoscimenti da parte dello stato che dichiara che quella attività lavorativa è una professione. 2 - Attraverso l'azione professionale nella quotidianità. Nel campo infermieristico si sta facendo molto per il primo punto, è ora di rimboccarsi le maniche per il secondo. A tal proposito vorrei concludere con una metafora: gli Indios notando le vele delle navi dei conquistatori spagnoli sottovalutarono il problema considerandolo un semplice fenomeno atmosferico. Quindi, sottovalutando questo enorme cambiamento, subirono la dominazione spagnola per moltissimi anni. Dobbiamo impegnarci e stare bene attenti ai cambiamenti per non incorrere nello stesso errore. Grazie per l'attenzione... DRG: DAI RENDICONTI ECONOMICI AI RENDIMENTI IN TERMINI DI QUALITA' GIORGIO SCAFFIDI Dirigente Modulo PRONTO SOCCORSO CARDIOLOGICO Azienda Ospedaliera S. Giovanni-Addolorata - Presidio S. Giovanni Premessa I DRG (Diagnosis Related Groups) o ROD (Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi) rappresentano il modello di pagamento a prestazione in atto nel nostro SSN, relativamente per ora solo ai ricoveri ed alle prestazioni di Day Hospital e, da poco, anche di Day Surgery, dopo l'entrata in vigore della Legge N. 502 del 30/12/92 e della Legge N. 517 del 7/12/93. Dopo un primo periodo di rodaggio (3 anni), nel quale hanno convissuto il vecchio sistema di finanziamento « a pie' di lista » con quello nuovo, emergente, a partire dall'1/1/97 tutte le prestazioni ospedaliere di ricovero, PS, breve osservazione e day hospital sono identificate secondo i codici ICD-9-CM (circa 10.000 codici diagnostici individuali). Questi ultimi sono raggruppati, a loro volta, in 25 Categorie Diagnostiche Maggiori (la N. 5 è relativa a « Malattie e disordini dell'apparato circolatorio »). Un software (il grouper), partendo dai codici ICD-9-CM, costruisce un « pacchetto » che distingue le procedure chirurgiche da quelle mediche, in alcuni casi tiene conto della minore età del paziente e dell'eventuale esito infausto del ricovero. I « pacchetti », confezionabili dal grouper sono 492 e coincidono coi DRG ed a ciascuno di essi corrisponde (D.M. del 14/12/94 e revisione D.M. del 30/ó/97) una tariffa per il ricovero ordinario, una per quello della durata di un solo giorno, il numero massimo di giorni di ricovero considerati « ammissibili » e la tariffa giornaliera per quei ricoveri eccedenti il numero massimo di giorni previsti. Il sistema DRG: 1. serve per classificare i pazienti dimessi dagli ospedali per acuti, 2. correla le attività svolte con i costi di produzione, 3. consente il confronto fra le diverse strategie mediche, 4. è utile come supporto alla programmazione ed al controllo. Cenni storici Nel 1967 un gruppo di medici dell'Università di Yale (USA), per rispettare i criteri di finanziamento e di rispetto della qualità richiesti da Medicare per i propri pazienti, chiese ad ingegneri ed economisti della stessa università di elaborare un sistema, mutuato da quello in uso da tempo nel settore industriale, per monitorare costi e qualità delle prestazioni sanitarie erogate. Negli anni seguenti furono dapprima classificati i pazienti e poi le loro patologie, analizzando 1,4 milioni di schede di dimissione relative a 325 Ospedali per acuti, raggruppando tutti i diversi casi clinici in « pacchetti » che avessero: • omogeneità di organo o sistema, • omogeneità di trattamento (medico o chirurgico), • omogeneità di assorbimento di risorse (costi umani, materiali, economici). In quegli stessi anni ('74-'75) l'Amministrazione per la Sicurezza Sociale statunitense cercava un meccanismo che contenesse i costi crescenti degli Ospedali americani che erano pagati « a pie' di lista » per le prestazioni eseguite, senza che nessuno avesse interesse a verificare qualità, adeguatezza ed a stimolare il risparmio. Fu allora che i DRG vennero assunti ad identificare una tariffa: • equa per chi paga (Assicurazioni, Mutua, SSN), • equa per chi incassa (remunerativa dei costi sostenuti, in grado di consentire investimenti produttivi. I 492 DRG, diffusisi nella maggior parte dei sistemi sanitari ed usati come parametri dalle Compagnie di Assicurazione, rispondono a queste caratteristiche, hanno valore isorisorse, suppongono cioè che—grosso modo—all'interno di ciascuno di essi siano stati impiegati uomini e mezzi (le risorse del sistema ospedaliero) in modo simile, seppure su malati del tutto differenti fra loro. DRG: cambia l'economia sanitaria Le risorse, varie e numerose, riguardano le differenti professionalità presenti nell'ambito sanitario, i consumi di farmaci ed il vitto, le protesi e l'energia elettrica, il riscaldamento ed i reattivi di laboratorio, solo per citare alcuni esempi, e la loro quantificazione sia in preventivo che a consuntivo consente di: 1. predisporre bilanci, 2. programmare budget, 3. correggere squilibri, 4. programmare attività, 5. ottimizzare prestazioni, 6. conoscere prima e risanare poi l'economia del proprio miscrocosmo. Ciascuna di queste risorse « entra » nella composizione di ogni DRG, occupandone uno spazio più o meno ampio (le procedure chirurgiche certamente più di quelle mediche) (Tab. 1, 2). L'esigenza di far quadrare l'impossibile cerchio che va dalle risorse impiegabili finite ai bisogni infiniti dei cittadini ha messo in moto un meccanismo di cui noi—operatori sanitari—siamo ad un tempo vittime ed artefici: i DRG li produciamo; dal valore dei DRG dipendiamo. Luci ed ombre si annidano anche nel sistema di pagamento a prestazione, ove da un lato il tentativo di produrre al massimo non sempre si sposa con un analogo incremento di qualità, e dall'altro l'ottimale efficienza di un reparto può entrare in rotta di collisione con l'economia dell'Azienda, che può non sostenere il carico di quel reparto. La Tabella 3 mostra una serie di situazioni favorevoli e sfavorevoli che il sistema DRG può indurre. L'esigenza sia di contenere le variabili sia di ottimizzare le prestazioni spinge i professionisti della salute a procedere secondo protocolli e linee-guida, cioè lungo percorsi (leggi: linee di produzione) collaudati e validati da ricerche condotte su vasta scala, sì da offrire il massimo beneficio al minor costo (sociale, individuale ed economico). Trascorsa l'epoca del dare tutto a tutti, per non cadere bel baratro del non dare nulla a nessuno, è stata adottata la linea di fornire solo l'essenziale, però a tutti, salvaguardando le principali conquiste sociali che sono parte integrante del welfare state e che caratterizzano la società solidaristica europea rispetto a quella individualistica statunitense. Il valore qualità L'Azienda Sanità—per sua intrinseca natura—è difficile da misurare, da inquadrare entro rigidi schemi produttivi e di misurazione dell'efficienza. Basti pensare che, a differenza di una qualsiasi industria, ogni malato costituisce una singola, individuale e diversa linea produttiva, di cui il medico è organizzatore e co-produttore indiscusso, senza essere costretto a tener conto dei costi che si generano per il sommarsi delle indagini diagnostiche, dei tempi produttivi ed improduttivi (di attesa). La decisione di eseguire una TAC o di impiantare un pace-maker solo marginalmente è condizionata dal loro costo; ciò che si misura è il rapporto costo-beneficio individuale, per quel singolo e specifico paziente. L'adozione dei DRG, individuando un valore per ogni raggruppamento diagnostico, ha costretto a dare un valore in termini economici alle scelte operative, valutandone di volta in volta opportunità, congruità e convenienza. I pressanti richiami al risparmio, all'oculatezza, a scelte ponderate anche sotto il profilo monetario possono però far correre il rischio di ridurre la qualità e l'entità delle prestazioni. Il produttore più economico è certamente quello che non spende, ma è altrettanto sicuro che—così facendo—egli smetterà di produrre. Per coniugare efficacia ed efficienza ci vuole un collante: la qualità. La qualità, provvista di un suo peso specifico e di uno specifico costo, non è un optional, di cui si possa fare a meno nel modello base della Sanità. Secondo uno studioso della qualità, A. Domabedian, la qualità in sanità ha 3 dimensioni proprie, dal cui concorso può nascere la qualità totale: • Qualità tecnico-professionale: con cui si esprimono le conoscenze scientifiche attuali. • Qualità relazionale: con cui si stabiliscono rapporti con i clienti. • Qualità delle strutture: con cui si fornisce ai professionisti—e per loro tramite ai clienti—il comfort necessario ad applicare pienamente le capacità operative. Quanto più le tre aree, pur distinte, si sovrappongono tanto più sostanziale sarà la qualità scientifica, offerta, vissuta. C'è etica nell'economia? I DRG, espressione del nuovo sistema di finanziamento a prestazione, ma anche di una sanità orientata all'equilibrio economico costi-ricavi ed ad una diffusa responsabilizzazione degli operatori, sarebbero però solo uno strumento di retribuzione economica se non si appaiassero al sistema VRG (Valutazione e Revisior di Qualità). Se il sistema DRG ed il sistema VRQ s'implementano come facce di una stessa medaglia, distinte ma coese, diverse ma concorrenti ad un unico disegno, la filosofia dell'organizzazione ne è condizionata. Occorre fornire prestazioni, seguire percorsi, scegliere profili che concilino—al meglio—l'esigenza del contenimento di spesa con quella del raggiungimento di un idoneo standard qualitativo La qualità è quindi essa stessa unità di misura di processo, cioè del modo i cui si ci orienta per il raggiungimento di un dato obiettivo. Un DRG di qualità è una sintesi diagnostica redditizia in termini economici, ma la qualità di un DRG origina fin dall'appropriatezza del ricovero per dipanar nell'adeguato percorso clinico (diagnostico-terapeutico) e sfociare in un intreccio di corretto impiego di risorse, di soddisfazione del cliente interno (il dipendente e del cliente esterno (I'utente), di precisa adesione a protocolli e linee guida, per giungere al prodotto finito che—in sintesi—è la guarigione o la riconquista del più elevato grado possibile di salute. È testa o croce? È DRG o qualità la moneta di questa salute verso il 2000? Non è altro che la ricomposizione delle esigenze dello Stato e del cittadino, metabolizzate dall'etica della qualità nell'unitarietà della figura del professionista che fornisce la migliore prestazione di cui è capace ad un altro uomo. I MODELLI ORGANIZZATIVI PER L'ASSISTENZA INFERMIERISTICA IN CARDIOLOGIA M. D'INNOCENZO, A. LETO, B. PORCELLI Servizio Assistenza infermieristica Azienda USL Roma G Sono trascorsi quattro anni dal D. Lgs. 502/92, e il processo di aziendalizzazione nelle USL non si è ancora compiuto. Ci troviamo di fronte ad un quadro disomogeneo, soprattutto per quanto riguarda l'adozione di modelli organizzativi aziendali che sappiano coniugare le indicazioni contenute nei Decreti Legislativi 502/92 e 517/93 con le esigenze di cambiamento proprie di chi opera in Sanità. Esiste, infatti, un grande consenso degli operatori/utenti sull'esigenza di un cambiamento orientato ad assicurare una migliore qualità delle cure, ma esiste anche una profonda divergenza sulle scelte e sul ruolo che devono avere le Aziende Sanitarie, circa la garanzia/diritto alla salute, la responsabilità della gestione, i costi e la qualità dei servizi, ecc. In realtà, esistono modi diversi di rispondere alle necessità organizzative soprattutto sul terreno della quantità di risorse impiegate, sulla scelta delle strategie utili al raggiungimento degli obiettivi aziendali, sul tipo di modello organizzativo adottato. La direzione al cambiamento delineata dai Decreti Legislativi 502/92 e 517/93 riguarda essenzialmente: a) le regole gestionali, b) il processo decisionale, c) la flessibilità organizzativa, d) I'introduzione di nuovi strumenti di gestione. È alla luce di queste considerazioni, che riteniamo sia necessario per la professione infermieristica, dotarsi di strumenti di lettura ed interpretazione della realtà organizzativa sanitaria, in grado di modificare ed orientare l'organizzazione del lavoro in Sanità. In generale, si può affermare che i modelli organizzativi devono essere caratterizzati da: 1) maggiore reattività e coerenza con 1'ambiente di riferimento, 2) maggiore flessibilità nei processi di produzione dei servizi/prestazioni, 3) maggiore efficacia e maggiore efficienza. Un modello organizzativo, coerente con il mandato legislativo in vigore e rispondente alle necessità odierne deve basarsi su: • la centralità del fattore umano nell'azienda: infatti, la risorsa umana è un investimento aziendale; • il principio di autonomia e responsabilità sui risultati. L'autonomia è indispensabile affinché l'organizzazione possa rivolgersi con maggiore efficacia al paziente. Poiché la relazione con l'utente assume un ruolo centrale, è necessario porre il potere decisionale il più vicino possibile all'utente (quindi bisogna gettare strutture con pochi livelli gerarchici, ma grosse linee funzionali, puntando a far leva su una cultura d'integrazione e di responsabilità professionale e gestionale); • La gestione efficace. Nelle Aziende è importante focalizzare l'attenzione sui processi che riescono ad ottenere quelle convergenze e quel coordinamento che sono necessari per una gestione efficace tra questi si possono individua missione aziendale, il management partecipativo, il percorso qualità, ecc. L; te esigenza di cambiamento può trovare risposte concrete nella scelta di m organizzativi più coerenti con il nostro modello di salute, di uomo e di se alla persona. Si possono individuare principalmente due diversi tipi di modelli organizzativi, tecnici e professionali. I primi hanno modalità di funzionamento predefinite, basate sulla scomposizione delle attività e l'operatività professionale è caratterizzata dalla ripetitività e dall'esecutività. Sono particolarmente indicati in processi standardizzati/standardizzabili dove non è richiesta autonomia decisionale. Al contrario, i modelli professionali, si caratterizzano per la professionalità (responsabilità e competenza) e l'autonomia decisionale ed operativa degli operatori (decision-making). Dalle differenti caratteristiche che connotano i due diversi modelli discendono differenti implicazioni di tipo organizzativo. Nei modelli di tipo tecnico si dà maggiore priorità agli investimenti di tipo tecnico-operativo, mentre nei modelli di tipo professionale si predilige la formazione e la motivazione degli operatori. In ultimo, il modello tecnico richiede un impegno iniziale nella stesura delle procedure standard, mentre il modello professionale necessita di un'attività di revisione continua della progettazione dell'assistenza. I modelli tecnico-funzionali, spesso rigidi e universali, si autoalimentano della logica dell'efficienza, dimostrabile solo dal risultato di standard raggiunti, mentre i modelli professionali si fondano piuttosto su logiche di funzionalità, non legate ad obblighi o divieti, quanto piuttosto a valori professionali e deontologici al sevizio dell'individuo. L'adozione di modelli organizzativi di tipo professionale o anche misti (tecnico-professionale), è sicuramente il percorso da intraprendere per garantire un'assistenza cardiologica di qualità. L'organizzazione di una unità operativa cardiologica, è, infatti, particolarmente complessa perché le attività di assistenza, diagnosi e cura convivono strettamente con quelle legate all'uso di strumentazioni e alla capacità di rispondere efficacemente agli eventi critici, proprie delle unità di terapia intensiva cardiologica. I1 dipartimento cardiovascolare di cui l'Unità Operativa Cardiologica è parte integrante, prevede una serie di momenti diagnostico-terapeutici necessari alla soddisfazione dei bisogni di cura e di assistenza di una vasta gamma di utenti con patologie diverse. Partendo dalla prevenzione fino ad arrivare alla cura ed alla riabilitazione del paziente con malattia cardiaca, trattato chirurgicamente o meno, si affrontano una serie di problematiche organizzative legate all'iter diagnostico-terapeutico, riabilitativo del paziente cardiologico. L'organizzazione dipartimentale si fonda sul modello funzionale ed ha come asse dei comportamenti organizzativi l'elemento « integrazione ». È quindi importante che l'attività infermieristica sia organizzata in modo da offrire assistenza su base modulare, in grado cioè di erogare cure man mano più intensive o viceversa a secondo della gravità della patologia cardiaca con una capacità e competenza tale da assistere il paziente in tutto il percorso assistenziale, dalla fase acuta fino alla riabilitazione. La risorsa infermieristica non è ancorata alla singola U.O., ma è la risorsa dell'area assistenziale del dipartimento, e in quanto tale con una struttura organizzativa interna flessibile, dotata di strumenti organizzativi in grado di rispondere alle diverse necessità assistenziali attraverso l'uso di protocolli, linee guida, schede infermieristiche, ecc. Un'organizzazione infermieristica, quindi, che risponde alle necessità di una gestione diretta delle dinamiche interne, dei bisogni specifici di formazione, di progettazione di percorsi assistenziali legati alla dotazione tecnologica propria del dipartimento o Azienda in cui si opera. Concludiamo, ritenendo di aver soltanto dato alcuni spunti di riflessione in un dibattito e confronto tutt'ora aperto. Riteniamo importante: 1) sottolineare l'influenza che il contesto organizzativo (in cui le persone sono inserite ed operano) ha sulle cose che si fanno e sui risultati che si ottengono; 2) chiarire che in un sistema organizzativo i risultati dipendono e si ottengono in base al livello di interdipendenza e di coerenza tra le variabili organizzative ambientali e di contesto proprie di un sistema come quello sanitario; 3) rendere evidente l'autonomia tra le singole persone (con propri valori e comportamenti) e l'organizzazione-azienda in cui esse operano (che ha propri fini e proprie regole di funzionamento) mettendo a disposizione strumenti logici, metodologici e tecnici per migliorare i rapporti persona-organizzazione e persona azienda. Nelle aziende USL è tempo di porre attenzione ai principi che regolano il funzionamento dei sistemi organizzativi complessi, e all'importanza che riveste il meccanismo di produzione « dei risultati », I'unico che consente l'erogazione di prestazioni quali-quantitative migliori. Siamo peraltro consapevoli che gli infermieri devono decidere in termini di proposte sulla progettazione organizzativa delle nuove aziende iniziando ad assumere quei ruoli di programmazione, coordinamento e gestione ecc. che gli sono propri, facendo comprendere alla Direzione Generale dell'azienda l'importanza strategica dell'investimento aziendale sullo sviluppo e valorizzazione della risorsa infermieristica. BIBLIOGRAFIA AA.VV.: « L'Azienda Sanità », Convegno Internazionale Bologna, Mc Graw-Hill, 1986. Airoldi: « Sistemi Operativi », Giuffré Ed., 1980. Bontandini P., Rodolfi E.: « USL come sistema organizzativo », Franco Angeli Ed., 1987. Borgonovi E.: « Il contratto economico nelle Aziende Sanitarie », EGEA, 1990. Caccia C., Longo F.: « L'applicazione dei modelli organizzativi "evoluti" al sistema socio sanitario pubblico », MecosanlO/94. Carlotto G.: « Azienda e risorse: quale rapporto possibile ». In « Risorse umane in azienda », IV, 25, 1993. Cartoccio, Fabbro: « Complessità organizzativa e sviluppo manageriale », Svilup. & Organizzazione 131. Del Vecchio M., Longo F.: « Gli aspetti rilevanti nell'applicazione di D. Lgs. 502/92 », Mecosan 6/93. Fiamminghi M., Baccarini B.: « Autonomia professionale in un futuro modello dirigenziale », Atti del I Convegno Regionale Emilia-Romagna del Coordinamento Caposala. Fiorentini G.: « Amministrazione Pubblica e Cittadini: le relazioni di scambio », EGEA, 1990. Massei A: « Dirigere i Servizi Infermieristici », Cusi Ed., 1991. Miles, Snow, Coleman: « Gestire le organizzazioni del 2000 », Economia & Management, 1/92. Rugiadinin A.: « Organizzazione d'impresa », Giuffrè, 1979. Scheggi M.: « Le unità di Terapia Intensiva, criteri organizzativi generali », Franco Angeli, 1986. Zanetti M.: « La Valutazione dell'Azienda Ospedale », in AA.VV.: « La tecnologia al servizio dell'assistenza infermieristica », Collegio IPASVI della Regione Emilia-Romagna, Atti dell'VIII Convegno Regionale, Bologna. V.R.Q. - VERIFICA E REVISIONE DELLA QUALITA' K. SAMMARCHI, A. BRENCA, R. ROSSINI U.O.D. di Cardiologia Esistono molte leggi che sanciscono il diritto del cittadino ad esigere una « buona » qualità nelle prestazioni sanitarie ricevute, a partire dalle leggi che hanno modificato la Riforma Sanitaria, nel '92 e nel '93, alla « carta dei servizi » istituita nel maggio '95. Quindi, decreti legge, vista evidentemente l'insufficienza di leggi morali, che impongono all'operatore sanitario di svolgere al meglio la propria attività lavorativa, sia dal punto di vista professionale che umanitario. Sicuramente il cittadino desidera ricevere un'assistenza adeguata, ma è altrettanto certo che in molti operatori esiste la volontà di offrire una prestazione di elevata qualità tecnica e professionale ed a questi ultimi si sono affiancati responsabili e gestori dei servizi sanitari che fanno più attenzione al contenimento dei costi. Queste tre categorie hanno diverse mansioni ma rincorrono lo stesso obiettivo: « alta qualità ». Per ottenere ciò, occorre istituire gruppi di lavoro che operano con metodi organizzati e quindi standardizzati permettendo un'erogazione dell'assistenza in modo equo e meno dispendioso. Lavorando uniformemente, con la medesima metodologia o comunque per protocolli, se ben elaborati, si raggiunge il proprio obiettivo con minor spreco di tempo per l'operatore sanitario, con il contenimento dei costi per i gestori, evitando il prolungamento della degenza per problemi che si sovrappongono alla patologia di base (piaghe da decubito, infezioni, ecc.), ed infine con meno disagi per l'assistito che vede concludere la propria degenza in ospedale in tempi brevi. Da qui ritroviamo, quindi, l'importanza dell'uso dei metodi standardizzati per rincorrere l'obiettivo « qualità », ma tutto questo deve essere necessariamente preceduto e seguito dall'utilizzo di un sistema di valutazione indispensabile sia per la creazione dei suddetti metodi sia per controllarne la giusta efficacia. La V.R.Q. rappresenta una metodologia che aiuta ad analizzare e superare i problemi, modificando e migliorando i comportamenti degli operatori sanitari. Vista la sua importanza, anche nell'U.O.D. di Caridiologia dell'Azienda Ospedaliera S. Giovanni, dai primi mesi del '96 è stato studiato come metodo di valutazione un questionario pazienti che viene compilato da questi al momento della dimissione. Con il suo utilizzo si viene a conoscenza del livello di qualità « percepita » e quindi il grado di soddisfazione del paziente; questo corrisponde allo scarto esistente tra ciò che ha ricevuto (percepito) e ciò che si attendeva, permettendo di individuare i punti critici dell'assistenza data e dell'ambiente offerto, quindi intervenire per un miglioramento continuo della qualità del nostro operato. I1 questionario da noi utilizzato [v. tab. n. 1] è compilato in forma anonima e gli unici dati richiesti riguardano gli anni, il sesso ed il mese di compilazione; nei primi mesi era richiesta la data completa, ma questo poteva far cadere l'anonimato dal momento che la compilazione avviene il giorno della dimissione. La scelta delle domande è stata fatta in base agli elementi che si volevano esplorare e valutare, evitando però di formularne troppe per non correre il rischio di rendere il questionario troppo dispersivo e lungo nella sua compilazione. Vengono quindi espresse 15 domande che vanno ad esaminare diversi aspetti che sono: quello alberghiero riguardante accoglienza, pulizie e cibo; l'aspetto professionale, sia infermieristico che medico e la tempestività negli interventi; l'aspetto umano, valutando la cortesia del personale e la chiarezza nell'esporre il consenso informato; l'aspetto della socializzazione, analizzando i tempi a disposizione per i parenti ed infine l'aspetto educativo, riguardante lo stile di vita da adottare in futuro. Le possibilità di giudizio sono state portate da 3 (ottimo, sufficiente e scarso) a 4 (buono, sufficiente, insufficiente e scarso) per offrire più possibilità di risposta ed evitare l'accorpamento di comodo in posizione centrale. Inoltre al termine si lascia spazio libero ad eventuali osservazioni. Fin dalle prime verifiche, analizzando i questionari mensilmente, abbiamo riscontrato un giudizio complessivo più che lusinghiero: ottimo per il 78•10-100•70 dei ricoverati in 9 domande su 15, relative all'accoglienza, pulizia del posto letto, professionalità, cortesia, consenso ed informazione. I punti di caduta sono emersi sulla pulizia delle stanze (ottima per il 53%, insufficiente per il 28,5•70, scarsa per il 1801o), la pulizia dei bagni (ottima per 1'11•70, sufficiente per il 37•70, scarsa per ben il 52•70) e la qualità del cibo (ottima per il 28,5•70, sufficiente per il 46,5%, scarsa per il 25%). E stato pertanto parzialmente affrontato il problema dell'igiene e della pulizia degli ambienti comuni, di più semplice risoluzione, raddoppiando i turni di pulizia dei locali (non il numero degli addetti). I questionari raccolti nel mese successivo hanno mostrato quanto il percorso avviato sia utile e redditizio. Il giudizio sulla pulizia delle stanze di degenza, pur avendo un decremento nel valore di ottimo (da 53,5% a 46,5%), ha ridotto quello di scarso (da 18% a 13,50lo), mentre è cresciuto in sufficienza (da 28,5% a 40%). Il giudizio sulla pulizia dei bagni, laddove erano stati concentrati in prima istanza gli sforzi, ha veramente evidenziato un'inversione di tendenza (giudizio ottimo da 11% a 28,5% -sufficiente da 37% a 57% - scarso crollando da 52% a 14,5%) [v. tab. 2]. Inoltre, analizzando i questionari per trimestre e prendendo in considerazione gli ultimi 2 del '96, si rileva che nei primi 3 mesi ha risposto al questionario il 50•70 dei ricoverati, nei secondi 3 mesi il 60•70. Ma il dato comune è stato un progressivo spostamento nel tempo del giudizio di « ottimo » o una sua stabilizzazione sui livelli alti pur con minime oscillazioni non significative (da 0,ó•70 a 2,3%) [v. tab. 3]. Due sole domande hanno ottenuto un valore di « ottimo » inferiore al 50% (pulizia dei bagni e qualità del cibo); tuttavia sono quelle che nei due trimestri hanno registrato un sensibile incremento di gradimento (+7,4% e +16,5•70). Due sole domande hanno ottenuto un valore di « ottimo » tra il 50% e il 60% (pulizia delle stanze e tempo disponibile ai familiari), ma anch'essi hanno registrato un miglioramento significativo nel tempo ( + 9,2•70 e 13,5 •70) [v. tab. 4]. Raffronto del valore ottimo La conclusione a cui si arriva è che un semplice strumento come il questionario-pazienti può mettere in chiara evidenza i punti critici nell'andamento di un servizio e, una volta intervenuti su di essi, rilevarne il risultato. Quindi mantenere la qualità allo scopo d'incrementarla. IL BUDGET DELLA FARMACIA DI UN REPARTO DI CARDIOLOGIA CIRILLO, I. DINI, S. BOLLA, L. REALI U.O.D. di Cardiologia Azienda Ospedaliera - Complesso Ospedaliero S. Giovanni-Addolorata Presidio S. Giovanni - Roma Il concetto di selezione dei farmaci fa parte della più antica tradizione della medicina. Da quando il numero dei farmaci in commercio ha cominciato a raggiungere cifre iperboliche, e l'industria farmaceutica ha iniziato ad esercitare una continua pressione sul medico, negli Ospedali si è avvertita l'esigenza di effettuare una selezione dei principi attivi da utilizzare in terapia. Per questo motivo gli Ospedali meglio organizzati dal punto di vista farmaceutico hanno preso l'iniziativa di elaborare prontuari farmaceutici basati sulle conoscenze scientifiche e sull'esperienza medica. Iniziando dal 1974, molte Regioni hanno istituito Commissioni terapeutiche con il compito di redigere dei compendi di farmaci di valori generali destinati ad essere proposti all'attenzione dei medici ospedalieri allo scopo di favorire e stimolare la razionalizzazione della terapia. Anche l'O.M.S. nel 1977 ha proceduto alla stesura della prima selezione dei farmaci essenziali. Tale elenco è stato concepito al fine di consigliare a tutti i popoli una base per l'identificazione dei medicamenti più necessari, di consolidata qualità e reperibili a costi ragionevoli. È ovvio che questa selezione riveste solo un valore indicativo, poiché « ciascun Paese ha una diretta responsabilità a valutare ed adottare una lista di farmaci essenziali in accordo alla sua politica nel settore della Sanità ». Sono stati considerati « medicamenti essenziali » quelli che soddisfano in maggioranza le necessità sanitarie della popolazione e che dovrebbero essere disponibili in ogni momento, in sufficiente quantità ed in appropriate forme di dosaggio. Vengono selezionati solo quei farmaci per i quali sono disponibili sufficienti dati di efficacia e di sicurezza derivati da adeguati studi clinici per i quali è stata conseguita una documentazione sui risultati del loro impiego nella comune pratica medica in una molteplicità di situazioni. Nel caso in cui più farmaci presentino un'attività simile, la scelta viene effettuata valutando la loro efficacia, sicurezza, qualità e reperibilità. Fino a poco tempo fa, però, scarsa o nulla era l'attenzione rivolta ai costi dovuti alle prescrizioni mediche che oggi, invece, assumono un'importanza maggiore. L'esperienza nata nell'U.O.D. di Cardiologia del Presidio San Giovanni di Roma rappresenta una possibile risposta alla riduzione dei fondi disponibili, individuando nell'armadio farmaceutico del Reparto una delle principali fonti di spesa da tenere sotto controllo. Spesso si assiste ad uno « spreco » eccessivo di medicinali come, ad esempio, i casi in cui vengono presi dei farmaci che, sia per la quantità che per il loro scarso utilizzo, non vengono somministrati nei tempi richiesti e vanno inevitabilmente persi. Innanzitutto si è provveduto a razionalizzare l'approvvigionamento dei farmaci per evitare sia l'accumulo che l'eccessivo depauperamento, stabilendo, sulla base del consumo standard, la soglia minima e quella massima di rifornimento. Naturalmente tale consumo è relativo al tipo di Reparto che si prende in considerazione. Un Reparto può utilizzare maggiormente un farmaco rispetto ad un altro a causa della differenza di patologie che esso tratta. Per poter inquadrare il consumo medio mensile dei farmaci utilizzati nel nostro Reparto, abbiamo registrato il consumo farmaceutico giornaliero per ogni singolo paziente, in modo da ottenere, a fine mese, il fabbisogno di un dato farmaco all'interno del Reparto. In secondo luogo si è provveduto a ricercare i farmaci-copia dai nomi sconosciuti acquistati per motivi di risparmio dalla Farmacia del Presidio, ma non smaltiti perché ignoti ai più e quindi destinati, inevitabilmente, a giacere negli armadi. In terzo luogo è stato compilato un sintetico prontuario farmaceutico raggruppando per patologie, classi terapeutiche ed aggregati chimico-farmaceutici tutti i più importanti farmaci. È stato inoltre evidenziato, per la prima volta, il costo di ciascun medicinale, cercando, se possibile, di affiancarne uno simile a costo inferiore. Questo lavoro di analisi, classificazione e ordinamento ha consentito di compiere alla nostra équipe infermieristica un salto di qualità culturale e conoscenza dei prodotti impiegati, suscitando contemporaneamente una particolare attenzione all'aspetto economico-gestionale. Il rifornimento periodico della Farmacia di Reparto è divenuta pertanto un'attività di valutazione dei costi, di controllo della spesa, di oculatezza contro gli sprechi, i doppioni, le inutili mode e le eccessive provviste. A questo punto la nostra équipe infermieristica ha provveduto ad analizzare il report mensile, gli eccessi verificatisi e quindi a predisporre misure di contenimento della spesa, sempre, naturalmente, rispettando le esigenze terapeutiche primarie. La dipendenza dal medico per le prescrizioni terapeutiche ha maggiormente spinto il personale infermieristico a richiedere, di volta in volta, se si poteva somministrare un farmaco in sostituzione di un analogo già in dotazione e di minor costo. E importante ricordare che il minor costo non deve intralciare o comunque compromettere l'interesse e la cura del malato. L'analisi della spesa per i prodotti farmaceutici è stata condotta suddividendo il periodo 1/01/96-31/03/97 in trimestri, correlandoli con 1'avvio del controllo di gestione del budget della farmacia di reparto: I trimestre 1996 II trimestre 1996 nessun controllo di spesa £ 11.550.135 nessun controllo di spesa £ 8.992.387 III trimestre 1996 inizio dell'attività di rilevazione e controllo £ 5.583.016 perfezionamento dell'attività di rilevazione £ 7.579.753 sistema a regime £ 6.582.878 IV trimestre 1996 I trimestre 1977 Il minimo di spesa ha coinciso con i mesi estivi, caratterizzati da minor complessità della patologia, da un lieve calo della degenza media e da un minor uso di antibiotici ad elevato costo. È evidente (vedi tabella in allegato) come l'intervento di razionalizzazione abbia attivato un circolo virtuoso, in cui ogni componente dell'équipe pone attenzione alla conseguenza economica del proprio operato, della propria disattenzione o della mania d'accumulo. Il confronto tra il 1° trimestre 1996 e il 1° trimestre 1997 mostra una riduzione di spesa del 56,5%. La spesa media mensile nel periodo precedente il controllo sui farmaci è stata di L. 3.923.753; quella del periodo successivo di L. 2.187.960; con una diminuzione del 55%. L'attenzione al budget della farmacia di Reparto si è dimostrata, quindi, un potente strumento di contenimento della spesa e di partecipazione di professionalità diverse ad un comune progetto. LA SCHEDA INFERMIERISTICA COME CRESCITA DELL'AUTONOMIA PROFESSIONALE: PERCORSI E METODI M.P. EVANGELISTA, S. FALASCA, S. SCELSI Siamo in epoca di grandi trasformazioni sociali, trasformazioni che non riguardano solo la famiglia, la scuola, il mondo del lavoro, ma anche la salute o meglio quello che il cittadino vuole dal sistema sanitario. I1 cambiamento sempre più veloce sia nella realtà che nelle leggi è stato ora recipito ed ha prodotto reazioni lungo tutti i sistemi sociali del nostro Stato; tanto che ogni giorno sentiamo parlare di « welfare state » e della sua trasformazione. Lo stato di salute psicofisico e sociale dell'uomo e quindi di tutta la società è l'obiettivo comune degli operatori della sanità e del sistema tutto. La prevenzione, la cura e la riabilitazione sono punti cardini per avere una società sana; ad oggi però la risposta alla domanda di salute del cittadino è ancora farraginosa ed in alcuni casi carente. Sotto la spinta ad erogare un migliore servizio, anche più mirato alle nuove e vecchie esigenze è cominciata la trasformazione alla quale nessun operatore della salute dovrebbe sottrarsi anzi, secondo questo gruppo di lavoro, in momenti di cambiamento bisogna essere presenti per cercare di guidarlo in modo responsabile ognuno nel proprio ambito. Le leggi che hanno prodotto un rinnovamento del sistema sanitario e del profilo infermieristico sono la L. n. 502/92, 517 del '93, la n. 29 del '93 e il D.M. n. 739 del 1994. Quest'ultimo individua nell'infermiere professionale il responsabile dell'assistenza generale infermieristica, colui che identifica i bisogni di assistenza della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico. Garantisce così la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche. Questo profilo in realtà definisce e fa risaltare il ruolo precipuo che la nostra professione occupa all'interno della gestione della salute, riscattandola da una determinazione più vicina ad un buon mestiere che ad una professione. Questo comporta un'assunzione di re- sponsabilità rispetto ad un ruolo che si effettua grazie a precise conoscenze tecniche e scientifiche. La gestione dei bisogni del paziente, la loro identificazione ed il soddisfacimento sono la precipuità della professione infermieristica. Risulta quindi innegabile la necessità di formulare piani di assistenza e soprattutto di poter disporre di uno strumento che consenta una raccolta dati, lo sviluppo delle notizie e l'elaborazione di obiettivi con la loro valutazione. Muovendoci secondo questa ottica abbiamo formato un gruppo di lavoro che si è occupato di progettare e rendere operativa una scheda infermieristica nell'ambito della cardiologia. I modelli di schede o cartelle infermieristiche, sono molteplici, la loro differenza sostanziale sta nell'adattamento a realtà specifiche. Solo una differenza rimane esterna ed invalicabile, la possibilità di adottare una scheda autonoma che non tenga conto della scheda medica, e quindi contenga un certo numero di dati ripetuti, oppure di considerare una scheda integrata, cioè che non ripeta dati di utilità comune, ad esempio quelli amministrativi. L'équipe infermieristica della cardiologia ha considerato, dopo aver visionato varie schede, l'opportunità di elaborarne una che si integrasse con la cartella clinica già esistente del paziente, sia per non fare scomode ripetizioni di trascrizioni, sia per poter progettare un'eventuale formalizzazione della scheda da parte dell'Azienda Ospedaliera. I dati raccolti valutando le varie schede esaminate, ponevano fondamentalmente l'accento sulla presenza in tutte di un foglio di accettazione del paziente, con esame obiettivo infermieristico, la presenza di un piano di assistenza e di un diario giornaliero per le osservazioni. Ovviamente, a seconda delle realtà prese in esame, c'erano differenze sia nella complessità delle schede che nella loro ampiezza: presenza di più fogli per varie attività, ad esempio foglio per le medicazioni, per i decubiti, per gli interventi etc. etc.. Attraverso alcune riunioni di preparazione è stato fornito a tutto il personale del reparto lo schema di scheda elaborato. Esso consisteva inizialmente in quattro fogli: 1• - dati amministrativi del paziente e status presens; 2• - piano di assistenza diviso in: problema, obiettivi, azioni infermieristiche, valutazione; 3• - foglio di diario con le osservazioni giornaliere; 4• - foglio di parametri vari, F.C., T.C., P.C., dieta, bilancio idrico e quant'altro. Questa iniziale forma della scheda si è rivelata nella pratica troppo copiosa e dispersiva rispetto al lavoro ed alle esigenze di uso del gruppo. Così in fasi successive la scheda ha cambiato forma. Dopo aver cercato fonti e materiale sugli studi condotti all'estero il gruppo ha deciso di modificare il piano di assistenza riassumendolo diversamente; cioè adottando il sistema diagnostico dei modelli funzionali di Gordon del 1987, approvato dalla N.A.N.D.A. (North American Nursing Diagnosis Association). Nella scheda così modificata è comparsa la dicitura « diagnosi infermieristica » sul primo foglio. La diagnosi ha sostituito nel piano di assistenza l'elenco dei problemi-bisogni del malato, attribuendo ogni malato ad una o più categorie comprese nei modelli che ne riassumevano i problemi-bisogni. Questo a grandi linee è infatti genericamente il concetto di diagnosi, l'etimologia della parola deriva dal greco e significa giudizio-valutazione-decisione-decreto. La scheda si è così trasformata in un primo foglio nel quale ora compare lo status presens, la diagnosi infermieristica (vedi allegato 1); un foglio di diaria quadrigiornaliero sviluppato orizzontalmente, dove sono compresi gli obiettivi e la valutazione degli stessi, oltre ai vari parametri (vedi allegato 2) il terzo foglio ora presente è un foglio predisposto come promemoria dell'iter diagnostico-terapeutico che il paziente deve seguire, consente di visionare tutto il programma del paziente stesso (vedi allegato 3). In questo modo il lavoro degli II.PP. della cardiologia ha subito qualche variazione, intanto dal punto di vista burocratico, poiché sono scomparse tutte le agende ed anche la consegna ancora utilizzata si rivela un mero elenco, essendo tutte le notizie riportate nella scheda. Abbiamo notato che usando i modelli i pazienti sono stati raggruppati precipuamente in alcuni di essi, confermando che come per le diagnosi mediche quelli che presentano una serie di problemi-bisogni appartenenti ad una categoria si uniformano all'interno di una diagnosi infermieristica: su duecentoottanta schede verificate circa il 60% appartengono al primo modello, il 16% al quarto modello, il 7% al secondo modello, il 6% al settimo modello etc. etc.. Nonostante questa uniformità dal punto di vista organizzativo il lavoro si sviluppa con maggiore articolazione là dove il paziente presenta necessità particolari. Ad esempio nella esigenza di prevenzione delle ulcere da decubito attraverso la mobilizzazione di pazienti con problemi di paresi, su 16 pazienti costretti a periodi di mobilità prolungata (fino ad un mese) è stato possibile riuscire a conservare l'integrità cutanea, oppure a ripristinarla, lavorando in modo univoco ed usando strategie comuni. Questo modello ha portato il gruppo all'individuazione di protocolli di lavoro elaborati all'interno della realtà del reparto. LA SCHEDA INFERMIERISTICA COME STRUMENTO DI OMOGENEITA' NEL LA VORO: L 'USO DEI PROTOCOLLI Come abbiamo visto l'esigenza di lavorare nel gruppo con uniformità ed omogeneità, di avere un linguaggio comune, di avere un approccio pragmatico, di poter usufruire dei dati raccolti nella scheda ha comportato la scelta di elaborare dei protocolli. In realtà, già in alcune pratiche presenti nei fatti, questo strumento ha avuto bisogno del passaggio alla formalizzazione e teorizzazione di metodiche comuni ed accettate. I1 protocollo è per definizione: « la descrizione delle tecniche che devono essere impiegate e/o degli atti da osservare in certe situazioni assistenziali o per la presentazione di un tipo particolare di assistenza ». Esso è quindi una guida all'applicazione delle procedure di assistenza, centrata su un bersaglio, presentata in forma sintetica, elaborata secondo un metodo definito. Gli ambiti di attuazione sono molteplici, in questo caso sono stati di riabilitazione (mobilità), di assistenza, educativi (accettazione, dimissione). I1 protocollo di assistenza è rivolto all'I.P. che dovrà attuare le procedure da seguire in una situazione specifica. Nell'ambito della cardiologia il gruppo di lavoro ha elaborato otto protocolli (vedi allegato), che riassumono una serie di atti e procedure da rendere uniformi. Il metodo seguito consta: di una fase di identificazione della situazione assistenziale da osservare, di una fase di analisi della stessa, dell'identificazione della popolazione o del « bersaglio », degli obiettivi da conseguire. Dopo aver istituito il gruppo di lavoro sono state decise delle riunioni operative, con delle scadenze da rispettare; sono stati identificati gli obiettivi da conseguire, i metodi di valutazione degli stessi protocolli, come ad esempio il questionario V.R.Q.A.I. e la verifica attraverso il raggiungimento degli obiettivi della scheda infermieristica. Tutto questo ha migliorato le prestazioni professionali, ha aperto la possibilità di condurre delle ricerche, ha valorizzato le singole competenze ed ha stimolato i professionisti nell'aggiornamento e nella valutazione dell'assistenza erogata. Gli otto protocolli riportati in allegato riguardano situazioni diverse. I risultati rilevati in alcuni casi sono: —per l'accoglienza nel reparto del malato, verificata attraverso il questionario sulla qualità percepita dall'utente, la « soddisfazione » con un giudizio buono fino oltre il 95% dei pazienti interrogati; —nella prevenzione delle lesioni da pressione nei pazienti con problemi di mobilità (16 su 280 esaminati), le ulcere non sono comparse là dove erano preesistenti la cute ha recuperato la sua integrità. Anche se l'esperienza non è molto lunga nel tempo, i protocolli hanno comunque raggiunto l'obiettivo di rendere univoca la risposta del gruppo rispetto ad alcuni problemi. In questo modo l'I.P. entra a far parte dell'équipe sanitaria in modo propositivo, con un suo proprio ruolo e la capacità di progettare; partecipando così in modo concreto, ad un unico obiettivo che è quello della gestione della salute. Allegato Protocolli REPARTO DI CARDIOLOGIA, S. GIOVANNI PROTOCOLLO INSERZIONE AGO CANNULA UNITÀ: 1 Inf. Prof. MATERIALE: ago cannula di giusto calibro, garzine, disinfettante iodato, laccio emostatico, cerotto, guanti, reniforme. PROTOCOLLO DI MOBILIZZAZIONE UNITÀ: 2 Inf. Prof. MATERIALE: sedia comoda o poltrona PROCEDURA: informare il paziente. 1° giorno: seduto sul bordo del letto. 2° giorno: seduto in poltrona accanto al letto. 3° giorno: seduto in poltrona, camminare intorno al letto. 4° giorno: camminare in stanza liberamente. 5° giorno: mobilità libera nel reparto. Nel caso del paziente allettato, far effettuare ginnastica passiva e attiva. PROTOCOLLO DIMISSIONE UNITÀ: 1 Medico, 1 Inf. Prof. PROCEDURA: fornire informazioni circa la dieta, i farmaci prescritti, le attività e le abitudini di vita. Programmare i controlli successivi, consegnare il questionario VRQ. PROTOCOLLO D'EMERGENZA UNITÀ: 2 Inf. Prof., 1 Medico, 1 Ausiliario. MATERIALE: carrello d'emergenza, attrezzato con i farmaci, l'occorrente per la via venosa, per l'assistenza respiratoria (unità respiratoria, tubo di Mayo, tubo endotracheale, laringoscopio), tavola per MCE, monitor, defibbrillatore, apparecchio ECG. PROCEDURA: Medico: attività di diagnosi e prescrizione terapeutica, assistenza respiratoria- e/o cardiocircolatoria. 1° Inf.: assistenza cardiocircolatoria (MCE) e/o assistenza respiratoria. 2° Inf.: reperire accesso venoso, monitorizzazione, somministrazione evenrale terapia. Ausiliario: trasporto prelievi, contatti esterni. PROTOCOLLO PIAGHE DA DECUBITO PERSONALE: 2 Inf. Prof. MATERIALE: alcool saponato, spray, liquido di Kakin, eosina. PROCEDURA: mobilizzare se possibile: se il paziente è obbligato a letto, girarlo sul fianco ogni 3 o 4 ore, lasciandolo riposare la notte. Se la cute è integra massaggiare con alcool saponato e applicare spray (katoxyn o altro); se ci sono flittene aperte medicare con Dakin ed eosina, almeno due volte al dì. Se l'ulcera si presenta profonda, eseguire medicazione come da prescrizione. PROTOCOLLO INSERZIONE CATETERE VESCICALE PERSONALE: 1 Inf. Prof. MATERIALE: catetere di giusto calibro, necessario per bided, reniforme, disinfettante iodato, telino sterile, guanti sterili, siringa da 10 cc, lubrificante, 1 fl. di sodio cloruro (oppure Kit già pronto). PROCEDURA: avvisare il/la paziente, proteggere la privacy durante la | manovra, procedere alla pulizia dei genitali, se donna farle assumere la posizione ginecologica, creare un campo sterile con il telo aperto tra le gambe, predisporre il materiale, calzare i guanti sterili, disinfettare la zona e procedere alla cateterizzazione. La procedura va eseguita in asepsi. Terminata l'inserzione | riordinare. PROTOCOLLO RIMOZIONE PUNTI DI SUTURA PERSONALE: 1 Inf. Prof. MATERIALE: set sterile per la rimozione dei punti (forbici, pinze, garzine, tamponcini), reniforme, disinfettante iodato, cerotto, guanti puliti. PROCEDURA: avvisare il paziente, procedere alla rimozione della medicazione, disinfettare dal centro della ferita verso l'esterno in modo concentrico. Rimuovere i punti con pinza e forbici, disinfettare di nuovo, medicare con cerotto. Riordinare. PROTOCOLLO ACCETTAZIONE PERSONALE: 2 Inf. Prof. MATERIALE: cardioline, fonendoscopio, sfigmomanometro, bilancia, rasoio, tamponi, violetto di genziano, cartella clinica medica, scheda infermieristica, materiale per prelievo ematico. PROCEDURA: 1° Inf. Prof. accoglienza, informazione nel reparto descrizione posto letto e abitudini. Esecuzione di ECG, rilevazione PA, PC e altezza (se il paziente può camminare) depilazione regione pettorale, marcatura punti precordiali, esecuzione eventuali prelievi urgenti. 2° Inf. Prof. verifica dati della scheda di accettazione, compilazione della cartella infermieristica e della scheda medica (nei dati amministrativi), riceve le consegne dal malato. N.B.: se il paziente è un rientro richiedere copia della cartella precedente. BIBLIOGRAFIA McFarland G.L., McFarlane E.A.: Procedure diagnostiche per infermieri e protocolli. Milano: McGraw Hill, 1995. Elhart D., Firsich S.C., Gragg S.H., Rees O.M.: Nursing Principi scientifici. Milano: Casa Editrice Ambrosiana, 1980. Lombardo S., Lelli F., Pini R.: L'assistenza infermieristica per piccole équipes. Milano: Franco Angeli, 1993. N.A.N.D.A.: Diagnosi infermieristiche. Definizioni e classificazione 92-93. Milano: Edizioni Sorbona, 1994. Guida del servizio infermieristico Ministero degli Affari Sociali e dell'Integrazione: Protocolli dell'assistenza infermieristica n. 4. Parigi, 1992. Calamandrei C.: Infermiere abilitato a funzioni direttive. Roma: La Nuova Italia Scientifica, 1990. Angilletta M.: Rianimazione cardio-polmonare in pronto soccorso. Torino: Centro Scientifico Editore, 1995. Smith S., Duell S.: Assistenza infermieristica: principi e tecniche. Milano: Edizioni Sorbona, 1990. Morini D., Russo M.C.: Manuale di legislazione sanitaria. Firenze: Rosini Editrice, 1994. L'ESPERIENZA NELL'OSPEDALE "SANDRO PERTINI" NICOLETTA OLIVA, MARIA BERNARDINI, ROBERTA LEONETTI I nuovi « MODELLI ORGANIZZATIVI » cui oggi si tende sempre più a riferirsi consentono un diverso e più moderno orientamento della professione Infermieristica che, abbattuti vecchi e limitati steccati, volge ragionevolmente lo sguardo verso obiettivi che portano alla conquista di maggiore autonomia professionale che ben si colloca nell'evoluzione della complessa realtà Aziendale Sanitaria e che contribuisce, a mio avviso, a fornire quello stimolo propositivo d'innovazione in grado, di innalzare il livello di qualità e di Servizio della Sanità Pubblica in Italia. L'EVOLUZIONE DEL VECCHIO MODELLO ORGANIZZATIVO Allo stato purtroppo vediamo che, nella norma, ancora oggi è adottato il « modello tecnico-razionale-scientifico » che limita le attività infermieristiche alla mera esecuzione di compiti e mansioni ingabbiando il Personale infermieristico in un recinto che li costringe a limitare l'espressione di quelle Professionalità di cui sono potenzialmente ricchi e che, a mio avviso, rappresenta un valore aggiunto che non può essere disperso. Dall'analisi dell'insieme di conoscenze, competenze e degli atteggiamenti del vecchio modello organizzativo si può arrivare a ricercare, disegnare e adottare nuovi MODELLI ORGANIZZATIVI PROFESSIONALI che potranno portare a: • Formulare obiettivi. • Progettare il modo per raggiungerli. • Valutare i risultati conseguiti. • Mutare le relazioni Infermieristiche. • Risolvere il problema della comunicazione. • Progettare e disegnare nuovi strumenti di lavoro mirati alla realtà e alla preparazione del gruppo di lavoro. Questo modello supera la definizione di compiti e mansioni, e si orienta verso il più ampio ed ambito concetto di « ASSISTENZA INFERMIERISTICA PER FUNZIONI ». Gli strumenti operativi degli infermieri, contribuiranno così all'erogazione di un'assistenza complessiva mirata all'individualità della persona e alla specificità del caso che di riflesso porterà l'operatore ad indirizzare la propria azione, non più verso la mera esecuzione di compiti predefiniti, ma verso un nuovo modo di 55 rapportarsi che lo porrà al centro della situazione come Professionista e lo renderà capace, con gradualità, di valutare i risultati ottenuti e di individuare quelli ottenibili. DALLA TEORIA ALLA PRATICA I1 nuovo modello organizzativo professionale prevede di progettare prima ed applicare poi, all'interno stesso dell'Unità Operativa, degli strumenti quali « piani di lavoro », « cartelle infermieristiche », « protocolli » e « procedure » che oltre ad organizzare e registrare l'enorme mole di dati tecnici, e a risolvere radicalmente il problema della Comunicazione tra persone, turni e ruoli, forniscono al gruppo Infermieristico un valido modello di comportamento e di linee guida d'intervento, che messo in pratica contribuisce sensibilmente ad innalzare il grado di soddisfazione e riconoscimento dell'Utenza e degli Operatori stessi. PIANI DI LAVORO Nel complesso sistema dell'organizzazione del lavoro infermieristico è utile dotarsi di strumenti operativi che, organizzati in forma programmata, determinano il miglioramento della qualità dell'assistenza. La programmazione delle attività permette, infatti, di prevedere ed utilizzare le risorse disponibili (umane, economiche e tecnologiche) al meglio, fino al conseguimento del risultato finalizzato al raggiungimento degli obiettivi assegnati. Una fase fondamentale nell'elaborazione di un piano di lavoro è l'analisi della situazione che ci mette nelle condizioni, di valutare il carico di lavoro cui si dovrà fra fronte, di individuare i livelli di dipendenza dei pazienti, di programmare il numero delle risorse umane che dovranno essere presenti in servizio e il loro livello di preparazione. Altro sussidio operativo utile per una migliore organizzazione del lavoro infermieristico è il PROTOCOLLO, inteso proprio come strumento con il quale sono identificate e riconosciute tutte quelle azioni comportamentali per migliorare il processo assistenziale ed uniformare le procedure. L'attuazione di questi due processi logici consentirà di stabilire degli « STANDARD » d'assistenza cui riferirsi per raggiungere gli obiettivi di soddisfazione dei bisogni dell'utente. Occorrerà però valutare continuamente l'efficienza degli interventi realizzati e i livelli di qualità raggiunti, ponendosi l'obiettivo, se del caso, di intervenire per migliorarli. LINEE GUIDA PER LA STRUTTURAZIONE DELLA « CARTELLA INFERMIERISTICA » NICOLETTA OLIVA, MARIA BERNARDINI, ROBERTA LEONETTI La cartella infermieristica deve mettere in risalto gli aspetti bio-psico-sociali dell'individuo. Su questo strumento, infatti, andranno riportate tutte le informazioni relative al paziente, ai bisogni individuati, alle azioni infermieristiche da adottare per raggiungere gli obiettivi assistenziali e alle valutazioni inerenti l'efficacia degli interventi attuati. Le finalità della CARTELLA INFERMIERISTICA sono: • Raccolta sistematica della Documentazione e dei dati utili; • Responsabilizzazione dell'I.P.; • Formulazione e realizzazione del piano d'assistenza individuale fissandone gli obiettivi e predisponendo gli interventi, garantendo così la continuità d'azione; • Valutazione della qualità dell'assistenza; • Ricerca infermieristica. L'esperienza ha dimostrato di come sia necessario prestare particolare attenzione alla parte grafica della CARTELLA INFERMIERISTICA tenendo in debito conto: • Le diverse colorazioni da adottare per le varie sezioni. • Lo spessore della carta. • La possibilità di scrivere su entrambe le facce del foglio per evitare che il fascicolo diventi troppo voluminoso. • La necessità che sia redatta utilizzando una calligrafia leggibile. È opportuno che ogni gruppo di lavoro progetti e disegni una propria CARTELLA INFERMIERISTICA. In base alla specialità della Divisione in cui opera, pur tuttavia, puntualizzare alcuni criteri generali renderebbe la progettazione più orientata. La CARTELLA INFERMIERISTICA che si andrà a progettare dovrà contenere almeno quattro parti fondamentali: 1. ACCETTAZIONE (riportando dati anagrafici, informazioni personali sulle abitudini di vita riferite alla conoscenza del paziente). 2. PIANIFICAZIONE DELL'ASSISTENZA INFERMIERISTICA (osservazioni, rilevazioni dei bisogni, identificazione degli obettivi, interventi infermieristici, valutazioni). 3. SCHEDA PER LE SOMMINISTRAZIONI TERAPEUTICHE (che potrebbe anche comprendere un grafico per la rilevazione dei paramentri vitali). 4. SCHEDA PER LA PRESCRIZIONE DEGLI ESAMI E DELLE INDAGINI DIAGNOSTICHE. I vantaggi che derivano dall'utilizzazione della CARTELLA INFERMIERISTICA sono: • Migliore relazione tra I.P. e paziente. • Motivazione, coinvolgimento e soddisfazione professionale del personale infermieristico. • Assistenza individualizzata e programmata. • Registrazione delle risposte del paziente alle misure assistenziali. • Eliminazione di quaderni per la terapia, per il bilancio idrico e per il passaggio di consegne e rapporti. Presupposto fondamentale per la buona riuscita di una CARTELLA INFERMIERISTICA è che sia uniformata la preparazione di tutto il gruppo infermieristico, che ci sia un ottimale coinvolgimento personale e professionale, che siano riportati i dati veramente utili per programmare l'assistenza omettendo quelli ritenuti superflui e i ripetitivi. La CARTELLA INFERMIERISTICA deve rispondere, quindi, alla funzione assistenziale dell'Infermiere Professionale quale strumento di lavoro che, non deve essere una copia della cartella clinica, ma diventare parte integrante di lei fino ad arrivare all'auspicata realizzazione e adozione della « CARTELLA CLINICA INTEGRATA ». La cartella infermieristica realizza, di fatto, uno strumento di comunicazione più efficiente e completo e garantisce la continuità dell'assistenza programmata evitando la perdita d'informazioni utili. I temi sopra accennati sollecitano l'adozione di un diverso metodo di operare proponendo gli strumenti per trasformare il lavoro infermieristico tradizionalmente inteso (compiti e mansioni), in quello che deve evolvere verso una vera e propria Professione Infermieristica. Per fornire altri elementi utili alla panoramica esposta seguiranno due interventi che saranno proposti da due Infermieri Professionali dell'U.T.I.C. delI'Ospedale Sandro Pertini. Il primo presenterà un'esperienza di SCHEDA INFERMIERISTICA da noi utilizzata e il secondo, invece, illustrerà gli aspetti della SCHEDA INFERMIERISTICA legati alla formulazione e all'attuazione di un PIANO D'ASSISTENZA. LA SCHEDA INFERMIERISTICA IN U.T.I.C. « GLI ASPETTI TECNICI » NICOLETTA OLIVA, MARIA BERNARDINI, ROBERTA LEONETTI Nel gruppo infermieristico operante nel Reparto di Unità Coronarica è nata qualche anno fa l'esigenza di predisporre uno strumento di lavoro giornaliero che consentisse di esaminare rapidamente tutti i dati del paziente, di registrare quelli nuovi e di trasferire, senza interruzioni e omissioni, ai colleghi del turno successivo tutto il lavoro svolto, al fine di poter inquadrare compiutamente la situazione con un solo sguardo. Per tale ragione fu realizzata la scheda infermieristica che, oltre a consentire l'eliminazione dei quaderni della terapia e della consegna costituisce, unitamente alla cartella clinica, un dossier completo riguardante la degenza del paziente. I1 suddetto strumento di lavoro, redatto in modo da fornire un quadro il più completo possibile dell'assistenza svolta, consente di raccogliere e classificare i problemi rilevati e le risposte che il gruppo infermieristico, di volta in volta, deve elaborare per garantire un'efficace assistenza. Passando a descrivere la scheda infermieristica che viene utilizzata nel nostro Reparto si può osservare che nella parte alta a destra vengono annotati NOME e COGNOME, ETÀ, DATA di INGRESSO e NUMERO del LETTO del paziente. La fase di raccolta di questi dati consente all'I.P. di avvicinarsi al paziente per fare la sua conoscenza, cercando di instaurare un rapporto che non spersonalizzi il ricoverato. All'ingresso in Reparto il paziente viene sistemato a letto e dopo aver effettuato un'ampia tricotomia del torace, si procede, tramite elettrodi collegati ad un cavo, a monitorizzarlo così da garantire la visualizzazione continua della traccia elettrocardiografica. Nella fase immediatamente successiva vengono rilevati i parametri vitali e si accerta dello stato di pervietà venosa periferica e dell'assenza di precordialgia. Nel caso in cui l'insorgenza della sintomatologia dolorosa è (tempo precoronarico) < di 6 ore e non esistono controindicazioni quali: • Età>a 70 anni; • Ipertensione grave non controllata; • Malattia ulcerosa dell'apparato gastroenterico; • Storia di emorragia cerebrale; • Grave sanguinamento in atto o di recente insorgenza; • Massaggio cardiaco esterno recente; • Parto; • Intervento chirurgico importante. Si valuterà l'opportunità di effettuare o meno la terapia trombolitica che, come noto, è finalizzata alla ricanalizzazione dell'arteria coronarica colpita. Per tale terapia viene usato preferibilmente l'Alteplase nelle dosi di 15 mg. + 50 mg.+35 mg. per somministrazione endovenosa mentre l'uso dell'Urokinasi è meno frequente. Durante e dopo la terapia trombolitica è importante verificare che non insorgano effetti indesiderati quali ipotensione marcata, nausea, vomito, emorragie interne o superficiali quali epistassi, gengivorragia ed ecchimosi. Tutte le osservazioni riguardanti le complicanze vengono scrupolosamente segnalate nella parte posteriore della scheda infermieristica che viene altresì utilizzata dal gruppo per sviluppare e trascrivere tutti gli elementi emersi nella fase di elaborazione del piano assistenziale, unitamente agli interventi infermieristici da effettuare ed alla valutazione dell'efficacia degli stessi. Nella sezione della scheda posta in alto a destra vengono trascritti gli esami ematochimici da effettuare per il profilo enzimatico e coagulativo oltre a quelli relativi alla routine ematica (importante: elettroliti, funzionalità renale, glicemia). Nello stesso spazio vengono annotati anche gli esami radiografici che si ha in programma di effettuare. Per verificare con immediatezza i test ematochimici già eseguiti e identificare quelli ancora da effettuare, secondo i tempi e nei modi precedentemente programmati, viene apposto sulla scheda, con inchiostro rosso, un segno convenzionale (v). Uno spazio della scheda è invece riservato all'indicazione della DIETA che dovrà essere seguita dal paziente e che, come ben sappiamo non dovrà impegnare troppo il cuore durante la fase digestiva. Nei primi giorni di ricovero, nella norma, viene assegnata al paziente una DIETA LIQUIDA di circa 1500 calorie, che verrà sostituita successivamente, da una DIETA SEMILIQUIDA composta da alimenti più formati e gustosi. Quando le condizioni del paziente saranno migliorate, la dispnea e l'angor assenti, per la gioia dello stesso, si potrà sostituire la dieta con altra con caratteristiche più simili a quelle di un vitto comune. Il controllo del BILANCIO IDRICO, inteso come il rapporto tra « entrata » (introduzione di liquidi mediante terapia ed alimenti) ed « uscita » (perdita di liquidi attraverso evacuazione, minzione e perspiratio), deve tendere ad un valore negativo cercando di evitare la presenza di ritenzione idrica e favorendo, nel frattempo, la minzione con la minima introduzione di liquidi. Per quanto concerne, invece, la quantificazione, del bilancio totale giornaliero si procede annotando tutti i dati relativi alle quantità di liquidi assunti ed emessi dal paziente in un'apposita sezione della scheda infermieristica. Nella parte destra della scheda Infermieristica, vengono riportati anche i dati relativi ai seguenti controlli: • I valori della glicemia Viene effettuato con una certa frequenza un profilo glicemico pre e post prandiale anche in considerazione del fatto che nei pazienti che hanno appena subito l'infarto miocardico la glicemia è in genere nelle prime ore molto elevata a causa dello stress subito dall'organismo. • La presenza di ematuria Nei soggetti sottoposti a terapia trombolitica assume particolare importanza il controllo dei caratteri delle urine che possono rilevare la presenza di alterazioni emocoagulative. La terapia farmacologica viene stabilita dal Cardiologo. Oltre a quella fibrinolitica, già descritta, è possibile avvalersi dei seguenti principali farmaci: • Nitroglicerina: vasodilatatore-ipotensivo; • Eparina: anticoagulante con azione immediata; • Calcioantagonisti: riducono la risposta agli stimoli costrittori; • Beta-bloccanti: diminuiscono la F.C., la P.A., il consumo di 02, prevengono le aritmie cardiache; • Acido acetilsalecilico: comune aspirina—antiaggregante piastrinico; • Dopamina : produce vasodilatazione del letto vascolare renale a basse dosi; • Dobutamina : aumenta la contrattilità miocardica e la portata circolatoria diminuendo la pressione di riempimento. La breve panoramica delle terapie farmacologiche utilizzate si è resa necessaria per motivare l'ampio spazio riservato, sulla scheda infermieristica, alla voce « TERAPIA ». La conoscenza degli effetti dei farmaci che normalmente vengono utilizzati in U.T.I.C. impone il controllo continuo dei parametri vitali e delle reazioni specifiche del paziente. Tale verifica consente di valutare il tipo di effetto che il farmaco ha sull'organismo del paziente e quindi di intervenire prontamente per il soddisfacimento dei bisogni rilevati. L'intervento infermieristico è, per alcune situazioni, risolutivo. Ad esempio I'assunzione della posizione ortopnoica potrebbe contribuire a risolvere una crisi dispnoica dovuta a manifestazione di ansia, così come è importante che venga riconosciuto nello sguardo del paziente un'espressione che possa significare sofferenza non dichiarata od altro. Per ottenere la semplificazione e la velocizzazione di alcuni concetti e modi di lettura, si è stabilito di adottare alcuni segni convenzionali quali: • / : terapia da somministrare; • X : terapia già somministrata; • [---]: somministrazione unica di terapia • O : sospensione di un farmaco; • — : continuazione della terapia infusionale. Per utilizzare correttamente le informazioni cliniche e terapeutiche di interesse medico ed infermieristico, ogni 24 ore, si deve provvedere a rinnovare la scheda infermieristica, confrontando i dati ivi riportati con quelli della cartella clinica. Infatti, considerato che il processo assistenziale è flessibile e quindi aperto ad ogni tipo di variazione (es. miglioramento o peggioramento delle condizioni del paziente) tale accorgimento consente, dopo un'attenta verifica (controllo e valutazione degli eventi verificatisi), di apportare tutte le modifiche che il caso specifico richiede. Assumendo notevole importanza la correlazione che esiste tra terapia e bilancio idrico, i relativi dati, dovranno essere continuamente e compiutamente verificati e trascritti sulla scheda, così da evitare la possibilità di errori od omissioni. Per quanto concerne la terapia infusionale è necessario che sulla scheda siano riportati i seguenti dati: • La quantità del liquido che si è previsto di trasfondere (espresso in ml); • La velocità di infusione (espressa in ml/h); • Le eventuali variazioni di velocità dell'infusione stabilite per nuove decisioni; • Le eventuali interruzioni dell'infusione, causate sia da problemi legati allo stato del paziente che ad altre possibili necessità insorgenti. A1 termine della somministrazione o a seguito dell'interruzione della terapia infusionale è necessario trascrivere, nella casella corrispondente all'orario, la quantità effettivamente infusa. Va inoltre segnalata, con l'inchiostro rosso, ogni eventuale variazione della velocità d'infusione avendo cura di riportare, nella casella apposita, l'ora in cui è intervenuta detta modificazione. Una sezione della scheda è stata riservata alla trascrizione dei parametri vitali, anche sotto forma grafica. Per tale scopo vengono utilizzati altri segni convenzionali. Nella casella relativa all'orario della rilevazione si appone un carattere di riferimento per la P.A.(•), uno (X) per la temperatura corporea e uno (V) per la frequenza cardiaca. Tutte le volte che vengono rilevati valori a rischio, è opportuno trascriverli con l'inchiostro rosso. Inoltre si è provveduto a riservare uno spazio della scheda per poter riportare la descrizione del ritmo cardiaco e tutte le osservazioni conseguenti alle variazioni tipiche. Pertanto tutte le anomalie del ritmo cardiaco, indicate dalla traccia elettrocardiografica che appare sul monitor, vengono trascritte con le sigle comunemente riconosciute come B.A.V., F.V., T.S., F.A., etc. L'evidenziazione delle complicanze aritmiche (ipo e ipercinetiche) sollecita, non solo all'immediato intervento se l'aritmia è minacciosa, ma anche al controllo dei valori dei parametri vitali che, insieme all'osservazione diretta del paziente, permette di individuare immediatamente i bisogni primari per un efficace intervento infermieristico. È opportuno che sulla scheda venga segnatata anche la presenza, nei pazienti che ne presentino la necessità, di un Pace Maker temporaneo, specificandone la data di impianto. La trascrizione di questa informazione consente al gruppo infermieristico di venire a conoscenza che è necessario mantenere immobilizzato l'arto del paziente, a seguito dell'introduzione, per via percutanea transvenosa femorale dell'elettrocatetere, che come è noto raggiunge il ventricolo dx. Inoltre tale dato viene utilizzato anche per quantificare i giorni di permanenza dell'elettrocatetere nel sito affinché si possano programmare le medicazioni da effettuare e non venga prolungato la permanenza dell'elettrocatetere stesso oltre il tempo dovuto (non oltre 8-10 giorni). Questa relazione ha voluto illustrare gli aspetti « tecnici » contenuti nella scheda infermieristica, utilizzata nel Reparto U.T.I.C. dell'Ospedale « Sandro Pertini », i quali sono strettamente legati al riconoscimento dei bisogni più importanti del paziente. Mi auguro che la relazione da me tenuta abbia contribuito a presentare la scheda infermieristica quale strumento di lavoro valido e flessibile, ad evidenziare le possibilità che offre per risolvere il problema della comunicazione tra i diversi componenti del gruppo infermieristico del Reparto e a sottolinearne la validità quale veicolo per instaurare e migliorare la relazione con il paziente. LA SCHEDA INFERMIERISTICA IN U.T.I.C. « IL PIANO DI ASSISTENZA » NICOLETTA OLIVA, MARIA BERNARDINI, ROBERTA LEONETTI Lo spazio situato sul retro della scheda infermieristica è dedicato all'osservazione dei bisogni, all'identificazione dei problemi (stima), alla definizione degli obiettivi da raggiungere (pianificazione), alla messa in opera dell'azione decisa in precedenza (attuazione), ed alla verifica continua del piano e/o alla sua eventuale revisione (valutazione finale), fasi tipiche del processo di Nursing. La segnalazione continua ed attenta dei bisogni del paziente eseguita da ogni Infermiere Professionale permette, turno per turno, di fornire un'assistenza completa volta a considerare il malato come unità psicofisica. Come già segnalato la scheda infermieristica è aggiornata ogni 24 ore e ciò non solo perché clinicamente le condizioni fisiche del paziente sono suscettibili di variazioni continue (nell'ambito dello stesso giorno spesso più volte), ma anche perché quei bisogni che al momento del ricovero erano stati individuati e classificati importanti, una volta trattati perdono priorità, in quanto possono nascere nuovi bisogni che assumono maggior valenza. Quello che presenterò è un esempio di conduzione di un piano di assistenza adottato nella nostra U.T.I.C. facendo presente che spesso nella pratica quotidiana non è possibile essere precisi nella segnalazione delle varie fasi. Considerato che, essendo la degenza del paziente ricoverato in U.T.I.C., teoricamente stabilita per durata di 4-5 giorni, le fasi principali che influenzano l'assistenza riguardano: 1. I1 ricovero che avviene di solito con urgenza provoca pesanti ripercussioni dal punto di vista psicofisico; 2. L'adattamento del paziente al nuovo ambiente della Terapia Intensiva; 3. L'evoluzione della degenza in relazione alla presenza o meno di complicanze; 4. La dimissione dall'U.T.I.C. e il successivo trasferimento nel Reparto di Cardiologia. La brevità del tempo a disposizione, non consente un'approfondita disamina del piano presentato, perciò la valutazione finale, è riassuntiva di tutta la degenza e non di una sola giornata. All'ingresso del paziente in U.T.I.C., prima di sviluppare un vero e proprio piano d'assistenza, si procede, tramite un intervento, effettuato da un Infermiere Professionale, ad una rapida ma essenziale, anamnesi infermieristica mentre, l'altro o gli altri elementi del gruppo, si occupano dell'accoglienza fisica e della sistemazione a letto di degenza. I1 colloquio permette un'iniziale relazione interpersonale utile sia all'I.P. sia al paziente affinché il trauma del ricovero risulti meno drammatico. Le informazioni iniziali prendono velocemente in considerazione: • i dati sociali di base (nome, indirizzo, stato civile, impiego, etc.); • dati fisiologici di base (peso, vista, udito, comunicazione, etc.); • patologie pregresse o in atto (diabete, insufficienza renale cronica, etc.); • eventuali allergie a farmaci; • intolleranze alimentari; • abitudini di vita (fumo, alcool, droghe e tranquillanti). Tali informazioni sono completate dall'osservazione diretta, effettuata dagli I.P., delle condizioni generali al momento, del paziente che prende in considerazione la tipologia del fisico (longilineo, obeso normolineo), l'abbigliamento e la cura della persona, l'espressione del volto, l'aspetto della cute (distrofica o elastica), il tipo di decubito preferito, l'orientamento tempo-spazio, lo stato di dipendenza fisica per le funzioni di base, la reazione emotiva al ricovero e le modalità di comunicazione. In questa fase 1'I.P. ha modo di rispondere alle domande poste dal paziente fornendo informazioni sul tipo di cure cui dovrà essere sottoposto, cercando di scegliere sempre modi e maniere opportune, affinché il ricoverato adotti un comportamento collaborativo e accetti le cure. Da quest'iniziale scambio prende spontaneamente vita l'esigenza di rilevare i bisogni stabilendo le priorità d'azione. COMUNICAZIONI E CONSEGNE AL REPARTO DI CARDIOLOGIA CONTINUITA' DELLA TERAPIA MEDICA MODALITA' D'APPROCCIO CON IL PAZIENTE COMUNICAZIONE DEL GRADO D'AUTONOMIA PROSECUZIONE DIETA IPOCALORICA ED IPOSODICA ALTRO……………………………….