Obblighi RADON per le attività lavorative in stabilimenti termali Autore Dott. Carlo Cicardi Università degli Studi di Milano Le attività svolte in stabilimenti termali sono potenzialmente suscettibili di esporre sia il personale che la popolazione a inalazione di gas radon. Si tratta di un gas radioattivo presente naturalmente in ambiente che in condizioni di elevata concentrazione, può essere responsabile di patologie tumorali alle vie respiratorie. Il gas radon tende a concentrarsi negli ambienti sotterranei o con scarsa circolazione d'aria e, nel caso delle terme, è veicolato prevalentemente dall'acqua. La riduzione della sorgente, mediante filtrazione, degasaggio o deposito a seconda della tipologia di acqua, e il controllo dell'atmosfera sono gli strumenti sui quali è possibile agire per contenere entro limiti accettabili l'esposizione del personale e della popolazione (azioni di rimedio). Le attività lavorative con particolari sorgenti naturali di radiazioni sono disciplinate al Capo III-bis del Decreto Legislativo n. 230 del 17 marzo 1995, successivamente modificato e integrato (Dlgs). Le disposizioni si applicano alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce a un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o della popolazione che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione. Rientrano in questa categoria le "attività lavorative in stabilimenti termali" (art. 10-bis, comma 1, lett. e) del Dlgs. L'Esercente lo stabilimento deve: 1. se inizio di nuova attività, entro 24 mesi effettuare le valutazioni di radioprotezione (art 10-ter, comma 3, del Dlgs) avvalendosi dell'Esperto qualificato (art. 10-ter, comma 5, del Dlgs); 2. per le attività già in essere, quanto previsto al punto precedente a decorrere dal 1 settembre 2003 (art. 37, comma 3, del D.Lgs. n. 241 del 26/5/2000); 3. nel caso in cui le esposizioni valutate non superino il livello di azione (definito all'art. 10quinquies, comma 6 ed esplicitamente al p.to 4, lett. b) dell'Allegato I-bis del Dlgs), ripetere le valutazioni con cadenza triennale (annualmente, se è superato l'80% del livello di azione) o prima nel caso di variazione dell'attività (art. 10-ter comma 3, del Dlgs); 4. nel caso risulti superato il livello di azione: • inviare comunicazione, entro un mese dal rilascio della relazione dell'Esperto qualificato, agli Enti di vigilanza e all'ARPA (art. 10-quater, commi 1 e 3, del Dlgs); • porre in atto entro 3 anni, avvalendosi dell'Esperto qualificato, azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del livello di azione (art. 10-quinquies, commi 3 e 6 del Dlgs); le azioni di rimedio non sono però dovute se, pur essendo superato il livello di azione, l'esposizione è inferiore al valore definito all'art. 10-quinquies, comma 5, del Dlgs (esplicitamente al p.to 4, lett. d) dell'Allegato I-bis del Dlgs); • attuare le misure di protezione sanitaria dei lavoratori (di cui al Capo VIII del Dlgs) e della popolazione (Capo XI del Dlgs) fino alla conclusione delle azioni di rimedio, se dovute, stabilmente in caso diverso (art. 10-quinquies, commi 3 e 6, del Dlgs). Ai sensi dell'art. 142-bis, comma 1, del Dlgs (contravvenzioni al Capo III-bis) l'esercente che viola gli obblighi di cui sopra è punito con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda da lire 5 milioni a lire 20 milioni (si applica l'istituto della prescrizione). Concludendo, si tenga presente, per comprendere la tempistica delle varie fasi sopra descritte, che la sola misura dell'esposizione dei lavoratori e della popolazione a concentrazione di attività radon deve svolgersi su base annuale e che eventuali azioni di rimedio o di contenimento dell'esposizione possono richiedere tempi non trascurabili per la loro messa in opera.