La casa del sole disegno di Isabel Moreno R. 1 Newsletter di aggiornamento dei progetti di Amici dei Bambini in Bolivia Anno 2 – Numero 12 - 2008 Sommario: Scrivimi S.O.S.tenitore L’affetto rimane sempre Svegliarsi a nuova vita Un anniversario per i bambini e bambine il 12 aprile Storie di Adozione: Famiglia Cillotto La storia di Mariyu S.A.D. scrívimi S.O.S.tenitore Da Anahí Moreno* Adolfo ha 12 anni, abita nella Città del Niño Jesús a La Paz. Ogni volta che vede uno dei membri dell'équipe psicosociale di Ai.Bi., si avvicina correndo e chiede: ho un sostenitore? José Guadalupe, col suo bel sorriso, racconta orgoglioso che il suo sostenitore si chiama “Alessandro”, gli piacerebbe sapere cosa fa, quali sono i membri della sua famiglia e se pensa a lui. Ci sono dei casi nel S.A.D. in cui si instaura un bel rapporto tra la famiglia e un ragazzino. Rubén, di Cochabamba, ha serie difficoltà scolastiche, ha ricevuto dalla sua sostenitrice dei colori e la costante raccomandazione di sforzarsi a scuola. Ora il bambino scrive con molta fatica una letterina da inviare in Italia che dice: “sto imparando a scrivere”. Il sostegno effettivo nonostante la distanza e il sapere che qualcuno si preoccupa per lui sono il migliore aiuto per andare avanti. Fatima Noemi è una bambina italiana: durante le vacanze di Natale, la Befana le ha portato un pacco di lettere e così scambia costantemente corrispondenza con le sue amichette di Potosì; si scambiano pareri, desideri ed avventure. Senza saperlo, lei è riuscita a portare il sorriso in un micro-mondo in cui tanti bambini hanno perso la luminosità negli occhi a causa delle difficoltà che quotidianamente devono vivere. Non è necessario cambiare abitudini, nè usare molte ore del giorno per fare sentire ad un’altra persona che le siamo vicini. Poche parole in una cartolina, una foto o una piccola lettera sono sufficienti. Magari da lontano è difficile immaginare l’allegria che genera ricevere una busta, ma per i bambini degli istituti signigìfica non rimanere più soli. I beneficiari, le loro famiglie e lo staff di Ai.Bi. ringraziano infinitamente per il versamento bancario che fate, poiché senza questo aiuto sarebbe impossibile realizzare i progetti di vita di ognuno per ognuno dei ragazzini e ragazzine. Attraverso la nostra newsletter, vi vogliamo invitare anche a scrivere ai bambini, bambine e adolescenti che sostenete, giacché tanti dei nostri beneficiari continuano ad aspettare. Nella città di Cochabamba, ad esempio, il 67 % dei bambini e adolescenti non hanno ricevuto mai una lettera, né una risposta alla corrispondenza che hanno inviato, e soltanto il 33% ha un contatto con i suoi sostenitori (includiamo anche quei bambini che hanno ricevuto una volta sola una lettera durante gli ultimi due anni). Adesso stesso, mentre finisco di scrivere, ho ricevuto la prima lettera per La Paz. Grazie Joel! * Anahí è responsabile del SAD in Bolivia, si incarica della comunicazione tra i sostenitori ed i bambini degli istituti. Amici Dei Bambini Casilla Postal Nº Potosí ‐ Bolivia Nostri indirizi: Amici Dei Bambini Casilla Postal Nº 16 Cochabamba ‐ Bolivia Amici Dei Bambini Calle Presbitero Medina Nº 2780 La Paz ‐ Bolivia Ludoteche L’AFFETTO RIMANE SEMPRE Da Patricia Severich* I bambini e le bambine arrivano negli istituti per diversi motivi: maltrattamento, abbandono, smarrimento, conflitti familiari; ogni bambino e bambina ha una storia in particolare. Alcune volte sono istituzionalizzati insieme ai fratelli nello stesso istituto (se sono dello stesso sesso), giacché quasi sempre gli istituti accolgono femmine o i maschi separatamente. Tale entrata in istituto rappresenta per i bambini un cambiamento grande nelle loro vite,a cui ognuno reagisce in modo diverso, ma di solito poco a poco i bambini si abituano e si integrano al gruppo. Il lavoro nelle ludoteche ci consente di condividere diverse esperienze con i bambini in un ambiente educativo informale e ricreativo. I giochi e le dinamiche sono grandi strumenti attraverso i quali esprimere il loro stato d’animo, i loro sentimenti e speranze; ogni disegno, ogni aero di carta, in ogni canto ci fanno vedere che, nonostante i conflitti che vivono, sono bambini capaci di giocare e condividere allegramente. Per ciò, i bambini si affezionano ai loro compagni, alle persone che li curano ed educano, e, anche nel nostro caso, alle personale delle ludoteche. Pertanto è importante svolgere il nostro lavoro con impegno, coerenza e responsabilità ma, soprattutto, con tanto affetto, perché quando l’orario di lavoro del personale finisce, i bambini aspettano con ansia che le ore passino velocemente perritornare in ludoteca. Ogni lavoro è importante, ma considero che una delle cose più gratificanti della vita sia ricevere un sorriso di affetto e gratitudine da un bambino, che è il frutto dello sforzo coordinato tra chi lavora direttamente con i bambini e i sostenitori che collaborano a distanza rendendo possibili i progetti che Amici dei Bambini porta avanti negli istituti. La forza necessaria per andare avanti, nonostante le difficoltà che si possono incontrare, è l’affetto che ci danno i bambini. Sappiamo che molti dei percorsi che intraprendiamo fiiranno, poiché alcuni bambini ritorneranno con le loro famiglie, altri cambieranno istituto. Nel trascorrere degli anni conosceranno tanta gente e vivranno tante esperienze... ma i ricordi dei momenti condivisi con affetto rimaranno sempre nei loro cuori. * Patricia, ha 28 anni, è pedagoga e lavora come animatrice nelle ludoteche di Amici dei Bambini a La Paz – Bolivia. Potosí SVEGLIARSI AD UNA NUOVA VITA Da Paola Layme* È sorprendente vedere come i bambini e i giovani di oggi non si sforzano per migliorare le cose in questo mondo, ma, al contrario, quando le cose diventano difficili per esempio, quando mancano i genitori o quando questi non prendono in considerazione i figli - i bambini e giovani si sentono incapaci di migliorare e lottare per il proprio futuro. Ma chi ha detto che le cose devono essere le migliori? Se non conosciamo la parte cattiva, come possiamo sapere qual é quella buona? Da piccola, io sono passata in mezzo a situazioni molto complicate e fino ad ora difficili da capire; sono nata nel dipartimento di Potosi, in un posto di nome Maragua e, per quello che mi ricordo, avevo una madre che, essendo troppo giovane, non si sentiva capace di farsi carico di me, inoltre, non aveva l’appoggio di mio padre e dei suoi familiari e quindi ha deciso di consegnarmi ad una signora quando avevo cinque anni di età. La signora Ana: così si chiamava la mia prima madre adottiva. Mi ha portato da Maragua fino alla città di Potosì per tenermi con sé e prendersi cura di me come una figlia. Devo dire che i migliori anni della mia vita sono stati quelli passati al suo fianco ma, poiché era una persona di età avanzata, è morta quando avevo nove anni di età. È stato un colpo molto duro per me, dato che stavo perdendo di nuovo una madre. I figli della signora Ana non potevano prendersi cura di me per questo sono stata consegnata alla mia professoressa della scuola che frequentavo. La professoressa Lorena, così si chiamava, si era affezionata a me e, poiché sapeva che mia madre era morta, ha decisooccuparsi di me. I primi giorni nella casa della mia professoressasono trascorsi tranquillamente, fino a quando i figli ed il marito cominciarono a trattarmi come se fossi la domestica e a maltrattarmi; in diverse occasioni Lorena ed il marito litigavano a causa mia, io mi sono resa conto che la situazione faceva male a Lorena. Un giorno d’inverno, a metà giugno, è arrivata la sorella di Lorena per passare le vacanze a casa nostra; lei viveva a La Paz. Aveva portato tanti regali per i nipoti, ma si era dimenticata di me. Durante la permanenza della sorella di Lorena, le due donna devono aver preso accordi per quanto riguardava la mia situazione e fu così che Lorena mi ha ordinato di preparare le mie cose perché e di andare a vivere con sua sorella a La Paz. Questa notizia mi ha distrutto il cuore; ho detto a me stessa: “mai più devo amare di nuovo perché, a quanto pare, perdo sempre quello che amo...”. La mia permanenza a La Paz è stata ancora più dolorosa. A casa della sorella di Lorenasono sempre stata maltrattata e ho subito grandi umiliazioni, fino a quando esausta della situazione sono fuggita di casa. I poliziotti che mi hanno trovato si sono resi conto che ero da sola, mi hanno fermato e mi hanno portato in un istituto, nel quale, come me, c’erano tante bambine che non avevano una famiglia. Sono stata alcuni mesi in quel centro, fino a quando l’assistente sociale dopo aver scoperto che ero nata nella provincia del dipartimento di Potosì, mi ha fatto portare in questa città per tentare di trovare la mia famiglia. Arrivata a Potosì, mi hanno istituzionalizzato presso il centro 10 de Noviembre, nel quale ho vissuto fino ai 16 anni, mi sono concentrata solo sulla scuola e, ogni volta che potevo, facevo capire a tutti che volevo fare le mie cose da sola, per evitare di affezionarmi a qualcuno. Nell’anno 2004, sono venuti nell’istituto alcuni rappresentanti dell’associazione Amici dei Bambini; era una organizzazione italiana che cooperava affinché i bambini trovassero la loro famiglia o ne avessero una nuova. Nel mio caso, poiché non si sapeva niente di mio padre e di mia madre, mi parlarono facendomi capire l’importanza di cominciare a lottare per un futuro migliore e, di nuovo, ho aperto il mio cuore alle persone a cui interessava il mio futuro. Quanto più conoscevo queste persone e parlavo con loro, più capivo tante cose! Ho iniziato a dare risposte a tante domande e, la cosa più importante, sono cominciate a guarire le ferite del mio passato..... Non potevo credere che le cose stessero migliorando! Nonostante tutta la sofferenza che ho vissuto, non ho mai perso il desiderio di andare avanti, mi sono rifugiata nei miei studi e sempre sono stata una buona studentessa, il personale di AiBi ha capito questo e ha cercato di aiutarmi a realizzare i mie sogni. A metà gennaio dell’anno 2006 ho ricevuto la grande notizia: grazie a una serie di interventi, AiBi ha trovato per me uno spazio in un istituto della città di Cochabamba di nome Wasinchej, la cui responsabile era la Religiosa Lucia Battel di nazionalità italiana. Loro offrivano alle ragazze dell’istituto la possibilità di studiare all’università e di inserirsi nella società. È stato il giorno più felice della mia vita, giacché finalmente la vita mi stava dando una opportunità, magari come ricompensa per quanto mi era stato tolto da piccola. A Cochabamba tutto é iniziato ad andare per il verso giusto; ho finito le superiori e Suor Lucia mi ha aiutato a curare le ferite del mio cuore in modo definitivo, ormai è una delle persone che amo di più; le mie sorelle dell’istituto mi hanno dato l’amore ed il calore della famiglia che non avevo mai avuto. Attualmente mi preparo per andare all’università, ho scelto Agronomia. Ho tanti piani per il futuro, i miei sogni, le mie aspirazioni sono tornati con forza, ho ben chiaro quello che voglio e desidero ottenere per me e sono sicura che ce la farò! Per tutto questo alcune volte penso a “come ci siano degli adolescenti e dei giovani che, nonostante abbiano una luce di speranza, la lasciano passare e si sommergono nelle loro frustrazioni e nelle loro angosce. Adesso io faccio la volontaria nella zona dove abito, sto raccontando la mia storia a tanti giovani con la speranza che possano aprire i loro occhi e comincino a lottare per loro stessi........ spero che si sveglino presto e prendano la mano che Dio offre loro. * Paola è un’adolescente che vive nell’istituto Wasinchej della città di Cochabamba e che attualmente si prepara per studiare Agronomía nella università. Vuoi comprare artigianato fatto dai ragazzi e le ragazze degli istituti della BOLIVIA? Mettiti in contatto con noi in [email protected] Care Leavers 12 APRILE - UN ANNIVERSARIO PER I BAMBINI Da Reyna Choqueticlla* Da tanti anni in Bolivia si festeggia il 12 aprile come la FESTA DEL BAMBINO BOLIVIANO, celebrata dal Governo Centrale, dalle Prefetture, dai Comuni, dalla stampa, dalle scuole e da tutte le istituzioni che lavorano con bambini. Così, si fanno diverse attività specialmente speciale, pensate ad per esempio: questo si giorno mettono a disposizione le piazze e i parchi affinché siano utilizzati per la festa. Perciò, AMICI DEI BAMBINI, sede La Paz, non si è mostrata indifferente GRUPPO DI CARE LEAVERS ACCOMPAGNATI DI ASSISTENZA SOCIALE DI AMICI DEI BAMBINi e ha organizzato due attività di celebrazione in due istituti che sono: Ciudad del Niño Jesùs della città di La Paz e Los Andes della città di El Alto. Nell’istituto Ciudad del Niño Jesùs si é fatta una festa con tutti i bambini. C’erano delle bustine con dolci e dei regali, la torta, gelatine, patate fritte e altre cose che sono state condivise tra tutti. Per BAMBINI DELL’ISTITUTO CIUDAD DEL NIÑO JE 1 ultimo, si é fatto vedere un film specialmente scelto per la occasione. Nell’istituto Los Andes, il gruppo di Care Leavers di La Paz, con l’aiuto dell’équipe di Amici dei Bambini, ha organizzato una celebrazione per i bambini di questo istituto. Uno dei ragazzi del gruppo si é travestito da pagliaccio per portare allegria ai piccolini dell’istituto Los Andes, come a loro stessi sarebbe piaciuto quando vivevano nell’istituto, hanno fatto unol show per i loro “fratellini”. Hanno anche portato dei regalini, salteñas (una specie di rustico), bevande, borse con dei dolci e una torta. Le gare ed i concorsi sono stati molto divertenti, i bambini si sono rilassati perché era una festa diversa insieme ai ragazzi che, come loro, sapevano personalmente come è vivere in istituto. È stato un momento molto bello, poiché è stato preparato con tanto amore e gioia da parte dei ragazzi del gruppo. Queste due attività hanno visto una grande partecipazione da parte dei bambini e per un istante hanno dimenticato la loro storia di vita. Conveniamo che è importante realizzare questo tipo di attività e accompagnare i bambini non solo in queste date di festeggiamento ma, durante tutto il periodo che trascorreranno in istituto. * Reyna è l’assistente sociale dell’équipe della sede La Paz. BAMBINI DE LOS ANDES ED I CARE LEAVERS 1 Adozione UNA STORIA DI ADOZIONE Por Andrea Cillotto* La Paz 03 giugno 2008 Ci siamo ! nella mano destra la valigia nella sinistra il borsone ed appesa al collo con la sacca c’e’ Clara siamo pronti per partire per l’ aeroporto. Davanti a noi c’e’ il nastro con la scritta FINISH. Sono passati 82 giorni dalla partenza e non avremmo mai pensato di passarne lontano da casa cosi’ tanti. Forse qualcuno ci ricordera’ come la famiglia che e’ rimasta piu’ a lungo. E’ tempo quindi di fare una riflessione di guardarci alle spalle e ricordare quello che e’ successo. T. Terzani in una sua ultima intervista consigliava metaforicamente parlando di scegliere nella vita sempre le strade in salita perche’ alla lunga danno delle soddisfazioni enormi e cosi’ e stato per noi. Il periodo, se lo devo schematizzare ,lo suddivido in 3 momenti. I Il primo, quello piu’ intenso e ricco di emozioni, che corrisponde all’ incontro con Clara e la conoscenza del mondo dell’orfanotrofio; il secondo dove ci siamo conosciuti recíprocamente, forse quello dove si ha piu’ paura di sbagliare ed il terzo ed ultimo dove abbiamo conosciuto la burocrazia Boliviana. Periodi uinci irripetibili ma se devo portare testimonianza mi soffermerei sul primo . L’incontro tanto atteso , quasi quattro anni, che si e’ esaurito in un attimo. L’ amore non e’ stato a prima vista, non si e’ buttata al collo anzi e ‘ rimasta un po’ fredda, forse ci ha scambiato per quei volontari che passano i fine settimana e giocano con i bebe’. Del resto per conquistare una bella donna ci vuole il suo tempo e a noi questo non manca. Da parte nostra invece un senso di vergogna vedendo che tutti gli altri bambini che ci guardavano, ma non potevamo portarli via con noi; si lo sappiamo, puo’ sembrare sciocco ma e’ andata proprio cosi’. Per il resto abbiamo visto molti bambini e sono tutti li, in attesa nell’hogar, bambini di tutte’ l’eta’, dai bebe, ai piccini, ai piu’ grandi e quando li guardi ti viene in mente una frase di M.Teresa di calcutta: “ quello che facciamo e’ una goccia nell’ océano ma se non si facesse questo l’océano avrebbe una goccia in meno. A proposito all’hogar ne abbiamo portato via una e ne sono arrivati altri due niente paura qui mi dicono che tutto cio’ e’ normale e’ nella media. Hasta luego Bolivia !!!!!! Ps Per interviste di T. Terzani consulta http://www.youtube.com * Andrea è il padre di Clara, una bambinetta boliviana che è stata adottata recentemente nella città di Oruro – Bolivia. Cochabamba LA STORIA Di MARIYU Da Marisol Calvi* Cari lettori, questa storia é un episodio della vita di Mariluz, una bambina che ha vissuto 12 anni nell’istituto Ciudad del Niño Jesús della città di Cochabamba. Era un pomeriggio del mese di marzo quando, con molta fiducia e prendendosi un bicchiere di caffè, Mariluz cominciò a raccontare le sue esperienze di vita e la sua permanenza nell’istituto: “tanti anni fa (ma lo ricordo come se fosse ieri), sono entrata con mia madre in un mercato. Al momento di salutarmi, mi ha detto che sarebbe tornata subito, ma il suo sguardo mi diceva che lei voleva lasciarmi. Mia madre era ubriaca quel giorno, aveva già bevuto alcuni chok’os (termine quechua utilizzato per secchio) di chicha (bevanda alcolica boliviana data dalla fermentazione del mais) con le sue amiche e l’ultima cosa di cui si sarebbe ricordata era sua figlia”. Quando la ragazzina parlava di sua madre, si poteva vedere che la ferita provocata dal suo abbandono, ancora sanguinava, poiché, nonostante gli anni trascorsi da quel giorno, la ferita non si era cicatrizzata, anzi, adesso che è madre di tré bambini, afferma essere ancora più sensibile a questo ricordo e che, quando ricorda il suo abbandono non riesce a credere di aver sopportato tanta sofferenza senza arrendersi. Guardando gli occhi dei figli, le si spezza il cuore e non puó capire come una madre arrivi ad abbandonare un figlio e non lo cerchi più, come è successo con lei. Mariluz è una persona molto buona, fiduciosa e sorridente, è sempre disponibile ad aiutare i suoi “fratelli” dell’istituto Ciudad del Niño Jesùs. La cosa che le piace raccontare di più é un aneddoto sul caffè moca che si prepara nell’istituto: “La mattina alle otto, le suore responsabili dei bambini avevano l’abitudine di prendere il caffè, ma la preparazione del caffè moca era molto difficile per Mariluz che non riusciva mai a farlo bene. Suor Domitila, una delle suore, non era molto paziente con Mariluz, dato che le aveva insegnato diverse volte a preparare il caffè. Per questa ragione, Mariluz ha chiesto al Prete Bertha, che era Direttore dell’istituto di cambiare abitazione, ma il Prete non ha accettato la proposta, ha parlato con lei e le ha detto che doveva provare di nuovo a fare il caffè, perchè che la cosa più importante era la volontà che si impiegava nel fare le cose. Questo ha dato più forza a Mariyu ad affrontare gli scogli della vita. Quando lei ha compiuto 9 anni, sembrava che non fosse cresciuta tanto,dato che era molto piccola per la sua età, era bruna e aveva i capelli corti corti, sembrava un maschietto. Tutto ció insieme alla sua passione per il calcio le hanno fatto guadagnare il soprannome di “Quinsiño” (nome di un calciatore brasiliano molto forte), era la burla delle ragazzine e dei bambini. Cercava sempre il sostegno del Prete che le dava coraggio chiamandola “mia piccola Mariyu”, le diceva che la cosa importante è l’interioritá di una persona e non l’esterioritá e che lei aveva un buon cuore. Oggi, Mariluz gioca a calcio insieme ai figli. Attualmente Mariluz è una donna che lavora tanto, ha una famiglia che le vuole tanto bene e le da tanta gioia. Alcuni anni fa, una donna suonò alla sua porta e le disse: “sono tua madre”: parole che risuonavano nella sua testa e le ricordavano immagini e ricordi dell’istituto e della donna che l’abbandonò. Uno dei suoi figli la “svegliò”, le tirò la gonna chiedendo chi fosse la signora con cui parlava, la sua risposta fu nervosa e con una voce strana: “è tua nonna figlio mio”. Era la madre che l’aveva abbandonata tanti anni fa! Allora era già vecchia, magra e molto malata: la sua malattia l’ha spinta a cercare la figlia. Mariyu, dimenticando tutto, ha accolto la madre in casa per alcuni mesi, perché la donna era molto malata e aveva bisogno di cure. Il marito di Mariluz non capiva perché, dopo tutto quello che era successo, lei reagisse con tanta bontà verso la madre. Dopo alcuni mesi, la madre, la donna che le ha dato la vita, è tornata sui suoi passi, come dice Mariyu. * Coordinatrice Amici dei Bambini Cochabamba, Sociologa, Ricercatrice della Facoltà di Sociologia dell’Università Mayor de San Simòn, tesista della Maestria di Politiche sociali con menzione in diritti dell’infanzia del Centro di Studi Superiori Uni versitari CESU UMSS. Martin Isla, Eloy Achacata, Andy Colque, Morelia Colque y Kevin Josuè, Roger Juchani y Mario Lampa Ringraziano i loro sostenitori per i bei regali che hanno ricevuto dall’Italia