Lezioni di Meccanica del Volo 4 - Forze aerodinamiche L. Trainelli 1 2 Indice 1 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 3 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 4 5 INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . LEGGI COSTITUTIVE GENERALI . . . . . . . . . . . . Sforzi e risultanti delle azioni aerodinamiche . . . . . . . . Analisi dimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.1 Teorema di Buckingham . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.2 Vento relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.3 Caratterizzazione delle dipendenze . . . . . . . . . 2.2.4 Coefficienti adimensionali di forza e momento . . . Componenti delle azioni aerodinamiche . . . . . . . . . . . 2.3.1 Componenti di forza nel riferimento aerodinamico 2.3.2 Componenti di forza nel riferimento solidale . . . . 2.3.3 Componenti di momento nel riferimento solidale . Effetto del numero di Mach . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.1 Numero di Mach e fenomeni di comprimibilità . . 2.4.2 Regimi di volo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Effetto del numero di Reynolds . . . . . . . . . . . . . . . 2.5.1 Numero di Reynolds e strato limite . . . . . . . . . 2.5.2 Strato limite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dipendenza dalla velocità equivalente . . . . . . . . . . . AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE . . . . . . . . Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.1 Descrizione di un profilo alare . . . . . . . . . . . . 3.1.2 Riferimenti per un profilo alare . . . . . . . . . . . 3.1.3 Azioni aerodinamiche su un profilo alare . . . . . . Portanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Curva di portanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.2 Stallo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.3 Approssimazione per basse incidenze . . . . . . . . Resistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3.1 Resistenze di pressione e d’attrito . . . . . . . . . . 3.3.2 Polare del profilo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3.3 Efficienza aerodinamica . . . . . . . . . . . . . . . Momento di beccheggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.1 Regola di trasporto dei momenti . . . . . . . . . . 3.4.2 Centro di pressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.3 Centro aerodinamico . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.4 Curva di momento . . . . . . . . . . . . . . . . . . Superfici mobili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Effetto dei numeri di Mach e Reynolds . . . . . . . . . . . 3.6.1 Numero di Mach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.6.2 Numero di Reynolds . . . . . . . . . . . . . . . . . AERODINAMICA DELL’ALA . . . . . . . . . . . . . . . AERODINAMICA DEL VELIVOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 5 5 6 7 8 9 11 12 12 14 14 15 16 17 18 18 20 21 23 23 23 23 24 25 25 26 27 28 28 29 29 30 30 31 33 34 35 36 36 38 38 38 3 NB – Versione parziale in corso di completamento. 7 marzo 2011 (Versione 2.2) 1 INTRODUZIONE 4 If you push the stick forward, the houses get bigger. If you pull the stick back, they get smaller. Unless you keep pulling the stick all the way back - then they get bigger again. – one of the ‘Flight rules’ (from the Internet). 1 INTRODUZIONE In questa sezione consideriamo la modalità di generazione delle forze aerodinamiche sul velivolo, con particolare riferimento al volo rettilineo stazionario. Infatti questo, da un lato è di fondamentale importanza in quanto rappresentativo delle condizioni di volo affrontate per la maggior parte del tempo nel corso di una missione dalla grande maggioranza dei velivoli; dall’altro, consente di mettere in luce gli aspetti più importanti ed utili alla comprensione delle fenomenologie coinvolte. Inoltre, una discussione dedicata al volo curvilineo e/o non stazionario comporterebbe un notevole incremento della complessità dell’esposizione, inadatto al carattere introduttivo della presente trattazione. Il velivolo é assunto come caratterizzato da una forma fissata, intendendo con ciò che • tutte le superfici di controllo primarie (equilibratori, alettoni, timone di direzione) siano bloccate in una certa posizione; • la configurazione sia fissata, dove con ciò ci si riferisce principalmente alla posizione delle superfici d’ipersostentazione (flaps, slats) ed eventuali superfici di controllo secondarie (diruttori, aerofreni) ed al carrello, nonchè alla freccia dell’ala (per velivoli a geometria variabile), al calettamento delle gondole motrici (per convertiplani), etc. Per gli scopi che ci interessano, possiamo limitarci a considerare che tale configurazione sia quella nominale di crociera, detta in gergo ‘pulita’ (clean configuration), ossia con ipersostentatori non deflessi e carrello retratto, e con superfici di controllo non deflesse. La struttura di questa sezione comporta • la discussione della forma generale delle leggi costutitive per le diverse componenti di forze e momenti aerodinamici sul velivolo, da cui emerge il ruolo fondamentale dei coefficienti di forza e momento, i quali dipendono dagli angoli aerodinamici e dai numeri di Mach e Reynolds di volo; • la trattazione della fenomenologia aerodinamica che permette di caratterizzare le dipendenze di questi coefficienti; tale fenomenologia è tradizionalmente esaminata a partire dal caso dei profili bidimensionali, per arrivare, attraverso l’ala tridimensionale, al velivolo completo, secondo un approccio a complessità crescente. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 2 2.1 5 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI Sforzi e risultanti delle azioni aerodinamiche Le relazioni che esprimono la dipendenza delle azioni aerodinamiche dalle variabili che caratterizzano lo stato di moto del velivolo e lo stato dell’ambiente circostante sono dette leggi costitutive delle forze aerodinamiche. La valutazione accurata delle azioni aerodinamiche in condizioni di volo arbitrarie è un compito impegnativo e non viene affrontato in questa sede, in quanto va al di là delle necessità della Meccanica del Volo, ed in particolare dell’analisi delle prestazioni e delle caratteristiche fondamentali di equilibrio e stabilità dei velivoli. A questo fine, è sufficiente analizzare la dipendenza del risultante delle azioni aerodinamiche e del loro momento risultante da alcune variabili fondamentali. Il risultante F ed il momento risultante MP rispetto al generico polo P delle azioni aerodinamiche possono essere espressi nel modo più generale possibile come integrali delle corrispondenti distribuzioni superficiali di sforzi e dei loro momenti, secondo le formule Z F= τ Q dAQ , Sa Z (1) MP = τ Q × (P − Q) dAQ , Sa dove τ Q rappresenta lo sforzo esercitato dall’aria sulle superfici del velivolo nel punto Q, punto materiale corrente d’integrazione, dAQ la superficie elementare relativa a tale punto. Questi integrali sono estesi alla superficie Sa , corrispondente alla superficie ‘bagnata’ del velivolo (ossia la superficie esposta al contatto con l’aria esterna), fatta salva la superficie pertinente agli organi propulsivi.1 Adottando per l’aria il modello di fluido viscoso comprimibile, che risulta molto generale tra i possibili modelli disponibili nella fluidodinamica dei mezzi continui, si può mostrare che lo sforzo τ x nel punto x è decomponibile secondo l’espressione τ x = τ nx + τ tx , (2) dove τ nx è normale alla superficie su cui si esercita lo sforzo (sforzo di compressione), mentre τ tx è ad essa tangente (sforzo di taglio). Assumendo inoltre l’ipotesi di flusso traslatorio stazionario, si puó dimostrare che entrambi i componenti vettoriali normale e tangenziale dello sforzo τ x dipendono dai valori locali della velocità del flusso ux , della viscosità µx , nonchè dal versore locale normale alla superficie exn , mentre il solo sforzo normale dipende anche dalla pressione locale px : τ nx = τ nx (ux , px , µx , exn ), τ tx = τ tx (ux , µx , exn ). (3) 1 La superficie S pertinente agli organi propulsivi corrisponde a quella delle pale nei velivoli p propulsi a motoelica, alle superfici interne (condotti) ed esterne (prese d’aria e carenature se montati su gondole) per i motori a getto. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 6 Pertanto, si deduce che gli integrali nelle eq. 1 possono essere intesi come dipendenti da un valore di pressione di riferimento, da un valore di velocità di riferimento, da un valore di viscosità di riferimento, da un valore di superficie di riferimento e da opportune grandezze – che lasceremo qui indefinite – che tengono conto della forma della superficie Sa , intendendo con ciò tanto la geometria generale, quanto il grado di finitura superficiale locale: F = F(uref , pref , µref , Sref , forma), MP = MP (uref , pref , µref , Sref , forma). (4) Per il velivolo, i valori di riferimento (uref , pref , µref ) sono assunti come quelli caratterizzanti il flusso d’aria indisturbato a monte del velivolo, tipicamente indicati con (u∞ , p∞ , µ∞ ). Inoltre, la superficie di riferimento Sref , nel caso di un velivolo ad ala fissa, è generalmente assunta pari alla superficie nominale dell’ala,2 tipicamente indicata con S. Allo scopo di preparare gli sviluppi successivi, assumendo l’ipotesi di gas perfetto per l’aria, è possibile sostituire la dipendenza dalla pressione con quella dalla densità e dalla temperatura assoluta, essendo p∞ = ρ∞ Ra ϑ∞ , (5) dove Ra rappresenta la costante di gas perfetto dell’aria, pari a 287.05 m2 /K s2 . Inoltre, sempre sotto l’ipotesi di gas perfetto per l’aria, è possibile far comparire la velocità del suono al posto della temperatura assoluta, essendo p (6) a∞ = γa Ra ϑ∞ , dove γa rappresenta il rapporto tra i calori specifici dell’aria a pressione costante e a volume costante, pari a 1.4. Risulta quindi che, indicando per brevità tanto F quanto MP col simbolo A, A = A(u∞ , ρ∞ , a∞ , µ∞ , S, forma). (7) Con questa forma funzionale generale, possiamo affrontare l’analisi dimensionale per i risultanti delle azioni aerodinamiche. 2.2 Analisi dimensionale Ottenuta la forma funzionale 7, il passo successivo consiste nel chiedersi quale sia l’effettiva dipendenza dei risultanti delle azioni aerodinamiche dalle grandezze evidenziate sopra. Un modo per rispondere a tale domanda è fornito dal procedimento detto analisi dimensionale, che affrontiamo di seguito. 2 Si tratta della superficie in pianta dell’ala, inclusa la porzione che ‘attraversa’ la fusoliera. Risulta pertanto sempre inferiore a metà della superficie bagnata del velivolo. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 2.2.1 7 Teorema di Buckingham Il procedimento di analisi dimensionale può essere visto come un’applicazione di un potente strumento teorico noto come Teorema ‘Π’ o Teorema di Buckingham (E. Buckingham, 1914), che trova il suo utilizzo nelle più diverse branche della fisica. Tale teorema asserisce che: ogni equazione fisica, dipendente da n variabili fisiche {qi } che siano esprimibili in termini di k quantità fisiche fondamentali indipendenti, é rappresentabile come funzione di (n − k) variabili adimensionali {πj } costruite moltiplicando fra loro combinazioni delle variabili originali. In altre parole, ogni equazione fisica del tipo f (q1 , q2 , . . . , qn ) = 0, (8) può essere espressa nella forma g(π1 , π2 , . . . , πn−k ) = 0, (9) essendo le variabili adimensionali {πj } definite da equazioni del tipo e e πj = q1j1 q2j2 . . . qnejn , j = 1, . . . , n − k, (10) dove gli n (n − k) esponenti {eji } sono delle costanti. In linea di principio, l’equazione 9 può essere esplicitata rispetto ad una delle variabili adimensionali, ad esempio la prima, nella forma π1 = ϕ(π2 , . . . , πn−k ). (11) Questo comporta quindi un legame tra le variabili fisiche che concorrono a formare la variabile adimensionale π1 e le restanti variabili adimensionali {πj } con j = 2, . . . , n. Un modo per determinare un insieme di variabili adimensionali tra tutti quelli possibili consiste nel definirli come segue: e e e πj = q1j1 q2j2 . . . qkjk qk+j , j = 1, . . . , n − k, (12) ossia mettendo in relazione biunivoca ciascun {πj } con ciascun {qk+j }. Questo corrisponde all’aver scelto quali quantità fisiche fondamentali le prime k variabili fisiche {qj } con j = 1, . . . , k, il che consente quindi di esprimere attraverso queste quantità le (n − k) variabili rimanenti {qj } con j = k + 1, . . . , n. Notiamo che le equazioni 12 comportano che gli esponenti devono soddisfare il requisito di consistenza dimensionale, ossia che [q1 ]ej1 [q2 ]ej2 . . . [qk ]ejk [qk+j ] = [πj ] ≡ [1], j = 1, . . . , n − k, (13) avendo indicato con [•] la dimensione della grandezza •. Pertanto, da ognuna delle equazioni 13 è possibile, sostituendo ad ogni termine [qi ] il suo valore 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 8 dimensionale, ottenere k equazioni per i k esponenti che vi compaiono, ottenendo cosı̀ la definizione completa di ogni variabile adimensionale. Il Teorema di Buckingham fornisce quindi un modo per calcolare le variabili adimensionali (spesso detti numeri caratteristici) che governano un certo fenomeno, nonostante la forma dell’equazione fisica non sia nota a priori. Ciò fornisce agli sperimentatori una notevole conoscenza preliminare di un dato fenomeno di cui si vuole determinare l’equazione che lo governa. Due sistemi fisici che siano caratterizzati dagli stessi numeri adimensionali sono detti simili o in similitudine. Essi risultano dunque equivalenti dal punto di vista dell’equazione che li governa. Questa circostanza ha un rilievo enorme in tutte le branche della fisica, tanto dal punto di vista teorico, quanto da quello sperimentale. 2.2.2 Vento relativo Prima di sviluppare l’analisi dimensionale per i risultanti delle azioni aerodinamiche, premettiamo che la velocità del flusso d’aria indisturbato rispetto al velivolo è pari all’opposto della velocità di volo del velivolo, u∞ ≡ −V, (14) A = A(V, ρ, a, µ, S, forma), (15) pertanto scriviamo intendendo d’ora in poi che (ρ, a, µ) rappresentino i valori di densità, velocità del suono e viscosità corrispondenti alla quota di volo, omettendo il pedice ∞ . Inoltre, a partire da principi fondamentali quali l’invarianza delle leggi costitutive rispetto al sistema di riferimento, si può dimostrare quello che l’esperienza permette di comprendere con una certa semplicità: con riferimento alla velocità di volo, i risultanti delle azioni aerodinamiche dipendono esclusivamente dal vento relativo, ossia dalle componenti della velocità di volo rispetto agli assi di un riferimento solidale. Ciò comporta, ad esempio, che le forze generate su un corpo fermo immerso in una corrente (come accade in una galleria del vento) siano le stesse che si generano sullo stesso corpo in moto in una corrente in quiete, a parità di moto relativo. Pertanto, la dipendenza dalla velocità di volo V può essere esplicitata nella dipendenza dalle sue coordinate cartesiane (u, v, w) oppure sferiche (V, α, β) rispetto al sistema di riferimento solidale. Propendiamo qui per la seconda possibilità, ottenendo A = A(V, α, β, ρ, a, µ, S, forma). (16) In questo modo, nel seguito sarà agevole distinguere l’effetto dell’intensità della velocità (rappresentata dal suo modulo V ) da quello della sua orientazione relativa al velivolo (rappresentata dagli angoli aerodinamici, ossia incidenza α e deriva β). 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 2.2.3 9 Caratterizzazione delle dipendenze Il procedimento dell’analisi dimensionale per i risultanti delle azioni aerodinamiche consiste nell’applicare il teorema di Buckingham alle singole componenti scalari, oppure al modulo A := kAk, della grandezza espressa attraverso l’equazione 16. Consideriamo dunque la grandezza A = A(V, α, β, ρ, a, µ, S, forma), (17) e notiamo che (α, β) sono grandezze adimensionali, mentre con ‘forma’ si può intendere un insieme, qui imprecisato, di variabili adimensionali che caratterizzano le proporzioni del velivolo attraverso rapporti tra grandezze omogenee (lunghezze, superfici, volumi). Pertanto, l’insieme delle variabili (α, β, forma) è costituito da numeri adimensionali indipendenti tra loro determinati a priori, che possiamo escludere dal procedimento seguente. Infatti, consideriamo • le variabili fisiche {qi } date da {A, V, ρ, a, µ, S} e quindi n = 6; • le quantità fisiche fondamentali date da {massa M, lunghezza L, tempo T } e quindi k = 3 (infatti le dimensioni delle variabili fisiche citate sopra sono tutte ottenibili con combinazioni opportune di queste tre quantità); • le variabili adimensionali {πj }, in numero quindi di n − k = 3. È quindi possibile assumere che vi sia una relazione g(π1 , π2 , π3 , α, β, forma) = 0, (18) π1 = ϕ(π2 , π3 , α, β, forma). (19) ovvero che si abbia Per determinare le tre variabili adimensionali (π1 , π2 , π3 ), scegliamo le tre variabili fisiche (ρ, V, S) quali indipendenti e quindi scriviamo quindi le variabili adimensionali come segue π1 = ρe1ρ V e1V S e1S A, π2 = ρe2ρ V e2V S e2S a, π3 = ρ e3ρ V e3V S e3S (20) µ, facendole corrispondere alle variabili fisiche (A, a, µ). Deve quindi essere [ρ]e1ρ [V ]e1V [S]e1S [A] = [1], [ρ]e2ρ [V ]e2V [S]e2S [a] = [1], e3ρ [ρ] e3V [V ] e3S [S] (21) [µ] = [1]. Viste le dimensioni di densità, velocità di volo, superficie, velocità del suono, viscosità e azione risultante A, date nella tabella seguente: 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 10 Grandezza ρ V S a µ A Dimensione M L−3 L T −1 L2 L T −1 M L−1 T −1 M Lm T −2 con m = 1, 2 a seconda che con A si consideri il risultante o il momento risultante delle azioni aerodinamiche, otteniamo (M L−3 )e1ρ (L T −1 )e1V (L2 )e1S (M Lm T −2 ) = 1, (M L−3 )e2ρ (L T −1 )e2V (L2 )e2S (L T −1 ) = 1, −3 e3ρ (M L ) (L T −1 e3V 2 e3S (L ) ) −1 (M L T −1 (22) ) = 1. Perchè vi sia consistenza dal punto di vista dimensionale, la somma degli esponenti risultanti per ciascuna quantità (M, L, T ) deve annullarsi; abbiamo quindi −3 e1ρ + e1V e1ρ + 1 = 0, + 2 e1S + m = 0, (23) −e1V − 2 = 0, per π1 , e2ρ = 0, −3 e2ρ + e2V + 2 e2S + 1 = 0, (24) −e2V − 1 = 0, per π2 , ed infine e3ρ + 1 = 0, −3 e3ρ + e3V + 2 e3S − 1 = 0, (25) −e3V − 1 = 0, per π3 . Risolvendo, si trovano i valori e1ρ = −1, e1V = −2, e1S = −(m + 1)/2, e2ρ = 0, e2V = −1, e2S = 0, e3ρ = −1, e3V = −1, e3S = −1/2, (26) e quindi le variabili adimensionali risultano date da π1 = A ρV 2S m+1 2 , π2 = a , V π3 = µ √ . ρV S (27) Naturalmente, è possibile sostituire le variabili adimensionali appena determinate con loro inversi e/o multipli. In effetti, nel caso presente hanno particolare 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 11 rilievo il numero di Mach di volo, M := V , a (28) pari quindi all’inverso di π2 , ed il numero di Reynolds di volo, Re := ρV L , µ (29) √ pari all’inverso di π3 a meno della moltiplicazione per la costante L/ S, dove L è una lunghezza di riferimento opportuna per il velivolo. Inoltre, definiamo coefficiente adimensionale corrispondente ad A la grandezza A , qd S lm−1 CA := (30) avendo fatto comparire la pressione dinamica di volo qd , definita come qd := 1 ρ V 2, 2 (31) ed avendo introdotto un’opportuna lunghezza di riferimento l.3 Si vede quindi √ m−1 che CA é pari a π1 moltiplicato per la costante 2 ( S/l) . A questo punto, possiamo invertire l’equazione 30 scrivendo A = qd S lm−1 CA , (32) e, data l’equazione 19, la dipendenza di π1 da (π2 , π3 , α, β, forma) equivale alla dipendenza di CA da (M, Re, α, β, forma), per cui A = qd S lm−1 CA (α, β, M, Re, forma). (33) Quest’ultima espressione consente la definizione delle equazioni costitutive generali per le azioni aerodinamiche, attraverso i loro coefficienti adimensionali, un risultato assolutamente fondamentale per l’intero sviluppo dell’aeronautica. 2.2.4 Coefficienti adimensionali di forza e momento Tornando ora esplicitamente al risultante F ed al momento risultante MP delle azioni aerodinamiche, al posto della grandezza generica A, abbiamo F , qd S MP := , qd S l CF := CMP (34) 3 Le lunghezze di riferimento L e l usate nelle definizioni di Re e C A sono tipicamente dettate da convenzioni e consuetudini, e possono quindi essere diverse fra loro. Come si vedrà in seguito, nel caso che A rappresenti un momento di beccheggio, la lunghezza l è assunta pari alla corda media aerodinamica, mentre se si tratta di un momento di rollio o d’imbardata all’apertura alare. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 12 attraverso cui possiamo scrivere le equazioni F = qd S CF (α, β, M, Re, forma), MP = qd S l CMP (α, β, M, Re, forma). (35) Come si vede, secondo l’analisi appena svolta, i risultanti delle azioni aerodinamiche risultano proporzionali al prodotto della pressione dinamica per la superficie di riferimento (caso della forza risultante) oppure per la superficie di riferimento e per una lunghezza di riferimento (caso del momento risultante), attraverso i due coefficienti adimensionali CF e CMP che dipendono dagli angoli d’incidenza e deriva, dai numeri di Mach e Reynolds e dalla forma del velivolo. Pertanto, l’entità delle forze aerodinamiche cresce linearmente con la pressione dinamica e con le dimensioni superficiali del velivolo, a parità di valori assunti dagli angoli d’incidenza e deriva, dai numeri di Mach e Reynolds, e a parità di forme. Una conseguenza fondamentale dei risultati appena ottenuti consiste nel fatto che due velivoli identici nelle forme, ma non nelle dimensioni (ad esempio due modelli perfettamente in scala), immersi, a parità di angoli aerodinamici in flussi diversi per velocità, densità, temperatura e viscosità, ma tali da fornire uguali valori dei numeri di Mach e di Reynolds, sviluppano coefficienti di forza e momento identici. Come sarà richiamato nel seguito, le espressioni nelle eq. 35 risultano ampiamente verificate sperimentalmente nelle ipotesi di flusso traslatorio stazionario e possono essere assunte quindi come leggi costitutive generali per i risultanti delle azioni aerodinamiche sul velivolo in tali condizioni. 2.3 Componenti delle azioni aerodinamiche I risultati ottenuti sopra in termini generali vanno specializzati alle singole componenti scalari di forza e momento rispetto ad opportuni sistemi di riferimento. Infatti, queste componenti presentano caratteristiche fenomenologiche particolari e distinte, il cui esame è della massima importanza per la comprensione del comportamento dei velivoli. 2.3.1 Componenti di forza nel riferimento aerodinamico Il risultante delle azioni aerodinamiche F può essere decomposto in modo molto significativo secondo gli assi del riferimento aerodinamico F a . Infatti, si definiscono: • la resistenza (drag) D come la componente della forza aerodinamica che si oppone al moto, e quindi in direzione della velocità all’aria V e in verso opposto, D := −eax · F; (36) • la devianza (sideforce oppure crosswind force) Q come la componente della forza aerodinamica che si genera nella direzione di eay ed in verso opposto, Q := −eay · F; (37) 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 13 • la portanza (lift) L come la componente della forza aerodinamica che si genera nella direzione di eaz ed in verso opposto, L = −eaz · F. (38) Pertanto,4 risulta F = −(D eax + Q eay + L eaz ). (39) Come vedremo, la natura della resistenza è profondamente diversa da quella delle altre due componenti, che assieme danno luogo alla forza deviatrice, perpendicolare alla velocità di volo. Adimensionalizzando le tre componenti, dividendole cioè per il prodotto (qd S), che ha le dimensioni di una forza, si definiscono: • il coefficiente di resistenza (drag coefficient) CD , CD := D , qd S (40) • il coefficiente di devianza (sideforce coefficient) CQ , CQ := Q , qd S (41) • il coefficiente di portanza (lift coefficient) CL CL := L . qd S (42) Le leggi costitutive per le componenti del risultante delle azioni aerodinamiche secondo gli assi aerodinamici si compendiano dunque nelle seguenti equazioni: D = q d S CD , Q = q d S CQ , (43) L = q d S CL , dove s’intende che i coefficienti di resistenza, devianza e portanza rispondano ad equazioni funzionali, per il momento indeterminate, del tipo seguente: CD = CD (α, β, M, Re, forma), CQ = CQ (α, β, M, Re, forma), (44) CL = CL (α, β, M, Re, forma), ottenute applicando l’analisi dimensionale vista in precedenza alle singole componenti in esame. 4 Il segno nelle equazioni precedenti deriva dal fatto che la resistenza D è sempre positiva, mentre la portanza L lo è in condizioni di volo stazionario tipiche, in quanto rappresenta il modo specifico del velivolo per equilibrare il peso, o una parte considerevole di esso. Il segno di Q è scelto quindi per coerenza con D e L. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 2.3.2 14 Componenti di forza nel riferimento solidale Oltre alla decomposizione appena vista, risulta utile considerare le componenti del risultante delle azioni aerodinamiche secondo gli assi del riferimento solidale F b . Infatti, si definiscono: • la forza longitudinale X come la componente della forza aerodinamica lungo l’asse di rollio, X := ebx · F; (45) • la forza laterale Y come la componente della forza aerodinamica lungo l’asse di beccheggio, Y := eby · F; (46) • la forza trasversale Z come la componente della forza aerodinamica lungo l’asse d’imbardata, Z = ebz · F. (47) Pertanto, risulta F = X ebx + Y eby + Z ebz . (48) Anche in questo caso si può fare riferimento all’adimensionalizzazione eseguita dividendo le componenti per il prodotto (qd S), ottenendo le leggi costitutive per le componenti del risultante delle azioni aerodinamiche secondo gli assi solidali: X = qd S CX , Y = qd S CY , (49) Z = qd S CZ , dove i coefficienti di forza rispondono ad equazioni funzionali del tipo seguente: CX = CX (α, β, M, Re, forma), CY = CY (α, β, M, Re, forma), (50) CZ = CZ (α, β, M, Re, forma), ottenute applicando l’analisi dimensionale vista in precedenza alle singole componenti in esame. 2.3.3 Componenti di momento nel riferimento solidale Analogamente a quanto visto per il risultante delle azioni aerodinamiche F, anche il momento risultante MP può essere decomposto in modo molto significativo secondo gli assi del riferimento solidale F b . Infatti, si definiscono: • il momento di rollio (rolling moment) LP come la componente del momento aerodinamico attorno all’asse di rollio, LP := ebx · MP ; (51) 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 15 • il momento di beccheggio (pitching moment) MP come la componente del momento aerodinamico attorno all’asse di beccheggio, MP := eby · MP ; (52) • il momento d’imbardata (yawing moment) NP come la componente del momento aerodinamico attorno all’asse d’imbardata, NP := ebz · MP ; (53) Pertanto, risulta MP = LP ebx + MP eby + NP ebz . (54) Ricordiamo che, dati i versi di rotazione positivi sui piani coordinati del riferimento solidale F b , il momento di rollio risulta positivo quando fa abbassare la semiala destra ed alzare la sinistra, il momento di beccheggio risulta positivo quando fa alzare la prua ed abbassare la poppa, il momento d’imbardata risulta positivo quando fa arretrare la semiala destra ed avanzare la sinistra. Nel caso dei momenti, l’adimensionalizzazione si ottiene, per una tradizione ispirata da motivi pratici, dividendo le componenti per il prodotto (qd S) e per una lunghezza che per i momenti di rollio e imbardata è l’apertura alare b, mentre per il momento di beccheggio è la corda media aerodinamica (MAC, mean aerodynamic chord)5 c dell’ala: LP = qd S b CLP , MP = qd S c CMP , (55) NP = qd S b CNP , dove i coefficienti di momento rispondono ad equazioni funzionali del tipo seguente: CLP = CLP (α, β, M, Re, forma), CMP = CMP (α, β, M, Re, forma), (56) CNP = CNP (α, β, M, Re, forma), ottenute applicando l’analisi dimensionale vista in precedenza alle singole componenti in esame. 2.4 Effetto del numero di Mach Abbiamo visto che tutti i coefficienti di forza e momento dipendono dal numero di Mach. Pertanto, prima di esaminare l’aerodinamica dei profili, delle ali e dei velivoli, premettiamo alcune considerazioni generali sull’effetto delle variazioni di questo parametro sulle condizioni di flusso aerodinamico. 5 La corda media aerodinamica a rigore è definita come il valore quadratico medio della corda dell’ala in funzione dell’apertura. In generale, rappresenta una lunghezza caratteristica relativa all’ala. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 2.4.1 16 Numero di Mach e fenomeni di comprimibilità Il numero di Mach è un parametro adimensionale che indica l’importanza della compressibilità di un fluido nei fenomeni fluidodinamici. Viene definito come il rapporto tra una velocità di flusso di riferimento ed una velocità del suono di riferimento. Localmente, questa grandezza è definita come il rapporto tra la velocità scalare del flusso Ux in un certo punto x e la velocità del suono locale ax : Mx := Ux . ax (57) Essendo la velocità del suono la celerità con cui si propagano piccole perturbazioni di pressione (ossia, nell’ambito delle frequenze udibili dall’uomo, il suono), il numero di Mach locale definisce tre possibili regimi di moto o di flusso:6 • regime subsonico quando Mx < 1; in questo regime, quindi, la velocità del flusso è inferiore a quella del suono, pertanto le perturbazioni di pressione generate nella posizione x si propagano più velocemente delle particelle materiali che passano per tale punto; • regime sonico quando Mx = 1; in questo regime, la velocità del flusso è pari a quella del suono, pertanto le perturbazioni di pressione generate nella posizione x si propagano con la stessa velocità delle particelle materiali che passano per tale punto; • regime supersonico quando Mx > 1; in questo regime, la velocità del flusso è superiore a quella del suono, pertanto le perturbazioni di pressione generate nella posizione x si propagano più lentamente delle particelle materiali che passano per tale punto. Risulta quindi che posizioni successive assunte dalle particelle passanti per x in un intorno di tale posizione vengono raggiunte dalle perturbazioni di pressione prima del passaggio delle particelle che le hanno prodotte, se in regime subsonico; proprio al passaggio delle particelle che le hanno prodotte, se in regime sonico; dopo il passaggio delle particelle che le hanno prodotte, se in regime supersonico. p √ Notiamo che, essendo per un gas perfetto ax = γ R ϑx = γ px /ρx , essendo (px , ρx , ϑx ) le grandezze di stato termodinamiche pressione, densità e temperatura (assoluta) nel punto x, mentre R e γ sono due costanti che dipendono soltanto dalla natura chimica del gas (per l’aria si ha R = 287.05 m2 /K s2 e γ = 1.4) si ha ρx Ux2 M2x = . (58) γ px 6 Limitatamente alle condizioni di volo interessanti per la Meccanica del Volo Atmosferico, ossia quelle di flussi ‘continui’ (tali da poter considerare per la loro descrizione un modello di corpo continuo). Infatti, in problemi di Meccanica del Volo extratmosferica, in condizioni di elevatissima rarefazione, è ancora possibile considerare dei ‘flussi’, ma di tipo discontinuo (su scala molecolare), che vanno trattati mediante la teoria cinetica dei gas. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 17 Il quadrato del numero di Mach indica dunque, a meno di una costante pari a 2/γ, il rapporto tra l’energia cinetica per unità di volume del flusso, ossia 1/2 ρx Ux2 , e la pressione statica dell’ambiente indisturbato (equivalentemente, il rapporto tra energia cinetica ed energia di pressione, entrambe per unità di volume). Oltre alla caratterizzazione locale, viene definito anche un numero di Mach nominale del flusso come il rapporto tra la velocità scalare del flusso all’infinito a monte U∞ e la velocità del suono dell’infinito a monte a∞ : M∞ := U∞ . a∞ (59) In base ai valori assunti da questo parametro si possono distinguere regimi globali di flusso, che esamineremo in relazione al velivolo. 2.4.2 Regimi di volo Il numero di Mach di volo M di un velivolo è dato dal rapporto tra la velocità di volo e la velocità del suono dell’ambiente indisturbato, M := V . a (60) Nel caso di un velivolo in volo, la velocità del flusso all’infinito a monte u∞ è il vettore opposto alla velocità di volo V, sicché i loro moduli, dati rispettivamente da U∞ := ku∞ k e V := kVk, coincidono, V ≡ U∞ . Inoltre, la velocità del suono dell’infinito a monte a∞ coincide con la velocità del suono dell’ambiente indisturbato a alla quota di volo. Pertanto, il numero di Mach di volo coincide con il numero di Mach nominale del flusso provocato dal moto del velivolo nell’ambiente altrimenti indisturbato. Per un velivolo, le condizioni di volo si distinguono in funzione della distribuzione delle condizioni locali di flusso sulla sua superficie ‘bagnata’, ossia la superficie esposta al contatto con l’aria circostante. Tali condizioni locali permettono di distinguere diversi regimi di volo, caratterizzati da una diversa fenomenologia aerodinamica, in funzione del valore del numero di Mach di volo. Infatti, si dice • volo subsonico, se il numero di Mach di volo è compreso nell’intervallo M ∈ (0, Mcr ): in questo regime di volo, l’intera superficie esposta del velivolo è in condizioni localmente subsoniche; il valore Mcr , detto numero di Mach critico del velivolo, si colloca tipicamente nell’intervallo (0.7, 0.8); per questo valore del numero di Mach di volo il primo punto sulla superficie del velivolo raggiunge condizioni soniche; • volo transonico, se il numero di Mach di volo è compreso nell’intervallo M ∈ [Mcr , Msup ]: in questo regime di volo, una parte della superficie esposta del velivolo è in condizioni localmente subsoniche ed una parte in condizioni localmente supersoniche, separate da contorni in condizioni 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 18 soniche; il valore Msup si colloca tipicamente nell’intervallo (1.1, 1.2); per questo valore del numero di Mach di volo l’intera superficie del velivolo è praticamente soggetta interamente a flusso supersonico; • volo supersonico, se il numero di Mach di volo è maggiore di Msup : in questo regime di volo, l’intera superficie esposta del velivolo è in condizioni localmente supersoniche con eccezione dell’intorno delle zone di ristagno (come la prua, il bordo d’attacco alare, etc.), dove si generano delle superfici di discontinuità della pressione dette onde d’urto (shock waves). L’isolamento del regime transonico, a cavallo di M = 1, risulta particolarmente significativo in quanto sede di fenomenologie complesse e generalmente svantaggiose per le prestazioni, il controllo e la stabilità del velivolo. A quanto appena esposto va aggiunto che, a fini pratici, il regime subsonico viene ulteriormente suddiviso in • subsonico incomprimibile, se il numero di Mach di volo è compreso nell’intervallo M ∈ (0, 0.3): in questo regime di volo, l’aria può essere approssimata come un gas incomprimibile senza commettere errori rilevanti; • subsonico comprimibile, se il numero di Mach di volo è compreso nell’intervallo M ∈ [0.3, Mcr ); in questo regime di volo, l’aria non può essere approssimata come un gas incomprimibile senza commettere errori rilevanti. Questa separazione si giustifica col fatto che il valore di molte grandezze cinematiche e dinamiche relative al velivolo risulta proporzionale all’espressione √ 1 − M2 o al suo inverso. Pertanto, per M < 0.3 il valore di tale espressione differisce dall’unità per meno del 5%. 2.5 Effetto del numero di Reynolds Abbiamo visto che tutti i coefficienti di forza e momento dipendono dal numero di Reynolds. Analogamente a quanto visto per il numero di Mach, prima di esaminare l’aerodinamica dei profili, delle ali e dei velivoli, premettiamo alcune considerazioni generali sull’effetto delle variazioni di questo parametro sulle condizioni di flusso aerodinamico. 2.5.1 Numero di Reynolds e strato limite Il numero di Reynolds è un parametro adimensionale che indica l’importanza della viscosità di un fluido nei fenomeni fluidodinamici. Viene definito come il rapporto tra il prodotto di una densità di riferimento per una velocità di flusso di riferimento per una lunghezza di riferimento, ed una viscosità di riferimento. Localmente, questa grandezza è definita come il rapporto tra il prodotto della densità del flusso ρx in un certo punto x, della sua velocità scalare Ux , e di una lunghezza caratteristica L e la viscosità locale µx : Rex := ρx Ux L . µx (61) 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI Regime di volo Numero di Mach 19 Condizioni di flusso locale sulle superfici del velivolo Ovunque subsonico, effetti di comprimibilità trascurabili Subsonico incomprimibile Subsonico comprimibile Inizio del transonico M ∈ [0.3, Mcr ) Ovunque subsonico M = Mcr Primo punto in condizioni soniche Transonico M ∈ (Mcr , Msup ) Fine del transonico M = Msup Supersonico M > Msup M ∈ (0, 0.3) Regioni subsoniche e supersoniche contemporaneamente presenti Le regioni subsoniche si riducono alle sole zone di ristagno Ovunque supersonico (eccetto le zone di ristagno) Tab. 1: Definizioni dei regimi di volo. Il valore assunto dal numero di Reynolds contraddistingue due possibili regimi di moto: • regime laminare quando Rex < Recr ; in questo regime, per condizioni globali stazionarie, il moto delle particelle del fluido avviene per strati paralleli con velocità, pressione, densità costanti nel tempo; il moto consiste quindi in uno scorrimento ordinato di strati fluidi adiacenti, a velocità diverse; • regime turbolento quando Rex > Recr ; in questo regime, per condizioni globali stazionarie, il moto delle particelle del fluido avviene in modo localmente caotico con velocità, pressione, densità continuamente variabili nel tempo; il moto consiste quindi nella sovrapposizione di un moto d’insieme costante su grande scala, e di un moto di rimescolamento vorticoso diffuso su scala molto più piccola. Il valore critico Recr per la transizione da regime laminare a regime turbolento dipende dal problema specifico e dalla scelta della lunghezza caratteristica. Si aggira normalmente nell’intervallo Recr ∈ (1 · 102 , 1 · 104 ). Va detto che la transizione tra i due regimi non è necessariamente brusca e può comportare un intervallo di valori a cavallo di Recr . Notiamo che ρx Ux2 qd Rex = = 2 x. (62) τx µx ULx Il numero di Reynolds indica dunque, a meno della costante 2, il rapporto tra la pressione dinamica locale del flusso (ossia la sua energia cinetica per unità di volume) qd x := 12 ρx Ux2 ed una grandezza che può essere interpretata come uno sforzo tangenziale locale di riferimento, τ x := µx Ux /L. 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 20 Oltre alla caratterizzazione locale, viene definito anche un numero di Reynolds nominale del flusso utilizzando i valori delle grandezze dell’infinito a monte: ρ∞ U∞ L Re∞ := . (63) µ∞ In base ai valori assunti da questo parametro si possono distinguere regimi globali di flusso, che esamineremo in relazione al velivolo. 2.5.2 Strato limite Il numero di Reynolds di volo Re di un velivolo è dato da Re := ρV L . µ (64) Nel caso di un velivolo in volo, la velocità del flusso all’infinito a monte u∞ è il vettore opposto alla velocità di volo V, sicché i loro moduli, dati rispettivamente da U∞ := ku∞ k e V := kVk, coincidono, V ≡ U∞ . Inoltre, densità e viscosità del flusso all’infinito coincidono con quelle dell’ambiente indisturbato (ρ, µ) alla quota di volo. Pertanto, il numero di Reynolds di volo coincide con il numero di Reynolds nominale del flusso provocato dal moto del velivolo nell’ambiente altrimenti indisturbato. Il valore del numero di Reynolds di volo ha normalmente valori compresi nell’intervallo (1·106 , 1·108 ), che corrispondono a condizioni di regime turbolento nella stragrande maggioranza del suo strato limite. Lo strato limite (boundary layer ) è la porzione del flusso attorno al velivolo dove si concentrano gli effetti della viscosità dell’aria. Si tratta di una regione relativamente limitata, al di fuori della quale il flusso è molto ben approssimabile come non viscoso. All’interno dello strato limite, la velocità del flusso scende rapidamente fino ad annullarsi sulla superficie del velivolo, per effetto delle forze d’attrito viscoso che si sviluppano tra le particelle d’aria. Per numeri di Reynolds molto bassi, dell’ordine di (1 · 100 , 1 · 102 ), il flusso nello strato limite è dominato dalle forze d’attrito viscoso che sostanzialmente dissipano l’energia connessa alle piccole perturbazioni di velocità e pressione (ad esempio dovute a vibrazioni strutturali o acustiche, ad imperfezioni superficiali, etc.), impedendo a queste perturbazioni di diffondersi. Al contrario, per numeri di Reynolds elevati, superiori a 1 · 104 , il flusso nello strato limite è dominato dalle forze d’inerzia ed il moto si svolge caoticamente, dato che la diffusione e l’amplificazione delle perturbazioni non viene più impedita a causa della scarsa rilevanza delle forze d’attrito viscoso. Si assiste quindi alla formazione di vortici e di fluttuazioni delle grandezze di stato anche in condizioni di volo stazionarie. Data una superficie estesa, uno strato limite inizialmente laminare può diventare turbolento con l’aumentare della lunghezza percorsa dal flusso, col risultato di un aumento dello spessore dello strato limite e di una omogenizzazione della velocità in porzioni sempre maggiori dello strato limite stesso. Ciò comporta una 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 21 riduzione del gradiente normale di velocità in porzioni sempre maggiori delo strato limite ed un suo corrispondente aumento sempre più marcato in prossimità della superficie del corpo. Essendo lo sforzo d’attrito tangenziale proporzionale al gradiente normale di velocità, la transizione da regime laminare a turbolento produce un vistoso aumento dello sforzo d’attrito. Coll’aumentare della distanza percorsa, l’ispessimento dello strato limite comporta un aumento progressivo della pressione e quindi un gradiente di pressione avverso al moto del fluido. Questa situazione può progredire fino ad una situazione critica, in cui si verifica il distacco della vena fluida dalla superficie del corpo, con la creazione di una zona di ricircolazione nella quale il flusso, altamente turbolento, risulta mediamente fermo rispetto al corpo, e conseguentemente di una scia. Si parla in questo caso di flusso separato. Con l’aumentare del numero di Reynolds (ad esempio perchè aumenta la velocità del flusso a parità degli altri parametri), il punto di transizione da regime laminare a turbolento arretra, ossia si sposta progressivamente verso monte, mentre il punto di separazione arretra, ossia si sposta progressivamente verso valle, riducendo l’entità della scia. 2.6 Dipendenza dalla velocità equivalente Data la dipendenza delle componenti delle azioni aerodinamiche dalla pressione dinamica qd , a parità di (α, β, M, Re, forma), si ha una variazione crescente con la densità dell’aria (e quindi decrescente con la quota) e con il quadrato della velocità di volo (TAS). Ad esempio, per la portanza abbiamo: L= 1 ρ V 2 S CL (α, β, M, Re, forma). 2 (65) Nella pratica aeronautica, la pressione dinamica qd viene rappresentata attraverso la velocità equivalente (equivalent airspeed o EAS) VEAS , definita da r VEAS := ρ V. ρ0 (66) Questa grandezza, tale per cui 1 1 2 ρ V 2 = qd = ρ0 VEAS , 2 2 (67) permette quindi di scrivere L= 1 2 ρ0 VEAS S CL (α, β, M, Re, forma), 2 (68) dove non compare più esplicitamente la dipendenza dalla quota di volo. Le espressioni precedenti mostrano quindi che considerando condizioni di volo diverse a parità di valori assunti dai vari coefficienti adimensionali di forza e momento, componenti e risultanti delle azioni aerodinamiche non dipendono 2 LEGGI COSTITUTIVE GENERALI 22 dalla quota e dalla velocità di volo, ma soltanto dalla velocità equivalente. In altre parole, fissato CL , c’è un solo valore di velocità equivalente per ogni valore di portanza, indipendentemente dalla quota di volo, e cosı̀ per resistenza, devianza e momenti di rollio, beccheggio ed imbardata. 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 3 23 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE L’analisi dei fenomeni aerodinamici sul velivolo, sia pure con geometria fissata, é un compito complesso, che va affrontato per gradi. Cominciamo quindi con l’esame dell’aerodinamica dei profili alari, per poi estendere lo studio alle ali e al velivolo completo. 3.1 3.1.1 Generalità Descrizione di un profilo alare Un profilo alare (airfoil ) è un corpo ideale, piano che rappresenta una sezione longitudinale di un’ala. Si tratta di un profilo affusolato che può essere descritto geometricamente attraverso la sovrapposizione di una distribuzione di spessore su una linea media (mean line), che può essere diritta oppure convessa, nel qual caso è possibile quantificarne la curvatura (camber ). Il punto corrispondente all’estremità anteriore della linea media, ossia quella rivolta verso il flusso, è detto bordo d’attacco (leading edge), quello opposto bordo d’uscita (trailing edge). Il contorno superiore del profilo è detto estradosso (upper contour ), quello inferiore intradosso (lower contour ). Il segmento che congiunge il bordo d’attacco col bordo d’uscita è detto corda (chord line), cosı̀ come la sua lunghezza, indicata con c. Il profilo è detto simmetrico se caratterizzato da una linea media rettilinea, convesso in caso contrario. Consideriamo il profilo alare immerso in un flusso anch’esso piano, e indichiamo con V la velocità all’aria del profilo. 3.1.2 Riferimenti per un profilo alare Definiamo, analogamente a quanto si fa per il velivolo, alcuni riferimenti. In particolare, • il riferimento solidale F b , i cui versori {ebx , eby , ebz } individuano direzioni materiali mutuamente ortogonali date rispettivamente da un asse longitudinale orientato dal bordo d’uscita verso il bordo d’attacco, tipicamente coincidente con l’asse della corda, da un asse normale al piano del profilo e da un asse tale da formare un angolo retto positivo nel senso di rotazione “z su x” (e quindi rivolto orientato dall’estradosso verso l’intradosso); • il riferimento aerodinamico F a , i cui versori {eax , eay , eaz } individuano direzioni mutuamente ortogonali date rispettivamente da un asse parallelo al vettore V e con lo stesso verso, da un asse normale al piano del profilo e da un asse tale da formare un angolo retto positivo nel senso di rotazione “z su x”. Naturalmente, ebx ≡ eax . L’angolo compreso tra la direzione della velocità del flusso indisturbato e l’asse longitudinale xb è detto angolo d’incidenza del profilo, 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 24 e indicato con α. La relazione tra i versori dei due riferimenti appena definiti é semplice: ebx = cos α eax − sin α eaz , ebz = sin α eax + cos α eaz . (69) Ciò comporta quindi una scrittura in componenti della velocità di volo data da V = V eax = V (cos α ebx + sin α ebz ) (70) rispetto ai riferimenti aerodinamico e solidale. 3.1.3 Azioni aerodinamiche su un profilo alare Trattandosi di un corpo piano, e quindi bidimensionale, il risultante delle azioni aerodinamiche F̃ ottenuto integrando le distribuzioni di sforzo sul contorno del profilo ha le dimensioni di una forza per unità di lunghezza, ovvero di una densità lineare di forza. La sua decomposizione rispetto agli assi del riferimento aerodinamico risulta quindi data da F̃ = −(D̃ eax + L̃ eaz ), (71) essendo D̃ e L̃ rispettivamente la resistenza e la portanza del profilo, che, ricordiamo, hanno dimensioni di densità lineari di forza. Per quanto riguarda il momento risultante delle azioni aerodinamiche M̃P rispetto ad un generico polo P , le cui dimensioni sono quelle di una coppia per unità di lunghezza, ossia di una densità lineare di coppia, abbiamo M̃P = M̃P eay , (72) essendo il momento di beccheggio del profilo M̃P l’unica componente del momento risultante. Date le definizioni generali, risulta che le tre componenti delle azioni aerodinamiche si ottengono dai seguenti integrali: Z D̃ = − τ · eax ds, ZC L̃ = − τ · eaz ds, (73) Z C M̃P = rP × τ · eay ds, C dove C rappresenta il contorno del profilo e ds la lunghezza elementare. 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 25 I coefficienti adimensionali per un profilo alare si definiscono nel modo seguente: CD̃ := D̃ , qd c CL̃ := L̃ , qd c CM̃P := (74) M̃P , qd c2 in modo del tutto analogo a quanto fatto per il velivolo, salvo che l’adimensionalizzazione tiene conto delle dimensioni delle grandezze (D̃, L̃, M̃P ) sostituendo la corda del profilo c alla superficie alare S. Mediante i coefficienti appena definiti si possono scrivere le seguenti equazioni costitutive: D̃ = qd c CD̃ (α, M, Re), L̃ = qd c CL̃ (α, M, Re), (75) 2 M̃P = qd c CM̃P (α, M, Re), valide sotto l’ipotesi di flusso traslatorio stazionario per un profilo di forma data. Per alleggerire la notazione, d’ora in avanti si ometteranno i segni ˜ nei simboli delle componenti delle azioni aerodinamiche e dei loro coefficienti. Il seguito di questa sezione sarà dedicato all’esame delle dipendenze dei coefficienti di portanza, resistenza e momento di beccheggio dai parametri (α, M, Re). 3.2 Portanza Ci interessiamo qui dell’andamento del coefficiente di portanza di profilo CL in funzione dell’incidenza α, supponendo costanti i valori dei numeri di Mach e di Reynolds (e quindi omettendo di indicarli nelle dipendenze funzionali). 3.2.1 Curva di portanza Le esperienze in galleria del vento mostrano che i profili alari correntemente utilizzati hanno una dipendenza praticamente lineare del coefficiente di portanza rispetto all’incidenza, almeno finchè il flusso rimane attaccato. Pertanto, CL (α) = a α + CL0 . (76) Il coefficiente a è detto pendenza della curva di portanza (lift curve slope) e assume valori tipici nell’intervallo (5, 6), avendo un limite superiore pari al valore teorico di 2 π ricavato dalla teoria dei profili (infinitamente) sottili. Il valore CL0 dipende naturalmente dalla scelta dell’asse solidale xb , tipicamente assunto come l’asse della corda del profilo. Per rendere l’equazione 76 indipendente da tale scelta, si può procedere come segue CL0 CL (α) = a α + = a (α − αZL ), (77) a 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 26 essendo αZL := −CL0 /a l’angolo formato dall’asse di portanza nulla (zero-lift line) con l’asse solidale xb . Pertanto, definendo l’angolo d’incidenza aerodinamico (absolute angle of attack ) αa := α − αZL si può scrivere CL (αa ) = a αa , (78) b ossia una relazione omogenea indipendente dalla scelta dell’asse x . Se si considera una lastra piana infinitamente sottile quale prototipo più semplice di profilo alare, é possibile mostrare che l’aggiunta della curvatura produce effetti benefici aumentando a, cosı̀ come l’aggiunta di un’opportuna distribuzione di spessore. Per questo motivo, la stragrande maggioranza delle ali ha sezioni costituite da profili convessi dotati di uno spessore non trascurabile, il cui massimo valore normalmente non supera il 20 ÷ 25% della corda. L’asse di portanza nulla chiaramente indica quella particolare direzione della velocità del flusso indisturbato che annulla la portanza sul profilo. Assumendo l’asse xb coincidente con la corda, per un profilo simmetrico si ha CL0 = 0 e αZL = 0, mentre per un profilo convesso normalmente CL0 > 0 e quindi αZL < 0, essendo comunque |αZL | 1 rad. La gamma di valori di αa in cui si mantiene valida l’equazione 76 è tipicamente compresa in (−5◦ , 15◦ ). Al di sopra dei 12◦ ÷ 15◦ , il flusso sul profilo si separa in un’ampia porzione dell’estradosso e la linearità della dipendenza si perde definitivamente. Successivamente alla separazione, la derivata del coefficiente di portanza rispetto all’incidenza si riduce progressivamente fino a raggiungere valori negativi. Si parla quindi di stallo del profilo, e più specificamente di stallo d’incidenza. 3.2.2 Stallo Lo stallo consiste nella separazione di una parte consistente del flusso che investe un profilo, con generazione di un’importante scia vorticosa a valle dello stesso. Dato il recupero di pressione nella zona di ricircolazione, il bilancio degli sforzi tra estradosso ed intradosso comporta una diminuzione del coefficiente di portanza rispetto alle condizioni di flusso attaccato. Tale riduzione comporta che la curva di portanza del profilo raggiunga un massimo, e quindi decada più o meno bruscamente. L’angolo d’incidenza corrispondente al massimo del coefficiente di portanza a è detto incidenza di stallo αstall . Valori tipici per αstall rientrano nell’intervallo ◦ ◦ (14 , 18 ). Si tratta di valori scarsamente dipendenti dalla forma del profilo, mentre dipenndono significativamente da M e Re. Valori tipici per max CL risultano compresi in (1.2, 1.8), con forte dipendenza dalla forma del profilo. Lo stallo si presenta in modalità diverse a seconda della forma dei profili: • stallo di bordo d’attacco (leading edge stall ): in questo caso, la forma del profilo è tale da portare rapidamente il punto di separazione in prossimità del bordo d’attacco, all’aumentare dell’incidenza; ciò comporta che la quasi totalità dell’estradosso sia sede di ricircolazione, con una conseguente caduta brusca della portanza e con un massimo della curva di portanza piuttosto acuto; 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE α (◦ ) 0◦ 5◦ 10◦ 15◦ 20◦ α (rad) 0 0.087266 0.174533 0.261799 0.349066 sin α 0 0.087155 0.173648 0.258819 0.342020 27 cos α 1 0.996194 0.984808 0.965926 0.939693 tan α 0 0.087488 0.176327 0.267949 0.363970 Tab. 2: Valore delle funzioni trigonometriche per angoli ‘moderati’. • stallo di bordo d’uscita (trailing edge stall ): in questo caso, la forma del profilo è tale da portare lentamente il punto di separazione in prossimità del bordo d’attacco, all’aumentare del’incidenza; ciò comporta che la l’estradosso venga invaso dalla ricircolazione in modo graduale, con una conseguente caduta dolce della portanza e con un massimo della curva di portanza più curvo; • stallo di profilo sottile (thin airfoil stall ): in questo caso, la forma del profilo è tale da creare una bolla di separazione che ha inizio in prossimità del bordo d’attacco e si espande verso il bordo d’uscita all’aumentare del’incidenza; il flusso quindi, passata la bolla, si riattacca e consente di ricreare una zona di depressione sull’estradosso, con una conseguente caduta molto dolce della portanza e con un massimo della curva di portanza piuttosto piatto. Lo stallo d’incidenza, qui sommariamente descritto, é un fenomeno complesso e tipicamente non stazionario, nonostante che lo possano essere le condizioni di flusso indisturbato. Tuttavia, per gli scopi del presente testo, non é necessario approfondirne ulteriormente l’esame. 3.2.3 Approssimazione per basse incidenze Notiamo che l’intervallo di valori dell’incidenza aerodinamica per cui la dipendenza del coefficiente di portanza dall’incidenza si mantiene lineare comprende angoli ‘piccoli’, ossia tali che |αa | 1 rad. Per questi valori, è giustificata l’approssimazione lineare delle funzioni trigonometriche, sin αa ≈ αa a cos αa ≈ 1 |α | 1 rad =⇒ (79) tan αa ≈ αa che si giustifica sviluppando tali funzioni in serie di Taylor attorno a αa = 0 e troncando tali espressioni al primo ordine in |αa |, ossia ‘linearizzandole’. 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 3.3 28 Resistenza Ci interessiamo qui dell’andamento del coefficiente di resistenza di profilo CL in funzione dell’incidenza α, sempre supponendo costanti i valori dei numeri di Mach e di Reynolds (e quindi omettendo di indicarli nelle dipendenze funzionali). 3.3.1 Resistenze di pressione e d’attrito Allo scopo di caratterizzare il coefficiente di resistenza, notiamo che, essendo τ = τ n + τ t , la resistenza di un profilo può essere decomposta in due contributi distinti: D = Dp + Df , (80) dove la resistenza di forma (form drag) Dp e la resistenza d’attrito (friction drag) Df , sono definite da Z Dp = − τ n · eax ds, ZC (81) Df = − τ t · eax ds, C Per quanto riguarda la resistenza di forma, generata dall’integrale degli sforzi normali τ n , ricordiamo che questi dipendono dalle grandezze (u, p, µ, en ) locali. In prima approssimazione (e comunque per condizioni di basse velocità subsoniche), si può trascurare la dipendenza dalla viscosità e concludere che la resistenza di forma è dovuta principalmente alla distribuzione di pressione. Per questo motivo, é detta anche resistenza di pressione (pressure drag). In particolare, essa rappresenta gli effetti della separazione del flusso, che, anche in condizioni di incidenze molto inferiori allo stallo, sussiste in prossimità del bordo d’uscita. Lo sbilanciamento tra le pressioni nella zona di bordo d’attacco e quelle intorno al bordo d’uscita dunque si traduce in una resistenza all’avanzamento del profilo, fortemente dipendente dalla forma dello stesso. All’aumentare dell’angolo d’incidenza, questa separazione tende a crescere moderatamente fino al momento in cui il profilo stalla e la separazione investe gran parte dell’estradosso. Pertanto la componente Dp cresce leggermente con l’incidenza, per poi aumentare vistosamente in condizioni di stallo. Per quanto riguarda la resistenza d’attrito, generata dall’integrale degli sforzi tangenziali τ t , ricordiamo che questi dipendono dalle grandezze (u, µ, en ) locali. Pertanto, la resistenza d’attrito è dovuta fondamentalmente alla viscosità che si risente nello strato limite e non mostra una dipendenza significativa dall’incidenza. Risulta quindi CD (α) = CDp (α) + CDf , (82) dove il coefficiente di resistenza di forma, per α < αstall , può essere ben approssimato come una parabola concava, debolmente crescente con α. Per incidenze superiori a quella di stallo il coefficiente di resistenza cresce più marcatamente. 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 29 Il valore minimo del coefficiente di resistenza di un profilo assume valori tipici nell’intorno (0.01, 0.02), raggiunto per valori di α prossimi a quello di portanza nulla. Allo stallo il coefficiente di resistenza può assumere valori nell’intervallo (0.1, 0.2). Si vede pertanto che CL e CD assumono valori separati da almeno un ordine di grandezza nella stragrande maggioranza dell’intervallo significativo per l’angolo d’incidenza aerodinamico. 3.3.2 Polare del profilo Dato che tra l’angolo d’incidenza e il coefficiente di portanza vi è una relazione iniettiva (per ogni valore di α si ha uno ed un solo valore di CL , ma non il viceversa), è possibile eliminare α in favore di CL nell’espressione del coefficiente di resistenza, ottenendo quindi CD in funzione di CL : α= CL − CL0 a =⇒ CD (α) = C~ D (CL ) (83) La relazione CD = C~ D (CL ) si chiama curva polare del profilo ed è uno strumento particolarmente conveniente per analizzare le prestazioni del profilo stesso come generatore di forze aerodinamiche. Il suo andamento generale é grossomodo parabolico fino a valori prossimi allo stallo. Sulla curva polare, che tradizionalmente viene tracciata ponendo i valori del coefficiente di resistenza in ascisse e quelli del coefficiente di portanza in ordinate, si identificano alcuni punti notevoli: • il punto di coefficiente di resistenza minimo (min CD , CLmin CD ): in tale punto la curva polare ha una tangente verticale; • il punto di coefficiente di portanza massimo (CD max CL , max CL ): in tale punto la curva polare ha una tangente orizzontale. Ogni punto della curva polare è associato ad uno ed un sol valore dell’angolo d’incidenza. Il segmento orientato spiccato dall’origine degli assi e terminante in un punto della curva polare, supponendo di utilizzare le medesime unità sugli assi coordinati, è parallelo al risultante F che si produce all’incidenza corrispondente (questo giustifica il nome di curva ‘polare’). Tuttavia, è bene notare che la curva polare di un profilo normalmente viene tracciata utilizzando unità diverse sugli assi coordinati, data la grande differenza di valori tra i coefficienti di portanza e resistenza. 3.3.3 Efficienza aerodinamica L’efficienza aerodinamica (lift-to-drag ratio) E è una grandezza adimensionale assai significativa definita come il rapporto tra portanza e resistenza: E= CL L = . D CD (84) Anche l’efficienza viene spesso diagrammata in funzione del coefficiente di portanza, piuttosto che dell’incidenza. 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 30 Sul grafico della curva polare del profilo, l’efficienza per una certa incidenza é data dal coefficiente angolare della semiretta spiccata dall’origine passante per il punto della polare corrispondente. Su tale curva polare si identificano il punto notevole: • il punto di efficienza massima, (CD max E , CLmax E ): in tale punto la tangente alla curva polare passa per l’origine degli assi. Il valore massimo dell’efficienza aerodinamica di un profilo assume valori tipici nell’intervallo (20, 100), raggiunto per valori di αa compresi generalmente nell’intervallo (3◦ , 5◦ ). 3.4 Momento di beccheggio Ci interessiamo qui dell’andamento del coefficiente di momento di beccheggio di profilo CMP in funzione dell’incidenza α, sempre supponendo costanti i valori dei numeri di Mach e di Reynolds (e quindi omettendo di indicarli nelle dipendenze funzionali). Naturalmente, il coefficiente di momento di beccheggio varia al variare del polo P a cui é riferito, sicché, in generale, non é molto significativo esaminarne i valori senza specificare la posizione di P . Per questo motivo, é necessario premettere le definizioni di opportuni poli di riduzione dei momenti ‘privilegiati’: il centro di pressione ed il centro aerodinamico del profilo. 3.4.1 Regola di trasporto dei momenti In generale, per il momento risultante delle azioni aerodinamiche vale la seguente regola di trasporto: MQ = MP + F × (Q − P ), (85) per qualsiasi coppia di punti (P, Q). Nel caso di un profilo alare, abbiamo MP = MP eay e F = −(D eax + L eay ), cosicché MQ eay = MP eay − (D eax + L eaz ) × (xQ − xP ) ebx + (zQ − zP ) ebz , (86) avendo indicato con (xP , zP ) e (xQ , zQ ) le coordinate in assi solidali dei punti P e Q. Data la relazione tra i versori degli assi solidali ed aerodinamici, eq. 69, é immediato ottenere eax × ebx = sin α eay , eax × ebz = − cos α eay , eaz × ebx = cos α eay , eaz × ebz = sin α eay , (87) e dunque MQ = MP −(xQ −xP ) (L cos α+D sin α)−(zQ −zP ) (L sin α−D cos α). (88) 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 31 Utilizzando la definizione dell’efficienza aerodinamica, E := L/D, l’equazione precedente assume la forma sin α cos α L. MQ = MP − (xQ − xP ) cos α + − (zQ − zP ) sin α − E E (89) Quest’equazione si semplifica se si assume che il volo si svolga • ad incidenze moderate, α 1 rad; • ad efficienze aerodinamiche medie o elevate, E ≥ O(1). Entrambe queste condizioni sono ampiamente verificate nella stragrande maggioranza delle condizioni di volo livellato d’interesse. Applicando tali condizioni, arriviamo all’equazione seguente: 1 L. (90) MQ = MP − (xQ − xP ) − (zQ − zP ) α − E Di fatto, quindi, abbiamo trascurato D sin α rispetto a L sin α, mentre non abbiamo tratto alcuna conclusione sulla grandezza relativa dei termini L sin α e D cos α (entrambi ‘piccoli’ in molte condizioni di volo). Se infine assumiamo che i punti (P, Q) abbiano la stessa ordinata z in assi solidali, come accade ad esempio se entrambi i punti appartengono al’asse longitudinale xb , la regola di trasporto del momento di beccheggio assume la forma MQ = MP − (xQ − xP ) L, (91) che risulterà di uso frequente negli sviluppi seguenti. In termini di coefficienti adimensionali risulta quindi CMQ = CMP − (ξQ − ξP ) CL , (92) dove ξ := x/c rappresenta l’ascissa lungo l’asse xb adimensionalizzata rispetto alla corda del profilo. 3.4.2 Centro di pressione Il centro del sistema di sforzi aerodinamici è detto centro di pressione (center of pressure, CP) ed indicato qui con K. La condizione che definisce il centro di pressione è dunque MK = 0 ⇐⇒ CMK = 0, (93) Il centro di pressione in generale non è un punto materiale. Infatti, la sua posizione dipende fortemente dall’angolo d’incidenza. Per descrivere il suo spostamento, notiamo che dalla regola di trasporto dei momenti di beccheggio, eq. 90, essendo MK = 0, abbiamo 1 MP = − (xP − xK ) − (zP − zK ) α − L. (94) E 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 32 Per semplicità, tenendo presente l’allungamento del profilo in direzione xb ed il fatto che il termine (α − 1/E) é spesso piccolo, assumiamo di poter trascurare il secondo contributo al momento di trasporto, quello legato al braccio (zP − zK ), rispetto al primo. Ciò risulta se assumiamo che entrambi i punti P e K appartengono all’asse longitudinale xb . Sotto queste ipotesi, dunque, abbiamo MP = −(xP − xK ) L, (95) Abbiamo dunque MP , L (96) CM P , CL (97) xK − xP = − ovvero, in termini adimensionali ξK − ξP = − L’equazione appena trovata permette di interpretare i risultati sperimentali concernenti lo spostamento del centro di pressione K in funzione dell’incidenza aerodinamica αa per un profilo convesso: • per αa = 0, ossia in condizioni di portanza nulla, il sistema di azioni aerodinamiche si riduce ad una pura coppia, che indichiamo come MZL ; tale coppia risulta negativa (ossia picchiante): CL = 0 =⇒ CMP = CMZL < 0, ∀P (profili convessi); (98) in queste condizioni, la posizione del centro di pressione tende asintoticamente all’infinito a valle del profilo. a ) si ha portanza positiva: inizialmente il centro di pres• per αa ∈ (0, αstall sione avanza fino a raggiungere una posizione all’incirca pari a c/3 a valle del bordo d’attacco, poco prima dello stallo; a • per αa ≥ αstall il centro di pressione riprende ad arretrare nuovamente. Nel caso di un profilo simmetrico, invece, il centro di pressione ha una posizione fissa in assi solidali, ossia risulta essere un punto materiale. Per tali profili, la condizione di portanza nulla si ha quando la velocità é parallela alla corda del profilo (se si assume l’asse corda come asse xb , abbiamo αZL = 0), cosicché si ha una distribuzione delle azioni aerodinamiche sul profilo del tutto simmetrica tra estradosso ed intradosso, quindi tale da dare una coppia nulla: CL = 0 =⇒ CMP = CMZL = 0, ∀P (profili simmetrici). (99) La posizione del centro di pressione nei profili simmetrici si trova facilmente con riferimento alla nozione di centro aerodinamico. 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 3.4.3 33 Centro aerodinamico La natura del sistema di forze aerodinamiche agenti su di un profilo alare, che si compendia nella linearità della portanza rispetto all’incidenza e nella regola di trasporto dei momenti, eq. 90, consente di stabilire l’esistenza di uno speciale punto tale per cui il valore del momento di beccheggio riferito ad esso non dipende dall’incidenza. Questo punto è detto fuoco o centro aerodinamico del profilo (aerodynamic center, AC) e indicato qui con A. La condizione che definisce il centro aerodinamico è dunque MA,α = 0 ⇐⇒ CMA ,α = 0, (100) avendo indicato con •,α la derivata parziale della grandezza • rispetto a α, ossia ∂ •/∂α.7 Per trovare la posizione del centro aerodinamico si procede come segue: consideriamo due punti (P, Q) sull’asse longitudinale xb del profilo e deriviamo rispetto all’incidenza la regola di trasporto dei momenti tra questi due punti, eq. 92: CMQ ,α = CMP ,α − (ξQ − ξP ) CL,α . (101) Pertanto, ponendo Q = A e tenendo conto della condizione 100 si ottiene CMP ,α − (ξA − ξP ) CL,α = 0, ∀P (102) e dunque ξA − ξP = CM̃P ,α , ∀P, (103) MP,α , L,α ∀P. (104) CL̃,α ovvero, in termini dimensionali, xA − xP = Quindi, fissato un qualsiasi punto P del profilo in cui sia nota la derivata rispetto all’incidenza del momento di beccheggio ridotto a tale punto, la posizione del centro aerodinamico relativa a tale punto è data dalle formule appena ricavate. La teoria dei profili (infinitamente) sottili consente di calcolare l’ascissa del centro aerodinamico, che risulta un quarto di corda a valle del bordo d’attacco. Si tratta di un valore abbastanza ben verificato per profili reali, leggermente sottostimato per profili di vecchio disegno, e al contrario leggermente sovrastimato per profili moderni a bassa resistenza. Ciò che più importa, ad ogni modo, é che si tratta di un valore costante, il che comporta che il centro aerodinamico può essere considerato un punto materiale, almeno per (M, Re) fissati. 7 Ricordiamo che, data una funzione di più variabili, la derivata parziale rispetto ad una certa variabile è la derivata fatta tenendo costanti tutte le altre. Nel caso attuale, essendo per un dato profilo CMA funzione di (α, M, Re), la derivata è fatta tenendo costanti tanto il numero di Mach, quanto il numero di Reynolds. 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 34 Il valore del momento al centro aerodinamico è pari alla coppia che si ottiene in condizioni di portanza nulla: CMA = CMZL . (105) Infatti, quest’ultimo non dipende dal polo di riduzione e pertanto deve coincidere con quello al centro aerodinamico, che si mantiene costante. Peraltro, CMP = CMP ,α α + CMP 0 CL − CL0 + CMP 0 CL,α CMP ,α CMP ,α = CL + CM P 0 − CL0 CL,α CL,α = CMP ,α (106) = (ξA − ξP ) CL + CMZL e quindi CMZL = CMP 0 − (ξA − ξP ) CL0 = CMP − (ξA − ξP ) CL (107) = CMA . Ciò comporta che il momento al centro aerodinamico risulta negativo per profili convessi e nullo per profili simmetrici. In particolare, in quest’ultimo caso, é evidente che il centro aerodinamico coincide con il centro di pressione. 3.4.4 Curva di momento Per quanto visto, risulta chiaro che il momento di beccheggio dipende dall’incidenza secondo l’equazione MP (α) = MA + (xA − xP ) L(α) (108) e, in termini adimensionali, CMP (α) = CMA + (ξA − ξP ) CL (α), (109) sicchè varia linearmente con l’incidenza nella gamma di quest’ultima che garantisce una dipendenza lineare della portanza: CMP (α) = (ξA − ξP ) a αa + CMA . (110) La pendenza della curva di momento, pari a (ξA − ξP ) a, naturalmente ha valori diversi a seconda della posizione del polo di riduzione P . Dato che CMA < 0 per profili convessi e CMA = 0 per profili simmetrici, si hanno le seguenti situazioni: • per P davanti al centro aerodinamico A, (ξA −ξP ) < 0 e quindi la pendenza della curva di momento di beccheggio risulta negativa; i valori del momento risultano negativi per αa > 0; 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 35 • per P = A, (ξA − ξP ) = 0 e quindi la pendenza della curva di momento risulta nulla; il momento di beccheggio al centro aerodinamico risulta negativo, ∀αa , per profili convessi e nullo, ∀αa , per profili simmetrici; • per P dietro al centro aerodinamico A, (ξA − ξP ) > 0 e quindi la pendenza della curva di momento risulta positiva; i valori del momento al crescere di αa > 0 risultano prima negativi, poi positivi per profili convessi, ovvero sempre positivi per αa > 0 per profili simmetrici. Quando il profilo stalla, il momento di beccheggio al centro aerodinamico tende a ridursi più o meno bruscamente (effetto di pitch down allo stallo) rispetto al suo valore pre-stallo e continua a scendere nel post-stallo. 3.5 Superfici mobili Per analizzare l’effetto della presenza di superfici mobili sul velivolo, Supponiamo che il profilo sia dotato di una o più porzioni calettabili, incernierate in punti della sua linea media. Queste porzioni mobili vengono dette slats se poste sul bordo d’attacco, flaps sul bordo d’uscita. Si tratta dell’idealizzazione più semplice possibile per modellare le superfici mobili di un velivolo, che nella pratica possono essere realizzate in modi molto diversi fra loro. In un velivolo, le superfici mobili normalmente assumono il ruolo di ipersostentatori, aerofreni e simili, oppure di superfici di controllo (equilibratori, alettoni, timoni di direzione). Nel primo caso, il loro orientamento relativo rispetto alla porzione fissa é dato da un insieme discreto di valori, nel secondo caso, si tratta di superfici comandate in modo continuo, che possono assumere qualsiasi orientazione all’interno di un certo intervallo. Consideriamo un profilo dotato di uno slat e di un flap ed indichiamo con φLE e φT E gli angoli formato dalla tangenti alla linea media a monte e a valle della cerniera che permette il calettamento dello slat e del flap, rispettivamente, considerati positivi quando la porzione mobile si abbassa (e quindi concordemente con α per φT E ed inversamente per φLE ). Supponiamo che l’estensione dello slat e del flap siano ridotte rispetto alla corda, cosicché l’effetto delle deflessioni é del tutto analogo ad un aumento della curvatura del profilo. In particolare, per angoli φLE e φT E piccoli (ossia molto minori di 1 rad), si osserva che il coefficiente di portanza varia linearmente con gli angoli di deflessione: CL (α, φLE , φT E ) = a α + bLE φLE + bT E φT E + CL0 , (111) essendo CL,φLE = bLE > 0 e CL,φT E = bT E > 0. Sempre sotto l’ipotesi di angoli piccoli, possiamo assumere che il centro aerodinamico del profilo non vari con le deflessioni, e quindi che anche il coefficiente di momento di beccheggio vari linearmente: CMP (α, φLE , φT E ) = CMA + (ξA − ξP ) CL (α, φLE , φT E ), sicché CMP ,φLE = (ξA − ξP ) bLE e CMP ,φT E = (ξA − ξP ) bT E . (112) 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 3.6 3.6.1 36 Effetto dei numeri di Mach e Reynolds Numero di Mach Il numero di Mach di volo ha una forte influenza sulla generazione delle azioni aerodinamiche su un profilo alare in regime transonico. Infatti, in tale regime, che ricordiamo corrisponde a M ∈ [Mcr , Msup ] con valori per Mcr tipicamente attorno a 0.7 ÷ 0.8 e per Msup attorno a 1.1 ÷ 1.2, nel flusso che lambisce il profilo si instaura un sistema di onde di compressione ed espansione la cui configurazione dipende fortemente dal numero di Mach. Benché l’esame dettagliato di questa situazione va al di là della presente trattazione, é bene considerarne una sommaria descrizione qualitativa per giustificare gli effetti che si producono in termini di risultanti, interessanti per la Meccanica del Volo. Fenomenologia transonica Consideriamo un profilo ad incidenza aerodinamica ridotta, positiva e costante e numero di Mach crescente a partire da valori nel regime subsonico incomprimibile. Fino al raggiungimento di Mcr , il flusso attorno al profilo si mantiene interamente subsonico. Superato Mcr , si forma una regione supersonica sull’estradosso il cui limite a valle é costituito da un’onda d’urto normale, ossia una superficie di discontinuità della pressione ortogonale alla velocità locale che si origina nello strato limite immediatamente a valle del punto di massimo spessore del profilo. All’aumentare del numero di Mach, la regione supersonica tende a crescere verso monte e verso valle, cosicché l’onda d’urto cresce in intensità e si sposta verso il bordo d’uscita. Nel frattempo, si forma anche un’onda d’urto normale sull’intradosso, anch’essa tendente verso il bordo d’uscita. All’incirca per M = 1, entrambe le onde d’urto raggiungono il bordo d’uscita. Per M = Msup il profilo risulta completamente immerso in un campo supersonico, con l’eccezione della zona attorno al bordo d’attacco. In queste condizioni, le onde d’urto al bordo d’uscita divengono oblique rispetto alla velocità locale e si riducono in intensità, perchè separano zone entrambe supersoniche. Davanti al bordo d’attacco si forma un’onda d’urto normale che si ripiega rapidamente dando origine a due onde d’urto oblique, rispettivamente verso l’alto e verso il basso. Aumentando ancora il numero di Mach, la configurazione delle onde d’urto non cambia qualitativamente, eccetto che per l’angolo che formano con la velocità asintotica, che tende a diminuire, essendo prossimo a asin(1/M). Portanza – Stallo d’urto Per quanto riguarda la generazione della portanza, un primo effetto di cui tenere conto é dato dal fatto che la curva di portanza di un profilo, al crescere del numero di Mach in condizioni subsoniche, é caratterizzata da pendenze a(M) crescenti e da valori massimi max CL (M) decrescenti. Giunti in corrispondenza di M = Mcr , l’instaurarsi del sistema di onde d’urto normali, attraverso le quali il flusso aumenta drasticamente la sua pressione statica, comporta l’insorgere di una separazione dello strato limite (shock induced boundary layer separation) e quindi di una significativa riduzione del coefficien- 3 AERODINAMICA DEL PROFILO ALARE 37 te di portanza. Questo fenomeno è denominato stallo d’urto (shock stall ). Al crescere del numero di Mach, il coefficiente di portanza raggiunge un minimo, dopodichè recupera parzialmente a seguito del ridursi della zona di separazione a mano a mano che le onde d’urto si spostano verso il bordo d’uscita. Questo recupero si interrompe poi per M = Msup ed aumentando ancora il numero di Mach (regime supersonico) il coefficiente di portanza tende a ridursi gradualmente e monotonicamente. Resistenza – Divergenza Per quanto riguarda la generazione della resistenza, l’instaurarsi del sistema di onde d’urto normali per M > Mcr comporta un aumento drastico della resistenza di pressione. Questo fenomeno é detto divergenza transonica della resistenza (transonic drag rise) e si manifesta per una valore del numero di Mach leggermente superiore a quello critico, spesso indicato con MDD . L’aumento repentino del coefficiente di resistenza raggiunge un massimo poco dopo M = 1, quando le onde d’urto normali raggiungono il bordo d’uscita e hanno la massima intensità, dopodiché la resistenza diminuisce rapidamente fino ad assestarsi (in regime supersonico) ad un valore superiore a quello caratteristico del regime subsonico, tipicamente attorno al doppio. La differenza tra i valori di CD in regime supersonico e subsonico é detto coefficiente di resistenza d’onda (wave drag) in quanto legato alla presenza delle onde d’urto. Il valore massimo raggiunto dal coefficiente di resistenza in regime transonico può arrivare a 4 volte quello caratteristico del regime subsonico.8 Si evince che, soprattutto approssimandosi al regime transonico, il profilo sia caratterizzato da una diversa curva polare per ogni numero di Mach di volo. Momento di beccheggio – ‘Tuck under’ Per quanto riguarda la generazione del momento di beccheggio, per motivi analoghi a quelli che giustificano lo stallo d’urto, durante il regime transonico si assiste al fenomeno del Mach tuck o tuck under, ossia una rapida diminuzione del momento di beccheggio in un qualsiasi punto fisso sul profilo (per esempio, il bordo d’attacco). Questo raggiunge un minimo e poi aumenta nuovamente, per poi decrescere in modo più graduale in regime supersonico.9 Ció comporta che il centro aerodinamico si sposti lungo l’asse longitudinale, abbandonando la posizione a circa un quarto di corda dal bordo d’attacco per arretrare fino a collocarsi stabilmente all’incirca a metà corda in regime supersonico. Complessivamente, le questioni accennate hanno indotto i progettisti a sviluppare profili alari specialmente dedicati al volo transonico (profili sottili ‘supercritici’) o al volo supersonico (profili a diamante, etc.), allo scopo di ridurre le problematiche legate al regime transonico ed ottimizzarne le prestazioni. 8 La divergenza transonica della resistenza, comportando elevati valori di spinta necessaria, ha rappresentato la prima difficoltà al volo ad alta velocità e ha dato origine alla locuzione ‘muro del suono’. 9 Il fenomeno del Mach tuck, comportando elevati valori di forza di comando necessaria, ha rappresentato un’ulteriore difficoltà al volo ad alta velocità. 4 AERODINAMICA DELL’ALA 3.6.2 38 Numero di Reynolds Le fenomenologie associate al numero di Reynolds, nell’ambito dei valori esperiti nel volo atmosferico dei velivoli, comportano effetti significativi, ma non cosı̀ drammatici come per il numero di Mach. In generale, all’aumentare del numero di Reynolds a parità d’incidenza, assistiamo ad una diminuzione del coefficiente di resistenza, per effetto del progressivo spostamento verso il bordo d’attacco del punto di transizione tra flusso laminare e turbolento nello strato limite. Lo stesso fenomeno é responsabile di un progressivo aumento del valore di max CL (Re) con il numero di Reynolds. 4 AERODINAMICA DELL’ALA 5 AERODINAMICA DEL VELIVOLO NB – Versione parziale in corso di completamento. Avvertenza Questo testo è fornito per uso personale degli studenti. Viene reso disponibile in forma preliminare, a supporto per la preparazione dell’esame di Meccanica del Volo. È gradita la segnalazione di errori e refusi. Copyright Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano (Legge italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633)