L’impatto della nuova disciplina CFC sulle controllate residenti nell’est Europa 1 DOTT. POMPEO BOSCOLO BOSCOLO & PARTNERS VIA DANTE 5 TRIESTE Caratteristiche dei Paesi interessati 2 Nessun Stato dell’est è compreso nel DM 21/12/2001 (CFC – art. 168) né nel DM 23/1/2002 (indeducibilità dei costi – art. 110) Solo alcuni Stati fanno parte dell’UE Generalmente tutti gli Stati hanno un sistema di tassazione ad aliquote basse (ma senza PEX) e con zone territoriali a tassazione ridotta per un periodo limitato Molti Stati non prevedono norme d’indeducibilità di costi sostenuti verso soggetti residenti in paradisi fiscali Tutti gli Stati hanno convenzioni contro le doppie imposizioni con l’Italia Norme applicabili 3 Si applica solo il comma 8 bis dell’art.167, che richiede siano contemporaneamente realizzate due condizioni: 1. 2. una tassazione effettiva del 50% inferiore a quella che si sarebbe realizzata se il soggetto fosse Stato residente in Italia; che più del 50% dei proventi siano costituiti da passive income o da servizi infragruppo. Si applica l’esimente del comma 8 ter qualora l’insediamento non rappresenti una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. L’applicazione dell’esimente comporta: 1. 2. l’inversione dell’onere della prova l’obbligo di richiedere l’interpello preventivo Gli investimenti italiani 4 • Dal nostro osservatorio possiamo dire che generalmente nei Paesi dell’est gli imprenditori italiani hanno creato società locali controllate (direttamente o indirettamente) da soggetti italiani e tali società sono per lo più, prevalentemente: • • • • • industriali per produrre localmente beni o servizi a favore di altre società del gruppo e/o commercializzare sul mercato locale i prodotti commerciali per servire il mercato locale immobiliari (sia Statiche,a scopo d’investimento, che dinamiche per la costruzione e vendita d’immobili) agricole sporadicamente di trading • Spesso le partecipazioni locali sono organizzate sotto il controllo di una sub holding, a volte residente nel Paese, altre residente in altro Paese della UE dotato di PEX ed avente adeguate convenzioni con il primo Le fattispecie prevalenti 5 Pur dovendo effettuare l’analisi di prevalenza anno per anno, sul totale dei proventi, in genere ci si trova davanti a società che sono specializzate e che generalmente mostrano un solo tipo di provento (salvo il caso di cessioni, in qualche esercizio, di eventuali partecipazioni possedute, generalmente accessorie all’attività principale). Con riferimento agli investitori del nord est, rientrano prevalentemente nell’ambito della possibile applicazione della CFC le controllate che svolgono principalmente attività : industriali di produzione di servizi infragruppo; c/lavorazione, appalti, contratti d’opera, assistenza e consulenza, commerciali di agenzia verso altre società del gruppo finanziarie di detenzione di passive income (holding pure) L’applicazione dell’esimente 6 Nell’applicazione dell’esimente del comma 8 ter dell’art. 167, si deve tener conto che: le società che prestano servizi infragruppo o di agenzia generalmente presentano sempre un’effettiva struttura ed uno scopo economico le holding pure sono invece, spesso prive di struttura e sono possedute e amministrate interamente da soggetti italiani Dimostrare che la costruzione non è artificiosa (sia con riferimento a quanto richiesto in sede UE che a quanto indicato dall’OCSE) è quindi facile nel primo caso, può essere molto più difficile nel caso delle holding pure, dove l’assenza di artifici potrebbe essere non condivisa dagli uffici. Quando la costruzione non è artificiosa il livello di tassazione e la tipologia di attività svolte sono irrilevanti e quindi i proventi straordinari conseguiti da una effettiva società industriale/commerciale, derivanti da passive income, anche se in qualche esercizio eccedenti i limiti, non sono in grado di attrarre la controllata nella disciplina CFC. La tassazione nel Paese di origine 7 • • Perché una holding rientri nella disciplina CFC deve scontare nel Paese di residenza un’imposizione effettiva inferiore di più del 50% a quella cui sarebbe stata sottoposta in Italia. In questo tipo di società, ai fini del confronto tra le tassazioni effettive, è generalmente marginale la disciplina nazionale sulla deducibilità dei costi sostenuti, anche verso società residenti in paradisi fiscali. Un’indicazione sull’applicabilità della disciplina CFC può essere ottenuta esaminando la tassazione nello Stato estero dei proventi conseguiti e costituiti da: • • • dividendi percepiti da: • società residenti nello stesso Paese, che sono esenti (in Italia imponibili per il 5%), • società non residenti nello stesso Paese, che sono imponibili (in Italia imponibili per il 5% salvo il caso che provengano da società aventi sede in territori fiscalmente privilegiati, nel qual caso sono imponibili per l’intero); plusvalenze su partecipazioni, che sono sempre imponibili (in Italia o imponibili al 5%, in caso PEX, o interamente imponibili). Ne deriva, per confronto con la normativa italiana, che i proventi che possono condurre a far rientrare la controllata nella disciplina della CFC sono solo quelli derivanti dal conseguimento di dividendi interni o provenienti da paradisi fiscali e dalle plusvalenze di cessione, che se il soggetto fosse tassabile in Italia, non potrebbero rientrare nella disciplina PEX (partecipazioni in società immobiliari). Il rischio fiscale italiano 8 • • • • • Per quanto detto – semplificando in quanto i confronti devono essere fatti sinteticamente per anno e per basi imponibili effettive - la misura del rischio in caso di contestazione della disciplina CFC ad una holding si può così grossolanamente indicare. Se la holding è controllata da una società: • plusvalenze da cessione di partecipazioni immobiliari e dividendi da provenienti paradisi fiscali: pari alla differenza tra l’aliquota italiana del 27,5% e quella applicata all’estero moltiplicata per la plusvalenza o il dividendo conseguito; • dividendi interni: pari al 27,5% sul 5% del dividendo percepito e cioè l’1,365 del medesimo Se la holding è controllata da una persona fisica • in questo caso si deve aver riguardo all’attribuzione del reddito alla persona fisica, che in entrambi i casi (plusvalenza o dividendo interno) sono imponibili all’aliquota marginale per il 49,72% dell’importo percepito. Considerando l’aliquota marginale massima e le addizionali comunali e regionali, il rischio è pari circa al 22,3% del reddito conseguito, detratte le eventuali imposte pagate all’estero. Il rischio è raddoppiato nel caso di dividendi provenienti da paradisi fiscali. Si noti che eventuali altri componenti (dividendi esteri non provenienti da paradisi fiscali o plusvalenze di partecipazioni industriali) possono solo migliorare la situazione, alzando l’imposta effettiva pagata all’estero. Da quanto segnalato si può ricavare l’indicazione che il rischio di una contestazione di una CFC è maggiore se la partecipazione nella holding è detenuta da persone fisiche, mentre in caso di holding di partecipazione immobiliare se la partecipazione è detenuta da una società. Riduzione del rischio fiscale in caso di cessioni di partecipazioni non PEX, in ipotesi di holding controllata da società italiana. 9 Salvo l’applicazione delle imposte indirette, la cessione di un immobile in un Paese dell’est è soggetta alle stesse imposte di quella di una cessione di una partecipazione di una società immobiliare. Ai fini della CFC è però possibile, con lo stesso carico fiscale estero, costruire l’operazione di cessione come percezione di dividendo, che presenta un minor rischio italiano, come segue: 1. Cessione dell’immobile da parte della società immobiliare, 2. Distribuzione del dividendo dalla società immobiliare alla holding 3. Distribuzione del dividendo dalla holding estera alla controllante italiana La cessione di un immobile nello Stato estero da parte di una società, anche solo immobiliare, ivi residente non potrà mai essere il risultato preordinato di una costruzione artificiosa (detenere immobili con una società locale a volte è indispensabile, altre volte è solo opportuno per motivi finanziari e di tutela dell’investimento). Salvo ipotesi particolari è sempre applicabile l’esimente. La successiva distribuzione del risultato della vendita come dividendo, sarà esente da imposte nel Paese estero e come tale, se soddisfatti i presupposti, si avrà una applicazione della CFC alla controllata italiana , ma solo sulla base del 5% del dividendo distribuito. Riduzione del rischio fiscale in ipotesi di holding controllata da persone fisiche 10 Per ridurre il rischio può essere conveniente uscire dalla disciplina CFC, mediante trasferimento della residenza fiscale in Italia. Ciò può essere ottenuto: Trasferendo la società in Italia: con problemi di tassazione in uscita dal Paese straniero Trasferendo la società ma mantenendo nell’altro Paese una stabile organizzazione cui far afferire tutte le partecipazioni possedute. In tale caso si applicano le convenzioni e la società è tassata in Italia per tutto il suo reddito, mentre nell’altro Paese per i soli redditi conseguiti dalla stabile organizzazione (che però corrispondono all’intero reddito conseguito dalla società). L’Italia riconosce il credito per le imposte corrisposte all’estero mentre la distribuzione di dividendi è eventualmente soggetta a ritenuta solo in Italia. Spostando la sede di direzione effettiva della società in Italia. Tutte le convenzioni, nell’ipotesi di società, risolvono il conflitto di residenza in favore del Paese ove ha sede la sua direzione effettiva. Il fatto che la sede legale rimanga nell’altro Paese, di norma, configura automaticamente l’esistenza di una stabile organizzazione nel Paese stesso. Per il resto il caso è analogo al caso precedente. Utilizzando la presunzione di cui all’art. 73 del TUIR. In tale caso non si possono applicare le convenzioni, e la società sarà interamente tassabile in entrambi i Paesi secondo le rispettive norme interne. Si potranno avere problemi di doppia tassazione, specialmente in caso di distribuzione di dividendi a persone fisiche (le ritenute subite all’estero non godranno del credito non essendo relative ad un reddito di provenienza estera – il dividendo percepito riguarda una società fiscalmente residente in Italia) Trasformazione del business per evitare la necessità di interpello preventivo 11 Nel caso di una controllata che opera in c/lavoro, può essere possibile trasformare il rapporto contrattuale da un contratto di servizi ad un rapporto di fornitura di materia prima e successivo acquisto di prodotti finiti. Non sempre questo può essere economicamente perseguito. Nel caso di controllate in Paesi membri UE ciò non comporterà alcun aggravio (probabilmente neanche da un punto di vista amministrativo). Se però la controllata è extra UE la disciplina dei dazi e dell’iva renderà l’operazione economicamente svantaggiosa (non sarà più possibile introdurre nel Paese le merci da lavorare in temporanea importazione senza l’applicazione di dazi ed iva).