Il rischio di mercato Le tipologie, le metodologie di gestione, i requisiti patrimoniali Giuseppe G. Santorsola 1 Una definizione • I rischi di mercato si manifestano quando le variazioni dei fattori di mercato hanno delle conseguenze sulle posizioni in essere dell’intermediario (portafogli azionari e obbligazionari, da una parte, portafoglio prestiti dall’altra) • I rischi di mercato rientrano nei rischi speculativi, ossia gli effetti delle variazioni dei fattori di rischio sulle posizioni in essere possono essere sia positivi che negativi. Giuseppe G. Santorsola 2 Le tipologie L’importanza crescente dei rischi di mercato deriva da: titolarizzazione diffusione “mark-to-market” episodi di crisi (Barings, LTCM, ecc.) requisiti patrimoniali Basilea 1993 Tipologie principalmente considerate: rischio di interesse rischio di cambio rischio di prezzo Giuseppe G. Santorsola 3 Le tipologie il rischio di tasso di interesse • Ai fini della quantificazione degli effetti del tasso di interesse le poste dell’attivo e del passivo dello Stato Patrimoniale della banca sono riclassificate in base alla loro “sensibilità”, ovvero capacità di adattamento ad ipotetiche variazioni del fattore di rischio in un certo orizzonte temporale. • Lo Stato Patrimoniale viene diviso in due macrocategorie per ciascuna sezione: Attività sensibili RSA Passività Sensibili RSL Attività non sensibili Passività non sensibili Riclassificazione per “sensibilità” Giuseppe G. Santorsola 4 Le tipologie il rischio di cambio • Quando un intermediario raccoglie in una certa valuta e impiega in un’altra valuta effettua trasformazione della valuta esponendosi al rischio di variazioni del tasso di cambio • La posizione in cambi prende in considerazione: + impieghi in valuta + acquisti a termine (“operazioni sotto la riga”) - passività in valuta - vendite a termine (“operazioni sotto la riga”) relativi alla stessa valuta posizione lunga su $ A$ A€ Giuseppe G. Santorsola P$ P€ posizione corta su € MP 5 Le tipologie il rischio di prezzo E’ il rischio relativo alle posizione netta in titoli che si manifesta allorquando si registrano variazioni nei prezzi di mercato POSIZIONE NETTA IN TITOLI: + Quantità in portafoglio + acquisti a termine (“operazione sotto la riga”) - vendite a termine (“operazione sotto la riga”) posizioni lunghe posizioni corte relativi allo stesso titolo o alla stessa categoria di titoli Giuseppe G. Santorsola 6 La quantificazione dei rischi L’approccio tradizionale alla misurazione è fondato su valori nominali delle variabili “sensibili” al rischio di mercato Problemi: 1. Non si tiene in considerazione il diverso valore di mercato delle posizioni di rischio 2. Impossibilità di cogliere il diverso grado di sensibilità di posizioni differenti a variazioni dei fattori di mercato 3. Non si tengono in considerazione i fenomeni di variabilità congiunta dei fattori di rischio Giuseppe G. Santorsola 7 La quantificazione dei rischi Le metodologie di quantificazione del rischio di mercato più comuni sono: • il Gap • la Duration • il Var La prime due metodologie si riferiscono prevalentemente al rischio di interesse, ma considerano come aree di impatto rispettivamente il margine di interesse e il valore di mercato dell’attivo e del passivo. La metodologia VaR ben si adatta ad ogni tipologia di rischio di mercato. Giuseppe G. Santorsola 8 Il Gap E’ pari alla differenza (mismatching) tra attività e passività sensibili Attività sensibili Gap Attività non sensibili Passività Sensibili Attività sensibili Passività non sensibili Attività non sensibili Passività Sensibili Gap Passività non sensibili Le conseguenze della variazione del fattore di rischio (rischio di interesse) sull’aggregato sensibile (margine di interesse) dipendono dal segno del gap • Negativo – Attività sensibili minori delle passività sensibili – Vantaggio in caso di riduzione dei tassi (e viceversa) La raccolta si adegua ai nuovi tassi (più bassi) Le attività non sensibili aumentano il proprio valore • Positivo – Vantaggio in caso di aumento dei tassi (e viceversa) • Nullo Giuseppe G. Santorsola 9 Il Gap La gestione del mismatching 1 Riclassificazione delle poste di bilancio che generano direttamente il margine di interesse (attività fruttifere e passività onerose) in: a . operazioni sensibili (Risk Sensitive) b . operazioni non sensibili 2 Determinazione del differenziale tra attività sensibili e passività sensibili a variazioni del tasso di interesse GAP = RSAsset - RSLiabilities 3 Scelta della strategia di gestione integrata dell’attivo e passivo (Asset Liability Management): immunizzazione GAP = 0 gestione del GAP in funzione delle previsioni dei tassi Giuseppe G. Santorsola 10 Il Gap Scenari di tasso RSA = RSL GAP = 0 ∆ Tassi ↓ ∆ Tassi ↑ GAP < ∆ MI = 0 ∆ MI = 0 0 ∆ Tassi ↓ ∆ Tassi ↑ RSA < RSL ∆ MI ↑ ∆ MI ↓ GAP > 0 ∆ Tassi ↓ ∆ Tassi ↑ Giuseppe G. Santorsola il perfetto allineamento degli aggregati sensibili fa sì che le variazioni del tasso di interesse non esercitino alcun effetto sulla redditività della funzione creditizia il segno del gap fa sì che le variazioni del fattore di rischio abbiano un effetto opposto sul margine di interesse RSA > RSL ∆ MI ↓ ∆ MI ↑ 11 Il Gap Esempio n. 1 (dati in € mln) Bucket Asset Liabilities Gap __________________________________________ 1 day 20 30 -10 1 day-3 months 30 40 -10 3 months -6 months 70 85 -15 6 months -12 months 90 70 +20 1 year-5 years 40 30 +10 over 5 years 10 5 +5 _______ ______ ______ 260 260 0 La determinazione del GAP dipende dal periodo preso in considerazione (bucket) Giuseppe G. Santorsola 12 Il Gap L’impatto sul margine di interesse • Le banche calcolano il GAP per ogni bucket considerando attività e passività sensibili a variazioni dei tassi di interesse: ∆ MI = GAP * ∆ Ri = ( RSAi - RSLi) * ∆ Ri • Tale formula si applica ad ogni bucket. Si può inoltre applicare la medesima formula ai gap cumulativi Dovendo, ad es., calcolare il gap su un periodo pari ad 1 anno (gapping period di 1 anno nell’esempio precedente) si avrà: GAP cumulativo = -10 -10 -15 +20 = - 15 • Se i tassi di interesse relativi alle poste “rate sensitive” subiscono una variazione al rialzo dell’1% si avrà: ∆ MI1yr = (- € 15 milioni) * (.01) = - € 150.000,00 Giuseppe G. Santorsola 13 Il Gap Indicatori per la Gap Analysis • Livello del Gap (G) – differenza tra attivo e passivo sensibile (livello assoluto del gap) • Rapporto fra Gap e attivo fruttifero (G/AF) – Rilevanza del mismatching (livello relativo del gap) • Possibili situazioni: Gap attorno allo zero e G/AF di importo contenuto Limitata esposizione al rischio di interesse Gap positivo e G/AF elevato Intermediario esposto al rischio di interesse (vantaggioso nelle fasi espansive quando i tassi aumentano) Gap negativo e G/AF elevato Intermediario esposto al rischio di interesse (vantaggioso nelle fasi recessive in cui il livello dei tassi diminuisce) Giuseppe G. Santorsola 14 La duration Il prezzo di un titolo obbligazionario in un certo istante è dato dal valore attuale dei flussi di cassa futuri. C1 C2 + … + … + … + CN+VR + + -P L’effetto netto della variazione dei tassi d’interesse sul titolo obbligazionario dipende da: – un effetto “valore” legato al tasso di sconto dei flussi futuri – un effetto “reinvestimento” legato ai flussi cedolari La quantificazione degli effetti del rischio di tasso d’interesse sulla componente del portafoglio titoli relativa alle obbligazioni avviene per mezzo della duration. Tale metodologia può essere estesa, con i dovuti aggiustamenti, all’intero portafoglio o all’attivo dello Stato Patrimoniale complessivamente considerato. Giuseppe G. Santorsola 15 La duration per un titolo obbligazionario • La duration approssima la variazione del prezzo del titolo obbligazionario in seguito ad una variazione (infinitesima) dei tassi d’interesse di mercato • In formula: posto D DM = 1 + ri si ha ∆P ≈ − DM ⋅ ∆ ri P • La variazione del prezzo del titolo obbligazionario dipende negativamente dalla variazione dei tassi d’interesse di mercato Giuseppe G. Santorsola 16 La duration Limiti e problemi del modello duration gap Le politiche di copertura volte a rendere nullo il duration gap risultano efficaci solo rispetto a una variazione “istantanea” dei tassi se una banca annulla il relativo duration gap, l’efficacia risulta limitata nel tempo. Gli elevati costi connessi alla realizzazione di una politica di immunizzazione. Il grado di approssimazione con cui la duration stima l’impatto delle variazioni dei tassi sui valori di mercato di attività e passività. L’adozione dell’ipotesi di variazioni uniformi dei tassi attivi e passivi. Giuseppe G. Santorsola 17 Il VaR Definizione Il concetto di VaR risponde al quesito: qual è la perdita massima che potrebbe essere subita nel corso di un certo orizzonte temporale, tale che vi sia una probabilità molto bassa, per esempio pari all’1%, che la perdita effettiva risulti superiore a tale importo? Sono necessari tre elementi per quantificare il rischio di mercato: la massima perdita (loss) potenziale (espressa in termini probabilistici) che una posizione può subire, con un certo livello di confidenza (c), in un determinato orizzonte temporale. Pr (L > VaR ) = 1 − c Giuseppe G. Santorsola 18 Il VaR Definizione • Il Valore a Rischio (Value at Risk, VaR) stima la PERDITA MASSIMA PROBABILE (worst case scenario) che si può subire mantenendo inalterato il portafoglio per un certo periodo di tempo dato un certo livello di confidenza. • A differenza delle misure di sensibilità al rischio (sensitivity) quali il Gap e la Duration per il rischio di interesse, il Gap per il rischio di cambio, il Beta per il rischio di mercato, il VaR è una misura sintetica, facilmente comprensibile, utilizzabile per qualunque posizione rischiosa ed espressa in termini probabilistici. Giuseppe G. Santorsola 19 Il VaR Gli approcci per la misurazione Varianze-covarianze (parametrico): Delta Normal Asset Normal Simulazioni (relazioni non lineari): Storiche Ibrido Monte Carlo Giuseppe G. Santorsola 20 Il VaR parametrico • Si ipotizza che la distribuzione del fattore di rischio sia di tipo parametrico: per calcolare il VaR sarà quindi sufficiente conoscere i parametri che descrivono la curva. • L’assunzione relativa alla linearità della relazione tra il fattore di rischio e l’esposizione fa sì che sia possibile calcolare il VaR “localmente” senza riconsiderare tutto il portafoglio. • Nel caso in cui il portafoglio esposto al rischio sia composto da più posizioni sensibili occorre considerare il fattore correlazione tra le diverse posizioni. • Il modello elaborato da JP Morgan (Riskmetrics) consente di calcolare la rischiosità del portafoglio attraverso il prodotto tra la volatilità del benchmark (parametro di riferimento) e un indicatore di sensitività (ad esempio il beta per il portafoglio azionario). Giuseppe G. Santorsola 21 Il VaR parametrico Il VaR di una posizione è stimato come prodotto di tre elementi: Il valore di mercato della posizione (VM) la sensibilità del valore di mercato della posizione a variazioni del fattore di mercato (δ) la potenziale variazione sfavorevole del fattore di mercato, ottenuta come prodotto fra: la volatilità stimata di tale fattore di mercato (σ) un fattore scalare (α α) corrispondente al livello di confidenza desiderato VaR i = VM i ⋅ δ i ⋅ σ i ⋅ α Giuseppe G. Santorsola 22 Il VaR parametrico La deviazione standard è una misura di variabilità media non racchiude tutte le possibili variazioni del fattore di mercato Occorre definire un livello probabilistico (es. 99%) che racchiude la gamma di eventi considerati. Se vale l’ipotesi di distribuzione “normale” è possibile calcolare la probabilità che la variazione del fattore stesso sia contenuta in un intervallo compreso fra la media (µ) e +/- un determinato multiplo di σ Giuseppe G. Santorsola 23 Il VaR parametrico Distribuzione normale dei rendimenti di mercato: f (x) = 1 1 2 ex p − 2 ⋅(x − µ) 2π σ 2σ Probabilità che la variazione del fattore di mercato sia contenuta in un intervallo compreso tra (µ-σ) e (µ+σ): µ +σ ∫ µ σ − 1 1 2 (x − µ ) dx = 0 ,6826 = 68 , 26 % exp − 2 2π 2σ Giuseppe G. Santorsola 24 Il VaR parametrico In realtà solo metà di questi eventi rappresentano perdite per cui: Pr ob [x < ( µ + ασ ) ] = Loss ∫−∞ f ( x )dx = Pr ob (Z < α ) = 1 − c Prob. nella normale standardizzata VaR Pr (L > VaR Giuseppe G. Santorsola µ +ασ )= 1− c 25 Il VaR parametrico Media e deviazione standard sono i due fondamentali attributi descrittivi della distribuzione normale L’ipotesi di normalità ci consente di definire la probabilità di accadimento del fenomeno (variazione del fattore di rischio): ad esempio, la probabilità che la variazione del prezzo di mercato sia compresa in 1 deviazione standard dalla propria media è 0,68 (68%) Probabilità 68% µ − 1σ Giuseppe G. Santorsola µ µ + 1σ Distribuzione dei profitti e delle perdite 26 Il VaR parametrico Ad esempio Deviazione standard dei rendimenti del fattore di mercato = 1% Se la distribuzione è normale, allora: 68% probabilità rendimento fra -1% e + 1% 16% probabilità di una perdita maggiore di 1% 84% livello di confidenza 95,4% prob. rend. compreso fra -2% e + 2% 2,28% probabilità di una perdita maggiore di 2% 97,72% livello di confidenza Giuseppe G. Santorsola 27 Il VaR parametrico Giuseppe G. Santorsola 28 Il VaR parametrico Esempio n. 1 BTP decennali per nominali € 1mln Ptel quel = 105 Duration Modificata = 7 anni σrend.gg. = 15 b.p. (0,15%) α = 2,326 (c = 99%) VaR BTP = 1.050 .000 ⋅ 7 ⋅ 0,15 % ⋅ 2,326 = 25 .644 ,15 Nell’1% dei casi la perdita sulla posizione in BTP potrà essere maggiore di € 25.644 Giuseppe G. Santorsola 29 Il VaR parametrico Esempio n. 2 Si supponga di detenere in portafoglio un 7-yr Zero coupon bond, con valore di rimborso (valore facciale) pari a € 1,631,483.00 e tasso di rendimento pari a 7.243%; la deviazione standard giornaliera dei rendimenti è pari a 0.1%. Si calcoli il VaR supponendo un livello di confidenza del 95% (α=1.65) VARi = VMi × δi × σ i × α Giuseppe G. Santorsola 30 Il VaR parametrico Esempio n. 2 VARi = VMi × δi × σ i × α VM = € 1,631,483 / (1+7.243%)7 = € 1,000,000 δ è il coefficiente di sensibilità al fattore di rischio, ovvero la MD (Modified Duration): MD = D 7 = 6.527 = 1+R (1.07243) σ è la deviazione standard del fattore di rischio: 0.1% α è pari a 1.65 per cui: VAR ZCB = 1,000,000 × 1.65 × 0.1% × 6.527 = € 10,770 N.B.: il prodotto (σ Giuseppe G. Santorsola * δ) è equivalente a dP/P, infatti: dP −D = ( ∆ R ) = − MD ( ∆ R ) P 1+ R 31 Il VaR parametrico Esempio n. 3 Si detengono in portafoglio azioni Alfa per un valore corrente di €1 mln. La deviazione standard giornaliera del prezzo delle azioni è stimata pari a 2.1%. Si calcola il VaR con un livello di confidenza del 95% : VARi = VMi × δi × σi × α VM = € 1,000,000 δ è pari ad 1 σ è pari a 2.1% α è pari a 1.65 per cui: VAR Giuseppe G. Santorsola = 1,000,000 × 1.65 × 2.1% = € 34,650 32 Il VaR parametrico Esempio n. 4 Si detengono in portafoglio $ 888,000. Il cambio è 0.888 (per 1 € ci vogliono 0.888 $). La deviazione standard giornaliera del cambio €/$ è stimata pari a 0.567%. Si calcola il VaR con un livello di confidenza del 95%: VARi = VMi × δi × σ i × α VM = $ 888,000/0.888= € 1,000,000 δ σ è pari ad 1 è pari a 0.567% α è pari a 1.65 per cui: VAR € /$ Giuseppe G. Santorsola = 1 , 000 , 000 × 1 . 65 × 0 . 567 % = € 9,356 33 Il VaR parametrico Il VaR di un portafoglio può essere stimato ricorrendo alla teoria di portafoglio, ovvero il VaR sarà una funzione di: Valori di mercato e sensibilità delle singole posizioni Volatilità dei singoli fattori di mercato Correlazioni fra i rendimenti degli N fattori di mercato VaR P, N = Giuseppe G. Santorsola N N ∑ ∑ (VM i ⋅ δ i ⋅ α ⋅ σ i ) ⋅ (VM j ⋅ δ j ⋅ α ⋅ σ j ) ⋅ ρ ij i =1 j =1 34 L’approccio non parametrico La simulazione storica • La distribuzione del fattore di rischio non viene stimata, ma desunta dalle variazioni intervenute in un determinato intervallo di osservazione • Si assume implicitamente che la distribuzione futura dei fattori di rischio è identica alla distribuzione passata • Step: 1. Scelta dell’orizzonte di osservazione 2. Calcolo delle variazioni del portafoglio che si sarebbero verificate nell’orizzonte temporale prescelto in ragione dei valori assunti dal fattore di rischio 3. Distribuzione crescente dei valori del portafoglio 4. Individuazione del VaR in corrispondenza del percentile prescelto (corrispondente al worst case scenario) Giuseppe G. Santorsola 35 L’approccio non parametrico Il metodo di Monte Carlo • • 1. 2. 3. 4. È un approccio non lineare che consiste nel simulare ripetutamente il valore delle posizioni in portafoglio Step: Simulazione degli scenari per gli n fattori di rischio Calcolo del valore di portafoglio in ognuno degli n scenari simulati Distribuzione crescente dei valori di portafoglio Individuazione del VaR in corrispondenza del percentile prescelto (corrispondente al worst case scenario) Giuseppe G. Santorsola 36 I requisiti patrimoniali • Basilea 1: nessuna copertura prevista per il rischio di mercato • Direttiva 93/6: introduzione della metodologia standardizzata (building-block approach) • Emendamento all’Accordo sul capitale: inclusione del rischio di mercato • Direttiva 98/31: modifica della Direttiva 93/6 al fine di comprendere il rischio di mercato • Istruzioni di vigilanza per le banche elaborate da Banca d’Italia Giuseppe G. Santorsola 37 I requisiti patrimoniali La metodologia standardizzata • Secondo il building-block approach il requisito patrimoniale necessario per fronteggiare il rischio di mercato deriva dalla somma dei requisiti calcolati per ogni categoria di rischio. • Si assume implicitamente che tra i fattori di rischio riconducibili al rischio di mercato esista una correlazione positiva (perfetta). • La considerazione degli effetti di diversificazione porterebbe ad una riduzione del requisito di capitale. Giuseppe G. Santorsola 38 I requisiti patrimoniali Fattori distinti per aggregato di impatto • Trading book (portafoglio titoli non immobilizzato): rischio di posizione, di regolamento, di controparte, di concentrazione • Intero bilancio: rischio di cambio e di posizione su merci • Posizioni in opzioni Giuseppe G. Santorsola 39 I requisiti patrimoniali I modelli interni • Il Var calcolato dal modello interno va confrontato con il Var individuato sulla base delle seguenti ipotesi: frequenza (giornaliera), intervallo di confidenza (99%), holding period (10 giorni). • Vincoli di Var: il Var giornaliero deve essere il maggiore tra il Var del giorno precedente e il Var medio degli ultimi 60 giorni moltiplicato per 3 o per un fattore costante maggiore individuato sulla base del backtesting. Giuseppe G. Santorsola 40 I requisiti patrimoniali Il backtesting del modello interno • La validazione del modello si basa sul numero di downside outlier, ovvero sul numero di volte in cui la perdita massima conseguita nell’arco di tempo considerato supera la perdita prevista con il metodo interno di Var. • Sono state individuate delle fasce in corrispondenza del numero di downside outlier ai quali corrispondono dei fattori correttivi di calcolo del Var. • Il downside outlier può derivare da: errori di calcolo, dall’attività di trading infraday (non considerata nell’holding period del Var), dal modello adoperato (che sottostima gli eventi estremi trattandosi di distribuzione normale). Giuseppe G. Santorsola 41 I requisiti patrimoniali La stress analysis • Ciascuna banca che adotta un modello interno deve prevedere un programma di prove di stress al fine di considerare gli effetti della più ampia gamma possibile di fattori di rischio • Full valuation del portafoglio in corrispondenza dello scenario più disastroso • Metodologie di stress analysis: il metodo di Monte Carlo (con forti oscillazioni dei fattori di rischio ed elevata correlazione tra le stesse) o il metodo della rievocazione degli shock passati con analisi degli effetti sul portafoglio. Giuseppe G. Santorsola 42 L’approccio di Basilea 2 • Nel 1993 il Comitato di Basilea ha proposto l’estensione dei requisiti patrimoniali ai rischi di mercato • I rischi di mercato sono definiti come quelli relativi al portafoglio di negoziazione • Approccio building block: requisito addizionale per ogni categoria di rischio • Possibilità di utilizzare anche debito subordinato a breve termine come patrimonio (T3) • La proposta del 1993 viene approvata, con alcune modifiche, nel gennaio 1996 Giuseppe G. Santorsola 43 L’approccio di Basilea 2 L’approccio standard Rischi di mercato Titoli di debito Titoli azionari Rischio specifico Rischio specifico Rischio generico Rischio generico Solo portafoglio di mercato Giuseppe G. Santorsola Rischio di cambio Tutta la banca 44 L’approccio di Basilea 2 Titoli di debito: rischio specifico Titoli con rating Titoli con rating compreso fra A+ e BBBcompreso fra AAA e AA(vita residua) 0-6 mesi 6-24 mesi >24 mesi 0% 0,25% 1% 1,6% Altre emissioni 8% Requisito sulla posizione netta per ogni emissione: compensazione fra posizioni lunghe e corte consentita solo nella stessa emissione. Dal 2004 la ponderazione è basata sul rating e sostituisce la precedente distinzione fra “emissioni delle amministrazioni centrali”, “emissioni qualificate” e “altre emissioni”. Giuseppe G. Santorsola 45 L’approccio di Basilea 2 Titoli di debito: rischio generico (2) Requisito in funzione di (1) Sbilanci netti tra attivi e passivi allocati su 15 nodi in base a scadenza e cedola Scadenza del principal se Assegna Cedola ≥ 3% Cedola < 3% al nodo n. fino a 1 mese fino a 1 mese 1 da 1 a 3 mesi da 1 a 3 mesi 2 da 3 a 6 mesi da 3 a 6 mesi 3 da 6 a 12 mesi da 6 a 12 mesi 4 da 1 a 2 anni da 1,0 a 1,9 anni 5 da 2 a 3 anni da 1,9 a 2,8 anni 6 da 3 a 4 anni da 2,8 a 3,6 anni 7 da 4 a 5 anni da 3,6 a 4,3 anni 8 da 5 a 7 anni da 4,3 a 5,7 anni 9 da 7 a 10 anni da 5,7 a 7,3 anni 10 da 10 a 15 anni da 7,3 a 9,3 anni 11 da 15 a 20 anni da 9,3 a 10,6 anni 12 oltre i 20 anni da 10,6 a 12 anni 13 da 12 a 20 anni 14 oltre i 20 anni 15 Giuseppe G. Santorsola DM e variazione “prudenziale” attesa nei tassi Nodo n. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Duration modificata (A) 0 0,2 0,4 0,7 1,4 2,2 3 3,65 4,65 5,8 7,5 8,75 10 13,5 21 Variazione di tasso Coefficiente probabile di rischio (B) (C)=(A)x(B) 1,0% 0,00% 1,0% 0,20% 1,0% 0,40% 1,0% 0,70% 0,9% 1,25% 0,8% 1,75% 0,8% 2,25% 0,8% 2,75% 0,7% 3,25% 0,7% 3,75% 0,6% 4,50% 0,6% 5,25% 0,6% 6,00% 0,6% 8,00% 0,6% 12,50% (3) Parziale compensabilità di fasce e zone Nodo n. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Zona I II III 46 L’approccio di Basilea 2 Titoli azionari: rischio specifico Requisito: calcolato sulla posizione lorda somma di posizioni lunghe e corte pari al 4% della posizione, 2% nel caso di portafogli “liquidi e ben diversificati”, ossia composti da: azioni emesse da società emittenti titoli di debito qualificati; azioni considerate titoli di elevata liquidità dalle autorità; azioni il cui peso non deve rappresentare più del 5% del portafoglio di negoziazione. Giuseppe G. Santorsola 47 L’approccio di Basilea 2 Titoli azionari: rischio generico Requisito pari all’8% della posizione generale netta pari alla differenza fra la somma delle posizioni lunghe e la somma delle posizioni corte relative a un singolo mercato nazionale: PGN i = ∑ (L j ,i − C j ,i ) M j =1 PGN i = Posizione Generale netta relativa al mercato i-esimo Lj,i = posizione lunga sul titolo j-esimo quotato sul mercato i-esimo Ci,j = posizione corta sul titolo j-esimo quotato sul mercato i-esimo Giuseppe G. Santorsola 48 L’approccio di Basilea 2 Il rischio di cambio Per ogni valuta si calcola la posizione netta Si procede poi all’individuazione della “posizione netta aperta in cambi”, ovvero la maggiore fra la somma delle posizioni corte e la somma delle posizioni lunghe Il requisito patrimoniale è fissato all’8% di questa Valuta Posizione netta (€ mln) Dollaro USA (USD) 30 Sterlina britannica (BPD) -15 Yen giapponese (YEN) 25 Franco svizzero (FSV) -30 Dollaro australia (AUS) 5 Peso argentino (ARG) -3 RPFX = Max (60, − 48 ) ⋅ 8% = 4,8 Giuseppe G. Santorsola 49 L’approccio di Basilea 2 I modelli interni Criteri quantitativi • Livello di confidenza almeno pari a 99%; • Orizzonte temporale = 10 gg. (2 settimane); • Almeno un anno di dati storici • Volatilità e correlazioni aggiornate ogni trimestre Criteri qualitativi • Unità Risk Management indipendente • Modello VaR usato nella gestione del rischio • Alta direzione coinvolta • Misure di VaR integrate da stress testing Il Minimum Requirement Capital per il rischio di mercato al tempo t, ovvero Il VaR minimo a t, è pari al maggiore tra il VaR a t-1 e la media dei valori del VaR nei 60 giorni precedenti (considerando un fattore moltiplicativo) 1 t −1 MRC t = Max VaR t −1 ; MF ⋅ ⋅ ∑ VaR i 60 i = t − 61 Giuseppe G. Santorsola 50 L’approccio di Basilea 2 I modelli interni Il fattore di moltiplicazione (MF) varia da 3 a 4 in funzione della “bontà” del modello misurata attraverso test retrospettivi (back-testing) Se VaR 99% = 100, le perdite dovrebbero risultare > 100 solo 1% di volte il numero di eccezioni (loss > VaR) in un anno (250 gg. trading) dovrebbe essere circa 2,5 Se n. eccezioni > 4, allora MF > 3 Se n. eccezioni > 9, allora MF = 4 Giuseppe G. Santorsola 51 L’approccio di Basilea 2 Il back-testing di un modello VaR Definizione di VaR Pr (L > VaR )= 1− c Valutare un modello VaR significa valutare se la frequenza delle perdite in eccesso al VaR è coerente con il livello di confidenza. Valutazioni basate sulla dimensioni delle perdite, per quanto rilevanti, non sono coerenti con la logica sottostante i modelli VaR. Giuseppe G. Santorsola 52 L’approccio di Basilea 2 Il back-testing di un modello VaR Problema della significatività statistica delle conclusioni dell’attività di back-testing i. Qual è il numero massimo di eccezioni coerente con il livello di confidenza del modello? ii. Qual è il numero minimo di eccezioni per poter concludere che un modello non è valido? iii. Quante osservazioni sono necessarie per poter concludere in modo statisticamente significativo che un modello è o non è valido? La maggioranza delle tecniche di back-testing si basa su test di ipotesi Nel caso in cui l’ipotesi nulla (n. eccezioni rilevate = n. eccezioni “desiderate”) venga rigettata il modello VaR sottostante è considerato innacurato Se l’ipotesi nulla non è rifiutata il modello è accurato Giuseppe G. Santorsola 53