Giustizia riparativa
La giustizia riparativa (o restorative justice) considera
il reato prioritariamente nei termini del danno causato.
Da ciò ne consegue l'onere, in capo all’autore del reato di porre rimedio alle
conseguenze lesive della sua condotta.
Emerge pertanto come opportuno e necessario il coinvolgimento attivo di tutte le
parti coinvolte nel reato: vittima, agente e comunità, nella comune ricerca di
strategie rivolte a riparare il danno causato dal reato.
Giustizia riparativa
La giustizia riparativa ridefinisce il sistema penale secondo quattro prospettive:
considera il reato in termini non soltanto “formali” ,cioè come mera corrispondenza
fra una condotta e una prefigurata violazione della norma, ma anche “sostanziali”
cioè come una 'lesione' che colpisce sia singole persone sia la comunità, e sotto
molteplici aspetti (morali, materiali, emotivi, relazionali);
ritiene che al reato debba corrispondere l'obbligo - in capo all'autore - di rimediare
alle conseguenze dannose che la sua condotta ha cagionato, con riguardo in primo
luogo ai bisogni della vittima;
agisce, nella ricerca di una soluzione 'riparativa', in un’ottica di coinvolgimento attivo
della vittima, dell'offensore, dei rispettivi contesti relazionali, e della comunità intera;
ricerca una soluzione che risulti, ove possibile, concordata tra tali soggetti.
Giustizia riparativa
La Giustizia riparativa si distingue dal modello tradizionale di pena, secondo il
quale il reato è ‘la violazione di una norma' , o meglio, una condotta
ascrivibile ad una fattispecie astratta prevista da una norma penale e la
pena ‘la conseguenza giuridica' di tale tale condotta
Infatti, per la Giustizia riparativa "Il crimine è una violazione delle persone e
delle relazioni interpersonali; le violazioni creano obblighi; l'obbligo
principale è quello di 'rimediare ai torti commessi' ('to put right the
wrongs')". (1)
Per questa visione, la Restorative Justice è stata definita come un nuovo
PARADIGMA (2)
(1) Howard Zehr, The Little Book of Restorative Justice, Intercourse (PA), Good
Books 2002.
(2) Howard Zehr, Changing Lenses. A New Focus on Crime and Justice,
Scottsdale (PA), Herald Press 1990
Giustizia riparativa
La Giustizia riparativa tende a superare l’impostazione formalistica del diritto
penale tradizionale che ha prodotto un sistema completamente astratto, nel
quale le persone – con le loro esperienze, il vissuto, le esigenze e le relazioni
– rimangono del tutto marginali. E soprattutto con riferimento alla vittima del
reato, destinata ad un ruolo secondario ed eventuale.
La vittima va invece ritenuta la principale destinataria delle attenzioni del
sistema-giustizia, e perciò andrebbe coinvolta a tutti i livelli nel procedimento
penale, a partire dalle indagini, lungo il procedimento che conduce alla
condanna e sino all'esecuzione definitiva della pena.
Giustizia riparativa
Va anche promossa la responsabilizzazione dell’autore, sostanzialmente privo di reali
occasioni per prendere coscienza delle conseguenze che le sue azioni hanno
prodotto.
Tale obiettivo, fondamentale anche in termini di abbattimento della recidiva, non
può essere perseguito attraverso teorici programmi di 'rieducazione', bensì
facendo vedere all‘autore i danni causati dal suo comportamento e chiedendogli,
per quanto possibile, di porvi rimedio attivamente.
La Giustizia riparativa, inoltre, presuppone il coinvolgimento di vittima, autore e
comunità nella condivisa ricerca di una riparazione alla lesione cagionata dal
reato.
La Giustizia riparativa può altresì restituire visibilità alla dimensione sociale del
crimine, senza la quale la pena altro non è che mera afflizione dagli esiti spesso
controproducenti.
Martin Wright, Justice for Victims and Offenders. A Restorative Response to Crime,
Winchester, Waterside Press 1989
Giustizia riparativa
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Le modalità applicative della Giustizia riparativa, secondo
l’ISPAC (*) ricomprendono svariate tipologie di programmi adottate
nei diversi Paesi, tra cui tutti ricordiamo misure come:
l’invio di una lettera di scuse (apology) alla vittima da parte
dell'autore del reato;
gli incontri tra vittime e autori di reati analoghi a quello subito dalle
vittime (the Victim/Community Impact Panel);
gli incontri di mediazione allargata che tendono a realizzare un
dialogo esteso ai gruppi parentali ovvero a tutti soggetti coinvolti
dalla commissione di un reato (the Community/Family Group
Conferencing);
l’espletamento di un'attività lavorativa a favore della vittima stessa
(Personal Service to Victims);
la prestazione di una attività lavorativa a favore della
collettività (Community Services);
la mediazione tra l’autore del reato e la sua vittima (Victim-Offender
Mediation).
(*) ISPAC - International Scientific and Professional Advisory Council of the United Nations Crime
Prevention and Criminal Justice Programme
Il Community service order
E’ una sanzione che impone al condannato di
svolgere un lavoro non retribuito a vantaggio
della comunità per un numero di ore variabile.
Quasi in tutti i paesi l’applicazione di tale misura
comporta la valutazione dell’effettiva utilità della
stessa e della possibilità concreta che possa
costituire un valido aiuto per il reinserimento del
soggetto,ovviamente avuto riguardo anche alla
scarsa probabilità di recidiva dello stesso.
Il Community service order
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Lo strumento del c.s.o. è il prodotto di un
percorso concettuale lungo ed articolato.
Citiamo, inter alia,:
RECOMMENDATION No. R (87) 21
OF THE COMMITTEE OF MINISTERS TO MEMBER STATES ON ASSISTANCE
TO VICTIMS AND THE PREVENTION OF VICTIMISATION
RECOMMENDATION NO. R (99) 19
OF THE COMMITTEE OF MINISTERS TO MEMBER STATES CONCERNING
MEDIATION IN PENAL MATTERS
Il Community service order
RECOMMENDATION No. R (99) 22
OF THE COMMITTEE OF MINISTERS TO MEMBER STATES
CONCERNING PRISON OVERCROWDING AND PRISON POPULATION
INFLATION
In order to make community sanctions and measures credible
alternatives to short terms of imprisonment, their effective
implementation should be ensured, in particular through:
- the provision of the infrastructure for the execution and monitoring of
such community sanctions, not least in order to give judges and
prosecutors confidence in their effectiveness; and
- the development and use of reliable risk-prediction and riskassessment techniques as well as supervision strategies, with a view
to identifying the offender’s risk to relapse and to ensuring public
protection and safety.
22.
Il Community service order
GREEN PAPER
Strengthening mutual trust in the European judicial area – A Green Paper on the
application of EU criminal justice legislation in the field of detention
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The Framework Decision relates to the post-trial stage. It applies the principle of mutual
recognition to many of the alternatives to custody and measures facilitating early release.
Article 1(4) provides that Member States must respect fundamental rights and fundamental
legal principles. The probation decision or other alternative sanction would be executed in a
Member State other than the one in which the person was sentenced, and can be executed in
any Member State as long as the person concerned has consented. The Framework Decision
applies the principle of mutual recognition to many of these
alternatives to custody and measures facilitating early release. Its correct application would
imply that probation measures and alternatives to imprisonment would be available in all legal
systems across the Union.
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EUROPEAN COMMISSION
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Brussels, 14.6.2011
Nelle Regole Penitenziarie EU
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Regola 103
1. Il regime per i detenuti condannati deve iniziare non appena una persona entra in istituto con la
posizione di detenuto condannato, a meno che esso non sia iniziato precedentemente.
2. Appena possibile dopo l’ingresso, devono essere redatti rapporti completi per tutti i detenuti
condannati sulla loro situazione personale, sui programmi di trattamento proposti per ognuno di loro
e sulla strategia per la preparazione alla loro liberazione.
3. I detenuti condannati devono essere incoraggiati a partecipare alla pianificazione dei loro programmi
individuali di trattamento.
4. Tale programma deve prevedere, per quanto possibile :
a. un lavoro,
b. una formazione,
c. altre attività, e
d. una preparazione alla liberazione.
5. Il regime dei condannati può anche includere un lavoro sociale, e l’intervento del medico e dello
psicologo.
6. Un sistema di permessi deve fare parte integrante del regime dei detenuti condannati.
7. I DETENUTI CHE LO DESIDERANO POSSONO PARTECIPARE A PROGRAMMI DI GIUSTIZIA
RIPARATIVA E RIPARARE LE INFRAZIONI COMMESSE.
8. Un’attenzione particolare deve essere prestata al programma di trattamento e al regime dei
condannati a vita o a pene lunghe
La Giustizia riparativa
nella cornice italiana di riferimento normativo è
reperibile in misura certamente non cospicua.
Vediamo le norme disponibili ad oggi, anche se il
futuro, [cfr. “Disegno di legge n. 5019: "Delega al
Governo
in
materia
di
depenalizzazione,
sospensione del procedimento con messa alla
prova, pene detentive non carcerarie, nonché
sospensione del procedimento nei confronti degli
irreperibili“ (22 marzo 2012)] potrebbe portare a un
considerevole incremento delle previsioni di utilizzo.
Giustizia riparativa nella fase
dell’ esecuzione penale

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Art. 47,co.7 dell’OP che prevede che
“(…) l’affidato si adoperi in quanto possibile in
favore della vittima del suo reato(...);
Art. 27, co. 1 del DPR 230/2000
che prevede venga espletata “una riflessione
sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle
motivazioni e sulle conseguenze negative delle
stesse per l’interessato medesimo e sulla possibili
azioni di riparazione delle conseguenze del
reato,incluso il risarcimento dovuto alla persona
offesa”
Giustizia riparativa nella fase
dell’esecuzione penale
Art. 118, c. 8, DPR 230 / 2000
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8. In particolare, gli interventi del servizio sociale per adulti, nel
corso del trattamento in ambiente esterno, sono diretti ad aiutare i
soggetti che ne beneficiano ad adempiere responsabilmente gli
impegni che derivano dalla misura cui sono sottoposti. Tali
interventi, articolati in un processo unitario e personalizzato, sono
prioritariamente caratterizzati:
a) dall'offerta al soggetto di sperimentare un rapporto con
l'autorità basato sulla fiducia nella capacità della persona di
recuperare il controllo del proprio comportamento senza interventi
di carattere repressivo;
b) da un aiuto che porti il soggetto ad utilizzare meglio le risorse
nella realtà familiare e sociale;
c) da un controllo, ove previsto dalla misura in esecuzione, sul
comportamento del soggetto che costituisca al tempo stesso un
aiuto rivolto ad assicurare il rispetto degli obblighi e delle
prescrizioni dettate dalla magistratura di sorveglianza;
d) da una sollecitazione a una valutazione critica adeguata, da
parte della persona, degli atteggiamenti che sono stati alla base
della condotta penalmente sanzionata, nella prospettiva di un
reinserimento sociale compiuto e duraturo.
Integrazione dei (pochi) strumenti
disponibili con iniziative locali:
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Realizzabili mediante accordi convenzionali
con Istituzioni Giudiziarie, con
Amministrazioni locali, e con la rete
dell’Associazionismo
Ambiti disponibili molto ampi. Ad esempio:
Protezione civile
Tutela patrimonio artistico
Tutela animali
Progetti di educazione alla legalità
Integrazione dei (pochi) strumenti
disponibili con iniziative locali:
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Inserimento di programmi di prestazione
di attività riparativa a favore della
comunità con strumenti specifici:
Art 21 OP
Permessi ex Art 30 e 30 ter OP
o con strumenti aspecifici :
all’interno di Affidamento - Det. domiciliare
Strumenti convenzionali
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Protocollo d'intesa tra Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria e
Associazione nazionale comuni
d'Italia per la promozione del lavoro
di pubblica utilità da parte di soggetti
detenuti in favore della comunità
locale - 20 giugno 2012
20 giugno 2012
GR nel giudizio di cognizione
Lo strumento principale è quello dell’attività
non retribuita a favore della collettività.
Frequentemente definita come Lavoro di
Pubblica utilità
Può assumere diverse forme a seconda della
norma che la prevede
Sospensione condizionale della pena
(prestazione subordinata)
Art. 165 C.P.
La sospensione condizionale della pena (Art. 163 c.p.)
……… può essere subordinata ……… ovvero, se il
condannato non si oppone, alla prestazione di attività di
attività non retribuita a favore della collettività per un
tempo determinato comunque non superiore alla durata
della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal
giudice nella sentenza di condanna (*)
(*) Comma cosi modificato ex art. 2, c.1, L.145 / 2004.
"Modifiche al codice penale e alle relative disposizioni di
coordinamento e transitorie in materia di sospensione condizionale
della pena e di termini per la riabilitazione del condannato"
Legge 11 giugno 2004, n. 145. Art. 1:
Dopo l’articolo 18 delle disposizioni di
coordinamento e transitorie del codice penale è
inserito il seguente:
«Art. 18-bis. Nei casi di cui all’articolo 165 del
codice penale il giudice dispone che il
condannato svolga attività non retribuita a
favore della collettività osservando, in quanto
compatibili, le disposizioni degli articoli 44, 54,
commi 2, 3, 4 e 6, e 59 del decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 274».
"Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace”
(pena principale per reati di competenza del giudice di pace)
Art. 54 – (Lavoro di pubblica utilita‘) Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274
1. Il giudice di pace puo' applicare la pena del lavoro di pubblica utilita' solo su richiesta
dell'imputato.
2. Il lavoro di pubblica utilita' non puo' essere inferiore a dieci giorni ne' superiore a sei
mesi e consiste nella prestazione di attivita' non retribuita in favore della collettivita'
da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o
organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.
3. L'attivita' viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e
comporta la prestazione di non piu' di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con
modalita' e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e
di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice puo'
ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilita' per un tempo superiore alle sei ore
settimanali.
4. La durata giornaliera della prestazione non puo' comunque oltrepassare le otto ore.
5. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilita' consiste nella
prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.
6. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalita' di svolgimento del lavoro di
pubblica utilita' sono determinate dal Ministro della giustizia con decreto d'intesa con
la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281
Decreto Ministeriale
26 marzo 2001
Norme per la determinazione delle modalita’ di svolgimento del lavoro
di pubblica utilita’ applicato in base all’art. 54, comma 6, del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274.
IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Visto l’art. 54, comma 6, del decreto legislativo 28 agosto 2000,n. 274,
a norma del quale le modalita’ di svolgimento del lavoro dipubblica
utilita’ sono determinate dal Ministro della giustizia con decreto
emanato d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Visto il parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta dell’8
marzo 2001;
Decreta:
Decreto Ministeriale
26 marzo 2001
Lavoro di pubblica utilita’
1. Il lavoro di pubblica utilita’, consistente nell’attivita’ non retribuita a favore della
collettivita’ da svolgere presso lo Stato,le regioni, le province, i comuni o presso enti
o organizzazioni di assistenza sociale o di volontariato, a norma dell’art. 54, comma
6, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, ha ad oggetto:
a) prestazioni di lavoro a favore di organizzazioni di assistenza sociale o volontariato
operanti, in particolare, nei confronti di tossicodipendenti, persone affette da
infezione da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex-detenuti o
extracomunitari;
b) prestazioni di lavoro per finalita’ di protezione civile, anche mediante soccorso alla
popolazione in caso di calamita’naturali, di tutela del patrimonio ambientale e
culturale, ivi compresa la collaborazione ad opere di prevenzione incendi, di
salvaguardia del patrimonio boschivo e forestale o di particolari produzioni agricole, di
recupero del demanio marittimo e di custodia di musei, gallerie o pinacoteche;
c) prestazioni di lavoro in opere di tutela della flora e della fauna e di prevenzione del
randagismo degli animali;
d) prestazioni di lavoro nella manutenzione e nel decoro di ospedali e case di cura o di
beni del demanio e del patrimonio pubblico ivi compresi giardini, ville e parchi, con
esclusione di immobili utilizzati dalle Forze armate o dalle Forze di polizia;
e) altre prestazioni di lavoro di pubblica utilita’ pertinenti la specifica professionalita’ del
condannato.
Decreto Ministeriale
26 marzo 2001
Art. 2. Convenzioni
1. L’attivita’ non retribuita in favore della collettivita’ e’ svolta sulla base
di convenzioni da stipulare con il Ministero della giustizia o, su
delega di quest’ultimo, con il Presidente del tribunale, nell’ambito e
a favore delle strutture esistenti in seno alle amministrazioni, agli
enti o alle organizzazioni indicati nell’art. 1, comma 1. Le
convenzioni possono essere stipulate anche da amministrazioni
centrali dello Stato con effetto per i rispettivi uffici periferici.
2. Nelle convenzioni sono indicate specificamente le attivita’ in cui puo’
consistere il lavoro di pubblica utilita’ e vengono individuati i
soggetti incaricati, presso le amministrazioni, gli enti o le
organizzazioni interessati, di coordinare la prestazione lavorativa del
condannato e di impartire a quest’ultimo le relative istruzioni.
3. Nelle convenzioni sono altresi’ individuate le modalita’ di copertura
assicurativa del condannato contro gli infortuni e le malattie
professionali nonche’ riguardo alla responsabilita’ civile verso i terzi,
anche mediante polizze collettive. I relativi oneri sono posti a carico
delle amministrazioni, delle organizzazioni o degli enti interessati.
Decreto Ministeriale
26 marzo 2001
Art. 3. Modalita’ di svolgimento
1. Con la sentenza di condanna con la quale viene applicata la pena del lavoro di pubblica
utilita’, il giudice individua il tipo di attivita’, nonche’ l’amministrazione, l’ente o
l’organizzazione convenzionati presso il quale questa deve essere svolta. A tal fine, il
giudice si avvale dell’elenco degli enti convenzionati. Dello stesso elenco si avvalgono
il difensore o il condannato quando formulano le richieste di cui all’art. 33, comma 3,
del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, sulla scorta del medesimo elenco.
2. Le ulteriori modalita’ di svolgimento dell’attivita’ sonostabilite nelle convenzioni di cui
all’art. 2.
Art. 4. Modalita’ del trattamento nello svolgimento di prestazioni di pubblica utilita’
1. Durante lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita’, le amministrazioni, gli enti e le
organizzazioni indicati nell’art. 1, comma 1, assicurano il rispetto delle norme e la
predisposizione delle misure necessarie a tutelare l’integrita’ fisica e morale dei
condannati, curando altresi’ che l’attivita’ prestata sia conforme a quanto previsto
dalle convenzioni di cui all’art. 2.
2. In nessun caso l’attivita’ puo’ svolgersi in modo da impedire l’esercizio dei
fondamentali diritti umani o da ledere la dignita’ della persona.
3. I condannati sono ammessi a fruire del trattamento terapeutico e delle misure
profilattiche e di pronto soccorso alle stesse condizioni praticate per il personale alle
dipendenze delleamministrazioni, degli enti e delle organizzazioni
Decreto Ministeriale
26 marzo 2001
Art. 5. Esecuzione della pena ed accertamenti
1. Nei casi in cui l’amministrazione, l’organizzazione o l’ente nonsia piu’ convenzionato o
abbia cessato la propria attivita’, il Pubblico Ministero che deve eseguire la pena
formula le proprie richieste al giudice ai sensi dell’art. 44 del decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 274.
2. Il Pubblico Ministero incarica gli organi della polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza di
svolgere le verifiche necessarie circa la regolare prestazione dell’attivita’ lavorativa.
Art. 6. Relazione sul lavoro svolto dal condannato
1. Terminata l’esecuzione della pena, i soggetti di cui all’art. 2, comma 2, redigono una
relazione che documenti l’assolvimento degli obblighi inerenti il lavoro svolto dal
condannato.
Art. 7. Elenco degli enti convenzionati
1. Entro un mese alla emanazione del presente decreto e’ istituito, presso ogni cancelleria
di tribunale, un elenco di tutti gli enti convenzionati che hanno, nel territorio del
circondario, una o piu’sedi ove il condannato puo’ svolgere il lavoro di pubblica
utilita’
oggetto della convenzione. L’elenco e’ aggiornato per ogni nuova
convenzione ovvero per ogni cessazione di quelle gia’ stipulate.
2. La cancelleria del tribunale trasmette immediatamente, a tutti gli uffici giudiziari del
circondario, incluse le sezioni distaccate, copia dell’elenco di cui al comma 1
nonche’ dei relativi aggiornamenti.
Fatti di lieve entità in materia di
stupefacenti
(sanzione sostitutiva)
Art. 73 comma 5-bis DPR 309 / 1990.
Nell'ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al
presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da
assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la
sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta
delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura
penale, su richiesta dell'imputato e sentito il pubblico ministero,
qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione
condizionale della pena, puo' applicare, anziche' le pene detentive
e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilita' di cui all'articolo
54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le
modalita' ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l'Ufficio
locale di esecuzione penale esterna di verificare l'effettivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. L'Ufficio riferisce
periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto
dall'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, il
lavoro di pubblica utilita' ha una durata corrispondente a quella
della sanzione detentiva irrogata.
Delitto colposo commesso in violazione delle norme del
codice della strada
(sanzione amministrativa accessoria)
Art. 224-bis. “Obblighi del condannato“ , D. Lgs. 30 aprile 1992 n. 285
1. Nel pronunciare sentenza di condanna alla pena della reclusione per un delitto colposo
commesso con violazione delle norme del presente codice, il giudice può disporre altresì la
sanzione amministrativa accessoria del lavoro di pubblica utilità consistente nella prestazione di
attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le
province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.
2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore ad un mese né superiore a sei mesi. In
caso di recidiva, ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, del codice penale, il lavoro di pubblica
utilità
non
può
essere
inferiore
a
tre
mesi.
3. Le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate dal Ministro della
giustizia con proprio decreto d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo
28
agosto
1997,
n.281.
4. L'attività è svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la
prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non
pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il
condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un
tempo
superiore
alle
sei
ore
settimanali.
5. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.
6. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 56 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.
(1) Articolo introdotto dall'articolo 6 della Legge 21 febbraio 2006, n.102 "Disposizioni in materia
di conseguenze derivanti da incidenti stradali" (GU del 17 marzo 2006, n. 64).
Guida sotto l'influenza dell'alcool
(sanzione sostitutiva della pena
dell’arresto e dell’ammenda)
Art. 186. 9-bis. D. Lgs. 30 aprile 1992 n. 285
Al di fuori dei casi previsti dal comma 2-bis del presente articolo, la pena
detentiva e pecuniaria puo' essere sostituita, anche con il decreto penale di
condanna, se non vi e' opposizione da parte dell'imputato, con quella del
lavoro di pubblica utilita' di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 274, secondo le modalita' ivi previste e consistente nella
prestazione di un'attivita' non retribuita a favore della collettivita' da
svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione
stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o
organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri
specializzati di lotta alle dipendenze. Con il decreto penale o con la sentenza
il giudice incarica l'ufficio locale di esecuzione penale ovvero gli organi di cui
all'articolo 59 del decreto legislativo n. 274 del 2000 di verificare l'effettivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. In deroga a quanto previsto
dall'articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica
utilita' ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva
irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro
ad un giorno di lavoro di pubblica utilita'.
Guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti
(sanzione sostitutiva della pena
dell’arresto e dell’ammenda)
Art. 187 comma 8-bis. D. Lgs. 30 aprile 1992 n. 285
Al di fuori dei casi previsti dal comma 1-bis del presente articolo, la pena detentiva e
pecuniaria puo' essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi e'
opposizione da parte dell'imputato, con quella del lavoro di pubblica utilita' di cui all'articolo
54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalita' ivi previste e
consistente nella prestazione di un'attivita' non retribuita a favore della collettivita' da
svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo
Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e
di volontariato, nonche' nella partecipazione ad un programma terapeutico e socioriabilitativo del soggetto tossicodipendente come definito ai sensi degli articoli 121 e 122
del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
Con il decreto penale o con la sentenza il giudice incarica l'ufficio locale di esecuzione
penale ovvero gli organi di cui all'articolo 59 del decreto legislativo n. 274 del 2000 di
verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. In deroga a quanto previsto
dall'articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilita' ha una
durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della
pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilita'.
Misura alternativa all’arresto previsto
dall’art. 116, 186 e 187 CdS.
(Misura alternativa alla detenzione)
Art. 57. Legge 29.7.2010, n. 120 (Misure alternative alla
pena detentiva)
1. In luogo della misura detentiva dell'arresto prevista
dall'articolo 116 del decreto legislativo n. 285 del 1992 e dagli
articoli 186, 186-bis e 187 del decreto legislativo n. 285 del
1992,come
da
ultimo,
rispettivamente,
modificati
e
introdotto dall'articolo 33 della presente legge, a richiesta di
parte puo‘ essere disposta la misura alternativa dell'affidamento in
prova ai servizi sociali di cui all'articolo 47 della legge 26 luglio
1975, n.354, e successive modificazioni, individuati con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro della giustizia, preferibilmente tra i servizi sociali che
esercitano l'attivita' nel settore dell'assistenza alle vittime di
sinistri stradali e alle loro famiglie.
“Disposizioni in materia di pene pecuniarie”
(sanzione per il mancato pagamento di pene
pecuniarie)
Art. 105 Legge 689 / 1981 MODIFICHE AL SISTEMA PENALE
“Disposizioni in materia di pene pecuniarie” - Lavoro sostitutivo
Il lavoro sostitutivo consiste nella prestazione di un'attività non retribuita a
favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i
comuni, o presso enti, organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di
protezione civile e di tutela dell'ambiente naturale o di incremento del
patrimonio forestale, previa stipulazione, ove occorra, di speciali
convenzioni da parte del Ministero di grazia e giustizia, che può delegare il
magistrato di sorveglianza.
Tale attività si svolge nell'ambito della provincia in cui il condannato ha la
residenza, per una giornata lavorativa per settimana, salvo che il
condannato chieda di essere ammesso ad una maggiore frequenza
settimanale.
Discriminazione, odio o violenza per motivi
razziali, etnici, nazionali o religiosi.
(sanzione accessoria alla sentenza di
condanna)
DECRETO LEGGE 26 aprile 1993, n. 122, “Misure urgenti in
materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”. Art.
1, comma 1 bis
Con la sentenza di condanna per uno dei reati previsti
dall'articolo 3della legge 13 ottobre 1975, n. 654(1), o
per uno dei reati previsti dalla legge 9ottobre 1967, n.
962, il tribunale può altresì disporre una o più delle
seguenti sanzioni accessorie:
a) obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore
della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità,
secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 1-ter;
…(omissis)
DPR 21 novembre 2007, n. 235
Regolamento recante modifiche ed integrazioni
al DPR 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo statuto delle
studentesse e degli studenti della scuola secondaria
Art. 1. Modifiche all'art. 4 del DPR 249. Comma 5.
Le sanzioni sono sempre temporanee, proporzionate alla
infrazione disciplinare e ispirate al principio di gradualità
nonché, per quanto possibile, al principio della
riparazione del danno. Esse tengono conto della
situazione personale dello studente, della gravità del
comportamento e delle conseguenze che da esso
derivano. Allo studente è sempre offerta la possibilità di
convertirle in attività in favore della comunità scolastica.
Grazie
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