Perché parliamo di business ethics? Perché nel mondo globalizzato dell’homo economicus gli affari, cioè il denaro, sono il dato “sensibile” per definizione, più ancora … del cellulare .E allora affrontiamo subito la domanda che più sollecita la curiosità di tutti “ etica e profitto sono compatibili? “ Max Weber ai primi del 900 ha stabilito, nell’ottica protestante, che il profitto è il giusto compenso per chi lavora, si mette in gioco e dimostra con ciò la sua superiorità, insomma chi guadagna è un predestinato. Dopo quasi un secolo Michael Novak fornisce l’ottica del cattolicesimo per cui l’uomo, essendo fatto a immagine e somiglianza di Dio è chiamato a lavorare e per ciò ha diritto al giusto frutto. Nel frattempo e assai più empiricamente, senza tirare in ballo le religioni, un certo Archie Carroll della Georgia University inaugura il primo corso di Business Ethics e definisce la Piramide dell’Etica, diventata ormai un punto di riferimento universale. Carroll colloca alla base della sua Piramide l’etica del profitto, senza il quale non potrebbe esistere alcun problema di etica del lavoro. Dopo l’imperativo categorico “be profitable” della responsabilità economica viene quella legale, “obbedisci alla legge” e finalmente al terzo piano troviamo la responsabilità etica, “vai oltre la legge”, poniti il problema dell’altro. Sulla punta della Piramide c’è la filantropia il cui fine unico è il bene senza nemmeno l’aspettativa del ringraziamento. Dunque anche nel pensiero comune il profitto non solo è compatibile ma addirittura il presupposto stesso dell’etica. E nel lavoro non esiste solo il profitto, ci sono anche dei valori, ma quali ? si chiede Florence Noiville nel suo libretto‐denuncia “ Ho studiato economia e me ne pento “ Goodness The state or quality of being good; moral excellence, virtue; kindly feeling; kindeness; generosity; honesty, integrity; accettiamo la traduzione più riduttiva ma più semplice : BONTA’ E’ necessario superare la nozione di “sviluppo” come modello da perseguire perché ci porta alla povertà morale ma abbiamo dimenticato il senso della bontà. Quale formatore di una business school o di un master di economia o di politica ha il coraggio di nominare la parola bontà, così ampia, indeterminata, impegnativa, equivocabile? Eppure quale miglior sintesi per significare l’assunzione di responsabilità, l’interesse per l’altro, la nostra simpatia, solidarietà e disponibilità, la nostra capacità di carità? Etica è tutto questo e questo sta tutto nella “goodness”. Gli studenti delle business school d’Europa e d’America chiedono una informazione fatta di valori e non una formazione unidirezionale orientata al profit. Misurare l’etica ? Dipende all’ottica Possiamo misurare l’etica? Nell’ottica lineare della responsabilità secondo Carroll è possibile e anzi lui dichiara all’inizio delle sue docenze che l’etica deve stabilire dei princìpi standard bene individuati e motivati che consentano di valutare le prassi aziendali in modo comparativo e quindi misurabile. Ma nello stesso tempo troviamo Carlo Pelanda che colloca l’etica all’interno di una teoria utilitaristica e non moralista: per lui l’etica si giustifica solo come un fattore di riduzione dei costi! E’ evidente che ogni formatore ha la sua ottica le proprie idee che trasferisce ai “formandi” ma allora, si chiede Edgar Morin, chi educa gli educatori? Per Morin occorre “civilizzare la civiltà” cercando non il migliore dei mondi ma più semplicemente un mondo migliore. E propone l’etica della “reliance”, di un atteggiamento di fiducia, di affidamento verso l’Altro che privilegi in ogni istanza tutto ciò che unisce, lega, comunica e accomuna e che NON divide. Anche Latouche col suo Movimento anti‐utilitarista critica la pretesa di voler ricondurre tutte le azioni e le scelte umane sulla base del calcolo degli interessi e di farne addirittura, come è oggi, una legge morale. La “ Latinità “ Il riciclaggio permanente dei saperi allora deve partire proprio dalle università, delle business school di alta formazione economica, dagli ambienti culturali per poter approdare sui mass media e portare una nuova visione fondamentale: la politica non del benessere ma del benvivere. In questa svolta Morin assegna un ruolo cruciale all’Europa e in particolare alla sua “latinità”, per controbilanciare la fuga del Nord verso la tensione per il calcolo, il tecnicismo, l’economismo e la ricchezza proprio con la latinità del Sud, il saper vivere, il piacere della convivialità, l’ospitalità, l’amicizia, la bontà che sanno anche accettare l’arretratezza, la minore comodità e ricchezza. La latinità è una sorgente di universalità e di umanesimo che le è propria. Formazione e informazione: l’etica dell’ambiguità L’informazione ha carattere contestuale, cioè non si può separare dal suo contesto: una frase estrapolata dal discorso complessivo può assumere significati del tutto diversi. E poi il significato dell’informazione dipende dal destinatario, dalla sua storia, dai suoi interessi e dalle sue capacità. Non esiste un’informazione in sé, assoluta: l’informazione è sempre relativa, dalla (presunta) certezza dobbiamo abituarci a convivere con l’incertezza, il caos, il disordine in un sistema complesso fatto da un numero molto grande di componenti interattivi tra loro. Siamo abituati a valutare i rapporti causa‐effetto in base a una relazione lineare laddove oggi dobbiamo affrontare la non‐linearità dei sistemi complessi e allora anche le descrizioni diventano più difficili perché sono molteplici, ci obbligano a una maggiore ricchezza interpretativa, a più creatività e di conseguenza anche all’ambiguità che diventa una componente fondamentale della nostra descrizione della realtà: cercare una descrizione accurata e corrispondente alla realtà accettando e ricorrendo all’ambiguità quindi può essere etico! In questa incertezza possiamo seguire un criterio di base: un’informazione assume valore etico quando cessa di essere solo scambio di dati e diventa scambio di significati, di intenzioni: un tentativo di modificare il rapporto con l’Altro accettandone il punto di vista e agendo di conseguenza. Estetica ed Etica I canoni estetici, il riconoscimento del bello, hanno una forte radice co‐evolutiva , sono profondamente inseriti e codificati dentro di noi e condivisi da tutti gli umani , come si dice “fanno parte del nostro DNA “, nasciamo con questi codici e poi subiamo i condizionamenti ambientali e culturali. Se l’estetica è la percezione soggettiva del nostro comune legame con la Natura, l’Etica è la nostra capacità soggettiva di concepire e compiere azioni capaci di mantenere sano e vitale il legame con la Natura. Insomma l’etica ci consente di mantenere l’estetica e l’estetica ci serve da guida nell’operare etico: o stiamo nel sistema di una convivenza armoniosa con l’altro o ne siamo al di fuori o contro. In questo equilibro di Sistema l’uomo, ponendosi degli obiettivi e agendo conseguentemente per realizzarli rappresenta un forte elemento di discontinuità perché tende a portare al limite le variabili del suo ambiente. E se variano i codici estetici (rapporto natura‐ambiente) variano anche quelli etici. Con la complicità di una tecnologia potente e di una miopia egoistica tutta incentrata sul profitto abbiamo messo in crisi il benessere del sistema globale e oggi incominciamo ad avere la lucida percezione dei rischi. Ethics Officer: testimoni imparziali del compromesso Ci deve guidare il concetto di “giusto”: un’arte del compromesso, della “giusta quantità” che ci viene raccomandata anche dall’arte culinaria… giusta intensità del sapore e giusta quantità … il “giusto” non è misurabile, come vorrebbe Carroll, dipende dai tempi, dai luoghi, dalle tradizioni, dall’umore … dalla nostra latinità ! Nella nostra visione, in quella di Levinas, l’Ethics Officer è un testimone di situazioni, una terza parte attenta e imparziale, consapevole ci dobbiamo accontentare di soluzioni sub‐ottimali e che ci aiuta ad attuarle Bruno Bonsignore 2 novembre 2010 Bibliografia: Un’etica per Manager, (Giuseppe O Longo, Archie Carroll, Carlo Pelanda), Guerini Editore; Educare gli educatori, Edgar Morin, Edup; Cultura e Barbarie europee, Edgar Morin, Cortina; La latinità, Edgar Morin, Armando Siciliano; Goodness in Business, Tom Chappell, Bentley University 
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